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Luca Basilico Interview on 6:00AM

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Ho conosciuto Luca meno di dieci anni fa, ma avrei voluto conoscerlo prima.

Non saprei come introdurre il personaggio Luca Basilico al popolo degli skateboarder,

del resto credo che lui un’introduzione non la necessiti.

Questa è l’intervista più sentita, più difficile e più importante che mi sia capitato di

pubblicare da quando porto avanti il progetto 6:00AM...

Per quanto mi è stato possibile ho cercato di mettere in difficoltà Luca sugli argomenti

più delicati, quelli su cui tutti gli skateboarder d’Italia vorrebbero interrogarlo.

Le sue risposte sono qui di seguito, spero vivamente che tutti le leggano e che possano

essere utili per conoscere, capire ed eventualmente criticare meglio la scena.

Luca Basilico anno 2012 come si dice: still rip-pin’. Cosa mi racconti del tuo presente?So far so good... come si dice. Non ho di che lamentarmi. Skateo più che posso, lavoro, leggo, mi informo, pago un mutuo.

Fai parte di quella che io definisco la seconda generazione degli skateboarder italiani, è cor-retto? Mmmh. No, mi sa della terza. La prima generazione è quella della fine degli anni ‘70 quella di Bonassi, Nelzi, Contati. Poi c’è stata quella di metà anni ‘80 con Ge-ppo, Alfani, Cecchini, Leoncini. Io sono figlio della terza generazione. Classe 1989, quella di Trashing Corsa al Massacro. Pare funzioni così: ogni 5 anni c’è una nuova infornata di skater.

Quante volte skatei alla settimana?Ora?!? Diciamo il più possibile. D’inverno un paio di volte, d’estate, quando posso uscire dall’ufficio ed andare a farmi una ‘session aperitivo’, un giorno sì ed uno no. Cerco di prendermi sempre un giorno di pausa tra una skateata e l’altra, così da non stressare troppo le mie articolazioni.

La tua situazione fisica? Ginocchia, gomiti, schi-ena?Beh insomma... ho skateato senza soste (e con una certa fotta) per 23 anni, sarebbe un po’ utopistico pensare di non avere problemi fisici. Il mio problema maggiore sono le ginocchia: ho i crociati anteriori che nelle RMN non si vedono, potrebbero essere rotti o quasi. Il menisco del ginocchio destro è estruso (esploso), ho le cartilagini consumate ed un principio di sofferenza ossea. Questo tre anni fa... l’ultima volta che ho preso una storta e ho pensato di farmi operare. Dopo gli esami e le im-pegnative sono passati circa cinque mesi per la chiamata all’intervento, a quel punto stavo già skateando senza grossi problemi e ho scelto di non fare nulla ed andare avanti così. Vado regolarmente in palestra, controllo il mio peso, alleno bene i muscoli che mi servono per irrubustire il ginocchio. Insomma, con un po’ di disciplina ed evitando le pratiche più cruente, come gap e rail, skateo senza problemi. Del resto gap e rail a trentasei anni anche no: ci sono così tante altre cose da fare con uno skateboard!

parole Alessandro Redaelli FOTOGRAFIA Osde

LUCABASILICO

L’INTERVISTA

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“Se non lo hai mai provato in prima persona, se non conosci esattamente quello di cui stai parlando, se sei fuori dal contesto: stai ZITTO ed impara prima di parlare.”

BS SMITH GRIND

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La tua passione per i documentari sul fas-cismo e dittature varie mi inquieta. Puoi parlarmene?Mi piace studiare in generale. Al di là di quanto ho studiato all’università, Scienze Biologiche, ho sem-pre avuto una gran passione per la storia contem-poranea, che è quanto più direttamente ha avuto influenza nel mondo in cui vivo. Mi piace capire i meccanismi e le ragioni dei fatti di attualità, ciò è possibile solo studiando la storia degli ultimi due secoli. I totalitarismi come il Fascismo (ma non solo quello) sono un argomento di studio interes-santissimo e tra l’altro, parlando di documentari, grazie all’Istituto Luce, è anche uno dei più ricca-mente documentati in video.

La cosa più importante che hai imparato nella tua carriera di skater e addetto ai lavori?Dalla vita vorrai dire... se non lo hai mai provato in prima persona, se non conosci esattamente quello di cui stai parlando, se sei fuori dal contesto: stai ZITTO ed impara prima di parlare. Io cerco di fare così.

Le tue grandi fonti di ispirazione: skate-boarder, company e skateboard media.Ho sempre avuto grandissime difficoltà ad individu-are un ‘migliore’, un ‘preferito’, soprattutto nello skateboarding. Non fosse altro che col passare de-gli anni mi sono reso conto che i miei giudizi sono spesso stati dettati dall’entusiamo o dall’angoscia del momento. Magari anche un momento lungo, ma sempre a tempo determinato. Non ho parti-colare passione per le aziende, nè per i media... che sono anch’essi aziende. Entrambe sono solo un’espediente per fare profitto. Preferisco le persone e mi piacciono le idee, ancora più delle persone... quelle sì che sono interessanti e mi ispiarano.

Hai visto il mondo dello skateboard ital-iano crescere quasi dall’anno zero: che opinione hai della scena italiana nel 2012?Da sempre abbiamo un solo e semplice problema: vediamo lo skateboarding italiano, la scena, come se fosse un ‘Hotel’. Guardiamo fuori dai nostri con-fini con invidia perchè ‘loro’ hanno un 5 stelle di lusso con piscina. Poi ci chiudiamo in un lamento infinito perchè alberghiamo in uno scantinato puzzolente. Il fatto è che se la scena è un Hotel gli skater non sono gli ospiti che ci albergano, bensì i muratori che DEVONO costruirlo. Tutti si lamen-tono cercando un colpevole e nessuno si rende conto di non aver mai fatto nulla per cambiare ciò che non va. Gli skater pensano esista un’ ‘entità terza’ che

costruisca ‘le scene’ e poi decida a chi dare lo skatepark di Malmo e a chi quello di Gratosoglio... fino a quando non cambierà questo, con le dovute differenze dettate dall’epoca, la storia sarà sempre la stessa. Mi chiedi come è lo skateboarding ital-iano? Sempre come ce lo siamo meritato!

Lo skateboarding ha di recente visto il nuo-vo prepotente ingresso delle multinazionali ‘esterne’ nel buiz, Nike, Adidas ed i vari energy hanno assunto un ruolo importante: qual’è la tua visione delle cose al riguardo?Sebbene dal nostro punto di vista italiano non ap-paia, lo skateboarding è mainstream. Le dimensioni ed i numeri del fenomeno sono tali per cui le multinazionali entrino nel gioco, o meg-lio: se lo comprino. La realtà è che mano a mano che lo skateboarding cresce si crea dello spazio affinchè possano coesist-ere tutte le realtà che lo compongono. La faccia pulita di Ryan Sheckler può convivere con i political uncorrect di Ben Raybourn. Gli esperi-menti e l’attitudine DIY di Pontus Alv con gli skate-park da sogno costruiti e distrutti in una settimana per gli X-Games. Le company super ‘glossy’ come Element e quelle HC come Bacon Skateboards. Gli skater che vivono di contest e quelli che cam-pano facendo una video part ogni due anni... nello skateboarding c’è posto per tutto, basta decidere dove stare. Certo un tempo era più facile... c’era un pensiero dominante ed il 90% degli skater seguiva il flusso: ora la gente è messa in condizione di scegliere, il che è un bene. Le multinazionali hanno assunto un ruolo im-portante? Dipende cosa chiedi allo skateboard-ing, certo se vuoi essere sponsorizzato o entrare nell’elite di quanti campano di skateboarding allora sì, devi imparare ad averci a che fare e può non essere piacevole. Trattandosi però di profession-ismo ti domando quale lavoro non ha dei risvolti sgradevoli? Credo nessuno. Non volete scendere a compromessi con lo skate-biz? Compratevi le tavole, pagatevi le skateshoes e andate a lavorare per guadagnarvi da vivere. Poi uscite ed andate a streettare con gli amici che è la cosa più bella e pura dello skateboarding. È semplice no? Generalmente quando si pensa allo skateboard e alle multinazionali la gente pensa a Nike, Adidas e Red Bull senza sapere o ammettere che ormai i marchi noti sono per il 70% corporate. Vans, Volcom, Quiksilver, Globe & Dwindle, Ele-ment, Plan B, Zoo York, Alien e Habitat sono quo-tati o di proprietà di aziende quotate in borsa. Il punto non è chi è il proprietario, ma piuttosto cosa fa di buono un marchio per gli skater.

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WALLRIDE FEEBLE GRIND POP OUT

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Dal 1989 ad oggi hai ricoperto qualunque ruolo nel nostro mondo e ad oggi sei una delle poche figure professionali che gravitano intorno allo skateboarding italiano, che cosa significa essere un professionista nel mondo dello skateboarding?Una delle poche? Non direi. In Italia ci sono non meno di cinquanta skater che in qualche modo traggono il proprio vivere dallo skateboarding. Country manager, marketing manager, proprietari di negozi, distributori, proprietari di vari brand di abbigliamento, costruttori di rampe, fotografi, team manager, agenti di commercio, editor, organizzatori di eventi, istruttori di skateboard, gestori di skatepark. Io semplicemente lo faccio da più tempo di molti, ho fatto tante cose diverse e spesso sono stato più in vista proprio per i ruoli che ho ricoperto. Che cosa significa per me? Guadagnarsi da vivere facendo un mestiere che mi piace. La concezione DEMENZIALE e tutta italiana è che sia sbagliato guadagnare soldi con lo skateboarding, come se uno, guadagnadosi il pane con lo skateboarding, stesse con-taminando la presunta purezza di quanti lo skateboarding lo praticano e basta. Guadagnarsi i soldi con lo skateboard è uguale a farlo con qualsiasi altro mestiere: se sei capace di fare il tuo lavoro, se il tuo lavoro serve a qualcuno, se qualcuno potrà gua-dagnare a sua volta dal lavoro che tu fai... allora ci paghi le bollette. Diversamente devi cercarti un altro lavoro. Nessuno ti regala nulla a questo mondo.

Che cosa significa essere un pro skater nell’Italia 2012?Significa da sempre la stessa cosa in tutto il mondo: pre-stare la propria immagine affinchè qualcuno possa guadag-nare più soldi di te, per poi dartene una parte. Se compra la tua immagine e non guadagna abbastanza, sei col culo a terra, per questo è necessario salire un pò di gradini nella scena internazionale, prima di poter veramente essere PRO. E con questa la poesia del ‘guadagnare i soldi facendo quello che amo’ la archiviamo...

Visto che hai fondato e diretto la ‘rivistaccia’ su cui stiamo scrivendo, cosa ne pensi della situazione degli skateboard media italiani?Pessima e su più fronti. Per quanto riguarda la carta per qualche motivo malsano, fatta l’eccezione di SIX, stiamo tornando all’incubo del FREE PRESS che è la cosa peggiore possibile. Te lo dice uno che è proprio da li che è partito, con Wimpy nel 1997. Il fatto è che un tempo si facevano i Free Press perchè andare in edicola costava troppo. Oggi si fanno i Free Press perchè diversamente nessuno comprereb-be riviste di pessima qualità pagandone il prezzo di coper-tina. In questo modo si lascia che siano gli inserzionisti non solo a pagare il conto ma anche a decidere “il menù”.Mentre la credibilità (e la diffusione) della carta è in pic-chiata, sul web non esistono alternative valide. I siti italiani sono fermi alla griglia di partenza e stentano a fornire un’alternativa autorevole alle riviste. Apri Skatemap, Skate-board.it e SkateOn e ti trovi davanti ad un mero digest di

notizie e video prese dal web e dai lettori. Fotografi e filmer sono dispersi in mille blog inutili. Tutti fanno tutto part time e nessuno pare avere i coglioni per mettere in piedi un progetto al passo coi tempi. La buona parte degli importatori fa pubblicità sulla carta perchè è costretta dalle case madri e su internet investe timidamente per i motivi di cui sopra... gli unici a fare buoni affari in questo momento sono Google e Facebook ed è gius-to che sia così, almeno fino a quando gli skater piagnucoloni non si sveglieranno e coglieranno l’occasione di creare un media nuovo e valido. Ce n’è bisogno.

Diciamo che la scena italiana non è mai stata avara di critiche nei tuoi confronti, mi piacerebbe che tu parlassi senza remore delle problematiche che si incontrano nell’avere a che fare con i diversi ‘gruppi’ e scuole che si sono create nella storia dello skateboarding italiano.C’è stato un periodo in cui mi curavo di quello che la gente scriveva su internet... e rispondevo pure. Poi un bel giorno ho imparato a cliccare ‘chiudi finestra’ invece che perdere tempo e farmi cattivo sangue. Sono la persona più ‘raggiun-gibile’ della scena italiana, sono spesso in giro a skateare o organizzare eventi, trovare la mia email o un numero di telefono a cui rispondo è molto semplice. Se c’è qualcosa che vi ho fatto o che va di dirmi, tirate fuori le palle e fatelo, sono pronto a discutere su qualsiasi argomento.Il fatto è che per molti è più semplice fare la bella faccia quando ci si incontra o poi sparlare dietro alle spalle... In ogni caso: Fate Vobis.

Personalmente non ho apprezzato tutti i lavori che hai fatto come park constructor ma ammetto di non sapere molto di come, nei fatti, si arrivi alla finalizzazione del progetto di uno skatepark. Quali sono le difficoltà che si incontrano nel costruire un park in Italia?Sono diventato un park constructor? Non lo sapevo! Vedi come si fa in fretta a fare carriera?!? E magari c’è in giro pure la leggenda che guadagni decine di migliaia di euro costruendo skatepark... ahaha! La realtà è un altra. Da quattro anni circa faccio da consulente a Concrete Skate-parks, per intenderci l’azienda che fa i moduli con cui sono costruiti Parco Lambro, Cesena, Vicenza. Quando vengo chiamato in causa, il che non è il 100% delle volte, il mio ruolo è quello del ‘mediatore culturale’: faccio in modo che politici, architetti, ditta appaltatrice, Concrete, importatore, agenti di commercio e skater comprendano le reciproche necessità e si arrivi con il miglior compromesso possibile alla realizzazione di uno skatepark. Salvo casi RARISSIMI io non mi occupo nè di progetti nè ovviamente di costruzi-one. Lo skatepark di Cesena è un progetto di Marco Morigi, quello di Vicenza è un progetto Concrete sviluppato con gli Zucka, la bowl di Corsico è un progetto di Andrea Paulicelli e Claudio Bernardini, le nuove strutture di Trieste sono state scelte direttamente dagli skater, alcuni park come Parco Lambro, Area Motta, Cinecittà e Cesano Maderno

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sono stati progettati prima che io e l’attuale im-portatore lavorassimo con Concrete. Gli unici park dove ho ‘progettato’ io sono stati Seregno, Vittorio Veneto (che per ora è stato costruito solo a metà) e per ultima la skate plaza di Milano Chiarella... giusto per chiarezza. Il solo fatto che serva il ‘me-diatore culturale’ ti da un’idea di quante possano essere le difficoltà connesse alla realizzazione di uno skatepark.

Hai recentemente seguito la costruzione di un nuovo skatepark a Milano, una vasta parte degli skateboarder milanesi, me compreso,pensano che non sia quello di cui la città aveva bisogno: Milano è completa-mente sprovvista di una bowl in cemento fatta con criterio che abbia delle belle linee, non esiste uno skatepark che abbia uno stair set completo e di giusta dimensione nel raggio di molti chilometri. Non pensi che sia dannoso per la crescita del livello? Ah si?!? Io invece pensavo fosse lo skatepark più bello del mondo... sai volevo costruire la Combi Bowl con di fianco Stoner Plaza... Ma sai com’è, sono un mongoloide e gli skater mi stanno sul cazzo, di conseguenza mi sono limitato a fare il park così com’è... Ale, ma ci stiamo prendendo in giro? Per quale motivo la gente parla senza sapere quello che dice? Credete che i park ‘della vita’ si mate-rializzino nelle città del mondo per illuminazione divina di architetti e pubblica amministrazione? NON FUNZIONA così. La colpa nel 90% delle volte sta nell’inettitudine e dell’abulia degli skater. Per ottenere un park come dici tu, con tutto e tutti contenti, bisogna fare un lavoro di questo genere: costituire un comitato/associazione pro skatepark, fare richiesta all’aministrazione pubblica, trovare alleati a livello politico e civile per esercitare la pres-sione, individuare insieme al politico i cospicui fondi necessari all’opera, condividere le proprie richieste progettuali con l’architetto incaricato, esercitare tutta la pressione necessaria affinchè l’architetto accetti le richieste progettuali, collaborare nella scrittura della gara d’appalto in modo che tutti i dettagli costruttivi vengano PER FORZA rispettati dall’azienda che costruirà il park, per ultimo bisogna vigilare pedestremente affinchè il progetto venga re-alizzato nel modo corretto; se manca anche solo uno di questi passaggi non ti si materializza la Stoner Plaza e nemmeno la Combi Bowl. Non sto dicendo cazzate: è così che funziona, dav-vero. Il processo che in tutto il mondo porta ai risul-tati OTTIMI che conosciamo è questo. Ti faccio una domanda io: dove sono gli skater di Milano? Cosa sta facendo la loro associazione? Mi pare si possa smettere di parlarne. Per chiudere su Milano Chi-arella, a metà dicembre l’impresa incarica dei lavori

chiama l’agente Concrete, vado a fare il sopralluogo lunedì e la commitenza mi chiede entro il venerdì un progetto ed un offerta, diversamente l’architetto del Comune avrebbe proseguito per la propria via. Lo stato di fatto era una vecchia pista di pattinaggio ed il budget risicatissimo per un area così grande, in più ad aggravare il contest c’era l’imposizione di avere per forza una minirampa. Non c’era tempo quasi nemmeno per progettare... figuriamoci per aprire un dibattito pubblico. Ho fatto il meglio che potevo nei limiti di budget e progettuali imposti, questa è la vita, bamboli: compromessi, compromessi, compromessi. Al di là di tutto credo sia un park divertente, alla portata di tutti ed in grado di far imparare, divertire e far cres-cere un sacco di skater... staremo a vedere.Volete lo skatepark definitivo? Non era e non poteva essere questo, alzate il culo e guadagnatevelo... non lo hanno mai regalato a nessuno!

Alcuni parlano di ‘skatemafia’ quando par-lano del tuo lavoro, sostenendo che tu sia sempre il primo ad arrivare ai budget delle aziende, incanalandoli nelle tue attività: cosa rispondi?Ancora con sta minchiata? Nel corso della storia non mi pare non ci siano stati altri organizzatori di contest, altri siti, altre riviste, altri distributori. I ragazzi di Aneema non erano daccordo su come io e Marco Morigi gestivamo il CIS? Hanno organiz-zato il Break Ya Deck! A Vans non andava più di sponsorizzare il CIS? Ha organizzato la Vans Cup. I ragazzi di Skatemap volevano aprire la propria dis-tribuzione? È nata Mayday! Non è mai stato trovato un accordo perchè skateboard.it passasse all’editore di 6:00AM? È nato Skate On. Non mi pare nessuno glielo abbia impedito, anzi, tante aziende li hanno supportati coi propri budget. Chi deve investire nello skateboarding si affida a chi gli pare. Nessuno ha un diritto di prelazione sui budget e io ho semplice-mente una credibilità che ho costruito in 15 anni di attività. Volete una fetta della torta? E chi ve lo vieta, però guadagnatevela lavorando anche voi... PRETENDERLA NON BASTA!

Hai di recente intrapreso la direzione della federazione che si occuperà dello skate-boarding in Italia. Quali sono gli obiettivi di FIHP?Non capisco la domanda. O meglio... se capisco quello che mi chiedi sei fuori strada. Non è lo skateboard che va verso la Federazione CONI ma viceversa. La FIHP, come tutte le federa-zioni sportive, ha lo scopo di organizzare e disciplin-are lo svolgimento dell’attività agonistica dello sport di cui è mandataria. Ci tengo a farti notare che si parla solo di agonismo.

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“Volete lo skatepark definitivo? Alzate il culo e guadagnatevelo... non lo hanno mai regalato a nessuno!”

FS OLLIE

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LIEN AIR

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Vale a dire di gare. E non tutte le gare, ma solo e semplice-mente quelle interne ai confini FIHP. La scelta di aderire alla federazione è libera sia per gli skater che per chi orga-nizza le gare. In genere colgo un sacco di allarmismo negli skater. Come se la federazione fosse questo orco cattivo che arriva per stuprare le anime pure degli skater; in realtà la federa-zione non è un Golem che agisce con un istinto e degli scopi pre determinati, la federazione è un organismo fatto di persone. Sono le persone che decidono cosa e come la FIHP farà. Al momento la commissione skateboard è diretta da me ed al suo interno ci sono SOLO skater: siamo noi a decidere le nostre regole. Molti mi dicono: “ehi da quando il CIS è passato alla FIHP non è che sia cambiato questo gran che”. Questa non è una cosa negativa, anzi, è la riprova che tutto è realmente in mano agli skater. Spetta ora a noi imparare ad utilizzare gli strumenti e le potenzialità della federazione (che sono

TANTE!) per poter dare una svolta. Ti parrà strano ma... alla fine... ancora una volta: dipende degli skater.

Perchè ritieni che sia utile allo skateboarding ital-iano essere rappresentato da una federazione?Lo skateboarding italiano è cosa ben più complessa di quanto la federazione possa e debba rappresentare. La FIHP è solo un tassello del puzzle: quello dei contest... e nemme-no tutti. Certo poi nel proprio operato, sempre in relazione all’attività ‘agonistica’, la federazione nazionale può inter-essare ‘tematiche’ correlate molto importanti. Alcune di queste, come la costruzione di skatepark e l’insegnamento dello skateboarding, sono cose che, debitamente gestite, faranno l’interesse di TUTTI gli skater italiani. Il riconos-cimento CONI della figura dell’insegnate di skateboard permetterà presto agli skater di lavorare insegnando ai kids le basi dello skateboard, senza dover arrangiarsi come mille lavoretti per stare in piedi. La definizione di quale siano i

canoni che la FIHP ritiene necessari per omologare uno skatepark potrebbe evitare tanti aborti di cui si sta riem-pendo l’Italia. Questo solo per darti un idea...

Ho da un po’ maturato la convinzione che la scena italiana andrebbe ‘svecchiata’, ovvero: le nuove generazioni, se giustamente motivate fanno meglio di noi con meno sforzo. Che ne pensi?Avendo voglia... sì. Potrebbero fare meglio di noi. La dif-ferenza tra ‘Ppotrebbero fare’ e ‘fanno’ sta nel verificarsi o meno dell’azione. Per quanto mi riguarda valuto solo i fatti, non le potenzialità. Per il momento sono solo tante chiacchiere. Sarei lieto se qualcuno mi dimostrasse il con-trario. Davvero... provateci cazzo.

Cosa ti piace e cosa non ti piace di ciò che lo skateboard e gli skateboarder mondiali sono oggi?Mi piace il fatto che siano cadute molte barriere ideo-

logiche che un tempo spaccavano lo skateboarding. Non mi piace l’attitudine di Jake Phelps, Thrasher Maga-zine e con essi tutti i mentecatti in stile Shake Junt, Baker e via di seguito. Spingono i kids a sballarsi invece che a skateare... boys: vi pigliano per il culo! I boss delle company che scimmiottate stanno lindi e puliti nelle loro ville in California ad incassare i vostri soldi men-tre voi buttate via gli anni migliori del vostro skateboarding sballandovi come idioti. La cosa brutta è che ve ne accorgerete SOLO quando non avrete più tutti i pomeriggi e le estati libere per skateare. Non sono un santo, le ho fatte anche io, e qualcuna la faccio ancora, ma lo skateboarding è sempre venuto PRIMA e così sempre sarà.

Hai un tuo messaggio da dare ai lettori di 6:00AM?Osservate. Studiate. Imparate. Provate. Fallite. Riuscite. Parlate.

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