massimo fagioli, su left 32-33

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Page 1: Massimo Fagioli, su Left 32-33

54 17 agosto 2013 left

Massimo Fagioli, psichiatratrasformazione

PRIMOIl termine verbale dà la conoscenzadella mente senza coscienza, se è parola...

se, ascoltato, ricrea il primo istante di vita

anno di vita

o letto le pagine de la Repubblica in cui Miche-le Serra invita a dire qualcosa di sinistra. Ed il 31 luglio, aperto il giornale, ho dimenticato le

lancette dell’orologio che si spostano nello spazio con il loro movimento invisibile. Poi ho dovuto dedurre pensan-do: se prima erano nel punto A ed ora sono nel punto B, si sono mosse, hanno camminato.

Ho letto “libertà, uguaglianza, fraternità e le domande quale, in che modo?”. E, forse in quel momento non ricor-dai, ora ho grande, nella mente, la parola left.

E vedo chiaramente quando i fondatori mi chiesero di collaborare al settimanale. Volentieri, dissi. C’era la frase: la notizia al centro il cuore a sinistra. Ed avevano aggiun-to alle prime tre, la lettera: t.

Ed ora la mente sveglia perde la limpidità della vista e dell’udito, sembra che tutto venga avvolto dalla nebbia. So che è la ricreazione dello smarrimento che, settanta anni fa, mi prese di fronte all’immagine del comunismo.

Ed ora la mente scrive, ricreandola, la parola: ugua-glianza. E non è più uguale a quella di settanta anni fa. E guardo di nuovo le lancette dell’orologio ma la loro immo-bilità non mi fa vedere il giro della terra intorno al sole. Devo pensarlo e diventa realtà di fronte alla quale nessu-no dice più: non è.

E devo pensare la parola uguaglianza soltanto esisten-te non avendo fatti che possono fare ricordi coscienti. Ed è un ridicolo che non fa ridere ma piangere l’uguaglian-za di un miliardo di cinesi con uguali giacchette grigie. E dissi, sessanta anni fa, che il male del comunismo era il disinteresse, l’ignorare che l’essere umano non è soltan-to realtà biologica.

Ingenuo, avevo intuito ma non visto l’impossibilità dell’identità umana razionale di passare, senza cadere nella dissociazione mentale, lo stretto di Messina... «il po-sitivismo ottuso dell’uomo !siologico e l’ascetismo che sacri!ca il corpo». Poi vidi il “non”, l’assenza, ma pensai che non era quella la natura umana. E dissi: fantasia di sparizione e inconscio mare calmo.

Nel silenzio delle parole scritte ho parlato con colo-ro che cercavano di comprendere l’origine dei sogni, con altri che pensavano ai termini verbali: realtà, immagina-zione, ricordo, memoria, creazione…

Cinquanta anni fa, lasciata Venezia dove avevo molto parlato con i malati di mente, guardai con attenzione il lin-guaggio articolato dei normali sani di mente. E quei termi-ni verbali pronunciati con disinvolta sicurezza, rivelaro-no il loro “non essere parole”.

Il giovane psichiatra, che passeggiava per le calli di Venezia, aveva ascoltato le parole incomprensibili del-la lingua tedesca che vagavano nell’aria per essere e spa-rivano subito.

Ma la pelle sentì il suono che non era linguaggio artico-lato e poi, a Padova, fu cosciente che oltre le parole “per-cezione delirante” aveva nella memoria, che non era ri-cordo, il termine Wahnwahrnehmung. O fu un’ “invenzio-ne” o un’immaginazione totalmente produttiva?

Lo seppi sette anni fa, nell’estate del 2006 quando, sen-za nessun pensiero che avrebbe potuto essere intenzio-ne, trovò nelle parole nuove: fantasia di sparizione, un altra formulazione verbale che comparve in lingua tede-sca: Vorstellungsvermögen. Come se l’italiano “capacità di immaginare” fosse !glio della lingua tedesca, o della solitudine veneziana… o del superamento della scissio-ne tra “anima” e corpo.

Ma forse, o certamente, i termini capacità di immagi-nare, se nati nella mente dopo, in verità esistevano prima senza essere linguaggio articolato cosciente, con l’idea: “capacità di reagire”. Il feto, nonostante la pressione mor-tale del canale del parto, alla nascita vive.

Primo anno di vita. Sono poche parole che indicano

soltanto il tempo delle disordinate quattro stagioni. Tre mesi per tre mesi che non sono mai gli stessi come se ogni estate non fosse mai uguale a quella dell’anno precedente.

Il giro della terra intorno al sole è sempre lo stesso co-me se fosse in un tempo in!nito. Ma, forse, il movimen-to che non è stato mai percepito, non è sempre lo stesso.

H

Page 2: Massimo Fagioli, su Left 32-33

55left 17 agosto 2013

left.it

...con il diverso, rapporto donna-uomo, si ricrea il primo anno di vita...

E vengono le parole “è nato, vivo e vitale”. Le sentii !n da bambino e già da quel tempo, senza la coscienza del lin-guaggio articolato, ebbi il pensiero che le parole vivo e vi-tale erano legate alla nascita. Poi, non so quando, la paro-la movimento fu cosciente. È nella parola nascita umana.

Vidi che non diceva spostamento di un oggetto mate-riale nello spazio. Aveva il senso dello scorrere del tem-po per quella dinamica di sparizione e, simultaneamente, comparsa di un tempo che prima non c’era.

Certamente perché avevo formulato, in parole, i termi-ni verbali: fantasia di sparizione che comprendeva in sé termini esistenti diventati parole, ovvero pulsione, annul-lamento, fantasia e creazione della memoria. Ed ora scri-vo: la parola nuova pulsione, è nel termine fantasia e non nel termine, ricreato, di memoria.

Poi per tanti decenni mi hanno raccontato i sogni. E, certamente, in quelle immagini oniriche descritte incom-prensibili, io vidi l’essere umano che, vivendo, ha rappor-to con un altro essere umano. Rapporto che dovrebbe es-sere più che esistenza, vita, sviluppo !sico e del pensiero.

E, sempre, cerco di scrivere un linguaggio articolato che porti alla conoscenza... l’incomprensibile. Ricevere la voce dell’altro e vedere ciò che è noto come “signi!ca-to latente”. L’immagine che compare nella mente al risve-glio, ha un pensiero che non è manifesto alla mente del so-gnatore. È come un malore di una donna, o un fazzoletto ricamato caduto che dicono: portami a casa tua.

Da dove vengono i sogni? Sembra che se lo chieda-no ma io sospetto che, in verità, i normali credono come Omero che, grande poeta, diceva che vengono dagli dei. Ed allontano la parola delirio che mi hanno gettato addos-so non capendo nulla della realtà mentale umana.

Il termine “credere” è diverso da pensare. Delirio è una pa-rola che indica una malattia mentale, la pazzia, ed i normali non sono pazzi come ha sempre detto la ragione umana. Ed hanno sempre creduto perché non sono mai riusciti a pensa-re alla nascita umana ed al primo anno di vita senza parola.

Era necessaria quella realtà umana senza coscienza detta fantasia. La fantasia che nasce da un rapporto inte-rumano vissuto senza ragione e non la fantasticheria che si ha con la negazione del rapporto interumano.

È necessaria per pensare la capacità di ricreare il pro-prio primo anno di vita e rivivere, oltre la veglia, coscien-za e razionalità, la propria nascita e la propria separazio-ne dalla “madre” che ci ha scaldato e nutrito.

Si dice “svezzamento” e, spesso, si realizza senza me-moria-fantasia dell’esperienza vissuta. Il bambino che non può affrontare il mondo non umano perché carente di vitalità, non riesce ad eliminare questa carenza !siolo-gica e si separa con la negazione del rapporto vissuto.

Nel pieno dell’estate c’è il caldo e la luce del sole e la mia pelle si lascia bruciare nelle braccia dell’amante.

I sensi non vedono la selva da cui uscivano le voci le cui onde sonore scaldavano e bruciavano le viscere in-visibili. Torneranno. Ma subito l’intelligenza del pen-siero dice: non conosci l’avvenire. La parola è la me-moria-fantasia dell’esperienza vissuta.

E subito penso che i raggi invisibili del sole, realtà non materiale, si fermano sulla pelle e feriscono il fon-do degli occhi che non reagisce e non pensa.

Le voci, la memoria mi dice, cavalcando l’aria entra-vano nella mente attraverso la pelle. Si trasformavano in una forza che stimola la nascita del pensiero nuovo: percezione-fantasia.

È ancora lontano l’inverno che richiama le ombre tristi che vengono dal freddo ed entrano quando la de-pressione del sole permette all’aquila di guardarlo.

Ma io non cedo alla tentazione del serpente e, no-nostante la veglia mi dica che le due grandi ali dello studio sono dell’aquila, io non penso che sono il sole alato e le voci gli in!niti suoni di quando, senza paro-la, si creavano immagini in!nite. Ora gli in!niti suo-ni sono le ali spiegate dei gabbiani che solcano il cie-lo con il volo silenzioso. Il becco di un falco nero bu-ca i fogli bianchi.

La luce determinala reazionedella sostanza cerebraleche creala possibilità della manoche farà la linea,ovvero la scrittura.Poi si creala memoria-fantasiadell’esperienza vissutache è immagine