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Università Telematica Pegaso La geografia nel settecento a Napoli:
il ruolo nevralgico di Antonio Genovesi e dei suoi allievi
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Indice
1 PREMESSA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2 L’ILLUMINISMO E LA GEOGRAFIA----------------------------------------------------------------------------------- 4
3 IL CONTESTO POLITICO-CULTURALE NELLA PRIMA METÀ DEL SETTECENTO ------------------ 5
4 IL SAPERE GEOGRAFICO ------------------------------------------------------------------------------------------------ 7
5 LA PERSONALITÀ DI ANTONIO GENOVESI E I SUOI INTERESSI SCIENTIFICI ----------------------- 9
6 LA GEOGRAFIA FISICA DI ANTONIO GENOVESI -------------------------------------------------------------- 11
7 I FATTORI GEOGRAFICI NELLE LEZIONI DI COMMERCIO ----------------------------------------------- 16
8 LA GEOGRAFIA PER IL MEZZOGIORNO -------------------------------------------------------------------------- 19
9 LA RIFORMA UNIVERSITARIA ---------------------------------------------------------------------------------------- 21
10 LA SCUOLA DI GENOVESI ----------------------------------------------------------------------------------------------- 23
11 FERDINANDO GALIANI E IL REALE OFFICIO TOPOGRAFICO -------------------------------------------- 25
12 GIUSEPPE MARIA GALANTI E LA DESCRIZIONE GEOGRAFICA E POLITICA DELLE SICILIE 27
13 FRANCESCO LONGANO E LE RELAZIONI DI VIAGGIO ------------------------------------------------------ 30
14 LA POLITICA TERRITORIALE DI VINCENZO CUOCO -------------------------------------------------------- 32
15 LUIGI MARIA GALANTI E L’ISTITUZIONALIZZAZIONE ---------------------------------------------------- 34
16 CONCLUSIONI: LA GEOGRAFIA E IL MEZZOGIORNO ------------------------------------------------------- 36
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 38
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il ruolo nevralgico di Antonio Genovesi e dei suoi allievi
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1 Premessa
In questa lezione si vuole mostrare, come nel periodo dell’Illuminismo, diedero un
particolare impulso agli studi geografici Antonio Genovesi e i suoi allievi. Grazie a loro cultura
napoletana assunse in quel momento un ruolo fondamentale per lo studio della geografia, per la
conoscenza del territorio meridionale e per l’affermazione del sapere geografico presso l’Università
di Napoli.
Pertanto in questa lezione si illustreranno gli scritti di Genovesi inerenti alla geografia, la
sua riforma universitaria e le attività e opere sempre di carattere geografico dei suoi allievi1.
1 Per questa lezione si farà riferimento a lavori pubblicati dall’autrice su Antonio Genovesi e i suoi allievi; si veda
bibliografia.
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2 L’Illuminismo e la Geografia
L’Illuminismo accresce l’interesse per l’ambiente e per le scienze ponendo anche il problema del
rapporto fra l’uomo e la natura, tra le società umane e l’ambiente. Naturalisti, botanici, viaggiatori
contribuiscono a mettere a punto un patrimonio di conoscenze. Per questi motivi la geografia si
coniuga con la statistica, questa nuova scienza che dalla Francia si propaga in Europa. Nella Francia
napoleonica la statistica e la pubblica amministrazione diventano un tutt’uno, anche perché qui si
mettono a punto gli strumenti necessari per la rilevazione scientifica. L’Illuminismo favorisce gli
studi geografici grazie all’interesse che vi è per la natura e l’agricoltura, per cui si dà rilievo alla
geografia fisica. Nell’Encyclopédie è inserita la voce geografia curata da M. Desmarest che scrive:
“la geografia è la descrizione della terra”. Ma si comincia pure a porre la relazione tra geografia e
storia. Questa impostazione si diffonde in tutta Europa, ma ha particolare successo in Italia e
soprattutto nel Regno di Napoli dove, grazie alla figura di Antonio Genovesi e ai suoi allievi, si dà
particolare importanza alla geografia
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3 Il contesto politico-culturale nella prima metà del Settecento
Il Settecento si apre per il Regno di Napoli con il dominio austriaco che, subentrando alla
lunga dominazione spagnola (1502-1707), ha il coraggio di porre in evidenza i mali del
Mezzogiorno: la stasi economica, lo strapotere delle gerarchie ecclesiastiche, lo smisurato ruolo
della capitale rispetto alle province. I ventisette anni di dominio austriaco non risolvono certo questi
problemi, ma favoriscono il rinnovamento ideologico e culturale2. Razionalizzare il peso
dell’ancient régime, dei privilegi nobiliari e del potere della Chiesa, avvia un ampio dibattito grazie
al quale viene alla luce, ad esempio, il saggio Istoria civile del Regno di Napoli (1723) di Pietro
Giannone3. Il governo austriaco tenta anche di governare in modo più razionale tramite accurate
numerazioni della popolazione, per una ripartizione più equa del carico fiscale, e grazie alla
progettazione del Banco di San Carlo. Sono anni densi, benché non produttivi, e quando gli
austriaci lasciano Napoli, Carlo di Borbone, che vi si insedia nel 1734, deve tener conto di queste
sollecitazioni e della diffusione delle idee illuministiche4. Infatti, gli intellettuali napoletani
ritengono ormai prioritaria la necessità di riformare la cultura e la società. Tra il 1744 e il 1749
Ludovico Antonio Muratori dà alle stampe gli Annali d’Italia con l’intento di rinnovare i principi
2 Per un quadro complessivo dei cambiamenti socio-politici nel corso del XVIII secolo cfr. H. M. Scott, B. Simms
(eds), Cultures of power in Europe during the long Eighteenth century, Cambridge, Cambridge University Press, 2007;
per le evoluzioni economiche cfr. B. Yun Casalilla, Historia econòmica y crisis de la historia, in M. Garcia (a cura di),
Estudios en homenaje al professor Teòfanes Egido, Valleloid, 2004, pp. 299-310; per una ricostruzione complessiva
delle diverse problematiche europee cfr. A. Visceglia (a cura di), Le radici storiche dell’Europa, Roma, Viella, 2007.
Fondamentali sono i due volumi a cura di G. Galasso Il Mezzogiorno spagnolo 1622-1734, Torino, Utet, 2006, e il
Mezzogiorno borbonico e napoleonico, Torino, Utet, 2007, per approfondire tanto gli aspetti storico-politici quanto
culturali. Per le problematiche economico-paesaggistiche sono magistrali il saggio di E. Sereni, Storia del paesaggio
agrario italiano, Bari, Laterza, 1961, e la sintesi di L. Rombai, Geografia storica dell’Italia, Firenze, Le Monnier,
2002; per le strutture agrarie del Mezzogiorno cfr. S., Monti, Regime fondiario e aziende agricole, in G. Galasso, R.
Romeo (a cura di), Storia del Mezzogiorno, Napoli, Edizioni del sole, 1991, pp. 51-170. 3 Pietro Giannone (1676-1748) fu un esponente di spicco dell’Illuminismo dedicandosi agli studi di diritto e filosofia.
Egli considerava l’influenza negativa della Chiesa causa dei molti problemi del Regno di Napoli. Cfr. G. Recuperati,
L'esperienza civile e religiosa di P.Giannone, Milano-Napoli, Ricciardi, 1970. 4 Cfr. il recente volume di J. Israel, A Revolution of the Mind: Radical Enlightenment and the Intellectual Origins of
Modern Democracy, Princeton University Press, 2009, che affronta la relazione tra l’Illuminismo e la nascita delle
moderne democrazie; per le tematiche politiche si rimanda pure a V. Ferrone, La politique des Lumières -
Constitutionnalisme, républicanisme, Droits de l'homme, le cas Filangieri, Paris, L’Harmattan, 2009, che
approfondisce la figura e le opere del napoletano Filangieri, innovativo studioso di diritto.
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della metodologia storica5, mentre il commercio e gli scambi con diversi paesi europei facilitano la
diffusione dei nuovi fermenti culturali, diventando numerosi gli stranieri a Napoli. Tuttavia, sia i
governanti sia gli intellettuali hanno lo stesso problema: ri-formare un Regno che appare diviso
nella più strana maniera, in due parti, con una capitale sproporzionatamente grande e con le
province soggette ad una mortale atrofia, secondo un’ efficace immagine di Melchiorre Delfico6.
5 Ludovico Antonio Muratori (1672-1750) fu storico e filosofo; dedicò molte delle sue energie allo studio del
Medioevo. Cfr. Giulio de Martino, Muratori filosofo: ragione filosofica e coscienza storica in Lodovico Antonio
Muratori, Napoli, Liguori, 1996. 6 Melchiorre Delfico (1744-1835) fu filosofo, economista e politico; partecipò attivamente alla Rivoluzione Partenopea
del 1799 e ricoprì successivamente diverse cariche pubbliche. La citazione riportata è parte integrante delle riflessioni
presenti in: M. Delfico, Ricerche sul vero carattere della giurisprudenza romana e de' suoi cultori, Napoli, 1791.
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4 Il sapere geografico
In questo contesto il ruolo del sapere geografico7 è complesso a definirsi. Un insegnamento
specifico non vi era presso l’Università di Napoli e sarà istituito, come si vedrà, solo nel 1777.
Contenuti geografici dovevano essere trattati presso l’unica cattedra di matematica, almeno fino al
1734 quando fu varata la prima riforma universitaria, o unitamente all’astronomia. Tuttavia, le
accademie scientifiche e letterarie, molto diffuse nel Regno di Napoli, erano anche i luoghi dove si
discutevano temi attinenti al territorio8. Tra questi l’agricoltura era uno degli argomenti più
dibattuti. Inoltre, la cartografia napoletana aveva raggiunto un buon livello di perfezionamento
soprattutto per quanto riguarda la cartonautica, mentre una moltitudine di compassatori e
agrimensori si preoccupava di rappresentare il territorio per esigenze locali9.
L’interesse per la geografia matura lentamente nel Settecento, in relazione all’astronomia
che, a sua volta, ha un rinnovato successo grazie a Celestino Galiani, fondatore, nel 1732,
dell’Accademia delle Scienze a Napoli sul modello di quella parigina10. Sempre il Galiani opera la
riforma universitaria nel 1734 istituendo due cattedre di matematica, una di geometria e algebra,
l’altra di astronomia, nautica e meccanica, la prima affidata a Niccolò De Martino, la seconda a
Pietro De Martino11. Quest’ultimo, che aveva studiato astronomia a Bologna, nel 1738 pubblica
7 Per la ricostruzione della diffusione del sapere geografico sono di riferimento F. Amodeo, Le riforme universitarie di
Carlo III e di Ferdinando IV, in Atti Accademia Pontoniana, 1902, vol. 32, pp. 2-19; A. Blessich, L’abate Galiani
geografo: contributo alla storia della geografia moderna, in «Napoli nobilissima», 1896, V fasc. 10, p. 145-150; G.
Natali, La scuola di Antonio Genovesi, in «Annuario Istituto Tecnico “Pier Crescenzi” 1924-1925», Bologna,
Stabilimento Tipografico Felsineo, 1926, pp. 1-20. 8 Cfr. E. Sarno, Los procesos geo-culturales en la edad moderna: el desarrollo de las academias en el Sur de Italia, in
«Scripta Nova Revista Electrónica de Geografía y Ciencias Sociales», Universidad de Barcelona, 2006, Vol.X, num.18
(63), pp.1-12. 9 Per le specificità della cartografia storica del Mezzogiorno di un’amplissima bibliografia corre l’obbligo di richiamare
almeno: G. Amirante, M. R. Pessolano, Immagini di Napoli e del Regno. Le raccolte di Francesco Cassiano de Silva,
Napoli, ESI, 2005; G. Brancaccio, Geografia, cartografia e storia del Mezzogiorno, Napoli, Guida, 1991; E. Manzi,
Una complessa rassegna della cartografia del Mezzogiorno dagli Aragonesi ai Borbone, in Riv. Geogr. It., 1999, CVI,
pp. 165-175; E. Mazzetti, L’immagine del Sud nella cartografia antica, in Viaggi, paesaggi e personaggi del sud e
d’altrove, Milano, Unicopli, 2001, pp. 189-222; V. Valerio, Società, uomini e istituzioni cartografiche nel Mezzogiorno
d’Italia, Firenze, Ist. Geogr. Militare, 1993. Si rimanda poi agli studi sui cartografi minori di V. Aversano (a cura di),
Studi del LA.CAR. TOPON.ST, Laboratorio dei cartografia e toponomastica storica, n.3-4, Fisciano, Gutenberg
Edizioni, 2009. Si veda pure la nota 32. 10
Celestino Galiani (1681-1735) fu un alto prelato impegnato in importanti trattative diplomatiche per conto della Santa
Sede. Per la sua autorevolezza fu chiamato a riformare l’Università napoletana. Con il suo impegno culturale favorì
tanto Antonio Genovesi quanto il nipote Ferdinando Galiani. 11
Le informazioni riguardanti la riforma universitaria e le figure dei De Martino sono tratte da Amodeo, 1902, op. cit;
Natali, 1926, op. cit.
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un’opera intitolata Philosophiae naturalis institutionum libri tres, nella quale tratta di astronomia e
di geografia matematica. Avrà anche il merito di essere uno dei maestri di Antonio Genovesi.
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5 La personalità di Antonio Genovesi e i suoi interessi scientifici
Antonio Genovesi12, nato a Castiglione in provincia di Salerno nel 1713, intraprende gli
studi teologici e filosofici13 e, già sacerdote nel 1738, si trasferisce a Napoli dove entra in contatto
con Giambattista Vico14 (fig.1). Nel 1741 inizia ad insegnare metafisica all’Università, ma la
pubblicazione della prima parte degli Elementorum artis logico-criticae libri è ritenuta eterodossa
dalle autorità ecclesiastiche al punto che è sospeso dall’insegnamento nel 1745. Tuttavia, senza
lasciarsi intimorire, egli si volge ad un’impostazione filosofica che considera unitamente teoria e
prassi, metafisica e storia. Accoglie le posizioni illuministiche e ritiene che la filosofia abbia “uno
scopo pratico: migliorare la condizione dell’uomo nel mondo, agire sui rapporti fra gli uomini,
trasformare la società, imparare dalla storia i mali della natura umana e i mezzi per curarla, e
cercare di guarirla15”. Sulla scia di Vico egli rivaluta la storia da analizzare tramite la ragione che
gli appare lo strumento più adeguato per riconoscere l’ordo sotteso agli eventi. Attento agli influssi
europei, apprezza sempre più gli aspetti pratici e socialmente utili del sapere e si avvicina
all’economia come scienza che possa fornire un contributo concreto alla vita degli uomini. Dal
1754, infatti, è titolare, per la prima volta in Europa, di una cattedra di Economia istituita
appositamente per lui da Bartolomeo Intieri16 presso l’Università di Napoli. Pone le basi di questa
scienza con le famose Lezioni di Commercio o sia di Economia Civile (1765-1767), ma coltiva
contemporaneamente anche un’altra vocazione: la storia del pensiero scientifico. L’influenza dell’
Encyclopédie e in modo specifico di Diderot lo sollecita in tal senso, ma per una motivazione ben
precisa: le scienze concorrono alla formazione del ceto medio e sono utili per lo sviluppo
12
Il più grande studioso di Genovesi è il filosofo Eugenio Garin. Cfr. E. Garin, History of Italian philosophy,
Amsterdam-New York, Editions Rodopi, 1994, vol.1; E. Garin, Antonio Genovesi metafisico e storico, in A. Genovesi,
Dello stato e delle naturali forze del Regno di Napoli per rispetto all’arti e al commercio, Napoli, La città del sole,
1999. 13
Antonio Genovesi morì a Napoli nel 1769. 14
G. Vico (1668-1744) studiò e visse a Napoli; è uno dei maggiori filosofi del tempo in Europa. La sua concezione
filosofica lo spinge a riflettere sulla storia e questa sua prospettiva influenza anche Genovesi. Cfr. W. Winfried, Sulle
vette di una ragione abissale: Giambattista Vico e l’epopea di una ‘Scienza Nuova’, in Giambattista Vico e
l’enciclopedia dei saperi, Lecce, Pensa multimedia, 2007, pp. 445-466.
15
Cfr. Garin, 1999, op. cit., pp. 4-5. 16
Bartolomeo Intieri di origini toscane visse nella prima metà del XVIII secolo tra Napoli e Benevento. Si dedicò allo
studio della matematica ma anche ad affari finanziari. Si avvicinò agli Illuministi e grazie alle ricchezze accumulate
sostenne Genovesi. Cfr. F. Venturi, Settecento riformatore. Da Muratori a Beccaria, Torino, Einaudi, 1969.
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economico17. Per questi motivi scrive Della Diocesina o sia della filosofia del giusto e dell’onesto
(1766), Discorso sopra il vero fine delle lettere e delle scienze (1753), Lettere accademiche su la
questione se sieno più felici gl’ignoranti che gli scienziati (1764), Elementa physicae experimentalis
usui tironum aptata, opera pubblicata postuma18.
Nell’ambito delle diverse scienze Genovesi incontra la geografia, che considera significativa
sia per analizzare la morfologia terrestre, sia per svelare finalmente il Mezzogiorno.
Figura 1 Il ritratto di Antonio Genovesi
17
Cfr. Garin, 1999, op. cit. e la nota 18. 18
Nel contributo si farà riferimento alle seguenti opere: A. Genovesi, Elementi di fisica sperimentale ad uso de' giovani
principianti di Antonio Genovesi trasportati dal latino in italiano dall'abate Marco Fassadoni, Venezia, Francesco di
Niccolò Pezzana, 1783; A. Genovesi, Lezioni di Commercio o sia di Economia Civile, Bassano, 1788; A. Genovesi,
Dello stato e delle naturali forze del Regno di Napoli per rispetto all’arti e al commercio, Napoli, La città del sole,
1999. Si farà anche riferimento a C. Trinci, L’agricoltore sperimentato di Cosimo Trinci con alcune giunte dell’abate
Genovesi, Napoli, Stamperia Simoniana, 1764.
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6 La geografia fisica di Antonio Genovesi
Lo studioso è attratto per i suoi interessi scientifici dall’opera del fisico e filosofo olandese
Musschenbroek, intitolata Elementa physicae e stampata a Leiden nel 1734. Genovesi ne cura
l’edizione critica in collaborazione con Giuseppe Orlandi nel 1745 e riflette proprio sulla filosofia
naturale, riprendendo anche le lezioni del maestro Pietro De Martino e le suggestioni dell’
Encyclopédie. Matura così la decisione di scrivere un breve trattato in latino dal titolo Elementa
physicae experimentalis usui tironum aptata; l’opera sarà poi pubblicata postuma in due tomi
dall’editore napoletano Terres nel 1779 e ripubblicata nella traduzione italiana - Elementi di fisica
sperimentale ad uso de’ giovani principianti - a Venezia nel 1783 (fig. 2). Il primo tomo illustra
argomenti di epistemologia della fisica, di fisica teorica, di fenomeni fisici; il secondo tratta di
astronomia, geografia fisica, zoologia, botanica e dell’atmosfera terrestre19. Genovesi si pone sul
piano divulgativo, vuole proporre ai giovinetti una summa di diverse scienze e la geografia trova la
sua collocazione in continuità con l’astronomia. Il quinto libro del secondo tomo, dedicato alla
geografia fisica, è intitolato Della Terra e del Mare e si conclude con una dissertazione sulla
struttura della terra. Egli dà un chiaro riconoscimento alla geografia fisica volendo diffondere le
conoscenze scientifiche che si elaborano in base ai sensi. Con questa scelta si differenzia dal suo
maestro e dal fisico olandese Musschenbroek perché, seguendo l’indicazione dell’ Encyclopédie, dà
spazio alla scienza che descrive la terra. L’influsso illuministico si manifesta nell’intento di fornire
the map of the world, ma anche nell’impegno divulgativo sorretto dalla visione dell’utilità della
geografia20.
19
Cfr. I. Bergamasco, M. Lippiello, Il libro di Antonio Genovesi sulla fisica, in «Atti XXIII Congresso Società Italiana
Storia Fisica e Astronomia», Bari, 2003, pp. 61-82.
20
Per l’attenzione verso la geografia degli autori dell’ Enciclopedie cfr. C. Withers, Geography in its time: Geography
and Historical Geography in Diderot and D’Alambert’s Encyclopédie, in «Journal of Historical Geography», 1993,
19, pp. 255-264; per la relazione geografia-Illuminismo cfr. D.N. Livingstone, C.W.J. Withers (eds), Geography and
Enlightenment, The University of Chicago Press, Chicago, 1999. Per l’Illuminismo come alveo di una geografia volta a
trattare i problemi dell’uomo cfr. L. Gambi, Una geografia per la storia, Torino, Einaudi, 1973, p. 4. In relazione al
ruolo fecondo dell’Illuminismo e principalmente dell’età napoleonica per la geografia e la cartografia cfr. M. Quaini,
Una regione in via di trasformazione. La Liguria occidentale nell’età napoleonica, in Atti e Memorie della Società
Savonese di Storia Patria, 1971-1972, pp. 73-131; M. Quaini, Dal viaggio delle carte ai cartografi viaggiatori. Per la
storia del viaggio statistico e cartografico, in F. Lucchesi (a cura di), L’esperienza del viaggiare. Geografi e viaggiatori
del XIX e XX secolo, Torino, Giappichelli Editore, 1995, pp. 13-48; M. Quaini, La geografia nel Regno d'Italia: una
scienza onnivora fra filosofia e applicazioni militari al territorio, in E. Brambilla, C.Capra, A.Scotti (a cura di),
Istituzioni e cultura in età napoleonica, Milano, Franco Angeli, 2008a, pp. 322-338; M. Quaini, Quando il cartografo
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In apertura del secondo tomo l’autore chiarisce che bisogna distinguere la sfera celeste da
quella terrestre: “Conviene inoltre osservare, che si deve distinguere una doppia sfera naturale, la
celeste, o sia del mondo intero, la quale si chiama Astronomia, e la terrestre che chiamasi
Geografica21”.
Con grande onestà intellettuale egli riferisce le sue fonti: Varenio innanzi tutto, poi gli
antichi geografi Strabone e Eratostene, i navigatori come l’inglese Dampier, che per primo aveva
esplorato l’Australia. Ancora cita le opere erudite di Ugo Grozio o Giorgio Hornio a proposito delle
genti americane e invita a leggere l’opera De’monti ignivomi di Tommaso Ittingio. Inoltre, fa
riferimento più volte all’opera di Georges Buffon in relazione alla storia della terra, ma dichiara di
non essere d’accordo con il filosofo francese.
Così apre il trattato: “In ultimo è turpe, e vergognosa cosa per un filosofo, il quale
conosciute abbia, e diligentemente indagate molte altre cose, non conoscere la terra, in cui vive, ed
esser sempre in essa forestiero. Questo trattato poi sarà da noi diviso in modo, che primieramente
parleremo in generale del globo terracqueo, della sua figura e della sua superficie, e però della
geografia fisica22”. Dedica il primo paragrafo alla descrizione della forma della terra, che non è un
globo, ma una sferoide ellettica, riprendendo le accese discussioni del tempo, soprattutto presso
l’Accademia delle Scienze di Parigi, a proposito dello schiacciamento polare23.
Mentre informa i giovinetti, sembra voler chiarire a se stesso cosa intenda per geografia. Il
termine per Genovesi rappresenta la superficie della terra formata principalmente di due parti, di
acqua e di terra; quindi egli dedica un paragrafo alla descrizione delle partizioni oceaniche. Nel
paragrafo successivo intitolato Geografia il campo si restringe alla superficie della terra, divisa in
quattro continenti. L’oggetto epistemologico della geografia appare dunque l’estensione della terra,
la sua ripartizione e suddivisione, la localizzazione di alcuni elementi spaziali. Egli dedica alcune
pagine alla descrizione dei continenti, si sofferma sui monti, tentando una breve presentazione della
morfologia terrestre. Descrive le zone climatiche facendo sempre riferimento a Varenio e fornisce
alcune nozioni geometriche per la misurazione della latitudine e della longitudine.
era un artista, in L. Rossi (a cura di), Napoleone e il, Golfo della Spezia Topografi francesi in Liguria tra il 1809 e il
1811, Comune della Spezia, 2008b, pp. 19-30. 21
Cfr. A. Genovesi, Elementi di fisica per i giovinetti, op.cit., II, p. 4. 22
Ibid., p. 52. 23
Sulle attività dell’Accademia parigina e sulla problematica dello schiacciamento polare cfr. C. Sigismondi (a cura di),
Meridiani e longitudini a Roma, in «Semestrale di studi e ricerche di geografia», 2006, n. 2.
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Genovesi rimane ancorato alle fonti, soprattutto a Varenio, dimostra di essere aggiornato ma
si muove in modo cauto rispetto alle conoscenze geo-fisiche; la sua personalità emerge quando tenta
di individuare la relazione uomo-ambiente e vorrebbe andare oltre i confini della fisica. Ecco ad
esempio il suo punto di vista sull’Europa:
“ L’Europa è rinchiusa tra climi temperati e freddi, né sente in veruna sua parte gagliardi e
cocenti calori. (…). Quantunque però l’Europa sia la più piccola delle parti del nostro continente,
nulla di meno vale tanto nell’ingegno, nelle scienze, e nell’arti, che supera di gran lunga le altre
nella navigazione, nel commercio, e nei sagaci ed ingegnosi ritrovamenti. Produce e alimenta quasi
100 milioni di uomini: né le manca nessuna delle cose necessarie al vitto, e alla coltura, se non
alcune vane delicatezze, che il nostro lusso ha fatto salire in pregio e fama24”.
L’attenzione alle tematiche socio-economiche è parte integrante della personalità dello
studioso. I giovinetti, d’altra parte, devono non solo acquisire conoscenze teoriche, ma anche farsi
un’idea della vita nei diversi continenti. Così, a proposito dell’Asia, ne identifica i confini e poi con
un sintetico passaggio la presenta come terra multiforme: “ha all’Oriente l’Oceano Orientale e il
mar Pacifico: a Mezzodì il mare indiano e l’etiopico: all’Occidente parte dell’Africa, e dell’Europa:
a Settentrione il mar gelato. (…). Contiene poco men che infinite nazioni, diverse tra loro per
temperamento di corpo, per la figura, pel colore, per l’indole, per i costumi, pel linguaggio, per le
leggi, e per la religione, e si diffonde e si dilata per quasi tutti i climi: ma è per la maggior parte
temperata, fertilissima, e ricca d’ogni sorta di prodotti25”.
Il libro si conclude con un lungo paragrafo dedicato alla storia della terra e alle sue
modificazioni con una sintesi delle ipotesi di Thomas Burnet, John Woodward e Georges
Buffon26. Genovesi è informato delle diverse teorie ma le considera inverosimili o comunque poco
significative. Egli dunque non si occupa della storia delle scienze per l’eventuale influenza di opere
inerenti alla formazione ed evoluzione della terra, ma per la concezione illuministica che il sapere
debba essere socialmente utile27. In questa prospettiva dà pari dignità alla geografia tra le altre
scienze e ne riconosce la specificità. Pur muovendo da un punto di vista storico, tuttavia egli si
sofferma sulla geografia fisica perché si rivolge ai giovinetti e deve adempiere un compito
24
Ibid., p. 62. 25
Ibid., p. 63. 26
Per una disamina delle diverse ipotesi cfr. P. Rossi, I segni del tempo, Feltrinelli, Milano, 2003. 27
L’importanza delle ipotesi di Buffon nella cultura illuministica e per una moderna concezione del rapporto uomo-
natura è trattata in M. Quaini, La costruzione della geografia umana, Firenze, La Nuova Italia, 1975.
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didattico; tuttavia in altre opere, come si vedrà, egli riflette sulla relazione uomo-ambiente e prende
in considerazione la disciplina anche nella concretezza dell’azione politica.
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7 I fattori geografici nelle Lezioni di Commercio
Nelle Lezioni di Commercio o sia di Economia Civile Genovesi chiarisce che fine
principale delle nazioni sia la prosperità e ne vuole indagare le ragioni della mancanza. L’economia
è la scienza che consente di conseguire la ricchezza e la potenza delle nazioni, secondo le
concezioni mercantilistiche, con l’esercizio delle cinque arti fondamentali (caccia, pesca, pastorizia,
agricoltura e metallurgia) unitamente al commercio. L’agricoltura è però considerata ‘attività
privilegiata’ (fig. 3).
All’interno di queste tematiche ora accennate, non manca l’attenzione dello studioso ai
fattori geografici e si sofferma su temi come la popolazione, la distribuzione dei prodotti, la
relazione tra clima e civiltà: “Ogni stato è un corpo politico, dunque per le cose dimostrate, è
importantissimo, ch’egli sia il più robusto, che per la terra, che occupa, pel sito, e per l’altre
circostanze gli è possibile28”.
Genovesi considera la popolazione un fattore fondamentale per una nazione, infatti ritiene
che ciascuna debba avere la giusta popolazione, che egli individua in questa regola: in un anno deve
nascere un quinto in più di quelli che muoiono. Riprende la correlazione tra aumento della
popolazione e sviluppo della nazione già intuita da Machiavelli e Botero per analizzarla con
sistematicità. Indaga infatti le ragioni dello spopolamento: il clima, il suolo sterile, il mancato
sviluppo del commercio, le epidemie, le guerre. Fornisce poi alcuni consigli:
“Il primo mezzo di popolare un paese spopolato e di vedere di sbrabicarci certe cagioni
fisiche di morbi e di pesti: o di minorarle se non si può estirparle. Così i savi legislatori han
procurato di dare dello scolo a certi stagni che infettavano l’aria; di spianare i boschi che
impedivano la ventilazione; di trasportare le grandi città in un’aria più pura; d’impedire il
commercio con i paesi infetti; d’introdurre metodi di vivere più confaccenti alla salute29”. Non si
preoccupa invece della popolazione soverchia, cioè eccessiva, perché si potrà impiegarla nelle
colonie, nella navigazione e nel commercio.
L’altro aspetto fondamentale per una nazione sono le cinque arti e Genovesi individua per
ogni area geografica il loro sviluppo in relazione al clima e alla fertilità del suolo. Ecco che i popoli
28
Cfr. A. Genovesi, Lezioni di commercio o sia d’Economia civile, 1788, op. cit., t. I, p. 69. 29
Ibid., p. 71.
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selvaggi nelle zone dal clima freddo devono necessariamente dedicarsi alla caccia, mentre in un
paese temperato, che abbia mare, e commercio, l’agricoltura debba essere la prima favorita, l’arte
delle pecore, e della lana, la seconda, la tela e le seti, la terza. Questa impostazione, benché
privilegi sempre l’economia, considera fondamentali alcuni fattori geografici, proposti secondo una
logica deterministica, tipica dell’illuminismo. Il medesimo orientamento è proposto nelle giunte
all’opera di Cosimo Trinci L’agricoltore sperimentato. Genovesi ne cura la prefazione e si
preoccupa che il trattato sia pubblicato a Napoli nel 1764; ritiene infatti che possa giovare al
rinnovamento dell’agricoltura, ma soprattutto ad incitare i savi perché se ne occupino con
cognizione di causa. Si chiarisce così ulteriormente perché egli abbia inserito la geografia fisica nel
volume Elementa physicae: i giovinetti, futuri savi, devono essere in grado di conoscere il territorio
perché sia produttivo. Le scienze sono necessarie allo sviluppo socio-economico di una nazione,
ancor di più se si tratta della propria. Non a caso il primo libro delle Lezioni si chiude con l’analisi
specifica del Regno di Napoli e con la valorizzazione della geografia.
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8 La geografia per il Mezzogiorno
Nell’ultimo capitolo del primo tomo delle Lezioni, intitolato Dello stato e delle naturali
forze del Regno di Napoli per rispetto all’arti e al commercio, Genovesi ha il coraggio di analizzare
il malessere di uno vasto territorio, ricco di risorse mal gestite. Ed ecco che nelle soluzioni che
prospetta, la geografia ha un ruolo fondamentale, come scrive in un passo poi divenuto famoso30:
“Parlerò ora ai miei concittadini di questo regno. Non sappiamo la geografia di un piccolo
stato; non abbiamo una meridiana, una carta, una misura. Tutta la storia fisica del paese è ignota.
Un’infinità di specie di grani, de’delicati olj, dei vini squisiti, de’gelsi e delle sete, delle pecore e
delle lane, de’ lini, de’ canapi, della bambagia, gomme, resine, zafferano: un’infinità di frutta e
utilissime erbe medicinali, alberi da lavoro, pietre, minerali ec. Chi ha scritto la storia di una di
queste cose? Chi ha esaminato la natura del terreno del suo paese? Chi ha studiato come migliorare
qualcuno di quei capi? Che bella e vasta provincia pe’ nostri grandi ingegni! Ma mancano ancora
delle accademie e de’premj. Si può nondimeno far qualche cosa privatamente. Si spaventeranno
alcuni della grandezza della materia. Be’ciascun ne coltivi una piccola parte. Queste parti ben fatte,
farebbero poi in mano ad un savio la materia di una geografia fisica e di una storia naturale
universale del paese31”.
Il passo contiene gli elementi fondanti per una geografia del Mezzogiorno. A differenza
degli altri capitolo delle Lezioni dove l’autore opera riferimenti alle nazioni di ogni continente, qui
va dritto al suo scopo: affrontare e risolvere i problemi del Regno. La geografia emerge come
materia basilare perché consente di individuare la precisa morfologia di una nazione dalla capitale
sproporzionatamente grande e dalle province soggette ad una mortale atrofia. Questo corpo informe
merita di essere indagato e definito nelle sue partizioni per poi essere rappresentato attraverso una
ricca e adeguata cartografia. Quest’ultima diventa indispensabile per stabilire suddivisioni
amministrative e per favorire i commerci. Le province potranno così liberarsi di quell’alone feudale
che non ne consente né il controllo né l’utilizzazione. Egli perciò invita ad avviare un processo di
conoscenza e di riconoscimento, a scrivere la storia fisica delle risorse ivi diffuse perché finalmente
30
Il passo trova ad esempio debito riscontro in M. Quaini, L’Italia dei cartografi, in Storia d’Italia, Atlante, Torino,
Einaudi, 1976, VI vol., pp 5-48. 31
Cfr. A. Genovesi, Dello stato e delle naturali forze del Regno di Napoli per rispetto all’arti e al commercio, op.cit., p.
30. Questo capitolo per la sua importanza è stato più volte pubblicato autonomamente.
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si comprenda cosa e dove coltivare, con quali tecniche e procedimenti. La storia territoriale è
necessaria per ricostruire le capacità produttive del Mezzogiorno, per sapere su cosa puntare e
come. Dal momento che Genovesi ha considerato inverosimili le teorie di Buffon e si muove su un
piano pratico, la sua concezione di storia naturale non riguarda la struttura della terra, ma appunto la
storia delle risorse e dei prodotti. La geografia fisica deve così dialogare con la storia per il
progresso del Regno. Pertanto, coerentemente alla visione illuministica che considera la geografia
un sapere tanto teorico quanto empirico32, Genovesi ne sottolinea la valenza socio-economica in
relazione al ‘problema Mezzogiorno’.
Eugenio Garin chiarisce che Genovesi abbia per tutta la vita elaborato alcuni concetti
fondamentali e li abbia continuamente sviluppati e ampliati; questo modo di procedere ben si
attaglia anche all’interesse per la geografia, sollecitato tanto dalla sua vocazione teorica per il
pensiero scientifico quanto dall’impegno politico. Una sorta di riflessione continua, presente nelle
Lezioni, trova perciò conferma nell’opera postuma Elementa physicae, ma anche nella riforma
universitaria che predispone sempre negli ultimi anni. Eppure, come il brano ora proposto mostra,
egli appare consapevole di aver compiuto solo il primo passo e spera nell’opera di altri savi.
32
Sulla multifunzionalità della geografia per gli Illuministi cfr. D.N. Livingstone C.W.J. Withers, Introduction: On
Geography and Enlightenment, in D.N. Livingstone C.W.J. Withers (eds), 1999, op.cit, pp. 1-24. Si vedano pure D.
Nordman, l’Ecole normale de l’an III Leçons d’histoire, de géographie et d’économie politique, Paris, Dunod, 1994;
M.Quaini, 2008a, op. cit.
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9 La riforma universitaria
Bernardo Tanucci33, segretario di stato di Carlo di Borbone, nell’intento di rinnovare gli
studi, nel 1767 chiede a Genovesi di predisporre le linee-guida per la nuova riforma universitaria.
Giuseppe Maria Galanti, nell’elogio al maestro34, ne descrive dettagliatamente i presupposti teorici
e le indicazioni operative.
“Egli desiderava, che queste facoltà tanto necessarie per dirozzare una Nazione, si
rendessero generali e comuni anche fra i contadini” dal momento che “gli uomini non
ricupereranno giammai i loro dritti, le nazioni non cesseranno d’esser misere e avvilite, le leggi non
avranno giammai il lor vigore, il mostro della superstizione non sarà giammai abbattuto, se non
quando saranno dissipate le tenebre dell’ignoranza, tra le quali si vive35”.
L’istruzione deve concorrere a migliorare la qualità della vita e delle strutture sociali con il
coinvolgimento di quel ceto civile e artigiano impegnato ad aprire nuovi orizzonti economici.
Genovesi è anche favorevole ad una sorta di continuità tra scuola e università, la prima aperta ad un
maggior numero di partecipanti, la seconda luogo di specializzazione. Pone la geografia tra gli
insegnamenti che ritiene formativi e basilari: i giovinetti già a scuola dovrebbero acquisire elementi
della geografia, della cronologia e della storia universale. All’università consiglia poi di istituire una
cattedra di geografia: “Una delle discipline che mancano nell’Università, e da mettersi nelle nuove
scuole stimò l’abate Genovesi che dovesse essere la Cattedra della Trigonometria e della Sfera colla
Geografia. Egli credeva, che si apprende sempre male la Geografia senza la teoria della Sfera, e
senza l’aiuto della Trigonometria piana e sferica. Desiderava l’abate Genovesi che questa scuola
servisse a piantare tra noi una meridiana, a perfezionare la geografia del Regno, a rettificare la
topografia e a recare utile alla nautica così militare che mercantile36”.
E’ la consacrazione della geografia nel Regno di Napoli e Tanucci, pur non potendo tener
conto di tutte le indicazioni di Genovesi, rispetta quelle riguardanti questa disciplina, difatti nel
1777 è istituita la cattedra universitaria di Geografia e Nautica affidata a Don Lodovico Marrano37,
33
B. Tanucci fu un importante e innovativo uomo politico; cfr. Galasso, 2007, op. cit. 34
Cfr. G. M. Galanti, Elogio storico del signor abate Antonio Genovesi pubblico professore di civil economia nella
Università di Napoli, Napoli, 1772. 35
Ibid., p. 148. 36
Ibid. p.150. 37
Le informazioni sull’istituzionalizzazione della geografia presso l’Università di Napoli sono tratte da Amodeo, 1902,
op.cit.
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che scrive opere di geometria e aritmetica coerentemente al suggerimento di non prescindere dalla
matematica. Nel 1790 è istituita anche una cattedra di Geografia e Storia affidata a Giovanni de
Moja. Si avvia così l’istituzionalizzazione della disciplina presso l’Università di Napoli, ma la
lezione di Genovesi segue anche altre strade.
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10 La scuola di Genovesi
Genovesi ebbe numerosi allievi che seguirono il suo magistero; un drappello accolse le
suggestioni relative alla geografia impegnandosi anche nell’ambito accademico, ma soprattutto
nella vita politica. Ferdinando Galiani, Giuseppe Maria Galanti, Francesco Longano, Vincenzo
Cuoco, Luigi Maria Galanti sono gli allievi che si dedicano a siffatti studi. La cultura illuministica
rafforza i loro interessi territoriali e la geografia sembra coerente ai nuovi disegni politici prima
rivoluzionari, poi riformistici nel Decennio Francese38. Tranne il Galiani, nato a Chieti, gli altri
provengono dal Molise, la provincia più povera del Regno di Napoli (fig. 4). Essi dimostrano una
particolare sensibilità per il tema geografico probabilmente avvertendo, in virtù delle loro radici, la
necessità di dare la giusta considerazione al territorio e su queste basi costruirne lo sviluppo. Nel
contempo il Molise si avvantaggia di queste presenze perché sarà terreno privilegiato di esercizio
geo-politico39.
38
Nel 1805 Napoleone diviene re d’Italia e nel 1806 Giuseppe Napoleone si insedia a Napoli come sovrano, poi
subentra Murat nel 1808 che regna fino al 1815. Il Decennio Francese è un periodo di intense trasformazioni politiche
per il Mezzogiorno, cfr. S. Russo (a cura di), All’ombra di Murat: studi e ricerche sul decennio francese, Bari,
Edipuglia, 2007; A. Spagnoletti (a cura di), Il governo della città Il governo nella città, Bari, Edipuglia, 2009. 39
Cfr. E. Sarno, Il rinnovamento di Campobasso: l’indirizzo politico di Cuoco e la pianificazione urbana di Musenga,
in L. Biscardi (a cura di), Il Molise nel Decennio Francese, Campobasso, Associazione Culturale “Vincenzo Cuoco”,
2009a, pp. 169-182. La figura 1 è tratta da E. Petrocelli, Il Molise nelle immagini cartografiche, Isernia, Iannone
editore, 1995.
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Figura 4. Carta generale del Regno di Napoli di M. Cartaro,1613: in evidenza il Contado
di Molise (Fonte: Petrocelli,1995).
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11 Ferdinando Galiani e il Reale Officio Topografico
Ferdinando Galiani40, allievo di Vico, condivide studi e ricerche con Antonio Genovesi.
Giovanissimo, nel 1751, scrive il trattato Della moneta e, anticipando l’utilitarismo, enuncia una
teoria sul valore economico dei beni individuando una stretta relazione tra quantità e qualità del
lavoro, tempi di produzione, utilità e rarità del prodotto. In un altro importante saggio - Dialoghi
sul commercio dei grani (1770) - sostiene l'applicazione delle teorie liberiste. Nominato nel 1759
segretario dell'ambasciata napoletana a Parigi, conosce gli illuministi e diventa amico di Diderot.
Egli fa suo il suggerimento di Genovesi di cartografare il Mezzogiorno, condividendo questa
esigenza con il segretario di stato Bernardo Tanucci. Avrebbe voluto, al pari della Francia, una
moderna restituzione cartografica del Mezzogiorno, tuttavia, inizialmente si limita al riutilizzo del
materiale esistente. Galiani infatti aveva trovato un gruppo di pergamene, riguardanti il Regno di
Napoli e di Sicilia, fatte disegnare da re Alfonso I intorno alla metà del XV secolo e ricavate
verosimilmente da rilevazioni censuarie. Affida queste pergamene, copiate di nascosto, al
cartografo Rizzi Zannoni che compone la Carta Geografica della Sicilia prima o sia Regno di
Napoli in quattro fogli nel 1769 (fig. 5).
Dopo questo primo successo, Galiani si preoccupa di invitare il Rizzi Zannoni a Napoli per
avviare il Reale Officio Topografico41. Come chiarisce Ilario Principe (1993), il celebre cartografo
è sicuramente a Napoli nel 1781 dove trova l’appoggio non solo del Galiani, ma anche del Ministro
degli affari esteri, il Marchese della Sambuca, e del Segretario di Guerra Commercio e Marina,
l’ammiraglio John Acton. Egli avvia le operazioni di rilevamento proprio secondo il dettame di
Galiani di “descrivere tutte le province, terre, strade, ponti, passi, poste, montagne, miniere,
boscaglie e tutto ciò che è necessario a sapersi per l’economia dello stato e nella carta nautica tutto
il litorale del regno, coi vari porti, spiagge, lidi, scogli, secche, profondità ed altre cose, che servono
per regola di bastimenti e della navigazione42”.
40
Ferdinando Galiani nacque a Chieti nel 1728 e morì a Napoli nel 1787. Cfr. F. Galiani, Opere, a cura di F. Diaz, L.
Guerci, Milano-Napoli, 1975. Per il suo interesse per la cartografia cfr. I. Principe, La cartografia nel Regno di Napoli e
l’Atlante di Giovanni Antonio Rizzi Zannoni, in G. A. Rizzi Zannoni, Atlante del Regno di Napoli, Messina,
Rubbettino, 1993, pp. 13-45; Valerio, 1993, op. cit; V. Valerio, 2002, Costruttori di immagini Disegnatori, incisori e
litografi nell’Officio Topografico di Napoli (1781-1879), Napoli, Paparo Edizioni, 2002. 41
Per la ricostruzione delle attività dell’Officio Topografico cfr. Valerio, 2002, op. cit; per la biografia e l’opera del
Rizzi Zannoni cfr. Principe 1993, op.cit; Valerio, 1993, op. cit. 42
Cfr. I. Principe, 1993, op.cit; il passo citato è tratto da p. 26 e la figura 2 da p. 15.
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Figura 5 Il primo dei quattro fogli della Carta geografica della Sicilia prima o sia Regno di
Napoli disegnata da Gio.Ant. Rizzi Zannoni e fatta incidere per ordine del Re delle due Sicilie in
Parigi nel 1769 (Principe, 1993).
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12 Giuseppe Maria Galanti e la Descrizione geografica e politica delle Sicilie
Giuseppe Maria Galanti è l’allievo che più degli altri intende dare lustro agli interessi
geografici del maestro43. Consapevole dei problemi del Mezzogiorno, si mette al servizio del
governo per combattere le ingiustizie, migliorare le condizioni delle popolazioni, ridimensionare i
poteri forti. In quest’ottica la geografia diventa importante e difatti egli guarda con ammirazione e
interesse alle pubblicazioni geografiche di Friedrich Büsching44. L’Introduzione alla cognizione
fisica d’Europa e il primo volume della Nuova geografia dello studioso tedesco erano stati tradotti
in italiano da Christian Joseph Jagemann e stampati a Firenze nel 1769, poi a Venezia nel 1773.
Galanti definisce le opere geo-statistiche di Büsching un nuovo tipo di geografia, ne apprezza
l’impostazione, ma critica la parte riguardante l’Italia ritenendola imperfetta e difettosa. Si premura
di fornire un’esatta descrizione dell’Italia che sarà poi aggiunta ad una nuova edizione dell’opera
del Büsching. Comincia così a progettare di scrivere opere di geografia: Una buona geografia è un
libro più importante allo stato che non si pensa. Programma la Nuova descrizione storica e
geografica dell’Italia della quale videro però la luce i primi due volumi tra il 1782 il 1791 e
riguardavano la trattazione degli stati sardi, della Corsica, del Genovesato e della Toscana. L’opera
non è completata perché un nuovo impegno emerge: dedicarsi solo al Regno delle Sicilie45. Con
una tale scelta l’autore pensa di essere maggiormente partecipe delle sorti dello stato a cui
appartiene e il suo interesse culturale può avere una finalità politica. Invero, mentre si dedica alle
questioni nazionali, tenta un primo approccio all’analisi del Mezzogiorno tramite due esperienze: la
descrizione della sua provincia e quella della città di Napoli. La Descrizione dello stato antico ed
attuale del Contado di Molise con un saggio storico sulla costituzione del Regno è il primo banco di
prova nel 1781. Infatti, Galanti predispone solo un’elencazione dei centri abitati del Molise perché
43
Giuseppe Maria nacque a Santa Croce del Sannio nel 1743 e morì a Napoli nel 1806. Il comune di Santa Croce del
Sannio dopo l’Unità d’Italia fu ceduto alla provincia di Benevento e quindi da allora appartiene alla Campania. Nel
contributo si farà riferimento alle seguenti sue opere: G. M. Galanti, Descrizione dello Stato Antico ed Attuale del
Contado di Molise, Napoli, Società Letteraria e Tipografica, 1781; G. M. Galanti, Della descrizione geografica e
politica delle Sicilie, a cura di F. Assante e D. Demarco, Napoli, ESI, 1969. G. M. Galanti, Giornale di viaggio in
Calabria (1792) seguito dalle relazioni e memorie scritte nell’occasione, edizione critica a cura di A. Placanica, Napoli,
SEI, 1982. L’opera omnia curata da Demarco e Assante nel 1969 è per ora insuperata anche dal punto di vista critico. 44
Friedrich Büsching (1724-1793) è autore di un’ampia descrizione della Terra a carattere statistico-geografico che
segna un progresso rispetto alle cosmografie precedenti; cfr. G. Kish, A Source Book in Geography, USA, Harvard
College, 1978, p. 391 e seguenti.
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gli intenti statistici sono fortemente limitati dall’obiettivo di illustrare la costituzione. Si dedica poi
ad una breve descrizione46 di Napoli, volendo correggere le opinioni dei viaggiatori stranieri, ma in
realtà continua a pensare ad un’opera unitaria, appunto alla Descrizione geografica e politica delle
Sicilie, come esempio di buona statistica. In sei volumi decide di descrivere la costituzione politica,
il sistema finanziario, lo stato naturale ed economico di ciascuna provincia in modo
particolareggiato.
Nei fatti la pubblicazione è bruscamente interrotta nel 1794 dalla censura borbonica, benché
Galanti continuasse a predisporre e a elaborare una gran parte degli argomenti che si era prefisso.
Tutta la documentazione è stata poi pubblicata nel 1969 da Domenico Demarco e Franca Assante i
quali hanno raccolto in due volumi sia le parti già edite dal Galanti sia molte delle relazioni rimaste
inedite, ricostruendo l’intero piano dell’opera in dieci libri. I primi quattro illustrano lo stato
politico del Regno e le condizioni finanziarie, il quinto affronta lo stato naturale e l’analisi delle
ricchezze naturali. I successivi sono dedicati allo stato dell’ agricoltura, delle arti, del commercio.
Gli ultimi quattro libri raccolgono le relazioni riguardanti la Campania Felice o Terra di Lavoro, il
Principato Citeriore, il Principato Ulteriore, il Sannio, l’Abruzzo, la Capitanata, la Japigia e la
Puglia Peucezia. I curatori hanno poi aggiunto una relazione sulla Calabria meridionale47 e una
sulle città di Messina e Catania.
Il metodo utilizzato da Galanti è quello dell’osservazione diretta, poiché dal 1790 al 1797
egli visita una ad una le province e alcune città della Sicilia. “Per ogni visita era solito approntare
una specie di catechismo composto di vari articoli, interrogatori sopra tutti gli oggetti di stato
naturale, politico, economico, ecclesiastico48”. Egli segue una precisa impostazione geo-
statistica49, infatti per ogni provincia descrive il quadro ambientale e le condizioni economiche. Le
descrizioni fisiche sono brevi, schematiche; l’ambiente è considerato una pre-condizione nella quale
l’uomo agisce. Il contesto ambientale acquisisce maggiore vitalità quando, come voleva il maestro,
45
Il Regno di Napoli e quello di Sicilia hanno una lunga storia parallela e in parte comune fino al 1816 quando furono
riuniti ufficialmente dal Congresso di Vienna con la denominazione di Regno delle due Sicilie. 46
Galanti diede alle stampe nel 1790 la sua guida della capitale dal titolo Breve descrizione di Napoli. 47
Cfr. G. M. Galanti, Giornale di viaggio in Calabria (1792), op. cit. 48
Cfr. D. Demarco, F. Assante, Introduzione, in G. M. Galanti, 1969, op. cit., p. XXIX.
49 Nel secolo XVIII principalmente in Francia le rilevazioni statistiche sono considerate utili per governare e diventano
sempre più rilevanti nell’età napoleonica. Già Gambi, 1973, (op. cit., p. 6), dava indicazioni in tal senso. Cfr.
V.Kuusela, Paradigms in Statistical Inference for Finite Populations, Statistics Finland, 2011; F. Lando, Numeri e
Territorio Statistica e Geografia nell’ Italia dell’Ottocento, in «Bollettino della Società geografica», 2009, II, pp. 317-
347.
Università Telematica Pegaso La geografia nel settecento a Napoli:
il ruolo nevralgico di Antonio Genovesi e dei suoi allievi
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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si preoccupa della storia delle ricchezze naturali50. In realtà, si limita a pochi ed essenziali
riferimenti geo-fisici perché ha urgenza di trattare alcuni temi specifici: l’agricoltura, il commercio,
l’industria. Rileva la distribuzione irregolare della popolazione, dal momento che vi erano in quegli
anni circa 960.000 famiglie nel Regno, di cui un terzo apparteneva alla nobiltà, alle professioni e
alle arti; i rimanenti due terzi invece erano famiglie di agricoltori e pastori che non ricevevano
alcuna attenzione politica. Egli non si limita solo a indicare i mali, ma suggerisce i giusti rimedi, dal
catasto alle nuove tecniche di lavorazione della terra e di conduzione dell’allevamento. Lamenta la
decadenza dell’industria e il fatto che le poche esistenti siano concentrate nella capitale. Ribadisce
più volte la necessità di inserire il Mezzogiorno nei commerci internazionali e si sofferma sulle
cause che li soffocano: le alte tariffe doganali e il contrabbando.
L’afflato politico di Galanti è la vera ragione della censura ed è anche la differenza con
l’impostazione del Büsching: la sua opera non doveva solo descrivere ma anche contribuire a
cambiare le sorti di uno stato. Il giovane Vincenzo Cuoco, che collabora all’ elaborazione della
documentazione, la riterrà la statistica più completa del Regno e il filosofo De Ruggiero (1954)
vedrà nel Galanti un precursore della geografia sociale51.
50
Il primo capitolo del libro quinto è dedicato alle ricchezze naturali: piante, animali, pesci, minerali e acque. 51
Cfr. G. De Ruggiero, Il pensiero politico meridionale nei secoli XVIII e XIX, Bari, 1954.
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13 Francesco Longano e le relazioni di viaggio
Francesco Longano52 si inserisce nella cultura partenopea grazie ai suoi interessi
intellettuali. L’incontro con l’abate Genovesi è fondamentale per i suoi studi, perché questi lo
spinge all’indagine del malessere economico e sociale del Mezzogiorno. Il maestro gli procura la
cattedra di Commercio presso l’Università di Napoli e Longano si dedica allo studio delle province
scegliendo la relazione di viaggio come modalità di scrittura, dal momento che attribuiva particolare
rilevanza ai “fedeli rapporti sullo stato fisico delle province, sullo stato attuale delle arti, delle
scienze, della industria, e del commercio53”. Infatti, scrive due importanti relazioni di viaggio, la
prima intitolata Viaggio per lo Contado di Molise data alle stampe nel 1786 e la seconda Viaggio
per la Capitanata pubblicata nel 1790.
Il Molise, come si accennava prima, acquista importanza e diventa oggetto di analisi. Se per
Galanti il Contado è stato il primo banco di prova54, Longano mette in atto una monografia
regionale ante litteram. Egli non vuole limitarsi ad una scarna enumerazione e segue
un’impostazione “territorialista”, infatti la descrizione fisica, suddivisa in tre compartimentazioni, è
nitida e particolareggiata, arricchita anche da una rappresentazione cartografica55. I criteri di
analisi sono chiariti nell’introduzione, dove egli precisa che “niuno dal suo nudo l’ha finora
disegnato. A ciò collima lo sbozzo presente, nel quale si cercherà di ritrarre, prima quel che allo
Spettatore presenta la semplice vista della natura; indi i vari sforzi degli abitanti, e poi l’arte del
governo56”. Il termine sbozzo significa appunto dar forma al Contado di Molise, a cominciare dagli
aspetti naturali fino a quelli economico-politici, con l’orgoglio di essere il primo a circoscriverne le
dimensioni territoriali, a tratteggiarne, in modo analitico, le forme e le caratteristiche. Il metodo
messo in atto per il Contado è poi consolidato nell’opera successiva: Viaggio per la Capitanata.
52
Francesco Longano nacque a Ripalimosani, paese poco distante da Campobasso, nel 1728 e morì nel 1796 a
Santopadre in provincia di Frosinone. Sono importanti due sue relazioni di viaggio: F. Longano, Viaggio per la
Capitanata, Campobasso, Edizione Rufus, 1981; F. Longano, Viaggio per lo Contado di Molise, ristampa anastatica
dell’edizione di Napoli del 1788 a cura dell’Associazione Culturale “Pasquale Vignola”, Riccia, 1988. Per l’analisi
della figura di Longano cfr. E. Sarno, Schiavoni, Viaggiatori, Emigranti Studi di geografia storica sul Molise, Roma,
Aracne Editrice, 2009b. 53
Cfr. Longano, 1981, op. cit. p. 35. 54
Anche nella parte relativa al Contado di Molise proposta nella Descrizione geografica e politica delle Sicilie Galanti
si limita ad un’illustrazione sintetica. 55
Per l’ottica territorialista di Longano cfr. Sarno, 2009b, op. cit. 56
Cfr. Longano, 1988, op. cit., p. 4.
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Le due relazioni forniscono un’ampia descrizione particolareggiata dell’aree territoriali, con
una specifica attenzione per l’assetto agrario e con puntuali riferimenti alle attività economiche,
rivelandosi quindi come monografie regionali ante litteram e rappresentando un ulteriore esempio di
storia fisica del Mezzogiorno.
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14 La politica territoriale di Vincenzo Cuoco
Vincenzo Cuoco57 studiando nella capitale diventa amico del Galanti e si dedica alla lettura
delle opere del Genovesi. Pur collaborando alla Descrizione geografica e politica delle Sicilie,
decide di dedicarsi alla vita politica attivamente, difatti prende parte alla rivoluzione napoletana del
1799. La delusione dell’esperienza rivoluzionaria è poi illustrata nel Saggio storico sulla
rivoluzione napoletana del 1799, ma Cuoco, ricco comunque di tanta esperienza politica, sa inserirsi
nella politica bonapartista e portarvi la lezione geografica dei suoi maestri.
Grazie a lui il Molise acquista il riconoscimento di Provincia, con capoluogo Campobasso,
difatti egli così scrive: “questa provincia meritava più che non si crede l’attenzione di un governo
saggio ed umano. Senza mare e senza porti propri, senza strade, amministrata da autorità lontana e
straniera58”. E’ merito suo anche l’ampliamento dei confini del Molise che nel 1811 ottiene la
fascia costiera.
L’intuito politico di Cuoco, però, non si ferma alla questione della definizione dei confini,
perché si rende conto che il valore di un provincia è nel suo stesso territorio e scrive anch’egli il suo
Viaggio in Molise (1812). La brevità della relazione testimonia che Cuoco non vuole descriverlo,
dal momento che vi era già la monografia di Longano, ma ne focalizza alcuni problemi. La sua
elaborazione è funzionale al programma di Murat di riordinare, dal punto di vista amministrativo e
socio-economico, le province del Regno e di puntualizzarne alcuni aspetti negativi59. Infatti pone
in evidenza, con straordinaria modernità, il dissesto idrogeologico del Molise, la mancanza di una
rete viaria agevole, la necessità di modernizzare l’agricoltura e il commercio.
Il suo sguardo acuto e razionalista si appunta anche su Campobasso designata capoluogo e
segnala l’urgenza di facilitarne le comunicazioni con Isernia e Termoli, ma soprattutto di rinnovarne
57 Vincenzo Cuoco nacque a Civitacampomarano, paese in provincia di Campobasso nel 1770 e morì a Napoli nel 1823.
Tra le sue opere sono importanti: V. Cuoco, Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799, Milano, 1801; V.
Cuoco, Viaggio in Molise, in C. D’Elia (a cura di), Il Mezzogiorno agli inizi dell’Ottocento, Bari, Laterza, 1992, pp.166-
185; V. Cuoco, Scritti di statistica e di pubblica amministrazione, a cura di A. De Francesco, L. Biscardi, Roma-Bari,
Laterza, 2009; L. Biscardi, A. De Francesco (a cura di), Opere di Vincenzo Cuoco: scritti editi e inediti,Roma, Laterza,
2006-2011. Nell’ampia letteratura inerente a Vincenzo Cuoco si rimanda all’edizione critica delle sue opere curata da
Biscardi e De Francesco, 2009; per i temi principali del pensiero di Cuoco cfr. L. Biscardi, Cuoco e l'identità nazionale,
in Annali Cuochiani, Campobasso, Associazione Culturale Vincenzo Cuoco, 2003, pp. 47-54; A. De Francesco,
Vincenzo Cuoco: una vita politica, Roma, Laterza, 1997. 58
Cfr. Bicentenario Provincia di Molise, a cura dell’Associazione Culturale Vincenzo Cuoco, Campobasso, 2006, e il
plico: V. Cuoco, Osservazioni sulla legge de’24 settembre 1806, p.1. 59
Cfr. nota 29.
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l’architettura pubblica. Quando, nel 1810, assume l’incarico di Presidente del Consiglio
Provinciale le sue riflessioni sulla città diventano sempre più incisive e rappresentano il presupposto
della progettazione e della realizzazione del borgo murattiano nel capoluogo molisano.
Insomma Cuoco nell’attività politica mette in pratica la lezione di Genovesi e Galanti, ma
alcuni scritti inediti, pubblicati nel 2009, permettono di conoscere le sue riflessioni sulla statistica
come scienza necessaria a chi governa: “la statistica ha tre oggetti: definir ciò che è, paragonarlo
con ciò che è stato, indicar ciò che può essere60”. Questa scienza deve fondarsi, a suo parere, su
continue osservazioni raccolte con metodo e in base a precisi indicatori. Innanzi tutto devono essere
indagati il suolo e il clima di un territorio, grazie alla geografia che ne descrive la superficie e alla
geologia che ne tratta l’intima composizione. Poi devono essere esaminati i seguenti aspetti: la
sanità, la vegetazione, la metallurgica, gli animali, il commercio, le abitazioni, la sicurezza interna
ed esterna. Questi appunti devono essere considerati la base scientifica della Statistica avviata nel
1811 da Murat per l’intero Regno. Cuoco, che presiede la commissione deputata alla rilevazione
statistica per la Provincia di Napoli, si pone come trait d’union tra l’esperienza di Giuseppe Maria
Galanti e il nuovo indirizzo politico.
60
Il passo è tratto da Cuoco, 2009, op. cit., p. 171. Cfr. E. Sarno, Il decennio francese e la qualità della vita in una
provincia del Mezzogiorno italiano: analisi geo-storica della Statistica murattiana, in «Biblio 3W Revista
bibliográfica de geografía y ciencias sociales», , Barcellona, 2011, XVI vol., n. 908.
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15 Luigi Maria Galanti e l’istituzionalizzazione
Luigi Maria Galanti61, fratello minore di Giuseppe Maria, raccoglie un’eredità densa di
significati e di valori che si traduce in unna solida vocazione geografica che tende
all’istituzionalizzazione. Infatti, egli si volge sempre più a sistematizzare il sapere geografico a fini
didattici, lasciando nell’ombra l’impegno politico che pure aveva sostenuto i suoi predecessori. Per
lui “la geografia è interamente legata con lo studio dell’uomo, dei suoi costumi, delle sue
istituzioni, delle sue industrie. E’ una scienza di rapporti, le toglieresti ogni bellezza, isolandola. La
geografia è in se stessa la storia del mondo intero62”.
Si dedica all’insegnamento ed è nominato professore di Geografia presso l’Università di
Napoli e professore primario di Geografia della Reale Scuola Politecnica e Militare sempre nella
capitale. Come attestano le fonti, Luigi Galanti ricopre la cattedra universitaria dal 1807 al 1837,
pubblicando saggi di particolare spessore63. Infatti scrive le Istituzioni di geografia fisica e politica
per gli allievi del Politecnico e poi il saggio Geografia elementare, cercando così di fornire la
bibliografia necessaria tanto alla preparazione di base quanto a quella specialistica. Il saggio
Geografia elementare vuole avvicinare i giovinetti alla disciplina riprendendo l’esempio di
Genovesi, ma mostra come gli oggetti, i metodi e i linguaggi della disciplina siano in una certa
misura definiti. L’autore ha pure felici intuizioni didattiche per rendere questo sapere interessante
agli occhi degli studenti.
Chiarisce le partizioni della disciplina e quindi i relativi oggetti: la geografia matematica,
utile a misurare aree e distanze, la geografia fisica e naturale, che tratta delle diverse componenti
spaziali, la geografia politica, che affronta gli stati e le loro suddivisioni interne. Dal punto di vista
didattico consiglia di puntare su poche ma fondamentali conoscenze ribadendo più volte
l’importanza della cartografia e del globo artificiale64.
61
Luigi Galanti nacque a Santa Croce del Sannio nel 1757 e morì a Napoli nel 1837. Le sue opere principali sono: L.
M. Galanti, Istituzioni di geografia fisica e politica per uso del Primo Collegio Reale, Napoli, Gabinetto
Letterario,1808; L. M. Galanti, Geografia elementare, sesta edizione, Napoli,Tipografia Sangiacomo, 1812. Luigi
Galanti ha ripetutamente stampato e ripubblicato le due opere aggiornandole mediamente ogni due anni. Presso la
Biblioteca Nazionale di Napoli ho potuto ricostruire che l’opera Istituzioni di geografia fisica e politica fu stampata per
la prima volta a Napoli nel 1808 e l’opera Geografia elementare nel 1812. 62
Il pensiero di Luigi Galanti è riportato nell’elogio che scrisse per lui Alfonso Filipponi nel 1838 e citato da G.
Natali, 1926, op. cit., p. 14. 63
Cfr. Natale, 1926, op. cit. 64
Luigi Galanti fa riferimento ad una “macchina che figura in piccolo tutta la terra”.
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Nel saggio di geografia politica propone una descrizione delle partizioni del mondo, ma
quando analizza lo stato politico di ogni paese illustra brevemente anche le città, gli ordinamenti e i
costumi. Inoltre, in questa sede egli esprime alcune considerazioni sulla problematicità della
disciplina che gli appare dipendente dall’instabilità delle cose di questo mondo. I cambiamenti sono
dovuti alla struttura stessa della terra ma anche alle attività umane per cui il geografo non può che
offrire il quadro del mondo e dei suoi abitanti in una determinata epoca. Inoltre, la mutevolezza dei
quadri dipende non solo dall’oggetto stesso e dalla relazione con l’uomo, ma anche dai viaggi degli
esploratori che consentono di aggiornare continuamente le conoscenze. La geografia così si incontra
con la storia e Luigi Galanti la definisce la scienza che fornisce immagini vive della terra. Questi
quadri diventano fondamentali per la geografia politica dal momento che egli stesso chiarisce che,
ad esempio, tanti sono i cambiamenti avvenuti in Europa tra la fine del Settecento e gli inizi
dell’Ottocento.
Il valore di quest’opera è decantato in una dettagliata recensione65 scritta da Ferdinando De
Luca, che considera Luigi Galanti pari ad Humboldt e a Balbi, anzi per la geografia politica
persino superiore. Grazie a Ferdinando De Luca, convinto assertore della fondazione della Società
Geografica, e a Giuseppe De Luca la geografia napoletana si inserisce nel contesto nazionale con un
apporto fruttuoso al rinnovamento della disciplina66. Se l’istituzionalizzazione è così definita,
anche la lezione di Genovesi continua ad agire, sia pure a distanza, giacché Giuseppe De Luca67
pone le basi della questione meridionale con il volume L’Italia meridionale o l’antico reame delle
due Sicilie pubblicato nel 1860.
65
Cfr. F. De Luca, Geografia fisica e politica dell’abate Luigi Galanti, Quinta edizione riformata ed accresciuta,
Napoli, 1834, in «Progresso delle Scienze, delle Lettere e delle Arti», Napoli, 1834, vol. VII, pp. 221-238. Secondo
Natale, 1926, op. cit., Ferdinando De Luca è il successore di Luigi Galanti alla cattedra di Geografia presso l’Università
di Napoli. Per la figura di Ferdinando De Luca cfr. F. Amodeo, F. D. e divagazioni di storia generale, in Atti della R.
Accademia Pontaniana, 1919, XLIX , pp. 144-155; E. Migliorini, Ricordo di F. D. nel centenario della morte, in
«Bollettino della Società geografica italiana», 1969, s. 9, X, pp. 345-352. 66
Cfr. O. Baldacci, Il contributo meridionale al pensiero geografico italiano nell’Ottocento, in «Atti del XXII
Congresso AGeI (Salerno, 1975)», 1977, vol. III, pp. 339-354;Brancaccio, 1991,op.cit. 67
Per l’opera e la biografia di Giuseppe De Luca cfr. P. Pierangeli, Storia di un docente di geografia del secolo scorso,
Aletti, Guidonia, 2009.
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16 Conclusioni: la geografia e il Mezzogiorno
Nella cultura napoletana del Settecento la geografia è emersa come disciplina funzionale alla
politica territoriale per merito di un manipolo di studiosi che hanno sperato di risolvere, con i loro
studi, gli annosi problemi economici di un vasto ma amorfo Regno. I meriti di Genovesi sono
diversi perché ha considerato la geografia al pari di altre scienze, ma soprattutto l’ha posta in
relazione con la politica e ha individuato il Mezzogiorno come tema-problema su cui riflettere. Gli
allievi non sono riusciti a risolvere i diversi problemi, ma i loro scritti, unitamente all’opera del
Reale Officio Topografico, hanno fatto emergere il Mezzogiorno dalle nebbie feudali. Anzi la
geografia ha mostrato la sua validità epistemologica incontrando un luogo specifico - il
Mezzogiorno - che doveva acquisire una nuova visibilità agli occhi dei governanti e degli
intellettuali. La scoperta di siffatto luogo è coeva ai processi storici avvenuti tra la fine del
Settecento e gli inizi dell’Ottocento, ai fremiti rivoluzionari che percorrono il Regno di Napoli e al
Decennio Francese che opera cambiamenti precisi: sopprime i privilegi fiscali e avvia la
riorganizzazione geo-amministrativa delle province. Non a caso in questo periodo così importante
per il Mezzogiorno prende corpo la Descrizione di Galanti, si concretizzano l’impegno politico di
Cuoco e le istanze riformistiche di Longano. Se “la geografia è formata da un nodo di specifici
problemi e vive in funzione di quei problemi68”, deve la sua valorizzazione alla problematicità del
Mezzogiorno in una temperie storico-politica complessa, nella quale anch’essa può concorrere alla
progettazione del territorio69. Ed è necessario aggiungere che ulteriore esito di questo contesto è la
Statistica murattiana da considerarsi come testimonianza della sinergia tra impegno intellettuale e
volontà politica nel Decennio Francese, quando il Mezzogiorno, diventando la vetrina del potere
napoleonico70, si apre alla modernizzazione.
Con la restaurazione e con l’istituzionalizzazione la cultura geografica meridionale si
inserisce nel contesto nazionale, limitando quell’impegno e quella passione politica che avevano
sostenuto gli allievi di Genovesi. Eppure l’istituzionalizzazione ha i suoi meriti: diffondere
68
Cfr. L. Gambi, , 1973, op. cit., p. 53. Anche cfr. M. Quaini (a cura di), Una Geografia per la storia Dopo Lucio
Gambi, Quaderni storici, Il Mulino, 2008c, n. 1. 69 Cfr. M. Quaini, 2008a, op. cit., p. 338. 70
L’espressione è di J. Davis, Naples and Napoleon: The European Revolutions in Southern Italy, USA, Oxford
University Press, 2006.
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conoscenze geografiche, produrre carte e mappe. Se ripensiamo all’impostazione didattica di Luigi
Galanti ritroviamo i presupposti della trasmissione del sapere geografico a lungo radicatisi.
Tuttavia, quest’ultimo fornisce anche un’importante chiave di lettura della disciplina e della sua
stessa complessità: la mutevolezza dei quadri geografici, spesso a causa della cattiva politica, come
aggiungerebbero i suoi sodali. Il punto d’arrivo sembra coincidere con quello di partenza, con le
motivazioni che hanno agito in Genovesi. La geografia ha trovato il suo senso nel dirimere siffatte
questioni.
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