l’insegnante di religione cattolica tra “frustrazioni – disagi” e

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Diocesi di Albano Ufficio Diocesano per l'educazione, la scuola e l'insegnamento di religione cattolica (IRC) Corso di formazione permanente per gli IRC Scuola Secondaria di I grado Albano, 28 ottobre 2011 L’INSEGNANTE DI RELIGIONE CATTOLICA TRA “FRUSTRAZIONI – DISAGI” E “SFIDE EDUCATIVE E PROFESSIONALIProf. Gian Franco Poli

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Diocesi di Albano Ufficio Diocesano per l'educazione, la scuola e l'insegnamento di religione cattolica (IRC) Corso di formazione permanente per gli IRC Scuola Secondaria di I grado Albano, 28 ottobre 2011. L’insegnante di religione cattolica tra “frustrazioni – disagi” e - PowerPoint PPT Presentation

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Diocesi di AlbanoUfficio Diocesano per l'educazione, la scuola e l'insegnamento di religione cattolica (IRC)

Corso di formazione permanente per gli IRC

Scuola Secondaria di I gradoAlbano, 28 ottobre 2011

L’INSEGNANTE DI RELIGIONE CATTOLICATRA “FRUSTRAZIONI – DISAGI” E

“SFIDE EDUCATIVE E PROFESSIONALI”

Prof. Gian Franco Poli

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Il rapporto fra IRC e studenti nella scuola, è regolato dalla: Costituzione italiana e dalla legislazione scolastica

tuttavia l’IRCdovrà tenere presente due punti di

riferimento: il valore e il significato

della sua presenza nella vita scolastica.

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Comportamento – Relazioni - Coerenzadell’IRC

fra ciò che dice e il suo modo di essere. Sono già una forma di INSEGNAMENTO più incisivo delle parole che pronuncia

poiché, agli occhi degli studenti, sono la concreta esemplificazione

di quanto insegna agli allievi.

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Le azioni dell’IRC, il suo stile nel

relazionarsi agli allievi richiedono

pertanto un’attenzione speciale e una

accortezza supplementare.

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Punto di partenza:Il disagio da parte della cattedra,

e di conseguenza il disagio dell’IRC. Esiste o è solo un dato ipotetico?

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È l’interrogativo a cui proveremo di dare una risposta a partire dall’assunto che tutto ciò che si riferisce alla

frustrazione o al disagio di chi insegna una disciplina aperta alla dimensione trascendente dell’essere umano

inspiegabilmente occupa uno spazio significativo nel contesto del diritto

all’educazione.

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La fatica di un IRC deve essere analizzata e studiata seriamente, senza cadere in letture pessimistiche o esclusivamente

negative; si rileva che questo disagio non è sufficientemente affrontato dagli

esperti del settore e dagli psichiatri e psicologi.

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Nella vita scolastica ci sono alcuni momenti critici per i rapporti tra IRC e allievi che meritano

attenzione e controllo. Sono i momenti più sgradevoli per gli IRC e

altrettanto sgradevoli per gli allievi, come ad esempio: i rimproveri in presenza di

comportamenti antisociali e/o trasgressivi, la correzione degli elaborati che risultano

insufficienti, gli interventi per le offese o i litigi tra compagni, i momenti di indisciplina dell’intera

classe che lasciano all’insegnante la sensazione di perdere il potere e il controllo della situazione...

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Siamo dunque in presenza di momenti dove il disagio provato dall’IRC rischia di essere

interpretato e addebitato esclusivamente al comportamento dei ragazzi

mentre è ancora l’insegnante responsabile dei sentimenti che prova, dei comportamenti che adotta e può far ricorso al suo equilibro affettivo,

al prestigio per il ruolo che ricopre, all’autorevolezza con cui lo interpreta.

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Questi sono i momenti in cui è più facile incorrere in errori

facendo ricorso a comportamenti autoritari, esageratamente minacciosi o punitivi che

rivelano solo la paura e l’ impotenza dell’IRC. In questi momenti il suo linguaggio può

subire sgradevoli cadute di stile e perdere la sua efficacia educativa nel confondere la

persona con il comportamento del proprio interlocutore, e il rischio che corre è di ferire

la persona a causa del suo atteggiamento.

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Questo è dunque il momento di ricordare che per aiutare un allievo a cambiare le sue azioni è

necessario allearsi con la sua persona anche quando si critica il suo comportamento in modo da trovare un’intesa e un’alleanza per giungere a

fargli adottare nuove decisioni. Solo così sarà possibile evitare giochi di potere, inutili giustificazioni e continue difese - come

quando ci si sente feriti nella propria persona - per poter cogliere il significato di quanto

l’IRC propone.

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Questo vale particolarmente per la correzione dei compiti dove l’espressione “tu sei...” con l’aggiunta di una

definizione o di un giudizio negativo, può essere sostituito dalla modalità più corretta e rispettosa:

“il tuo compito oggi è...”. Questi esempi, che ciascuno può moltiplicare

analizzando il linguaggio comune, indicano la necessità del dialogo corretto come problema costante da tenere

presente all’interno di un rapporto positivo e in ogni momento della vita di classe.

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1. IL DISAGIO:FRUSTRAZIONE DALLA PARTE DELLA CATTEDRA

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Come è noto, il termine disagio, così frustrazione, alludono a una varietà di condizioni di malessere che la persona può

manifestare sia a livello individuale-intrapsichico, nella percezione di una difficoltà soggettiva a star bene con se stessa/o, sia a livello socio-relazionale, nella percezione

intersoggettiva di una difficoltà nel riuscire a vivere l’incontro con l’altro, in questo caso l’allievo, il collega e il genitore. Una condizione di difficoltà, dunque, nel saper governare razionalmente la complessità esistenziale del

proprio stare al mondo e dello specifico ruolo di educatrice/educatore.

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In alcune fasi della vita il disagio è fisiologico poiché legato al processo di maturazione della identità o ai

passaggi d’età. Quando però questa condizione si prolunga nel

tempo per cause oggettive o soggettive indipendenti o dipendenti dal soggetto, essa

conduce all’alienazione da sé e dagli altri producendo marginalità e, qualora sia accompagnata dalla trasgressione della norma/legge, anche devianza, arrivando

gradualmente ad una situazione patologica disturbante

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Il più delle volte è il singolo insegnante disagiato ad essere espulso dal sistema,

vedendo schiudersi dietro la porta dell’emarginazione scolastica quella ben più pesante, a volte definitiva,

dell’emarginazione sociale.

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L’idea che insegnare sia un privilegio, ha impedito per anni di riconoscere l’immane

DISPENDIO DI ENERGIA PSICOFISICA che è invece necessario per adempiere al compito educativo.

Si è cominciato insomma a prendere atto che insegnare costa fatica a tal punto da arrivare, in casi estremi, a produrre un danno e dunque, se oggi ci interroghiamo sul disagio scolastico, non

possiamo più ignorare quello nascosto, ma reale, vissuto dalla parte della cattedra.

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Siamo sempre più convinti che essere IRC è una missione che si fa professione:

si tratta di un “ministero” complesso e delicato. È una fortuna, spirituale e umana, ma anche

lavorativa. Speriamo che nessuno pensi di aver scelto questa strada per lo stipendio, o la viva

senza convinzione.

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2. IL DISAGIO D’AFFERMARE: SÌ, INSEGNO RELIGIONE E ASPETTATIVE...

Parlando di disagi, non possiamo sottovalutare che spesso, alla domanda di un collega o di un

genitore: “che cosa insegna?”, la risposta: “insegno religione”, non viene pronunciata con

tanto entusiasmo e fierezza. Non vogliamo generalizzare, ma si registra sovente questa convinzione di minorità nei

confronti delle altre discipline, dei colleghi e degli allievi.

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“Insegno religione” spesso contiene un sospiro, una sospensione, un interlocutorio

non espresso, un’esitazione, a volte il messaggio di una sottile auto-svalutazione, il senso dell’inefficacia e dell’insignificanza

del proprio lavoro, la stanchezza di rimotivare continuamente.

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Ma non è una materia poi così importante.Ma insegno proprio religione o dentro quest’ora ci va un

po’ di tutto?Sì, non manca di utilità, specialmente per la vicinanza a

qualche allievo in difficoltà, ma è questo insegnare religione? Non si tratta piuttosto di esercizio di altruismo?

Vale la pena pensarci poi tanto alla modalità di far lezione quando una parte degli studenti, a volte una gran parte, pur avendo scelto la materia, in realtà durante l’ora fa altre cose?

Un po’, anche se non viene detto esplicitamente, i colleghi ci lasciano vivere e lavorare, ma, nonostante la legislazione lo preveda, mi ritrovo a chiedermi se ha ancora diritto a starci l’ora di religione cattolica a scuola in tempi di relativismo, laicismo…?

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Un po’ mi sento ospite, meglio ospitata nell’istituzione scolastica. Cerco di fare del mio meglio, ma avverto l’aria della precarietà culturale che circonda. Qualcuno forse spinge… è tempo di andarsene?

Nonostante tutte le valide giustificazioni sulla liceità e valore dell’IRC, mi sembra di far parte di un ‘residuo culturale’ della lotta fra Stato e Chiesa.

Insegno? Ma che cosa? Durante il susseguirsi degli anni di scuola, mi sembra che nessuno impari qualcosa, perciò mi chiedo ‘Insegno?’

Spesso capita di dover ascoltare le critiche e solo le critiche alla Chiesa in quanto istituzione corrotta, opportunista e ricca, espresse dagli allievi che ne rilevano soltanto gli aspetti negativi. Perché prendersi tali contrarietà da ragazzi, a volte, impertinenti?

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Puntualmente, però, dopo il lamento si ripropone alla coscienza la “parte positiva”.

Allora che cosa muove ad insegnare ancora religione?

Che cosa spinge ad accettare l’incarico annuale?

Le motivazioni sono diverse, alcune di ordine personale, altre di ordine culturale.

Idealmente, poi, sarebbe bello che tali ragioni fossero anche tutte nobili e spiritualmente elevate,

ma ce ne sono di sbrigative, terra, terra.

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Bisogna pure registrare il contrario, ci sono docenti fieri dell’insegnare religione a

scuola; non mancano parole di sostegno, approvazione e valorizzazione del lavoro

che si fa a scuola, sia da parte dei Dirigenti, sia dai colleghi, dagli allievi e dalle famiglie.

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Rimane comunque la convinzione che essere IRC non è facile; lo sanno bene le

centinaia di insegnanti in Italia che sperimentano le contraddizioni di una

professione, al tempo stesso, motivante e frustrante per la sua complessa natura.

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Finalità e contenuti la collocano tra le discipline più “importanti”: essa, infatti, invita ad esplorare le grandi domande di senso, e proprio per il fatto che nell’ora di religione si parla di se stessi, si affrontano tematiche

come la vita, la morte, la sofferenza, il bisogno di salvezza, la propria identità, richiede l’istaurarsi di

relazioni di apertura e fiducia tra il docente e l’alunno e nel gruppo classe.

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L’IRC nell’organizzazione scolastica è una materia “debole” per la sua presenza marginale

nell’orario scolastico (l’unica materia che abbia una sola ora settimanale),

per la scarsa considerazione del giudizio finale e soprattutto per il fatto di poter essere scelta dagli alunni e dalle famiglie ogni inizio ciclo, spesso in modo arbitrario, esponendo così l’insegnante al

sentimento di sentirsi rifiutato sulla base di criteri che spesso non hanno nulla a che fare con la

qualità del suo insegnamento.

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In un sistema in cui tutte le discipline sono obbligatorie, l’essere titolari dell’unica materia a

scelta pone problemi non facili da risolvere a livello psicologico, motivazionale e anche

didattico: spesso, infatti, induce a compromessi nella scelta delle tematiche da trattare, richiede

all’IdR uno sforzo di gran lunga superiore che agli altri docenti per stimolare la motivazione primaria

dello studente.

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Anche il rapporto con i colleghi può essere fonte di gratificazione (molti IdR si sentono

apprezzati e benvoluti) ma anche di frustrazione.

Non sono rare le battute del tipo: “Tanto tu insegni solo religione!” oppure “Che fate nell’ora di religione, gli alunni non sanno

neppure…”, o addirittura giudizi più svalutanti: “A che cosa serve questa

materia?” “Beati voi che non soffrite di precariato!” ecc….

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Di fronte a questi atteggiamenti, l’IRC potrebbe essere tentata/o a rimuoverli giungendo ad

affermazioni del tipo: “tutti mi amano, tutti mi apprezzano”

che, proprio perché espresse in modo così generalizzato, diventano automaticamente poco realistiche o a iper compensare il proprio ruolo,

autodefinendosi unica/o docente in grado di capire lo studente, perdendo, così, la dimensione

della collegialità che deve guidare sia i rapporti con gli studenti che la loro valutazione.

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Gestire le aspettative

L’IRC è ben consapevole del valore formativo della sua disciplina e

quindi dell’impegno indispensabile per fare della propria ora uno

spazio di dialogo, di approfondimento critico di

argomenti che molti studenti non hanno mai occasione di affrontare

alla presenza di un adulto competente.

Page 35: L’insegnante di religione cattolica tra “frustrazioni – disagi” e

Gestire le aspettative degli studenti e delle famiglie

Frequente è la richiesta che non sia un insegnante come gli altri: deve comprendere, venire in aiuto, essere dalla parte dello studente (soprattutto in sede di scrutinio!). Deve più in generale fungere da confidente e da psicoterapeuta. Gli studenti intuiscono che l’IdR è più interessato alla loro persona che al programma e proprio per questo motivo si aspettano da lui un atteggiamento più aperto ed accogliente e tendono a sottovalutare le esigenze della disciplina (alcuni sono fieramente sdegnati alla richiesta di verifiche o “compiti a casa!”).

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Gestire le richieste dell’istituzione scolastica a confronto con il “ruolo debole” in cui confina l’IdR.

Anche le richieste dell’istituzione scolastica sono elevate e contraddittorie: deve partecipare a tutti gli organi collegiali, ma spesso nei consigli di classe la sua voce è poco ascoltata, almeno rispetto a quella del docente d’italiano o di matematica. In ogni caso non è il ruolo a dare peso all’IdR ma la credibilità che è riuscito a conquistarsi spesso con maggior sforzo di altri docenti sostenuti da una posizione più forte all’interno del consiglio di classe o del collegio docente.

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Gestire le aspettative della Chiesa

Anche la doppia appartenenza all’istituzione scolastica e alla comunità cristiana può essere

vissuta come risorsa o come un’ ulteriore esigenza a cui far fronte. Dai colleghi e dagli studenti egli è visto come rappresentate di una

Chiesa spesso contrastata per le sue prese di posizione soprattutto in

materia di etica.

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Curare tutti i possibili complessi di inferiorità

• Ecco una serie di dati oggettivi con i quali curare le forme di disagio e frustrazione:

• l’IRC può intervenire in tutti i campi della scuola, anche nella valutazione il suo giudizio in consiglio di intersezione, interclasse e classe ha il suo valore e grande significato;

• per scuola passano tutti i ragazzi, anche quelli che non sono praticanti: ciò valorizza il ruolo e la funzione dell’IRC che ha il compito di educare e formare la dimensione religiosa che è propria di ogni persona;

• importante è l’atteggiamento dell’IRC e di come presenta la materia; per il 60-70% gioca un ruolo fondamentale la sua coerenza e la sua testimonianza;

• l’IRC è sotto la lente di ingrandimento degli alunni;

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• l’IRC condiziona l’opinione della scelta: la sua professione è vocazione e missione;

• la testimonianza è fondamentale per essere credibili agli occhi di chi sta vicino e di ascolta o lavora con noi;

• è importante entrare in sintonia con i colleghi: mettersi a disposizione, assumere incarichi, accettare di partecipare e fare con gli altri;

• l’IRC con il suo modo di fare ha un credito maggiore come insegnante;

• la partecipazione all’Equipe pedagogica fa trovare spazio e rende merito alla professionalità e alle competenze che non devono venire meno e deve essere costantemente coltivate:

• importante dunque la formazione permanente;• l’IRC è probabilmente il più adatto a ricoprire il ruolo di

docente dell’orientamento in quanto la sua disciplina è orientamento alla vita.

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3. ALLE RADICI DEL DISAGIO DELL’INSEGNARE: LA CRISI DELLA SCUOLA

La scuola è diventata di massa mantenendo una struttura e una concezione elitaria del sapere; si è

popolata di donne, insegnanti e studentesse, senza che l’impronta maschile che ha segnato le sue

origini sia stata sottoposta sufficientemente ad analisi.

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La scuola viene rappresentata come un luogo di trasmissione di valori e saperi precostituiti,

mentre proprio lì la domanda di senso dei ragazzi e delle ragazze impone una decostruzione e una

ridefinizione di quei saperi e di quei valori.

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L’insoddisfazione che sembra aver colpito il morale della classe insegnante nel nostro Paese è la risultante di una

serie di condizioni oggettive.

Quali?

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Un prestigio perduto

Gli insegnanti non godono di un’eccellente immagine sociale: il prestigio di cui godeva un tempo il docente in quanto garante della trasmissione dell’ethos collettivo e

della cultura è in calo e non solo per una perdita di autorevolezza nella relazione con gli allievi, anche in

ragione dei livelli retributivi tendenzialmente bassi se comparati con quelli dei colleghi europei o di altre

categorie di professionisti laureati.

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Un aumento di problemi di tipo relazionale-affettivo con gli allievi

Col venir meno della funzione socializzatrice primaria della famiglia gli insegnanti si trovano dunque, loro malgrado e in assenza di strumenti psicopedagogici

di intervento, a surrogare questa pedagogia dell’inesistenza (e l’inesistente è, in questi casi, la

figura paterna, la famiglia, un referente adulto significativo) che impedisce di cogliere per tempo i

segni di disagi affettivi riversati nelle aule degli istituti scolastici.

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4.ARGINARE DISAGIO E FRUSTRAZIONI

Sullo sfondo di tale articolato panorama si

colloca il ruolo e il compito dell’IRC come

agente di trasformazione del

disagio.

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Il suo ruolo è strategico per due ragioni: - per la forza penetrante della sapienza cristiana che

gli offre, attraverso l’insegnamento della sua disciplina.

- per la proposta/testimonianza dei valori cristiani “insieme originali e profondamente umani”.

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L’IRC ha un punto di vista privilegiato per riuscire a vedere, interpretare, raccontare e saper comunicare

agli allievi, ai colleghi e alle famiglie la realtà della sofferenza

andando oltre i determinismi socio-psicologici e le cose “così come appaiono”, al fine di coglierne il positivo,

l’enigma, il mistero….

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L’IRC raccoglie la responsabilità l’esigenza di coltivare sempre meglio l’unità della persona: nel

disagio questa unità è insidiata dalla frantumazione e dallo smarrimento dovuto

all’esperienza della difficoltà che si accompagna alla mancanza di criteri di interpretazione

e di sintesi.

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Da dove partire dunque per un’azione didattica che comprenda e superi il disagio e

dell’alunno e dell’insegnante? Dalla lettura pedagogica dello stesso:

è questo il punto di partenza imprescindibile per affrontarne le radici.

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E’ determinante partire dalla persona, dalla relazione educativa e dalle sue radici affettive.

Fare del soggetto-persona la “variabile imprescindibile” dell’intervento educativo per il recupero del disagio. Costruire le condizioni didattiche che permettano di

risignificare la realtà dolorosa propria, dell’altro, del mondo: in questa direzione l’IRC è fondamentale per aiutare gli allievi a

individuare e definire il senso del proprio agire, per far operare confronti fra modelli e stili di vita divergenti, per creare una

cultura della prevenzione a partire dal fatto religioso, per promuovere una sempre più “piena ed adeguata

soggettivizzazione del soggetto”.

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Una seconda direzione nodale per intervenire sul disagio “dalla parte della cattedra”,

è l’investimento che si può fare sulla professionalizzazione dell’IRC attraverso la ricerca

di collaborazioni con Scuola-Università.

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5. REALISMO E FIDUCIANella Nota pastorale della CEI sull’IRC nelle scuole pubbliche dal titolo: Insegnare religione cattolica oggi, del 19 maggio 1991, al numero 36, i Vescovi invitano ad avere “realismo e fiducia”. Ecco le loro riflessioni:

I molti e complessi problemi che stanno di fronte a noi ci chiedono di guardare con realismo all'evolversi della situazione dell'IRC e della figura del docente di religione nella scuola. Il realismo deve essere però accompagnato da grande fiducia. Anche per l'IRC al tempo della semina seguirà certamente il tempo di una abbondante mietitura. Un atteggiamento, in ogni caso, deve essere conservato soprattutto da parte dei docenti di religione: quello di non lasciarsi imprigionare nella rete delle difficoltà quotidiane che generano solo conflittualità e impediscono di valorizzare le concrete possibilità del proprio servizio scolastico. Accettare la sfida che oggi emerge dall'IRC significa capacità di convivere con tensioni e difficoltà e di rispondervi con serena fermezza e con un supplemento di preparazione e di qualità nell'insegnamento. Infatti è in gioco non solo la presenza dell'IRC e del docente di religione nella scuola, ma anche la sussistenza di un patrimonio di valori spirituali, culturali ed educativi prezioso per il domani delle nuove generazioni e per il futuro del nostro Paese.

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Siamo convinti che la soluzione per superare il clima di demotivazione e di sfiducia che oggi colpisce il mondo

della scuola non può venire solo dall’esterno - dalla politica e dall’organizzazione scolastica -, ma dalla

riscoperta delle radici della propria identità docente e quindi, paradossalmente, da un lavoro di

aggiornamento che non s’impone come un ulteriore obbligo, ma si pone come occasione di rimotivazione, perché ricollega le azioni quotidiane ai significati che le legittimano e restituisce al docente il valore della

sua funzione.

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Vivere con passione per ben insegnare

Una poesia cilena, attribuita a Pablo Neruda ci ricorda che Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine,ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,chi non cambia la marcia… chi è infelice sul lavoro,chi non rischia la certezza per l’incertezza per inseguire un sogno…chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica …chi non trova grazia in se stesso…

Page 55: L’insegnante di religione cattolica tra “frustrazioni – disagi” e

L’IRC: maestro di desiderio

Trovare negli IRC e nelle loro relazioni forme di umanità più profonde, più intense, più belle….di maturare, trasformarsi,

divenire qualcosa di nuovo, forse dare vita ad un mondo migliore…di mantenere una tensione ideale, un orizzonte di

senso, una direzione interiore ispirata a qualcosa di non ancora raggiunto.

Page 56: L’insegnante di religione cattolica tra “frustrazioni – disagi” e

L’IRC è un esperto in relazione

Obiettivo irrinunciabile dell’IRC è, infatti, ricercare insieme agli studenti la relazione come categoria costitutiva della vita, come

modalità d’approccio alla conoscenza e come abilità da sviluppare, perché se è vero che al di fuori della relazione non viviamo è altrettanto vero che lo sviluppo di relazioni buone

richiede cura, attenzione, impegno, presuppone il rispetto della pluralità, si realizza nel rapporto diretto e quotidiano tra

persona e persona.

Page 57: L’insegnante di religione cattolica tra “frustrazioni – disagi” e

L’IRC è una persona di scuola

E’ determinante coltivare il senso di appartenenza del docente di religione alla scuola dove vive ed opera, perché se ne senta

parte integrante e soggetto attivo. Contro il rischio di marginalizzazione e di auto marginalizzazione, l’IRC si pone criticamente di fronte alla scuola come istituzione e si confronta con il progetto educativo che essa promuove anche

in risposta alle esigenze del territorio.

Page 58: L’insegnante di religione cattolica tra “frustrazioni – disagi” e

L’IRC fa riferimento alla sua comunità ecclesiale di appartenenza

Questa competenza, pur necessaria, va intesa in un quadro più ampio che comprende, ad esempio, la capacità di cogliere e di far cogliere la dimensione profonda della realtà, l’attenzione costante e provata a considerare l’alunno prima di tutto come persona al di

là delle prestazioni e del profitto, l’impegno per la promozione umana e scolastica di chi è svantaggiato, una modalità relazionale

franca e cordiale, ma non ingenua, nelle attività collegiali. All’interno di quest’ambito va anche ripensato criticamente il

significato dell’idoneità.

Page 59: L’insegnante di religione cattolica tra “frustrazioni – disagi” e

L’IRC è un uomo di cultura

L’IRC viene interpellato e al tempo stesso interpella la cultura attuale. Insegnare religione in una società complessa che richiede un’alleanza di saperi per

fronteggiare il rischio di una frammentazione delle conoscenze è molto diverso che insegnarla nel contesto

della cultura del passato. L’IdR deve saper cogliere ciò che c’è di religioso e di

cristiano nelle tradizioni e nelle strutture sociali nonché nei fenomeni culturali, saperlo analizzare, interpretare e

tradurlo in percorsi didattici.

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L’IdR è una persona di dialogo e di relazione

La consapevolezza che la qualità della relazione insegnante-alunno e tra gli alunni costituisce la condicio sine qua non di ogni processo di insegnamento-apprendimento deve condurre a impegnare tutti gli sforzi per sviluppare nel docente competenze relazionali che si esprimono in processi articolati con obiettivi diversi e complementari:

• esse sono il prodotto di un lavoro costante dell’insegnante su se stesso che lo porta – anche con l’aiuto di strumenti come la supervisione - a verificare con quali modalità si relaziona con il singolo studente e con l’intera classe, ma anche con il team docente.

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• sono espressione di un interesse sincero e cordiale nei riguardi di ogni studente di cui si riconoscono significative l’esperienza personale e familiare, le modalità personali alla conoscenza anche religiosa e di cui si stima l’apporto creativo al lavoro in classe nel grado e nella misura adeguati a ciascuno.

• permettono, inoltre, al docente di affinare le sue capacità di osservazione e di diagnosi dei processi interattivi tra gli studenti, in modo che ciascuno venga tutelato nel suo diritto di espressione e siano riconosciuti e bloccati processi di emarginazione, prevaricazione, violenza (bullismo…).

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6. CONCLUSIONE

Il disagio dell’insegnante può essere molla di cambiamento, può schiudere – se accolto – alla speranza di trasformazione qualora lo si cominci a considerare una “terra di mezzo” fra il desiderio di

“assoluto” (che spesso connota l’azione dell’insegnante: quel voler raggiungere il risultato “ad ogni costo”) e il riconoscimento del proprio limite creaturale, delle proprie fragilità. Uno spazio prezioso in cui lasciarsi interpellare dalle criticità del quotidiano

“fare scuola” per renderle oggetto di una parola capace di rompere le solitudini professionali, di fare comunità: la sola via

per uscire dal disagio.