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> NOTIZIE > APPROFONDIMENTI > OPPORTUNITA’ PER L’ESPORTAZIONE LODI NEWS per l’esportazione, NUMERO 16 - Dicembre 2008 Reg. Trib. Lodi N. 06/2007 del 22-08-07 - Direttore Resp.: Fabio Milella Consorzio Lodi Export - Via Haussmann 11/15 - 26900 Lodi Tel. 0371 - 4505264 - www.lodiexport.it - E-mail: [email protected] N WS Nell’attuale fase di gravissima crisi finanziaria, ormai pienamente trasferitasi all’ “economia reale” con una recessione su scala mondiale di cui è difficile prevedere la durata e l’ampiezza, è chiaro che i piccoli soggetti economici andranno incontro a molte difficoltà. L’Italia, per il suo elevato numero di piccole e medie imprese (PMI), è particolarmente esposta alle conseguenze della crisi. In particolare, nel settore manifatturiero molte PMI saranno messe a dura prova, specie nella catena delle sub-forniture che innerva molte nostre filiere produttive. Ma avere un elevato numero di PMI, persino in momenti difficili come quello attuale, per l’Italia è anche un grande punto di forza: infatti, nel nostro Paese vi sono proporzionalmente più imprenditori e meno dipendenti che altrove, con tutti i vantaggi che ne conseguono in termini di vivacità del tessuto economico e sociale, di propensione all’innovazione (anche se spesso non formalizzata e pertanto non “catturata” dalla statistiche), nonché di diffusione dei livelli di benessere. Rispetto a Paesi come gli Stati Uniti, la Germania o la Francia, in Italia vi è una percentuale maggiore di persone che intraprende in prima persona, che rischia il proprio capitale su un progetto industriale, che crea posti di lavoro rispetto al numero di coloro che alla fine del mese ritirano semplicemente uno stipendio sia pure meritato. In tempi di riscoperta dell’importanza dell’ “economia reale”, è bene ricordare che nella UE-27 l’Italia, che ha 59 milioni di abitanti, è la seconda economia per numero di addetti nell’industria manifatturiera (4,6 milioni, secondo dati Eurostat) dopo la Germania (7,2 milioni), che ha 82 milioni e mezzo di abitanti. Una posizione di rilievo che il nostro Paese detiene pur avendo pochissimi grandi gruppi, non solo nell’industria ma Piccole imprese crescono anche nei servizi. Infatti tra le prime 500 società del mondo della classifica 2008 di “Fortune” l’Italia conta soltanto 10 gruppi (di cui due soli sono manifatturieri, Fiat e Finmeccanica), mentre la “piccola” Svizzera, per un confronto, ne conta 14 (di cui 5 manifatturieri). Come è possibile essere una delle prime economie del mondo e il secondo Paese manifatturiero d’Europa con così pochi grandi gruppi? La spiegazione sta proprio nella straordinaria miriade di imprese piccole e medie su cui il nostro Paese può contare. Infatti, l’Italia presenta il maggior numero di aziende manifatturiere della UE-25 (519 mila): una cifra che è superiore a quella corrispondente di Germania, Francia e Olanda considerate assieme. Negli scorsi anni si è ripetutamente sottolineato che le nostre PMI devono crescere di dimensioni per poter competere meglio sui mercati mondiali. Ciò è indubbiamente vero. E, infatti, non tutte le nostre piccole e medie imprese sono “piccole” e molte sono cresciute diventando medie. Come hanno messo in evidenza gli studi di Mediobanca- Unioncamere, il nostro Paese ormai dispone di un nutrito drappello di medie imprese “strutturate”, circa 4 mila. Inoltre, secondo l’ICE, tra le imprese esportatrici, che in Italia sono 180 mila circa, la quota di export in valore delle piccole e medie imprese, incluse le medie “strutturate” fino a 500 addetti, rappresenta il 68% del totale delle esportazioni. Le medie imprese da sole (incluse quelle “strutturate” di maggiori dimensioni da 250 sino a 500 addetti) generano quasi il 40% del nostro export. Se a ciò aggiungiamo che le grandi imprese oltre i 500 addetti a loro volta generano un altro 32% di export, possiamo renderci conto del fatto che il 72% circa delle esportazioni italiane è attivato da imprese con più di 50 addetti, dunque non piccole. Ciò non significa che il contributo delle imprese più piccole alla nostra economia non sia importante. Per più ragioni. Innanzitutto perché comunque un 28% delle esportazioni complessive italiane proviene da una moltitudine di piccole imprese: 175 mila “formiche” che laboriosamente contribuiscono al risultato globale. In secondo luogo, perché in molti settori manifatturieri tipici del “made in Italy” (tessile, legno, mobile, calzature, orafo) il contributo all’export delle imprese con meno di 50 addetti sfiora o supera il 40%. In terzo luogo, perché molte piccole imprese, pur non esportando o Marco Fortis Laureato in Scienze Politiche pres- so l’Università Cattolica di Milano, dove attualmente insegna Econo- mia Industriale e Commercio Este- ro, Marco Fortis è responsabile della direzione Studi Economici di Edison Spa, Vicepresidente della Fondazione Edison e Vicepresiden- te del Comitato Scientifico della Fondazione medesima. Ha pubblicato numerosi saggi ed articoli, in Italia e all’estero, sui temi dell’economia italiana, dell’in- dustria, dei distretti industriali e del commercio internazionale. Segue a pag 2 > di Marco Fortis

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> NOTIZIE > APPROFONDIMENTI > OPPORTUNITA’ PER L’ESPORTAZIONE Segue a pag 2 > di Marco Fortis LODI NEWS per l’esportazione, NUMERO 16 - Dicembre 2008 Reg. Trib. Lodi N. 06/2007 del 22-08-07 - Direttore Resp.: Fabio Milella Consorzio Lodi Export - Via Haussmann 11/15 - 26900 Lodi Tel. 0371 - 4505264 - www.lodiexport.it - E-mail: [email protected]

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Page 1: LodiExport16

> NOTIZIE> APPROFONDIMENTI> OPPORTUNITA’

PER L’ESPORTAZIONE

LODI NEWS per l’esportazione, NUMERO 16 - Dicembre 2008Reg. Trib. Lodi N. 06/2007 del 22-08-07 - Direttore Resp.: Fabio Milella

Consorzio Lodi Export - Via Haussmann 11/15 - 26900 LodiTel. 0371 - 4505264 - www.lodiexport.it - E-mail: [email protected]

N WSNell’attuale fase di gravissima crisi finanziaria, ormai pienamente trasferitasi all’ “economia reale” con una recessione su scala mondiale di cui è difficile prevedere la durata e l’ampiezza, è chiaro che i piccoli soggetti economici andranno incontro a molte difficoltà. L’Italia, per il suo elevato numero di piccole e medie imprese (PMI), è particolarmente esposta alle conseguenze della crisi. In particolare, nel settore manifatturiero molte PMI saranno messe a dura prova, specie nella catena delle sub-forniture che innerva molte nostre filiere produttive.Ma avere un elevato numero di PMI, persino in momenti difficili come quello attuale, per l’Italia è anche un grande punto di forza: infatti, nel nostro Paese vi sono proporzionalmente più imprenditori e meno dipendenti che altrove, con tutti i vantaggi che ne conseguono in termini di vivacità del tessuto economico e sociale, di propensione all’innovazione (anche se spesso non formalizzata e pertanto non “catturata” dalla statistiche), nonché di diffusione dei livelli di benessere. Rispetto a Paesi come gli Stati Uniti, la Germania o la Francia, in Italia vi è una percentuale maggiore di persone che intraprende in prima persona, che rischia il proprio capitale su un progetto industriale, che crea posti di lavoro rispetto al numero di coloro che alla fine del mese ritirano semplicemente uno stipendio sia pure meritato.In tempi di riscoperta dell’importanza dell’ “economia reale”, è bene ricordare che nella UE-27 l’Italia, che ha 59 milioni di abitanti, è la seconda economia per numero di addetti nell’industria manifatturiera (4,6 milioni, secondo dati Eurostat) dopo la Germania (7,2 milioni), che ha 82 milioni e mezzo di abitanti. Una posizione di rilievo che il nostro Paese detiene pur avendo pochissimi grandi gruppi, non solo nell’industria ma

Piccole imprese cresconoanche nei servizi. Infatti tra le prime 500 società del mondo della classifica 2008 di “Fortune” l’Italia conta soltanto 10 gruppi (di cui due soli sono manifatturieri, Fiat e Finmeccanica), mentre la “piccola” Svizzera, per un confronto, ne conta 14 (di cui 5 manifatturieri). Come è possibile essere una delle prime economie del mondo e il secondo Paese manifatturiero d’Europa con così pochi grandi gruppi? La spiegazione sta proprio nella straordinaria miriade di imprese piccole e medie su cui il nostro Paese può contare. Infatti, l’Italia presenta il maggior numero di aziende

manifatturiere della UE-25 (519 mila): una cifra che è superiore a quella corrispondente di Germania, Francia e Olanda considerate assieme. Negli scorsi anni si è ripetutamente sottolineato che le nostre PMI devono crescere di dimensioni per poter competere meglio sui mercati mondiali. Ciò è indubbiamente vero. E, infatti, non tutte le nostre piccole e medie imprese sono “piccole” e molte sono cresciute diventando medie. Come hanno messo in evidenza gli studi di Mediobanca-Unioncamere, il nostro Paese ormai dispone di un nutrito drappello di medie imprese “strutturate”, circa 4 mila. Inoltre, secondo l’ICE, tra le imprese esportatrici, che in Italia sono 180 mila circa, la quota di export in valore delle piccole e medie imprese, incluse le medie “strutturate” fino a 500 addetti, rappresenta il 68% del totale delle esportazioni. Le medie imprese da sole (incluse quelle “strutturate” di maggiori dimensioni da 250 sino a 500 addetti) generano quasi il 40% del nostro export. Se a ciò aggiungiamo che le grandi imprese oltre i 500 addetti a loro volta generano un altro 32% di export, possiamo renderci conto del fatto che il 72% circa delle esportazioni italiane è attivato da imprese con più di 50 addetti, dunque non piccole. Ciò non significa che il contributo delle imprese più piccole alla nostra economia non sia importante. Per più ragioni. Innanzitutto perché comunque un 28% delle esportazioni complessive italiane proviene da una moltitudine di piccole imprese: 175 mila “formiche” che laboriosamente contribuiscono al risultato globale. In secondo luogo, perché in molti settori manifatturieri tipici del “made in Italy” (tessile, legno, mobile, calzature, orafo) il contributo all’export delle imprese con meno di 50 addetti sfiora o supera il 40%. In terzo luogo, perché molte piccole imprese, pur non esportando o

Marco FortisLaureato in Scienze Politiche pres-so l’Università Cattolica di Milano, dove attualmente insegna Econo-mia Industriale e Commercio Este-ro, Marco Fortis è responsabile della direzione Studi Economici di Edison Spa, Vicepresidente della Fondazione Edison e Vicepresiden-te del Comitato Scientifico della Fondazione medesima. Ha pubblicato numerosi saggi ed articoli, in Italia e all’estero, sui temi dell’economia italiana, dell’in-dustria, dei distretti industriali e del commercio internazionale.

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di Marco Fortis

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deve essere loro garantito innanzitutto un regolare flusso del credito. Affinché il nostro settore produttivo non debba pagare due volte il prezzo delle follie della crisi mondiale dei mutui subprime e dei derivati, di cui noi non ha alcuna colpa.

fondamentale per il nostro Paese. Nel corso di questa grave crisi mondiale deve essere per l’Italia come una sorta di “linea del Piave”, per usare le parole del direttore di Confindustria Maurizio Beretta. Perciò, il made in Italy e le sue PMI non devono essere lasciate sole e

esportando pochissimo, contribuiscono al successo delle medie e grandi imprese esportatrici in quanto loro sub-fornitrici. Il settore manifatturiero, con la sua dotazione in PMI, è una risorsa

Export del made in Italy: un “asset” da preservare.

< Segue da pag 1

Si è svolta a Roma, il 18 novembre, l’Assemblea di Federexport, l’associazione appartenente al circuito confindustriale che dal 1974 rappresenta la rete dei consorzi export attivi sul territorio nazionale. La Federazione associa oggi oltre 120 consorzi export che complessivamente contano più

di 4.500 imprese, 80.000 addetti e realizzano 28 miliardi di euro di fatturato.Un forte richiamo al governo per sostenere l’internazionalizzazione è stato espresso dal Presidente della Piccola Industria, Giuseppe Morandini, che ha aperto i lavori con la consueta verve che lo contraddistingue: “La politica dovrebbe imparare a considerare le vendite all’estero come una vittoria in trasferta,

vittoria che vale il doppio. L’export è un patrimonio che va tutelato’’. “Un asset da preservare”, nelle parole del Presidente di Federexport, Gianfredo Comazzi, soprattutto in un momento di difficoltà dell’economia a livello mondiale e di contrazione della domanda internazionale.

La risposta a fenomeni così complessi, sostiene sempre Comazzi, può essere ricercata da una parte in un forte sistema di governance che permetta di affrontare la concorrenza e di articolare in ambito europeo più attente politiche commerciali; dall’altra nella ricerca e nello sviluppo dell’aggregazione per superare il limite dimensionale tipico della nostra realtà produttiva.Una delle forme di aggregazione di maggior successo si conferma essere quella dei consorzi export, che riescono a moltiplicare l’impatto dei singoli sforzi sul mercato attraverso puntuali interventi organicamente diretti a supportare l’operatività delle PMI all’estero.Tra gli ostacoli che frenano l’accesso di imprese italiane ai mercati internazionali, oltre al fattore dimensionale, vi sono “il problema del credito e la debolezza strutturale che riguarda il metodo frammentato con il quale l’Italia si presenta all’estero, con conseguente dispersione di risorse preziose.”Un tema, questo, toccato anche dal sottosegretario allo Sviluppo Economico Adolfo Urso che, nel

corso del dibattito, ha ricordato con rammarico la bocciatura nel 2006 della riforma costituzionale che avrebbe consentito il ritorno delle competenze in tema di promozione internazionale delle imprese al governo centrale, ponendo quindi un argine al dilagare da alcuni anni della “regionalizzazione”

delle politiche attuate in questo settore, che sta tra l’altro causando persistenti difficoltà alla programmazione dell’attività di molti consorzi, specie in Lombardia.Alla Tavola rotonda, moderata da Paolo Bricco del Sole 24Ore, hanno preso parte anche Augusto Strianese, Vicepresidente di Assocamerestero, Paolo Zegna, Vicepresidente di Confindustria, e Marco Fortis, Presidente della Fondazione Edison, che ha fornito brillanti spunti a sostegno della vitalità del solido patrimonio manifatturiero italiano, in rapporto all’artificiosità di quelle spregiudicate operazioni finanziarie che sono alla base dell’attuale crisi globale (si veda al riguardo, tra l’altro, l’articolo pubblicato in prima pagina).

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Di seguito, presentiamo il calendario delle manifestazioni a cui le aziende associate al Consorzio hanno finora programmato di partecipare nel corso del 2009, avvalendosi del supporto di Lodi Export, che assicura agevolazioni ed abbattimenti sui costi, in funzione delle disposizioni stabilite dalla normativa vigente. Ricordiamo che il programma può essere ancora integrato, in base ad eventuali richieste provenienti dalle aziende del territorio. Per maggiori informazioni, si prega di contattare gli uffici del Consorzio.

AGRICOLTURA E ZOOTECNIA

Agrilevante (Bari, 8/10 ottobre)

Fiera del Bovino da Latte

(Cremona, 22 /25 ottobre)Agritechnica

(Hannover: 11/14 novembre)

ALIMENTARE

Vinitaly (Verona, 2 - 6 aprile)

Tuttofood (Milano, 10 - 13 giugno)

Anuga (Colonia, 10 – 14 ottobre)

Cibus Tec (Parma, 27 – 30 ottobre)

Fiere internazionali 2009CARTA, STAMPA

Paperworld (Francoforte, 31 gennaio – 3 febbraio)

Grafitalia / Converflex(Milano, 24 – 28 marzo)

Ifra (Vienna, 12 -15 ottobre)

EDILIZIA E ARREDAMENTO

Made Expo (Milano, 4 – 7 febbraio)

Euroluce (Milano, 22 – 27 aprile)

Host (Milano, 23 - 27 ottobre)

Saie (Bologna, 28 – 31 ottobre)

MATERIE PLASTICHE

Plast (Milano, 14 – 18 febbraio)

sas di Buttà Francesco & C.26900 LODI - Via Lodivecchio, 390371 417281 - [email protected]

GRAFICAPUBBLICITÀPROMOZIONEMARKETING

MECCANICA, ELETTROMECCANICA E

METALMECCANICA

Promat (Chicago, 12 - 15 gennaio)

ISH (Francoforte, 10 -14 marzo)

Autopromotec (Bologna, 20 – 24 maggio)

Metec (Dusseldorf, 23 – 25 giugno)

Schweissen and Schneiden

(Essen, 14 - 19 settembre)

Equip’ Auto (Parigi, 13 - 18 ottobre)

The Big 5 Show (Dubai, novembre)

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Venerdì 19 dicembre 2008Sala Congressi del Parco Tecnologico Padano

Piazza Einstein, Lodi

Nuovi equilibri mondiali nell’economia che cambiaQuale riposizionamento per il Sistema Italia?