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MARZENEGO FIUME METROPOLITANO SCENARI DI RICICLO PER I TERRITORI DELLA DISPERSIONE INSEDIATIVA A CURA DI CRISTINA RENZONI MARIA CHIARA TOSI CONTRIBUTI DI CARLO BENDORICCHIO ANDREA BORTOLOTTI CLAUDIA FARAONE VIVIANA FERRARIO GIANCARLO GUSMAROLI STORIAMESTRE

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MARZENEGO FIUME METROPOLITANO

SCENARI DI RICICLO PER I TERRITORI DELLA DISPERSIONE INSEDIATIVA

A CURA DICRISTINA RENZONIMARIA CHIARA TOSI

CONTRIBUTI DICARLO BENDORICCHIOANDREA BORTOLOTTICLAUDIA FARAONEVIVIANA FERRARIOGIANCARLO GUSMAROLISTORIAMESTRE

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Progetto grafico di Sara Marini e Vincenza Santangelo

Copyright © MMXVIGioacchino Onorati editore S.r.l. unipersonale

[email protected]

via Sotto le Mura, 5400020 Canterano (RM)(06) 93781065

ISBN 978–88–548–9617–8

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale,con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: Settembre 2016

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PRIN 2013/2016PROGETTI DI RICERCA DI INTERESSE NAZIONALEArea Scientifico-disciplinare08: Ingegneria civile ed Architettura 100%

Unità di RicercaUniversità IUAV di VeneziaUniversità degli Studi di TrentoPolitecnico di MilanoPolitecnico di TorinoUniversità degli Studi di GenovaUniversità degli Studi di Roma“La Sapienza”Università degli Studi di Napoli “Federico II”Università degli Studi di PalermoUniversità degli Studi “Mediterranea” di Reggio CalabriaUniversità degli Studi “G. d’Annunzio” Chieti-PescaraUniversità degli Studi di Camerino

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INTRODUZIONE

Marzenego fiume metropolitanoMaria Chiara Tosi

Racconto fotograficoDalla parte dell'acqua

GEOGRAFIE

Agropolitana. Un Paesaggio agrourbano multifunzionale Viviana Ferrario

Esplorazioni 1 Trama agraria

Acque. Al di la del rischio idraulicoAndrea Bortolotti (Latitude)

Esplorazioni 2 Trama idraulica

Beni comuni. Un reticolo di luoghi e soggettiCristina Renzoni

Esplorazioni 3 Trama pubblica

Racconto fotograficoTracciati e orizzonti

INDICE

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ESPERIENZE

Territori contrattualizzatiClaudia Faraone

Il contratto di fiume Marzenego: premesse e obiettiviCarlo Bendoricchio, Giancarlo Gusmaroli

Associazioni e territorio. Dinamiche di un processo democraticoMaria Giovanna Lazzarin, Giorgio Sarto, Mario Tonello(StoriAmestre)

CONCLUSIONI

Ricapitalizzazioni: scenari di ricicloCristina Renzoni, Maria Chiara Tosi

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In questo libro convergono gli esiti di numerose attività di ricerca e didattica che si sono concentrate nell’area metropolitana veneziana sul territorio del fiume Marzenego e che si sono svolte all’interno di una doppia cornice: il Prin Re-cycle Italy e il Contratto di Fiume Marzenego.La ricerca Prin ha funzionato come una sorta di attivatore dell'interesse nei confronti di un tema e di un ambito specifici: la prefigurazione di scenari di riciclo per il territorio. Nei tre anni di durata del Prin abbiamo cercato di indirizzare e finalizzare gli sforzi verso questo obiettivo: corsi universitari, workshop di progettazione, mostre, assegni di ricerca, tesi di laurea, partecipazione a convegni e tavole rotonde. Nel loro insieme tutte queste occasioni hanno contribuito a far maturare e precisare il nostro lavoro, coinvolgendo studenti, laureandi, ricercatori e partner locali. A loro va il nostro ringraziamento per aver continuamente alimentato e sollecitato l’esplorazione di questo territorio e la discussione sui suoi futuri nell’integrazione sistemi insediativi, acqua e agricoltura. Claudia Faraone ha seguito con continuità una parte considerevole di questo percorso, sia attraverso la ricerca condotta nell’ambito di un assegno di ricerca FSE, sia attraverso il prezioso lavoro di collaborazione alla didattica condiviso con Luca Nicoletto, Michela Pace, Marco Paronuzzi e Anna Venerus.Il Consorzio di Bonifica Acque Risorgive e in particolare il suo direttore tecnico Carlo Bendoricchio ci ha accolti nel

processo partecipato del Contratto di fiume ponendoci in contatto con le amministrazioni locali, i rappresentanti di categoria, le associazioni di cittadini e la società locale: dal confronto con tutti questi soggetti, con gli organi del Consorzio e la segreteria tecnica del Contratto di fiume sono derivati nuovi sguardi e temi di discussione che hanno orientato l’attenzione e sollevato nuovi interrogativi. L’esperienza di Giancarlo Gusmaroli, della segreteria tecnica del Contratto di fiume, ha affiancato con entusiasmo e chiarezza lo sforzo di avvicinamento tra didattica e territorio.

Il libro è organizzato in due parti principali: la prima, geografie, cerca di definire le strategie necessarie per lavorare con il paesaggio agricolo, con il rischio idraulico e con il patrimonio di beni comuni; la seconda, esperienze, discute più approfonditamente del contratto di fiume. Distribuiti tra i capitoli si situano due saggi fotografici volti a descrivere il paesaggio del Marzenego e tre sequenze di esplorazioni progettuali dedicate rispettivamente alla trama agraria, alla trama idraulica e alla trama pubblica. L’introduzione si interroga sulle strategie necessarie per inserire il territorio della dispersione insediativa entro nuovi cicli di vita, mentre le conclusioni avanzano alcune ipotesi relativamente a come i contratti di fiume possano rappresentare un’occasione significativa per rafforzare l’integrazione tra saperi, competenze e pratiche, oltre che per riflettere su un futuro sostenibile e resiliente per la città diffusa. CR, MCT

PREMESSA

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INTRODUZIONE

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Questo libro si interroga su possibili nuovi cicli di vita per il territorio me-tropolitano di Venezia. Esplora strategie di riciclo a ridosso delle condizioni insediative, ambien-tali e idrauliche di un territorio alquanto fragile e le sperimenta all’interno di un Contratto di fiume, ossia un percorso decisionale partecipato, basato sulla costruzione di un linguaggio comune, sull’ascolto delle istanze, sulla valutazione delle proposte e sulla condivisione degli impegni da parte di un vasto network di soggetti interessati allo sviluppo locale. Il fiume Mar-zenego costituisce il terreno di prova di queste riflessioni.Attraversando il territorio metropolitano di Venezia, il fiume Marzenego incrocia situazioni insediative e ambientali diverse: dal centro di una città media come Mestre alla sua periferia che allo stesso tempo configura i primi insediamenti lineari della città diffusa, fino al reticolo dei centri medio-piccoli e alla dispersione del reticolato romano. Allo stesso tempo il Marzenego attraversa i lacerti di campagna compressi tra gli insedia-menti urbani dei quali ne costituisce la spina centrale, fino ai più ampi spazi della campagna urbanizzata, dove le principali riserve di naturalità assumono un ruolo importante.

MARZENEGO FIUME METROPOLITANOMaria Chiara Tosi

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Per la varietà di situazioni e ambienti attraversati e per il ruolo che ha saputo mantenere come uno tra i pochi elementi di continuità insediativa, ambientale e relazionale, il fiume Marzenego assume in questo contesto un carattere metropolitano. Le strategie di riciclo sperimentate in questo territorio fanno i conti con la necessità di restituire una maggiore integrazione tra gli spazi agricoli, la funzionalità della trama idraulica e le pratiche d’uso degli spazi aperti collettivi, sia negli insediamenti sia nello spazio non costruito. L’ipotesi di fondo che sorregge tali sperimentazioni è che attraverso una integrazione rinnovata tra le diverse trame, il territorio metropolitano possa essere indirizzato verso una sua ricapitalizzazione, contrastando l’insieme di disequilibri che lo connotano: elevati costi individuali e col-lettivi della mobilità, bassa efficienza energetica dei processi sociali ed economici, insufficiente offerta di spazi pubblici per la socializzazione e la ricreazione, bassa qualità della scena urbana e condizioni igienico sanita-rie inferiori agli standard (Calafati 2009). Oltre a questi caratteri, sul fronte ambientale è da sottolineare anche un insufficiente equilibrio idraulico, l’assenza di continuità ecologica e la progressiva erosione del paesaggio agricolo. Il Contratto di fiume è l’ambito entro il quale sono state testate le rifles-sioni e le ipotesi maturate nel corso della ricerca, attraverso un confronto continuo con associazioni, amministrazioni, istituzioni culturali e organi-smi tecnici. Questa condizione di lavoro ha fatto si che le rappresentazioni, le interpretazioni e le proposte progettuali elaborate, quand’anche hanno cercato di fornire risposte a temi specifici, sono sempre state collocate all’interno di cornici di senso più generali.

Territori abitati: tra spazio e societàIl territorio metropolitano veneziano, caratterizzato da importanti processi di dispersione insediativa, introduce questioni solo parzialmente sovrap-ponibili a quelle poste da contesti a più forte metropolizzazione, come lo sono i casi del territorio romano, napoletano, torinese e finanche quello milanese. La trama di strade, case e capannoni, eredità della crescita tu-multuosa che ha investito gran parte del nord est del nostro paese dopo gli anni ’60, dissipando importanti risorse territoriali e ambientali, è stata coinvolta nei decenni più recenti da fenomeni di più forte polarizzazione di infrastrutture, servizi e attività commerciali, attraverso i quali si è ri-

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disegnato il rapporto con il territorio agricolo, che nel frattempo è stato catturato da una metamorfosi di grande portata (Lanzani, Pasqui 2011).Nel suo insieme questa "rivoluzione territoriale" (Calafati 2009) ci ha re-stituito un territorio che oggi pone con sempre maggiore urgenza alcune richieste. La tutela delle risorse idriche attraverso una gestione capace anche di monitorare e ridurre il rischio idrogeologico, il contenimento dell’erosione di suolo agricolo e la sua progressiva impermeabilizzazio-ne, infine, il miglioramento dell’abitabilità degli insediamenti, sono solo le istanze più rilevanti. Inoltre, i processi di valorizzazione economica promossi dai diversi attori che intervengono sul territorio, solo di rado orientati a migliorare le performaces abitative e il benessere delle po-polazioni insediate, hanno trovato le condizioni per la loro affermazione nella progressiva perdita di forza dell’intervento pubblico e nel crescente indebolimento del ruolo svolto dalle istituzioni locali e centrali preposte al governo del territorio. A fronte di questa situazione la società insediata ha reagito attraverso azioni di resistenza e autorganizzazione, dispiegando pratiche collettive di ri-attribuzione di senso a spazi in disuso con l’obiettivo di intensificare il capitale spaziale depositato e di ricapitalizzare il territorio rafforzandone indirettamente la struttura democratica di governance. E’ stato attivato un importante capitale sociale, cioè un insieme di beni intangibili che hanno un valore intenso nella vita quotidiana delle persone come, ad esempio, l’appartenenza ad organizzazioni, la solidarietà e i rapporti sociali tra indi-vidui e famiglie che compongono un’unità sociale, la partecipazione a una rete di relazioni interpersonali basate su principi di reciprocità e mutuo riconoscimento. Grazie a queste azioni sono stati rimessi a valore territori precedentemente abbandonati, luoghi in disuso, ma anche tutte quelle parti del territorio che a causa di una eccessiva specializzazione delle fun-zioni, nel tempo sono state estromesse dall’uso collettivo, come, ad esem-pio, gran parte del territorio agricolo, spazio sempre più esclusivamente produttivo e sempre meno paesaggio culturale. Si tratta degli argini dei fiumi che diventano lunghe palestre all’aperto, delle cave in disuso che si trasformano in parchi naturali, delle attrez-zature abbandonate riportate ad un uso collettivo, ma ancora delle stra-de agricole trasformate in segmenti di itinerari ciclabili più lunghi, delle sorgenti e i corsi dei fiumi utilizzate come piscine naturali, delle foreste, gli ex forti militari e molti altri spazi naturali tramutati negli anni recenti

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il territorio del Marzenego: morfologia e idrografia

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in palcoscenici dell’interazione sociale: nei confronti di tutti questi spazi sono state attivate azioni di grande rilevanza perché oltre a incidere di-rettamente sulla vita quotidiana delle persone, hanno la capacità di inne-scare la rigenerazione di porzioni più ampie di territorio, pur operando in modo puntuale e selettivo. Di fatto l’emergere di queste pratiche spontanee, l’affiorare dell’insieme di azioni collettive e di mobilitazione locale di uso, riuso e riciclo dell’am-biente e del territorio (Vitale 2007), finalizzate al miglioramento delle con-dizioni di vita quotidiana, costituisce un elemento imprescindibile nell’e-splorazione di visioni per il futuro. Anche in funzione del fatto che efficacia e credibilità dell’azione pubblica nei processi di trasformazione territoriale sono spesso legate a concreti segnali di cambiamento di natura fisica, che risultano riconoscibili, comprensibili e valutabili dalle popolazioni insedia-te, proprio perché capaci di incidere direttamente sulla quotidianità. Va considerato che ci stiamo confrontando con popolazioni che abitano un territorio metropolitano composto di città medio-piccole, una dimensio-ne assai rilevante e frequente per il territorio europeo, in cui nonostante l’eccesso di individualismo manifestato in molte occasioni, le popolazio-ni insediate si mostrano oggi sempre più attive e impegnate sul fronte dell’attribuzione di nuovi significati e ruoli collettivi agli spazi aperti ed alle attrezzature, attraverso processi di appropriazione che tendono a non escludere altri soggetti, a non isolare e rinchiudere gli spazi in nuove are-ne comunitarie. Risulta del tutto evidente che i processi di risignificazione di cui stiamo parlando si sono appoggiati su un palinsesto fatto di raziona-lità minimali, di attente pratiche collettive di uso e riuso del territorio, ma anche su estesi, diffusi, sottoutilizzati e per questo sempre più problema-tici patrimoni di beni pubblici. Malgrado ciò, sono proprio questi processi a cercare di ricreare, o talvolta definire ex novo situazioni di pubblicness, ampliando l’accessibilità e il diritto di presenza per un numero sempre più ampio di soggetti (Ostanel, Cancellieri 2014).

Tra protagonismo sociale e nuovi patti, il ruolo del contratto di fiumeI fenomeni sopra descritti si svolgono in un territorio che continua ad es-sere conteso tra saperi, poteri e competenze e dove i soggetti della di-sputa tendono a muoversi perseguendo strategie di trasformazione non sempre coincidenti, anzi assai spesso in competizione tra loro. Allo stesso tempo però, il territorio costituisce il campo di sperimentazione di nuove

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il territorio del Marzenego: reti della mobilità (dall'alto: ferrovia, viabilità principale, tra-sporto pubblico su gomma, percorsi ciclopedonali segnalati, layer complessivi della mobili-tà e della morfologia del costruito)

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forme di convivenza e coesistenza, di ripetuti tentativi di raggiungere ac-cordi attraverso cui comporre una pluralità di istanze entro visioni unitarie e integrate. In particolare, un sempre più forte e frequente ricorso a patti e contratti sta facendo emergere una nuova stagione di atti volontari e/o istituzionali attraverso i quali si cerca di regolamentare l’impegno condiviso da parte di soggetti sia pubblici che privati nei confronti di modalità inedite di riquali-ficazione e rigenerazione del territorio. Ciò ha portato la famiglia dei con-tratti pubblici a dilatarsi progressivamente. Dagli accordi di programma, ai patti territoriali, ai contratti di quartiere, di fiume, di foce, ai protocolli e alle convenzioni, le politiche pubbliche risultano sempre meno decise in modo unilaterale e da un’unica autorità e sempre più esito di un consenso formalizzato (Bobbio 2006). Di fatto, l’efficacia di questi strumenti deriva dall’ampio coinvolgimento di attori che guardano dentro o attorno agli oggetti di cui si occupano (Bob-bio, Saroglia 2008) e dagli impegni che i diversi soggetti si assumono in modo volontario ed esplicito attraverso una sottoscrizione pubblica, ma anche dal fatto che essi rappresentano una risposta alla crescente fram-mentazione delle istituzioni e all’incertezza che circonda i contenuti delle politiche pubbliche (Bobbio 2006).In particolare è la gestione dell’ambiente a essersi rivolta sempre più a modelli che assumono forme complesse di condivisione e co-produzione nella generazione di beni e servizi. Di fronte a problemi difficili da trattare come la gestione di situazioni ambientali complesse dove gli interessi e la competizione tra usi e funzioni è assai forte, il confronto di punti di vista, esperienze e saperi diventa una strada più facilmente percorribile. Se at-traverso questo modo di affrontare i problemi non si riesce a raggiungere soluzioni definitive, almeno si riesce a raggiungere due risultati significa-tivi: l’integrazione di approcci parziali e la ripartizione delle responsabilità tra i partecipanti. All’interno di questa svolta contrattuale i contratti di fiume, tra i quali an-che quello del Marzenego, sono degli strumenti in cui gli attori che vi par-tecipano e che si muovono sul territorio devono riconquistarsi giorno per giorno quella legittimità che in precedenza gli derivava solamente dal loro status: consorzi di bonifica, amministrazioni locali, associazioni di catego-ria o ambientaliste, ciascuno è chiamato a mettere alla prova le proprie competenze sul campo, attraverso un confronto diretto con il territorio del

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fiume. In questo processo i cittadini hanno l’opportunità di imparare, valu-tare opzioni interrogandosi sugli impatti che le proprie attività producono, ma anche di assumersi responsabilità in fatto di gestione e manutenzione ordinaria e quotidiana. Tra gli obiettivi del contratto di fiume vi è sicuramente la trasformazione fisica dell’ambiente costruito, in assenza della quale non si danno impatti significativi di rigenerazione, compreso l’incremento del senso di apparte-nenza delle comunità insediate al proprio ambiente. Non è casuale infatti, che questa fase di sperimentazione dei contratti di fiume al contempo so-stenga e produca la formazione di comunità contrattuali (Brunetta, Moroni 2011) in grado di maturare modelli di gestione e condivisione di azioni e misure finalizzate alla produzione di conoscenza e innovazione, avvian-do processi di capacitazione, di responsabilizzazione e auto-affidamento (Calvaresi, Cognetti, Cossa 2011) del governo e della manutenzione del pro-prio territorio. Lungo il Marzenego, così come in altri territori coinvolti da contratti di fiume, si tratta sovente di processi informali o a debole forma-lizzazione/istituzionalizzazione la cui portata però risulta significativa so-prattutto in termini di capitale sociale costruito nel corso dell’interazione, oltre che di assunzione di responsabilità nei confronti delle trasformazioni territoriali.

Integrazione/multifunzionalità/ricicloCome già richiamato in apertura, l’ipotesi esplorata in questo libro è che nuovi cicli di vita per il territorio metropolitano di Venezia siano possibi-li attivando una stretta collaborazione tra la disponibilità di spazi e at-trezzature collettive, le problematiche legate alla fragilità idraulica e le opportunità di un’agricoltura multifunzionale capace di rinforzare la rete ecologica (Maier, Shobayashi 2001). La necessità di un approccio multidisciplinare ritenuto funzionale a favori-re la circolazione dinamica di nuove idee è emersa contemporaneamente al riconoscimento dell’integrazione degli spazi e dei modi di intervento come principale traiettoria attraverso cui immaginare il riciclo del terri-torio. L’obiettivo comune di questi approcci è quello di superare dei saper fare squisitamente tecnici per dare risposte integrate a questioni di grande rilevanza come, ad esempio, la fragilità idraulica, che interessa molte par-ti del territorio tra cui anche quello Veneziano (Novotny 2009). Si tratta

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di immaginare nuove forme di organizzazione territoriale che sappiano andare oltre il trattamento settoriale di questi temi, come la progressi-va impermeabilizzazione dei suoli, l’impoverimento e semplificazione del territorio agricolo, la frammentazione del sistema degli spazi collettivi e tanti altri ancora. Da ciò ne deriva che il riciclo del territorio motiva il coinvolgimento di attori non pigri e disposti a rimettere in discussione il proprio ruolo e i propri strumenti, per scommettere sul futuro cambiando profondamente alcuni aspetti determinanti del funzionamento territoria-le: nella gestione del sistema delle acque così come nella produzione di servizi ecosistemici, nei modi di abitare così come nella gestione dei servi-zi alla persona, nella produzione di spazi collettivi così come nel sostegno alla coesione sociale, nella diversificazione delle funzioni di produzione, cura e manutenzione del territorio agricolo così come nella ricerca di un equilibrio nella competizione tra usi e proprietà dei suoli, nelle strategie quotidiane di cura del benessere individuale e collettivo così come nelle pratiche culturali.Poiché l’integrazione e la collaborazione implicano il superamento delle logiche autonome che fin qui hanno fatto agire i principali soggetti pre-senti sul territorio, il progetto di riciclo chiede anche di rinegoziare i diritti acquisiti per adeguarli ai vincoli posti da un modo rinnovato di guardare al territorio. Così, ad esempio, rinegoziare i diritti edificatori, implica pensa-re che il suolo non è solamente un supporto neutro sul quale si può depo-sitare qualsiasi manufatto o funzione prescindendo dalla molteplicità dei suoi caratteri e che alcune misure non solo di tutela e salvaguardia, ma anche di sviluppo, per essere efficaci devono poter incidere su posizioni pregresse divenute incompatibili. Questo modo di pensare al riciclo, nel rendere evidente lo stretto legame con un approccio collaborativo, sollecita a mettere a punto regole di con-vivenza che rendano compatibili spazi, pratiche, usi, popolazioni ed eco-nomie così da poter inserire il territorio entro nuovi circuiti produttivi e di senso (Bonomi 2011). Inoltre, l’avvio di processi di rigenerazione del territorio dal proprio inter-no capaci di prestare attenzione alla diversità funzionale, sociale ed eco-nomica esistente o sforzandosi per produrne di nuova, assume un ruolo sempre più rilevante anche perché è attraverso la mescolanza di usi, pra-tiche e popolazioni che un modello di riciclo territoriale è forse in grado di garantire maggiore resilienza (Viganò 2011).

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L’insieme di queste riflessioni ci porta a considerare il territorio e non solo i suoi singoli elementi o sistemi, come una risorsa che complessiva-mente può rigenerarsi, rinnovarsi e riciclarsi (Viganò 2012). Ciò significa in primo luogo superare l’idea che vi siano solamente specifici luoghi che necessitano di essere restituiti a nuovo valore: qui penso al lunghissimo, mai finito catalogo di oggetti e spazi che consideriamo desueti, scartati e rifiutati perché usciti fuori dai cicli culturali, economici e di senso, perché qui e ora li consideriamo non far più parte del nostro mondo (Lynch 1990). Ne consegue che per immaginare un complessivo progetto di riciclo del territorio capace di traghettarlo entro nuovi cicli di vita dobbiamo, pur con qualche difficoltà, assumere un punto di vista capace di integrare e far collaborare la questione ambientale con quella della giustizia spaziale e dell’inclusione sociale. Attraverso indagini attente e minuziose dell’esistente, di quanto sta ac-cadendo nel territorio che ci circonda, la costruzione di scenari di riciclo dovrebbe assomigliare sempre più a tentativi di escogitare e mettere alla prova forme alternative alla endless consumption del territorio cui ab-biamo assistito in questi decenni, scenari da intendersi come campi di sperimentazione e allenamento per una qualche utopia (Beccattini 2015).Un’utopia che vediamo affiorare qua e la in luoghi inattesi, grazie alla collaborazione e all’attivazione di istituzioni, gruppi sociali, mondo delle imprese, mossi dal comune obiettivo di ricapitalizzare il territorio, di ritor-nare al territorio bene comune. Contrastando in questo modo l’egemonia incondizionata del presente che oltre a non essere più esito di una lenta maturazione del passato, non riesce nemmeno a far trasparire i linea-menti di futuri possibili, imponendosi come un fatto compiuto e innegabi-le, il cui sorgere improvviso fa sparire il passato e satura l’immaginazione del futuro (Augé 2011).

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Riferimenti bibliografici

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