malattia venosa cronica e sindrome...

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IP E R T E N S I O N E V E N O S A INFI A M M A Z I O N E E N D O T E L I A L E Malattia Venosa Cronica e Sindrome Post-Trombotica dalla IVC alla MVC Progetto educazionale con il contributo non condizionato di Direttore Scientifico e Responsabile Dr. Leonardo Aluigi CREDITI ASSEGNATI N. 10

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Malattia Venosa Cronica e Sindrome Post-Trombotica

dalla IVC alla MVC

Progetto educazionale con il contributo non condizionato di

Direttore Scientifico e ResponsabileDr. Leonardo Aluigi

CREDITI ASSEGNATI N. 10

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Malattia Venosa Cronica e Sindrome Post-Trombotica dalla IVC alla MVC

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INFORMAZIONI MINISTERIALI

Project & Communication è accreditata presso la Commis-sione Nazionale come Provi-der n. 81 a fornire programmi di Formazione ECM per tutte le categorie professionali sa-nitarie.Project & Communication si assume ogni responsabilità per i contenuti, la qualità e la correttezza etica di que-sta attività.

Accreditamento n. 81-26809Metodologia: Formazione A DistanzaTitolo del corso: Malattia Venosa Cronica e Sindrome Post-Trom-botica

RAzIoNALELa revisione decennale della classificazione CEAP, già nel lonta-no 2004, ha associato alla definizione IVC gli stadi più severi della patologia venosa (C4-C6), introducendo per gli stadi clinici lievi e moderati il termine “disturbi venosi cronici”, per via della incom-pleta correlazione in letteratura di esami doppler positivi negli stadi C0-C3. Dal 2004 ad oggi sono stati fatti molti passi avanti nella com-prensione della patologia venosa, arrivando alla attuale definizio-ne “Malattia Venosa Cronica” (MVC), termine che contempla tanto i disturbi venosi cronici caratteristici dei pazienti primari, quali ad esempio quelli con familiarità per le varici sintomatiche, quanto la insufficienza venosa cronica, più tipica dei pazienti secondari, come nel caso della Sindrome Post-Trombotica (SPT).Il termine Malattia Venosa Cronica descrive oggi una patologia nel-la quale emodinamica e clinica si intrecciano nella storia naturale del paziente, attraverso l’ipertensione venosa e l’infiammazione tis-sutale, che sostengono il doppio binario della progressione della malattia.La nuova definizione, il nuovo inquadramento diagnostico, emo-dinamico e clinico, lasciano spazio ad una maggiore modulazione degli interventi emodinamici e medici del clinico, consentendo una terapia più mirata alle caratteristiche del paziente osservato.Se la prevenzione - costituita da accorgimenti quotidiani che inte-ressano l’attività fisica, la dieta e prevedono norme semplici quali evitare le fonti di calore, riposare con gli arti in scarico e altro - è un caposaldo, il trattamento della MVC si avvale di diversi presidi, dal

trattamento elastocompressivo e scleroterapico a quello farmacolo-gico e chirurgico, impegnando sia le tecniche tradizionali che quelle più recenti (laser e radiofrequenze).La tipologia e la gravità del quadro fisiopatologico debbono sempre più indirizzare il clinico, valorizzando le misure di igiene e stili di vita, a porre indicazione al tipo di trattamento più idoneo.Data inizio 16 aprile 2012Data termine 30 luglio 2012Obiettivo formativo: n. 18 Contenuti tecnico-professionali (cono-scenze e competenze) specifici di ciascuna professione, specializ-zazione e attività ultraspecialistica.

RISuLTATI ATTESI:Fare acquisire conoscenze sulle nuove linee guida riferite alla pato-logia in oggetto contribuire alla conoscenza dei meccanismi fisiopa-tologici che sono alla base dei sintomi.Responsabile Scientifico: Dr. Leonardo AluigiProfessione: Medico ChirurgoDiscipline: Angiologia, Cardiologia, Chirurgia Generale, Chirurgia Vascolare, Medicina Generale (Medici di famiglia), Medicina InternaNumero partecipanti: 1.000Sponsor: Alfa Wassermann S.p.A.Ore previste per l’apprendimento: 7Crediti Formativi assegnati: 10previo:• superamento test online risoluzione casi clinici• compilazione dei due questionari sulla qualità percepita e sui fab-bisogni formativi.

IPERTENSION

E VEN

OSA

INFIAMMAZIO

NE EN

DO

TELI

ALE

Malattia Venosa Cronica

e Sindrome Post-Trombotica

dalla IVC alla MVC

Progetto educazionale

con il contributo non condizionato di

Direttore Scientifico e Responsabile

Dr. Leonardo Aluigi

CREDITI ASSEGNATI N. 10

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MoDALITÀ DI ISCRIzIoNECollegarsi al sito www.project-communication.itEntrare nell’area ECM, selezionare FAD e cliccare su Malattia Venosa Cronica e Sindrome Post-TromboticaNella pagina che si apre, inserire la keyword sottostante

Inserita la keyword si apre una schermata in cui dovranno essere immessi correttamente il codice di controllo di quattro cifre qui sotto riportato

ed il proprio codice fiscale.

Si aprirà quindi la scheda anagrafica dove inserire i propri dati.

Completata l’iscrizione, il sistema invierà all’indirizzo e-mail indicato la password personale per l’accesso ai contenuti del corso e un link che condurrà direttamente all’area didattica.

MALATTIAVENoSACRoNICA

MoDALITÀ DIDATTICAAutoapprendimento con utilizzo di materiali durevoli e tutoraggio in differita breve, con risposta mail entro tempo massimo predefinito (48 ore dalla richiesta).

MoDALITÀ DI APPRENDIMENToIl corso prevede una parte teorica (testo) e una parte pratica (presen-tazione di casi clinici).Per procedere nel corso occorre risolvere correttamente i casi clinici prospettati (esame interattivo).Al termine ritornare alla pagina web utilizzando la password.Svolgere il test di autoapprendimento e completare la procedura ECM compilando la scheda relativa alla qualità percepita ed il que-stionario di rilevazione dei fabbisogni formativi.

METoDo DI VERIFICAEsame interattivo (risoluzione casi clinici on line)

ATTESTATIAl termine del percorso formativo, previo superamento esame e compilazione del materiale ECM, il discente potrà automaticamente stampare il proprio attestato.

TuToRAGGIoQuesto corso prevede un servizio di tutoraggio a disposizione dei partecipanti durante il percorso didattico. Il tutor sarà a disposizione di quanti vorranno porre quesiti di natura scientifica, chiarire dubbi e ottenere precisazioni sugli argomenti in oggetto, compilando il form di richiesta che troverete sulla pagina web (con risposta entro le 48 h).

REQuISITI TECNICIHardware che supporti un’interfaccia grafica.Software: browser internet (Explorer, Firefox, Safari, Opera, Chrome).

ASSISTENzA TECNICAPer ricevere supporto tecnico potete inviare una e-mail a [email protected]

VALuTAzIoNE DELLA QuALITÀ: oN LINEI questionari permettono di sondare aspetti importanti quali:• Rilevanza del programma proposto rispetto alle esigenze forma-

tive della categoria• Qualità del programma formativo e dei docenti• Efficacia ed impatto della formazione ricevuta sulla propria pro-

fessione• Qualità dell’organizzazione e dei tempi di svolgimento• Eventuale percezione di interessi commerciali

RILIEVo DEI BISoGNI FoRMATIVI: oN LINEÈ indispensabile raccogliere direttamente dai discenti le indicazioni sulle necessità di aggiornamento e sui fabbisogni formativi della ca-tegoria sanitaria di appartenenza. Tali indicazioni saranno ulteriormente validate attraverso un’attenta analisi e studio da parte del Board Scientifico per la definizione del piano formativo dell’anno successivo.

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INDICE INTRoDuzIoNE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

1 Malattia Venosa Cronica (MVC) primaria e secondaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 1.1 Disturbi Venosi Cronici: dimensione del problema. TIME factor . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 1.2 Malattia Venosa Cronica primaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 1.2.1 I processi varicosi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15 1.3 Malattia Venosa Cronica secondaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19 1.3.1 La progressione alle lesioni cutanee . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 1.4 Il “peso” clinico della Sindrome Post-Trombotica ..................................................................... 27

2 Classificazione MVC: doppler e score clinici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28 2.1 Standardizzazione dell’indagine doppler per la diagnosi delle flebopatie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31 2.2 Valutazione (Assessment) delle forme primarie e secondarie con score clinico ..................... 34

3 Sindrome Post-Trombotica (SPT): dalla fase acuta a quella cronica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39 3.1 Ostruzione venosa, infiammazione e reflusso valvolare nella SPT . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39 3.2 Residuo trombotico e sviluppo della SPT . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40 3.3 Fattori predittivi per la transizione dalla TVP alla SPT . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40 3.4 Fattori di rischio determinanti, prevenzione e gestione della sindrome post-trombotica (SPT) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41 3.5 Prevenzione della Sindrome Post-Trombotica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44 3.6 Sindrome Post-TVS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46

4 Emodinamica e clinica nella MVC . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49 4.1 Ipertensione venosa e clinica del paziente flebopatico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49 4.2 L’incompetenza valvolare primaria e secondaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50

5 Processi varicosi e ulcere persistenti: il ruolo delle metallo-proteinasi (MMPs) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52

6 Nuovi target terapeutici nella clinica della MVC: le evidenze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58

7 Casi clinici su web: Il paziente con MVC Primaria (ECD +) Il paziente con Malattia Venosa Cronica secondaria (ECD +) Il paziente con Sindrome Post-Trombotica Il paziente con MVC Post-Traumatica Il paziente con MVC Post-Chirurgica

APPENDICE: Executive summary Linee Guida SVS e AVF 2011 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62

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Malattia Venosa Cronica e Sindrome Post-Trombotica dalla IVC alla MVC

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INTRODUZIONE

Per lungo tempo la Malattia Venosa Cronica (MVC) è stata considerata esclusivamente dal punto di vista emodi-namico, approccio ben sintetizzato dalla definizione tradizionale della patologia “Insufficienza Venosa Cronica” (IVC), oggi considerata solo per gli stadi avanzati della malattia, secondo le evidenze crescenti che stanno racco-gliendo consenso in ambito angiologico e chirurgico a livello internazionale [1].La comprensione delle flebopatie, dagli anni ’90 ad oggi, sotto il profilo epidemiologico, fisipatologico, tera-peutico ed interventistico, ha portato alla nuova definizione “Malattia Venosa Cronica” (M.V.C), adottata ufficial-mente in Italia nel 2010 dalla SIAPAV, superando la precedente “storica” “Insufficienza Venosa Cronica” (I.V.C.) [2].Il primo passo nella direzione della nuova definizione è stato fatto con la standardizzazione e la diffusione su larga scala dell’esame eco-color-doppler (ECD) e relativa classificazione CEAP nel 1994; successivamente, con l’aggiornamento decennale di questo strumento classificativo nel 2004, l’appropriatezza della definizione IVC è stata riservata solo per le classi da C3 a C6 [3].Sono state inoltre condotte indagini sulla prevalenza e incidenza della patologia venosa con la CEAP, proce-dendo alla stratificazione dei pazienti flebopatici in primari e secondari attraverso l’introduzione della nuova definizione, Malattia Venosa Cronica, nelle principali review e linee guida specialistiche [4].L’ultima novità riguarda la proposta di score clinici come il Venous Clinical Severity Score (VCSS) per l’asses-sment terapeutico del paziente ambulatoriale, il cui scopo è distinto da quello diagnostico della CEAP [5].Il termine Malattia Venosa Cronica descrive oggi una patologia nella quale emodinamica e clinica si intrecciano nella storia naturale del paziente, attraverso l’ipertensione venosa e l’infiammazione tissutale, che sostengono su di un doppio binario della progressione della malattia [6].

Da un punto di vista interventistico si è assistito all’introdu-zione di nuove tecniche chirurgiche come il laser endova-scolare e la radiofrequenza, oltre allo sviluppo della sclero-terapia. Le evidenze sulla terapia medica invece si orientano sempre più verso un approccio combinato, farmacologico e compressivo [1].La nuova definizione, il nuovo inquadramento diagnostico, emodinamico e clinico consentono una maggiore modula-zione degli interventi emodinamici e medici da parte del clinico, consentendo una terapia più mirata alle caratteristi-che individuali del paziente osservato, rispettando il TIME factor, molto importante per una patologia che progredisce attraverso i processi di cronicizzazione della flogosi tissutale e dei disturbi emodinamici (Fig. 1), subendo talvolta bru-sche accelerazioni in relazione a processi trombotici acuti (TVS - TVP).

Figura 1 - Dalla Insufficienza Venosa Cronica (IVC) alla Malattia Venosa Cronica (MVC)

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1 Malattia Venosa Cronica (MVC) primaria e secondaria

1 1.1 4 Dimensione dei Disturbi Venosi Cronici: il TIME factor

Le indagini pubblicate negli ultimi vent’anni in Europa indicano una prevalenza dei disturbi venosi nella popolazione adulta del 20-30%, più marcata nel genere femminile rispetto a quello maschile, differenza ri-conducibile anche alla ciclicità ormonale della donna e alle gravidanze. Le nuove linee guida sulla patologia varicosa nordamericane della Society for Vascular Surgery and American Venous Forum del 2011 stimano al 23% la popolazione adulta con patologia varicosa ed al 6% quella con forme più avanzate, comprese le ulcere guarite e quelle attive [1].La Malattia Venosa Cronica (MVC) è dunque una patologia comune caratterizzata da una varietà di sin-tomi e segni clinici su base infiammatoria [6]. Generalmente la storia naturale della MVC è scandita da una progressiva deformazione (rimodellamento patologico) delle vene periferiche che provoca nel tempo in-competenza valvolare e reflusso, con sviluppo di ipertensione venosa superficiale deambulatoria, trigger del classico corredo di sintomi (pesantezza, gonfiore, dolore) che accompagna la patologia venosa [4].Il perdurare dell’ipertensione venosa durante la marcia provoca scompensi progressivi che portano alla ipertensione venosa profonda secondaria (Insufficienza Venosa Cronica - IVC), caratterizzata da una clinica più severa con segni specifici (edema, iperpigmentazione, eczema, lipodermatosclerosi, lesioni cutanee, ulcere) [7]. Se la prevalenza della patologia venosa nella popolazione generale è stimata nel 20-30%, le Ulcere Venose Croniche riguardano fino all’1% della popolazione generale [2,4,7]. La nuova definizione “Malattia Venosa Cronica” (MVC) comprende l’intero spettro di segni e sintomi asso-ciati con le classi da C0 (sintomi senza segni) a C6 (Ulcere Venose), mentre “Insufficienza Venosa Cronica” (IVC) indica la presenza di una disfunzione venosa documentabile che viene generalmente riscontrata negli stadi più severi (CEAP C3-C6) [3].La classificazione CEAP ha ufficialmente introdotto il termine “Disturbi Venosi Cronici” (C0-C6), riposizio-nando la “IVC” (C3-C6) in occasione della revisione decennale del 2004 [3]. Questa nuova definizione è stata quindi implementata dal termine Malattia Venosa Cronica nel 2006, adottato ufficialmente dalla European Society for Vascular Surgery (ESVS) e dalla SIAPAV italiana, che ricomprende i Disturbi Venosi Cronici e l’Insufficienza Venosa Cronica [4].

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Malattia Venosa Cronica e Sindrome Post-Trombotica dalla IVC alla MVC

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Figura 2 - Revisione classificazione CEAP (2004)

Uno degli aspetti più rilevanti della nuova classificazione CEAP è la distinzione dei pazienti caratteristici per un’Insufficienza Venosa Cronica documentata (C3-C6), rispetto a coloro che evidenziano spesso solo un corredo clinico, non sempre accompagnato da documentazione di un’alterazione emodinamica cronica rilevante e rilevabile. In altri termini viene suggerita la distinzione fra pazienti con Malattia Venosa Primaria e Secondaria: la progressione nel tempo della patologia venosa è più rapida nelle forme secondarie, con evidenza di IVC, rispetto a quelle primarie [4,8].Il TIME factor nella Malattia Venosa Cronica primaria e secondaria è stato sottoposto ad una approfondita revisione già nel 2007 dalla Società europea di Chirurgia Vascolare (ESVS - J Vasc Surg Vol. 46), che ha rileva-to come in letteratura i pazienti con MVC primaria avessero una progressione limitata spesso alle varicosità in tempi mediamente lunghi (> 5 anni), associati a scarse evidenze di incompetenza valvolare e reflusso cronico, al contrario dei pazienti con MVC secondaria, che risultavano avere un’evoluzione mediamente più rapida, associata a incompetenza valvolare e reflussi ben documentabili con esame ECD [4,8].Il TIME factor è stato inoltre indagato in un recente studio di confronto a 5 anni sulla Progressione della MVC Secondaria vs Primaria (Labropoulos N. J Vasc Surg 2009), che ha avvalorato la distinzione fra le due forme rispetto alla comparsa nel tempo di alterazioni cutanee.In questa indagine sono stati confrontati 46 arti inferiori (41 pazienti) con MVC secondaria a TVP rispetto a 50 arti inferiori (41 pazienti) con patologia venosa primaria, diagnosticata da almeno 5 anni, monitorati con esame clinico a 3, 6, e 12 mesi, quindi ogni anno fino al 5°, mentre l’esame doppler è stato eseguito al basale e almeno una volta ogni anno fino al quinto.

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I risultati a 5 anni mostrano una progressione, evidenziata dalla comparsa di alterazioni cutanee, nettamen-te superiore per il gruppo con MVC secondaria a TVP rispetto a quello con MVC primaria [9].

Figura 3 - Incidenza di nuove lesioni cutanee a 5 anni in pazienti con MVC secondaria vs primaria

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1 1.2 4 Malattia Venosa Cronica primaria

La clinica della Malattia Venosa Cronica primaria è carat-terizzata da pesantezza, affaticamento, gonfiore, dolore, bruciore, formicolii, parestesie, crampi muscolari, pulsa-zioni e gambe senza riposo. Secondo la nuova classifica-zione CEAP, i disturbi venosi cronici riguardano tutti quei pazienti i cui sintomi possono essere associati o no ad una disfunzione venosa documentabile, cioè alle forme di patologia venosa più diffuse nella popolazione generale: le vene varicose (C2), con o senza sintomi, che colpiscono fino al 20% della popolazione generale [4]. D’altra parte il termine Insufficienza Venosa Cronica (IVC) si riferisce ad uno spettro più specifico di pazienti (C3-C6), spesso caratterizzati da alterazioni cutanee associate ad un’ipertensione venosa sostenuta da una alterazione emodinamica documentabile [3]. Tradizionalmente la patologia venosa primaria si basava su modelli emodinamici centrati sulla incompetenza val-volare, che presupponeva l’esistenza di un danno struttu-rale del sistema valvolare ed un reflusso costante. Questo primo modello ha mostrato negli anni dei limiti rispetto alla letteratura emergente, sia negli studi istologici, che non hanno trovato chiari riscontri del danneggiamento del sistema valvolare nelle fasi precoci della patologia, sia nelle incongruenze dell’indagine strumentale Dop-pler, che non sempre risulta positiva. Nuove evidenze in letteratura suggeriscono un’incom-petenza valvolare secondaria al rilassamento della parete venosa, senza danni strutturali permanenti al sistema val-volare, almeno nelle fasi iniziali della patologia venosa. Il sistema venoso, che riporta il sangue dai distretti periferici, riducendo la pressione (da 100 a 22 mm Hg di media), è infatti soggetto a frequenti variazioni della pressione posturale durante la giornata, ed in particolare

Figura 4 - CEAP Classficazione della malattia venosa cronica

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durante un prolungato ortostatismo, ed è sottoposto a variabili fisiche, metaboliche, ormonali e ambientali che fungono da trigger dei disturbi venosi, soprattutto nel genere femminile, durante i cambi stagionali. un rilassamento della parete venosa può attivare l’endotelio (flogosi) attraverso l’ipertensione venosa, producendo il classico corredo sintomatologico che si manifesta durante le attività e si riduce con il riposo. Inoltre ripetuti stress infiammatori possono favorire l’instaurarsi di un’ipertensione venosa ed una flogosi di parete permanenti.Il rilassamento venoso sembra dunque essere il primum movens della clinica nella malattia venosa pri-maria, aspetto che potrebbe spiegare il paradosso clinico dei pazienti C0s, sintomatici, ma privi di qualsiasi evidenza di reflusso documentabile (ECD negativo). Esiste dunque un rapporto biunivoco fra emodinamica e attivazione endoteliale che caratterizza sia le condizioni fisiologiche che quelle patologiche (Fig. 5) [4].

Figura 5 - Correlazione fisiologica e patologica fra emodinamica e funzione endoteliale venosa

Nuova luce sui possibili meccanismi sottesi al rilassamento venoso è stata portata da nuove linee di ricerca ex vivo su segmenti sani e varicosi di vene sintomatiche, che suggeriscono effetti diretti e indiretti di enzi-mi proteolitici, le metallo proteinasi (MMPs) sul rilassamento vascolare. Le metallo-proteinasi sono marker emergenti della patologia venosa, già noti nelle ulcere venose persistenti, che potrebbero avere, secondo le nuove linee di indagine, un ruolo anche nelle fasi iniziali della malattia. D’altra parte fisiologicamente l’equilibrio tra MMPs ed i propri inibitori (TIMPs) gioca già in natura un ruolo importante nella vasodilatazio-ne uterina durante il decorso di una normale gravidanza. Inoltre le MMPs sono marker dell’infiammazione endoteliale, oggi documentati in tutti gli stadi della Malattia Venosa Cronica (C0-C6) [7,10].Lo stress posturale, ponderale, ormonale e ambientale, sembrano dunque essere trigger del rilassamento venoso che avvia, attraverso il reflusso e l’ipertensione venosa, un circolo vizioso emodinamico e infiamma-torio che alimenta i sintomi e la progressione dei segni (Fig. 6).L’infiammazione del microcircolo sottocutaneo e del derma rappresenta la prima ragione per la quale

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il paziente percepisce i sintomi (attività dei mediatori infiammatori leucocitari sui nocicettori delle fibre C). In merito sono stati individuati recettori endoteliali (VCAM-1, ICAM-1), e mediatori infiammatori, oltre a fattori di crescita (IL6-8, TGF-β1, FGF-β1, VEGF) capaci di mediare l’infiammazione all’endotelio ed ai tessuti con l’attivazione delle fibre nocicettive C, rappresentate al 99% a livello del microcircolo sottocutaneo [11,12].

Figura 6 - Fisiopatologia venosa: ortostatismo, ipertensione venosa e attivazione delle Fibre C nocicettive superficiali mediata dalla flogosi endoteliale, attraverso la cascata di citochine, che attiva il rimodellamento vascolare (MMPs)

Si sta dunque affermando un modello emodinamico-infiammatorio nel quale i disturbi venosi primari sem-brano dipendere da alterazioni strutturali e biochimiche della parete venosa, mentre le forme di patologia più avanzate, caratterizzate da alterazioni cutanee e ulcerazioni, sono conseguenze dello stravaso di macro-molecole e globuli rossi attraverso la parete endoteliale attivata (diapedesi leucocitaria), con rimodellamen-to tissutale caratterizzato da importanti depositi di collagene [7].Nonostante la complessità di segni e sintomi associati alla patologia, questi sono riconducibili ad una condizione di ipertensione venosa e di eventi infiammatori a carico dell’endotelio. L’interazione fra leuco-

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citi ed endotelio è rilevabile in tutti gli stadi della MVC e gioca un ruolo chiave nello sviluppo del corredo sintomatologico (Tab. 1) [6].

Tabella 1 - Correlazioni fisiopatologiche ipotizzate per i sintomi e segni di Malattia Venosa Cronica

Nuove evidenze suggeriscono come i processi infiammatori siano coinvolti nello sviluppo delle vene varico-se. Il rimodellamento della parete vascolare delle vene deriva probabilmente dalla complessa interazione di numerosi fattori, che includono un alterato rapporto fra metallo-proteinasi (MMPs) e i loro inibitori tissutali (TIMPs), livelli elevati di citochine e fattori di crescita, che insieme favoriscono la degradazione della matrice extracellulare [7].Fra i meccanismi fisiopatologici da considerare in corso di Malattia Venosa Cronica, le interazioni fra leu-cociti ed endotelio sembrano rilevanti in molti aspetti della patologia e vengono oggi identificate come possibile target terapeutico, unitamente a quello emodinamico (Fig. 7) [11].

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Figura 7 - Ipertensione venosa, infiammazione endoteliale e dolore nella Malattia Venosa Cronica

La trasmissione di elevate pressioni venose al microcircolo dermico esita in un processo infiammatorio nel quale il rilascio di citochine e fattori di crescita determina la migrazione dei leucociti adesi al lume endote-liale nell’interstizio e l’avvio di ulteriori eventi infiammatori. Questo processo è associato a fenomeni di fi-brosi dermica e rimodellamento tissutale. L’ipotesi flogistica è in linea inoltre con la distribuzione anatomica del volume venoso, che per un quarto (25%) risiede nelle venule post-capillari e relativi sistemi di raccolta, sede ben documentata di adesione e diapedesi dei leucociti.La Malattia Venosa primaria è spesso associata ad insufficienza venosa di tronchi safenici.L’indagine diagnostica per i pazienti con disturbi venosi cronici comprende l’eco-color-doppler, la pletismo-grafia e la venografia ascendente e discendente in casi selezionati.

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1 1.2.1 4 I processi varicosi

Le vene varicose rappresentano un disturbo molto diffuso che colpisce fino al 25% della popolazione adulta, con un’incidenza maggiore nel sesso fem-minile. I fattori di rischio per le vene varicose sono ben identificati (storia familiare, sesso femminile, gravidanza, sovrappeso/obesità e invecchiamento), mentre i meccanismi alla base della patogenesi e della progressione della malattia rimangono ancora poco chiari. I vasi sanguigni si adattano costantemente agli sti-moli emodinamici, ormonali e neuronali. Le altera-zioni della funzionalità vascolare spesso comportano cambiamenti strutturali dell’architettura del vaso e il rimodellamento vascolare può condurre a modifiche permanenti della parete vascolare (Fig. 8) [12].Recentemente diverse indagini condotte sul plasma ed i tessuti di vene varicose studiate ex vivo (strip-ping), confrontate con campioni di vene sane (graft venosi per bypass aorto-coronarici) hanno eviden-ziato livelli elevati di metalloproteinasi (MMPs), così come è stata riscontrata un’iperattività delle MMPs correlata all’infiammazione nelle complicanze trom-boflebitiche delle vene varicose [13].Gli effetti proteolitici delle metallo-proteinasi (MMPs) svolgono un ruolo importante nel rimodel-lamento vascolare, in particolare nella degradazione

della matrice extra-cellulare (ECM), che permette la migrazione e la proliferazione delle cellule infiammato-rie e l’infiltrazione nella parete vascolare.Diversi studi e review stanno fornendo informazioni dettagliate in merito alla biochimica ed agli effetti sullediverse componenti della matrice extracellulare delle MMPs, suggerendo come il rimodellamento vascola-re sostenuto dalla pressione emodinamica sia coinvolto sia nei processi fisiologici vascolari e di riparazione tissutale (angiogenesi durante lo sviluppo, training fisico, gravidanza, guarigione di una ferita), sia nei pro-cessi patologici in condizioni di ipertensione [7,12].

Figura 8 - Schema patogenetico della Malattia Venosa Cronica

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Evidenze crescenti suggeriscono ulteriori effetti delle MMPs su altri tipi di cellule, quali le cellule muscolari lisce dell’en-dotelio (cml), importanti nel mantenere il flusso sanguigno in condizioni fisiologiche. Normalmente l’attività delle MMPs viene regolata dal bilanciamento con i propri inibitori (TIMPs), che previene il degrado eccessivo della matrice extracellula-re (ECM). Uno squilibrio tra MMPs e TIMPs potrebbe favorire cambiamenti patologici nella struttura della parete vascolare, associata alla patologia venosa [7,12].Nuovi studi hanno indagato il ruolo delle MMPs nelle fasi ini-ziali di formazione delle vene varicose, verificando l’influenza di questi enzimi proteolitici sulla funzionalità venosa. In parti-colare la MMP-2 (gelatinasi A) ha mostrato la capacità di pro-vocare un rilassamento dei tessuti venosi studiati, con un mec-canismo che coinvolge l’iperpolarizzazione dei canali del Ca2+ nelle cellule muscolari lisce. Questi dati suggeriscono come un’iperattività prolungata delle MMPs possa sostenere la va-sodilatazione e contribuire alla dilatazione venosa progressiva, allo sviluppo della insufficienza venosa ed alla formazione del-le vene varicose (Fig.10) [7,12].

I cambiamenti morfologici fondamentali delle vene va-ricose riguardano la dilata-zione, la tortuosità, e le alte-razioni strutturali della parete venosa, tra cui la perdita di elastina e la disorganizzazio-ne delle cellule muscolari li-sce. È noto da tempo come l’i-pertensione venosa giochi un ruolo fondamentale nella patogenesi delle vene vari-cose, così come, in studi più recenti, la sovrapproduzione e l’iperattività delle metallo-proteinasi (MMPs). Ad oggi,

Figura 9 – Alterazioni morfologiche principali del sistema venoso superficiale

Figura 10 - Fisiopatologia della Malattia Venosa Cronica.

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comunque, la relazione fra ipertensione venosa e iperattività delle MMPs non è ancora stata chiarita. L’i-potesi avanzata è che la presenza di un’ipertensione prolungata possa stimolare la sovraespressione delle MMPs, riducendo la contrattilità delle vene e favorendo ulteriormente la disfunzione venosa, passaggio che chiuderebbe il circolo fisiopatologico. Un nuovo studio sperimentale ha verificato questa ipotesi, mo-strando come un aumento della pressione venosa protratta nel tempo su vena cava determina una sovra-espressione di MMP-2 (gelatinasi A) ed MMPs-9 (gelatinasi B), con conseguente riduzione della capacità contrattile delle cellule muscolari lisce che provoca una progressiva dilatazione venosa (Fig. 11,12) [13,14].

L’aspetto più interessante messo in luce dallo studio riguarda il meccanismo di rilassamento della vena, non mediato da un aumento di produzione di nitrossido (NO) o di prostaciclina (PGI2), ma legato all’inibizione della contrazione delle cellule muscolari lisce da parte delle MMPs sia diretta (blocco dell’ingresso degli ioni Ca2+ dallo spazio extracellulare) che indiretta (prodotti di degradazione del collagene che inibiscono i recettori dei canali del Ca2+) [13,14].

Figura 11 - Effetto di un aumento della tensione basale sulla contrattilità indotta con fenilefrina nella vena cava inferiore in assenza e presenza dell’inibitore specifico (TIMP-1) per la MMPs-2. (tensione applicata – 0.5g per 1h; 2g per 24h)

Figura 12 - Effetto delle MMPs (MMP-2; MMP-9) sulla contrattilità della vena cava inferiore indotta (fenilefrina), precedentemente sottoposti a tensione pari a 0.5 g per 1h, su campioni trattati o meno con l’inibitore specifico (TIMP-1) della MMP-2. * Differenza significativa (P<0.05)

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Tabella 2 - Quantità e distribuzione della MMP-2 e MMP-9 nella vena cava di ratto sottoposta ad una tensione pari a 2g per 24h

La risposta venosa alla vasocostrizione di una vena malataI dati raccolti negli studi sperimentali sulla contrattilità dei tessuti venosi esposti a MMPs hanno suggerito ulteriori indagini per verificare come cambia la risposta alla vasocostrizione indotta (Angiotensina II; Feni-lefrina; cloruro di potassio - KCl) delle cellule muscolari lisce nei diversi segmenti di vena malata rispetto a vene sane. I risultati mostrano differenze nella risposta alla vasocostrizione, aspetto che potrebbe giocare un ruolo nella dilatazione progressiva della varice (Fig. 12) [13].

Le vene varicose e la differenza fra i sessiÈ ben noto quanto la patologia varicosa agli arti inferiori, caratterizzata da dilatazione della parete venosa, incompetenza valvolare e tortuosità del decorso venoso, colpisca prevalentemente il genere femminile, con una maggiore incidenza nelle donne rispetto agli uomini. Queste differenze fra i generi sono ascrivibili all’influenza ormonale, come rilevato dalla elevata incidenza di nuove varici nella popolazione femminile durante la gravidanza. Tuttavia i meccanismi che sottendono queste differenze ed il ruolo degli ormoni sessuali nell’incidenza di nuove vene varicose non sono ancora stati chiariti.Alcuni studi sperimentali condotti nel passato sulla funzione arteriosa hanno evidenziato differenze fun-zionali correlate agli estrogeni che riguardano l’influenza di questi ormoni sul rilassamento arterioso attra-verso il nitrossido, le prostacicline (PGI2) ed i canali del Ca2+. Anche se sono numerosi gli studi che hanno esaminato la differenza tra i sessi e gli effetti sulla funzione arteriosa, si sa ben poco per quanto riguarda le differenze tra i sessi e gli effetti degli estrogeni sulla funzione venosa.Uno studio sperimentale recente su vena cava mostra una riduzione della contrattilità indotta (fenilefrina, Angiotensina II e KCl) ed un maggiore rilassamento dei tessuti venosi trattati con 17β-estradiolo nei cam-pioni femminili rispetto a quelli maschili, corredati dalla registrazione di una sovraespressione dei recettori estrogenici specifici (es. estradiolo) nei campioni femminili. L’aumentato rilassamento venoso estrogeno-mediato sembrerebbe favorire una maggiore distensibilità delle vene nel genere femminile. Ulteriori studi clinici sono comunque necessari per indagare il rilassamen-to venoso mediato dagli estrogeni [15].

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1 1.3 4 La Malattia Venosa Cronica secondaria

Le patologie venose secondarie spesso sono il risultato di un episodio acuto di trombosi venosa profonda (TVP). I segmenti venosi interessati ricanalizzano normalmente durante i primi 6-12 mesi dopo l’evento acuto con alterazioni del lume venoso e frequenti combinazioni di parziale ostruzione e reflusso. Tali altera-zioni morfologiche provocano ipertensione venosa con i livelli più severi nei pazienti che risultano portatori di ostruzione a livello iliaco-femorale e reflusso distale. Le manifestazioni cliniche della MVC secondaria, comprendenti dolore, claudicatio venosa, edema, alterazioni cutanee (es. eczema lipodermatoscerosi, etc.) e ulcerazione, sono comunemente denominate Sindrome Post-Trombotica (SPT). Il trattamento precoce e completo della TVP riveste un ruolo fondamentale nella prevenzione della SPT [8].La valutazione diagnostica di MVC secondaria è simile a quella primaria ed è basata sull’esame eco-color-doppler. La diagnosi si basa su criteri anatomici ed emodinamici e la tecnica IVUS (Intra-Vascular-Ultra-So-nography) è superiore alla venografia nella stima del grado morfologico e della stenosi della vena iliaca [8].Il ruolo fondamentale della compressione nel trattamento della MVC è ben riconosciuto. L’aderenza del pa-ziente al trattamento elastocompressivo è essenziale per prevenire la SPT, per ridurre il rischio di recidive e per il trattamento delle lesioni ulcerative. I trattamenti farmacologici associati all’elastocompressione hanno dimostrato di poter accelerare i processi di riepitelizzazione. La chirurgia venosa nella SPT riveste un ruolo fondamentale per il trattamento delle vene perforanti incontinenti. La ricostruzione valvolare viene eseguita solo in pochi centri specializzati con risultati migliori nelle forme primarie. Le valvole venose artificiali, di recente introduzione sembrano promettenti, ma modelli sperimentali precedenti hanno finora fallito [8].Per quanto riguarda infine il trattamento chirurgico nella ostruzione venosa ileo-cavale, le tecniche di an-gioplastica e stenting, così come by-pass per l’ostruzione ileo-femorale prossimale, assumono un ruolo secondario [8].La caratterizzazione diagnostica anatomica e fisiologica della Malattia Venosa Cronica secondaria è cruciale per il successo della terapia. Infatti, anche se le alterazioni trofiche cutanee e ulcerose possono apparire sovrapponibili fra i pazienti, spesso la fisiopatologia sottostante può essere molto diversa. La fisiopatologia è spesso complessa, con varie combinazioni di reflusso venoso e di ostruzione che pos-sono esitare in disfunzione endoteliale e squilibrio della funzione linfatica. Circa il 30% delle ulcere degli arti inferiori non sono di origine venosa e un’”ulcera venosa” dovrebbe essere diagnosticata solo se i di-sturbi venosi principali sono entrambi chiaramente dimostrati e soprattutto correlabili con la presentazione clinica.La valutazione del paziente con una sospetta ulcera venosa dovrebbe includere l’eco-color-doppler per identificare il reflusso nelle vene superficiali, profonde e perforanti, nonché l’ostruzione delle vene pro-fonde. Pletismografia, pressione venosa e flebografia possono dare un ulteriore contributo per pazienti selezionati per la chirurgia.

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Tutti i pazienti post-trombotici dovrebbero essere clinicamente valutati con lo score di Villalta, valida-to per supportare il sospetto di SPT, possibilmente già entro il primo mese dopo l’evento trombotico, quindi classificati con la scala CEAP aggiornata, abbinata all’esame strumentale eco-color-doppler che può guidare sotto il profilo fisiopatologico la scelta terapeutica più adatta. Infine è essenziale eseguire la diagnosi differenziale, misurando l’indice caviglia-brachiale (ABI), per escludere una con-comitante patologia arteriosa che limiterebbe l’uso di un’adeguata elastocompressione. [16].

In sintesi per la diagnosi della Sindrome Post-trombotica:�� Esame clinico con score Villalta (validato per supportare il sospetto clinico)�� Esame eco-color-doppler con classificazione CEAP per orientare la scelta terapeutica su base fisio-patologica ed escludere occlusioni arteriose, presenti fino al 20% dei pazienti con SPT.�� Indice ABI caviglia-braccio (bracciale esclusivamente sulla caviglia)

I trattamenti della malattia venosa secondaria prevedono:�� Misure generali, quali l’elevazione dell’arto a riposo, la riduzione del peso, l’esercizio fisico (camminare) e la terapia fisica per la mobilità articolare della caviglia, l’ottimizzazione delle condizioni sistemiche che interessano la guarigione di ulcere ed edema (diabete mellito, immunosoppressione, la malnutrizione, insufficienza cardiaca congestizia) [8].�� Terapia compressiva, che ha un ruolo fondamentale nel trattamento della insufficienza venosa cronica (Tab. 3) e può essere realizzata con una varietà di tecniche e dispositivi in grado, da soli, di curare la mag-gioranza delle ulcere venose. Spesso si pone il problema della compliance del paziente, poco incline ad un uso corretto e prolungato. Molti pazienti sono inizialmente intolleranti alla elastocompressione specie se su un’ulcera e per questo è possibile iniziare gradualmente la compressione, con l’obiettivo di fare indossare il presidio [8].�� Terapie adiuvanti alla elastocompressione: l’obiettivo di tutte le terapie adiuvanti è quello di limitare gli effetti infiammatori scatenati dall’ipertensione severa per ridurre la severità del quadro sintomatico e lo sviluppo di ulcerazioni, e accelerare i processi di guarigione nelle forme ulcerate. Queste terapie adiu-vanti possono risultare particolarmente importanti laddove la ricanalizzazione lascia un residuo tromboti-co che funge da trigger infiammatorio per il segmento venoso interessato, favorendo le alterazioni strut-turali endoteliali e valvolari responsabili di ipertensione severa ingravescente, componendo un quadro emodinamico e infiammatorio che si autoalimenta con peggioramento dei sintomi e del quadro clinico locale. Fra i diversi presidi testati, la terapia medica con pentossifillina o GAGs (sulodexide) è quella che, ad oggi, ha ottenuto le maggiori evidenze per una terapia combinata nella riduzione dei tempi di guarigione dell’ulcera e potrebbe essere utile anche in fase di profilassi per alleviare la sintomatologia [8].

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Tabella 3 - Indicazioni per la terapia elasto-compressiva

L’ostruzione venosa iliaco-femorale sembra svolgere un ruolo particolarmente importante nello sviluppo di una IVC severa ed in particolare l’occlusione del tratto ilio-cavale sviluppa quadri sintomatici più severi rispetto all’occlusione segmenti più distali [8].Nella maggior parte dei pazienti post-trombotici però non si assiste ad un’ostruzione completa, ma piut-tosto ad un’ostruzione parziale dovuta alla presenza di residui trombotici parzialmente lisati. Solo il 20-30% delle trombosi che colpiscono la vena iliaca ricanalizzano completamente con la sola anticoagulazione orale, mentre le restanti sviluppano ostruzione, associata a reflusso nel 55% dei pazienti con sintomi di SPT.L’ostruzione o una ricanalizzazione incompleta, con un residuo trombotico non completamente lisato, è la causa principale dei sintomi di SPT che colpisce 1 paziente su 3, sempre che segua una terapia profi-lattica con elastocompressione, mentre i dati in letteratura indicano fino a 2 pazienti su 3 soggetti ad una sintomatologia severa in assenza di un trattamento profilattico specifico. Anche nella patologia venosa primaria esistono casi di ostruzione venosa (sindrome di May-Thurner o sindrome da compressione della vena iliaca) [8,16,17].L’indagine dei pazienti con sospetta ostruzione venosa si basa su informazioni cliniche e su informazioni

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strumentali, valutando sia l’ostruzione che l’incompetenza valvolare. La ricerca della trombofilia è valida solo per pazienti senza storia di pregressa TVP, mentre le indagini di imaging pelvico (tomografia compute-rizzata o risonanza magnetica) servono per escludere neoplasie, fibrosi retroperitoneale e altre eziologie. La TC può confermare la compressione della vena iliaca (sindrome di May-Thurner). Gli studi della funzionalità venosa, come la pletismografia possono contribuire a stabilire la presenza di un’ostruzione del flusso nella valutazione post-operatoria. La venografia, così come le misure dirette della pressione venosa, possono suggerire un’ostruzione emodinamicamente significativa. Non esiste ad oggi comunque un gold standard che stabilisca se una stenosi venosa è emodinamicamente significativa, ma il reflusso può essere rilevato con le classiche modalità dell’aumento della pressione intra-addominale (manovra di Valsalva) per la vena femorale comune o per la giunzione safeno-femorale, ovvero con la compressione manuale ed il successivo rilascio dell’arto, distalmente al punto d’esame.La ultrasonografia intravascolare (IVuS) è stata impiegata con successo per valutare la compressione della vena iliaca o l’ostruzione e per monitorare i pazienti dopo lo stenting venoso. Per i pazienti con vene varicose, la IVUS dovrebbe essere impiegata selettivamente in coloro che hanno un’ostruzione venosa iliaca sospetta o confermata. La tecnica IVUS è importante per l’assessment della morfologia della parete venosa, identificando lesioni come le trabeculazioni, le valvole “congelate”, l’ispessimento parietale e la compressione esterna che non si vedono con la venografia convenzionale a contrasto, e che fornisce le misure per l’assessment del grado di stenosi. Inoltre, la tecnica IVUS può confermare il corretto posizionamento dello stent quando utilizzato per la risoluzione della stenosi del segmento venoso.

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1 1.3.1 4 La patologia cutanea nella Malattia Venosa Cronica

La fisiopatologia delle alterazioni cutanee nella Malattia Venosa Cronica (MVC) riflette una complessa inte-razione fra ipertensione venosa cronica, infiammazione e iperattività delle metalloproteinasi della matrice (MMPs). L’espressione endoteliale di specifiche molecole di adesione per i leucociti e la loro diapedesi a livello del microcircolo dermico promuove la risposta infiammatoria tissutale con attivazione delle citochine e delle proteinasi. Inoltre la disfunzione cellulare associata all’infiammazione aumenta la vulnerabilità dei tessuti interessati, favorendo lo sviluppo dei segni cutanei della MVC. In definitiva l’attivazione infiammato-ria e delle proteinasi (MMPs) stimola l’instaurarsi di un’Insufficienza Venosa Cronica severa e la progressione dei segni agli stadi avanzati della malattia, con la possibile formazione di ulcere [7].La progressione della Malattia Venosa Cronica (MVC), soprattutto secondaria, spazia dalle vene varicose all’edema, sino alle manifestazioni cutanee (iperpigmentazione, eczema, lipodermatosclerosi, ulcere veno-se). Le alterazioni cutanee sono il risultato di una ipertensione venosa deambulatoria persistente e rappre-sentano una forma severa di MVC molto spesso abbinata ad Insufficienza Venosa Cronica (IVC). L’iperten-

sione venosa, come già detto, può dipendere sia da una disfunzione valvolare con reflusso, che da una trombosi venosa non ben ricanalizzata, ovvero da una combinazione dei due processi. Mentre il reflusso venoso primario interessa prevalentemente il sistema superficiale ed è collegato alle forme sintomatiche iniziali della malattia (C0-C2), l’Insufficienza Venosa Cronica delle forme avan-zate di MVC, caratterizzate da alterazioni cutanee, spesso interessa anche le perforanti ed il sistema venoso profondo.In questi casi l’ipertensione venosa è severa e stimola una potente risposta in-fiammatoria che attiva l’endotelio e, attraverso una cascata di citochine infiam-matorie, stimola il rimodellamento vascolare attraverso le metallo proteinasi (MMPs), con conseguente disfunzione cellulare, che provoca le caratteristiche alterazioni cutanee (Fig. 13) [7].Negli stadi avanzati della patologia venosa, caratterizzata da Insufficienza Ve-nosa Cronica, il ruolo dei leucociti è legato all’interazione leucociti / endotelio ed alla loro fuoriuscita dalla microcircolazione ai tessuti dermici (diapedesi). Test bioptici su tessuti adiacenti ad alterazioni cutanee/ulcerazioni, confrontati con reperti di cute sana dei medesimi pazienti, documenta nei pazienti con IVC una up-regulation delle molecole di adesione del lume vascolare (V-CAM 1) e intracellulari (I-CAM 1), cioè dei mediatori dell’adesione, attivazione e mi-grazione trans-endoteliale dei leucociti nei tessuti dermici.Fra i numerosi fattori di crescita coinvolti negli stadi avanzati della patologia

Figura 13 - Schema fisiopatologico delle alterazioni cutanee nella Malattia Venosa Cronica (MVC) - MMPs: metalloproteinasi

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venosa, il TGF-β1 insieme al TNF-α sono fra i più importanti per la capacità di modulare l’attività delle MMPs, responsabili della proliferazione cellulare e della produzione della matrice extracellulare. Diversi studi hanno evidenziato il ruolo del TGF-β1 in pazienti con alterazioni cutanee, lipodermatosclerosi e ulcere venose, registrando un aumento del TGF-β1 nei campioni bioptici prelevati in aree cutanee alterate, ulcere cicatrizzate o peri-ulcerative, rispetto alle aree con cute normale degli stessi pazienti.Negli essudati delle ulcere Venose Croniche il microambiente del letto di ferita poggia su di una microcir-colazione più o meno vitale. L’essudato di un’ulcera venosa cronica inoltre è caratterizzato da un’abbondan-za di enzimi proteasici, la cui attività risulta fino a 100 volte più elevata rispetto a quella di una normale ferita, mentre si registra una riduzione di questa attività in quelle ulcere venose che guariscono rapidamente, en-tro due settimane. Studi ulteriori sui fibroblasti delle ulcere venose rivelano una diminuzione della capacità proliferativa e della risposta ai fattori di crescita, aspetto che trova una spiegazione plausibile nell’iperattivi-tà proteinasica che degrada i fattori di crescita necessari alla guarigione della ferita [7,8].

La matrice extracellulare, composta da nume-rose glicoproteine e proteoglicani, è un’im-portante struttura funzionale necessaria per la funzione cellulare, la riparazione tissutale, l’epitelizzazione, che dà sostegno alla struttu-ra vascolare, ed è particolarmente importan-te nel fornire un substrato per la migrazione dei cheratinociti necessari alla cicatrizzazione tanto delle ferite acute che di quelle croniche.Un report recente ha stimato che la differenza di attività proteasica delle MMP-2 ed MMP-9 nell’essudato di un’ulcera cronica rispetto ad una ferita acuta è di ben 10 volte. Uno studio in vitro condotto su fibroblasti prele-vati dall’essudato di un’ulcera venosa in via di guarigione e messi in coltura ha registra-to una netta riduzione dell’attività proteasica

delle MMPs, aspetto che lascia supporre che un’attività proteasica insufficiente possa avere un ruolo nella mancata guarigione di un’ulcera persistente.Nella pratica clinica la recente proposta di evoluzione dello schema di monitoraggio TIME, avanzata dalla European Wound Management Association (EWMA), è in linea con questi nuovi dati, proponendo agli ope-ratori del wound care la valutazione della qualità degli essudati, non solo per misurare il grado d’infezione, ma anche per stimare i livelli infiammatori, determinanti nel definire la probabilità di guarigione. Inoltre fra i biomarker allo studio in vulnologia sono state inserite le MMPs (Fig. 14, 15) [7,8].

Figura 14 - Riparazione tissutale fisiologica e rallentata

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Figura 15 - European Wound Management Association (EWMA). Position Document: Wound Bed Preparation in Practice. London: MEP Ltd, 2004

Figura 16 - Marker oggetto di studio per l’uso nella gestione delle ferite. World Union of Wound Healing Societies (WUWHS). Principi di best practice: La diagnostica e le ferite. Documento di consenso. Londra: MEP Ltd,2008.

Uno studio recente su biopsie dermiche di pazienti con lipodermatosclerosi ha registrato un’iperattività delle MMPs nel derma ed in zona peri-vascolare, con una ridotta attività degli inibitori specifici (TIMPs).Alla luce delle evidenze sul ruolo delle MMPs, quali marker specifici della infiammazione vascolare, sono state avanzate diverse prospettive d’intervento per la prevenzione ed il trattamento delle lesioni cutanee nelle forme di Malattia venosa Cronica avanzate [7].

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L’intervento precoce e la prevenzione di una iperten-sione cronica, così come i trattamenti mirati a ridurre i processi infiammatori potrebbero offrire una grande opportunità di sollievo per prevenire future morbilità, alleviare i sintomi del paziente e ridurre il rischio di una progressione agli stadi più severi della malattia, caratte-rizzati da una riduzione della qualità di vita dei pazienti e da costi di gestione elevati (es. ulcere venose croniche).

Fra gli interventi terapeutici indagati recentemente per la modulazione delle MMPs nella patologia venosa vi sono i glicosamminoglicani, già noti nella fisiologia e nella patologia venosa (differente contenuto di GAGs fra safene sane e malate), così come nella guarigione delle ulcere e nel rimodellamento vascolare. In partico-lare il glicosaminoglicano sulodexide ha mostrato la ca-pacità di modulare in modo dose-dipendente l’attività enzimatica della MMP-9, con una significativa riduzione della secrezione e della attività dell’enzima in studio da parte dei leucociti nel sangue (Fig. 18). Figura 17 - Schema della progressione della Malattia

Venosa Cronica agli stadi avanzati con lesioni cutanee. L’ipertensione venosa sostiene l’attivazione endoteliale il rimodellamento vascolare attraverso le MMPs, favorendo la fibrosi tissutale e infine le lesioni cutanee, fino alla ulcerazione. Sovrapproduzione e iperattività delle MMPs sono marker biologici di ritardo nella guarigione delle ulcere venose croniche.

Figura 18 - Schema delle possibili applicazioni dei glicosamminoglicani nella modulazione delle metallo proteinasi (MMPs)

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1 1.4 4 Il “peso” clinico della Sindrome Post-Trombotica (SPT)

La Sindrome Post-Trombotica (SPT) colpisce fino al 30% dei pazienti che hanno avuto una TVP e seguono un corretto percorso terapeutico con elastocompressione dopo l’anticoagulante orale, valori che arrivano al 60% nei pazienti che non seguono tale protocollo. Di questi pazienti il 5-10% sviluppa nel tempo Ulcere Venose Croniche, che rappresentano fino all’80% di tutte le forme di ulcera. La sintomatologia ed i segni che accompagnano la SPT e le ulcere hanno un impatto socio-economico rilevante in termini di Qualità di Vita (QdV) e costi per il SSN. In Europa si stima che le ulcere riguardino lo 0,5-1,0% della popolazione gene-rale, con un impatto sulla spesa sanitaria > 2,0%, cioè con un rapporto 4:1 spesa/prevalenza. [17-20].

Una ragione che spiega in parte un impatto economico così sfavore-vole riguarda la mancanza di una diagnosi sufficientemente precoce della SPT, la scarsa compliance del paziente per la terapia compressiva tutto l’anno, la persistenza di una quota significativa di ulcere che non guariscono, aspetto che peraltro si combina con il massimo degrado della Qualità di Vita di questi pazienti (il dolore su tutti), per i quali l’Associazione Europea delle Società Scientifiche nazionali dedicate al Wound Management ha stilato un Position Document, tradotto in numerose lingue europee, compreso l’italiano, nel quale si dichiara la centralità di un approccio olistico al paziente con Ferite Difficili [21].La Sindrome Post-Trombotica oggi è definita come l’insieme di sinto-mi e segni secondari ad un evento di TVP e può essere formalmente

diagnosticata, dal 2009, con un semplice score clinico (score di Villalta), secondo le raccomandazioni pub-blicate da un’apposita commissione internazionale costituita dalle due maggiori associazioni flebologiche europee e nord-americane (American Venous Forum e European Venous Forum) e che tiene conto fra l’altro della severità dei sintomi e dei segni registrati, consentendo l’assessment del paziente nel tempo (monito-raggio dell’efficacia dei trattamenti adottati) [16].I numerosi fattori predittivi coinvolti nello sviluppo della SPT nei primi 24 mesi indicano chiaramente la necessità di un approccio al problema che non sia solo sotto il profilo della anticoagulazione, a cominciare dalla valutazione dei segni e sintomi clinici del paziente post-trombotico durante i controlli periodici che seguono l’evento acuto, ritenuti oggi tra i più significativi nell’inquadramento dei pazienti che svilupperan-no SPT e ulcere nei 24 mesi successivi [17].Sono auspicabili programmi di informazione presso la classe medica del territorio ed i pazienti post-trom-botici, utili a stimolare la comunicazione medico-paziente per la massima aderenza alla terapia compressiva integrata da programmi di esercizio fisico per il paziente, da combinare con i presidi vascolari specifici in grado di limitare il problema ingravescente emodinamico e quello tessutale [17,18].

Figura 19 - Probabilità (%) di sviluppo di un’ulcera venosa cronica a 10 anni dopo un evento trombotico

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2 Classificazione MVC: doppler e score clinici

Nella Malattia Venosa Cronica non esiste ad oggi un gold standard univoco di laboratorio, imaging o test funzionale in grado di stabilire definitivamente la diagnosi del paziente. Nella MVC primaria per anni si è considerata l’incompe-tenza valvolare come dato essenziale, ma questa base patogenetica non spiega le varicosità al di sotto di valvole competenti, le varicosità comprese fra valvole competenti e soprattutto perché la dilatazione venosa precede spesso l’incom-petenza valvolare con manifestazioni cliniche (CEAP C0s). Le vene varicose mo-strano un incremento del contenuto in collagene a fronte di una riduzione di elastina e di cellule muscolari lisce. Le indagini più recenti suggeriscono un’alte-razione della parete venosa che precede lo sviluppo del reflusso (es. familiarità), in ragione della maggiore resistenza strutturale delle valvole rispetto alla parete venosa. Per questo oggi la diagnosi delle forme primarie, prevalentemente fra C0s (solo sintomi) e C2 (varici), deve potere essere standardizzata sul doppio binario, cli-nico ed emodinamico, ponendo l’indispensabile indagine emodinamica in una nuova ottica, capace di fornire informazioni utili al clinico. Il nuovo schema pro-posto nelle Linee guida SVS e AVF del 2011, prevede per i pazienti con varici sin-

tomatiche, prevalentemente le forme di MVC primaria, l’abbinamento della classificazione CEAP all’esame strumentale eco-color-doppler in fase diagnostica e lo score clinico VCSS, per la fase di assessment tera-peutico. Questo schema rappresenta una forma evoluta di gestione degli strumenti diagnostici, in linea con le evidenze emergenti che indicano una doppia leva patogenetica, emodinamica ed endoteliale, per l’esor-

dio e la progressione della MVC. Questa impostazione potrebbe essere presa in considerazione anche nelle forme di MVC secondaria, considerando per la fase di assessment terapeutico, l’abbinamento dello score VCSS o dello score Villalta (va-lidato per la SPT) con l’esame strumentale (es. ECD). (Tab. 4) [1,16].

Nei pazienti con una pregressa TVP, con-fermata oggettivamente, la diagnosi di Sindrome Post-Trombotica (SPT) abbina

Tabella 4 - Indagini cliniche e strumentali validate per la diagnosi e l’assessment dei pazienti con MVC primaria e secondaria

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le indagini strumentali e funzionali effettuate per confermare la TVP al momento dell’evento acuto con i sintomi e segni tipici osservati al momento della visita ambulatoriale. Le evidenze oggettive della incompetenza valvolare venosa, ostruzione persistente, ricanalizzazione della vena o delle collaterali, verificato con eco-color-doppler o canalizzazione dell’ostruzione con pletismografia, servono a confermare la diagnosi.La maggior parte dei pazienti con SPT sintomatica potrebbe avere incompetenza valvolare, ma molti pa-zienti con incompetenza valvolare potrebbero non avere una SPT. La valutazione diagnostica della MVC secondaria si basa sull’esame eco-color-doppler che risulta superiore alla venografia nella valutazione della morfologia e dell’estensione della stenosi per la vena iliaca. Diversi sono inoltre i parametri che possono essere ricavati dall’indagine ad ultrasuoni.L’importanza dell’esame ECD nella MVC secondaria per la diagnosi nel tempo è sostenuto anche dalle indagini più recenti che indicano una progressione della CEAP in oltre il 30% dei pazienti post-trombotici, con lo sviluppo di lesioni cutanee nel 4% dei casi a 12 mesi e del 25% a 5 anni. Di questi pazienti che svi-luppano segni cutanei di SPT, quasi 4 casi su 5 (79%) hanno evidenze di reflusso e/o ostruzione venosa con una correlazione altamente significativa fra progressione della malattia e referto strumentale nei casi di trombosi ricorrente.

Il “peso clinico” della Sindrome Post-Trombotica ha ef-fetti a lungo termine che dipendono da alterazioni emo-dinamiche severe (stasi, reflusso e grave ipertensione venosa) con un elevato impatto sulla macrocircolazione (incompetenza valvolare secondaria e rischio diTVP) e sul microcircolo (lesioni cutanee) [8].L’ipertensione venosa post-trombotica secondaria a incompetenza valvolare e/o ostruzione si sviluppa dal si-stema venoso profondo a quello superficiale attraverso le vene perforanti, arrivando al microcircolo sottocutaneo dove attiva i processi infiammatori responsabili delle se-quele cutanee e ulcerative della Sindrome Post-Trombo-tica (Fig. 20).L’infiammazione del microcircolo, secondaria alla iper-tensione venosa, che altera il glicocalice del lume endo-teliale, rendendolo vulnerabile all’adesione leucocitaria (Fig. 21), aumenta la permeabilità capillare e riduce la

perfusione di ossigeno, attivando i marker proteasici (MMPs) che svolgono un ruolo centrale nelle altera-zioni tissutali conducono alle lesioni cutanee ed alle ulcerazioni osservate nella progressione della malattia (C4-C6).La persistenza di un residuo trombotico provoca un sovraccarico pressorio che può essere bilanciato dalla dilatazione delle vene superficiali, oppure sbilanciato con sviluppo di ipertensione venosa severa che avvia

Tabella 5 - Progressione clinica secondo classificazione CEAP

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la progressione della patologia clinica. Uno step critico nel-lo sbilancio pressorio riguarda il coinvolgimento delle vene perforanti.L’ipertensione venosa severa che coinvolge il sistema su-perficiale esplode quindi all’esterno verso il microcircolo su-perficiale, con coinvolgimento tissutale attraverso processi infiammatori, aprendo la strada ai quadri clinici osservati. Lo schema fisiopatologico della SPT può essere schemati-camente riassunto come in Fig. 22 [22,23].

Figura 21 – Schema fisiopatologico tissutale (rolling, adesione e diapedesi leucocitaria) di sviluppo della SPT

Figura 20 - Schema emodinamico di sviluppo della SPT

Figura 22 - Schema fisiopatologico emodinamico e tissutale della Sindrome Post-Trombotica

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2 2.1 4 Standardizzazione dell’indagine doppler per la diagnosi delle flebopatie

La ultasonografia doppler è probabilmente il metodo investigativo più diffuso per valutare il sistema venoso nella gestione della Malattia Venosa Cronica agli arti inferiori. Tuttavia al momento non esiste un consenso unanime delle società scientifiche vascolari e flebologiche che definisca i migliori standard applicativi di questa tecnica diagnostica.

Le procedure operati-ve dell’esame si diffe-renziano fra trombosi

venosa acuta e alterazioni venose croniche.Poichè spesso il reflusso venoso coinvolge en-trambi gli arti inferiori, viene raccomandato l’e-same di entrambe le gambe, anche se solo uno dei due dovesse evidenziare la patologia venosa. L’impiego di una sonda lineare ad alta frequenza (7.5–13 MHz) è solitamente appropriato per otte-nere una buona qualità delle immagini del siste-ma venoso superficiale. Una sonda curvilinea di più bassa frequenza può essere utilizzata per arti voluminosi o edematosiLa posizione supina è invece appropriata per la diagnosi della TVP e TVS, ma per le misure del diametro e dei reflussi, l’esame delle vene su-perficiali deve essere eseguito con il paziente in piedi. È importante anzitutto definire la localizzazione anatomica del problema (sistema venoso su-

L’indagine ECD è raccomandata come primo test diagnostico per tutti i pa-zienti con sospetta Malattia Venosa Cronica, in quanto esame sicuro, non invasivo, cost-effective e relativamente “facile” che fornisce informazioni morfologiche e funzionali.

Figura 23 - Diciotto segmenti venosi per l’indagine ECD

Classificazione anatomica (As, Ad, Ap)As = interessamento del sistema superficialeAd = interessamento del sistema profondoAp = coinvolgimento delle vene perforanti

Sistema superficiale: As 1 - teleangiectasie, vene reticolari della safena interna: 2 - al di sopra del ginocchio 3 - al di sotto del ginocchio 4 - safena esterna 5 - distretti non safenici

Sistema profondo: Ap 6 - vena cava inferiore, vena iliaca 7 - vena iliaca comune 8 - vena iliaca interna 9 - vena iliaca esterna10 - vene pelviche: genitali, legamento largo11 - vena femorale comune12 - vena femorale profonda13 - vena femorale superficiale14 - vena poplitea15 - vene di gamba o crurali: vene tibiali posteriori,

tibiali anteriori, vene peroniere16 - vene muscolari: vene gemellari, vene soleali

Vene perforanti: Ap17 - a livello di coscia18 - a livello di gamba

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perficiale, profondo o delle perforanti), quindi individuare il meccanismo fisiopatologico (reflusso, reflusso con ostruzione, ovvero ostruzione dominante) (Fig. 23) [1,4,8].I principali dati che dovrebbero essere sempre acquisiti in corso d’esame sono: (1) Giunzioni safeniche incompetenti, la loro localizzazione ed i diametri. (2) L’estensione del reflusso delle vene safeniche della coscia e degli arti inferiori ed I loro diametri. Il numero, la localizzazione, il diametro e la funzione delle vene perforanti incompetenti. (3) Altre vene rilevanti che mostrano un reflusso. (4) La fonte di “riempimento” di tutte le varici superficiali se non già descritte con l’esame obiettivo. (5) Vene ipoplastiche, assenti o che sono state rimosse. (6) La condizione del sistema venoso profondo comprende le valvole competenti e l’evidenza di trombosi

pregresse(7) Lo stato del sistema venoso profondo comprende le valvole competenti e l’evidenza di pregresse trom-

bosi venose.

L’esame inizia sotto il liga-mento inguinale e le vene vengono esaminate ad in-tervalli di 3-5 cm. Per un esame completo, tutte le vene profonde degli arti vengono esami-nate, comprese: femorale comune, femorale, femo-rale profonda, popliteale, peroneale, soleale, ga-strocnemia, le tibiali ante-riore e posteriore. Le vene superficiali ven-gono quindi esaminate, compresa la Grande Safe-na (GSV) e la Piccola Sa-fena (SSV), le vene acces-sorie safeniche e le vene perforanti.

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I quattro parametri che dovrebbero essere inclusi in un esame completo per la MVC sono: (1) Visibilità (2) Compressibilità (3) Flusso venoso, inclusa la misura e la durata del reflusso (4) Aumento del flusso durante la fase di riempimento

È altresì molto importante rilevare asimmetrie nella velocità di flusso, o l’assenza di variazioni del flusso ve-noso durante la respirazione, nonché i pattern a riposo e durante la fase di riempimento delle vene femorali che possono indicare un’ostruzione prossimale. Il reflusso può essere rilevato in due modi: �� Aumento della pressione intra-addominale con la manovra di Valsalva nella vena femorale comune o alla giunzione safeno-femorale �� Compressione manuale e successivo rilascio dell’arto distalmente al punto d’esame

Per la valutazione del reflusso, le Linee Guida del Committee SVS/AVF raccomandano:�� 500 msec. come valore di cutoff per le vene incontinenti (safena, tibiale, femorale profonda e l’incon-tinenza delle perforanti) �� 1 secondo per l’incontinenza della vena femorale e poplitea.

La definizione di vene perforanti “patologiche” include quelle con un flusso di 500 ms, con un diametro di 3.5 mm, localizzate tra ulcere guarite o aperte (CEAP C5-C6)Per quanto riguarda le indagini strumentali per le procedure chirurgiche nel trattamento delle vene vari-cose, quali le tecniche ELT (Endovenous Laser Treatment) e RFA (Radio-Frequency Ablation), queste proce-dure devono essere condotte con il supporto della sonda doppler con standard applicativi utili al confronto in fase di follow-up.Nei pazienti con una TVP pregressa confermata oggettivamente che mostri i sintomi e segni tipici, la SPT è solitamente la diagnosi corretta. In media passano 6 mesi dopo la TVP acuta per potere rilevare eviden-ze oggettive di incompetenza valvolare venosa e/o di un’ostruzione valutabili con eco-color-doppler o con pletismografia.

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2 2.2 4 Valutazione (Assessment) delle forme primarie e secondarie con score clinico

Il rinnovamento della classificazione CEAP e le no-vità sulla patogenesi emodinamica e infiammatoria della patologia venosa, sino alla nuova definizione, Malattia Venosa Cronica, hanno arricchito lo spettro interpretativo clinico della patologia, integrando l’e-modinamica alla clinica e suggerendo la costituzione di un’ideale task force interdisciplinare fra specialisti della diagnostica, della clinica e della chirurgia va-scolare, per aggiornare gli strumenti e le tecniche utili ad affrontare una patologia molto più comples-sa e potenzialmente a rischio per la Qualità di Vita del paziente, di quanto si potesse supporre solo fino a pochi anni fa. Le vene varicose, ad esempio, sono state a lungo considerate una problematica estetica, che incideva solo sul benessere emotivo, ma che non determina-va una disabilità. Oggi si sa che le varicosità sono frequentemente causa di disagio, dolore, perdita di giorni lavorativi e deterioramento della Qualità di Vita correlata alla salute e vanno considerate sempre come una patologia cronica progressiva da seguire nel tempo e non come un problema estetico estem-poraneo. Le complicanze delle varici (es. trombosi venose superficiali) possono condurre la progressio-ne della MVC fino alla comparsa di lesioni cutanee che incidono sulla vita del paziente.Il cambio di prospettiva nella lettura clinica delle va-

rici ha suggerito negli ultimi anni di implementare gli strumenti classificativi a disposizione del clinico con nuovi strumenti di monitoraggio nel tempo, più dettagliati sotto il profilo dell’impatto della MVC sulla qua-lità della vita del paziente. In questo senso sono stati prima proposti, quindi validati ed infine raccomandati nuovi strumenti per monitorare l’assessment terapeutico del paziente con MVC primaria e secondaria [1,4,8].Per la diagnosi si raccomanda l’impiego della classificazione CEAP rinnovata, unitamente all’esame stru-mentale eco-color-doppler [1].

Figura 24 - Schema patogenetico della Malattia Venosa Cronica

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Figura 25 - CEAP e classificazione anatomica

Figura 26 - Raccomandazioni CEAP

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La classificazione CEAP pur fornendo dati sui sintomi, quali affaticabilità, esauribilità funzionale, pesan-tezza alle gambe, sintomatologia dolorosa, crampi notturni, edemi saltuari, non fornisce informazioni sulla QdV del paziente (Fig. 27) [1,5].

Per questo è stato prima introdotto ed oggi viene raccoman-dato il Vascular Clinical Severity Score (VCSS) per l’assessment terapeutico (grado 1B - Linee guida SVS e AVF 2011). Il VCSS nasce da elementi della classificazione CEAP (grado clinico, eziologia, anatomia, fisiopatologia), ed è uno strumento valu-tativo responsivo ai cambiamenti della severità della malattia nel tempo ed in risposta al trattamento [1].Il VCSS è basato sulla valutazione medica di nove segni e sin-tomi clinici di CVD, inclusi dolore, presenza di vene varicose, edema, segni di IVC, ed ulcere venose. Viene inoltre valutata la compliance del paziente con la terapia compressiva.Il VCSS correla bene con lo score CEAP e con la valutazione ul-trasonografica della severità dell’insufficienza valvolare venosa o dell’ostruzione.

Una valutazione di ognuno dei componenti del VCSS permette l’analisi del risultato su molti livelli, inclusi risultati tecnici e clinici, riportati dal paziente.

Figura 27 - Dimensioni della QdV del paziente con MVC sintomatica

Figura 28 - Questionario di assessment della MVC

La forza del VCSS è nelle sue proprietà valutative nell’identificare sottili cambiamenti nel soggetto nel tempo dopo un intervento.

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Il Venous Clinical Severity Score (VCSS) è stato progettato non per sostituire la classificazione CEAP, ma per integrar-la e fornire un metodo per le valutazioni periodiche. Si è voluto dare un peso sup-plementare alle manifestazioni più severe di Malattia Venosa Cronica (classe clini-ca CEAP 4-6). Il VCSS può resistere alle differenze nella riproducibilità intra ed inter osservatore e si presta ai cambia-menti [1].

Lo score VCSS è il miglior strumento at-tualmente disponibile per quantificare mi-glioramenti e stimare i cambiamenti nella severità della MVC nel corso del follow up (breve termine 1 anno, medio termine 1-3 anni, lungo termine 3 anni).

Il visual language del VCSS garantisce uniformità da parte del medico nell’asse-gnazione del punteggio e nel riportarlo consente la diffusione di un comune lin-guaggio della malattia venosa.

Diagnosi e assessment della SPTPer la diagnosi e l’assessment della Sindro-me Post-Trombotica non esiste un accordo fra le Società Scientifiche, né raccomanda-zioni pubblicate su specifiche linee guida, ma è stato fatto un primo passo nel 2009 con la validazione dello score di Villalta, utile sia per porre diagnosi che per fare l’assessment delle variazioni nel tempo. Lo score si rifà alla CEAP ed utilizza il visual language del VCSS, dunque è molto sem-plice da impiegare [16].

Figura 29 - Raccomandazioni VCSS (committee SVS/AVF)

Figura 30 - Vascular Clinical Severity Score (VCSS) [5].

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Lo Score Villalta si compone di:�� 5 sintomi (dolore, crampi, pesantezza, prurito, parestesia)�� 6 segni ( (edema, eczema, iperpigmentazione, ectasia, rossore, dolore durante la compressione del polpaccio)

ogni variabile può essere 0 (assente), 1 (lieve), 2 (moderata) o 3 (severa) e lo score finale definisce la presenza e la severità della SPT in un range di punteggio 0-33, stratificati come:�� 0-4 punti: SPT assente�� 5-14 punti: SPT lieve/moderata�� ≥ 15 punti (o la presenza di ulcere): SPT severa

Figura 31 - Score Sindrome Post Trombotica (SPT) [16,17]