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Lucrezio Vita: autore latino della prima metà del I° secolo a.C. (muore quarantenne) notizie scarse, lacunose: non sappiamo datare la sua opera De Rerum Natura (= sulla natura delle cose, La natura dell’universo ~ ad un titolo di un’opera di Epicuro) forse della prima metà degli anni 50 a.C., perché si fa accenno ad una pericolosa situazione a Roma riconducibile al periodo del primo Triumvirato e alle contemporanee agitazioni! non sappiamo il suo status sociale: Tito Lucrezio Caro —> nobile? cliens? forse di Memnio (gens Memnia molto influente e importante), perché dedicatario del De Rerum Natura, accusato poi di brogli elettorali, de ambitu = ambire = andare intorno, circuire, corrompere non sappiamo dove nasce -> non possiamo identificare alcun dialetto nel De Rerum Natura! Forse era di origine campana=> in Campania nel I° sec. a.C. erano attive molte scuole epicuree (Napoli era il centro dell’epicureismo) e Lucrezio è considerato come il massimo divulgatore della filosofia di Epicuro a Roma => forse è nato proprio in quel centro! • aveva conoscenze altolocate: - Memnio (a cui dedica il De Rerum Natura) - Cicerone che però non cita mai Lucrezio o il De Rerum Natura tranne che in un biglietto privato, dove cita i versi del poeta-filosofo con ammirazione, ma non ufficialmente; - Cornelio Nepote tutti i contemporanei di Lucrezio mai lo citano, solo Cornelio Nepote. -> silenzio veramente inquietante sul maggiore esponente della cultura epicurea a Roma: vengono citati solo esponenti mediocri e sconosciuti (es. Amafinio e Cazio) => viene messa in pratica una vera e proproa interdizione del silenzio -> meccanismo di censura che si alimenta del silenzio -> non si cita mai una persona, non si fa ma riferimento alle sue opere, non si prende mai in considerazione, si finge che non esista, altrimenti bisognerebbe giungere ad un confronto! epicureismo lucreziano era in piena contraddizione con l’ideologia repubblicana=> il De Rerum Natura rappresentava una sfida radicale ai principi del mos maiorum. San Gerolamo solo nel IV° secolo d.C. fornisce una biografia di Lucrezio con dati discutibili, inserendo l’elemento della pazzia -> notizia improbabile, si pensa ad un’invenzione nata in ambiente cristiano, in un IV° secolo in cui la nuova religione aveva trovato la propria collocazione separandosi definitivamente dal pensiero epicureo, in netta opposizione alla concezione dell’anima non immortale perché costituita da atomi; i Padri della Chiesa descrivono Epicuro e i suoi seguaci come deliranti e invasati. => viene screditata pesantemente la filosofia portata avanti da Lucrezio e Lucrezio stesso. Anche nel XX secolo vengono identificati dei passi indicatori di una patologia maniaco-depressiva Cicerone divulga le tesi epicuree, ma di divulgatori romani minori o dello stesso Epicuro, per confutarle. => secondo Canfora, Cicerone ambienta e costruisce i propri dialoghi filosofici usando personaggi dialoganti: quando si tratta di parlare dell’epicureismo, usa intellettuali della generazione immediatamente precedente, o esponenti minori della filosofia diversi da Lucrezio, nonostante Cicerone stesso dimostri di conoscere bene il De Rerum Natura -> confuta sistematicamente alcuni passi tratti proprio dal De Rerum Natura, riprendendo le stesse parole di Lucrezio (in particolare di molti degli elogi ad Epicuro)! Lucrezio stesso, nel De Rerum Natura, lamenta la povertà (verità palmare) della lingua e del lessico filosofico latini => deve adoperare parole già esistenti nel latino caricandole di nuovi significati semantici ¡perché non vuole introdurre grecismi!! Alcune obiezioni indicatissime di Cicerone sono paradossali: “è piuttosto la lingua greca ad essere povera di vocaboli adatti ad esporre un concetto filosofico”; è poi Cicerone stesso ad usare dei grecismi, parafrasandoli Inoltre riconoscere pubblicamente Lucrezio autore, e il De Rerum Natura, avrebbe significato la perdita o la condivisione del primato di fondatore del lessico filosofico latino! => motivo di ordine strettamente personale!

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Riassunto su Lucrezio

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Page 1: Lucrezio

Lucrezio Vita: autore latino della prima metà del I° secolo a.C. (muore quarantenne) notizie scarse, lacunose: non sappiamo datare la sua opera De Rerum Natura (= sulla natura delle cose, La natura dell’universo ~ ad un titolo di un’opera di Epicuro) forse della prima metà degli anni 50 a.C., perché si fa accenno ad una pericolosa situazione a Roma riconducibile al periodo del primo Triumvirato e alle contemporanee agitazioni! • non sappiamo il suo status sociale: Tito Lucrezio Caro —> nobile? cliens? forse di Memnio (gens

Memnia molto influente e importante), perché dedicatario del De Rerum Natura, accusato poi di brogli elettorali, de ambitu = ambire = andare intorno, circuire, corrompere

• non sappiamo dove nasce -> non possiamo identificare alcun dialetto nel De Rerum Natura! Forse era di origine campana=> in Campania nel I° sec. a.C. erano attive molte scuole epicuree (Napoli era il centro dell’epicureismo) e Lucrezio è considerato come il massimo divulgatore della filosofia di Epicuro a Roma => forse è nato proprio in quel centro!

• aveva conoscenze altolocate: - Memnio (a cui dedica il De Rerum Natura) - Cicerone che però non cita mai Lucrezio o il De Rerum Natura tranne che in un biglietto privato,

dove cita i versi del poeta-filosofo con ammirazione, ma non ufficialmente; - Cornelio Nepote • tutti i contemporanei di Lucrezio mai lo citano, solo Cornelio Nepote.

-> silenzio veramente inquietante sul maggiore esponente della cultura epicurea a Roma: vengono citati solo esponenti mediocri e sconosciuti (es. Amafinio e Cazio) => viene messa in pratica una vera e proproa interdizione del silenzio -> meccanismo di censura che si alimenta del silenzio -> non si cita mai una persona, non si fa ma riferimento alle sue opere, non si prende mai in considerazione, si finge che non esista, altrimenti bisognerebbe giungere ad un confronto!

• epicureismo lucreziano era in piena contraddizione con l’ideologia repubblicana=> il De Rerum Natura rappresentava una sfida radicale ai principi del mos maiorum.

San Gerolamo solo nel IV° secolo d.C. fornisce una biografia di Lucrezio con dati discutibili, inserendo l’elemento della pazzia -> notizia improbabile, si pensa ad un’invenzione nata in ambiente cristiano, in un IV° secolo in cui la nuova religione aveva trovato la propria collocazione separandosi definitivamente dal pensiero epicureo, in netta opposizione alla concezione dell’anima non immortale perché costituita da atomi; i Padri della Chiesa descrivono Epicuro e i suoi seguaci come deliranti e invasati. => viene screditata pesantemente la filosofia portata avanti da Lucrezio e Lucrezio stesso. Anche nel XX secolo vengono identificati dei passi indicatori di una patologia maniaco-depressiva Cicerone divulga le tesi epicuree, ma di divulgatori romani minori o dello stesso Epicuro, per confutarle. => secondo Canfora, Cicerone ambienta e costruisce i propri dialoghi filosofici usando personaggi dialoganti: quando si tratta di parlare dell’epicureismo, usa intellettuali della generazione immediatamente precedente, o esponenti minori della filosofia diversi da Lucrezio, nonostante Cicerone stesso dimostri di conoscere bene il De Rerum Natura -> confuta sistematicamente alcuni passi tratti proprio dal De Rerum Natura, riprendendo le stesse parole di Lucrezio (in particolare di molti degli elogi ad Epicuro)! Lucrezio stesso, nel De Rerum Natura, lamenta la povertà (verità palmare) della lingua e del lessico filosofico latini => deve adoperare parole già esistenti nel latino caricandole di nuovi significati semantici ¡perché non vuole introdurre grecismi!! Alcune obiezioni indicatissime di Cicerone sono paradossali: “è piuttosto la lingua greca ad essere povera di vocaboli adatti ad esporre un concetto filosofico”; è poi Cicerone stesso ad usare dei grecismi, parafrasandoli Inoltre riconoscere pubblicamente Lucrezio autore, e il De Rerum Natura, avrebbe significato la perdita o la condivisione del primato di fondatore del lessico filosofico latino! => motivo di ordine strettamente personale!

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Allo stesso tempo Cicerone non si fa problemi a frequentare i focolai della filosofia epicurea, che erano riservati all’élite colta della capitale, e ad avere come migliore amico Tito Pomponio Attico, che era un convinto epicureo =>Cicerone in questo modo capisce che la filosofia epicurea era pericolosa se fosse stata divulgata e resa accessibile alle masse ->la filosofia vincente a Roma è lo stoicismo

De Rerum Natura: poema didascalico o epico-didascalico (di cui condivide il metro esametrico) 6 libri: organizzati in diadi (=gruppi di 2 libri) secondo un percorso di gusto alessandrino ( ~ 1000 versi in ogni libro ) - 1^ diade: fisica epicurea - 2^ diade: antropologia - 3^ diade: cosmologia/cosmogonia percorso che va dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande Proemio: 1°, 3°, 5° libro sono elogi di Epicuro inizio: inno a Venere-> sembra in contraddizione con l'ideologia di Lucrezio. fine: peste ad Atene, si pensa che Lucrezio abbia scritto questo episodio alla fine perché il lettore, a questo punto, dovrebbe essere imperturbabile. Finale: quasi valore autonomo per estensione, significato, ampiezza, contenuto obiettivo: divulgazione della parola di Epicuro, di salvezza e di saggezza => liberazione dall’ignorantia causarum".

Epicureismo Mos Maiorum

scopo della vita = PIACERE! sotto forma di *atarassia e **aponia" => valorizzazione dell’OTIUM e della vita ritirata lontana dal negotium

primo dovere dell’uomo: impegno attivo e fattivo nella vita dello Stato! => piena realizzazione dell’individuo solo attraverso il cursus honorum

condanna delle PASSIONI: gloria, ricchezza, ambizione, potere, onore...! ammessi solo i piaceri NATURALI E NECESSARI

rapporti regolati in senso gerarchico dalle stesse passioni!

ammissione dell’esistenza delle divinità, MA REMOTE E INDIFFERENTI! => possibile solo la contemplazione del perfetto piacere divino

principio della religione romana: CONTRATTUALE! “do ut des”! culti esteriori finalizzati ad ottenere la benevolenza degli dei

negazione dell’esistenza di un ALDILÀ trascendente Campi Elisi, Tartaro... = minaccia, strumento di controllo sociale

visione pluralistica del mondo: nell’universo ESISTONO PIÙ MONDI

forti del controllo del proprio mondo! Roma = caput mundi! —> molto più apprezzabile una visione STOICA: stoicismo = immagine di un Logos universale e provvidenziale molto più apprezzabile! avrà deciso che Roma deve essere una potenza imperiale ecc...

condanna delle relazioni stabili e intense perché provocano TURBAMENTO e dunque impediscono l’atarassia

amore matrimoniale alla base della famiglia patriarcale romana

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titolo preso dal titolo di un trattato in prosa di Epicuro! —> scelta della poesia eterodossa rispetto agli insegnamenti di Epicuro, perché essa provoca turbamenti che impediscono l’atarassia; azzardata e rischiosa per il giudizio degli altri epicurei! => giustificazione: “uso della poesia per diffondere... comportandosi come un medico: prima di far assumere un medicinale amaro, cosparge di miele il bicchiere” => poesia è un miele che renderà più accessibile e gradevole la dottrina epicurea! funzioni della poesia: • valore esclusivamente strumentale => finalizzato a far assorbire contenuti salutari ma difficili; • unica formula in grado di far luce su argomenti oscuri e difficili, grazie alla chiarezza e alla

dolcezza delle parole! De Rerum Natura I 80-101 TESTO E TRADUZIONE:Illud in his rebus vereor, ne forte rearis impia te rationis inire elementa viamque indugredi sceleris. Quod contra saepius illa religio peperit scelerosa atque impia facta. Aulide quo pacto Triviai virginis aram Iphianassai turparunt sanguine foede ductores Danaum delecti, prima virorum. Cui simul infula virgineos circum data comptus ex utraque pari malarum parte profusast, et maestum simul ante aras adstare parentem sensit et hunc propter ferrum celare ministros aspectuque suo lacrimas effundere civis, muta metu terram genibus summissa petebat. Nec miserae prodesse in tali tempore quibat, quod patrio princeps donarat nomine regem. Nam sublata virum manibus tremibundaque ad aras deductast, non ut sollemni more sacrorum perfecto posset claro comitari Hymenaeo, sed casta inceste nubendi tempore in ipso hostia concideret mactatu maesta parentis, exitus ut classi felix faustusque daretur. Tantum religio potuit suadere malorum.

In questa situazione temo ciò, e cioè che tu creda di abbandonare i principi di un'empia dottrina e di intraprendere la vita del delitto. Anzi al contrario assai spesso proprio la religione (tradizionale) ha prodotto azioni scellerate ed empie per esempio in Aulide i condottieri scelti dei Danai, fior fiore degli eroi, macchiarono terribilmente l'altare della vergine Trivia con il sangue di Ifigenia. E non appena la benda sacrificale posta intorno alle sue chiome verginali le fu fatta scendere da entrambe le gote e (non appena) si accorse che suo padre stava in piedi afflitto davanti agli altari e che accanto i sacerdoti tenevano nascosto il pugnale e che al suo apparire i cittadini versavano lacrime, muta per il terrore si accasciava a terra sulle ginocchia. Né a quell'infelice poteva giovare in una tale circostanza il fatto che per prima aveva donato al re il nome di padre. Infatti sollevata dalle mani di quegli (uomini) e tutta tremante fu condotta agli altari perché compiuta la solenne cerimonia potesse essere accompagnata da un luminoso corteo nuziale, ma perché lei pura, impuramente cadesse come triste vittima proprio nel momento delle nozze per assassinio del padre affinché venisse concessa una partenza felice e fausta alla flotta. A così gravi mali poté indurre la religione (tradizionale).

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De Rerum Natura I 1-20 TESTO E TRADUZIONE:Aeneadum genetrix, hominum diuumque voluptas, alma Venus, caeli subter labentia signa quae mare navigerum, quae terras frugiferentis concelebras, per te quoniam genus omne animantum concipitur visitque exortum lumina solis: te, dea, te fugiunt venti, te nubila caeli adventumque tuum, tibi suauis daedala tellus summittit flores tibi rident aequora ponti placatumque nitet diffuso lumine caelum. nam simul ac species patefactast verna diei et reserata viget genitabilis aura favoni, aeriae primum uolucres te, diua, tuumque significant initum perculsae corda tua ui. inde ferae pecudes persultant pabula laeta et rapidos tranant amnis: ita capta lepore te sequitur cupide quo quamque inducere pergis. denique per maria ac montis fluuiosque rapaces frondiferasque domos auium camposque uirentis omnibus incutiens blandum per pectora amorem efficis ut cupide generatim saecla propagent.

Madre degli Enadi, piacere degli uomini e degli dei alma Venere, che sotto gli astri mobili del cielo riempi il mare solcato di navi e le terre ricche di frutti dal momento che per te viene concepita ogni specie di creature e una volta nata (essa) contempla la luce del sole te o dea, fuggono i venti, te (fuggono) le nubi del cielo e (fuggono) il tuo arrivo, per te la terra creatrice fa spuntare dolci fiori, per te sorridono le distese del mare e il cielo rasserenato brilla di una luce diffusa. Non appena appare la vista di un giorno di primavera e dischiusa si diffonde la brezza fecondatrice di Favonio dapprima gli uccelli dell'aria annunciano te, o dea, e il tuo arrivo, colpiti nel cuore dalla tua forza. Poi le fiere e gli armenti saltano per i lieti pascoli e attraversano a nuoto fiumi impetuosi: così ogni animale preso dal piacere, bramosamente ti segue ovunque tu voglia condurlo. Insomma, per i mari e i monti, per i fiumi impetuosi e per le dimore frondose degli uccelli e i campi verdeggiano, spirando a tutti nel petto il dolce amore, fai in modo che bramosamente propaghino,specie per specie, le stirpi.

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De Rerum Natura I 62-79 TESTO E TRADUZIONE:Humana ante oculos foede cum vita iaceret in terris oppressa gravi sub religione quae caput a caeli regionibus ostendebat horribili super aspectu mortalibus instans, primum Graius homo mortalis tollere contra est oculos ausus primusque obsistere contra, quem neque fama deum nec fulmina nec minitanti murmure compressit caelum, sed eo magis acrem irritat animi uirtutem, effringere ut arta naturae primus portarum claustra cupiret. ergo uiuida uis animi peruicit, et extra processit longe flammantia moenia mundi atque omne immensum peragrauit mente animoque, unde refert nobis uictor quid possit oriri, quid nequeat, finita potestas denique cuique quanam sit ratione atque alte terminus haerens. quare religio pedibus subiecta uicissim obteritur, nos exaequat uictoria caelo.

Quando con tutta evidenza la vita umana giaceva orribilmente oppressa in terra sotto il peso della religione che mostrava la testa delle religioni del cielo incombendo dall'alto con il suo orribile aspetto sugli uomini, per la prima volta un uomo greco osò levare contro (di essa) i suoi occhi mortali e per primo (osò) offrirsi ad essa; e non lo fermarono nè le leggende sugli dei nè i fulmini nè il cielo con il suo mormorio minaccioso ma a maggior ragione studiò la forza ardita del suo pensiero cosicché egli per primo desiderò spezzare le chiuse serrature delle porte della natura perciò la vivida forza del (suo) pensiero trionfò e avanzò lontano al di là delle barriere fiammeggianti del mondo e percosse con la forza del pensiero l'universo infinito da dove riporta a noi il vincitore che cos può nascere e che cosa non può nascere e infine per quale motivo ogni cosa ha un potere finito e un fine profondamente segnato Perciò la religione tradizionale messa sotto i piedi a sua volta è sconfitta, la vittoria ci eguaglia la cielo.

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De Rerum Natura II 1-22 TESTO E TRADUZIONE:Suave, mari magno turbantibus aequora ventis e terra magnum alterius spectare laborem; non quia vexari quemquamst iucunda voluptas, sed quibus ipse malis careas quia cernere suavest. suave etiam belli certamina magna tueri per campos instructa tua sine parte pericli; sed nihil dulcius est, bene quam munita tenere edita doctrina sapientum templa serena, despicere unde queas alios passimque videre errare atque viam palantis quaerere vitae, certare ingenio, contendere nobilitate, noctes atque dies niti praestante labore ad summas emergere opes rerumque potiri. o miseras hominum mentes, o pectora caeca! qualibus in tenebris vitae quantisque periclis degitur hoc aevi quod cumquest! nonne videre nihil aliud sibi naturam latrare, nisi ut qui corpore seiunctus dolor absit, mente fruatur iucundo sensu cura semota metuque? ergo corpoream ad naturam pauca videmus esse opus omnino: quae demant cumque dolorem, delicias quoque uti multas substernere possint

É dolce quando sul vasto mare i venti turbano le acque (è dolce) guardare da terra la grande fatica degli altri non perché sia un gradito piacere che qualcun altro si trovi in difficolta ma perchè è dolce vedere di quali mali tu sia privo è inoltre dolce guardare i combattimenti di guerra ingaggiati sui campi di battaglia senza una tua parte di pericolo ma niente è più dolce di guardare i gran difesi templi sereni ed elevati dalla dottrina dei sapienti da dove tu possa osservare dall'alto gli altri e vederli errare qua e là e cercare smarriti la via della vita, gareggiare per ingegno, contendere per nobiltà notte e giorno affannarsi con grande fatica per raggiungere alle più grandi ricchezze e ottenere il potere o misere menti dei mortali, o miseri ciechi! in quali tenebre e in che gravi pericoli trascorre questa vita! come non capire che la natura non reclama per sé nient'altro se non che il dolore sia lontano separato dal corpo e nell'animo goda di piacevoli sentimenti, libera da affanni e paure? dunque vediamo che per il nostro corpo sono necessarie davvero poche cose, tutte quelle che tolgono dolore in modo che possano offrirci anche molti piaceri.

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De Rerum Natura I, 136-145 TESTO E TRADUZIONE: Nec me animi fallit Graiorum obscura reperta difficile inlustrare Latinis versibus esse, multa novis verbis praesertim cum sit agendum propter egestatem linguae et rerum novitatem; sed tua me virtus tamen et sperata voluptas suavis amicitiase quemvis efferre laborem suadet, et inducit noctes vigilare serenas quaerentem dictis quibus et quo carmine demum clara tuae possim paepandere lumina menti res quibus occultas penitus convivere possis.

Non mi sfugge nell'animo che è difficile l'impresa di illustrare in versi latini, le oscure scoperte dei Greci, soprattutto perché bisogna trattare molte cose con nuove parole a causa della povertà della nostra lingua e della novità degli argomenti: ma tuttavia il tuo valore (Memnio) e il piacere sperato, di una dolce amicizia,mi spingono ad affrontare qualsiasi fatica e mi inducono a stare sveglio nelle notti serene, cercando io con quali parole e con quale poesia possa infine infondere delle chiari luci nella tua mente grazie alle quali tu possa vedere fino in fondo le verità nascoste.