l’icona di nazaret (1) - barnabiti.net · sione – non solo un luogo (un picco- ... «sarà...

5
BIBBIA Eco dei Barnabiti 1/2017 2 I l 1° dicembre 1916, in un assalto di banditi presso l’eremo di Tamanrasset, nel deserto sahariano, veniva ucciso Char- les de Foucauld, figura attualissima e ancor oggi profetica. Se tra gli aspetti peculiari del suo carisma ci sono l’attenzione e la vicinanza ai più pic- coli e ai più deboli e l’apertura al dialogo con tutti, nel desiderio di es- sere, per ogni persona, un “fratello universale”, è altrettanto vero che egli «forse come pochi altri, ha intui- to la portata della spiritualità che emana da Nazaret» (papa France- sco): la centralità della vita quotidia- na di Nazaret come testimonianza del Vangelo nella semplicità, nel la- voro, nella preghiera. Il pellegrinag- gio in Terra Santa che Charles de Foucauld svolge tra il 1888 e il 1889, infatti, segna una svolta decisiva nel- la sua vita, perché gli fa scoprire quello che sarà poi il centro perma- nente di tutta la sua avventura spiri- tuale: il mistero di Nazaret; l’intui- zione dello splendore cristiano del mistero di Nazaret. «Ho voglia di condurre la vita che ho intravisto, percepito camminando per le vie di Nazaret, dove Nostro Signore, pove- ro artigiano perso nell’umiltà e nel- l’oscurità, ha appoggiato i piedi», scrive nel corso di questo pellegri- naggio; e rivolgendosi a Gesù, scrive ancora: «Come è fertile questa vita di Nazaret in esempi e in lezioni! Gra- zie! Grazie! Come siete buono ad averci donato questa istruzione per 30 anni!». Si tratta di una intuizione davvero unica, nella sua disarmante semplicità: «La novità dell’intuizione è data, in prima battuta, dalla nettez- za del riferimento cristologico della imitazione / sequela di Nostro Signo- re Gesù: “la stessa vita di Nostro Si- gnore” Gesù, e cioè “l’esistenza umi- le e oscura di Dio, operaio di Naza- ret”» (P. Sequeri). Nazaret è dunque – in questa vi- sione – non solo un luogo (un picco- lo e sconosciuto villaggio della Gali- lea che Dio ha scelto per radicarsi nella vita dell’uomo), ma anche un tempo (i 30 anni che sono serviti a Gesù per maturare), uno stile di vita (quotidiana, ordinaria, fatta di lavoro, di preghiera, di relazioni, di servizio) e infine un modo di essere e di vive- re (secondo la logica dell’amore). «A Nazaret, Charles de Foucauld vede quel Dio che ha camminato tra gli uomini. Lo incontra alla fontana, assieme a Maria; lo vede guardando gli artigiani lavorare. Ma lo vede a mo- do suo, secondo la mentalità di chi desidera cambiare vita. Ciò che deve fare gli è svelato per le strade di Naza- ret: Dio si è fatto uomo, e in quel mo- do è vissuto in mezzo agli uomini. Al- lora, per seguire Gesù, è quella la via da imboccare» (A. Chatelard, Charles de Foucauld. Verso Tamanrasset, 43). La via che vorremmo cercare di per- correre insieme quest’anno. la scuola del silenzio Nel raccontare l’infanzia di Gesù, dopo averne riportato la genealogia (Mt 1,1-17) e narrato la nascita (Mt 1,18-25), l’evangelista Matteo riferi- sce l’episodio dei magi che, offerti i loro doni e avvertiti da un angelo, sono tornati al loro paese senza ri- passare da Erode. Quest’ultimo, pre- occupato di perdere il suo potere, dà ordine di uccidere tutti i bambini di meno di due anni e costringe così la Sacra Famiglia a fuggire in Egitto. È un angelo ad avvertire in sogno Giu- seppe (Mt 2,13-15) e sarà ancora un sogno ad annunciare a Giuseppe che Erode è morto e che quindi lui e la sua famiglia possono tornare nel paese di Israele (Mt 2,21); infine, un ultimo sogno lo inviterà a ritirarsi nelle regioni della Galilea (Mt 2,22-23). I sogni di Giuseppe hanno al centro la vicenda di Gesù e potremmo definir- li cristocentrici. Si parte dal racconto della nascita, passando per la sua identità con l’assegnazione del no- me, fino alla protezione per la sal- L’ICONA DI NAZARET (1) «sarà chiamato Nazareno» Nazaret è l’orizzonte nel quale occorre situarci per comprendere e contemplare il mistero di un Dio che scende nella quotidianità della nostra vita e la condivide. Charles de Foucauld e la sua dimora a Nazaret

Upload: phamcong

Post on 16-Feb-2019

219 views

Category:

Documents


1 download

TRANSCRIPT

Page 1: L’ICONA DI NAZARET (1) - barnabiti.net · sione – non solo un luogo (un picco- ... «sarà chiamato Nazareno» ... Dio ha chiamato il suo popolo alla libertà dei figli di Dio;

BIBBIA

Eco dei Barnabiti 1/20172

Il 1° dicembre 1916, in unassalto di banditi pressol’eremo di Tamanrasset, nel

deserto sahariano, veniva ucciso Char-les de Foucauld, figura attualissima eancor oggi profetica. Se tra gli aspettipeculiari del suo carisma ci sonol’attenzione e la vicinanza ai più pic-coli e ai più deboli e l’apertura aldialogo con tutti, nel desiderio di es-sere, per ogni persona, un “fratellouniversale”, è altrettanto vero cheegli «forse come pochi altri, ha intui-to la portata della spiritualità cheemana da Nazaret» (papa France-sco): la centralità della vita quotidia-na di Nazaret come testimonianzadel Vangelo nella semplicità, nel la-voro, nella preghiera. Il pellegrinag-gio in Terra Santa che Charles deFoucauld svolge tra il 1888 e il 1889,infatti, segna una svolta decisiva nel-la sua vita, perché gli fa scoprirequello che sarà poi il centro perma-nente di tutta la sua avventura spiri-tuale: il mistero di Nazaret; l’intui-zione dello splendore cristiano del

mistero di Nazaret. «Ho voglia dicondurre la vita che ho intravisto,percepito camminando per le vie diNazaret, dove Nostro Signore, pove-ro artigiano perso nell’umiltà e nel-l’oscurità, ha appoggiato i piedi»,scrive nel corso di questo pellegri-naggio; e rivolgendosi a Gesù, scriveancora: «Come è fertile questa vita diNazaret in esempi e in lezioni! Gra-zie! Grazie! Come siete buono adaverci donato questa istruzione per30 anni!». Si tratta di una intuizionedavvero unica, nella sua disarmantesemplicità: «La novità dell’intuizioneè data, in prima battuta, dalla nettez-za del riferimento cristologico dellaimitazione / sequela di Nostro Signo-re Gesù: “la stessa vita di Nostro Si-gnore” Gesù, e cioè “l’esistenza umi-le e oscura di Dio, operaio di Naza-ret”» (P. Sequeri).Nazaret è dunque – in questa vi-

sione – non solo un luogo (un picco-lo e sconosciuto villaggio della Gali-lea che Dio ha scelto per radicarsinella vita dell’uomo), ma anche un

tempo (i 30 anni che sono serviti aGesù per maturare), uno stile di vita(quotidiana, ordinaria, fatta di lavoro,di preghiera, di relazioni, di servizio)e infine un modo di essere e di vive-re (secondo la logica dell’amore).«A Nazaret, Charles de Foucauld

vede quel Dio che ha camminato tragli uomini. Lo incontra alla fontana,assieme a Maria; lo vede guardandogli artigiani lavorare. Ma lo vede a mo-do suo, secondo la mentalità di chidesidera cambiare vita. Ciò che devefare gli è svelato per le strade di Naza-ret: Dio si è fatto uomo, e in quel mo-do è vissuto in mezzo agli uomini. Al-lora, per seguire Gesù, è quella la viada imboccare» (A. Chatelard, Charlesde Foucauld. Verso Tamanrasset, 43).La via che vorremmo cercare di per-correre insieme quest’anno.

la scuola del silenzio

Nel raccontare l’infanzia di Gesù,dopo averne riportato la genealogia(Mt 1,1-17) e narrato la nascita (Mt1,18-25), l’evangelista Matteo riferi-sce l’episodio dei magi che, offerti iloro doni e avvertiti da un angelo,sono tornati al loro paese senza ri-passare da Erode. Quest’ultimo, pre-occupato di perdere il suo potere, dàordine di uccidere tutti i bambini dimeno di due anni e costringe così laSacra Famiglia a fuggire in Egitto. Èun angelo ad avvertire in sogno Giu-seppe (Mt 2,13-15) e sarà ancora unsogno ad annunciare a Giuseppe cheErode è morto e che quindi lui e lasua famiglia possono tornare nelpaese di Israele (Mt 2,21); infine, unultimo sogno lo inviterà a ritirarsi nelleregioni della Galilea (Mt 2,22-23). Isogni di Giuseppe hanno al centro lavicenda di Gesù e potremmo definir-li cristocentrici. Si parte dal raccontodella nascita, passando per la suaidentità con l’assegnazione del no-me, fino alla protezione per la sal-

L’ICONA DI NAZARET (1)«sarà chiamato Nazareno»

Nazaret è l’orizzonte nel quale occorre situarci per comprendere e contemplare il mistero di unDio che scende nella quotidianità della nostra vita e la condivide.

Charles de Foucauld e la sua dimora a Nazaret

Page 2: L’ICONA DI NAZARET (1) - barnabiti.net · sione – non solo un luogo (un picco- ... «sarà chiamato Nazareno» ... Dio ha chiamato il suo popolo alla libertà dei figli di Dio;

vezza fisica del bambinocon la consegna del luo-go dove dovrà crescere eabitare. Il ciclo dei sognidi Giuseppe si apre, infat-ti, in Mt 1,18 con: «Eccocome avvenne la nascitadi Gesù Cristo», e si con-clude in Mt 2,23: «Saràchiamato Nazareno». Nel-l’arco di due capitoli Giu-seppe diviene il custodedi Gesù, scandendo letappe più importanti del-la sua vita, attraverso isuoi sogni: nascita, no-me e destinazione per lasua crescita. Una custo-dia che si realizza nel si-lenzio e nell’obbedienza.Giuseppe non pronunciauna sola parola, eppure rifulge la «suainsondabile vita interiore, dalla qua-le vengono a lui ordini e confortisingolarissimi, e derivano a lui la lo-gica e la forza, propria delle animesemplici e limpide, delle grandi de-cisioni, come quella di mettere subi-to a disposizione dei disegni divini lasua libertà, la sua legittima vocazio-ne umana, la sua felicità coniugale,accettando della famiglia la condi-zione, la responsabilità ed il peso»(Paolo VI).Una vita interiore che costituisce

l’humus, il terreno fertile nel qualecresce Gesù e che lo ha alimentatonegli anni silenziosi della sua infan-zia. Silenziosi ma fecondissimi, per-ché «l’amore “paterno” di Giuseppenon poteva non influire sull’amore“filiale” di Gesù e, viceversa, l’amore“filiale” di Gesù non poteva non in-fluire sull’amore “paterno” di Giusep-pe» (Redemptoris custos, 27).

dall’Egitto ho chiamato mio figlio

Dall’Egitto, dunque, la Sacra Fami-glia fa ritorno alla morte di Erode,«perché si compisse ciò che era statodetto dal Signore per mezzo del pro-feta: Dall’Egitto ho chiamato mio fi-glio» (v. 15). Soffermiamoci solo un istante sul-

l’espressione «perché si compisse...».Essa ricorre per ben tre volte nelcapitolo secondo (vv. 15.17.23) edaltre nove nell’intero Vangelo, alloscopo di ancorare la figura di Gesùall’Antico Testamento, in modo taleda tracciare una linea di continuità

nella storia della salvezza, che rag-giunge la sua “pienezza” proprio inCristo. Il verbo greco pleroun, infat-ti, tradotto dalla CEI con “compie-re”, designa di per sé il “riempire”,il “giungere a pienezza”, come af-fermato da Gesù medesimo: «Noncrediate che io sia venuto ad abolirela Legge o i Profeti; non sono venu-to ad abolire, ma a dare pieno com-pimento (plerôsai)» (Mt 5,17). Nelcaso di questo episodio, la citazio-ne del profeta Osea e l’assenza diqualunque ulteriore dettaglio narra-tivo rivelano come Matteo sia inte-ressato unicamente al fatto che Giu-seppe restò in Egitto con la sua fa-miglia fino alla morte di Erode, perfare poi ritorno in Galilea: la fuga diGesù in Egitto è narrata e letta dun-que in funzione del suo ritorno interra d’Israele.Tra tutti i testi profetici relativi al-

l’esodo di Israele dall’Egitto, l’evan-gelista riporta quello in cui si fa ri-ferimento ad un bambino: «QuandoIsraele era bambino, io l’ho amato,e dall’Egitto ho chiamato mio figlio»(Os 11,1). Risulta evidente, dunque,l’intento di presentare Gesù come ilrappresentante del nuovo Israele, acui compete in modo specifico l’ap-pellativo di «figlio di Dio» (cfr. Es4,22), e quindi come il nuovo Mo-sè. In Gesù che viene dall’Egittogiunge così a compimento tutta lastoria della salvezza, che ha comepunto di partenza e come schemadi riferimento la liberazione dal-l’Egitto e l’alleanza. Nel creare unlegame tra l’episodio della fuga inEgitto e l’evento dell’Esodo l’evan-

BIBBIA

Eco dei Barnabiti 1/2017 3

Duccio di Boninsegna, Il profeta Osea -Maestà del Duomo di Siena

Il sogno di Giuseppe e la fuga in Egitto - Codex Aureus di Echternach, f. 19v (nell’iscrizionein alto: angelus ut iussit Ioseph surrexit et ivit)

Page 3: L’ICONA DI NAZARET (1) - barnabiti.net · sione – non solo un luogo (un picco- ... «sarà chiamato Nazareno» ... Dio ha chiamato il suo popolo alla libertà dei figli di Dio;

gelista svela come «il rapporto filia-le del popolo di Dio venga ora rias-sunto in Gesù che rivive nella pro-pria vita la storia di questo popolo»(R.E. Brown). Il Figlio di Dio non solo entra in

una famiglia umana come ogni altrobimbo che nasce; entra nella storia diun popolo, con cui si fa solidale.Matteo interpreta la fuga in Egitto allaluce degli avvenimenti vissuti dal po-polo d’Israele nel Primo Testamento epresenta Gesù come colui nel qualesi compiono le Scritture e quanto,profeticamente, Israele ha già vissuto.Attraverso l’esperienza dell’Esodo edell’Alleanza, Dio ha chiamato il suopopolo alla libertà dei figli di Dio;ora il figlio che Dio ha chiamatodall’Egitto è Gesù stesso, perché inlui e grazie a lui ogni uomo e ognidonna giungano a vivere nell’autenti-ca libertà dei figli di Dio. Gesù nonviene semplicemente preservato dal-la strage degli innocenti voluta daErode. La logica sottesa al raccontodella fuga e del ritorno dal-l’Egitto è già quella dellaPasqua: in Gesù, ogni per-sona viene liberata dal ma-le e riscattata dalla morte,per essere introdotta nellalibertà dei figli di Dio. Rac-contando la strage degli in-nocenti, da cui Gesù vienesalvato, è come se Matteovolesse richiamare a que-sta dimensione della sal-vezza. «Giuseppe, Maria eGesù sperimentano la con-dizione drammatica deiprofughi, segnata da pau-ra, incertezza, disagi ...Gesù ha voluto appartene-re ad una famiglia che hasperimentato queste diffi-coltà, perché nessuno sisenta escluso dalla vicinan-za amorosa di Dio. La fugain Egitto a causa delle mi-nacce di Erode ci mostrache Dio è là dove l’uomo èin pericolo, là dove l’uomosoffre, là dove scappa, do-ve sperimenta il rifiuto el’abbandono; ma Dio è an-che là dove l’uomo sogna,spera di tornare in patrianella libertà, progetta esceglie per la vita e la di-gnità sua e dei suoi familia-ri» (papa Francesco).

La liberazione dall’Egitto e il ritor-no dall’esilio sono le più grandi ma-nifestazioni dell’amore di Dio per ilsuo popolo; in esse Israele ha speri-mentato la presenza di un Dio checamminava con lui. Adesso, il luogoin cui ogni uomo può continuare avivere quella medesima esperienzadi salvezza e di liberazione è unapersona: Gesù.

sarà chiamato Nazareno

Alla morte di Erode, Giuseppe,con la sua famiglia, torna in Israele:«andò ad abitare in una città chia-mata Nazaret, perché si compisseciò che era stato detto per mezzodei profeti: “Sarà chiamato Nazare-no”» (Mt 2,23). Nazaret non è unapolis nel senso classico del terminegreco, è un piccolo villaggio dellaGalilea ed è sufficiente dare unosguardo ad una cartina per rendersiconto di come la sua collocazione,

quasi sperduta sulle montagne, lorendeva estraneo alle vie di comu-nicazione. È un paese che non ri-chiama la folla, non è teatro deigrandi avvenimenti, resta perifericorispetto alla grande storia. Tuttavia,la collocazione di Nazaret nella«Galilea delle genti» (Mt 4,15) leconferisce un significato particolare.Questa definizione dell’area geo-grafica in cui Gesù trova residenza,presente in un’altra delle “profeziedi compimento” proprie dell’evan-gelista (Is 8,23-9,1), sottolinea ilcoinvolgimento dei gentili nel pro-getto divino di salvezza. Quando illettore giunge alla conclusione del-l’intero racconto (Mt 28,16-20),punto di partenza del Risorto, si ac-corge che l’intera storia di Gesù ter-mina proprio in quella «Galilea del-le genti» da cui è partita l’attivitàmissionaria del Maestro. L’indica-zione topografica di Mt 2, pertanto,rappresenta «il cammino anticipatodel Messia d’Israele verso i Gentili»

(F. De Carlo).Il riferimento scritturisti-

co dell’evangelista relativoall’origine del nome Naza-reno, inoltre, è alquanto sin-golare: Nazaret, come ab-biamo detto, è una «insigni-ficante borgata della Galilea,non nominata né nell’ATné da Giuseppe Flavio nédal Talmud» (X. Léon-Du-four); mai dunque, in tuttol’Antico Testamento, ricor-re una profezia che nominiesplicitamente la città diNazaret. In considerazionedella rilevanza che le cita-zioni veterotestamentariehanno per l’evangelista, laspiegazione di questa ap-parente aporia deve esserericercata nella prassi giu-daica secondo la quale leconnessioni con i testi sacriavvenivano spesso in mo-do libero e creativo, soprat-tutto per assonanza o perallusione. La forma grecaNazoráios utilizzata da Mat-teo (qui e in 26,17, comeanche in Gv 18,5.7 e 19,19),non è del tutto uguale allaforma Nazarenós, che ri-corre in Marco e Luca.«Evidentemente, agli orec-chi di Matteo, essa era ca-

BIBBIA

Eco dei Barnabiti 1/20174

Page 4: L’ICONA DI NAZARET (1) - barnabiti.net · sione – non solo un luogo (un picco- ... «sarà chiamato Nazareno» ... Dio ha chiamato il suo popolo alla libertà dei figli di Dio;

pace di suscitare una risonanza pro-fetica che per noi non è più cosìovvia, ma che per i suoi primi letto-ri non doveva essere un enigma»(A. Mello). Matteo, che si rivela mol-to addentro all’uso didattico degliscribi ebrei del suo tempo, fa proba-bilmente allusione a termini la cuiassonanza con la designazione “Naza-reno” gli permette di creare un “pon-te” tra le origini di Gesù e l’AnticoTestamento.Il termine greco con cui Gesù vie-

ne definito, Nazoráios, può richiama-re due parole ebraiche: nazîr e nézer.Il primo, dal quale deriva “nazireo”,definisce una persona “consacrata” aDio in modo speciale, attraverso ilrispetto di una serie di voti, qualil’astinenza da bevande alcoliche,non tagliarsi i capelli, non accostarsia un cadavere ... (cf. Nm 6). Sanso-ne (Gdc 13), Samuele (1Sam 1,11) eGiovanni Battista (Lc 1,15) apparten-gono a questa categoria. Ora, Gesù èil “consacrato” per eccellenza, coluiche in pienezza compie la volontàdel Padre, ed è probabile che nel no-me di Nazaret Matteo risenta l’eco diquesta sua consacrazione. «Gesù eranazareno, perché era come un “se-gregato” da Dio, un “riservato da Dioe per Dio”; questo è il senso di “nazi-reo” che troviamo in Is 42,6 e 49,6,nei brani che ci presentano la missio-ne del Servo di YHWH. Da questo si-gnificato di Isaia deriva Nazaret, per-ciò, Nazareno indica la disponibilitàtotale di Gesù a Dio e de Foucauldimpara a vivere la sua vocazione così»(A. Fraccaro). Il secondo termine, nézer, “germo-

glio”, richiama immediatamente adun orecchio ebraico la profezia mes-sianica di Isaia 11,1: «Un germogliospunterà dal tronco di Iesse ...». Nelvangelo di Matteo, Isaia è il profetamessianico per eccellenza; ecco al-lora che definire Gesù Nazareno si-gnifica identificarlo con il germoglioannunciato dai profeti; il germoglio«diverrà non solo l’emblema, maquasi il nome simbolico del Messiache il Signore nel libro del profetaZaccaria chiama “il mio servo Ger-moglio” (3,8; 6,12)» (G. Ravasi). Nel racconto di Matteo, Gesù è

l’Emmanuele, il Figlio di Dio, il Naza-reno. Ogni nome ha un suo profon-do significato e contribuisce a indi-care la vera identità di Gesù. L’appel-lativo “Nazareno” è apparentemente

dispregiativo perché contrario alleaspettative tradizionali circa il Mes-sia, che doveva manifestarsi in modoglorioso e trionfante; sottolineare, vi-ceversa, l’umiltà delle origini di Ge-sù esalta la novità cristiana: il Figlio

di Dio è “il Nazareno”. In questosenso, dunque, il soggiorno di Gesùa Nazaret, la sua identità come Na-zareno, non è casuale, ma rientra nelpiano divino. Il nome stesso del pic-colo centro ci ricorda che Cristo èdono di Dio, a Lui consacrato, è ungermoglio prodotto dalla feconditàdi Dio. Il nascondimento di Gesù aNazaret, durato molti anni, si svelacome presenza del germoglio divino,un germoglio che cresce nel silen-zio, senza attirare l’attenzione, macresce. E giunge a pienezza. E portapienezza.«Per i lettori cristiani, ai quali si ri-

volge Matteo, non possono esseresenza significato le tappe che lo con-ducono a Nazaret. Così i dati geogra-fici del vangelo delle origini per unaspecie di dissolvenza assumono unsignificato e dimensione nuovi sullosfondo della storia profetica che tro-va compimento in Gesù: il ritornonella terra di Israele evoca l’esodo e ilritorno dall’esilio; il territorio dellaGalilea diventa il luogo degli appun-

tamenti di quella storia salvifica chetrova in Gesù di Nazaret il suo pienocompimento» (R. Fabris).

conclusione

Come Dio ha chiamato suo figlio,il popolo di Israele, dall’Egitto ver-so la terra promessa, così ha chia-mato suo Figlio Gesù il Messia dal -l’Egitto, perché potesse un giornoiniziare la sua missione pubblicanella sua terra, la terra dei suoi pa-dri e del suo popolo, per il qualeera stato inviato da Dio stesso. Ecosì tutto inizierà da Nazaret, daquel piccolo «villaggio che non ap-partiene né alla storia degli uomini(le grandi strade, come la ‘Via Maris’che va da Damasco fino a Meghid-do e poi in Egitto, non passano perNazaret), e neppure alla storia del-la salvezza, alla storia di Dio nel -l’An tico Testamento» (A. Marangon).«Sarà chiamato Nazareno» è un tito-lo che prefigura già il suo destinodi croce, come recherà l’iscrizione:«Gesù il Nazareno, il re dei Giudei»(Gv 19,19). Ma è proprio Nazaretl’orizzonte nel quale occorre situar-ci per comprendere e contemplareil mistero di un Dio che scendenella quotidianità della nostra vitae la condivide. A Nazaret Dio si faquotidianità. Prima di ogni altra co-sa, all’inizio della sua vita, il luogostesso in cui il Figlio di Dio vivediventa parabola del mistero delRegno, e permette di abbracciaretutto il mistero della kénosis delVerbo non soltanto nel momentodrammatico della croce, ma nellakénosis prolungata di tutta la suavita. «Tutta la nostra vita, per quantomuta essa sia, la vita di Nazaret, lavita del deserto, la stessa vita pub-blica devono essere una predica-zione del Vangelo fatta con l’esem-pio. Tutta la nostra esistenza, tutto ilnostro essere deve gridare che noiapparteniamo a Gesù, deve presen-tare l’immagine della vita evangeli-ca. Tutto il nostro essere deve diven-tare una predicazione viva, un ri-flesso di Gesù, un profumo di Gesù,qualcosa che gridi Gesù, che facciavedere Gesù, che risplenda comeun’immagine di Gesù» (Charles deFoucauld).

Giuseppe Dell’Orto

BIBBIA

Eco dei Barnabiti 1/2017 5

Sieger Köder, Un germoglio spunteràdal tronco di Jesse

Page 5: L’ICONA DI NAZARET (1) - barnabiti.net · sione – non solo un luogo (un picco- ... «sarà chiamato Nazareno» ... Dio ha chiamato il suo popolo alla libertà dei figli di Dio;

Vocabolario ecclesiale

ESOTERISMO - 5 - SIMBOLO – Poiché «la verità non èvenuta nuda in questo mondo, ma in simboli eimmagini» (Vangelo apocrifo di Filippo), ci chiediamo co-me è possibile che le verità e i riti cristiani abbiano per-duto il loro peculiare carattere iniziatico, per ridursi nellamaggioranza dei casi e realtà exoteriche, ossia esteriori?Anche se è vero che l’exoterico/esteriore costituisce la viaobbligata all’esoterico/interiore. D’altra parte, restituirealle verità e ai riti cristiani la loro valenza e il loro spesso-re iniziatico – l’attento lettore della nostra rubrica ricorde-rà la «mistagogìa esoterica» di Gregorio Nisseno –, nonsignifica dissolverli e tanto meno tradirli, «ma al contrarioaiuta a penetrarne il senso più profondo» (René Guénon).Le ragioni storiche che hanno portato all’eclisse del-

la dimensione esoterica nella pratica cristiana, sono il-lustrate da Carl Gustav Jung (1875-1961), il quale de-nuncia la «spaventosa povertà dei simboli che regnaattualmente» e ritiene che «il ridestarsi della ragione»nell’era moderna, e la concomitante iconoclastia dellaRiforma», abbiano «praticato una breccia nel baluardoformato dalle immagini sacre», ossia dall’insieme direaltà «simboliche», che vanno dal dogma al rito. Ècosì che «l’esoterismo cristiano finì con l’essere addirit-tura misconosciuto e perfino negato», e si venne profi-lando «la strana concezione che pretende di identifica-re esoterismo con eresia» (R. Guénon).

Alla riscoperta del simbolo - Si impone quindi un la-voro di saggia ricerca storica e teologica che consenta diricuperare un importantissimo capitolo della concezionee della pratica religiosa. Ricupero di cui ci offre testimo-nianza lo stesso Jung, là dove riscopre il valore dell’istitu-zione, parlando della «forza della Chiesa» e si dichiara«fermamente convinto della straordinaria importanza deldogma e del culto». Esemplificando, considera la procla-mazione del dogma dell’Assunzione di Maria (1950) «ilpiù importante avvenimento religioso dai tempi della Ri-forma»; riconosce in pagine penetranti il valore dellaMessa, «purché la si avvicini con un minimo di compren-sione» e ritiene «l’istituto della Confessione e del Diretto-re di coscienza [...] della più grande rilevanza pratica, sea questa attività attendano persone adatte». Né diverso èil suo parere quando considera i principi morali predicatidal cristianesimo e spesso fonte di quella afflictio animae,di quella sofferenza interiore che scaturisce dal contrastofra ideale e reale. «Il fatto però che l’etica cristiana portia delle collisioni» nel cuore dell’uomo e tra l’uomo eDio, sempre secondo Jung, «parla a suo favore».

“Stenografia dell’anima” - Queste incoraggianti ri-flessioni che ci giungono da uno degli spiriti più risve-gliati della nostra epoca, ci consentono di riprenderecontatto con la più antica e genuina tradizione cristia-na. Le verità di fede, raccolte in formule essenziali frut-to di ardua ricerca teologica e spirituale, presero il no-me di “simboli”, vale a dire di espressioni pregnanti del

“credo” cristiano, punti di riferimento per una visioned’insieme dei piani divini e dell’itinerario salvifico.Il “simbolo” si pone come mediazione tra il dato

concettuale e la risonanza che esso suscita nelle pro-fondità della psiche e dello spirito umano. Ciò valeanche per i richiami visivi e immaginativi legati al-l’evento cristiano. Ne fa fede quella che è stata defini-ta la “stenografia dell’anima”, e cioè l’insieme di raffi-gurazioni che accompagnano il cristianesimo fin dallasua gestazione nelle catacombe: palma, corona, vi-gna, albero della vita, acqua viva dalla roccia, cane-stro con i pani, calice, pesce (e l’acrostico Ἰχθύς), na-ve, aratro e scure, la stella di Giacobbe, il chrismon, idodici apostoli e lo zodiaco, il buon pastore, l’agnello,la fenice (simbolo di risurrezione) e così via.Superfluo dire che l’economia sacramentale riuscireb-

be del tutto arbitraria e inefficace, senza un’adeguatapenetrazione dei caratteri esoterici che essa riveste e cheveicola attraverso il rito, il gesto, la posizione, nonchégli elementi cui ricorre come l’acqua, il sale, l’olio pro-fumato, il pane, il vino, ecc. Ai Padri piace soprattuttosottolineare l’importanza di due elementi: l’acqua e ilsangue. Essi furono «al tempo di Mosè l’inizio dei segni;e furono pure la fine di tutti i segni di Gesù», dal cui co-stato fluirono con il colpo di lancia infertogli dal soldato.Né diverso è il discorso relativo alle icone, le imma-

gini sacre soprattutto nella tradizione dell’Oriente cri-stiano. Qui la realtà umana è trasfigurata e con ciòstesso trasfigurante, a patto che si comprenda il mes-saggio della forma, del colore, della composizionedella scena studiata secondo criteri (o cànoni) rigorosi,densi di contenuto teologico e mistico,Ma anche gesti e formule hanno un richiamo esoteri-

co imprescindibile, se non li si vuole ridurre a un fattopuramente esteriore, irrilevante in ordine allo sviluppodell’uomo interiore. Si potrebbero richiamare i gesti piùabituali, come l’inchino, la genuflessione, il segno dicroce grande o piccolo, la benedizione, l’imposizionedelle mani, le mani elevate, il bacio, ecc. Gesti destinatia provocare e/o a esprimere aperture di coscienza; il cheè possibile solo se ne vengono colte le implicanze inte-riori, secondo il principio del tanto fuori quanto dentro.Rientrano in quanto stiamo dicendo le stesse formule

di orazione, a iniziare dal Padre nostro e dai Salmi, e indefinitiva l’intera Scrittura, frequentata nella ricerca dei“sensi occulti” oltre la scorza della “lettera”. Getta quile radici l’allegorismo biblico, fecondo in epoche an-date e poi quasi dimenticato con «il ridestarsi della ra-gione» critica, spesso inaridente e dissacrante. Vale, pertutto quest’insieme di realtà, l’insegnamento di Grego-rio Nazianzeno (c. 329-390), teologo e letterato, quan-do invita a vivere «mistericamente le realtà misteriche(mystikòs tà mystiká) e santamente le realtà sante».

Antonio Gentili

Eco dei Barnabiti 1/20176

VOCABOLARIO ECCLESIALE