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Come pregano i buddisti? La gioia di annunciare Cristo Un mondo senza amore? I giovani e la fede La legge di Stabilità Famiglia e vocazione La crisi in Siria Luce Serafica Camminare assieme per il bene della città Camminare assieme per il bene della città Camminare assieme per il bene della città Numero 3/2013 - Trimestrale - Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in abbonamento postale - D.L.353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 2 - CNS/CBPA/sud/BENEVENTO/109/2007

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Luce Serafica Camminare assieme per il bene della città La mia terra è avvelenata

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Come preganoi buddisti?

La gioia di annunciare Cristo

Un mondosenza amore?

I giovani e la fede

La legge di Stabilità

Famiglia evocazione

La crisi in Siria

Luce Serafica

Camminare assiemeper il bene della cittàCamminare assiemeper il bene della cittàCamminare assiemeper il bene della città

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La gioia di annunciare Cristo

Come preganoi buddisti?

La gioia di annunciare Cristo

Un mondosenza amore?

I giovani e la fede

La legge di Stabilità

Famiglia evocazione

La crisi in Siria

Luce Serafica

Camminare assiemeper il bene della città

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La gioia di annunciare Cristo incompagnia di Francesco è il titolodel progetto quadriennale che noi

Frati Minori Conventuali della Provin-cia religiosa di Napoli e Basilicata inten-diamo portare avanti in seguito alleultime decisioni del Capitolo provin-ciale. Mentre organizziamo le nostrecomunità e riprendiamo a pieno ritmole attività pastorali, il mondo va avantida solo e Dio continua a parlarci attra-verso i fatti della storia e le gesta digrandi uomini. Non ultimo, il ciclonepapa Francesco che, ad Assisi, lo scorso4 ottobre, ha parlato ai giovani della vo-cazione alla famiglia e dell’amore tra iconiugi che non può non essere fedelee per sempre, ossia durare tutta la vita.Abbiamo posto attenzione, in questonumero della Rivista, alla crisi sirianaed europea e al tema della fede, comepure all’impegno socio-politico che de-riva dal fatto di prendere sul serio ilVangelo. Il grido di denuncia in Cam-pania per la Terra dei fuochi ha visto inprimo piano i giovani e le parrocchie dimolte Diocesi dell’hinterland parteno-peo e casertano, come altresì dell’Ofs edi alcuni movimenti francescani e deiresponsabili dello “Spirito di Assisi”.Una fede adulta e matura non può nontener conto dell’impegno per la giusti-zia, la pace e la salvaguardia del creatoa partire dalle città che abitiamo.Salutiamo affettuosamente fra Paolod’Alessandro che lascia la direzione diLuce Serafica a fra Gianfranco Grieco,la cui esperienza in campo giornalisticoed editoriale è più che trentennale. La foto di copertina è di Raffaele Sardoed è tratta dalla manifestazione «ATERRA MIA» tenuta ad Aversa il 15settembre 2013.

P. Edoardo Scognamiglio, Ofm Conv.

Editorialedi Edoardo ScognamiglioFinestra sul mondodi Filippo SuppaIl Puntodi Michele GiustinianoPolitica-Economiadi Vienna IezziPsicologiadi Caterina CrispoCostume-Societàdi Carmine VitaleDialogo di Francesco CelestinoVoci di Chiesadi Boutros NaamanFamigliadi Gianfranco GriecoEticadi Vincenzo PagliaBibbiadi Giuseppina CostantinoTeologiadi Pietro De LuciaLiturgiadi Giuseppe FalangaPastoraledi Edoardo ScognamiglioMisticadi Raffaele Di MuroTestimonianzadi Domenico SportielloOrizzonte Giovanidi Luca BaseliceAsterischi francescanidi Orlando TodiscoSpirito di Assisidi Giambattista BuonamanoCronacadi Angelo PalumboArte di Paolo D’AlessandroMilizia dell’Immacolatadi Silvia CompassiProvincia-Newsdi Luca BaseliceDal Noviziatodi Loreto del PianoIn book La RedazioneEventiLa RedazioneCinema di Giuseppina CostantinoCucina di Nonna Giovannina

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In Siria è iniziata da un bel po’l’operazione di distruzione delleprime armi chimiche dell’arse-

nale siriano. Il compito affidato agliesperti dell’Organizzazione per laproibizione delle armi chimiche(Opac) è partito – secondo l'Onu – nelmigliore dei modi. Un funzionariodelle Nazioni Unite, sentito dall’Ansa,ha messo in chiaro che si è tratto sol-tanto di un primo traguardo, in unpercorso che sarà necessariamentelungo e che richiederà la coopera-zione di tutte le parti interessati, inmodo da poter arrivare nei tempi pre-visti e in modo efficace al traguardoprefissato.I lavori degli esperti in Siria stannocontinuando. Il lavoro non ha perora comportato la distruzione dialtro materiale, ma piuttosto la regi-strazione e la preparazione di rap-porti. Le autorità hanno preferitomantenere segreto il sito su cui si staal momento lavorando.Che fine hanno fatto le perentorie ri-chieste di quasi tutti i leader occiden-tali per la rimozione di Bashar El

Assad dalla presidenza della Siria?Come mai i vari Obama, Hollande,Cameron, che fino a poco tempo faapparivano decisi a contribuire all’ab-battimento del dittatore e volevanobombardare le sue basi militari perpunirlo dell’uso di armi chimichecontro la popolazione sono oggipronti a trattare con lui per una solu-zione politica della guerra civile, che,come ha detto il Segretario di StatoKerry, «preservi le istituzioni delloStato»? La risposta è semplice: nelleultime settimane la situazione in Siriaè cambiata e le parti si sono, in uncerto senso, invertite: accettando ladistruzione del suo arsenale di armichimiche e mantenendo poi puntual-mente gli impegni assunti – al puntodi meritarsi un pubblico elogio daparte dello stesso Kerry – Assad è di-ventato un partner affidabile.Nella prima metà di ottobre, la Mez-zaluna rossa siriana ha evacuato al-meno 3.500 persone da un quartieredi Damasco, da mesi assediato dal-l’esercito siriano. Donne e bambine,ha spiegato il portavoce dell’orga-

nizzazione, Khaled Erksoussi, sonostati portati in luoghi più sicuri. Illuogo teatro dell’assedio è alla peri-feria di una zona chiamata in araboMoadamiyet al-Sham. Sul fronte di-plomatico non si registrano signifi-cativi passi avanti. Anzi, il Consiglionazionale siriano, il gruppo più im-portante di opposizione al regime al-l’interno della Coalizione nazionalesiriana, ha deciso di non parteciparealla conferenza di pace Ginevra 2 eminaccia di ritirarsi dalla Coalizionese questa deciderà di aderire allaconferenza. La situazione politica inSiria resta molto precaria. Nelle ul-time due settimane ci sono statiscontri tra jihadisti e ribelli, adAleppo, e si sono registrati almeno70 combattenti morti, riferisce l’Os-servatorio siriano dei diritti umani.A fronteggiarsii sono stati i milizianidello Stato islamico di Iraq e Siria(Isis), affiliato ad Al Qaeda e formatosoprattutto da jihadisti stranieri, eun battaglione dell’Esercito sirianolibero (Esl) sostenuto dalla Coali-zione delle opposizioni.

FINESTRA SUL MONDO

di Filippo Suppa

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La crisi in Siria: Assad è diventatoun partner affidabile?

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Le lotte tra falchi e colombenei cieli del Pdl, i guizzi didelfini irrequieti, i soliti at-

triti tra capi e giannizzeri nel firma-mento pentastellato. Questi gliargomenti che hanno tenuto mag-giormente banco nel dibattito poli-tico italiano delle ultime settimane.Così, tra ornitologia, ittica e astrolo-gia partitiche, si è rischiato di farpassare in secondo piano la que-stione da cui fortemente dipendonoi destini futuri degli italiani e soprat-tutto dei loro portafogli: il varo dellalegge di stabilità 2014-2017. I testi sono stati continuamente rima-neggiati – talvolta più volte nell’arcodi una sola giornata – e per qualcunosono addirittura un mistero (Brunettaha dichiarato giorni fa di non aver maivisto alcun testo). Intanto, però, tra“paletti” europei, pressioni dei sinda-cati, di Confindustria e di Berlusconi,che non vuol sentir parlare neancheper scherzo di qualsivoglia aumento ditasse, al Consiglio dei Ministri del 15ottobre un testo è comunque statopresentato.Il premier Letta giura e grida ai quat-tro venti che quello architettato fi-nora e presentato al Cdm è soltantol’impianto di base: il resto lo co-struirà in parlamento l’ampia e va-riegata maggioranza.Ma intanto,cosa prevede questo testo? Che no-

vità apporta? Proviamo a fare un po’di chiarezza, enucleandone i puntisalienti.DIPENDENTI DELLA PUBBLICAAMMINISTRAZIONEIl blocco della contrattazione nelpubblico impiego viene confermatofino al 31 dicembre 2014. Gli straor-dinari vengono ridotti. Il turnoverviene bloccato fino al 2018.DIPENDENTI DELLE IMPRESELe imprese che aumenteranno il nu-mero di dipendenti con contratto atempo indeterminato potranno de-durre ogni anno fino a 15 mila europer ogni dipendente dal costo delpersonale. Inoltre, la contribuzioneaggiuntiva dell'1,4% sarà restituita atutti i datori di lavoro che trasforme-ranno contratti a tempo determinatoin assunzioni a tempo indetermi-nato.ENTI LOCALIPer Province e Comuni è previstauna deroga al patto di stabilità di unmiliardo di euro nel 2014: in questomodo i sindaci potranno spendereparte dei soldi che hanno in cassa. PENSIONISulle pensioni è previsto un doppiointervento: 1) Per le pensioni che superano i100mila euro è previsto un contri-buto di solidarietà pari al 5% appli-cato sulla parte eccedente i 100mila

euro e fino ai 150mila euro, mentreil contributo sale al 10% sulle pen-sioni che superano i 150mila euro eal 15% su quelle che superano i200mila euro2) Per il solo 2014, gli assegni pen-sionistici superiori a sei volte il trat-tamento minimo Inps (ovvero lepensioni superiori ai 3000 euro men-sili) non saranno rivalutati. BUSTA PAGASono previsti sconti sulle tasse inbusta paga per i redditi bassi emedio-bassi (ovvero tutti quelli in-feriori ai 55mila euro lordi annui). Abeneficiarne saranno soprattutto co-loro che percepiscono un redditoimponibile non superiore ai 15milaeuro all’anno: per tutti costoro è pre-vista una diminuzione dell’Irpef dicirca 170 euro all’anno, vale a diremeno di 15 euro al mese.IMMOBILI DELLO STATODal 2014 al 2017 si prevede di racco-gliere un miliardo e mezzo di euroattraverso la vendita di immobilidello Stato. Si comincerà a dicembrecon la vendita di un pacchetto dicirca 50-60 immobili alla Cassa de-positi e prestiti.CASSA INTEGRAZIONELa cassa integrazione in deroga vienerifinanziata con 330 milioni di europer il 2013.

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IL PUNTO

di Michele Giustiniano

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La crisi economica del 2008-2013 (chiamata anche granderecessione) ha avuto avvio nel

2008 in tutto il mondo in seguito auna crisi di natura finanziaria (origi-natasi negli Stati Uniti con la crisi deisubprime). Tra i principali fattoridella crisi figurano gli alti prezzi dellematerie prime (petrolio in primis),una crisi alimentare mondiale,un’elevata inflazione globale, la mi-naccia di una recessione in tutto ilmondo e per finire una crisi crediti-zia con conseguente crollo di fiduciadei mercati borsistici. Viene conside-rata da molti economisti come unadelle peggiori crisi economiche dellastoria, seconda solo alla Grande de-pressione iniziata nel 1929. Alla crisi finanziaria scoppiata nel-l’agosto del 2007 sono seguite una re-cessione, iniziata nel secondotrimestre del 2008 e una grave crisiindustriale (seguita al fallimento diLehman Brothers il 15 settembre perla crisi dei subprime) scoppiata nel-l’autunno dello stesso anno – di pro-porzioni più ampie che nella Grandecrisi – con una forte contrazionedella produzione e degli ordinativi. L’anno 2009 ha poi visto una crisieconomica generalizzata, pesanti re-cessioni e vertiginosi crolli di Pil innumerosi paesi del mondo e in spe-

cial modo nel mondo occidentale.Terminata la recessione nel terzo tri-mestre 2009, tra la fine dello stessoanno e il 2010 si è verificata una par-ziale ripresa economica.Tra il 2010 e il 2011 si è conosciutol’allargamento della crisi ai debiti so-vrani e alle finanze pubbliche dimolti paesi (in larga misura gravatidalle spese affrontate nel sostegno aisistemi bancari), soprattutto ai paesidell'eurozona (impossibilitati a ope-rare manovre sul tasso di cambio o adattuare politiche di credito espansivee di monetizzazione), che in alcunicasi hanno evitato l'insolvenza so-vrana (Portogallo, Irlanda, Grecia),grazie all’erogazione di ingenti pre-stiti (da parte di FMI e UE), denomi-nati “piani di salvataggio”, volti ascongiurare possibili default, a prezzoperò di politiche di bilancio forte-mente restrittive sui conti pubblici(austerità) con freno a consumi e pro-duzione e alimentazione della spiralerecessiva.La crisi non è finita. La situazionemigliora, ma il livello di guardia deverestare alto, soprattutto oggi chesiamo verso la fine del 2013. OlliRehn, vicepresidente della Commis-sione Ue responsabile degli Affarieconomici, ammonisce dai facili en-tusiasmi e durante un’audizione in

Italia, alla Camera, ha detto: «La si-tuazione sta migliorando, l’area del-l’euro sta arrivando al punto di svoltache attendevamo da tempo. È incorso un inizio di graduale ripresache speriamo si consolidi anzi acqui-sti slancio nei prossimi mesi dove do-vremmo vedere un miglioramentodell’occupazione, ma dichiarare chela crisi è finita sarebbe prematuro».Il commissario europeo ha poi para-gonato l’Italia alla Ferrari, entrambeincarnano «una grande tradizione distile e capacità anche tecnica ma perpoter vincere bisogna avere un mo-tore competitivo, bisogna esserepronti a cambiare, adeguarsi. L’Italiaè la terza economia per grandezza inEuropa e il suo motore di crescitanon può andare a basso regime, ilmotore ha bisogno di un’urgente re-visione, non si può perdere tempo apit stop, spero che l’Italia guidi condue mani sul volante e rimanga fer-mamente in pista». Al paragone traeconomia e Formula 1 replica LucaCordero di Montezemolo: «L’Italia èun Paese, come la Ferrari, forte ecompetitivo. Ma l’Europa, che dettale regole, non deve coltivare il mitodel rigore quando è fine a se stesso.Perché di troppo rigore si muore,come hanno ben capito tra gli altriGiappone e Stati Uniti».

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POLITICA-ECONOMIA

di Iezzi Vienna

A che punto siamo con la crisi economica in Europa?

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Le nostre relazioni interpersonali ci richiedono sem-pre più la capacità di accettare e gestire ciò che èdiverso da noi stessi: persone, valori, pensieri, cul-

ture. Questo inevitabilmente porta il conflitto in una po-sizione centrale nella nostra esistenza.Che cos’è un conflitto?Ma cosa s’intende per conflitto? Il conflitto è una crisi dellarelazione tra le parti in cui sono presenti una contraddi-zione di scopi e un disagio, una sofferenza. Esso è diversodal contrasto che è una crisi nell’ambito del contenuto diciò che viene detto. Alla base del conflitto vi è non solouna comunicazione non efficace ma anche una non ge-stione delle emozioni e dei propri bisogni.Spesso si pensa al conflitto sempre in termini negativi, maesso può avere anche una valenza positiva in facilità la co-struzione dell’identità e la maturazione psicosociale degliindividui. Gli effetti del conflitto di solito non dipendonodalla natura del conflitto (ovvero dai perché dei conflitti)ma dalla qualità della relazione entro cui hanno luogo.Questo vale in ogni ambito della vita sociale. Non è l’as-senza di conflitto a determinare il benessere. Anzi l’assenzatotale di conflitto di solito segnala appiattimento, paura re-ciproca, rancori nascosti, immaturità. Molto raramentel’assenza totale di conflitto è indice di totale accordo. Chipuò dire di essere sempre d’accordo con qualcuno? Quando non c’è conflitto (nel senso di visioni alternative)non c’è crescita nelle relazioni. Gli esiti del conflitto sonodi vario tipo. Un esito possibile è la completa sottomissioneall’autorità di qualcuno (uno cede ad un altro), un altro èil compromesso (tutti concedono qualcosa agli altri).Spesso, quando le persone non riescono a trovare in sé lacapacità di risolvere conflitti, si affidano alla mediazionedi un terzo. Altre volte la strategia è il disimpegno, unavera e propria fuga dall’ambito conflittuale (quieto vivere)che di solito porta ad esplosioni di conflitto ancora piùampio in un secondo momento. Numerose ricerche indi-cano come gli adolescenti preferiscano il compromessocome soluzione ai conflitti coi genitori mentre la sottomis-sione è ancora l’esito più frequente (soprattutto nella primae media adolescenza). L’arte del compromessoApprendere l’arte del compromesso è qualcosa di possi-bile. Innanzitutto va detto che il compromesso si attua at-traverso la concessione reciproca; tutti lasciano qualcosa

ma tutti guadagnano qualcosa. È proprio la sensazione pia-cevole di aver vinto tutti che fa sentire le persone bene eche permette di affrontare successivi conflitti senza ecces-sivi patemi. Ogni esito positivo a un conflitto accresce lecapacità di tutti di far fronte alle difficoltà della vita, au-menta la comprensione e l’accettazione reciproca, facilitala comunicazione ed aumenta l’intimità, l’interdipendenzae l’autostima. Il compromesso è un trovare quelle soluzioniintermedie che gratificano tutti sufficientemente. Di solitoè più facile trovare la semplice metà (o imporsi) ed infattinon tutte le persone imparano a gestire bene i conflitti percui tendono a risolverli in fretta perché i conflitti vengonoconsiderati pericolosi. Per questo si alimentano nuovi e piùaspri conflitti.I conflitti in famigliaQuesto è quello che succede in vari contesti e situazionima è sempre più frequente in ambito familiare e nella re-lazione di coppia. Di questi continui conflitti chi ne fa lespese sono proprio i figli. La conseguenza di tutto questo èmolto spesso la separazione che rappresenta un evento de-stabilizzante per l’intero nucleo familiare ed in misuramaggiore per un minore. Essa è un’esperienza dolorosa peril bambino, perché attacca la sicurezza del suo nido, e pro-prio per questo quando è possibile, è meglio evitargli taleesperienza. Però questo non significa vivere insieme per ilsuo bene, facendogli poi pagare la cosa in modo diverso:non più affettuosità tra i genitori, silenzi, indifferenze, lettio camere separate….La cosa più importante è rimuovere le difficoltà che sonoall’interno della coppia, magari anche con un interventopsicologico, quando è possibile, per il proprio benessere eper quello dei propri figli.In questa situazione di cambiamento i figli possono attra-versare un momento di confusione e di disordine emotivodovuto alla diminuzione del senso di stabilità e di sicurezza

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PSICOLOGIA

di Caterina Crispo

Come gestire i conflitti familiari?

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di fondamentale importanza duranteil percorso di crescita.Il quadro si complica quando la rela-zione tra gli adulti di riferimento èquotidianamente attraversata daun’elevata conflittualità, che pur-troppo, in non pochi casi, si esplica inrivendicazioni continue ed aggres-sioni non solo verbali. Spesso si sentono ragazzi parlare deigenitori che vivono insieme ma dor-mono in camere separate. I cosiddetti“separati in casa”, che restano insiemeper amore del figlio, ma anche per unaloro difficoltà a prendere una deci-sione dolorosa e difficile. In queste si-tuazioni i bambini, o meglio i figli, sisentono compressi, in più in quantonon appartengono al problema. Sa-rebbe, quindi, meglio che i genitori, inqueste condizioni, si separino inquanto non esiste piùQuali conseguenze?Quali possono essere le conseguenzedi una conflittualità non risolta e diuna separazione? un legame affettivotra loro e sono emotivamente distanti.È preferibile una chiarezza, soprat-tutto per i figli, che si può esplicarecon la separazione ma mantenendouna alleanza in quanto coppia di ge-nitori.Il tutto varia in base alla fase evolutivache i figli stanno attraversando, inquanto essa influisce sul modo di per-cepire gli eventi. Per un neonato lapresenza o l’assenza del genitore è vis-suta come totale: tutto o niente. In unbambino piccolo possiamo osservareuna regressione in alcune funzioni giàacquisite: bagnare il letto o balbettare,fare incubi notturni e difficoltà a dor-mire. Se il bambino è molto piccolo ela violenza si protrae nel tempo la suapersonalità viene rovinata dall’incapa-cità della mente del bambino di com-prendere i motivi delle crisi e degliattacchi, per cui il più delle volte ilpiccolo pensa di essere lui a provocarei diverbi. Il bambino in età scolare po-trebbe rifiutare la scuola o manifestareproblemi nell’apprendimento e nelprofitto scolastico, o manifestare ag-

gressività verso i coetanei, o ancoramanifestare sintomi psicosomatici(mal di pancia, mal di testa, ansia). Inquesta fase, poiché i bambini hannodifficoltà a comprendere il concetto dipassato e di futuro, in quanto vivonoil presente, bisogna presentare la se-parazione in modo più ovattato inmodo che non la vivano come turba-mento insanabile e definitivo. L’ado-lescente potrebbe invece chiudersi ariccio con fasi alterne di abbassamentodel tono dell’umore e momenti di ag-gressività. Potrebbe inoltre ostentareautonomia ed indipendenza o richie-dere attenzione attraverso comporta-menti antisociali (fughe da casa,piccoli furti, atti vandalici). In questafase dello sviluppo il gruppo dei paripuò acquistare grande importanza, so-stituendo addirittura la famiglia. Lacomprensione delle ragioni e delleemozioni alla base della conflittualitàe della separazione dei genitori arri-verà lentamente.I danni sui figli, in ambienti familiarifortemente conflittuali, riguardano lesensazioni di insicurezza e di impo-tenza. Il danno è sul piano della for-mazione della personalità, che vienesegnata dall’esposizione a minacce, in-timidazioni, dalla sensazione di man-cata protezione e di allarme continuo:questi bambini si sentono come sem-pre seduti su di una polveriera chepuò esplodere improvvisamente.La situazione dannosa peggiora se ilcontenuto dei conflitti tra i genitori ri-guardano il figlio, la sua educazione,le scelte che lo riguardano, poichéquesti comportamenti acuiscono in luiil senso di colpa.I bambini che sono coinvolti nei con-flitti di lealtà tra i genitori, che glichiedono di schierarsi contro l’altro oche vengono chiamati in causaquando un genitore minaccia di ab-bandonare il partner, vedono com-promesso il loro benessere emotivo. Inquesti minori si può osservare aspettidi eccessiva responsabilizzazione,adultizzazione e inversione di ruolo,cioè il bambino che assume il ruolo di

confidente e di protettore dell’adulto.Quando c’è un forte conflitto inter-personale in famiglia, tra amici, sul la-voro, si può anche arrivare adistruggere la relazione o a logorare ilrapporto; ma talvolta, per risolverecontroversie e dissapori non sempreserve la forza, può bastare essere per-suasivi, perché è meglio un reciprocovantaggio piuttosto che eliminarel’avversario del tutto.La gestione del conflittoLa gestione del conflitto vede en-trambe le parti uscire con un vantag-gio, una vittoria, senza combattere macollaborando. Per fare ciò sono fonda-mentali cinque momenti fondamen-tali.1) Analizzare il contesto, ovvero ca-pire da dove nasce il conflitto e qualisarebbero le conseguenze positive enegative, sullo stato di entrambe leparti in seguito alla vittoria di uno deidue.2) Essere creativi, e non fermarsi allaprima soluzione evidente, ma sforzarsidi immaginare scenari alternati vidicompromesso e collaborazione. Ov-vero se io ottengo questo, lui potrebbeottenere quest’altro e saremmo en-trambi soddisfatti.3) Non sprecare energie in inutili bat-taglie: fare un elenco dei risultati prio-ritari e quelli a cui si è disposti arinunciare può permettere di vederechiaramente le carte in nostro pos-sesso che posiamo giocare nel corsodella trattativa.4) Saper comunicare, non chiudersima aprire un canale di comunicazioneverbale e non verbale che riuscirà acreare una trattativa. La chiusura ina-sprisce il conflitto.5) Sfruttare punti di forza e di debo-lezza della controparte; attraverso unascolto profondo si possono prevederee aspettare i comportamenti dell’altro.Nei conflitti interpersonali significasapere prima dove l’argomentazionedella controparte si farà più accesa eavere già previsto la replica che la tra-sformerà in un boomerang per l’av-versario.

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Il telefono cellulare è ormai un og-getto d’uso presente tra i giovanie i giovanissimi. Come tutti i ge-

nitori sanno, il cellulare non è sola-mente un telefono, ma è unostrumento dotato di altre valenze tec-nologiche che ne rendono l’uso am-piamente vario e ricco (fotocamere,video, messaggistica, internet, ecc.)È facile, quindi, che i ragazzi, abituatia farne un uso continuo, se ne avval-gano anche durante le ore di lezione,con effetti negativi per se stessi e pergli altri.Come avviene ormai in quasi tutti iPaesi europei, anche in Italia l’uso delcellulare a scuola è vietato. Lo ha di-sposto il Ministro dell’istruzione conuna direttiva (cf. direttiva 15 marzo2007), impegnando tutte le istitu-zioni scolastiche a regolamentarel’uso a scuola, con esplicito divietodurante le lezioni.Il divieto di utilizzo del cellulare du-rante le ore di lezione risponde aduna generale norma di correttezza,perché l’uso del cellulare e di altri di-spositivi elettronici rappresenta unelemento di distrazione sia per chi lo

usa sia per i compagni. Ma l’uso,come ha precisato la direttiva mini-steriale, oltre che una grave man-canza di rispetto verso l’insegnante,costituisce un’infrazione disciplinare.Nei regolamenti di istituto sono pre-viste norme e regole relative al di-vieto di uso del cellulare, compresaquella del ritiro temporaneo del tele-fono, in caso di uso scorretto o senzacontrollo in mano a minori.Riguardo al sequestro, è bene preci-sare che la scuola non può trattenereil cellulare sequestrato oltre il ter-mine dell’attività didattica, ma, incasi di scorretto comportamentodell’alunno, può anche decidere direstituirlo direttamente ed esclusiva-mente nelle mani dei genitori. Insede di iscrizione i genitori sono in-vitati a informarsi presso la segreteriadella scuola sulle regole che il Consi-glio di istituto ha disposto per l’usocorretto del telefono cellulare ascuola. Resta inteso, come ha preci-sato anche la direttiva ministeriale,che nel caso in cui, durante lo svol-gimento delle lezioni, vi siano even-tuali esigenze di comunicazione tra

gli studenti e le famiglie, dettate daragioni di particolare urgenza o gra-vità, può esservi l’autorizzazione deldocente.La scuola deve, in ogni caso, garan-tire, come è sempre avvenuto, la pos-sibilità di una comunicazionereciproca tra le famiglie ed i proprifigli, per gravi ed urgenti motivi, me-diante gli uffici di presidenza e di se-greteria amministrativa.Nei casi di particolare ed estremagravità, in cui vi siano fatti di rile-vanza penale o situazioni di pericoloper l’incolumità delle persone, anchericonducibili ad episodi di violenzafisica o psichica o a gravi fenomeni di“bullismo” – ha precisato la direttivaministeriale – sarà possibile applicaresanzioni più rigorose che potrannocondurre anche alla non ammissioneallo scrutinio finale o all’esame diStato conclusivo del corso di studi. Ildivieto di utilizzare il telefono cellu-lare, durante le lezioni, vale ancheper il personale docente, come giàprevisto da una circolare ministeriale(cfr. Circolare n. 362 del 25 agosto1998).

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COSTUMEOCIETÀ

di Carmine Vitale

Il cellulare a scuolaIstruzioni per l’uso

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Che cos’è la preghiera per i buddisti? Come preganoi buddisti? Il desiderio celeste è preghiera. La pre-ghiera terrena proviene dal desiderio egoistico.

Ma, quando preghiamo per la pace e la felicità di tutti gliesseri senzienti, desiderio e preghiera sono una cosa sola,e questo desiderio è la base della nostra vita. Senza deside-rio, la vita terrena non ha nessun significato; la preghieraè la base della nostra vita religiosa. La nostra prima verapreghiera è quella di eliminare la nostra natura egoistica.L’oggi è il risultato della preghiera di ieri, e l’oggi è la causadelle preghiere di domani. Offriamo la nostra preghiera alfuturo, e questa preghiera viene ascoltata ed esaudita oggi.Pregando che ogni preghiera sia ascoltata ed esaudita, con-tinuiamo la grande preghiera.Ma ora dobbiamo chiederci: chi preghiamo, a chi offriamola nostra preghiera? La risposta è evidente per un buddista.

Guardandoci attornoSe andate in Giappone o in Cina, vedrete uomini e donneinginocchiati davanti a un’immagine del Buddha o di unbodhisattva (un essere illuminato), pregando per il bene diuna madre ammalata o un padre morente. Alcuni preganoAvolokitesvara, il bodhisattva della misericordia. Una miaconoscente pregava ogni mattina Avolokitesvara battendosul gong di legno a forma di pesce. Non si fermava mai,qualsiasi cosa accadesse. Il giorno del grande terremoto,questa mia amica si mise sulle spalle la sua grande imma-gine di Avolokitesvara e cercò di correre attraverso lagrande conflagrazione che infuriava su Tokyo. Tutti le gri-davano “Gettala via!”, ma lei rifiutava. Un amico trovò ilsuo corpo con la statua ancora sulle spalle. Egli parlò dellasua fede in Avolokitesvara: “Bene, certamente è in para-diso”. Io non riuscii a dire una parola, ma la compativo,pensando: “Questa non è vera preghiera”. Il suo zelo era pa-tetico. Ovviamente, potete non portare sulle spalle un’im-magine di Avalokitesvara. Ma riuscirete a non portare nellamente qualche immagine mentale che non vorreste abban-donare nemmeno se foste in pericolo di morte? È lo stesso,questo attaccamento a un’idea che non potete abbandonarementre morite in una conflagrazione mentale.

La vera preghieraLa vera preghiera è: “Non avrò in mente nessuna idea, nonproverò attaccamento per nessuna idea. La mia mente èpura vacuità”. La vacuità è pura realtà che non ha in sé nes-suna nozione - come l'acqua pura. Lo scopo fondamentale

della preghiera buddista è, dunque, quello di risvegliare leinnate capacità interiori di forza, coraggio e saggezza e noninvocare forze o divinità esterne. Inoltre, come in moltepratiche spirituali orientali, è anche importante un’espres-sione “fisica” della preghiera che, per i praticanti del Bud-dismo di Nichiren, si concretizza nella lettura – mattina esera – di due parti del Sutra del Loto e nella recitazione diNam-myoho-renge-kyo, il nome della Legge mistica chesta alla base della vita stessa e che Nichiren ha preso dal ti-tolo del Sutra del Loto.Il fatto che la recitazione sia intonata sonoramente esprimeil concetto che nel Buddismo di Nichiren Daishonin lapreghiera non è puramente una meditazione rivolta all’in-terno della propria vita, ma un atto che rende manifestedelle qualità interiori potenziali, facendole apparire nelmondo reale. I buddisti rivolgono la recitazione di Nam-myoho-renge-kyo a un oggetto di culto, il Gohonzon: que-sto è un mandala, cioè una rappresentazione simbolicadello stato ideale di Buddità, o Illuminazione, in cui tuttele tendenze e gli impulsi della vita – dai più bassi o degra-dati ai più alti o nobili – agiscono in armonia per realizzarefelicità, creatività e saggezza. Il Gohonzon non è un “idolo”o un “dio” da supplicare o da ingraziarsi, ma uno strumentoper riflettere e un catalizzatore per un positivo cambia-mento interiore. I buddisti della Soka Gakkai vengono in-coraggiati a esprimere le proprie preghiere in formaspecifica e concreta, focalizzata su problemi, speranze opreoccupazioni che essi affrontano nella vita quotidiana.Il Buddismo del Daishonin – in particolare – evidenzia l’in-separabilità dei “desideri terreni” dall’Illuminazione. Ni-chiren ha affermato infatti che “bruciando” la “legna” deinostri desideri attraverso l’azione della preghiera, riu-sciamo a sviluppare la “fiamma” di una rinnovata energiae la “luce” della nostra saggezza.

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DIALOGO

di Francesco Celestino

Come pregano i buddisti?

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Compassione e saggezzaLa preghiera buddista rappresenta il processo attraverso ilquale i desideri e le sofferenze vengono trasformati incompassione e saggezza. Questo percorso implica una ri-flessione su di sé, e passa necessariamente attraverso il con-fronto – talvolta doloroso – con le proprie tendenzenegative più radicate. La pratica degli insegnamenti bud-disti non ti solleverà affatto dalle sofferenze di nascita emorte a meno che tu non percepisca la vera natura dellatua vita. Se cerchi l’Illuminazione al di fuori di te, ancheeseguire diecimila pratiche e diecimila buone azioni saràinutile, come se un povero stesse giorno e notte a contarele ricchezze del suo vicino, senza guadagnare nemmenoun centesimo. I praticanti, inoltre, sono incoraggiati a le-gare strettamente la preghiera con le azioni e il comporta-mento nella vita quotidiana. La preghiera è sincera solo secoerente con l’azione. Per trasformare concretamente lapropria vita è necessario quindi attivare determinazione epreghiera, impegno e sincerità. Secondo l’insegnamento del Daishonin, attraverso la reci-tazione di Nam-myo-renge-kyo, si può attivare la condi-zione vitale più elevata: la “natura di Budda”. Questopotenziale – presente in ogni forma di vita – è la stessaLegge mistica che permea l’intero infinito universo. Lapreghiera è il costante processo di riallineare le nostre sin-gole vite (“piccolo io”) con tutti i loro impulsi e desideri,con il ritmo dell’universo vivente (“il grande io”). Durantequesto percorso, definito anche “rivoluzione umana”, ven-gono attivate pienamente capacità – fino ad allora poco uti-lizzate o del tutto inespresse – quali conoscenza di sé,saggezza, vitalità e perseveranza. E poiché nella filosofiabuddista non esiste separazione tra il mondo interiore degliesseri umani e il loro ambiente, i cambiamenti che avven-gono dentro di noi si riflettono anche fuori di noi, nelle si-

tuazioni esterne. Sperimentare una “risposta” alle pre-ghiere è il risultato concreto e visibile di questo processo.Daisaku Ikeda ha scritto che la forma più alta di preghieraè il voto di contribuire alla felicità degli altri e allo sviluppodi una convivenza pacifica sul pianeta. Questo voto, e leazioni che ne conseguono, armonizzano profondamentele nostre vite con l’infinita vita dell’universo e fanno emer-gere il nostro io più elevato e nobile.

La preghiera

L’esperienza spirituale buddhista germoglia nelvariegato panorama dell’India brāhmanica chetrova nei Veda il proprio fondamento rivelativo,nel sacrificio la caratteristica religiosa e filosoficaportante, nei sacerdoti, detti brāhmani, la castapiù autorevole ed esclusiva. Di quest’antichissima esperienza religiosa l’ini-ziatore del buddhismo, il principe SiddharthaGauthama, conosceva il linguaggio, la fisionomia,ne aveva respirato l’influsso. Aveva praticato al-cune importanti forme di ascesi, che però nonsoddisfacevano completamente la sua sete di vita.La meditazione priva di un orientamento chiaro,di un obiettivo di fondo, è in grado di rispondereall’esigenza più profonda dell’uomo? La rigida se-parazione in caste e i privilegi appannaggio diquella sacerdotale facilitano o complicano la so-luzione dei problemi che si agitano nell’animoumano?Il desiderio di liberazione così universale si può

delegare alla pratica del sacrificio o all’interventodi una divinità? La ricerca di risposte più appa-ganti segna l’inizio di una storia nuova, sebbeneradicata nell’universo simbolico indiano.

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Papa Francesco, ad Assisi, il 4ottobre, nel pomeriggio ha in-contrato i giovani dell’Umbria

nel piazzale della Basilica S. Mariadegli Angeli e ha risposto a 4 do-mande molto semplici che toccavanoquesti argomenti: la famiglia, il la-voro, la vocazione e la missione.

La famigliaAlla domanda sulla famiglia, posta dauna giovane coppia (Nicola e ChiaraVolpi di Perugia-Città della Pieve),papa Francesco ha così risposto:«Sono contento che la prima domandasia stata da una giovane coppia. Unabella testimonianza! Due giovani chehanno scelto, hanno deciso, con gioiae con coraggio di formare una famiglia.Sì, perché è proprio vero, ci vuole co-raggio per formare una famiglia! Civuole coraggio! E la domanda di voi,giovani sposi, si collega a quella sullavocazione. Che cos’è il matrimonio? È una vera e propria vocazione, comelo sono il sacerdozio e la vita religiosa.Due cristiani che si sposano hanno ri-conosciuto nella loro storia di amore lachiamata del Signore, la vocazione aformare di due, maschio e femmina,una sola carne, una sola vita. E il Sacra-mento del matrimonio avvolge questoamore con la grazia di Dio, lo radica inDio stesso. Con questo dono, con lacertezza di questa chiamata, si può par-tire sicuri, non si ha paura di nulla, sipuò affrontare tutto, insieme!».

Il lavoroLa domanda sul lavoro e sulle condi-zioni precarie in cui molte famiglieversano, è stata posta da due giovani.Papa Francesco ha affermato quantosegue:«Pensiamo ai nostri genitori, ai nostrinonni o bisnonni: si sono sposati incondizioni molto più povere delle no-stre, alcuni in tempo di guerra, o didopoguerra; alcuni sono emigrati,come i miei genitori. Dove trovavanola forza? La trovavano nella certezzache il Signore era con loro, che la fa-miglia è benedetta da Dio col Sacra-mento del matrimonio, e chebenedetta è la missione di mettere almondo i figli e di educarli. Con questecertezze hanno superato anche leprove più dure. Erano certezze sem-plici, ma vere, formavano delle co-lonne che sostenevano il loro amore.Non è stata facile, la vita loro; c’eranoproblemi, tanti problemi. Ma questecertezze semplici li aiutavano ad an-dare avanti. E sono riusciti a fare unabella famiglia, a dare vita, a fare cre-scere i figli».

La vocazioneSul significato della vocazione cri-stiana, papa Francesco ha affermato:«La famiglia è la vocazione che Dio hascritto nella natura dell’uomo e delladonna, ma c’è un’altra vocazionecomplementare al matrimonio: lachiamata al celibato e alla verginità

VOCI DI CHIESA

di Boutros Naaman

La famiglia è una vera vocazione

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per il Regno dei cieli. È la vocazioneche Gesù stesso ha vissuto. Come ri-conoscerla? Come seguirla? È la terzadomanda che mi avete fatto. Ma qual-cuno di voi può pensare: ma questovescovo, che bravo! Abbiamo fatto ladomanda e ha le risposte tutte pronte,scritte! Io ho ricevuto le domande al-cuni giorni fa. Per questo le conosco.E vi rispondo con due elementi essen-ziali su come riconoscere questa voca-zione al sacerdozio o alla vitaconsacrata. Pregare e camminare nellaChiesa. Queste due cose vanno insieme, sonointrecciate. All’origine di ogni voca-zione alla vita consacrata c’è sempreun’esperienza forte di Dio, un’espe-rienza che non si dimentica, la si ri-corda per tutta la vita! È quella che haavuto Francesco. E questo noi non lopossiamo calcolare o programmare.Dio ci sorprende sempre! È Dio chechiama; però è importante avere unrapporto quotidiano con Lui, ascol-tarlo in silenzio davanti al Taberna-

colo e nell’intimo di noi stessi, parlar-gli, accostarsi ai Sacramenti. Averequesto rapporto familiare con il Si-gnore è come tenere aperta la finestradella nostra vita perché Lui ci facciasentire la sua voce, che cosa vuole danoi. Sarebbe bello sentire voi, sentirequi i preti presenti, le suore… Sarebbebellissimo, perché ogni storia è unica,ma tutte partono da un incontro cheillumina nel profondo, che tocca ilcuore e coinvolge tutta la persona: af-fetto, intelletto, sensi, tutto. Il rap-porto con Dio non riguarda solo unaparte di noi stessi, riguarda tutto. E’ unamore così grande, così bello, cosìvero, che merita tutto e merita tutta lanostra fiducia. E una cosa vorrei dirlacon forza, specialmente oggi: la vergi-nità per il Regno di Dio non è un “no”,è un “sì”! Certo, comporta la rinunciaa un legame coniugale e ad una pro-pria famiglia, ma alla base c’è il “sì”,come risposta al “sì” totale di Cristoverso di noi, e questo “sì” rende fe-condi.

Ma qui ad Assisi non c’è bisogno di pa-role! C’è Francesco, c’è Chiara, parlanoloro! Il loro carisma continua a parlarea tanti giovani nel mondo intero: ra-gazzi e ragazze che lasciano tutto perseguire Gesù sulla via del Vangelo».

La missionePer rispondere alla quarta domanda,papa Francesco ha approfondito il si-gnificato del Vangelo che ha anche unmessaggio di natura sociale.

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«Qui ad Assisi, qui vicino alla Por-ziuncola, mi sembra di sentire la vocedi san Francesco che ci ripete: “Van-gelo, Vangelo!”. Lo dice anche a me,anzi, prima a me: Papa Francesco, siiservitore del Vangelo! Se io non riescoad essere un servitore del Vangelo, lamia vita non vale niente!Ma il Vangelo, cari amici, non ri-guarda solo la religione, riguardal’uomo, tutto l’uomo, riguarda ilmondo, la società, la civiltà umana. Il

Vangelo è il messaggio di salvezza diDio per l’umanità. Ma quando di-ciamo “messaggio di salvezza”, non èun modo di dire, non sono sempliciparole o parole vuote come ce ne sonotante oggi! L’umanità ha veramentebisogno di essere salvata! Lo vediamoogni giorno quando sfogliamo il gior-nale, o sentiamo le notizie alla televi-sione; ma lo vediamo anche intorno anoi, nelle persone, nelle situazioni; elo vediamo in noi stessi! Ognuno dinoi ha bisogno di salvezza! Soli non cela facciamo! Abbiamo bisogno di sal-vezza! Salvezza da che cosa? Dalmale. Il male opera, fa il suo lavoro.Ma il male non è invincibile e il cri-stiano non si rassegna di fronte almale. E voi giovani, volete rassegnarvidi fronte al male, alle ingiustizie, alledifficoltà? Volete o non volete? [I gio-vani rispondono: No!] Ah, va bene.Questo piace! Il nostro segreto è cheDio è più grande del male: ma questoè vero! Dio è più grande del male. Dioè amore infinito, misericordia senza

limiti, e questo Amore ha vinto ilmale alla radice nella morte e risurre-zione di Cristo. Questo è il Vangelo,la Buona Notizia: l’amore di Dio havinto! Cristo è morto sulla croce per inostri peccati ed è risorto. Con Lui noipossiamo lottare contro il male e vin-cerlo ogni giorno. Ci crediamo o no?[I giovani rispondono: Sì!] Ma questo‘sì’ deve andare nella vita! Se io credoche Gesù ha vinto il male e mi salva,devo seguire Gesù, devo andare sullastrada di Gesù per tutta la vita.Allora il Vangelo, questo messaggio disalvezza, ha due destinazioni che sonolegate: la prima, suscitare la fede, equesta è l’evangelizzazione; la se-conda, trasformare il mondo secondoil disegno di Dio, e questa è l’anima-zione cristiana della società. Ma nonsono due cose separate, sono un’unicamissione: portare il Vangelo con la te-stimonianza della nostra vita tra-sforma il mondo! Questa è la via:portare il Vangelo con la testimo-nianza della nostra vita».

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La notizia, attesa già da qualche anno, ha fatto subitoil giro del mondo. Papa Francesco, nel corso del con-cistoro di lunedì 30 settembre, ha decretato che i

beati Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, siano iscritti nel-l’albo dei santi, domenica 27 aprile 2014, II di Pasqua, dedi-cata alla divina misericordia.Dopo appena otto anni dalla morte (2 aprile 2005) e tre dallabeatificazione (1° maggio 2011) Papa Giovanni Paolo II ri-torna a riprendere il suo posto nel cuore della santità dellachiesa. La gioia è grande; la gratitudine è immensa. Il papache ha guidato la barca di Pietro per ben 27 anni (1978-2005) dalla terra sale al cielo e indica agli uomini e alledonne di buona volontà la strada della santità di vita, tor-mento e passione della sua attività di padre e di pastore dellachiesa universale.

«Dopo la mia morte vorrei essere ricordato come il papadella famiglia e della vita», confidava a un suo stretto colla-boratore che gli aveva portato alcuni testi da rivedere pro-prio su questi temi che da anni scuotono il presente ed ilfuturo del mondo. La famiglia e la vita erano temi che ap-

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FAMIGLIA

di Gianfranco Grieco

Giovanni Paolo II sarà santoPapa della famigliae della vita

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passionavano questo papa dal cuore forte e gentile e dal-l’animo tenero come quello di un bimbo. Aveva avuto il gio-vane Karol una famiglia segnata dal dolore. Prima, la morteall’età di 45 anni, di mamma Emilia (1929); poi quella delfratello, Edmund (1932), uno sportivo che ama il football;inoltre quella del padre, Karol (1941): Per tutta la vita, por-terà nel cuore e nell’anima, il segno di una famiglia che haversato le lacrime: Per questo, partendo dal vuoto dell’affettoumano che nasce e cresce nel nucleo familiare, avvertivasempre più l’urgenza di allargare il suo cuore a quella grandefamiglia dei popoli raccolta nella chiesa e nella comunitàpolitica mondiale.Guardava, Giovanni Paolo II alla famiglia, con particolarepredilezione. Nei suoi viaggi internazionali e nazionali; nelleudienze, nelle visite alle parrocchie, negli incontri di gruppo,non si stancava mai di posare il suo sguardo sulla famigliadelle nazioni e sulla comunità familiare. Aveva per la fami-glia, parole di amore e di comprensione, di tenerezza e disperanza. Aveva, a volte, anche parole dure e forti, quandoriaffermava che i valori della vita dal momento del conce-pimento sino alla morte naturale, la gioia della fedeltà e deldono di sé, come “ valori non negoziabili”. Chiedeva ai suoifedeli un eroismo senza deleghe e senza ritorno.Il 13 maggio 1981, giorno dell’attentato in piazza san Pietro,creava il Pontificio Consiglio per la Famiglia con il motoproprio Familia a Deo instituta. Indicava , in quel docu-mento, i compiti della famiglia cristiana nel mondo contem-

poraneo con l’esortazione apostolica post-sinodale Familia-ris consortio, firmata il 22 novembre 1981. Ritornava il papa“venuto da lontano” sulla dignità e sulla vocazione delladonna con la lettera apostolica Mulieris dignitatem del 15agosto 1988. E poi, l’anno della famiglia - 1994 - con ilprimo incontro mondiale delle famiglie (6-9 ottobre 1994)che apriva la serie dei raduni mondiali: da Rio a Manila, daRoma a Valencia, da Città del Messico a Milano, sino a Phi-ladelphia 2015: tante tappe di un unico e lungo percorso diamore per la famiglia e per la vita nei vari continenti, feritida “conquiste” fallimentari e da leggi inique contro il pro-getto creativo di Dio.La sua azione pastorale sulla famiglia e sulla vita trovava igrandi e costanti punti di riferimento su alcuni documentiche hanno già segnato la storia di questi nostri giorni in-quieti e violenti: la carta dei diritti della famiglia (1983);l’istruzione donum vitae (1987); la lettera alle famiglie delmondo (1994); la lettera natalizia a tutti i bambini (1994); lalettera alle donne di tutto il mondo (1995); la lettera agli an-ziani (1999). Tutto e tutti portava sempre nel cuore.Famiglia “santuario della vita”; il “vangelo della famiglia edella vita”, “procreazione responsabile”, la vita come “donodi Dio” erano parole ed espressioni che più amava. Sonoparole ed espressioni che ora, un santo della chiesa dei nostrigiorni, continua a raccomandare agli uomini e alle donneche per oltre 27 anni hanno camminato anche con lui perle strade del mondo.

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Vorrei partire da una affermazione di MadreTeresa di Calcutta: «La peggiore malattiadell’Occidente oggi non è la tubercolosi o la

lebbra, ma il non sentirsi amati e desiderati, il sentirsiabbandonati. La medicina può guarire le malattie delcorpo, ma l’unica cura per la solitudine, la dispera-zione e la mancanza di prospettive, è l’amore. Vi sononumerose persone al mondo che muoiono perchénon hanno neppure un pezzo di pane, ma un numeroancora maggiore muore per mancanza di amore». Per mancanza d’amore si muore e si arriva anche aprogrammare la morte (non è forse questo il sensodell’eutanasia? E non è questo il motivo per cui in al-cuni paesi del Nord Europa il suicidio è la prima causadelle morti dei giovani?). La persona umana, quandoè sola, sta sul baratro della morte. La sua vocazioneinfatti non è la solitudine, ma l’amore con l’altro, conl’altra, con gli altri. Quando Dio stesso, dopo avercreato Adamo, che pure era il vertice della sua opera,afferma: “non è bene che l’uomo sia solo”, tocca unnodo fondamentale dell’intera esistenza umana. Senzal’altro, quindi senza l’amore, la vita diviene un in-ferno. Lo sanno bene i milioni di bambini che sonopreda della malattia, della fame, della crudeltà di chili ingaggia persino nelle guerre; lo sanno i giovaniprivi di ideali e di futuro; lo sanno le donne che ven-gono eliminate dalla violenza degli uomini che magaridicono pure di amarle; lo sanno gli adulti, uomini edonne, costretti a una durissima concorrenza per so-pravvivere e non essere schiacciati dal clima compe-titivo che si insinua ovunque; lo sanno gli anzianiscartati e messi nei cronicari dopo una vita di lavoro(è incredibile: si allunga l’esistenza ma si approfondi-sce l’abbandono!); lo sanno popoli interi esclusi dallosviluppo e sempre dipendenti. La lista potrebbe con-tinuare ancora, basti pensare all’incalcolabile numerodi poveri e di disperati che riempiono le strade delNord e del Sud del mondo La globalizzazione, senza una forte visione solidari-stica della vita, ha acuito ancor più il senso di solitu-dine e di spaesamento dell’uomo contemporaneo di

fronte ad un mondo che appare troppo grande. Ci tro-viamo di fronte ad un incredibile paradosso: siamonello stesso tempo più vicini gli uni agli altri, ma tuttiugualmente più soli, più insicuri, più preoccupati, piùansiosi per i pericoli che l’oggi o il domani può riser-vare.

Ripartire dall’amore In un mondo segnato così profondamente dalla paurae dalla solitudine, e lacerato da conflitti bellici o di ci-viltà, l’amore resta l’unica via per immaginare unnuovo futuro. Si potrebbe dire: è il tempo dell’“agàpe”, il tempo dell’amore per gli altri e non soloper se stessi. Appunto, un amore “agapico”. Agàpe,una parola greca, fu scelta dagli autori del Nuovo Te-stamento per descrivere l’amore di Gesù. In queltempo non era quasi per nulla usata poiché la culturagreca per dire l’amore preferiva i termini eros e philia.Gli autori sacri con il termine agape introducevanouna nuova e impensata concezione dell’amore: unamore che non si nutre della mancanza dell’altro(eros) e che nemmeno semplicemente si rallegra dellapresenza dell’altro (philia), ma un amore, appena con-cepibile dalla ragione umana, che trova il suo modelloculminante in Gesù: un amore per gli altri totalmentedisinteressato, gratuito, perfino ingiustificato, perchécontinua ad agire – ed è il meno che si possa dire – aldi fuori d’ogni reciprocità. E’ davvero un amore fuoriregola, fuori norma. L’apostolo Paolo nella Lettera aiRomani afferma: «A stento si trova chi sia disposto amorire per un giusto; forse ci può essere chi ha il co-raggio di morire per una persona dabbene. Ma Dio di-mostra il suo amore per noi perché, mentre eravamoancora peccatori, Cristo è morto per noi» (Rm 5, 7-8). Con il termine agàpe si esprime quindi un amore im-pensabile per la ragione se Dio stesso non lo avesse ri-velato. L’agàpe è infatti l’essere stesso di Dio. Quindiè l’essere stesso Dio a spingerlo ad uscire da sé perscendere in mezzo agli uomini. L’incarnazione è unmistero centrale nella fede cristiana. Essa si differen-zia da tutte le altre fedi perché, più che una religione

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ETICA

di Mons. Vincenzo Paglia

Può esistere un mondosenza amore?

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che divinizza l’uomo, è la religione di un Dio che peramore si fa uomo. Non solo, quest’uomo accetta anchedi essere crocifisso, e per amore. Nella “croce” appareil culmine dell’amore con la sua vittoria definitivasull’egoismo. Semiòn Frank, un filoso russo, scrive:«L’idea di un Dio disceso nel mondo, che soffre vo-lontariamente e prende parte alle sofferenze umanee cosmiche, l’idea di un Dio-uomo che soffre, è la solateodicea possibile, la sola ‘giustificazione’ convincentedi Dio». Qui vi è tutta l’originalità dell’agàpe, tutta lasua paradossalità, e soprattutto la sua forza irresisti-bile: l’agàpe è la risorsa più forte per edificare unmondo nuovo liberato dalla legge inesorabile del-l’amore per sé. Sono significative a tale proposito le parole che donAndrea Santoro, prete italiano – mio compagno distudi e di sacerdozio – ucciso a Trebisonda, in Tur-chia, scrisse nella sua ultima lettera (scritta il 22 gen-naio 2006) pochi giorni prima che venisse ucciso.Ragionando sulla fede islamica e sui tratti di violenzache talora mostra, don Andrea rivendicava il “vantag-gio” della fede cristiana: «Il vantaggio di noi cristianinel credere in un Dio inerme, in un Cristo che invitaad amare i nemici, a servire per essere “signori” dellacasa, a farsi ultimo per risultare il primo, in un van-gelo che proibisce l’odio, l’ira, il giudizio, il dominio,in un Dio che si fa agnello e si lascia colpire per ucci-dere in sé l’orgoglio e l’odio, in un Dio che attira conl’amore e non domina con il potere, è un vantaggioda non perdere. È un “vantaggio” che può sembrare“svantaggioso” e perdente e lo è, agli occhi del mondo,ma è vittorioso agli occhi di Dio e capace di conqui-

stare il cuore del mondo». Diceva san Giovanni Cri-sostomo: Cristo pasce agnelli, non lupi. Se ci faremoagnelli vinceremo, se diventeremo lupi perderemo.Non è facile, come non è facile la croce di Cristo sem-pre tentata dal fascino della spada… Ci sarà chi vogliaessere presente in questo mondo mediorientale sem-plicemente come “cristiano”, “sale” nella minestra,“lievito nella pasta, “luce” nella stanza, “finestra” tramuri innalzati, “ponte” tra rive opposte, “offerta” diriconciliazione?». Don Andrea ci richiama alla realtàdell’amore evangelico che è per sua natura eroico.L’eroicità è connaturale a questo amore. Se la si atte-nua, se si sbiadisce l’ “eccesso di amore”, si intacca lostesso Vangelo. Ecco perché l’agàpe è superiore a tutte le virtù. Nonc’è nulla al disopra: né la profezia della tradizioneebraico-cristiana; né l’ineffabile lingua degli angeli; enemmeno la speranza; e neppure la conoscenza, laquale in questo mondo è così misera sì che cono-sciamo Dio solo confusamente, come attraverso unospecchio, dentro enigmi, come afferma l’apostoloPaolo. Il bellissimo “canto all’agàpe” della prima Let-tera ai Corinzi è tra le pagine più alte della letteraturacristiana. L’agàpe – canta l’apostolo - è superiore per-sino alla fede. Se nel Vangelo di Matteo, Gesù dice:«Se avrete fede quanto un granellino di senape potretedire a questo monte spostati da qui a lì, ed esso si spo-sterà. Niente vi sarà impossibile» (Mt 17,20), l’apostoloPaolo, con un incredibile capovolgimento, afferma:«Se avessi tutta la fede tanto da poter trasportare imonti, ma non avessi l'amore, non sarei nulla» (1Cor13,1).

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Se è vero che la fede nasce dall’ascolto della Parola (cf.Rm 10,17), allora le Sante Scritture rappresentano unelemento vitale per le nostre famiglie affinché

ognuno di noi possa fare un’esperienza autentica di GesùCristo e testimoniarla al mondo. Leggere la Parola di Dioin famiglia significa educarsi all’ascolto sincero e riscoprirequella dimensione propria del Verbo che il Silenzio eternodel Padre da cui il Figlio stesso è generato.Da sempre nella storia cristiana la lettura della Bibbia nellafamiglia è stata uno dei cardini della vita pastorale. Bastipensare a quanto diceva Giovanni Crisostomo, il grandevescovo di Costantinopoli, ai suoi fedeli che talora mal sop-portavano le sue indicazioni: «Si dirà da parte di qualcuno: Io non sono né monaco, néanacoreta, ho moglie e figli e mi prendo cura della mia fa-miglia. Ecco la grande piaga dei nostri tempi, credere chela lettura del Vangelo sia riservata soltanto ai religiosi e aimonaci […]. È un grande male non leggere i libri che re-cano la parola di Dio, ma ve n’è uno peggiore, credere chequesta lettura sia inutile […]. Non ascoltare la parola diDio è causa di fame e di morte» (Giovanni Crisostomo). Eun altro grande vescovo, Cesario di Arles, ammoniva: «Laluce dell’anima e il cibo eterno altro non è infatti se non laParola di Dio, senza la quale l’anima non può né vedere névivere: giacché, come la nostra carne muore se non assumecibo, così anche la nostra anima si spegne se non riceve laarola di Dio. Ma qualcuno dice: “Io sono un contadino esono continuamente impegnato nei lavori dei campi: nonposso né stare ad ascoltare, né leggere la Scrittura divina”.Quanti uomini e quante donne dei campi ricordano a me-moria e cantano canti diabolici lascivi e sconci! Possonoricordare e imparare queste cose che insegna il diavolo, enon possono ricordare ciò che rivela Cristo?».È lodevole l’impegno che le Società Bibliche insieme alleChiesa cattolica hanno posto per le traduzioni. Ma restamolto da fare. La Bibbia è stata già tradotta in 2454 linguediverse (interamente in 438, il solo Nuovo Testamento in1168, e solo alcuni libri, ad esempio i Vangeli o i Salmi, inaltre 848); restano ancora altre 4500 lingue in attesa di es-sere confrontate con le Sante Scritture. Se poi si calcola chele Società Bibliche hanno distribuito nel 2006 circa 26 mi-lioni di Bibbie, vuol dire che si è raggiunto solo l’1% o il2% dei 2 miliardi di cristiani. Che la Bibbia giunga in ogni

casa e nella propria lingua dovrebbe essere una utopia pos-sibile. Soprattutto oggi che l’alfabetizzazione è davveroglobalizzata.

Guardando alla famiglia di NazaretSe pensiamo alla famiglia di Nazaret, appare evidentequanto sia stato importante anche per Gesù il rapporto conle Sante Scritture attraverso i genitori. Maria e Giuseppepregavano assieme recitando i salmi e le preghiere e Gesùsin da bambino le apprendeva. Viveva poi il ritmo setti-manale in sinagoga, ove si ascoltava e meditava la Paroladi Dio e insieme pregavano. I rabbini dicevano: «Il mondoriposa su tre colonne: la legge di Dio, la sacra Scrittura, lacelebrazione e la carità». Giuseppe insegnava a Gesù ad ap-prendere i salmi a memoria e alcuni i brani biblici. Nella pia famiglia ebrea si pregava tre volte al giorno: mat-tino, mezzogiorno e sera. Luca ci dice che Gesù «crescevain sapienza, età e grazia davanti a Dio e davanti agli uo-mini» (Lc 2,52) e che partecipava ai pellegrinaggi annuali«nella casa del Padre» (Lc 2,42). La Scrittura nella vita dellafamiglia di Nazaret educa all’ascolto di Dio e alimenta lafede nella vita quotidiana dei suoi stessi membri. Il Van-gelo ci presenta Gesù al tempio che ascolta e spiega le Scrit-

BIBBIA

di Giuseppina Costantino

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Leggere e ascoltare la Parola di Dio nelle nostre famiglie

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ture. Gesù adulto prega spesso con i salmi; anche le sue ul-time parole sulla croce richiamano l’antica preghierad’Israele. E lungo i tre anni della vita pubblica i Vangelimostrano Gesù orientare la sua missione interpretando leScritture. Egli è morto e risorto “secondo le Scritture”.

La Bibbia finalmente tra le nostre maniQuesti brevi cenni – non possiamo percorrere la lunga sto-ria della presenza della Bibbia nella vita dei fedeli e in par-ticolare nelle famiglie cristiane – ci mostranol’indispensabilità del rapporto dei fedeli con la Bibbia.Nella Chiesa cattolica, con il Concilio Vaticano II, la Bibbiaè tornata nelle mani dei fedeli, e oggi è davvero straordi-nario l’impegno perché i fedeli ascoltino le Scritture. Il pe-nultimo Sinodo straordinario dei Vescovi è stato propriosulla Parola di Dio nella vita della Chiesa. Anche alcunirappresentanti delle Società Bibliche vi hanno partecipatoe potuto portare il loro contributo. In quell’occasione èstato firmato un documento di collaborazione tra La Fe-derazione Biblica e le Società Bibliche con l’impegno aespandere il più possibile la conoscenza e il rapporto deifedeli con le Sante Scritture. È da questo incontro che puòravvivarsi la vita cristiana. Purtroppo talora appare che la

parola di Dio non è l’anima della vita spirituale dei cristianicontemporanei, come invece l’intera tradizione dellaChiesa testimonia. Benedetto XVI, parlando ai giovani di-ceva: è urgente «insegnare a leggere la Sacra Scrittura noncome un qualunque libro storico, ma per quello che è re-almente, come parola di Dio ponendosi in colloquio conDio», imparando cioè a pregare proprio a partire dal testoascoltato, letto, meditato. E la famiglia deve diventare illuogo privilegiato ove questo avviene. Ogni cristiano do-vrebbe avere la “sua” propria Bibbia, quella che legge ognigiorno e che porta con sé dovunque vada, nelle vacanze onei viaggi. Mai dovrebbe mancare la propria piccola Bibbianel “bagaglio” del credente. Il Sinodo ha fatto suo questo obiettivo pastorale. È del restola condizione indispensabile perché il primato della Parolapossa essere vissuto concretamente da tutti. Sia i pastoriche i semplici credenti debbono sentire la responsabilitàper sé e per gli altri della diffusione capillare della Bibbia.In una inchiesta di qualche anno fa i dati mostrano, conl’eccezione degli Stati Uniti e dell’Inghilterra, che rara-mente si regala la Bibbia; è un piccolo segno che manifestala poca considerazione che si ha della Bibbia e di conse-guenza la scarsa incidenza che ha sui comportamenti deicredenti. Normalmente, anche nel fare il bene, la maggio-ranza dei credenti si regola sulla base di buone abitudini,di alcuni principi di buon senso, magari ci si riferisce adun contesto tradizionale di credenze religiose e di normemorali ricevute, ma poco alle Sante Scritture. Di conse-guenza si sperimenta poco la Parola di Dio come sostegnoe conforto della propria esistenza. Per di più è davvero dif-ficile, senza la familiarità con la Bibbia, comprendere il“vero Dio” o, se si vuole, il Suo “vero volto”.

Leggere e ascoltare per obbedireSoffermarsi sul rapporto Bibbia e famiglia vuol dire riflet-tere sui fondamenti stessi dell’essere cristiano e sui sensidella Scrittura per l’oggi della nostra storia. Perché volgerel’occhio alle Sacre Scritture significa nient’altro che com-piere la volontà di Dio nella vita di tutti i giorni. Solamentedall’obbedienza alla Parola dell’Eterno può nascere un rin-novamento della vita cristiana sia in Oriente che in Occi-dente. Perciò, l’incontro con la Sacra Scrittura è daintendere sempre come evento spirituale e, dunque, qualevero incontro con la Trinità, il Dio vivente. Non vi può es-sere, quindi, alcuna spiritualità e condotta di vita cristianavera e autentica che non sia fondata sulla Parola di Dio eche non sia da essa ispirata. La Sacra Scrittura è chiara-mente la fonte, il principio e il fondamento della spiritua-lità cristiana. Veramente, in tal senso, la Sacra Scritturapuò essere considerata come una lettera personale inviatada Dio a ciascun cristiano. È Parola di Dio salvifica e re-dentrice. Il Dio che tutto ama si piega sull’orecchio del cre-dente e gli rivela i propri segreti.

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Gesù ci ha mostrato innanzi-tutto una necessità: chi iniziaalla fede o a essa vuole gene-

rare, deve essere credibile, affidabile.Del resto – lo sappiamo per espe-rienza – anche i genitori che voglionoeducare un figlio possono farlo solo sesono credibili, affidabili. La credibilitàdi Gesù nasceva principalmente dalsuo avere convinzioni e dalla sua coe-renza tra ciò che pensava e diceva eciò che viveva e operava. Non eranosolo le sue parole che, raggiungendol’altro, riuscivano a vincere le sue re-sistenze a credere; non era un metodoo una strategia pastorale a suscitare lafede: era la sua umanità contrasse-gnata – secondo il quarto vangelo – dauna pienezza di grazia e di verità (cf.Gv 1,14). Grazia e verità che dicevanol’autenticità e la coerenza di Gesù,non lasciando alcuno spazio tra le sueconvinzioni e ciò che egli diceva e vi-veva.Incontrando Gesù, tutti percepi-vano che non c’era frattura tra lesue parole e i suoi gesti, i suoi senti-menti, il suo comportamento. Ed èproprio da questa sua integrità chenasceva la sua exousía, la sua auto-revolezza, che spingeva gli uomini aesclamare con stupore: «Che è maiquesto? Una dottrina nuova inse-gnata con autorevolezza!» (Mc1,27); e a constatare che egli non in-segnava come gli scribi (cf. Mc1,22), come chi lo fa per mestiere,come chi ha solo una competenzatecnica.

Essere affidabiliNella pedagogia, nell’educazionealla fede, l’iniziatore deve dunqueessere affidabile. Certo, per noi non

è possibile raggiungere la coerenzavissuta da Gesù, quest’uomo in cuitraspariva Dio; ma anche per noil’essere affidabili dipende dalla no-stra coerenza, e la nostra affidabilitàè decisiva nell’educare alla fede enel trasmetterla. E se è vero che lanostra fede è sempre fragile, bastametterla nella fede di Gesù Cristo,lui che è «la fede perfetta», secondola bella definizione di Ignazio diAntiochia (Agli smirnesi 10,2).Un’altra caratteristica di Gesù, cheemerge dai suoi incontri, è la sua ca-pacità di accoglienza verso tutti.Gesù sapeva incontrare veramentetutti: in primo luogo i poveri, iprimi clienti di diritto della buonanotizia, del Vangelo; poi i ricchicome Zaccheo (cf. Lc 19,1-10) eGiuseppe di Arimatea (cf. Mc 15,42-43 e par.; Gv 19,38); gli straniericome il centurione (cf. Mt 8,5-13;Lc 7,1-10) e la donna siro-fenicia(cf. Mc 7,24-30; Mt 15,21-28); gliuomini giusti come Natanaele (cf.Gv 1,45-51), o i peccatori pubblici ele prostitute presso i quali alloggiavae con i quali condivideva la tavola(cf. Mc 2,15-17).Com’era possibile questo? PerchéGesù sapeva non nutrire preven-zioni, sapeva creare uno spazio di fi-ducia e di libertà in cui l’altropotesse entrare senza provare paurae senza sentirsi giudicato. Sullestrade, lungo le spiagge, nelle case,nelle sinagoghe, Gesù creava unospazio accogliente tra se stesso e l’al-tro che veniva a lui o che lui andavaa cercare; si metteva sempre innan-zitutto in ascolto dell’altro, cer-cando di percepire cosa gli stava acuore, qual era il suo bisogno.

Senza giudicare nessunoMi si permetta di dire: Gesù non in-contrava il povero in quanto po-vero, il peccatore in quantopeccatore, l’escluso in quantoescluso. Ciò avrebbe significatoporsi in una condizione in cui l’altroveniva rinchiuso in una categoria,avrebbe significato ridurre l’altro aciò che era solo un aspetto della suapersona. No, Gesù incontrava l’altroin quanto uomo come lui, membrodell’umanità, uguale in dignità aogni altro uomo. E nell’incontrare eascoltare un uomo Gesù sapeva co-glierlo, questo sì, come una personasegnata da povertà, da malattia, dapeccato…Quando Gesù incontrava l’altro,cercava di creare un clima relazio-nale, consentiva all’altro di emer-gere come persona e soggetto, non

TEOLOGIA

di Pietro De Lucia

Educare alla fede come Gesù

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lo giudicava mai, ma sapeva acco-gliere il linguaggio di cui l’altro eracapace: il linguaggio corporeo dellaprostituta (cf. Lc 7,37-38.44-47), illinguaggio espresso dalla donnaemorroissa con il fugace tocco delsuo mantello (cf. Mc 5,25-44; Lc8,43-48), il linguaggio sconnesso ditanti malati di mente. Più in gene-rale, quando incontrava l’altro col-pito da ogni sorta di malattia, Gesùsi prendeva cura di tutto l’uomo –nella sua unità di corpo, psiche eanima –, fino ad «assumere le nostredebolezze e ad addossarsi le nostremalattie» (cf. Mt 8,17; citazione diIs 53,4). Sì, Gesù era veramente unuomo di compassione, capace disentire-con fino a patire-con, dun-que un uomo per il quale ogni rela-zione era aperta alla comunione.Solo avvicinandoci all’altro nel

modo insegnatoci da Gesù, anchenoi possiamo vivere un incontroospitale, un incontro all’insegnadella gratuità e teso alla comunione.E così possiamo giungere a fare spa-zio non solo all’altro che vediamodavanti a noi, ma all’Altro per eccel-lenza, Dio, che allora ci può vera-mente parlare.Gesù era capace di compiere unterzo passo per iniziare, per educarealla fede.

Risvegliare e suscitare…Nel rispondere a chi incontrava,Gesù cercava la fede presente nel-l’altro, come se volesse risvegliare efar emergere la sua fede. Egli sapevainfatti che la fede è un atto perso-nale, che ciascuno deve compiere inlibertà: nessuno può credere al postodi un altro! Gesù sapeva che a volte

negli uomini c’è l’assenza di fede,atteggiamento che lo stupiva e lorendeva impotente a operare in lorofavore (cf. Mc 6,6); era anche con-sapevole che ci può essere una fedenon affidabile nel suo Nome, susci-tata dal suo compiere segni, mira-coli, come annota il quarto vangelo:«Molti, vedendo i segni che faceva,mettevano fede nel suo Nome; maGesù non metteva fede in loro» (Gv2,23-24), perché l’uomo diventa ra-pidamente religioso, ma è lento acredere… Gesù cercava invece in chi incon-trava la fede autentica, e quando essaera presente poteva dire: «La tua fedeti ha salvato». Si noti che Gesù nonha mai detto: «Io ti ho salvato»,bensì: «La tua fede ti ha salvato» (Mc5,34 e par.; 10,52; Lc 7,50; 17,19;18,42); «Va’, e sia fatto secondo la tua

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fede» (Mt 8,13); «Donna, davverogrande è la tua fede! Ti sia fatto comedesideri» (Mt 15,28). Ecco comeGesù rendeva possibile la fede, eccocome faceva emergere la fede giàpresente nell’altro: attraverso la suapresenza di uomo affidabile e ospi-tale, che non dice di essere lui a gua-rire e a salvare, ma la fede di chi a luisi rivolge.All’inizio dell’essere cristiano nonc’è una decisione etica o una grandeidea, bensì l’incontro con una Per-sona, che dà alla vita un nuovo oriz-zonte e con ciò la direzione decisiva.

Purtroppo noi dimentichiamo que-sta verità e rischiamo così di renderesterile la nostra missione e il nostrosforzo per comunicare il Vangelo.Proprio perché il Vangelo è buonanotizia, esso vuole raggiungerel’uomo nel suo cuore e suscitare inlui in primo luogo la fede nellabontà della vita umana, in modo cheegli possa intraprendere l’avventuradell’esistenza credendo all’amore. Èin questo senso che Gesù insegnavache nulla resiste alla fede, anchequando essa è nella misura di ungranello di senape (cf. Mt 17,20; Lc

17,6), «il più piccolo di tutti semiche sono sulla terra» (Mc 4,31); cheoccorre non dubitare (cf. Mc 11,23;Mt 21,21), perché «tutto è possibilea colui che crede» (Mc 9,23); e si di-ceva addirittura impegnato a pre-gare affinché la fede di uno dei suoidiscepoli, Simone, non venissemeno (cf. Lc 22,32).

Per annunciare il RegnoInfine, va messo in rilievo comel’educazione alla fede da parte diGesù tenda all’annuncio del Regnodi Dio, alla buona notizia che Dioregna. Gesù non faceva riferimentoa se stesso, ma nell’opera di evange-lizzazione appariva sempre decen-trato rispetto a Dio, al Padre che,con fiducia assoluta, chiamava:«Abba, Papà» (Mc 14,36). Gesù èl’evento in cui Dio ha potuto parlarein un uomo senza alcun ostacolo! Dipiù, con l’intera sua vita, fatta diazioni e di parole, Gesù cercava diraccontare Dio, di rendere il Dio deipadri un euanghélion, una buonanotizia, distruggendo tutte le imma-gini perverse di Dio elaborate dagliuomini. Gesù parlava di Dio soprat-tutto nelle parabole, narrando vi-cende umane, mostrando come ilRegno di Dio sia buona notizia peruomini e donne, buona notizia nelleloro storie quotidiane, reali. Attra-verso la sua vita umanissima, davero uomo, l’autentico adam volutoda Dio (cf. Col 1,15-16), Gesù haraccontato e annunciato Dio; hamostrato come Dio regnava su di luie, regnando, combatteva e vincevala malattia, il male, la sofferenza, lamorte. È per averlo visto vivere inquesto modo che Giovanni ha po-tuto scrivere alla fine del prologodel quarto vangelo: «Dio nessunol’ha mai visto, ma proprio lui, Gesù,ce ne ha fatto il racconto (exeghé-sato)» (cf. Gv 1,18). Gesù ha, percosì dire, «evangelizzato» Dio, e hamostrato l’uomo autentico, chia-mato a essere a sua immagine e so-miglianza.

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«Ringraziamo con gioia ilPadre...». Così scrive sanPaolo nel brano della Let-

tera ai Colossesi, proclamato nella Li-turgia della Solennità di Cristo, Redell’universo. «Ringraziamo con gioiail Padre che ci ha messi in grado di par-tecipare alla sorte dei santi nella luce.È Lui, infatti, che ci ha liberati dal po-tere delle tenebre e ci ha trasferiti nelRegno del suo Figlio diletto, per operadel quale abbiamo la redenzione, la re-missione dei peccati» (Col 1, 12-13). LaChiesa rende oggi grazie al Padre perla regalità di Cristo e per il suo Regno,nel quale l’uomo sperimenta i fruttidella redenzione; Regno di verità e divita, di santità e di grazia, di giustizia,di amore e di pace (cf. Prefazio). La Liturgia della Solennità odierna siricollega all’Antico Testamento. Nellaprima Lettura, tratta dal secondo Librodi Samuele, ci viene presentata la figuradel re Davide, eletto per regnare dopoSaul su Israele. Il Signore gli avevadetto: «Tu pascerai Israele mio popolo,tu sarai capo in Israele» (2Sam 5,2).Questa particolare investitura vede ra-dunati gli anziani di Israele e tutto ilpopolo intorno a Davide, che stringecon essi un’alleanza davanti al Signorein Ebron e qui viene unto come loro re. Questo evento dell’Antico Testamentoè importante anche per l’odierna cele-brazione. Lo evocano le parole udite daMaria di Nazaret all’Annunciazione,quando il messaggero celeste a propo-sito di Colui che sarebbe stato conce-pito nel suo grembo e che sarebbe natoda Lei preannunzia: «Il Signore Dio glidarà il trono di Davide suo padre e re-gnerà per sempre sulla casa di Gia-

cobbe e il suo regno non avrà fine» (Lc1,32-33). Queste ultime espressionistanno ad indicare quale differenza esi-sta tra Cristo Re e il re Davide. Mentreil regno di Davide era temporaneo, pas-seggero, il Regno di Cristo non ha fine,è eterno, poiché ha origine dall’eternitàe ad essa conduce. Ciò viene spiegatoin modo più ampio nella Lettera di sanPaolo ai Colossesi: «Egli (Cristo) è im-magine del Dio invisibile, generatoprima di ogni creatura; poiché permezzo di Lui sono state create tutte lecose, quelle nei cieli e quelle sulla terra,quelle visibili e quelle invisibili... Tuttele cose sono state create per mezzo diLui e in vista di Lui. Egli è prima ditutte le cose e tutte sussistono in Lui»(Col 1,15-17). Dunque, il Regno di Cri-sto è eterno. Egli è Re a motivo dellasua divinità. È Re perché è consostan-ziale al Padre; è Re perché si è fattouomo e come tale ha conquistato ilRegno mediante la Croce. Il brano delVangelo di san Luca ci conduce a taleverità, facendoci testimoni della croci-fissione di Gesù. La sua agonia sul Cal-vario è accompagnata dallo scherno dei

rappresentanti del Sinedrio che lo apo-strofano dicendo: «Ha salvato gli altri,salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suoeletto» (Lc 23,35). Lo deridono anche isoldati, che assecondano i membri delSinedrio: «Se tu sei il re dei Giudei,salva te stesso» (Lc 23,37). Le loro pa-role fanno eco a quelle di uno dei duemalfattori crocifissi con Lui: «Non seitu il Cristo? Salva te stesso e anche noi»(Lc 23, 39). Infine, la sentenza iscrittasulla croce in lingua greca, latina edebraica: «Questi è il re dei Giudei» (Lc23,38). Ma di fronte a tali oltraggi emaledizioni si alza un’altra voce, quelladi uno dei crocifissi con Lui, conosciutodalla tradizione come “il buon la-drone”. Egli rimprovera il suo compa-gno e si rivolge a Gesù: «Ricordati dime quando entrerai nel tuo Regno» (Lc23, 42). Questo Regno da un lato è og-getto di scherno, mentre dall’altro di-venta il contenuto di una professionedi fede e di speranza. Ed è significativoche a questa confessione Cristo ri-sponda: «In verità ti dico, oggi sarai conme nel paradiso» (Lc 23,43).

Continua a pagina 44

LITURGIA

di Giuseppe Falanga

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La solennità di Cristo, Re dell’universo

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La Lettera pastorale del card. Crescenzio Sepe

«Cantiamo da viandanti.Canta, ma cammina. Cantaper alleviare le asprezze

della marcia, ma cantando non indul-gere alla pigrizia. Canta e cammina.Che significa camminare? Andareavanti nel bene, progredire nella san-tità. Vi sono infatti, secondo l`Apo-stolo, alcuni che progrediscono si, manel male. Se progredisci è segno checammini, ma devi camminare nelbene, devi avanzare nella retta fede,devi avanzare nella retta fede, deviprogredire nella santità. Canta e cam-mina» (AGOSTINO D’IPPONA, Discorso256,3: PL 38,1193).Come pellegrino dell’Assoluto, all’in-segna di un’Origine da ritrovare, diuna Patria che è al tempo stesso dietrodi noi ed eternamente davanti a noi,il vescovo della nostra bella città diNapoli, il card. Crescenzio Sepe, ciesorta, con le parole del grande Ago-stino, a camminare nel bene, in mezzoalla gente, con una fede vissuta ognigiorno, irrimediabilmente innamoratidi Cristo e del suo Vangelo, pieni disperanza e con la gioia nel cuore.

La metafora del pellegrinaggioQuesta Lettera pastorale è scritta daun credente che pensa e che dà se-riamente a pensare, a partire dal cen-tro e dal cuore di tutto il suo essere,di tutto l’umano cantare e cammi-nare come pellegrini verso il Mi-stero, alla scuola di Cristo, Figlio diDio e nostro fratello.La metafora del pellegrinaggio che il

cardinale Crescenzio Sepe ci conse-gna, interpretata alla luce delle pa-role di sant’Agostino, è un invito aprogredire nel bene, nella santità, vi-vendo lo sforzo di avanzare nellaretta fede, divenendo protagonistidel nostro battesimo come cristianiadulti, cioè maturi nella fede. Il leit-motiv di questa lettera – “canta ecammina” – ci fa riflettere sull’impe-gno concreto del nostro agire da cre-denti e, in particolar modo, sullostretto legame tra fede e giustizia,verità e libertà, culto e testimonianzadi vita. È come se il nostro Vescovovolesse tracciare una geografia delloSpirito che ha come protagonista ilcristiano adulto, maturo nelle suescelte di fede, impegnato quotidiana-mente ad annunciare Gesù Cristocon il suo modo d’essere, d’agire e dipensare. Si sa: chi si mette in cam-mino ha una meta ben precisa chevuole raggiungere e si prepara alviaggio predisponendosi al cam-mino, ossia al sacrificio, al confrontocon la realtà che incontra lungo lastrada e, pieno di determinazione,cerca di percorre il sentiero più si-curo e di proseguire in compagnia dialtri pellegrini, calibrando di volta involta i passi da compiere e calco-lando le giuste distanze, affinché lesoste non risultino troppo distanti omolto vicine le une alle altre. Oc-corre tenere il giusto passo, cammi-nando tutti assieme, in armonia…

Una nuova tappa all’interno di unitinerario più lungoIl percorso che è qui tracciato per laChiesa di Napoli, per il prossimo

anno pastorale, è una tappa impor-tante che s’inserisce in un itinerariopiù lungo già intrapreso qualcheanno fa, quando il cardinale Sepe ar-rivò a Napoli (allora si usò la meta-fora dei tre pilastri: comunicare lafede, educare alla fede, vivere lafede), e risente di un’altra tappa ap-pena conclusa: il Giubileo per la cittàdi Napoli, il cui spirito celebrativo dasolo non è sufficiente per ravviare lafede nelle nostre comunità e famigliesenza un sincero e profondo sforzodi conversione pastorale. Dove vuole condurci il nostro Ve-scovo? La tappa che egli ci proponeè molto ambiziosa: si tratta di andareverso il mondo per annunciare ilVangelo di Gesù Cristo con la nostravita, secondo le splendide e profeti-che indicazioni del Vaticano II, unConcilio che resta ancora davanti anoi – “l’inizio di un inizio” (KarlRahner) – sia per le sue felici intui-zioni che per la sua piena e concretaapplicazione pastorale. Il cardinaleSepe ha da sempre preso a cuorel’impegno per la missione e la nuovaevangelizzazione. Più volte ci ha in-vitati a uscire dalle sacrestie e a faredelle piazze e degli spazi pubblici lenuove agorà in cui la fede può intutta tranquillità confrontarsi con leattese e le speranze della gente e al-tresì con le ragioni di chi non credee di chi professa altre fedi. Questa nuova tappa ha un significatoprofondamente pedagogico e seguegli orientamenti della Cei per il de-

PASTORALE

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di Edoardo Scognamiglio

Camminare assieme per il bene della città con fede matura

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cennio 2010-2020: Educare alla viabuona del Vangelo. Dunque, la sceltametodologica per il prossimo annopastorale non poteva non tenerconto della rilevanza sociale, etica,politica e culturale della fede, ossiadel nostro impegno di credentiadulti. Si tratta di ripartire dalla no-stra città, dai bisogni della gente co-mune, dalle sofferenze dei cittadini,di quanti, tra mille problemi (di la-voro, di giustizia sociale, di salute, diemarginazione e delinquenza), cre-dono in una città migliore e si vo-gliono impegnare concretamente perdare un futuro ai propri figli, sa-pendo che Dio abita in mezzo a noie si rende presente nell’uomo, in cia-scuno di noi, soprattutto nei poveri,negli immigrati, negli emarginati, inchi è senza dimora e senza speranza.Ci si vuole impegnare in quantoChiesa – comunità di credenti – enon come una Ong, affinché il no-stro territorio recuperi la sua bel-lezza sfiorita, perché sia la casacomune di tutti e non una coabita-zione di interessi individualistici ediscriminatori. L’invito è a non pian-gerci addosso e a vivere la speranzacristiana non come rassegnazione di-nanzi al male e alle prove della vita,bensì come impegno comune nelpromuovere e cercare il bene e lagiustizia!

Una fede che orienta Il cardinale Sepe sembra dirci che lafede cambia le condizioni (sociali,politiche, economiche e culturali) diuna città. Perché la fede ci orientaverso il bene più grande e ci respon-sabilizza nell’amore verso il pros-simo. Una prova concreta edevidente sopraggiunge dalla testimo-nianza di santità e di carità di tantinostri fratelli e sorelle che hannospeso la loro vita per servire il Van-gelo di Gesù Cristo negli ultimi e neipoveri a Napoli e nei dintorni dellacittà: Gennaro, Vincenzo, Gaetano,Alfonso, Pasquale, Caterina… La fede ha un risvolto socio-politico

che spesso noi cristiani sottovalu-tiamo e non riusciamo neanche acomprendere. La fede in Cristo, in-fatti, ci impone di vivere in un certomodo e ci orienta a scelte coraggioseche spesso vanno controcorrente eche non possono non tutelare la vitae la dignità della persona umana e isuoi diritti fondamentali (al lavoro,all’educazione, alla felicità, alla sa-lute, alla libertà religiosa, etc…).L’obiettivo è quello di formare co-scienze responsabili e attente allavita sociale, educando alla dimen-sione collettiva del credere e del-l’agire da credenti, sapendo che ilculto reso a Dio si esprime nel-l’amore per il prossimo e passa per ilprincipio veritativo della giustizia. Intal senso, è proprio vero che si puòessere un cristiano praticante manon credente. Inoltre, è altrettantovero che il cristiano “praticante” nonè chi celebra il culto, ma chi “pra-tica” gli insegnamenti del Maestro. Il monito che il cardinale Sepe pre-senta è chiaro e forte: non si può es-sere cristiani senza vivere il Vangelo,senza preoccuparsi e impegnarsi perla giustizia, per il rispetto della vita,per il bene della famiglia. Il nostrovescovo ci mette in guardia da unasorta di gnosticismo cristiano, ossiada una fede disincarnata che siesprime semplicemente nelle cele-brazioni e che non trova invece ri-scontro nella vita quotidiana. Dettoaltrimenti: non ci dobbiamo spiri-tualizzare, bensì incarnare. La fedeha senso solo se è radicata nella vitadi ogni giorno, nella storia dell’uomodel nostro tempo. Il pericolo dellaspiritualizzazione e del disimpegnosono sempre in agguato. Incarnarsisignifica prendersi cura del fratello,come altresì di chi è solo e non hapiù speranza.

Una domanda che sorge spontaneaLa domanda che sorge in me sponta-nea, dopo aver letto più volte questalettera pastorale, è la seguente: “Checosa significa essere cristiani a Na-

poli?”. O anche: “Come vivere lafede in Gesù Cristo a Napoli?”. Èchiaro che dobbiamo dare delle in-dicazioni concretissime alle nostrecomunità non solo parrocchiali. Seho fede in Gesù Cristo non possonon vivere e praticare la giustizia eimpegnarmi per la legalità. Se sonoun cristiano adulto avrò cura dellamia città, dei più poveri, dei fratellie delle sorelle che sono in difficoltà.Se sono un testimone di Gesù a Na-poli allora mi impegnerò affinchél’ambiente sia rispettato e cercheròin ogni modo di aiutare i giovani astare lontano dalla camorra, dallavita facile, dalla violenza, cercandodi diffondere sempre di più la cul-tura della responsabilità, della lega-lità e della solidarietà. Mi impegneròaltresì a non piangermi addosso, adenunciare ogni forma di male e diviolenza, come pure ad essere sensi-bile ai problemi legati all’inquina-mento dell’ambiente e al degradodelle nostre piazze.

Il vero tempio è l’uomoInvitandoci a “cantare e a cammi-nare”, in realtà il nostro Vescovo cichiede concretamente di “uscire daltempio” per andare incontro allagente che vive in situazioni di mar-ginalità morale e materiale, senza lapreoccupazione e la paura di “get-tarci nella mischia” e di “sporcarci le

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mani”. È come se ci dicesse che ilvero tempio è l’uomo: Cristo, infatti,si è inchinato davanti alle nostre sof-ferenze e povertà.

Un nuovo decalogoDa questa Lettera pastorale emergeanche un nuovo decalogo con ilquale le nostre coscienze si devonoconfrontare: «Sotterrare rifiuti tossiciè una colpa più grave di tante altre,enfatizzate da una certa tradizionemorale, perché causa l’insorgenza dimalattie mortali per innumerevolicittadini. Chi non paga le tasse o è unfalso invalido o chi marca il cartel-lino per colleghi latitanti, si macchiadi una colpa grave perché cosciente-mente e continuamente si appropriadi risorse destinate al bene comune». C’è l’invito a riscoprire il senso ci-vico, ad avere rispetto per la nostracittà e a bandire quella condotta pas-siva con cui ognuno – più che essereinterprete del proprio futuro – si ras-segna aspettando dalla sorte la solu-zione dei propri problemi. Senza unacrescita della coscienza civica e dellavolontà di partecipazione, non sipotrà mai sperare in un recupero de-cisivo della città. Dunque, per il nostro Vescovo, “Re-sponsabilità” sarà un termine chiavenell’auspicata conversione ecclesialee deve diventare una sorta di gram-matica pastorale, una categoria tra-

sversale utile ad articolare le molte-plici iniziative nei diversi ambitidella nostra progettualità. L’assenzad’interesse verso il bene comune, ilripiegamento su se stessi, l’autorefe-renzialità sono all’origine del de-grado del tessuto civico e religiosonon solo di Napoli, ma di ogni cittàdel mondo. Da qui il bisogno di coin-volgere tutti i credenti a ogni livello.È quanto ci ha ricordato anche papaFrancesco ultimamente quando haaffermato che ««La Chiesa non èun’associazione assistenziale, cultu-rale o politica, ma è un corpo vi-vente, che cammina e agisce nellastoria» e che «nella Chiesa […] c’èuna varietà, una diversità di compitie di funzioni; non c’è la piatta uni-formità, ma la ricchezza dei doni chedistribuisce lo Spirito Santo» (PAPA

FRANCESCO, Discorso 19-6-2013).Sempre papa Francesco, nel discorsotenuto per l’udienza del 26 giugno2013, ha detto che «Nessuno è inu-tile nella Chiesa, tutti siamo neces-sari per costruire questo Tempio!Nessuno è secondario. Nessuno è ilpiù importante nella Chiesa, tuttisiamo uguali agli occhi di Dio».Ognuno di noi ha una missione dacompiere: in casa, in famiglia, sulposto di lavoro, nelle città, nelle co-munità...

Vivere e sentire cum ecclesiaIl cardinale Crescenzio Sepe sembradirci, allo stesso modo che, per ognibattezzato – per coloro cioè che sisono lasciati plasmare e mettere inmovimento dalla potente azionedello Spirito Santo –, non esiste lostato di pensionamento: nella Chiesac’è sempre da lavorare affinché ilVangelo raggiunga tutti i popolidella terra. Il nostro presule vuole,giorno per giorno, sempre di più,contagiare tutti i fedeli della nostracara Diocesi a vivere e a sentire “cumecclesia”, visto che facciamo partedel corpo di Cristo. Innanzi alleprove della vita, alle delusioni checiascuno di noi vive dentro e fuori la

Chiesa, come altresì in tanti organi-smi a carattere sociale, culturale e as-sociazionistico, ai dialoghi interrottiin tante nostre relazioni, alle vio-lenze sul territorio partenopeo, unvero cristiano non può tirarsi indie-tro, anzi, non deve rinunciare al suocontributo, non può non denunciareil male e riconoscere i segni di spe-ranza che il Signore ha messo inmezzo a noi.

Quali sono i primi spazi educativi?A Napoli, i primi spazi educativi perla formazione al senso civico e alladimensione pubblica e sociale dellafede saranno le parrocchie, le fami-glie e le scuole; e gli ambiti da privi-legiare non possono non essere chela catechesi, la caritas, la liturgia, lapietà popolare, come altresì la vitadel clero e dei consacrati, l’impegnodel laicato e la cultura. Un’atten-zione particolare sarà posta alla cate-chesi (per rendere ragione dellasperanza che è in noi, cf. 1Pt 3,14) ealla funzione pedagogica e aggrega-tiva degli oratori, luoghi privilegiatiin cui si formano e maturano le co-scienze. Chi educa i giovani deveeducare alla speranza! Non a unavaga speranza, non a una sorta dibuonismo sterile. Chi educa devecredere che l’amore vince la morte,deve infondere la certezza che solola vita donata per gli altri conducealla felicità autentica. Si tratta dicamminare assieme nel bene per te-stimoniare la fede nella vita di ognigiorno. Ovviamente, non illudia-moci, questo sforzo educativo – e laconseguente conversione pastoraleche ci viene richiesta – non è que-stione di un anno, bensì di tutta l’esi-stenza. Ed è per questo, forse, chenoi restiamo in cammino per tutto ilnostro esistere, pieni di fiducia nel-l’azione potente del Signore croci-fisso e risorto che fa nuove tutte lecose e che ci chiama a costruire isentieri della pace e della giustiziagià ora nel nostro tempo e nella no-stra bella città di Napoli.

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Il culto mariano di san Massimiliano è interamente ispi-rato al dato biblico. La sua considerazione per la Ver-gine prende spunto da quanto Bibbia, Liturgia e

Magistero affermano. In particolare, egli si lascia illuminaredal ruolo centrale dell’Immacolata nella storia della sal-vezza e dalla sua funzione di mediatrice che da semprecompie verso gli uomini. Il santo è consapevole dell’impor-tanza dell’Immacolata nel piano salvifico e cerca di appli-care al suo vissuto quanto la Chiesa propone circa la Madredi Dio. La stessa formula della consacrazione si ispira pro-prio alla funzione che Dio le assegna per la salvezza del-l’umanità. La piena fiducia nell’Immacolata, punto diriferimento per chi aspira a una vita santa, è evidenziata dalbrano che segue, vergato negli ultimi tempi della sua vita,in prossimità dell’arresto e del martirio del santo: «Lascia-moci condurre sempre più perfettamente dall’Immacolatain qualunque posto e in qualsiasi modo Ella vuole collo-carci, affinché adempiendo bene i nostri doveri, contri-buiamo a far si che tutte le anime siano conquistate al Suoamore» (Scritti Kolbe 960). L’amore per l’Immacolata nonè rappresentato solo da qualche formula di preghiera. Sitratta di esprimere la massima fiducia in lei con la certezzache la sua materna protezione e la sua guida benevola con-durranno il credente al compimento della volontà Dio. Ilfedele deve porre la massima attenzione a svolgere quantogli è proprio, offrendo una splendida testimonianza di im-pegno e buona volontà al servizio del Signore e del Regnoseguendo l’augusto esempio dell’Immacolata.La meditazione dei testi evangelici mariani hanno un ruoloimportante nel cammino di fede del martire francescano.Nei brani dell’Annunciazione (cf. Lc 1,28) e della Visita-zione (cf. Lc 1,43) egli ammira la Vergine Maria quale pienadi Grazia ed esalta l’opera di Dio in lei che è il capolavorodivino per eccellenza. L’uomo, nella sua debolezza, ha bi-sogno di considerare Maria come esempio nel suo agire:l’Immacolata gli insegna la totale e generosa disponibilitàal compimento della volontà dell’Altissimo. Circa il Van-gelo di Giovanni, padre Kolbe si sofferma in modo parti-colare sulla presenza della Vergine negli eventi dellapassione e della morte del Redentore (cf. Gv 19,25-27). Èlui a indicarcela quale madre: è un dono meraviglioso diCristo per tutta l’umanità. Maria è presente sul Calvariocome in ogni evento della vicenda terrena del Signore edella insegna al credente ad una costante e fruttuosa comu-nione con Gesù. Inoltre, la sua presenza materna si effonde

MISTICAdi Raffaele Di Muro

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Maria, maestra nella fede

sui suoi figli che possono sperimentare la sua benefica pro-tezione. Maria è colei che si attesta quale meravigliosa coo-peratrice di Dio-Trinità e mediatrice di grazia in favore deicredenti. È dall’analisi della Scrittura, letta ovviamente conun filtro mariano, a far comprendere a Massimiliano il ruolodell’Immacolata nella sua esistenza ed in quella di ogni Mi-lite. In questa linea si pone la stessa consacrazione a Mariache trae fondamento proprio dalla meditazione dei branibiblici espressi precedentemente. Ciò conferma, anche inchiave mariana, il ruolo fondamentale del dato scritturisticonell’esperienza di fede del santo polacco. Massimiliano neisuoi scritti ripercorre le tappe della vita di Maria soprattuttoin riferimento al mistero di Cristo. Si nota, anzitutto, cheegli pone l’accento sulla disponibilità costante della Verginea vivere secondo il progetto divino, accogliendo e custo-dendo Gesù prima e seguendolo in tutta la sua missione poi.Il martire polacco evidenzia soprattutto la povertà dell’Im-macolata che è condivisione di quella del Figlio e che rap-presenta soprattutto la capacità di essere uniti a Lui nelmomento della prova, del dolore e della fatica. L’Immaco-lata è sul Calvario a partecipare alla sofferenza del Signore,ma vive con amore e pazienza altre situazioni di prova ter-ribile. Padre Kolbe fa riferimento alla fuga in Egitto chesconvolge non poco la vita della Vergine Maria che, tutta-via, non esita ad ascoltare la voce di Dio per custodire lavita del piccolo Gesù. Egli riporta l’episodio del ritrova-mento del Signore nel tempio: anche questo episodio coin-volge la madre di Gesù che mostra ancora tutta la sua umiltàe la sua disponibilità ad accogliere quanto Gesù vive. In tuttiquesti eventi l’Immacolata rivela la sua fede e la totale ade-sione al progetto divino anche quando questo comportaraggiungere le più grandi sofferenze. San Massimilianoguarda all’Immacolata come modello di fede e di sequelapure nei tempi di croce e grazie alla contemplazione di leiriesce a morire pregando nel bunker di Auschwitz ed a faredi tutta la sua vita un dono d’amore anche mediante l’offertadelle prove che sperimenta lungo il suo percorso spirituale.L’esemplarità di Maria costituisce un elemento importantedella mariologia francescana e Massimiliano dimostra diessere uno splendido interprete di questa scuola teologica.

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Il giorno 10 agosto, nei primi vespri della solennità disanta Chiara, presso la Basilica Cattedrale, S. Maria As-sunta, in Melfi, sono stato ordinato presbitero per l’im-

posizione della mani e la preghiera consacratoria di S.E.Rev.ma Mons. Gianfranco Todisco, Vescovo della Diocesidi Melfi-Rapolla-Venosa e con concelebrazione del rev.doministro provinciale, p. Edoardo Scognamiglio, dei con-fratelli e sacerdoti diocesani che con gioia hanno presoparte a questo mio grande evento, che mi ha segnato pertutta la vita. Per questo rendo grazie al Signore per tuttole opere belle che ha compiuto e che sta compiendo nellamia vita di frate e sacerdote. Grazie anche a tutte le per-sone che mi hanno voluto bene e che hanno creduto nellamia vocazione e che mi sono state sempre vicine e attenteal mio cammino.È stato un evento solenne, che ha coinvolto proprio tutti:la mia famiglia di sangue, la mia famiglia adottiva deifrati, parenti, amici, un evento emozionante e difficileper me da descrivere a parole. Posso solo dirvi che ho ilcuore gonfio di gratitudine e che mai tornerei indietro!Sì, è una via dura, ma ogni strada ha le sue difficoltà.Ogni vocazione è una rosa con spine. Ogni chiamata o stato di vita ha i suoi lati meravigliosidel Progetto di Dio su ciascuno e le salite di un sentieroper la santità che Dio può costruire attimo dopo attimoin noi. Sono grato a tutti coloro che Dio ha messo sulmio cammino fino ad oggi, per chi è stato strumento diDio nella mia vita, per chi è stato strumento di crescita,per gli amici e coloro che magari non mi vogliono bene,ma che in fondo sono fratelli e sorelle di cammino co-munque. Amo dire “siamo tutti sulla stessa barca”. Oggi vorreidire: vi auguro di salire su questa Barca che mi ha donatodi vivere una gioia che mai ho sperimentato nella miavita, una grande emozione che già mi accompagnava daalcuni giorni prima dell’ordinazione, da quando unasera, facendo un po’ di prove con un mio confratello, in

chiesa, singhiozzando e con le lacrime agli occhi, presipiena coscienza di ciò che di grande e meraviglioso stavaper accadere nella mia vita.E un altro momento emozionante dell’ordinazione èstato sicuramente la prostrazione durante le litanie deiSanti: il ricordo di tutti quei Santi che hanno testimo-niato l’amore del Signore con tutto loro stessi. Hannodonato tutto al Signore non lasciando nulla per sé. Il pro-strarsi a terra e il rialzarsi poi, per me, ha proprio quelsignificato di essere rigenerati dalla terra e rialzandomilasciavo tutto me stesso per essere tutto di Cristo. Quelmomento ha segnato profondamente la mia esistenza sa-cerdotale. Pensavo sia a Pietro che a tutta la realtà delsacerdozio ministeriale, cercando di sottolineare il pro-fondo significato di questa prostrazione liturgica. In quelgiacere per terra prima dell’Ordinazione ho accolto nellamia vita la croce di Cristo e con l’Apostolo mi sono fatto«pavi¬mento» per i fratelli: lì sta il senso più profondodi ogni spiritualità sacerdotale. L’unica certezza che ho è l’amore del Signore. Ora hoiniziato una nuova e bella esperienza nella comunità diS. Lorenzo Maggiore a Napoli, dove sono stato accoltodai frati con grande gioia e lì cercherò di prestare servi-zio con tutto me stesso, in umiltà e con entusiasmo fran-cescano. Questo spero di riuscire a fare: lasciare che ilSignore operi attraverso di me sperando di potergli es-sere utile in qualche modo e in ogni modo. E alla Chiesache in questo tempo sta attraversando un momento dif-ficile, dico, soprattutto ai giovani che vivono con moltasofferenza la ricerca di senso e di verità, usando le paroledi Giovanni Paolo II: “Aprite le porte a Cristo”. Questosecondo me resta l’augurio più bello che si possa fare atutta la Chiesa. Con Cristo nel cuore tutto trova un senso, è il suo amoreche ci fa comprendere veramente ciò che siamo, è il suoSpirito che rende veramente liberi perché ci fa essere noistessi.

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di Domenico SportielloTESTIMONIANZA

Tu es sacerdos in aeternumLa testimonianza di un prete novello

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Partiamo da una costatazione: oggi non si diventa piùcristiani attraverso le modalità di socializzazionereligiosa che erano state valide per tanti secoli; sono

saltati i canali di trasmissione intergenerazionale, e la fedeè diventata una scelta soggettiva, frutto di una scoperta edecisione personale. Il problema, anche se marcatamenteeuropeo o meglio dire occidentale, non è esclusivo. Questasituazione di secolarizzazione, indifferenza e diffidenza èpresente soprattutto nel mondo occidentale, ma purtropposi sta estendendo rapidamente anche ad altri continenti ocontesti attraverso una cultura globalizzata, marcata da unavisione materialista e individualista della vita.Le inchieste sui giovani mettono in evidenza che tra loronon esiste una vera crisi della religiosità e della ricerca disenso; esiste anzi un gruppo notevole di giovani che avver-tono il bisogno di scavare nella dimensione della spiritua-lità per trovare l’equilibrio e l’armonia personale in questomondo frenetico, frammentato e in rapida evoluzione.Ecco il loro desiderio di vedere Gesù.Certo, la dimensione religiosa tende ad essere relegata nellasfera del privato e ad essere assorbita dentro la logica dellasoddisfazione dei bisogni individuali. Si tratta di una reli-giosità ad uso individuale, per il conforto personale; una re-ligione di consolazione e non di responsabilità, checoinvolge l’aspetto emotivo e quello psicologico e agiscecome una sorta di solletico spirituale perché mette in giocoi sentimenti, la passionalità, il coinvolgimento emozionale,ma trascura i valori che servono a sostenerla nel tempo,come la fedeltà, la costanza, la coerenza delle scelte, l’as-sunzione di responsabilità, i progetti di vita. È una religio-sità non istituzionale, ma privata, con presenza di credenzeeterogenee e talvolta formalmente incompatibili (tipo NewAge). I giovani percorrono così una continua migrazionespirituale da un’esperienza ad un’altra, nel ripetuto tenta-tivo di abbeverarsi di nuove emozioni, più o meno misti-che, che li soddisfano individualmente ma non placanomai la sete, perché ogni scelta viene presto abbandonatanel momento in cui arriva il peso da sostenere, la comunità

da incontrare o con cui confrontarsi. Una religiosità, inol-tre, distaccata dall’etica: se in epoche precedenti la fede re-ligiosa era collegata all’etica e all’impegno per latrasformazione del mondo, oggi è collegata all’estetica eallo spirito di convivenza e comunione. In questo sensol’identità religiosa dei giovani (identità che in molti con-serva ancora il riferimento alla fede cattolica) divieneun’identità-rifugio, senza un vero approfondimento inte-riore, spirituale ed etico.In tutte le ricerche si sottolinea l’efficacia della partecipa-zione associativa per la costruzione di un’identità religiosapersonale, favorendo la formazione e l’adesione di fede, ilcammino religioso personale e anche la pratica sacramen-tale. Resta fermo il dato della larga fascia di giovani chemanifesta una rilevante disponibilità ad un discorso reli-gioso, che tuttavia deve evolvere verso forme più maturedi identificazione e di appartenenza. Per questo è urgenterinnovare l’offerta religiosa delle Chiese: superare una ra-zionalità strumentale, sviluppando la dimensione esteticae mistica della fede, spezzare una burocratizzazione alie-nante, promuovendo la dimensione di comunità e d’incon-tro personale, affrontare l’assenza di cuore e di esperienzacon un maggiore sviluppo del linguaggio simbolico e affet-tivo, e una maggiore presenza di esperienze di vita condi-vise. Ecco la sfida del dire Dio ai giovani oggi.Il giovane è sempre aperto alla fede perché è aperto al fu-turo, alla ricerca della propria identità, alla vita e ai valori.Ma sovente quest’apertura è offuscata da un eccesso di cosee di soddisfazioni immediate e superficiali. Capita a moltigiovani come alla “Samaritana” del racconto evangelico diGiovanni: hanno bisogno che qualcuno in nome di Gesùrisvegli in loro quel desiderio profondo di salvezza e di fe-licità che si trova nascosto dalle attese immediate di pia-cere. Le domande di senso, se sono sincere, sono semprespiragli che aprono alla trascendenza, soprattutto quandosono accolte con sincerità e sviluppate attraverso percorsipazienti di profondità.

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ORIZZONTE GIOVANIdi Luca Baselice

I GIOVANI E LA FEDE

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Nonostante il canone 13 del Concilio lateranenseIV del 2015 proibisse nuove regole monastiche edunque la fondazione di nuovi ordini religiosi,

Francesco ne volle una, non riconducibile a quelle già inatto, perché non si riconosceva in alcuna, né in quella be-nedettina, né in quella dei Canonici regolari di sant’Ago-stino, né nella forma vitae romana, ovvero sacerdotale.Questa consapevolezza dell’originalità, l’ha accompagnatofino alla fine.

Francesco alla ricerca di una RegolaIn occasione del dibattito del 1222 nel capitolo delle stuoiecirca la regola da sottoporre all’approvazione del Papa, ri-volto ai frati radunati in capitolo, con tono accurato, dice:«Fratres mei! Fratres mei! Deus vocavit me per viam sim-plicitatis et ostendit mihi viam simplicitatis. Nolo quod no-minetis michi regulam aliquam neque sancti Augustini,nec sancti Bernardi, nec sancti Benedicti. Et dixit Dominusmichi quod volebat quod ego essem unus novellus pazzusin mundo; et noluit nos ducere Deus per aliam viam quamper istam scientiam» (Scripta Leonis, Rufini et Angeli so-ciorum s. Francisci, a cura di R. B. Brooke, Oxford 1970,p. 288). Egli non intendeva creare un’ultima comunità mo-nastica o diventare un’appendice della vita romana. Eglisognava la prima comunità moderna, persuaso che occor-resse mettere in moto qualcos’altro rispetto a quanto dettoe fatto nei secoli precedenti e, ai suoi tempi, dalla Chiesa edagli Ordini monastici. È la vita che egli vuole recuperarenella sua profondità, senza orpelli e contrazioni. InnocenzoIII, con Del disprezzo del mondo, aveva confermato l’im-pressione che la Chiesa, nonostante la veste sfolgorante diottimismo, fosse segnata da un fondo di malcelato pessi-mismo, ben lontano dalle forme di vita sociale in atto.Siamo nell’età dei comuni e dunque oltre l’immobilismofeudale. Tale privilegio dello spirituale sul temporale por-tava con sé inevitabili distorsioni, a causa del predominiodell’idea della gerarchizzazione del reale, cui corrispondel’idea dell’ubbidienza. Lo scettro nelle mani della Chiesa,regina dello spirito, prevaleva su ogni altro, sottomesso oda sottomettere, perché proprio del regno della materia.Con la gerarchizzazione viene al primo posto l’ubbidienza,non la libertà creativa, perché ogni uomo, prima che civisè fidelis, e cioè appartiene alla Chiesa di Dio, entro cui de-vono trovar posto tutte le altre forme di vita.

La fecondità del bene Francesco si oppone a questa lettura pessimistica delmondo come a ogni forma di subordinazione. È l’armonial’idea chiave di Francesco. Come è possibile esitare intornoalla positività del mondo e della storia, se è vero che ilmondo è creato da Dio e nella storia scorre il sangue re-dentivo di Cristo? Il pessimista è un miscredente. Francesconon è un sognatore, ma un ottimista che attinge luce e co-raggio alla fonte inesauribile della creazione e della reden-zione. Se la società è in difficoltà, occorre chiedersi cosaimpedisca all’occhio di vedere e dove la forza redentiva sisia inceppata, e dunque come illimpidire l’occhio e comeliberare il flusso di vita, perché scorra nuovamente attra-verso le vene dell’umanità. Il male non si combatte. NeL’ideologia tedesca, Marx cita un passo da un libro di GeorgKuhlmann – Il regno dello spirito – pertinente alla peda-gogia francescana: «Voi non dovete abbattere e distruggereciò che vi attraversa la strada, ma scansarlo e lasciarlo stare.E quando lo avete scansato e lasciato stare, esso cesserà dasé, perché non troverà più alimento» (cit. da G. Agamben,Il tempo che resta. Un commento alla Lettera ai Romani,Torino 2000, p. 36). Francesco soffre per il male che affliggela società e sfigura il volto della Chiesa. Ne è contrariatopiù di quanto ne sarà Lutero. Egli però non sfida l’iniquità,non vuole opporsi frontalmente. Egli ha preferito accen-dere nuove luci, gettandosi nella povertà, come nella sor-gente di ogni purificazione, deciso a far defluirenuovamente la linfa divina per i canali sotterranei della sto-ria. Il male è chiusura, pigrizia, viltà, cristallizzazione, neipassaggi oscuri del tempo. Come espungerlo? Accrescendola vita, purificando lo sguardo, lasciandosi investire dallabellezza del mondo, non semplice materiale da utilizzareo miniera di risorse da sfruttare, ma casa da abitare, appor-tando tutte le modifiche necessarie, purché sia lo spazio,caldo e accogliente, di tutti. I nemici sono là dove si annidal’apatia spirituale, propria di chi non sente il fascino dellavita, o di chi coltiva il piacere di vedere gli altri ai propripiedi. La lotta deve aver luogo tra l’uomo esteriore, posses-sivo e concupiscente, e l’uomo interiore, finalmente liberoe liberante, capace di attingere alla sorgente della vita, alVangelo, regola senza regole, perché le consuma tutte, tra-scendendole, in nome della libertà. Più che un luogo didottrine, il Vangelo è forma suprema di vita – haec est vitaevangelii Jesu Christi, esordisce la Regola non bollata.

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ASTERISCHI FRANCESCANI

di Orlando TodiscoAlla fonte della pedagogiafrancescana

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SPIRITO DI ASSISI

di Giambattista Buonamano

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Quale futuro per la terra dei fuochi?

Nei giorni 17 e 18 ottobre si è svolto, presso il SantuarioSan Salvatore di Orta di Atella (CE), il convegno pro-mosso e patrocinato dall’Ordine Francescano Seco-

lare sul tema Quale futuro per la Terra dei Fuochi?, percontinuare a mantenere alta l’attenzione sui problemi che af-fliggono questa parte del nostro territorio regionale e dellapopolazione che vi risiede. Hanno portato la loro testimo-nianza padre Alex Zanotelli e l’Onorevole Pina Picierno, in-sieme a Mariano Alliegro (Consigliere Regionale OFS -Delegato per Giustizia, Pace e Salvaguardia del Creato), l’Ono-revole Stefano Graziano, l’Onorevole Marco di Lello, la Se-natrice Rosaria Capacchione, don Maurizio Patriciello. Gliinterventi sono stati moderati da Angelo Cervone (Consigliereregionale OFS - Delegato per la Pastorale Familiare). La Terradei Fuochi è, in sintesi, la denominazione del dramma socialerappresentato dall’incendio criminale di rifiuti speciali. Cometestimoniano le migliaia di fotografie e gli oltre cento videoraccolti su diversi siti da parte di associazioni di volontari, que-sta è una pratica criminale ormai consolidata da molti anni.Nonostante ciò, resta taciuta dai maggiori media e declassatanella lista delle priorità dei vari governi, delle amministrazionie delle forze dell’ordine. Il record dei tumori appartiene allaterra dei fuochi situata tra il casertano, il nord di Napoli el’agro aversano. Si muore a sei anni, a vent’anni, e si calcolache i bambini nati nel 2000 non arriveranno ai trenta! Sì, nella

terra dei fuochi non si ha diritto alla vita: lo sanno le migliaiadi uomini e donne, di bambini, onesti cittadini che grazieanche al sostegno di diverse diocesi campane e di alcuni sin-daci coraggiosi del casertano stanno partecipando a più corteie manifestazioni contro la costruzione dell’inceneritore, l’ul-timo atto di uno scempio che continua a consumarsi in questaterra martoriata dalla camorra. L’incidenza di tumori è piùalta nelle campagne di Acerra, dove chiunque versa di tutto,senza alcun controllo da parte delle autorità: vernici, legno,ferro, amianto e materiale di ogni genere e per finire appiccail fuoco! La commissione sanità al Parlamento indaga, il mi-nistro per l’ambiente promette esercito e controlli, ma per orale scorte servono ai politici in giacca e cravatta e in macchinablu con vetri oscurati! Nel rispetto dell’uomo e del suo am-biente, dobbiamo fermare la mente criminale di chi, senzauna vera presa di coscienza, coltiva frutti, piante, fiori e cerealisu terreni inquinati e destinati ai rifiuti tossici. Bisogna poieducare la nostra gente a prendere consapevolezza che ogniforma di inquinamento è un abuso nei confronti della societàcivile e dello stesso pianeta che noi abitiamo. Senza il rispettodell’ambiente non ci sarà mai futuro per l’uomo. Allo stessotempo, però, politici e amministratori del bene comune de-vono agire con tempestività, denunciando il male e confi-scando i beni della camorra e di quanti, se pur agricoltori,continuano a produrre merce inquinata dai rifiuti tossici.

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Èquesto il titolo del bel libro didon Ricardo Castillo che si èpresentato a Napoli, in S. Lo-

renzo Maggiore, lunedì 21 ottobre,alla presenza del cardinale di NapoliCrescenzio Sepe e del prefetto dellaCongregazione per il culto divino e ladisciplina dei sacramenti, mons. An-tonio Cañizares Llovera.Il libro non è un saggio di teologia: sicompone di dodici lettere scritte in unlinguaggio accessibile, nelle quali, at-traverso episodi personali e passi dellaBibbia, si cerca di spiegare la Messa,un atto di culto ancora e sempre pre-sente, ma del quale si è finito per di-menticare il senso e che troppo spessoè vissuto solo come un rito scollatodalla vita quotidiana. Ricardo Reyes sirivolge a credenti e non, in un per-corso sorprendente e di facile lettura,per aiutarli a riscoprire l'esperienzaeucaristica della Messa e la bellezza diDio. Il testo è edito da Cantagalli.Il cardinale Crescenzio Sepe, dopo ilsaluto iniziale, si è soffermato soprat-tutto sulla liturgia come luogo educa-tivo per la fede, mettendo in evidenzal’importanza del linguaggio simbolicoe dei gesti in ogni celebrazione euca-ristica, e di come svolga un ruolo fon-damentale l’educazione dei giovani edei bambini attraverso la catechesi li-turgica.Mons. Llovera, invece, si è soffermatosul carattere di Mistero che assumeogni celebrazione eucaristica e ci hainvitati a riscoprire il rinnovamentoliturgico operato dal Concilio Vati-cano II che, per molti aspetti, resta da-vanti a noi, cioè inattuato. «Da qui lanecessità di approfondire il rinnova-mento liturgico voluto dal VaticanoII, un segno chiaro dello stato in cui si

trova la liturgia cattolica nel mondo.Non attraversa il suo miglior mo-mento. Chiaramente c’è la necessità diravvivare il vero senso della liturgianella vita cristiana e nella vita dellaChiesa. Si è fatto molto, senza dubbio,però risulta insufficiente e bisognafare molto di più, soprattutto nel far sìche gli insegnamenti del Vaticano IIentrino nella coscienza di noi che for-miamo la Chiesa perché la liturgia siacentro della Chiesa, sia fonte e cul-mine della vita cristiana. Disgraziata-mente, oltre a una certa superficialità,esteriorità e rischio della routine, cisono anche abbondanti abusi. Gliabusi sono espressione di errori nellafede, che al tempo stesso conducono asfigurare la fede stessa. Bisogna porreil massimo impegno nel correggere gliabusi e lavorare in favore della fede.Una responsabilità che tutti abbiamosempre, ma soprattutto in quest’Annodella fede e in modo particolare i ve-scovi». Se di certo quello che è più visibile nelrinnovamento liturgico appare nellariforma liturgica, è anche certo che laverità della liturgia e gli insegnamenti

di “Sacrosanctum Concilium” sonoentrati sufficientemente, non sonostati calati con la necessaria profonditànella mente e nella vita del popolo diDio. Per questo abbiamo bisogno diapprofondirla maggiormente e così cisarà una nuova rinascita nella Chiesa,un nuovo vigore per l’evangelizza-zione, un grande rinnovamento dellaChiesa. Che non sta nel cambiare leforme, ma nell’entrare, per viverla,nell’interiorità della liturgia sacra. Perquesto io non parlo di “riforma” ma diapprofondimento del rinnovamentoliturgico voluto dal Vaticano II.

di Angelo PalumboCRONACA

Lettere tra cieloe terra

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Per l’amante della pittura europea della prima metàdel Seicento vi è un’occasione unica: la mostra, perla prima volta in Italia, dei capolavori dello spa-

gnolo Francisco de Zurbarán esposta nelle sale del Palazzodei Diamanti a Ferrara fino al 6 gennaio 2014. Nato nel1598 a Fuente de Cantos, in Estremadura, Zurbarán vissee lavorò soprattutto a Siviglia e solo negli ultimi anni dellasua vita si stabilì a Madrid dove morì nel 1664. Egli rap-presenta uno delle massime espressioni pittoriche del fer-vore religioso in Europa negli anni postridentini. Benchénon compì mai nessun viaggio in Italia per conoscernel’arte, fu soprannominato “il Caravaggio Spagnolo“ per lasua abilità di costruire i soggetti e le scene attraverso laluce, che assume così nelle tele una funzione plastica. Fu contemporaneo di Diego Velázquez (1599-1660), Bar-tolomé Esteban Murillo (1618-1682) e del centese Guer-cino (1591-1666) così come dei fiamminghi Rembrandt(1606-1669) e Frans Hals (1582-1666). I dipinti di Franci-sco de Zurbarán sono quasi sempre raffigurazioni sacre:Gesù Cristo, la Vergine, molti monaci e santi. Nella mostraferrarese possiamo ammirare, tra gli altri, il “San Francescod’Assisi nella sua tomba” (cm 204,8 x 113,4), un olio sutela del 1630-34, oggi al Milwaukee Art Museum. È unquadro di raro fascino, dalla luce drammatica e contrastatadella corrente del tenebrismo ispirata a Caravaggio e Ri-bera. In questo dipinto il serafico padre san Francesco ap-pare da solo, in piedi, con la tonaca fatta di forme

geometriche chiare. Egli avanza dal buio verso la luce, conil volto completamente nascosto dall’ombra del cappucciocilindrico che gli copre la testa. Procede verso l’osserva-tore con lo sguardo rivolto a un cranio che tiene nel cavodelle mani, intento a meditare sulla fugacità della vita. Zurbarán ci presenta così un san Francesco “mistico”, me-diato dalla spiritualità postridentina, senza alcun rapportocon la realtà che lo circonda né tantomeno con l’osserva-tore, chiuso com’è nel suo mondo di spiritualità e di con-templazione. Questo san Francesco dal volto in ombra,non definito, ci inquieta ma allo stesso tempo ci attrae inquanto può assumere il volto di ognuno di noi. È come uninvito a ogni uomo di buona volontà a ritrovare la verachiamata: rientrare in se stessi per meditare sulla mortecome unico momento di superamento dei limiti terreni edare così il giusto posto a Dio, Uno e Trino, e al suo amore“viscerale” per noi, nella vocazione sanfrancescana di se-guire finalmente non più il servo ma il Padrone.

ARTE

di Paolo D’Alessandro

Un san Francesco “mistico” a Ferrara

Corso Ercole I D'Este, 2144121 Ferrara

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Una terra mistica, ricca di una grande energia sentitain ogni angolo, scaturita dalla terra dov’è nato e vis-suto san Francesco. Questa energia si percepisce

chiaramente ad Assisi, la città che ha ospitato il convegnoFede, Fiducia e Fedeltà in san Francesco e san MassimilianoKolbe, organizzato dal Centro MI Nazionale (nei giorni 18e 19 ottobre) come momento di comunione e di conclusionedel cammino di riscoperta delle nostre radici francescanenell’Anno della Fede. Il convegno è iniziato con una vegliadi preghiera nella Basilica inferiore di S. Francesco venerdì18 ottobre alle ore 21,00 ed è continuato nel giorno succes-sivo, sabato 19 ottobre dalle ore 9,00 alle 16,00, nel teatroLyrick di S. Maria degli Angeli, per terminare con la cele-brazione eucaristica presso il santuario di Rivotorto.Il relatore del convegno, fra Edoardo Scognamiglio OFMConv. Ministro Provinciale della Campania-Basilicata, comesempre, è riuscito ad aiutare tutti i partecipanti – circa 600ospiti in sala provenienti da tutta Italia – a riflettere sui trepunti cardini del tema per dare una svolta al nostro cam-mino spirituale e applicarli alla nostra vita reale.La relazione di padre Edoardo è stata seguita molto attenta-mente colpendo e coinvolgendo la gente e infiammando glianimi. Non ci può essere fede, ha detto il relatore, se primanon proviamo a creare un senso di fiducia in tutto quelloche siamo, pensiamo e operiamo. La fiducia è la premessaaffinché possa nascere nell’altro la fede. Questa poi si nutredella preghiera che è come il respiro dell’anima. Il tema dellafiducia è stato brillantemente affrontato ponendo in evi-denza il dato biblico: credere, nelle Scritture, vuol dire affi-darsi a Dio e trovare in lui stabilità. La radice ebraica di

Amen, infatti, significa proprio “stare saldo”, “mettere ilpiede ben saldo a terra, senza vacillare”. Il tema della fedeltàrichiama l’alleanza che Dio ha stipulato con il suo popoloIsraele. Cristo svolge, in tal senso, un ruolo unico, visto cheegli imparò l’obbedienza dalle cose che patì. San Francesco,poi, diviene un modello di fede perché è riuscito a vedereCristo in ogni fratello che Dio gli poneva accanto e in qual-siasi creatura vivente. In san Massimiliano, invece, la fedesi è fatta amore concreto per i nemici, fino al dono estremodella vita. Si è notato in questo convegno molte più personee molta più energia del solito. Lo spirito di Francesco ispiraancora altre anime al risveglio…Educare alla fede è per la chiesa, per noi, il compito prima-rio; ma nel tentativo di riuscirvi possiamo imboccare moltestrade, alcune decisamente sbagliate, altre poco efficaci.Tutto dipende in verità, e non può essere diversamente,dalla nostra capacità di assumere la stessa pedagogia vissutada Gesù nell’incontrare gli uomini e le donne. Anche oggila fede può essere generata, destata, fatta emergere da chi,volendosi testimone ed evangelizzatore di Cristo, sa incon-trare gli uomini in modo umanissimo; sa essere una personaaffidabile, la cui umanità è credibile; sa essere presente al-l’altro, sa fare il dono della propria presenza; sa, in un de-centramento di sé, fare segno a Gesù e, attraverso di lui,indicare Dio, il Dio che è amore. Può darsi – come molti af-fermano – che oggi il discorso su Dio lasci gli uomini indif-ferenti: io stesso penso che questa osservazione contenga delvero. Può darsi che oggi «la chiesa» – come scriveva qua-rant’anni fa il teologo Joseph Ratzinger – «sia divenuta permolti l’ostacolo principale alla fede».

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MILIZIA DELL’IMMACOLATA

di Silvia Compassi

Fede, fiducia e fedeltà:la MI ad Assisi

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Lo scorso 20 giugno 2011, fra Edoardo Scognamiglioè stato riconfermato Ministro Provinciale di Napolie Basilicata durante lo svolgimento del Capitolo

provinciale ordinario. Ho rivolto alcune domande al nostroMinistro per farci comprendere il progetto che i Frati Mi-nori Conventuali di Napoli e Basilicata intendono portareavanti per i prossimi 4 anni.

Che cosa si prova a stare a capo di una grande fraternitàcome quella della Provincia di Napoli?Io credo che ognuno di noi sia chiamato a svolgere conumiltà, competenza e spirito di sacrificio la missione cheil Signore gli affida attraverso la volontà dei fratelli. Sonoconsapevole che in questo momento il servizio dell’auto-rità, nella Chiesa, è sempre di più un compito delicato.Stare a capo di una grande fraternità come quella della Pro-vincia di Napoli significa, concretamente, ascoltare tutti eservire i fratelli, operando scelte coraggiose e a volte con-trocorrente.

Qual è il progetto più importante della nostra Provincia?È indispensabile, in questo momento, concentrarci sullamissione e sull’apostolato. Per troppo tempo ci siamo sof-fermati a riflettere esclusivamente sul senso della vita re-ligiosa e della vita fraterna. Dobbiamo riscoprire la vita

fraterna e la natura della nostra consacrazione attraversoil dono pieno e gioioso di noi stessi. Questo significa chedobbiamo concentrarci sull’annuncio del Vangelo in unmondo che è già cambiato e che pone ai margini la buonanovella del Cristo. Lo stesso papa Francesco, in più occa-sioni, ci ha detto che evangelizzare ci porta su, ci dà gioia.Il nostro progetto quadriennale riguarda proprio la gioiadi annunciare Cristo in compagnia di Francesco. Si trattadi tenere assieme l’elemento essenziale della vita cristiana– l’annuncio – e quello proprio della nostra consacrazioneche è la fraternità. Quando ci amiamo gli uni gli altri alloradiveniamo testimoni credibili del Vangelo. Tuttavia, unacomunità che non si apre al mondo e agli altri non è cri-stiana né francescana, perché vive solo per se stessa. Esseremissionari, essere francescani, vuol dire vivere per gli altri.

Come si annuncia Gesù? Quali sono gli spazi della mis-sione?Innanzitutto curando la propria vita spirituale e il primatodi Dio. Che cosa possiamo annunciare agli altri se non fac-ciamo un’esperienza concreta di Gesù Cristo? Se manca illegame con il Signore non possiamo essere sale della terrae luce del mondo. La preghiera diventa il punto di partenzadi ogni forma di annuncio e di missione. Poi è indispensa-bile conoscere i luoghi della nuova evangelizzazione: le

La gioia di annunciare Cristo in compagnia di Francesco

PROVINCIA-NEWS

di Luca Baselice

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piazze, le città, i quartieri, i centri commerciali… Occorreuscire dalle sacrestie per andare incontro alle gente lì dovele persone vivono, lavorano, operano, si confrontano. Cisono spazi della nuova evangelizzazione che attendono an-cora di essere esplorati: il cinema, l’arte, il teatro, la radio,internet, la musica… In questo momento, guardandoanche alla Campania, non possiamo esimerci dal confrontocon la salvaguardia del creato, con il problema dell’am-biente. La crisi ecologica ci tocca molto da vicino. In talsenso ci può aiutare molto lo Spirito di Assisi: diventa unavera scuola di formazione ai nuovi stili di vita. Guardandopoi più da vicino l’ubicazione dei nostri conventi, credoche l’attenzione all’altro, agli immigrati, non possa esseredisattesa. La tragedia di Lampedusa è sotto gli occhi di tutti.Una vera fraternità deve saper accogliere e ascoltare ilgrido dei poveri e dei sofferenti.

Quali sono le proposte concrete per l’animazione missio-naria oggi?In realtà siamo tutti missionari e testimoni del Vangelo.Ogni comunità è chiamata ad annunciare il Vangelo. Ciòè possibile se sappiamo fare del dialogo e dell’amicizia fra-terna il nostro stile di vita. L’accoglienza è la prima formadi evangelizzazione e di apostolato. Una comunità chiusain se stessa, nelle problematiche interne, incapace di faruna chiara lettura del territorio, non serve a nulla. Acco-gliere vuol dire anche curare la vita degli altri che tantevolte è messa nelle nostre mani, vuoi per la formazione,vuoi per l’educazione, vuoi per aiuti concreti e molto pra-tici. Proveremo, in diverse comunità, ad animare alcunispazi cittadini, invitando i giovani a pregare con noi e aconfrontarsi con la Parola di Dio. Sono convinto che i gio-vani, oggi, hanno sete della Parola di Dio e sono attenti alleproblematiche della giustizia sociale e dell’ambiente, comealtresì al tema della pace e del dialogo interreligioso.Nel nostro Capitolo provinciale abbiamo deciso di superareuna pastorale esclusivamente sacramentale per dedicarcialla predicazione itinerante, all’animazione missionaria egiovanile, all’accoglienza dei migranti. Ci sono sfide a ca-rattere sociale che non possiamo disattendere. I frati de-vono ritornare a stare in mezzo alla gente, alle famiglie, aigiovani. Abbiamo il dovere di ascoltare le persone e di sa-perle accogliere.

Si parla spesso di crisi religiosa e vocazionale, com’è la si-tuazione per la nostra Provincia?Grazie a Dio, non ci mancano le vocazioni. Nonostante uncerto calo numerico, alle porte dei nostri conventi bussanogiovani motivati, che hanno già fatto un’esperienza con-creta di vita e che sono molto più esigenti e critici rispettoa un modello vocazionale oramai superato. Ci sono giovaniche hanno già fatto esperienze lavorative e sentimentali e

che vogliono confrontarsi con la proposta di vita di Fran-cesco d’Assisi. L’età media dei giovani che entrano in con-vento è cresciuta. La formazione deve, in tal senso,adeguarsi alle nuove situazioni che i giovani in discerni-mento vocazionale vivono.Il ridimensionamento delle nostre presenze non deve ab-batterci: diventa un’occasione per essere più uniti e perguardare con gli occhi della fede il nostro percorso fran-cescano. Senza lo sguardo di fede non andiamo da nessunaparte. Ci siamo convinti che la diffusione del Vangelo nondipende né dal numero di persone coinvolte, né dal pre-stigio dell’istituzione e nemmeno dalla qualità di risorsedisponibili, ma soltanto dall’amore di Cristo.

C’è un’immagine o un motto con cui indicare il percorsodel prossimo quadriennio?Vogliamo iniziare il prossimo quadriennio ponendo atten-zione alle quattro A: Accogliere la Parola per Ascoltare Dioche ci parla; Amare i fratelli per Annunciare al mondo labellezza del Vangelo e della vita nuova in Cristo e nelloSpirito! Esiste uno stile missionario tipicamente meridio-nale per annunciare il Vangelo tra la nostra gente con sem-plicità e familiarità. La missione e la consacraziones’incarnano sempre in un determinato territorio e, di con-seguenza, nella Chiesa locale.

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Lo scorso 17 settembre, qui ad Assisi, sulla tomba delSacro Convento di Assisi, alcuni giovani hanno ini-ziato il cammino del noviziato e indossato i panni

della prova. Tra questi ragazzi ce ne sono tre iscritti allaProvincia religiosa di Napoli e Basilicata. Essi sono: BrunoGiordano, originario di Salerno; Mario Ravanni, di Mad-daloni (Ce), Domenico Di Nardo, originario di Napoli. Lacelebrazione, molto semplice, presieduta dal Custode diAssisi, p. Mauro Gambetti, si è svolta durante il Vespro.Indossando i panni della prova, il novizio si impegna acompiere un cammino di piena spogliazione, consegnan-dosi completamente al Signore, certo che la via della Croceè quella che porta alla salvezza e alla morte di sé. Hannopartecipato alla celebrazione solo i frati: il tutto si è svoltocon semplicità e nel nascondimento. I giovani novizi eranoemozionati, entusiasti, col volto pieno di gioia, sorridenti.Ho qui raccolto qualche loro pensiero.

Ragazzi, come immaginate quest’anno e cosa vi aspettateda questo nuovo percorso?Bruno: Certamente sarà un anno molto impegnativo in cuistudieremo la Regola, ci confronteremo con i voti di po-vertà, castità e obbedienza e verificheremo meglio la nostravocazione francescana. Spero di poter conoscere megliome stesso e di scoprire la gioia di vivere in fraternità.Mario: Spero, sinceramente, di fare un’esperienza forte diDio e dei fratelli, e di ricevere più luce dal Signore per me-glio comprendere il dono della vita religiosa.Domenico: Io credo che sia importante mettersi in ascoltodella Parola di Dio e di alimentare con la preghiera, giornoper giorno, la vocazione francescana. Mi aspetto di appro-

fondire il carisma francescano, la Regola, i Voti, la pre-ghiera, la stessa liturgia.

Quale messaggio vorreste inviare ai giovani di oggi?Bruno: Beh, che servire il Signore nei fratelli è molto belloe che c’è per tutti una chiamata divina: scoprirlo vuol diretrovare delle risposte concrete al senso della vita e alla pro-pria felicità.Mario: Vorrei dire ai giovani di non avere paura di ascol-tare la voce del Signore che ci parla dentro, soprattutto at-traverso le nostre inquietudini. Perché dove c’è il Signorelì c’è veramente la nostra gioia.Domenico: Credo che sia molto importante dire ai giovanidi oggi di fidarsi di Gesù e di mettersi in ascolto sincero delVangelo, perché, come Francesco e Chiara, Dio possaanche parlare ai loro cuori.

Cosa hanno pensato le vostre famiglie di questa scelta?Bruno: Io sono figlio unico e non ho più il papà. Mia madrenon fa altro che pregare per me e accompagnarmi con ilsuo affetto, condividendo appieno la mia scelta.Mario: I miei genitori mi sostengono con il loro amore,anche se sono anziani. Ho visto molto emozionati gli altricomponenti della mia famiglia, specialmente mio fratellopiù grande. Nessuno mi ha ostacolato: la mia famiglia cam-mina con me.Domenico: Anche io credo che la mia famiglia sia feliceper me. Con i miei genitori ho sempre avuto un dialogoaperto e sereno. Questo è per noi un tempo di prova e diverifica. Certamente, se ascoltiamo la voce del Signore citroveremo sempre bene.

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DAL NOVIZIATO

di fra Loreto del Piano

Sulle orme di FrancescoI nostri novizi ad Assisi

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IN BOOK

La Redazione

E. SCOGNAMIGLIO, L’incarnazione del Verbo. Il contributo di Tommaso d’Aquino nellaSumma theologiae, prefazione di G.L. Müller, LEV, Città del Vaticano 2013, pp. 252,euro 18.In questo saggio, l’autore studia il contributo che san Tommaso d’Aquino offre nellaSumma theologiae sul mistero dell’incarnazione del Verbo, dal Dottore angelico defi-nito come il “mistero più mirabile”. L’incarnazione del Verbo è opera supererogatoria,un eccesso dell’amore di Dio verso le creature. Il contenuto e il metodo teologico pro-posti da san Tommaso d’Aquino hanno ancora molto da dire al nostro modo di fare teo-logia oggi e anche per ripensare alla forma definitiva di Dio nella storia, Gesù Cristocrocifisso e risorto, che resta per sempre Parola fatta carne, l’Emmanuele.Il testo è una seria riflessione scientifica sul metodo teologico del Dottore angelico ed èper gli addetti ai lavori in campo teologico-sistematico e filosofico.

G. RAGOZZINO, Le preghiere del musulmano, Collana Hiwâr-Dialogo 13, Messaggero,Padova 2013, pp. 128, euro 12.L’autore, già docente di Storia delle religioni in diversi centri accademici nazionali, si èpiù volte cimentato a scrivere sul mondo islamico, ottenendo un buon successo neltesto dedicato a Maria nel Corano. In questo piccolo saggio, scritto con linguaggio sem-plice ed essenziale, ci fa scoprire il significato e le diverse forme della preghiera per imusulmani: la preghiera liturgica o preghiera pubblica, da secoli regolata da un rigidorituale; la preghiera privata come la recita del Corano e l’invocazione dei «bei nomi» diDio; le preghiere e le suppliche del musulmano durante il pellegrinaggio alla Mecca; lapreghiera cadenzata delle confraternite musulmane. Come sempre, la serietà scientificae la precisazione terminologica accompagnano questo scritto e i contenuti sono accessi-bili a un vasto pubblico di lettori, anche ai meno esperti del mondo islamico.

P.P. FRIGOTTO (cur.), Io rispetto le mie radici. IV Comandamento. Onora il padre e lamadre, Paoline, Milano 2012, pp. 155, euro 12,50.Questo piccolo saggio raccoglie contributi ad ampio spettro culturale sul IV comanda-mento: onora il padre e la madre. Sono presentati gli aspetti biblici, teologici, spirituali,sociali, culturali, etici e anche psicologici del rapporto genitori-figli e della famiglia insé. La piccola bibliografia rende il testo una buona occasione per approfondire i diversiaspetti dei temi trattati di volta in volta. Il libro rientra in un progetto editoriale per lascuola finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e riconosciuto una delle treeccellenze a livello nazionale. Il padre e la madre, pur con i loro limiti e le loro fragilità,rimangono il riferimento fondamentale per ciascuno, anche quando educativamente as-senti o eccessivamente dominanti. Rispettare le proprie radici significa comprenderemeglio la propria identità.

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E. LOHSE, Padre nostro, Paideia, Brescia 2013, pp. 150,euro 16.Il Padre nostro è la preghiera più co-nosciuta e maggiormente diffusadella cultura cristiana. Ancora oggimolti milioni di persone in ogniparte del mondo pregano con questeparole. L’importanza e la peculiaritàdi questa che è la preghiera dei cri-stiani consistono soprattutto nelfatto che essa riprende direttamentele parole con cui Gesù ha insegnatoai suoi discepoli a pregare.Questo saggio spiega la preghiera, la sua tradizione e ilsuo valore teologico. Qual è il testo originario dellapreghiera? Quale interpretazione teologica si può daredelle singole richieste? Queste e altre risposte sono quifornite. L’autore è già note per altre sue famose pubbli-cazioni a carattere biblico e strettamente esegetico.

M. FORTI - L. MAZAS (curr.),La bellezza. Un dialogo tracredenti e non credenti,Saggine 222, Donzelli, Roma2013, pp. 107, euro 18,50.Questo saggio è un piccolis-simo gioiello sul tema este-tico della bellezza: raccoglie,infatti, voci, riflessioni, sen-timenti e intuizioni relativiallo splendore della verità eal fascino dell’arte. Voci autorevoli, infatti, siconfrontano sul confine della fede e della ra-gione, su ciò che veramente è il senso della bel-lezza. Se è vero, come afferma mons.Gianfranco Ravasi, che rara è la capacità di la-sciarsi ferire dalla bellezza, quando questa feritasi realizza in noi allora ci introduciamo diretta-mente nel mistero di Dio, dell’Infinito Misteroche ci attende…

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La redazioneEVENTI

Assisi, 17 settembre 2013, Vestizione dei novizi

Orta di Atella, 17

Melfi, 11 agosto 2013, celebrazione

Ravello, 26 ottobre 2013, festa del Beato Bonaventura da Potenza Cascia, 16 settembre 2013, visita al santuario di santa Rita

Melfi, 10 agosto 2013, Ordinazione sacerdotale di fra Domenico Sportiello

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Napoli, 4 ottobre 2013, festa di S. Francesco d’Assisi

Castellammare, luglio 2013, secondaparte del Capitolo provinciale

Maddaloni, 23 ottobre 2013, manifestazione degli Araldini per la terra dei fuochi

7 ottobre 2013, convegno promosso dalla commissione “Spirito di Assisi” per la terra dei fuochi

e eucaristica presieduta da fra Domenico Sportiello

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WELFAREIl fondo per la social card è destinato ad un incre-mento di 250 milioni per il 2014: la carta acquistinon è più riservata ai soli cittadini italiani, ma potràessere richiesta anche da cittadini comunitari e non,in possesso del permesso di soggiorno.RENDITE FINANZIARIEA partire dal 2014, l'imposta di bollo sulle comuni-cazioni relative a prodotti finanziari salirà dall'1,5al 1,65 per mille.BANCHEGli istituti di creditopotranno godere di un’antici-pazione delle detrazioni fiscali su Ires e Irap, checomporterà una sensibile riduzione del loro caricofiscale. Nell testo della legge di stabilità approvatodal Consiglio dei ministri, infatti, è previsto che lesvalutazioni e le perdite sui crediti saranno deduci-bili nell’esercizio in cui sono state imputate a bilan-cio e nei quattro anni successivi.IMU E TARESDopo una breve, tortuosa ed ingloriosa carriera,scompare definitivamente l’Imu sulla prima casa(tranne che per gli immobili di pregio). Abolitaanche la Tares. Al loro posto, nasce un nuovo tri-buto: la TRISE (vedi sotto).TRISEIl nuovo tributo sui servizi comunali sarà compostoda una tassa sui rifiuti solidi urbani (denominata“Tari”) e una sui servizi indivisibili dei Comuni (de-nominata “Tasi”). Il versamento dovrà avvenire inquattro rate trimestrali (ma sarà consentito anche ilpagamento in soluzione unica entro il 16 giugno diogni anno), mentre la disciplina tariffaria e le ali-quote di Tari e Tasi spetteranno ai Comuni. La veranovità, però, sta nel fatto che a pagare la Trise nonsaranno soltanto i proprietari, bensì anche gli inqui-lini, .ovvero, come recita il testo, «chiunque pos-sieda, occupi o detenga a qualsiasi titolo» unimmobile.Ma tutto ciò, come sostiene il premier, rappresentasolo l’ossatura di quella che è la ex legge finanziaria.Insomma, c’è ancora molto da scrivere e c’è ancoratanta incertezza sulle sorti di molti singoli provve-dimenti. Intanto, però, gli italiani possono conso-larsi con quella che, secondo alcune emittentitelevisive, sembra essere la notizia del secolo: Al-bano e Romina cantano di nuovo insieme dopo 19anni. E allora chissenefrega della legge di stabilità,del cuneo fiscale, dell’Irap e compagnia cantando. Anoi basta una notizia del genere ed è subito…..“Fe-licità”!

Cristo crocifisso ha, dunque, piena consapevolezza di aprirele porte di quel Regno non soltanto al buon ladrone, ma atutti gli uomini. È il Regno che Egli si è acquistato a prezzodel sacrificio della Croce. Essendo eternamente Re in quanto“generato prima di ogni creatura”, diventa, allo stesso tempo,in un modo particolare, Re a prezzo del sacrificio offertosulla Croce. Comprendiamo, perciò, anche le altre paroledella Lettera ai Colossesi: «Piacque a Dio di far abitare in Luiogni pienezza e per mezzo di Lui riconciliare a sé tutte lecose, rappacificando con il sangue della sua Croce, cioè permezzo di Lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli»(Col 1,19-20). Cristo è Re, in primo luogo, perché è Figlioconsostanziale al Padre; come uomo, poi, è Re mediante laCroce, sulla quale ha redento tutta l’umanità; infine, il suopotere regale ha ottenuto la conferma nella risurrezione daimorti. Dio ha rivelato il suo Regno mediante la vittoria sullamorte: «Egli è anche il capo del corpo, cioè della Chiesa; ilprincipio, il primogenito di coloro che risuscitano dai mortiper ottenere il primato su tutte le cose» (Col 1,18). Rendiamooggi grazie al Padre perché ci ha introdotti nel Regno delsuo dilettissimo Figlio. Cristo è Re d’amore e perciò il giudi-zio finale sull’uomo e sul mondo sarà un giudizio sull’amore.Dall’aver amato o dal non aver amato dipenderà la nostracollocazione dall’una o dall’altra parte. Il Regno offertoci daCristo è, allo stesso tempo, un compito dato a ciascuno dinoi. Sta a noi attuarlo mediante quegli atti d’amore descritticon grande realismo dal Vangelo.

Un impegno dell’evangelizzatore e dell’educatore è di aprirequeste vie verso l’interiorità, aiutare i giovani a fare espe-rienze significative che riempiano il cuore: esperienze di si-lenzio, di contemplazione della natura, di comunicazioneprofonda, di accoglienza gratuita dell’altro, di servizio ge-neroso, ecc. Vie tutte che, usate saggiamente, sviluppanol’apertura alla Trascendenza e risvegliano la sete di Dio,anche se non ancora conosciuto. Oggi questo primo passodi un cammino di fede è molto importante e in alcuni casiimprescindibile. Tra le difficoltà dei giovani per vivere lafede e fare una scelta di vita cristiana si possono segnalare:- Uno stile di vita che addormenta o acceca il desiderio pro-fondo di senso, di verità, di Dio: la fretta, il rumore, la mol-teplicità di rapporti superficiali, la ricerca frenetica diesperienze nuove e sempre più forti che rispondano ai biso-gni immediati, la poca capacità di interiorizzazione, ecc.- Ma anche, da parte della Chiesa e delle comunità cristiane,una forma di esprimere e vivere la fede troppo lontana dellaforma con cui i giovani vedono e vivono la realtà: una certarottura culturale che fa sentire loro che la fede vissuta, ce-lebrata e proclamata dalla Chiesa è una realtà estranea al lorouniverso mentale e affettivo.

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Dark Skies - Oscure presenze

Il curriculum di Scott Stewart, autore in precedenza di film come Legione Priest, e una lunga esperienza nei visual effects alle spalle, lasciava pre-sagire qualcosa di diverso.Invece, Dark Skies – Oscure presenze, è un film che spoglia il genere dagliabiti baracconeschi che troppo spesso recentemente indossa e lo riportaad un’essenzialità tutta umana che non per questo nega (ma, anzi, ampli-fica) la spettacolarità. Sospeso tra thriller e horror, e immerso in un côtéfamiliare che ne è scenario e cuore tematico al tempo stesso, Dark Skiescolpisce infatti prima di tutto per la linearità narrativa, per la capacità dicreare tensione e far fare qualche salto sulla poltrona senza barocchismi oeffetti speciali, ma grazie ad una capacità affabulatoria che è diretta con-seguenza di un racconto semplice ma curato, e di alcune idee di scritturae di regia forse non originali ma minimali, precise e ben realizzate.Se una memoria storica e cinematografica non particolarmente ferrea oprofonda potrebbe limitarsi a citare esempi recenti come la serie di Para-normal Activity, appare evidente che il film di Stewart ammicchi anche amodelli più felici e più datati come Poltergeist, ma soprattutto – con tuttii dovuti distingui del caso – Incontri ravvicinati del terzo tipo. Nella sua testarda e felice intuizione di sottrarre ilpiù a lungo possibile allo sguardo la minaccia aliena e immanente con cui i Barrett, e nel suo esaminare le conse-guenti ossessioni dei singoli membri della famiglia, e l’intrecciarsi dei loro ruoli e delle loro traiettorie, Dark Skiessembra quasi una copia in minore e al negativo del capolavoro spielberghiano, dove non c’è apertura alla speranzae al progressismo ma un destino cupo e oscuro: non ci sono comunicazioni da instaurare a colpi di musica, ma solopresenze da evitare, rapimenti da sventare. Non è solo questione di scelte, non è solo perché Dark Skies, dichiara-tamente, vuole essere un film che inquieta e spaventa (con discreto successo): è anche perché, oggi, le presenzeimmanenti che assediano le famiglie e le comunità sembrano solo e soltanto ansiogene e perturbanti, lasciandoben poco spazio alla speranza di stampo progressista. Gli alieni, allora, come l’altra faccia della crisi economica (eforse sentimentale) che colpisce i Barrett, come il lato oscuro dei turbamenti adolescenziali, dei traumi infantili.Degli egoismi della società suburbana pronta a serrare le scuri e giudicare da lontano. Tutto questo, però, rimanesaggiamente sullo sfondo, accennato, non deborda. Perché Dark Skies celebra il genere e le sue potenzialità anchee soprattutto grazie al suo understatement, e alla voglia di mettere comunque in primo piano la sua valenza pri-maria: quella dell’intrattenimento, possibilmente intelligente, del brivido e della paura.GENERE: Fantascienza, Thriller. NAZIONALITÀ: USA 2013. REGIA: Scott Stewart

L’ultima ruota del carroAttraverso le vicende tragicomiche di Ernesto, un uomo qualunque che tenta di se-guire le proprie ambizioni senza mai perdere i valori veri della vita, riviviamo le fasicruciali della storia d'Italia dagli anni '70 ad oggi. Con il sostegno di Angela, la com-pagna di una vita, Ernesto impara l'arte di adattarsi ai grandi cambiamenti del Paese,senza tradire se stesso ma partecipando alla strane imprese dell'amico Giacinto edegli stravaganti personaggi che il destino metterà sul suo cammino.USCITA CINEMA: 14/11/2013 - GENERE: Commedia - REGIA: Giovanni VeronesiSCENEGGIATURA: Giovanni Veronesi, Ugo Chiti, Filippo Bologna, Ernesto Fio-retti - ATTORI: Elio Germano, Alessandra Mastronardi, Ricky Memphis, SergioRubini, Virginia Raffaele, Alessandro Haber, Francesca Antonelli, Maurizio Battista,Francesca D'Aloja, Luis Molteni, Dalila Di Lazzaro, Ubaldo Pantani, Massimo Wer-tmüller, Elena Di Cioccio

FOTOGRAFIA: Fabio Cianchetti - MONTAGGIO: Patrizio Marone - PRODUZIONE: Fandango, Warner Bros.Italia - DISTRIBUZIONE: Warner Bros Pictures Italia - PAESE: Italia 2013 - FORMATO: Colore

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di Giuseppina Costantino

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La torta di zucca

La torta di zucca è un dolce tipicamente autunnale esemplice da preparare.Preparazione:Fate lessare la zucca sbucciata, tagliata e privata deifilamenti (600 gr). Una volta cotta passatela in un pas-saverdure e mettete il composto in una terrina. Aparte preparate un impasto con la farina (300 gr), lozucchero (200 gr), le uova (n. 3), il latte e il lievito(una bustina) a cui aggiungerete la purea di zucca.Non dimenticate l’olio (due tazzine da caffè). Amal-gamate bene il composto con un cucchiaio di legno.Versate il tutto in una tortiera foderata con della cartada forno e infornate in forno preriscaldato ventilatoa 200°C per 20 minuti, dopodiché abbassate la tem-peratura a 180°C e proseguite la cottura per ulteriori20 minuti. Spegnete il forno e aprite lo sportello, inmodo che la torta non si sgonfi. Attendete 15 minuti,dopodiché sfornatela e fatela raffreddare a tempera-tura ambiente. Spolverate la torta con lo zucchero avelo, tagliatela a fette e servitela.Controllate la cottura della torta infilando uno stuz-zicadenti: quando esce asciutto e pulito, vuol dire cheè pronta. Qualora l’impasto fosse troppo asciutto, ag-giungete ancora un goccio di latte.Idee e varianti: Per dare un miglior gusto alla vostra

torta potete aggiungere all’impasto 2 cucchiai abbon-danti di cacao amaro in polvere.

La torta di meleLa torta di mele si presenta come un dolce tipica-mente inglese o americano che è entrato da lungotempo nelle nostre case con tantissime varianti.Preparazione:Sbattete tre uova intere, aggiungete un bicchiere dizucchero e uno di olio di semi. Dopo aver bene amal-gamato, aggiungete tre bicchieri di farina ben setac-ciata. Grattugiate nell’impasto un limone e aggiungeteuna tazzina di limoncello o di liquore Strega. Aggiun-gete una bustina di lievito Pane degli Angeli. A partepulite e mondate in modo molto sottile n. 6 mele (re-nette o marlaine): aggiungete tre cucchiai di zuc-chero. Unite le mele all’impasto. Cuocete in fornoriscaldato a 180 gradi per circa 60 minuti.Variante: Si possono aggiungere all’impasto 100 gr dimandorle sbucciate e tritate grossolanamente e dei pi-noli. Alcuni aggiungono anche un po’ di cannella.

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CUCINA

di nonna Giovannina

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