l’italia s’è desta -...

20
mentre il congresso degli Stati uniti revoca le misure restriive sulle armi, volute dall’ex presidente Obama, papa Francesco continua a rilanciare la sua forte denuncia contro il commercio e i traffici d’armi che ali- mentano i conflii. Lo ha fao anche giovedì 16 febbraio scorso, prendendo spunto dalla Genesi (9,1-13), che evoca tre immagini di pace: la colomba, l’arcobaleno e l’alleanza, dopo il “diluvio universale”. che cosa fare per custodire e diffondere in un “mondo in guerra” – si è chiesto il pontefice – queste tre elo- quenti immagini? anzituo, bisogna spezzare il circolo vizioso traffico d’armi-conflii. Impresa ardua, perché bisogna convincere la comunità internazionale e gli Stati di intervenire sui propri bilanci e quindi sulle spese militari, che sono in aumento, si dice per meere al sicuro le popolazioni. Invece è provato, anche dalle ultime due guerre del mediterraneo – in Siria e in Libia – che le armi non meono al sicuro, né possono tutelare le popolazioni che vi si trovano coinvolte. Inoltre, incentivano flussi migratori incon- trollabili, che a loro volta pesano sui bilanci degli Stati. È perciò indispensabile immaginare e costruire in- sieme bilanci di pace, nonviolenti, di partecipazione e dialogo civile, di cooperazione dal basso. Sarebbe un risparmio anche per la finanza pubblica, che potrebbe così assumere priorità e obieivi alternativi, nel segno di una ripresa del Welfare, ormai ridoo alle briciole anche in europa, la patria dello Stato sociale. cosa fare dunque per un’Italia e un’europa più sicure? a queste e altre domande risponde il dossier pro- speando un’economia più disarmata per le sorti stesse della nostra democrazia italiana ed europea. a cura dI marIO meNIN Armi e spese militari d ossIer L’Italia s’è desta

Upload: hoangphuc

Post on 19-Feb-2019

214 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

mentre il congresso degli Stati uniti revoca le misure restrittive sulle armi, volute dall’ex presidente obama,papa Francesco continua a rilanciare la sua forte denuncia contro il commercio e i traffici d’armi che ali-mentano i conflitti. Lo ha fatto anche giovedì 16 febbraio scorso, prendendo spunto dalla Genesi (9,1-13),che evoca tre immagini di pace: la colomba, l’arcobaleno e l’alleanza, dopo il “diluvio universale”. checosa fare per custodire e diffondere in un “mondo in guerra” – si è chiesto il pontefice – queste tre elo-quenti immagini? anzitutto, bisogna spezzare il circolo vizioso traffico d’armi-conflitti. impresa ardua,perché bisogna convincere la comunità internazionale e gli Stati di intervenire sui propri bilanci e quindisulle spese militari, che sono in aumento, si dice per mettere al sicuro le popolazioni. invece è provato,anche dalle ultime due guerre del mediterraneo – in Siria e in Libia – che le armi non mettono al sicuro,né possono tutelare le popolazioni che vi si trovano coinvolte. inoltre, incentivano flussi migratori incon-trollabili, che a loro volta pesano sui bilanci degli Stati. È perciò indispensabile immaginare e costruire in-sieme bilanci di pace, nonviolenti, di partecipazione e dialogo civile, di cooperazione dal basso. Sarebbeun risparmio anche per la finanza pubblica, che potrebbe così assumere priorità e obiettivi alternativi, nelsegno di una ripresa del Welfare, ormai ridotto alle briciole anche in europa, la patria dello Stato sociale.cosa fare dunque per un’italia e un’europa più sicure? a queste e altre domande risponde il dossier pro-spettando un’economia più disarmata per le sorti stesse della nostra democrazia italiana ed europea.

a c u r a d i m a r i o m e n i n

Armi e spese militari

d o s s I e r

L’Italia s’è desta

La recente dichiarazione del ministro della Difesadescrive una situazione discrepante rispetto aquella emergente dai bilanci del suo ministero, che

per il periodo di riferimento mostrano non un taglio, maun aumento delle risorse del 7 per cento (da 19 a 20,3miliardi) in sostanziale costanza del rapporto budget Di-fesa/Pil (1,28-1,25 per cento) – dato, quest’ultimo, indi-cativo della volontà politica di destinare alla Difesa unaporzione fissa della ricchezza nazionale. Un episodio che si potrebbe ridurre a “strategia o pole-mica politica”, ma che in realtà dimostra quanto sia ne-cessario fare chiarezza sulla reale entità delle spese mi-litari italiane, certamente non facili da quantificare, comedimostra la varietà di stime prodotte dalle principali or-

g e n n a i o / f e b b r a i o 2 0 1 724

ganizzazioni e istituti internazionali che si occupano deltema come sipri, Nato, onu, ocse e Iiss (Istituto interna-zionale di studi strategici, di Londra).

c i f R e e dAT i d i S c o R dA n T i

Ciascuna di queste organizzazioni adotta definizioni emetodi di calcolo molto diversi per rendere confrontabilile spese militari di tutti i paesi del mondo, che però ri-sultano inevitabilmente poco precise nel rispecchiare lacomplessità e le peculiarità della realtà italiana. Nel no-stro paese, infatti, la spesa militare non comprende soloil budget del ministero della Difesa (nel quale rientranoanche spese non legate alla “difesa” intesa come cate-goria funzionale), ma una serie di altre ingenti spese acarico di altri ministeri ed enti pubblici di non facile com-putazione. Un’incertezza che il progetto Mil€x di un osservatoriosulle spese militari, attenendosi ai principi di obiettivitàscientifica e neutralità politica, sta cercando di diradareconducendo un’approfondita analisi documentale econtabile, ed elaborando un innovativo metodo di cal-colo della spesa militare italiana in grado di rappresen-tare nel modo più corretto ed esaustivo possibile il com-

F r a n c e S c o V i G n a r c a

La spesamilitare italianae i nuovi acquistidi armamenti

“Sulla difesa non si può più tagliare, dopo che negli ultimi dieci anni le risorse a disposizione sono state ridotte del 27 per cento. Tutto quello che si doveva tagliare si e tagliato, ma ora sul capitolo difesa e venuto il momento di tornare ad investire”. (Roberta Pinotti)

Francesco Vignarca, classe 1974, da sempre attivo nelquadro associativo comasco e nazionale dedicato ai temidella pace, della giustizia e della cooperazione sociale, dal2004 è coordinatore nazionale della rete italiana per ildisarmo. Tra le sue ultime pubblicazioni: F-35 l’aereo piùpazzo del mondo (round robin 2013). Fa parte di Pax Christie del Movimento Nonviolento. A settembre 2016 ha lanciato,con enrico Piovesana, il progetto Mil€x.

2009 con i governi Berlusconi III e Prodi II, un calo costantenegli anni post-crisi del quarto governo Berlusconi, unanuova forte crescita nel 2013 con il governo Monti, unaflessione con Letta e il primo anno del governo renzi e dinuovo un aumento negli ultimi due anni.Analizzando la composizione delle spese militari secondola metodologia di Mil€x il dato più eclatante riguarda ilcosto del personale di esercito, Marina e Aeronautica(quello dei Carabinieri è nell’apposita voce complessiva)che rimane l’ambito di spesa largamente preponderante,pari al 41 per cento del totale nel 2017. Questo perchénonostante la graduale contrazione generale del perso-nale stia proseguendo come previsto dalla riforma “DiPaola” del 2012 (che stabiliva una riduzione da 178milaa 150mila uomini entro il 2024) il riequilibrio interno delle

g e n n a i o / f e b b r a i o 2 0 1 725

plesso groviglio della spesa pubblica destinata annual-mente al settore militare.Una prima stima (che viene ampliata e dettagliata nelPrimo rapporto annuale Mil€x sulle spese militari italiane,uscito a febbraio 2017), da cui si possono trarre diversee importanti considerazioni. Ne toccheremo ora i puntiprincipali.

dAT i , T e n d e n z e , c o m P o S i z i o n e d e L L A S P e S A m i L i TA R e

Dai criteri di analisi scelti (vedi box di pagina 26) derivala possibilità diretta di conteggiare la spesa militare perl’anno appena iniziato e tracciare anche un trend perl’ultimo decennio. Previsionalmente, l’Italia ha deciso distanziare nel 2017 oltre 23 miliardi e 300 milioni di europer le spese militari. si tratta di oltre 60 milioni di euroal giorno, più di 2,5 milioni di euro all’ora e oltre 40milaeuro al minuto! rispetto al 2016 si registra un aumentodi meno dell’1 per cento a valori correnti (che diventaun lieve calo se si considerano valori costanti) conun’impercettibile flessione nella rapporto spese milita-ri/Pil che rimane di poco inferiore all’1,4 per cento (fles-sione che potrebbe tramutarsi in incremento se il Pil2017 dovesse risultare inferiore a quello previsto).operando un confronto a partire dal 2006 (anno per cuisi possono ricavare dati coerenti) si registra un aumentodella spesa militare di oltre il 20 per cento a valori correnti(che si traduce in un aumento di oltre il 4 per cento a va-lori costanti) e un aumento nel rapporto spese militari/Pildall’1,25 per cento del 2006 all’1,37 del 2017. L’andamentostorico evidenzia una netta crescita fino alla recessione del

Mil€x: OsservatOriOsulle spese Militari italiane

Mil€x è un progetto lanciato a settembre 2016 daEnrico Piovesana e Francesco Vignarca con la

collaborazione del Movimento Nonviolento nell’ambitodelle attività della Rete Italiana per il Disarmo.Mil€x e strumento di monitoraggio indipendente ispiratoai principi di obiettività scientifica e neutralità politica cheritiene necessario rendere più trasparenti le spese militariitaliane, analizzandone in maniera obiettiva gli aspetticritici inerenti alla loro razionalità, utilità e sostenibilità, inparticolare per quanto concerne i programmi diacquisizione di armamenti.Mil€x svolge un servizio pubblico di raccolta, analisi ediffusione di dati e informazioni (notizie esclusive,inchieste, studi, documenti ufficiali, database, analisi dati efact checking) per contribuire ad accrescere laconsapevolezza dei cittadini, dei loro rappresentanti nelleistituzioni, degli operatori dell’informazione e degliattivisti sociali, in modo da rendere possibile un coscientee informato controllo democratico su una delle più ingentie politicamente significative voci di spesa del denaro ditutti noi contribuenti.Il primo passo per l’avvio di questo progetto e unapprofondito lavoro di ricerca e analisi, confluito nellapubblicazione (febbraio 2017) del Primo rapporto annualeMil€x sulle spese militari Italiane. A questo primo passocontiamo di far seguire la creazione dell’Osservatorio veroe proprio e l’avvio delle sue attività. (f.v.)

una sala operativa da campo dell'esercito italiano.

a pag. 26:il ministro della difesa, roberta Pinotti e il capo di Stato

maggiore dell'esercito, generale claudio Graziano.

AVIOBO

OK.CO

M

categorie a vantaggio della truppa e a svantaggio di uf-ficiali, anch’esso previsto dalla riforma, sta invece proce-dendo con lentezza. Le forze armate italiane rimangonoinfatti largamente caratterizzate dalla distorsione che ve-de un numero maggiore di “comandanti” (ufficiali e sot-tufficiali) rispetto ai “comandati” (graduati e truppa). Inparticolare, rielaborando i più recenti dati del ministerodella Difesa risulta evidente che ci sono ancora troppimarescialli (oltre 50mila, pari al 30 per cento del totale –mentre secondo i piani al momento dovrebbero esserecirca 46mila) e ancora pochi graduati e truppa (81milauomini, pari al 47 per cento del totale – mentre nelle pre-visioni la quota era oltre gli 85mila). Date le notevoli dif-ferenze retributive tra le categorie l’attuale quadro del

personale risulta ancora estremamente oneroso se con-frontato con quello prefigurabile con un modello di forzearmate a 150mila uomini e un più corretto equilibrio in-terno delle categorie: la differenza e di oltre 1,2 miliardidi euro l’anno, non pochi!

L e f o L L i S P e S e P e R n u o v i A R m A m e n T i

Al di là delle pesantezze strutturali che le forze armate ita-liane si portano dietro da anni (sia per cattiva gestione, siaper sacche di privilegio dure da estirpare) e che incidonopesantemente pure sull’aspetto finanziario (elemento chedovrebbe preoccupare non solo chi contesta da una pro-spettiva pacifista la spesa militare, ma anche chi deside-rerebbe una funzione statale efficiente) l’elemento real-mente dirompente ed emblematico riguarda i fondi de-stinati all’acquisto di nuovi sistemi d’arma. Cioè le (enormi)quantità di denaro che lo stato e il governo sborsano a fa-vore delle aziende del complesso militare-industriale.se consideriamo la spesa in armamenti, nel 2017 riscon-triamo un aumento su tutta la linea rispetto al 2016: siaper lo stanziamento previsionale del bilancio Difesa per iprogrammi di acquisizione e ammodernamento di arma-menti (+11 per cento), sia nei contributi che il ministeroper lo sviluppo economico destina allo stesso scopo (+8,9per cento). sommando le due voci si ottiene una spesacomplessiva 2017 per acquisto sistemi d’arma che supera

g e n n a i o / f e b b r a i o 2 0 1 726

ANSA / CIRO

FUSCO

COMECONTEGGIARE LA SPESA MILITARE

La scelta metodologica di base è quella diconsiderare le risorse destinate dallo Stato

alla spesa militare (budget) e non la spesaeffettivamente sostenuta (gestione di cassa).Dando così risalto alla scelta politica piuttostoche alla dinamica contabile, nella quale peraltro entrano in gioco meccanismi contabilicomplessi che rendono difficile soppesare lespese effettivamente ascrivibili all’annoconsiderato. Con i finanziamenti in contocompetenza stanziati nella Legge di Bilancioper l’anno successivo c’e invece certezza deldato temporale, senza incorrere in distorsionilegate ai successivi correttivi che intervengonoin fase di assestamento e rendiconto. Si partequindi dal dato governativo ufficiale (ilBilancio di previsione del ministero dellaDifesa) approvato a fine anno con la Legge di

Bilancio e dalla loro versione dettagliata esviluppata nei mesi successivi (Documentiprogrammatici pluriennali per la difesa). A tutto ciò si aggiungeranno i fondi di altridicasteri che compartecipano strutturalmentealle spese militari.Da notare che per il 2017 si registra un“anomalo” aumento del bilancio Difesadovuto all’accorpamento del Corpo forestaleai Carabinieri, per i quali inoltre viene esclusoil costo relativo alle funzioni di polizia svolteconsiderando solo il costo relativo all’impiegonelle missioni militari all’estero e alle funzionidi polizia militare.La seconda scelta metodologica è quella diincludere nel nostro ricalcolo delle spesemilitari i finanziamenti annualmentedestinati alle missioni all’estero in sede diapprovazione delle leggi di conversione deidecreti (semestrali fino al 2015, annuali dal2016) di proroga della partecipazione delleforze armate italiane alle missioni all’estero.Finanziamenti totalmente a carico del

ministero dell’Economia e delle Finanze,presso il quale dieci anni fa è stato istituito unapposito “fondo missioni” (rifinanziatomediamente per circa un miliardo di eurol’anno), ma che finiscono a sostenerestrutturalmente addestramento edispiegamento di forze militari.La terza scelta metodologica – la più rilevantedal punto di vista non solo economico, maanche politico – riguarda l’inclusione nelricalcolo delle spese militari dei sempre piùmassicci contributi del ministero delloSviluppo economico ai più onerosiprogrammi di acquisizione eammodernamento di armamenti della Difesa(programma F-35 escluso). Cifre che, trastanziamenti diretti e contributi pluriennali,superano ormai i 3 miliardi l’anno, cioè granparte dell’intero budget annuo del Misedestinato alla principale missione delministero, ovvero gli investimenti a sostegnodella “Competitività e sviluppo delle imprese”italiane. (f.v.)

i 5,6 miliardi (pari cioè ad oltre 15 milioni di euro al gior-no), con un aumento annuo di quasi il 10 per cento e ar-rivando a rappresentare quasi un quarto della spesa mi-litare complessiva. Con lo scandaloso ed eclatante datoriguardante il Mise: quasi il 90 per cento degli incentivialle imprese da esso erogato andrà al comparto difesa.Conseguenza di questo meccanismo di incentivi pub-blici strutturali alle industrie del comparto difesa e unprocurement distorto da logiche industrial-commercialiche poco hanno a che vedere con le reali esigenze stra-tegico-operative dello strumento militare. Lo stato sipone al servizio dell’industria, prima assumendosi il ri-schio d’impresa tramite il finanziamento di tutta la fase

g e n n a i o / f e b b r a i o 2 0 1 727

funzionamento degenere, e pericoloso per la democra-zia, del “complesso politico-militare-industriale”.La decisione di destinare al comparto difesa gran partedelle risorse pubbliche a sostengo della politica indu-striale nazionale risale a Craxi, con l’approvazione dellagià citata legge 808 del 1985 per lo sviluppo e l’accresci-mento della competitività delle industrie operanti nelsettore aeronautico. Da allora, quello che all’epoca sichiamava ministero dell’Industria, del Commercio edell’Artigianato poi divenuto delle Attività Produttive eoggi dello sviluppo economico, ha regolarmente sovven-zionato l’industria militare nazionale, non più solo aero-nautica, in virtù di nuovi finanziamenti decisi da governi

di progettazione, sviluppo e realizzazione di prototipipre-serie, poi garantendo tramite grosse commesse il fi-nanziamento della fase di industrializzazione e produ-zione su vasta scala, ed infine agendo come procuratoredi commesse estere nello spirito della legge 808/85 cheponeva tra gli obiettivi “il miglioramento della bilanciacommerciale”. Per il nostro ministero della Difesa tutto questo si confi-gura come un virtuoso “sistema paese” all’opera. Per ilfamoso e storico presidente Usa (prima ancora generalecapo degli alleati nella seconda guerra mondiale) eisen-hower si sarebbe invece trattato del classico esempio di

PREVISIONALMENTE, L’ITALIA HA DECISO DI STANZIARE NEL 2017OLTRE 23 MILIARDI E 300 MILIONI

DI EURO PER LE SPESE MILITARI. SI TRATTA DI OLTRE 60 MILIONI

DI EURO AL GIORNO

di ogni colore a partire dai primi anni ’90 per un totaledi oltre 50 miliardi di euro, considerando solo i program-mi principali.Nel 2017 beneficeranno di questo enorme salvadanaioFinmeccanica-Leonardo e le sue controllate, Iveco, oto-Melara, Fincantieri... per la produzione (e acquisto da par-te statale) di elicotteri, veicoli blindati, aerei e cacciabom-bardieri, missili, portaerei e navi militari.Una scelta miope e sbagliata che va a supportare piena-mente e problematicamente almeno 112 aziende (12grandi e cento piccole e medie) che coinvolgono 50milaoccupati con 15,3 miliardi di fatturato (dati Aiad) pena-lizzando al contrario il settore industriale civile e in par-ticolare il comparto della Pmi che da solo conta (al nettodelle micro-imprese con meno di 10 dipendenti) oltre137mila aziende per un totale di 3,9 milioni di occupatie 838 miliardi di fatturato (dati Cerved).

F r a n c e S c o V i G n a r c a

da sinistra:Farah (afghanistan), il generale GiorgioBattisti assiste a un’esercitazione;mezzi militari italiani lungo la “ring road”, la principale strada del paese (2011).

CHAD

DU

LAC / EUN

EWS.IT

CHAD

DU

LAC / EUN

EWS.IT

il pianoeuropeoper la difesaDietro la facciata

Ma c’è di più. Il piano prevede anche una “finestra per le capa-cità” che funga da strumento finanziario per permettere aglistati membri partecipanti di acquistare insieme determinati si-stemi e tecnologie, come elicotteri e droni, per ridurre i costi.Questa finestra dovrebbe essere in grado di mobilitare circa 5miliardi di euro all’anno per il periodo 2021-2027: in totale oltre3,5 miliardi di euro.“Questa decisione equivale a sovvenzionare l’industria degli ar-mamenti europea che già beneficia in gran parte di denaro pub-blico attraverso altri canali nazionali” – hanno commentato gliesponenti di enaat, la rete europea per il controllo degli arma-menti. È evidente il mutamento di paradigma: finora, infatti, ifondi Ue per la ricerca sono stati strettamente limitati ad utilizzidi natura civile o sono stati collegati alla sicurezza o a materiali“dual-use” (civile e militare).Il paradosso è che la stessa Commissione ammette candida-mente che già adesso i paesi dell’Ue occupano, nel loro insieme,il secondo posto nel mondo in termini di spesa per la difesa,dopo gli stati Uniti. e stima che la mancanza di cooperazionetra gli stati membri nel settore della difesa e della sicurezza rap-presenti un costo tra 25 e 100 miliardi di euro all’anno. Ma in-vece di cominciare a tagliare le inefficienze, ridurre la frammen-tazione e convertire ad attività civili i settori obsoleti, procedestanziando nuovi e sempre più ingenti fondi alle aziende del

È CHIARO L’INTENTO DIPROMUOVERE LA COMPETITIVITÀDEI COLOSSI EUROPEI DELLADIFESA NEI MERCATIINTERNAZIONALI

settore militare. Dietro la facciata del “farsi carico della nostrasicurezza” è chiaro l’intento di promuovere la competitività deicolossi europei della difesa nei mercati internazionali. Contri-buendo così ad accelerare la corsa agli armamenti e a crearemaggiore insicurezza per tutti.

G i o r G i o B e r e t ta

???????????????????

???????????????????

La presentazione è allettante. “rendere più efficiente laspesa degli stati membri nelle capacità comuni di difesa,rafforzare la sicurezza dei cittadini europei e promuovere

una base industriale competitiva e innovativa”. La realtà è moltopiù grezza: prevede infatti di “istituire un fondo europeo per ladifesa a sostegno degli investimenti in attività di ricerca comunee dello sviluppo congiunto di attrezzature e tecnologie di dife-

sa”. È questo, in estrema sintesi, il Piano d’azione europeo inmateria di difesa (European Defence Action Plan, edap). Discusso lo scorso settembre al Vertice di Bratislava dei capi distato e di governo di 27 stati membri, il “Piano d’azione” è statovarato dalla Commissione europea il 30 novembre scorso. Il fon-do prevede una “finestra per la ricerca” destinata a finanziare laricerca collaborativa in tecnologie di difesa innovative. si co-mincia con piccoli stanziamenti: la Commissione ha già propo-sto 25 milioni di euro per il 2017 e il fondo dovrebbe raggiun-gere un totale di 90 milioni di euro entro il 2020. Ma si proce-derà presto con somme più ingenti: la Commissione intende in-fatti proporre dal 2020 un apposito programma di ricerca nelsettore della difesa con una dotazione stimata di 500 milioni dieuro all’anno.

Federica mogherini eurofighter dell’arabia Saudita

g e n n a i o / f e b b r a i o 2 0 1 728

g e n n a i o / f e b b r a i o 2 0 1 729

Gli Aeromobili a pilotaggio remoto (Apr), più noticome droni, sono velivoli privi di pilota a bordo,ma controllati a distanza, a volte anche da un

equipaggio nel caso dei droni maggiori, come il Caihong5 militare cinese, dotato di un’apertura alare di poco su-periore ai 20 metri e con un peso di 3 tonnellate. oltreal loro uso civile, sono utilizzati anche in ambito militarecon le sigle Uav (Unmanned Aerial Vehicle) o Ucav (Un-manned Combat Aerial Vehicle), dove la prima indica unamissione di tipo Istar (Intelligence, Surveillance, Target Ac-quisition, Reconnaissance) e la seconda anche capacitàdi combattimento.

La fine del bipolarismo, il mutamento degli scenari inter-nazionali con una molteplicità di attori statali e non (sipensi alle formazioni irregolari di tipo terroristico) hannoportato ad una revisione strategica attuata anzitutto da-gli stati Uniti (che oggi sono dotati di una flotta di oltre10mila droni di varie dimensioni). L’assenza di un ordinemondiale o quanto meno di un equilibrio hanno portatoalla “geopolitica del caos”, a un’instabilità globale a frontedel venir meno anche del ruolo delle Nazioni Unite sem-pre più emarginate sulla scena internazionale.Contemporaneamente è emersa una riluttanza politicae sociale, soprattutto in occidente, a interventi rischiosiper la vita dei propri uomini in conflitti in aree lontane,tanto che le stesse missioni di peacekeeping non di radohanno utilizzato e utilizzano i contractors, compagniemercenarie, al fine di evitare perdite che potrebbero farvenir meno il consenso dell’opinione pubblica. Il cre-scente uso dei droni, che non è appannaggio esclusivodegli stati Uniti (ne risultano già dotati almeno 30 stati),cerca di rispondere a tale richiesta connessa alla teoriadelle “perdite zero” (relativamente però solo alle proprieforze armate).

maurizio Simoncelli è vicepresidente e cofondatoredell'Istituto di Ricerche Internazionali ArchivioDisarmo (Iriad). storico ed esperto di geopolitica, ha realizzato numerose ricerche sull'industria militare,sulle forze armate italiane e sulla geopolitica deiconflitti. Attualmente collabora come docente presso il Master di I livello  Nuovi orizzonti di cooperazione ediritto internazionale della Focsiv/Pontificia UniversitàLateranense di roma.

droni armatiLa nuova frontieradell’industria 4.0

m au r i z i o S i m o n c e L L i

ADAM

.CURRY.CO

M

g e n n a i o / f e b b r a i o 2 0 1 730

P R o b L e m i G i u R i d i c i

se è indubbia la loro “utilità” bellica, non altrettantosemplice è il quadro giuridico, dato che è necessario unadeguato bilanciamento con il rispetto dei diritti umaniche gli stati devono valutare prima di utilizzarli (adesempio nel rapporto vita/sicurezza o privacy/sicurez-za). Ancor più dubbio è il loro uso sia all’interno della

contestata dottrinadella “legittima dife-sa preventiva” (dot-trina Bush), sia nel-l’ambito delle ese-cuzioni extragiudi-ziali (gli omicidi mi-rati). si pongono de-licate questioni di

legittimità dell’uso di droni armati quando, ad esempio,uno stato risponde a un attacco armato imminente o incorso di un attore non-statale (terroristi transnazionali)senza il consenso o perfino con l’opposizione dello statoospitante. Non di rado sono tre i soggetti coinvolti nellecrisi contemporanee: lo stato attaccante, l’attore non-statale transnazionale, lo stato su cui si svolge l’azione.

LA DIMENSIONE ECONOMICA

Atale diffusione di droni militari corrisponde un aumento dei budget:il bilancio fiscale Usa 2016 includeva ben 2,9 miliardi di dollari per la

ricerca, lo sviluppo e l’acquisto di droni. I droni più grandi Global Hawk(35,4 m di apertura alare e 13,5 di lunghezza) della statunitense NorthropGrumman costano 131 milioni di dollari, ma aggiungendo i costi disviluppo si arriva a 222,7. Alcune stime parlano di un raddoppio delfatturato dell’industria del settore nell’arco di cinque anni.In Italia la Piaggio Aerospace (interamente controllata dal fondosovrano Mudabala degli Emirati Arabi Uniti) produce il P.1HHHammerHead, il cui sviluppo è già costato circa 900 milioni di euro. A livello internazionale l’Italia partecipa con Leonardo-Finmeccanicaal progetto del drone europeo Male Rpas (insieme a Airbus e DassaultAviation), avviato in ambito Occar (Organizzazione europea per lacooperazione in materia di armamenti). Sarà un sistema per missionia lungo raggio a quote di volo medie. Le prospettive industriali ecommerciali sono enormi. L’applicazione di tali tecnologie(sostanzialmente la guida a distanza) potrebbe rivoluzionare l’interosettore dell’aeronautica militare, tanto che si potrebbero ipotizzareflotte di velivoli (bombardieri, caccia ecc.) totalmente privi di piloti abordo con guerre combattute solo da macchine volanti. L’Italia attualmente ha in dotazione l’MQ-1C Predator A+ e l’MQ-9Predator B (Reaper), velivoli fabbricati dalla statunitense GeneralAtomics, che sono stati già utilizzati da noi per compiti di ricognizionein Iraq, Afghanistan, Libia, Gibuti, Somalia, Kosovo, Siria-Iraq,Mediterraneo centrale. Nel 2012 il nostro governo ha chiesto aWashington la possibilità di armarli, concessione accordataci da unanno e che li porterà entro un tempo relativamente breve ad essereoperativi anche nel combattimento. (m.s.)

Fonte: ns. elaborazione su dati A.r. Ungaro - P. sartori, I velivoli a pilotaggio remoto e la sicurezza europea. Sfidetecnologiche e operative, Nuova Cultura - Iai, roma 2016.

1000

800

600

400

200

n Civile nMilitare

0

478,3 653,9

326,2

7,8

mercato globale civile/militare apr: ricavi 2015-2021 (mln $)

COM

MO

NS.W

IKIMED

IA.ORG

HD

WALLS.XYZ

L’ASSENZA DI UN ORDINEMONDIALE O QUANTO

MENO DI UN EQUILIBRIOHANNO PORTATO ALLA

“GEOPOLITICA DEL CAOS”

Velivolo senza pilota P.1HH - Hammer Head, prodotto da Piaggio aerospace.

afghanistan, un “contractor” statunitenseimpegnato nel controllo del territorio.

g e n n a i o / f e b b r a i o 2 0 1 731

si pongono anche problemi nell’applicazione del Diu(Diritto internazionale umanitario) nell’identificazione delnemico, nel principio di proporzionalità o in quello dellanecessità militare, ad esempio.

i dA n n i c o L L AT e R A L i

Inoltre, in queste guerre contemporanee, combattuteper lo più in aree abitate con un elevato coinvolgimentodei civili, esiste anche un’enorme difficoltà nella valuta-zione dei dati relativi alle vittime. Il presidente obama nel luglio 2016 ha presentato unrapporto secondo cui sono stati condotti 473 attacchiin Afghanistan, Iraq e siria, tra il gennaio 2009 e il 31 di-cembre 2015, con un numero di vittime compreso trale 2.436 (di cui 64 civili) e le 2.697 (di cui 116 civili). Altrefonti indipendenti, come il Bureau of Investigative Jour-nalism, affermano che il totale stimato delle vittime trail 2002 e il 2016 in Afghanistan, Pakistan, Yemen e so-malia oscilla ad oggi tra le 5.653 e le 8.310 unità. Anchese i periodi e i paesi considerati sono diversi, è interes-sante notare che la percentuale delle vittime secondole fonti governative statunitensi si aggirerebbe intornoal 3-4 per cento, mentre secondo osservatori indipen-denti si oscilla tra l’11 e il 15 per cento. Inoltre, non èsempre facile identificare il nemico, spesso individuatoattraverso il cellulare o qualificato come tale in quantovestito in modo analogo all’avversario. È esemplare intal senso un video in internet su un clamoroso errore

NON PUÒ NON PREOCCUPARELA DISATTENZIONEDELL’OPINIONE PUBBLICA E ANCHE DELLA POLITICA A QUESTO CAMBIAMENTOEPOCALE DEI CONFLITTI E DEI MEZZI UTILIZZATI

in senso orario:San diego, california (usa), sede della northrop-Grumman;Sigonella (Sicilia), velivolo senza pilota (aPr) mQ-1c Predatora+, in dotazione all'aeronautica militare italiana;Base di Beale, california (usa), manutenzione per un droneGlobal Hawk.

a pag. 29:il Global Hawk, veicolo da ricognizione d’alta quota senza pilota,sulla pista ad edwards, base dell’aeronautica usa in california.

CATANIAO

GGI.ITU

.S. AIR FORCE PH

OTO

/ STACEY KNO

TT

che portò a colpire dei giornalisti scambiati per terroristiarmati in quanto dotati di un attrezzo poi rivelatosi unatelecamera.Non può non preoccupare la disattenzione dell’opinionepubblica e anche della politica a questo cambiamentoepocale dei conflitti e dei mezzi utilizzati, come preoc-cupano anche le possibili evoluzioni tecnologiche deidroni alla luce della sperimentazione in fase ancora ini-ziale delle cosiddette armi autonome, cioè in grado diidentificare, scegliere e colpire l’obiettivo in totale assen-za dell’uomo, oggi comunque ancora presente – seppurda lontano – nell’uso dei droni.

m au r i z i o S i m o n c e L L i

ICKLERELECTRIC.COM

Le statistiche pubblicate dai blasonati centri di ri-cerca non aiutano a comprendere la rilevanza delfenomeno sia perché le esportazioni militari dei

paesi dell’Ue sono solitamente presentate per singolopaese invece che nel loro insieme, sia perché le cifre for-nite sono spesso inferiori rispetto ai dati ufficiali riportatidai governi.

S T i A m o A L L e c i f R e u f f i c i A L i

Vediamo alcuni esempi. secondo lo Stockholm Interna-tional Peace Research Institute (sipri) nel 2015 gli statiUniti avrebbero esportato nel mondo sistemi militari percirca 10,5 miliardi di dollari (ai valori costanti del 1990)mentre i paesi dell’Ue per poco più di 7,9 miliardi e larussia per quasi 5,5 miliardi. Il rapporto del CongressionalResearch Service di Washington, Conventional Arms Tran-sfers to Developing Nations, 2008-2015, riferisce inveceper il 2015 esportazioni di armamenti dagli stati Uniti peroltre 16,9 miliardi di dollari, di circa 12,3 miliardi da partedi sei paesi dell’Ue e di 7,2 miliardi dalla russia. Le cifreriportate da entrambe queste fonti sono però alquanto

G i o r G i o B e r e t ta

Giorgio Beretta svolge attività di ricerca sul commerciodi armamenti. Ha pubblicato diversi studi perl’Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politichedi sicurezza e difesa (opal) di Brescia, oltre a numerosicontributi per varie riviste e per il portale Unimondo.

Pochi lo sanno. e quelli che lo sanno spesso non lo dicono. i paesi dell’unioneeuropea (ue) sono, nel loro insieme, i principali esportatori di sistemi militarinel mondo, dopo gli Stati uniti. e forniscono armamenti soprattutto nelle zonedi maggior tensione, come il medio oriente.

ue: l’exportche alimenta l’insicurezza

???????????????????????

g e n n a i o / f e b b r a i o 2 0 1 732

0 ue mediorientenord africa

asia nordamerica

altrieuropei

americaLatina

oceania africaSubsahariana

10

20

30

40

50

60

70

n Anni 2004-2008 n Anni 2009-2013 (Valori in miliardi di euro costanti rivalutati al 2013)

FiGura 1 / esportazioni ue di armamenti: autorizzazioni per zone geopoliticheconfronto tra il quinquennio 2004-2008 e il quinquennio 2009-2013

lontane da quelle che si possono leggere nelle relazioniufficiali inviate ai rispettivi parlamenti da parte dei paesieuropei. Il rapporto francese documenta infatti esporta-zioni militari nel 2015 per 6,2 miliardi di euro; quello spa-gnolo per oltre 3,7 miliardi; quello italiano per più di 3,1miliardi e quello tedesco riferisce di esportazioni per oltre1,5 miliardi per sole “armi da guerra”. Come si nota, i datiufficiali anche solo di questi quattro paesi europei am-

montano ad oltre 14,5miliardi di euro e supe-rano abbondantementele cifre fornite dai mag-giori centri di ricerca in-ternazionali. Per questo,per comprendere l’ef-fettiva entità delle

esportazioni di sistemi militari dei paesi dell’Ue è semprebene attenersi alle relazioni governative che, seppur nonomogenee e non del tutto trasparenti, forniscono alme-no le cifre ufficiali.

L A R e L A z i o n e d e L L’ u e

Uno strumento per conoscere le esportazioni di sistemimilitari di tutti i paesi dell’Ue ci sarebbe: è la Relazionesulle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari cheil Consiglio europeo dovrebbe pubblicare annualmentesulla Gazzetta ufficiale. Il condizionale è d’obbligo nonsolo perché la relazione viene pubblicata con molto ri-tardo, ma soprattutto perché non tutti gli stati membriforniscono tutte le informazioni richieste. eppure è dal

tremulus rures senesceret augustus. medusa liberevocificat caesar. Saetosus ossifragi adquireret perspicaxconcubine, semper saetosus oratori imputat

ALL’UE NON MANCANOLE RISORSE PER

FORNIRE DATISULL’EXPORT: MANCA

LA VOLONTÀ POLITICA

?????????????????

g e n n a i o / f e b b r a i o 2 0 1 733

giugno del 1998 che, adottando il Codice di condottadell’Unione europea per le esportazioni di armi, i paesimembri si sono impegnati “a rafforzare lo scambio dellepertinenti informazioni al fine di raggiungere una mag-giore trasparenza”. I computer e le risorse per mettereinsieme i dati non mancherebbero ai singoli paesi enemmeno al Consiglio: quello che sembra mancare è lavolontà politica. se compilata secondo le norme stabilite, la relazione per-metterebbe infatti non solo di conoscere l’ammontarecomplessivo delle esportazioni di sistemi militari dell’in-sieme dei paesi comunitari, ma anche di sapere il valoredelle autorizzazioni rilasciate (licences) e delle effettive

seppur poco attuali e incompleti, i dati permettono co-munque di svolgere alcune importanti considerazioni sulleesportazioni di sistemi militari dei paesi dell’Ue. Nel 2014le autorizzazioni all’esportazione hanno superato i 98,4miliardi di euro: sebbene, a seguito della modifica da partedella Francia delle politiche relative al rilascio delle licenze,il valore complessivo risulti artificialmente elevato e nonsia direttamente comparabile con quelli degli anni ante-cedenti (Figure 1 e 2), esso rivela comunque un forte in-cremento rispetto al triennio precedente in cui le autoriz-zazioni si erano attestate attorno ai 38 miliardi di euro. La principale zona geopolitica di destinazione dei sistemimilitari è stata, con oltre 31,5 miliardi di euro di licenze, ilMedio oriente (32,1%) mentre le autorizzazioni per i tra-sferimenti tra paesi dell’Ue superano di poco i 15,4 mi-liardi di euro (15,7%). Questo significa che i paesi dell’Uestanno inviando rilevanti quantità di armi e sistemi mili-tari nella zona del mondo col maggior numero di conflittiche tra l’altro è governata principalmente da regimi au-toritari. si tratta di esportazioni che andrebbero esami-nate attentamente in considerazione dei criteri e degliespliciti divieti contenuti nella Posizione Comune(2008/944/Pesc) che regolamenta questa materia.

esportazioni (deliveries) di sistemi militari di ogni paesedell’Ue verso ogni singolo paese destinatario secondo le22 categorie definite dall’elenco dei materiali militari. In-formazioni rilevanti che permetterebbero, a colpo d’oc-chio, di conoscere ad esempio l’ammontare di armi, mu-nizioni, bombe, missili, siluri, sistemi di puntamento, vei-coli terrestri, navi, aerei, sistemi radaristici ed elettronici efinanche di software e superconduttori esportati da ognipaese dell’Ue ad ogni paese del mondo. Informazioni sul-le quali i governi europei non intendono attirare troppol’attenzione delle opinioni pubbliche soprattutto perchéi sistemi militari sono in gran parte destinati a paesi in zo-ne di conflitto, regimi autoritari, monarchie totalitarie, go-verni repressivi le cui forze dell’ordine sono note per legravi e reiterate violazioni dei diritti umani.

L e R i c h i e S T e d e L PA R L A m e n T o e u R o P e o

A poco sono finora servite le risoluzioni del Parlamentoeuropeo. L’ultima, del 17 dicembre del 2015, non solo de-plorava il ritardo nella pubblicazione della relazione maevidenziava che si trattava del “maggior ritardo sinoraregistrato”. Non solo: ricordando che “i cittadini e i Par-lamenti hanno il diritto di essere informati dettagliata-mente sulle decisioni in materia di esportazione di armidei loro governi in quanto queste influenzano la sicurez-za e il benessere della loro nazione e degli altri paesi”,l’europarlamento chiedeva al Consiglio, alla Commissio-ne e alla Vicepresidente e Alto rappresentante, FedericaMogherini, di rimediare alle numerose mancanze dellarelazione “assicurando che gli stati membri riportino tut-te le esportazioni di armi”. Per tutta risposta, la relazione,resa nota diversi mesi dopo, si distingueva per informa-zioni ancor più incomplete e meno conformi allo stan-dard richiesto e spiegava le rilevanti mancanze afferman-do semplicemente che “non tutti i paesi sono stati ingrado di far pervenire tutte le informazioni”. Da allora la situazione non è affatto migliorata: nonostantele promesse, a fine gennaio 2017 la relazione sulle espor-tazioni militari relativa all’anno 2015 non era ancora statapubblicata. In questo contesto, uno strumento come larelazione annuale che avrebbe dovuto consentire un esa-me puntuale e accurato da parte del Parlamento e delleassociazioni della società civile su una materia che riguar-da direttamente la politica estera e di sicurezza dell’Ue èstato reso un documento obsoleto che non permette unefficace controllo delle esportazioni di sistemi militari. Undocumento di scarsa o nulla rilevanza politica.

S e m P R e P i ù A R m i A L L e A R e e i n c o n f L i T T o

La XVII Relazione sulle esportazioni di tecnologia e attrez-zature militari, pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Uenel maggio 2016 è l’ultima disponibile e riporta le espor-tazioni dei paesi membri relative all’anno 2014 (sic!).

g e n n a i o / f e b b r a i o 2 0 1 734

FiGura 2 / esportazioni ue di armamenti nel 2014:autorizzazioni per zone geopolitiche(Valori in euro)

oceania1.045.763.408

1,1%africa

subsahariana1.843.647.956

1,9%

america Latina3.963.381.220

4,0%

altri europei5.003.072.603

5,1%

asia29.501.782.835

30,0%

ue15.421.683.149

15,7%

nord america8.749.942.540

8,9%

mediorientenord africa

32.871.177.72533,4%

i m A G G i o R i Ac q u i R e n T i i n m e d i o o R i e n T e

Tra i maggiori acquirenti mediorientali figurano le mo-narchie assolute del Qatar (autorizzazioni per oltre 11,5miliardi di euro rilasciate per la quasi totalità dalla Fran-cia), degli emirati Arabi Uniti (licenze per più di 6,1 miliardidi euro emesse soprattutto dalla Francia, di cui 304 mi-lioni dall’Italia) e dell’Arabia saudita (licenze per 3,9 mi-liardi di euro concesse in gran parte dalla Francia, ma conuna rilevante quota di oltre 382 milioni di euro per “armie munizioni” da parte del Belgio). C’è anche l’egitto: leautorizzazioni superano i 6,1 miliardi di euro e sono staterilasciate dalla Francia nonostante il cruento colpo di sta-to con cui nel luglio del 2013 il generale al sisi depose ilpresidente Morsi. seguono l’oman (quasi 1,2 miliardi dieuro), Israele (poco meno di 1 miliardo di euro) e Iraq(761 milioni di euro). I governi dei paesi dell’Ue giustifi-cano queste esportazioni di sistemi militari con l’impe-gno, spesso più a parole che reale, da parte di questi pae-si a combattere il terrorismo internazionale rappresen-tato da Al Qaeda e dal califfato Isis/Daesh: si tratta, di fat-to, di paesi in gran parte militarmente attivi in conflitti incui perseguono soprattutto interessi particolaristici o peri quali, come nel caso dello Yemen, non hanno mai rice-vuto legittimazione internazionale e che si stanno sem-pre più caratterizzando per le reiterate violazioni del di-ritto umanitario con bombardamenti sulle zone abitateda civili, strutture sanitarie, scuole, fabbriche e mercati.

L e d e n u n c e d e L L e A S S o c i A z i o n i

Le associazioni della società civile impegnate nel con-trollo del commercio di armamenti hanno ripetutamentefatto sentire la loro protesta riguardo a queste esporta-zioni ricordando che sono proprio le forniture di sistemimilitari ad alimentare i conflitti nella regione mediorien-

tale, provocando crisi umanitarie senza precedenti e lafuga di milioni di persone che cercano rifugio, anche neinostri paesi. Nonostante il conclamato impegno ad “evi-tare esportazioni di armi che potrebbero essere utilizzatiper la repressione interna, l’aggressione internazionale oche potrebbero contribuire all’instabilità regionale” è unfatto che i paesi dell’Ue stanno abbassando gli standarddi controllo delle esportazioni di armamenti. Non solo.Come ha rilevato uno studio del Comitato economico esociale europeo di qualche anno fa, oggi ancor più at-tuale, tutte le aziende produttrici di sistemi militari deipaesi dell’Ue si stanno focalizzando sui mercati d’espor-tazione nei quali dispongono di un notevole margine dimanovra. “Questo – spiega il Comitato – è in parte do-vuto alla privatizzazione e in parte all’incoraggiamentoda parte dei governi: la crisi economica sta trasformandoalcuni ministri della Difesa in promotori delle esportazio-ni esplicitamente riconosciuti”. Le recenti visite dei mi-nistri e delle ministre della Difesa alle monarchie dei varipaesi della penisola araba sono una chiara dimostrazionedi questa tendenza. e si finisce così col dimenticare cheproprio dalla coerenza tra principi enunciati ed effettiveesportazioni di armamenti dipende non solo la sicurezza,ma anche la stessa credibilità e il futuro dell’Ue.

G i o r G i o B e r e t ta

g e n n a i o / f e b b r a i o 2 0 1 735

GLI OTTO CRITERIDELLA POSIZIONECOMUNE DELL’UE

L’8 dicembre 2008 il Consiglio dell’Ue haadottato una Posizione Comune

(2008/944/Pesc) che aggiorna e sostituisce ilCodice di condotta, in vigore dal 1998, sulleesportazioni di armi europee e stabilisce “Norme comuni per il controllo delle esportazionidi tecnologia e attrezzature militari”. Che devonorispondere agli otto criteri qui riassunti: Rispetto degli obblighi e impegniinternazionali, delle sanzioni del Consiglio di

sicurezza dell’Onu e dell’Ue come l’embargo diarmamenti verso diversi paesi, il non esportaremine terrestri antipersona e la nonproliferazione; Rispetto dei diritti umani nel paese didestinazione finale e rispetto del dirittointernazionale umanitario; Valutazione della situazione interna del paesedi destinazione finale per non prolungaretensioni o conflitti armati; Mantenimento della pace, della sicurezza edella stabilità regionali: gli Stati membri rifiutanolicenze di esportazione qualora esista un rischioevidente di utilizzo dei sistemi militari a fini diaggressione contro un altro paese o per far valere

con la forza una rivendicazione territoriale; Sicurezza nazionale degli Stati membri esicurezza dei paesi amici e alleati; Comportamento del paese acquirente neiconfronti della comunità internazionale riguardoal terrorismo, alle sue alleanze e al rispetto deldiritto internazionale; Esistenza del rischio che i sistemi militarisiano sviati all’interno del paese acquirente oindebitamente riesportati (triangolazioni); Compatibilità delle esportazioni di sistemimilitari con la capacità economica del paesedestinatario, tenendo conto che i paesi acquirentidovrebbero destinare il minimo di risorse umaneed economiche agli armamenti. (g.b.)

TUTTE LE AZIENDE PRODUTTRICI DISISTEMI MILITARI DELL’UE SI STANNOFOCALIZZANDO SUI MERCATID’ESPORTAZIONE NEI QUALIDISPONGONO DI UN NOTEVOLEMARGINE DI MANOVRA

g e n n a i o / f e b b r a i o 2 0 1 736

È l’unica fiera nei paesi dell’Ue che espone tutte letipologie di armi, tranne quelle “da guerra”, e chepermette l’accesso al pubblico compresi i mino-

renni “accompagnati da un adulto”. Proclama un“espresso divieto” ai minori di maneggiare le armi espo-ste, ma a dover vigilare sono gli accompagnatori e nonvi è alcuna sanzione per le violazioni. Dichiara una pro-pensione al business to business, cioè agli affari tra azien-de private, ma presso gli stand si possono raccogliere fir-me per petizioni, campagne, raccolte fondi. Punta a di-ventare “l’appuntamento di riferimento in Italia e in eu-ropa per il comparto armiero made in Italy” ma, a diffe-renza del maggiore salone europeo “IWA outdoor Clas-sic” di Norimberga, non solo permette a tutti l’accesso(ad IWA è riservato agli operatori accreditati) ma nonrende nemmeno noto il regolamento sulle armi in espo-sizione.

u n A f i e R A AT i P i c A u n i c A i n e u R o PA

È HIT show. La manifestazione fieristica che da tre anni ra-duna a metà febbraio a Vicenza il variegato mondo deiproduttori e dei rivenditori ma soprattutto degli appassio-nati di armi: i cacciatori ovviamente, ma anche i frequen-tatori di poligoni di tiro, quelli che nei weekend si dilettanodi tiro tattico o si mimetizzano nei boschi con armi softair,ma anche le guardie giurate e i membri di private securi-ties, trainers and instructors e, ovviamente, i nostri cam-pioni olimpici che “tanto lustro danno al nostro paese”.Una fiera dove i ragazzini si muovono tra gli stand in cercadell’ultimo modello di fucile a pompa o di uno sniper dacecchini per provare la sensazione di imbracciarli e diprendere la mira: sarebbe vietato, ma i responsabili chiu-dono più di un occhio.Nato da un accordo tra Fiera di Vicenza (oggi Italian Exhi-bition Group) e l’Associazione nazionale produttori di armi

VVOX.IT

hiT ShoWIl bazar italiano delle armi

G i o r G i o B e r e t ta

g e n n a i o / f e b b r a i o 2 0 1 737

e munizioni (Anpam), il salone fieristico si presenta conun acronimo d’assalto: HIT sta infatti per Hunting, Indivi-dual Protection and Target Sports (caccia, protezione in-dividuale e tiro sportivo). Ma, soprattutto, hit significa“colpire, picchiare”: i promotori però minimizzano spie-gando che indicherebbe solo “colpire il bersaglio”.

u n ’ o P e R A z i o n e i d e o L o G i c o - c u LT u R A L e

Ci vuole poco a capire che una fiera che espone tuttol’armamentario delle cosiddette “armi comuni” (fucili so-vrapposti e da tactical hunter, carabine e pistole per iltiro sportivo, fucili semi-automatici, pistole d’ordinanzae fucili a pompa, rivoltelle a tamburo e fucili modulari“per la difesa abitativa” fino alle pistole per signora daabbinare alla borsetta), che favorisce “attività esperien-ziali” e che permette l’accesso anche ai minorenni e nonvieta agli espositori alcuna attività propagandistica nonè una mera fiera espositiva e commerciale. È un cataliz-zatore di passioni: da quelle dei tradizionali appassionatidi tiro sportivo e faunistico fino a quelle più estreme dei

nuovi rambo che in solita-ria o radunati in combactbattallion fanno la ricaricadi adrenalina tra poligoni escenari di guerra simulati. Ma soprattutto, in un con-testo di forte insicurezzaalimentata quotidiana-mente dai titoli a carattericubitali dei giornali e dai

talk show televisivi, HIT show è luogo ideale per tuttiquelli che vogliono avere la pistola a portata di mano,possibilmente l’ultimo modello. Ancor meglio se, comela Beretta APX, presentata in anteprima nazionale proprioa HIT show, è un’arma sviluppata per l’utilizzo da partedelle forze armate (si veda il box a fianco).

P R o P o S T e i n A S c o LTAT e

“HIT show si sta rendendo protagonista di un’operazioneideologico-culturale e, stando agli ultimi sviluppi, persinopolitica che è in atto nel nostro paese per incentivare ladiffusione delle armi” – hanno scritto in un comunicatorete disarmo, osservatorio opal di Brescia e 26 associa-zioni vicentine. “riteniamo che questa operazione nonpossa essere sottaciuta, ma anzi vada biasimata, soprat-tutto perché sostenuta da Italian Exhibition Group, unasocietà per azioni che annovera tra i suoi soci azionistidiversi enti pubblici tra cui il Comune e la Provincia di Vi-cenza e la regione emilia-romagna”. Nessun commento da parte della manifestazione fieri-stica, forse perché i loro dirigenti, Matteo Marzotto e Cor-rado Facco, erano troppo impegnati a premiare i cani dacaccia e farsi fotografare con i campioni olimpici di tiro

HIT SHOW È LUOGOIDEALE PER TUTTI

QUELLI CHE CERCANOUNA PISTOLA,

POSSIBILMENTEL’ULTIMO MODELLO

al piattello. Nessun commento nemmeno dall’Ammini-strazione di Vicenza che, a fronte delle rimostranze delleassociazioni, già dalla fine della scorsa edizione si era im-pegnata farsi promotrice “presso Fiera di Vicenza dell’op-portunità della predisposizione di un Codice di respon-sabilità sociale relativo all’evento HIT show per l’edizione2017, da condividere con i diversi portatori di interessein una interlocuzione costruttiva che coinvolga le asso-ciazioni impegnate sul tema del controllo delle armi”. Ve-dremo nei prossimi mesi se qualcuno batterà un colpo.

G i o r G i o B e r e t ta

????????????????????????

LA BERETTA FA CILECCA: L’ESERCITO USA CAMBIAPISTOLA

La notizia ha fatto il giro del mondo. Dopo 32 anni di onoratacarriera nelle fondine dei militari, la Beretta ha perso il

contratto con l’esercito degli Stati Uniti d’America. Mica roba dapoco: si trattava di oltre 580 milioni di dollari e, oltre allafornitura di pistole, comprendeva anche gli accessori e lemunizioni. Così la semiautomatica M9 parabellum della Berettaverrà sostituita dalla P320 della svizzero-tedesca Sig Sauer. Unbrutto colpo per l’azienda bresciana: “Avevamo preventivato laconcreta possibilità che la gara di quest’anno potesse vedere unavvicendamento se non altro per una comprensibile logica dialternanza” – ha commentato laconico il presidente FrancoGussalli Beretta. Qualche analista ha voluto vederci un “effettoTrump”. Difficile crederlo visto che la decisione è stata presaprima dell’insediamento di Trump. Semmai potrebbe trattarsi diun tiro mancino dell’amministrazione Obama a cui non hannocerto fatto piacere le esternazioni del patron Ugo Gussalli indifesa delle leggi permissive sulle armi negli States. Quelle cheObama ha cercato disperatamente di cambiare. (g.b.)

tremulus rures senesceret augustus. medusa liberevocificat caesar. Saetosus ossifragi adquireret perspicaxconcubine, semper saetosus oratori imputat

g e n n a i o / f e b b r a i o 2 0 1 738

La manovra 2016 del Governo resta del tutto inter-na a questa logica. Il raggiungimento del pareggiodi bilancio non è stato messo in discussione dalla

richiesta di maggior flessibilità alla Commissione euro-pea, ma solo posticipato (per la quarta volta) di un anno.La scure dell’austerità sembra però aver disatteso leaspettative. I paesi europei continuano a registrare livellirecord di debito. In Italia, all’inizio della crisi, era pari al106,1 per cento del Pil. La stima per il 2016 è del 132,8

per cento e quella per il 2017 del 132,2. eppure i tagli allaspesa non sono mancati e i cittadini lo sanno bene. siconfrontano tutti i giorni con il numero di medici, infer-mieri e posti letto insufficienti; la necessità di autorga-nizzare quei servizi di welfare per anziani e bambini chelo stato non è in grado di garantire a tutti a costi acces-sibili; il peggioramento della vivibilità delle città costrettea ridurre la spesa per la manutenzione delle strade e del-le aree verdi, gli investimenti per il trasporto pubblico,per i servizi per l’infanzia come per le attività culturali.e allora sorge un dubbio: la ricetta è appropriata? È giustofar pagare, per lo più a chi li ha subiti, gli effetti di una crisicon caratteristiche strutturali che attraversano il nostromodello di sviluppo? Non sarebbe opportuno ripensarea fondo cosa, come e per chi produrre e i nostri stili di

SBILANCIAM

OCI.O

RG

Grazia naletto è presidente dell’Associazione “Lunaria”e co-portavoce della Campagna “sbilanciamoci!”. studiada tempo gli aspetti sociali, culturali e politici connessiall’immigrazione che ha trattato in varie pubblicazioni esono al centro della sua attività sociale e politica.

Austerità: è la formula magica che le istituzioni europee hanno ripetuto in modoossessivo, con particolare enfasi dopo l’inizio della crisi economico-finanziaria del 2008. È questa parola, che individua come priorità l’abbassamento del debitopubblico grazie a una riduzione e razionalizzazione della spesa, ad averattraversato le leggi di bilancio italiane negli anni immediatamente successivi, tanto da indurre a modificare persino la costituzione: dal 2012 il principiodell’obbligo del pareggio di bilancio è previsto dall’articolo 81.

Le proposte diSbilanciamoci!per una finanziaria di pace

G r a z i a n a L e t t o

g e n n a i o / f e b b r a i o 2 0 1 739

Sbilanciamoci! propone di riorientare le politiche econo-miche pubbliche grazie ad un sostegno “selettivo” al ri-lancio dell’economia e dell’occupazione in tre aree prio-ritarie: servizi verdi, innovazione tecnologica e welfare.Fondi dedicati potrebbero supportare la ricerca in questiambiti e un vero e proprio piano di investimenti pubblicipotrebbe creare nuova occupazione. La maggiorazionedella tassazione dei voucher (96,5 milioni quelli vendutinel 2016 a fine settembre) potrebbe limitarne l’abuso inattesa di una loro definitiva cancellazione.Le persone in condizione di grave deprivazione materialehanno superato i 7 milioni (erano poco meno di 4,5 nel2008), passando dal 7,6 all’11,6 per cento della popola-zione italiana. Sbilanciamoci! sceglie di destinare unabuona parte della sua Contromanovra al finanziamento

vita e consumo? Quanto può reggere ancora un sistemaglobale che concentra la ricchezza nelle mani di pochi,con diseguaglianze economiche e sociali crescenti tra iNord e i sud del mondo e all’interno dei singoli paesi, su-bordinando ai grandi interessi finanziari la garanzia dei di-ritti fondamentali della maggioranza della popolazione?Le 47 organizzazioni che aderiscono alla campagna Sbi-lanciamoci! cercano da tempo risposte non semplicisti-che a queste domande, in occasione della discussionedella Legge di Bilancio che il Parlamento è chiamato adapprovare ogni anno entro il 31 dicembre. L’analisi dellepolitiche di spesa pubbliche è accompagnata dall’elabo-razione di una Contromanovra alternativa che, pur con-frontandosi con l’obbligo (non condiviso) di mantenerel’equilibrio di bilancio, avanza proposte sostenibili per va-rare politiche lungimiranti in sette ambitiprioritari: dal fisco al lavoro, dall’istruzioneall’ambiente, dal welfare all’altraecono-mia, passando per la pace e la coopera-zione internazionale. La Contromanovra2017 è di 40,8 miliardi di euro e si articolain 115 proposte alternative. Ne ricordia-mo alcune.

f i S c o , L Av o R o e R e d d i T o

Il 27 per cento delle famiglie italiane haun reddito medio pari o inferiore a €11.336, il 54,7 per cento ha un redditomedio pari o inferiore a € 24.627, solo il26,5 per cento supera € 41.348. Il cetomedio si restringe e la ricchezza si con-centra sempre di più nelle mani di pochi.In direzione di una maggiore giustizia fiscale, Sbilancia-moci! propone una manovra Irpef improntata all’equità,l’introduzione di un’imposta patrimoniale progressiva el’applicazione di una vera tassa sulle transazioni finan-ziarie a tutte le azioni e a tutti i derivati e, nel caso azio-nario, a tutte le singole operazioni.Nonostante le promesse collegate all’approvazione delJobs Act, l’Italia è uno dei paesi europei che presentanoil tasso di disoccupazione più elevato: a settembre2016 era ancora pari all’11,7 per cento, quello giovanileal 37,1. significa che più di un giovane su tre non lavora.Ciò avviene con un paradosso: molti non possono ac-cedere al mercato del lavoro, ma chi ha un’occupazio-ne lavora molto. Le ore medie lavorate in Italia in unanno sono infatti quasi 1.600 per impiegato, molte dipiù rispetto a Francia (1.399) e Germania (1.309 ore).Inoltre cresce in modo esponenziale il ricorso ai vou-cher, diventati strumento di precarizzazione selvaggiadel mercato del lavoro.In un mondo profondamente trasformato dalle nuovetecnologie e sempre più interconnesso, la produzione eil lavoro operano in un mercato fortemente competitivo.

di una misura strutturale di sostegno al reddito, a favoredi chi non riesce ad entrare o è stato espulso dal mercatodel lavoro.

c o n o S c e n z A , c u LT u R A e W e L fA R e n o n S o n o u n L u S S o

L’Italia destina soltanto il 4,1 per cento del Pil all’istruzionee formazione. Dopo più di un decennio di tagli, il risultatoè scontato: siamo al di sotto della media europea (5 percento). Contrariamente all’opinione diffusa, la spesa sa-nitaria pubblica italiana, pari a poco più di 2.300 dollariper abitante nel 2013, è più bassa di quella di altri paesieuropei come Francia (3.247 dollari) e Germania (3.677dollari). Mentre a fronte di 4 milioni di immobili vuoti sti-

SBILANCIAMOCI! PROPONE UNA MANOVRA IRPEF IMPRONTATAALL’EQUITÀ E L’INTRODUZIONE DI UN’IMPOSTA PATRIMONIALEPROGRESSIVA

SBILANCIAM

OCI.O

RG

g e n n a i o / f e b b r a i o 2 0 1 740

mati, sono 1 milione e 700mila le famiglie in condizionidi disagio abitativo; 64mila gli sfratti emessi nel 2015. Sbi-lanciamoci! propone di investire nell’istruzione, nella cul-tura e nel sistema di welfare incrementando i finanzia-menti per i fondi sociali, l’edilizia scolastica e il funziona-mento ordinario del sistema pubblico di istruzione e uni-versitario; per la definizione dei livelli essenziali delle pre-stazioni culturali e per il varo di un piano di edilizia po-polare pubblica. Il riordino complessivo degli interventi e dei servizi diwelfare, con un taglio delle erogazioni monetarie unatantum (bonus bebè, fondo di sostegno alla nascita, pre-mio alla nascita, bonus asili, voucher asili nido) andrebbea vantaggio dei servizi pubblici territoriali: per l’infanzia,sociali, per le pari opportunità, per le persone non auto-sufficienti, per i richiedenti asilo.

i L f u T u R o È d i S A R m AT o

secondo l’osservatorio Mil€x, la spesa in armamenti nel2017 supererà i 5,6 miliardi di euro – oltre 15 milioni dieuro al giorno, con un aumento di quasi il 10 per centosul 2016. Le armi non ci mettono al sicuro, né possonotutelare le popolazioni che si trovano coinvolte in guerree conflitti nei loro paesi. È invece indispensabile imma-ginare e costruire insieme l’altra difesa possibile: quellapacifica, nonviolenta, di impegno, di partecipazione, didialogo civile, di cooperazione dal basso. Sbilanciamoci!propone a tal fine una riduzione delle spese militari, conun risparmio per la finanza pubblica di più di 5,5 miliardidi euro nel 2017.

LO SVILUPPO INTELLIGENTEÈ SOLO SOSTENIBILE

Nel nostro paese, ogni 1000abitanti ci sono ben 608

autovetture, la media europea è pari a489, oltre 100 vetture in meno.Sbilanciamoci! propone di destinare400 milioni di euro al Piano nazionaleper la mobilità sostenibile,definanziando le attività diautotrasporto, nocive per l’ambiente.Non occorre investire in nuove grandiopere come la Tav e il Mose, ma inpiccoli e medi interventi di

manutenzione e potenziamento delle infrastrutture esistenti,privilegiando le reti ferroviarie regionali, le tramvie e lemetropolitane nelle grandi città e dirottando qui una parte dellerisorse destinate alle grandi opere. In campo energetico,l’introduzione del Carbon Floor Price consentirebbe di valutarecorrettamente il costo di emissioni di CO2 prodotte daglioperatori elettrici. Sbilanciamoci! propone inoltre di aggiornare icanoni per la concessione delle estrazioni di gas e petrolio, dieliminare tutte le esenzioni dalle royalties, di abolirne ladeducibilità e di incentivare l’installazione di impianti fotovoltaicicon accumulo. Proposte specifiche sono inoltre finalizzate acontenere il consumo del suolo, limitare la produzione dei rifiutiurbani e attuare la Strategia nazionale della biodiversità efinanziare gli interventi nelle aree protette. (g.n.)

Con il suo annuale esercizio collettivo Sbilanciamoci! ri-corda che, nonostante la limitatezza delle risorse dispo-nibili, l’indirizzo della Legge di Bilancio è sempre discre-zionale ed è una scelta squisitamente politica che puòessere cambiata per assumere priorità e obiettivi alter-nativi, senza mettere a rischio i conti pubblici. Il successodei populismi di destra in ogni parte del globo, consigliadi non sottovalutare il significato culturale e politico diquesto lavoro. Fasce sempre più ampie della società globale stanno in-dirizzando il proprio voto verso partiti, movimenti nazio-nalisti, xenofobi e populisti, identificati, spesso erronea-mente, come soggetti anti-sistema. Lasciare che il pro-fondo disagio sociale sfoci nel rancore socializzato enell’odio contro facili capri espiatori sarebbe un erroreletale: per le condizioni di vita dei più e per le sorti stessedella nostra democrazia.

G r a z i a n a L e t t o

alle pagg. 38-39-40:alcuni momenti della campagna Sbilanciamoci!,impegnata dal 1999 a favore di un’economia digiustizia e di un nuovo modello di sviluppo fondatosui diritti, l’ambiente, la pace.

SBILANCIAM

OCI.O

RG

il rapporto e la contromanovra 2017 sono disponibili qui:http://controfinanziaria.sbilanciamoci.org/index.html

ben presto l’esperienza “trentina” raduna centinaiadi persone intorno a Chiara Lubich, giovane mae-stra figlia di socialisti, e travalica i confini di quella

terra di frontiera in una radicale scelta del Vangelo vis-suto alla lettera, parola per parola. Quella riscoperta del-l’essenziale “sotto le bombe” è stato sempre riportatonel racconto ripetuto in una rapida diffusione planetaria,dal Brasile ai paesi dell’est ancora sotto il blocco sovieti-

co, all’europa protestante, all’immenso mondo dell’Asia.Una realtà, dunque, proiettata nella dimensione mondia-le di una fraternità sperimentabile da e con tutti; anchese i primi ad essere coinvolti sono stati ovviamente al-cuni italiani di diversa estrazione sociale e politica, attrattidalla proposta di una vita credibile, prima ancora che dauna teoria. Questo tratto ha contraddistinto un profilopubblico non esibito, per l’esigenza di essere riconosciutisolo dai frutti.

L A f i G u R A d i i G i n o G i o R dA n i

emblematica la figura di Igino Giordani, cofondatore delMovimento, che incontra la Lubich nel 1948 nel pienodell’esperienza di parlamentare alle prese con le con-traddizioni di una democrazia che non risponde alle at-tese di quell’intellettuale cattolico antitotalitario capace

focolariPer un’economia disarmata

???????????

carlo cefaloni lavora nel gruppo editoriale Città Nuova,dove si occupa di cittadinanza, diritti umani, questionisociali ed economiche. Laureato in giurisprudenza conuna tesi sulla tutela penale nelle comunicazioni dimassa, è impegnato nei movimenti attivi su pace,legalità, ambiente e lavoro. Tra i coordinatori delmovimento slot Mob, svolge attività di formazionesociopolitica.

il movimento dei focolari nasce in italia nel 1943 nella città di Trento,all’interno del tradizionale associazionismo cattolico, durante la secondaguerra mondiale.

c a r L o c e Fa L o n i

g e n n a i o / f e b b r a i o 2 0 1 741

di introdurre l’obiezione di coscienza al servizio militarevenne avversata dal suo stesso partito, mentre creavasconcerto l’apertura al dialogo che rifiutava la divisionedel mondo in blocchi ideologici contrapposti. Un “falli-mento” che gli aprirà la strada, tuttavia, alla formazionedi tanti che in tutto il mondo hanno conosciuto la pro-posta dei Focolari, aprendo orizzonti insperati come ildialogo con numerose confessioni cristiane, religioni e ilvasto mondo dei diversamente credenti. La propostadella “regola d’oro” dell’amore al prossimo resta la chiaveper entrare in un rapporto profondo con itinerari di vitamolto diversi tra loro.

di nutrire, da esule in patria durante il ventennio, gene-razioni di italiani ad una cultura del primato della personadavanti al potere. Giordani aveva urlato la sua ribellione di ventenne allaguerra del 1915-1918, costernato dai turiboli che bene-divano le armi, ma, figlio del suo tempo, indossò la divisaper andare al fronte rifiutandosi, tuttavia, di sparare. Conil corpo segnato da una grave ferita riportata in trincea,intraprese con don Luigi sturzo una strenua opposizioneal fascismo ma, a liberazione avvenuta, la sua proposta

g e n n a i o / f e b b r a i o 2 0 1 742

le sCelte pubbliChe del MOviMentO

Il Movimento, anche se da sempre ha portato il suo contributo allavita del paese, ha assunto recentemente alcune posizioni pubbliche

a livello nazionale: un primo atto è stato il frutto del dialogo della vitapraticato da decenni con il mondo dell’islam, in Europa come inMedio Oriente o negli Stati Uniti per citare alcuni luoghi significativi.Ad un mese dai gravi attentati di Parigi, il 13 dicembre 2015, piazza sanPietro ha visto rappresentanti del Movimento testimoniare uncammino di pace possibile assieme aicomponenti di alcune comunità musulmaneprovenienti da varie regioni d’Italia. A marzo 2016, centinaia di giovani delMovimento si sono radunati nell’aula dei gruppiparlamentari della Camera dei deputati per farememoria di Chiara Lubich, scomparsa nel 2008,affrontando la questione della corsa agliarmamenti, la violazione della legge 185 del 1990e l’intreccio delle cosiddette banche armate. Uningegnere neolaureato ha raccontato il rifiuto diun lavoro sicuro presso una società produttricedi missili. È stato citato il caso dell’invio dibombe dall’Italia verso l’Arabia Saudita, arteficedel conflitto yemenita, riprendendo il preziosolavoro di Giorgio Beretta e Rete Disarmo, mentre il professorMaurizio Simoncelli, dell’Iriad, è stato invitato per documentare, inun quadro geopolitico in fiamme, l’aumento della vendita di armiitaliane verso il Medio Oriente. Alcuni dei deputati e senatori presentiall’incontro hanno frenato la netta posizione dei giovani attraversoun richiamo al realismo politico che imporrebbe di accettare la logicadell’industria degli armamenti suscitando una pacata e decisa presadi posizione dei responsabili italiani del Movimento che hannosollecitato risposte sulle politiche di Finmeccanica, la presenza dibombe nucleari nelle basi Usa di Ghedi e Aviano, oltreall’incomprensibile transito delle bombe verso il teatro di guerra yemenita. (c.c.)

d i S A R m A R e L’ e c o n o m i A c h e u c c i d e

Il percorso è poi proseguito con diversi appuntamenticon parlamentari, centri di ricerca e associazioni, grazieanche al Movimento politico per l’unità (espressione deiFocolari come percorso aperto di fraternità politica) finoall’impegno diretto assunto con lettera pubblica il 20 no-vembre, alla fine del Giubileo della Misericordia, versopapa Francesco: “Come risposta al tuo invito, che con-ferma la scelta della nostra coscienza, ti dichiariamo chevogliamo contribuire a disarmare ‘l’economia che uccide’impegnandoci a lavorare per una riconversione integraledella produzione e della finanza. Adesso non domani”. Di conseguenza il 6 dicembre il gruppo di ricerca Econo-mia disarmata costituito dal Movimento ha avviato pressola sede romana dell’Iriad una prima sessione di lavoro sul-le scelte che hanno determinato l’impoverimento del pa-trimonio industriale e occupazionale di FinmeccanicaLeonardo a vantaggio del settore degli armamenti. Tracce di un percorso che deve fare i conti con una realtàdove la disillusione seguita al tramonto dei grandi idealiconduce spesso alla percezione dell’inutilità dell’azionesecondo giustizia. Come nel 1943 possiamo dire “eranoi tempi di guerra e tutto crollava”, ma una storia nuovapuò sempre riaccadere. Assieme a Francesco e a tutti co-loro che mantengono quella sana inquietudine che è giàricerca di pace.

c a r L o c e Fa L o n i

WW

W.IGIN

OGIO

RDAN

I.INFO

WW

W.IN

TERRIS.IT

chiara Lubic e iginio Giordanidon Pasquale Foresi