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Liceo A. Volta
Colle di Val d’Elsa (Si)
Una Pieve sulle antiche strade
medievali: S. Appiano
Classe di Religione
II A Liceo Scientifico
Letizia Forzoni, Daniele Merola, Gabriel Scalera
Colle di Val d’Elsa, 2 aprile 2012
Letizia Forzoni Classe II A S. Appiano
Indice
Presentazione
1. La Pieve di Sant’Appiano
2. Dall’antico battistero alla pieve
3. All’interno della pieve
4. All’esterno della pieve
5. La canonica
6. Antiquarium
Bibliografia
Presentazione
Abbiamo scelto come argomento del nostro progetto la Pieve di Sant’Appiano
poiché è famosa per le sue origini medievali e ancora oggi è una grande
testimonianza del patrimonio artistico e culturale medievale in Valdelsa. In
passato era famosa come meta dei pellegrini per la sua locazione: infatti si
trova nelle vicinanze di un ramo della Via Francigena.
Oggi la Pieve è senza dubbio un luogo molto frequentato, non solo per la
sua bellezza e per la dimostrazione della fede delle popolazioni di questi
luoghi, ma anche per la spiritualità che continua ad evoca.
1. La Pieve di Sant’Appiano
Il Colle di Sant’Appiano, dove si trova l’omonima Pieve, si eleva nella Valle
dell’Elsa, all’inizio del corso del fiume nel territorio fiorentino che oggi fa parte
del comune di Barberino Val D’Elsa.
Come i dintorni, anche il colle conobbe l’insediamento prima etrusco e poi
romano; era sicuramente un luogo di transito di schiavi, mercanti, soldati
(d’altra parte si trovava in corrispondenza di vie romane importanti, vedi la Via
Cassia) e probabilmente di annunciatori del Vangelo, i quali o per fuggire alla
persecuzione di Decio o per ritirarsi a vita eremitica, volenterosi di portare la
nuova religione nelle comunità rurali più isolate; perciò ancora pagane,
evangelizzarono questa zona. Nel caso specifico di Monteloro, il nome del
colle in epoca romana, dal colore “oro antico” della piattaforma tufacea che lo
costituiva. La tradizione vuole che sia stato Sant’Appiano a predicare e a
battezzare per primo in questa località.
Sempre secondo la tradizione, le reliquie tutt’ora conservate in una teca di
legno gli appartengono, ma il suo nome ci fa dubitare: esso infatti deriva
dall’indicazione latina “sancta ad planum” dal tempietto pagano che si ergeva
sul colle e quindi non è certo il vero nome del santo locale.
Teca in legno contenente le ossa di S. Appiano, 1852.
Aldilà delle leggende che hanno arricchito il patrimonio culturale e la
tradizione orale, intorno al sec. V° e VI° la presenza di una fiorente comunità
cristiana è documentata dal Battistero di cui oggi rimangono purtroppo solo i
quattro pilastri cruciformi di sostegno.
2. Dall’antico Battistero alla Pieve
Questa costruzione fu la primitiva chiesa paleocristiana e come possiamo intuire
dalla pianta, incisa su una lastra marmorea e ritrovata nel 1892, non prevedeva un
battistero all’esterno dell’edificio. La struttura presentava una fonte battesimale
interna costruita, secondo i canoni dell’epoca dell’arte paleocristiana e tardo-
paleocristiana, in modo tale da presentare esternamente una forma cilindrica e
all’interno una cruciforme. Era distanziata dall’altare per distinguere i due momenti
“forti” della celebrazione liturgica: il Battesimo e l’Eucarestia. Negli anni successivi si
formò una vera e propria Pieve grazie al crescente numero di abitanti del luogo,
poiché durante l’Alto Medioevo tanti si trasferirono dalla città in campagna in seguito
alle invasioni barbariche che devastarono l’Italia. Monteloro poteva costituire una
luogo dove rifugiarsi vista la sua naturale asprezza e isolamento; a questo contribuì
indubbiamente la vicinanza alla Via Francigena che forniva al territorio nuovi abitanti,
non solo servi della gleba, ma anche nobili facoltosi che arricchivano la chiesa con
donazioni e lasciti. Per rispondere ai bisogni della nuovo stato, la Pieve venne
demolita per costruirne una nuova in forme e dimensioni: secondo l’esempio del
Nord Italia.
A Monteloro si adottò un tipo di architettura imponente, con una vasta chiesa a base
basilicale a tre navate aperte e spartite da archi e pilastri, un grande abside centrale
e due laterali con cripta sottostante, secondo il modello dell’arte romanica.
La pieve, in epoca carolingia era un esempio di tipica chiesa rurale nella sua
povertà e semplicità, allo stesso tempo presentava un ambiente interno suggestivo
ed equilibrato. Il 28 Maggio 1171, durante un violento temporale, un fulmine si
scagliò sull’alta torre campanaria che, già in precarie condizioni di stabilità, cadde e
distrusse quasi per intero la navata destra. La ricostruzione iniziò presto in seguito
ad un attento studio, per cui gli artefici chiamati a realizzarla, conservando un
convinto rispetto per i resti del passato, costruirono il nuovo secondo il gusto e la
cultura dell’epoca. Venne usato il mattone al posto della pietra per la velocità
dell’impiego e per la presenza di una fornace nelle vicinanze.
Affinché la nuova navata, più slanciata in altezza, non risultasse squilibrata in
rapporto a quella centrale e alla navata sinistra, rimaste intatte, fu coperto il vuoto tra
l’ultimo pilastro e l’inizio dell’abside con un arco più ampio e più alto degli altri; inoltre
venne rialzato il tetto “a capanna” della navata centrale.
Guardando i pilastri della navata di destra, essi risultano goffi e rozzi per la
pesantezza dei capitelli, ma questa impressione scompare se si osserva tutto
l’insieme, il vecchio e il nuovo.
L’altra grande data della vicenda architettonico – strutturale di questa chiesa
avvenne nell’anno 1476 ed ebbe come scopo quello di ridare armonia e
equilibrio all’insieme degli elementi al suo interno. Questa serie di interventi fu
considerata necessaria da Messere Francesco di Bernardo Castellini da
Castiglione e ne sono esempi la nuova copertura che interessò tutta la
chiesa e che in parte si è conservata fino ad adesso, nonostante i vari
rifacimenti dei tetti nei secoli successivi, e la cappella aperta sulla navata di
destra con un arco. Dopo Messere Francesco di Bernardo Castelli da
Castiglione non si sono avuti più interventi strutturali sulla chiesa: i successori
si sono limitati ad alcuni abbellimenti, secondo il loro gusto e secondo le
esigenze del culto.
All'interno è interessante scoprire questi nuovi particolari introdotti dai pievani
nel corso del tempo; il primo è la fonte battesimale che si trova all'inizio della
navata sinistra ed è costituita da un unico blocco di pietra serena a pianta
esagonale all'esterno, ornato agli spigoli con fasce verticali di marmo bianco e
scavato all'interno per formare una sorta di vasca per la raccolta dell'acqua.
Il battistero, è delimitato da una balaustra a colonnetti in pietra serena.
I cancelletti in legno ad intagli, che proteggevano le aperture della balaustra,
e il coperchio della fonte battesimale, anch'esso in legno e a forma di cestello
intagliato, furono venduti ad un antiquario negli anni '70. Inoltre dietro la fonte
si trovava uno dei tre affreschi che vennero realizzati sulla parete della
navata di sinistra da un artista di scuola fiorentina, vicino al Ghirlandaio,
nell'estate del 1492 su commissione di Francesco di Dante Castellini.
Le tre opere rappresentano rispettivamente un Santo domenicano, il martirio
di S. Sebastiano, S. Antonio Abate e l'Evangelista S. Matteo. Forse dello
stesso autore è anche il piccolo affresco al centro della navata di destra,
raffigurante la Madonna seduta che adora il bambino Gesù, posato sulle sue
ginocchia. Il pievano Messer Francesco Muzzi da Poggibonsi (1566-1611),
commissionò al suo pittore preferito la decorazione della cappella ricavata
nella base del campanile, dedicata all'Assunta, a cui era profondamente
devoto, e una serie di dipinti a olio su tela raffiguranti i misteri della vita della
Madre del Signore e dell'infanzia di Gesù.
ALL’INTERNO DELLA PIEVE Fotografia della navata di sinistra. Compaiono, partendo da sinistra:
Affresco con il martirio di San Sebastiano e i fratelli della compagnia (fine sec. XV)
Affresco con i due Santi: Antonio Ab. e San Matteo Evangelista (fine sec. XV)
Le reliquie di sant’Appiano
Fonte battesimale all’inizio della navata di sinistra
L’ESTERNO DELLA PIEVE
Il campanile come si presenta oggi
Visione frontale della facciata della Pieve
LA CANONICA
Adiacente alla chiesa si estende la chiesa canonica, abitazione del Pievano e
del suo presbiterio e, decaduta la vita comune dei sacerdoti addetti alla
Pieve, residenza esclusiva del Parroco e dei suoi familiari.
Il primo presbiterio era formato dai pochi sacerdoti e diaconi che aiutavano il
Pievano nelle funzioni della chiesa primitiva, quasi esclusivamente funzioni di
culto. l’insediamento di una comunità di chierici assicurava il legame fra il
clero e il popolo, e necessitava di una casa adeguata con ambienti
caratteristici come il refettorio, la sala delle riunioni e il dormitorio; nella Pieve,
anche perché il numero dei residenti era esiguo, non esisteva il dormitorio:
ognuno aveva la sua camera da letto privata. Troviamo un chiostro che aveva
la funzione più di spazio pubblico coperto per raccogliere il popolo, che di
spazio interno per la vita comune del clero. Particolare importante è che la
canonica insieme al complesso del borgo rurale era fortificato da una serie di
torri che dovevano conferirgli l’aspetto di un castello, tanto che tra storia e
leggenda, si è creduto all’esistenza di un vero castello di sant’Appiano.
Vista dall’alto del cortile
Particolare della trifora della sala capitolare
L’Antiquarium
Nei locali annessi alla chiesa è stato ricavato dal 1991 un piccolo Antiquarium
che funge da museo archeologico. Nelle due stanze sono raccolti materiali
archeologici provenienti dalle zone limitrofe e venuti alla luce durante alcune
campagne di scavo.
Bibliografia Mons. Ferradino Fiorini, Sant’Appiano – Un’antica pieve in Val d’Elsa, Firenze 1985. Nota: le foto e i disegni sono tutti originali fatti da Letizia Forzoni