meccanismi della dhs

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    Lorigine della malattia.

    Nel 1981 il dott. Hamer condens nellaLegge ferrea del cancro la prima legge biolo-gica da lui scoperta: ogni programma speciale,biologico e sensato (SBS) inizia con una DHS(Sindrome di Dirk Hamer), cio con uno shockconflittuale gravissimo, inaspettato, altamentedrammatico e vissuto nellisolamento (Hamer,

    1981). La scoperta che le malattie corrispondo-no ad un processo biologico con una sequenzadi fasi ben precise (programma SBS) e che sonocausate da un evento psichico con determinatecaratteristiche (DHS) ha posto le basi per unanuova comprensione della genesi della malattiae per un definitivo superamento del dualismotra mente e corpo.

    Con la formulazione della legge ferrea delcancro, il dott. Hamer ha operato un cambio diparadigma totale, una vera e propria rivoluzionecopernicana che ha permesso finalmente di po-

    ter dare risposta alla domanda che dalla nottedei tempi luomo si pone, cio: Perch ci siammala?, e ha ridefinito la malattia comeevento sensato dellorganismo, non, cio, sba-gliato come si era, invece, sempre pensato.

    DHS lacronimo di Sindrome di Dirk Ha-mer, nome che il dott. Hamer diede alleventoche lo colpi personalmente nel 1978, quandosuo figlio fu ucciso e che, in seguito, gli causun cancro al testicolo. La DHS un evento checolpisce lindividuo in maniera inaspettata, unoshock acuto, drammatico che lo coglie in con-tropiede e che da luogo ad una cascata di eventi

    biologici; tra laltro, tali conseguenze, attivate

    dalla DHS, da sempre indicate con i termini disintomi o malattia, non sono casuali ma se-guono una sequenza precisa andando a costitui-re un processo biologico denominato, invece,dal dott. Hamer Programma SBS, dove SBSsta per sensato, biologico e speciale.

    La DHS, quindi, da avvio ad un programmaSBS; in altri termini, uno shock inaspettato de-

    termina lattivazione di un funzionamento nor-malmente inteso come patologico dellorgani-smo. Per dirla in termini ancora diversi, unevento psichico sta alla base e determina unevento fisico e quindi la malattia la precisaespressione sul corpo di un preciso evento emo-tivo.

    Ma vediamo, nello specifico, come avvienetutto ci.

    Antecedenti nella letteratura del Novecento.

    Nella letteratura scientifica e tradizionale,

    lidea di una correlazione tra eventi emotivi emalattie, in realt, viene da molto lontano, so-prattutto da quando, nel secolo scorso, si aper-to un filone di ricerca in merito allo stress ealle sue conseguenze sulla salute. Pioniere ditale filone fu Hans Selye il quale, scrivendo unalettera alla rivista Nature gi nel 1936 diedeavvio a questo campo dindagine che, a tuttog-gi, si stima abbia prodotto non meno di 150.000pubblicazioni (Favretto, 1994). Gli studi sullostress, infatti, iniziati da Selye ma proseguitisuccessivamente da altri numerosissimi ricerca-tori, rappresentano i pilastri delle concezioni da

    cui si sviluppata la Medicina Psicosomatica in

    [APPROFONDIMENTI IN: NEUROSCIENZE ]

    MECCANISMI NEUROBIOLOGICI DELLA DHS

    La Sindrome di Dirk Hamer (DHS), un evento shockante che colpisce lindividuo

    in maniera inaspettata, rappresenta linizio del processo di malattia. Le recenti

    acquisizioni della neurobiologia spiegano esattamente cosa succede a livello psi-

    chico, cerebrale ed organico durante la DHS e come mai la tutta ricerca sullo

    stress abbia fallito, mantenendo i ricercatori allinterno dellantica convinzione

    della malattia come errore della natura.

    Dr. Danilo Toneguzzi

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    dorazione, ecc (Cannon, 1929).

    La ricerca sullo stress.

    Selye, il ricercatore che, come detto pocanzi,apr la strada a tutto il filone di ricerca sullostress e sul concetto di psicosomatica, scopr suc-cessivamente che le reazioni fisiologiche studiateda Cannon non erano le uniche manifestate da unorganismo in difficolt ma che costituivano unaconcatenazione di eventi omeostatici e modifica-zioni fisiologiche nella funzione di adattamentodi cui la reazione dallarme non che il primopasso. Per questo, prendendo a prestito un termi-ne dalla metallurgia che indicava gli effetti dellegrandi pressioni sui metalli, Selye denominstress quel insieme di modificazioni a carico

    dellorganismo e, pi specificatamente, SindromeGenerale di Adattamento quel processo, articola-

    to in tre fasi e finalizzato alladattamento, scate-nato da stimoli stressanti di natura diversa (Selye,1936).

    Per Selye, lo stress una risposta generale,aspecifica dellorganismo a qualsiasi richiestaproveniente dallambiente (Selye, 1974). Il con-cetto fondamentale consiste nellevidenziarequalcosa che avviene generalmente, in modoaspecifico, indipendentemente dalla natura dellostimolo. Da questo punto di vista, la teoria della

    Sindrome Generale di Adattamento di Selye fuestremamente innovativa: con il suo carattereaspecifico venne messa in luce lesistenza di unmeccanismo che elude la tradizionale visione cheun effetto, una risposta biologica, sia sempre ri-conducibile ad una sola causa. Tradizionalmente,

    tutta la seconda met del Novecento. Ma il suc-cesso della Medicina Psicosomatica rimane atuttoggi quanto mai controverso: nonostante

    una serie di acquisizioni pi o meno accettate,lascia aperti alcuni interrogativi fondamentali.Ad esempio, come si spiega la scelta dellorga-no? Cio, perch lo stress determinerebbe in al-cuni soggetti una dermatite ed in altri unasma?Oppure, perch determinati soggetti, visibil-mente stressati, non si ammalano? E perchqualcuno, pur conducendo una vita, tutto som-mato, tranquilla, sviluppa un tumore? Ed infine,perch spesso si pu notare che le persone nonsi ammalano sotto stress, ma quando lo stressfinisce, come ad esempio nel caso dellemicra-nia da week-end o nel caso in cui gli individui

    si ammalano quando vanno in vacanza? A que-sti interrogativi la medicina psicosomatica non mai riuscita a dare delle risposte precise e uni-voche.

    In ogni caso, gli antecedenti delle acquisizio-ni che connettono gli eventi psichici agli eventifisici vanno ricercati gi allinizio del secoloscorso. Un contributo fondamentale avvenne adopera di Walter Cannon, il quale diede unasvolta fondamentale nella comprensione deimeccanismi di funzionamento dellorganismoformulando la teoria dellomeostasi (Cannon,

    1932). Nel continuo rapporto con lambiente incui immerso, cio, lorganismo vivente im-pegnato incessantemente nel mantenere costantile condizioni del suo ambiente interno: lomeo-stasi, quindi, , al tempo stesso un mezzo ed unfine per la sopravvivenza degli individui. Inquesto processo di continuo adattamento, lor-ganismo interviene sullambiente e reagisce adesso per mantenere lequilibrio. Cannon identi-fic tra queste reazioni dellorganismo impe-gnato nel processo di adattamento una specificaforma che chiam reazione dallarme, ovvero

    una risposta automatica che viene attivata in de-terminate condizioni particolari. Egli avevamesso in evidenza, ad esempio, come un incre-mento della secrezione di adrenalina e noradre-nalina da parte della porzione midollare delleghiandole surrenali avesse una funzione indi-spensabile, anche negli animali, nel predisporrelorganismo a comportamenti di attacco e di fu-ga. Tale reazione si accompagna, infatti, allau-mento della pressione sanguigna, allincrementodella frequenza cardiaca, alla vasocostrizioneperiferica, alla dilatazione pupillare, alla ridu-zione della salivazione, allincremento dellafunzionalit respiratoria, allaumento della su- Tabella 1. Lo stress secondo Selye

    STIMOLO

    ORGANISMO

    STRESS

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    infatti, si era portati a ritenere che la rispostadellorganismo fosse specifica al tipo di richie-sta: ad esempio la sudorazione come reazione al

    caldo, il brivido come risposta al freddo e cosvia. Selye, invece, enfatizza una risposta aspeci-fica, una sindrome generale che ha la funzionedi favorire ladattamento dellorganismo ad unostimolo stressante, indipendentemente dallasua natura, dove la reazione dallarme di Can-non rappresenta solo il primo passo.

    Passo dopo passo, le considerazioni di Selyegiunsero a considerare lo stress come un feno-meno naturale e fisiologico e, come tale, qual-cosa che non pu e non deve essere evitato: Lacompleta libert dallo stress la morte. Contra-riamente a quello che si pensa solitamente, non

    dobbiamo e, in realt, non possiamo evitare lostress, ma possiamo incontrarlo in modo effica-ce e trarne vantaggio imparando di pi sui suoimeccanismi, ed adattando la nostra filosofiadellesistenza ad esso (Selye, 1974)

    Mosso dalle sue osservazioni, Selye tent diinterpretare in modo semplice la concatenazionedi eventi biologici, di meccanismi e di risposteche, se da un lato si connettevano alle scopertedi Cannon sulla generale reazione dallarme esullidea dellorganismo impegnato costante-mente nella funzione omeostatica e di adatta-

    mento, dallaltro non apparivano giustificabilinellambito di una scienza biomedica che inquei tempi si sosteneva in modo molto struttura-to sullo studio delle manifestazioni patologichecome effetti specifici di cause specifiche. Per-tanto lobiettivo che coinvolse Selye fino allafine fu quello di ricercare quel principio o quel-la sostanza biochimica in grado di giustificarequel complesso di reazioni che lui aveva consi-derate generalizzate e sintoniche in grado dipresentarsi stereotipate anche di fronte a richie-ste e a stimoli ambientali (nocivi e non) ampia-

    mente diversi. Questo ipotetico first mediator,come lo defin Selye, o mediatore unico eraquella sostanza, presente in tutti i tipi di stress,in grado di giustificare e di spiegare una cosampia e variegata gamma di cambiamenti: unasostanza in grado di scatenare la medesima Sin-drome Generale di Adattamento da stimoli mol-to diversi. In primis egli identific questo me-diatore unico nellormone adrenocorticotropoACTH, che sembrava essere presente in tutte lerisposte di stress negli animali da laboratorio;successivamente, per, dal momento chelACTH presente prevalentemente in una del-le tre fasi della sindrome, Selye ipotizz che

    probabilmente il mediatore unico andava ricerca-to nelle sostanze che negli anni Ottanta venneroisolate nel cervello, le encefalite e le endorfine.

    Nello specifico, la Sindrome Generale diAdattamento descritta da Selye si articola in trefasi fondamentali.

    La prima fase sidentifica con la reazione diallarme scoperta da Cannon e denominata ancheda Selye, per lappunto, fase dallarme. Essa caratterizzata dalle attivazioni del sistema neuro-vegetativo, di tipo adrenergico, in cui la secrezio-ne delle principali catecolamine, adrenalina e no-radrenalina, permette una rapida reazione del si-stema nervoso autonomo simpatico. Adrenalina enoradrenalina, infatti, sono due ormoni secretidalla midollare del surrene che vengono utilizzati

    quali mediatori intersinaptici nel sistema simpati-co e che permettono unimmediata risposta delnostro organismo ad uno stimolo stressante. Lafase dallarme, tra laltro, viene suddivisa daSelye in due sottofasi: la fase dello shock, checorrisponde ad uniniziale caduta al di sotto dellivello fisiologico di funzionamento dellorgani-smo, e quella di controshock, che corrisponde, difatto al secondo momento, reattivo, nel quale siattiva il sistema simpatico grazie lintervento del-le catecolamine. In ogni caso, la fase di allarme necessariamente rapida ed immediata, ma anche

    labile, vista la velocit con la quale adrenalina enoradrenalina vengono metabolizzate.La fase successiva della Sindrome Generale di

    Adattamento chiamata da Selyefase di resisten-za. Questa fase ha una durata maggiore ed so-

    stenuta da fenomeni endocrini in cui lACTH edaltri ormoni adenoipofisari, cio della porzioneanteriore dellipofisi, hanno una funzione fonda-mentale. Se, quindi, nella risposta ormonale im-mediata della fase dallarme viene sollecitata lamidollare del surrene, nella fase di resistenza laparte corticale del surrene ad essere interessata,

    con il rilascio degli ormoni glucocorticoidi, inparticolare del cortisolo. Leffetto di tali ormoni sempre quella, come nel caso delle catecolamine,di mantenere alta lattivazione del sistema nervo-so simpatico, che predispone lorganismo alleazioni necessarie ai fini delladattamento. La fasedella resistenza perdura tutto il tempo nel qualepermane lo stimolo stressante e, secondo Selye,sarebbero proprio i fenomeni legati allo stress, edin particolare alla fase di resistenza della Sindro-me Generale di Adattamento, a contribuire aquelle manifestazioni di deterioramento che ve-dono nella vecchiaia lespressione pi visibile. Se

    la fase di resistenza perdura troppo a lungo, infat-

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    ti, si manifesta nellorganismo la terza fase, se-condo Selye della Sindrome Generale di Adat-tamento, che egli denomin fase di esaurimen-to, nella quale si assiste ad un vero e proprio

    sfiancamento delle risorse dellorganismo, conuna perdita graduale della vitalit stessa e lin-sorgenza, quindi, di malattie.

    In sintesi, quindi, secondo Selye, lo stressviene visto come una reazione fisiologica aspe-cifica, finalizzata alladattamento, a qualunque

    richiesta di modificazione esercitata sullorgani-smo da una gamma assai ampia di stimoli etero-genei, ed espressa essenzialmente da variazionidi tipo endocrino (attivazione della midollare edella corteccia del surrene) che sbilanciano ilsistema neurogetativo a favore del sistema sim-patico. I punti salienti sono quindi:

    il carattere di aspecificit;il carattere fondamentalmente adattivo;il carattere di reazione neurovegetativa amediazione endocrina.

    La teoria di Selye, che in ogni caso apr la

    strada ad un ricchissimo filone di ricerca, mani-fest ben presto delle lacune. In primo luogo, lericerche effettuate da Selye partivano dallanali-si degli effetti sullorganismo da parte di agentistressanti fisici o chimici messi a diretto contat-to con lorganismo, come inoculazione di so-stanze o contatto con agenti fisici; sappiamo,per, dallesperienza che non soltanto tali sti-moli, fisici o chimici prossimali, sono in gradodi produrre risposte di stress: anche agenti dista-li, quali un evento relazionale o uninformazio-ne, possono rivelarsi fonti di stress che, quindi,inducono una risposta non tanto sulla base di

    una componente fisica misurabile, quanto piut-

    tosto sulla base della risonanza psicologica sog-gettiva che sono in grado di determinare. Questaconsiderazione ha aperto tutto un filone di ricercasul significato simbolico e sulla risonanza intra-psichica che determinati stimoli detengono, evi-denziando significative variabilit che differen-ziano risposte di individui diversi nei confronti diuno stesso stimolo. In secondo luogo, se stimolicos diversi possono indurre una reazione biolo-gica da stress, come possibile che esista un uni-co identico fattore neurormonale, come era statoidentificato lACTH, quale mediatore comune(first mediator)? Infine, a proposito del carattere

    di aspecificit, se la risposta di stress unica, per-ch gli individui si ammalano di malattie diverse?

    Il ruolo delle emozioni.Le ipotesi su quale fosse lagente di attivazio-

    ne della Sindrome Generale di Adattamento sispostarono, pertanto, dallidea originaria di Selyedi un unico mediatore biochimico a quel substra-to di natura psicofisiologica che coincide, di fat-to, con le strutture ed i meccanismi che sostengo-no le emozioni. Esponente di maggior spicco ditale ipotesi fu J. Mason il quale, partendo dallos-servazione che lasse ipotalamo-ipofisi-corticosurrene reagisce ad un gran numero di sti-moli psicosociali, suscettibili di indurre una rea-

    zione emozionale e che la reazione corticosurre-nale a stimoli emotivi sostanzialmente identicaa quella descritta da Selye nella fase di resistenzadella reazione da stress, effettu una serie di ri-cerche basate sulla dissociazione dello stimolofisico dallo stimolo emotivo nello stress dando unsostegno empirico alla teoria da lui formulata se-condo la quale il mediatore nella reazione dastress sarebbe proprio lemozione (Mason, 1971).In questa prospettiva, sia lattivazione del sistemaipotalamo-ipofisi-corticosurrene che lattivazionedella midollare del surrene che seguono allespo-

    sizione a stimoli fisici di varia natura sarebberocomunque una diretta conseguenza delleccita-mento emozionale che accompagna o precedeimmediatamente la stimolazione fisica. A svolge-re unazione generalizzante sarebbero, quindi, perMason, i medesimi meccanismi psicofisiologicicoinvolti nelle emozioni e sostenuti dagli apparatineuroanatomici che presiedono alla genesi, almantenimento ed al verificarsi delle manifesta-zioni centrali e periferiche legate alle emozionistesse.

    La prospettiva di Mason fu particolarmentesignificativa dal momento che, attribuendo un

    ruolo fondamentale alle implicazioni emotive, ha

    Tabella 2. Le tre fasi della Sindrome Generale di Adatta-

    mento

    STRESSORS

    FASE DIALLARME

    FASE DIRESISTENZA

    FASE DIESAURIMENTO

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    permesso di comprendere meglio i dati speri-mentali che depongono in favore sia della speci-ficit che della aspecificit dello stress.

    La ricerca sullo stress parte, quindi, dallos-servazione di determinate reazioni generalidellorganismo in risposta a richieste ambientali

    generate da stimoli di natura diversa; la compre-senza, per, sia di elementi aspecifici, come laSindrome Generale di Adattamento, che di ele-menti specifici in base alla natura degli stimoli,ha indirizzato progressivamente tali ricerche sulversante delle reazioni emotive e sulle loro im-plicazioni, un campo di studio, peraltro, quantomai controverso e difficile in tutta la storia delleneuroscienze. Anche il ruolo e i meccanismi difunzionamento delle emozioni, infatti, hannorappresentato da sempre un campo di indagineda parte di filosofi e scienziati, senza giungere,di fatto, ad una definizione e ad una compren-sione unanimemente condivisa: come afferma-no Fehr e Russel, ognuno sa cos unemozio-ne finch gli si chiede di definirla (1984)

    Limportanza delle emozioni nelle reazionidellorganismo finalizzate alladattamento e,nello specifico, nella Sindrome Generale diAdattamento ha portato, in ogni caso, alcuni ri-cercatori ad elaborare il concetto distress psico-logico, indirizzando, cos, inevitabilmente, que-

    sto filone di ricerca sempre pi nella strada del-le correnti psicologiche.

    Magda Arnold, dapprima, e Richard La-

    zarus, successivamente, hanno, ad esempio,

    centrato le loro ricerce sul concetto divalutazione soggettiva dello stimolo stressante:se uno stimolo non valutato come rilevante perlindividuo, a livello conscio o inconscio, non siverifica alcuna attivazione emozionale e dunquenon sar considerato stressante. Questa prospetti-va, che vede, quindi, nella valutazione congitivala condizione necessaria e sufficiente dellemo-zione rimane tuttora la pietra angolare della pro-spettiva cognitivista (Lazarus, 1991)

    Una voce particolarmente importante, che sidistacc dalla corrente pi accreditata in meritoalla ricerca sullo stress e che, come spesso succe-de, fu boicottato dallestabilishement accademi-co, fu Henri Laborit, un biologo francese che ne-gli anni Settanta scopr che i disordini somatici

    causati da aggressioni psicosociali sono provocatida uno stato particolare che lui denomin di ini-bizione dellazione. In seguito scopr anche che

    linibizione dellazione persistente provocava di-sturbi a carico della memoria.

    Nelle sue ricerche, Laborit utilizzava la proce-dura dellinvio di uno stimolo doloroso (unascossa di corrente) a dei ratti rinchiusi in una gab-bia.

    Nella prima situazione, il ricercatore mandavala scossa sul pavimento della gabbia, comunican-te attraverso una porta con unaltra gabbia non

    Tabella 3. Lo stress secondo Mason

    STIMOLO

    ATTIVAZIONEEMOZIONALE

    STRESS

    Tabella 4. Lo stress psicologico secondo Lazarus.

    VALUTAZIONE

    EMOZIONE

    STRESS

    STIMOLO

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    raggiunta dalla corrente: alla scossa, il ratto im-parava velocemente a passare nellaltra gabbia ese le condizioni si invertivano (la scossa era in-

    viata nella gabbia in cui il ratto era fuggito)questi ritornava velocemente nella prima. Sotto-posto a tali stress per una settimana, il ratto nonpresentava alcuna lesione patologica: la sua sa-lute restava eccellente.

    Nella seconda situazione, la gabbia su cuiveniva inviata la scossa elettrica non comunica-va con nessunaltra gabbia ma allinterno veni-vano posti due ratti, anzich uno solo, comenella prima situazione. Alla scarica elettrica, iratti non potevano fuggire e iniziavano a lottaretra di loro: dopo una settimana di esposizione atale stress, le loro condizioni di salute si rivela-

    vano eccellenti.Nella terza situazione, la gabbia era sempre

    isolata ed il ratto era solo. Alla scarica elettrica,il ratto non poteva fuggire n combattere conqualcun altro: dopo una settimana, presentavasegni di dimagrimento importante, ipertensionearteriosa e lesioni multiple alla mucosa gastrica.

    Henri Laborit imposta lo studio del cervelloe dello stress attraverso il concetto di aggressio-ne: "Quando incontriamo nell'ambiente esseri ecose che ci sono gradevoli, che ci permettono dimantenere questo principio del piacere, nei

    mammiferi abbiamo un sistema che permette dimemorizzare la strategia che abbiamo utilizza-to, la nostra esperienza: ricominciamo lo stessocomportamento per ritrovare il piacere. () Seinvece, al contrario, il vostro contatto con l'am-biente pericoloso, se non fa piacere, se dolo-roso, cominciate a fuggire e, se non potete fug-gire, combattete, vale a dire vi orientate versol'ambiente per distruggere l'oggetto del vostrorisentimento.

    La novit, la scoperta che, quando nonpotete n farvi piacere, n fuggire, n lottare, vi

    inibite. Il significato biologico dell'inibizione :meglio non agire, per non essere distruttidall'aggressione. Ci va bene se serve a salvareal momento la vostra pelle, la vostra struttura.Ma se non siete in grado di sottrarvi molto rapi-damente, da questo stato di inibizione, di attesain tensione, allora in quel momento cominciatutta la patologia (Laborit, 1990).

    Secondo Laborit, questa inibizione d'azionesi accompagna alla liberazione di ormoni comei glucocorticoidi e neuro-ormoni come la nora-drenalina che tendono ad indebolire fino a di-struggere il sistema immunitario. Ci generavulnerabilit alle infezioni ed ai tumori. Non si

    fa un cancro per caso, sostiene Laborit e la listadelle malattie dell'adattamento lunga.

    La sindrome dinibizione dell'azione, che sin-staura allorch l'aggressione psicosociale si pro-trae nel tempo e non risolvibile n con la lottan con la fuga, ha un aspetto chimico, un aspettoneurofisiologico ed un aspetto comportamentale.

    Per Laborit, la salute non soltanto il mante-nimento dell'omeostasi ristretta, dell'equilibriointerno, ma significa mantenere il proprio equili-brio in relazione all'ambiente esterno, con il qualedobbiamo negoziare in continuazione le condi-zioni per il nostro equilibrio. Quando ci non possibile, la risposta naturale la lotta o la fugaper eliminare ci che ci impedisce di essere inequilibrio. Ma se le condizioni ambientali non ci

    consentono n di gratificarci, n di lottare, n tan-to meno di fuggire, l'ambiente ci modifica al di ldelle possibilit di difesa. In questo caso, si diceche "subiamo l'ambiente", in altre parole ne rice-viamo un'aggressione, e allora il rapporto conl'ambiente ci disorganizza. Per Laborit, quindi, nellaggressione, intesa in questi termini, che tut-te le dis-regolazioni e le patologie hanno inizio.La Medicina Psicosomatica.

    Lipotesi, quindi, di una correlazione tra men-te e corpo, tra eventi psichici ed eventi fisici haalimentato nel corso della storia prevalentemente

    Tabella 5. Stress e Malattia secondo Laborit

    STIMOLOSTRESSANTE

    INIBIZIONE

    AZIONE

    MALATTIA

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    la ricerca intorno allo stress e ai suoi meccani-smi; questo concetto ha subito una gradualeevoluzione, sulla, base comunque della formu-

    lazione originaria di Selye. Paolo Pancheri, nel-la sua opera Stress, Emozioni, Malattia, unclassico della Medicina Psicosomatica, defini-sce lo stress come la risposta dellorganismoad ogni richiesta di modificazione effettuata sudi essa. Questa risposta si manifesta sia a livellofisiologico che a livello comportamentale, ed mediata da unattivazione emozionale indottada una valutazione cognitiva del significato del-lo stimolo. Essa relativamente aspecifica, nelsenso che unampia gamma di stimoli pu inne-scarla, ma personalizzata in rapporto al signifi-cato dello stimolo per il singolo individuo, e al-

    le sue modalit di reazione psicofisiologica. Lostress , di per s, una reazione fisiologica, adat-tativa, caratteristica della vita, che pu tuttaviaassumere un significato patogenetico quando prodotta in modo troppo intenso per lunghi pe-riodi di tempo o quando ostacolata nel suo re-golare svolgimento. (Pancheri, 1979)

    Alla fine degli anni Settanta, quindi, proprionel periodo in cui il dott. Hamer fu colpito dallasua tragedia familiare, le acquisizioni inerenti ilrapporto tra emozioni e malattia, patrimonio or-mai decennale dei ricercatori, erano fondate sul

    concetto di stress e sulle sue conseguenzenellorganismo. Queste acquisizioni potevanoessere cos riassunte:1. Esistono dei meccanismi di attivazione

    dellorganismo, la cosiddetta Sindrome Ge-nerale di Adattamento, che vengono inne-scati da stimoli stressanti, cio in grado diprodurre tale mobilitazione organismica.

    2. Gli agenti stressanti possono essere sia dinatura fisica o chimica cos come di naturapsicosociale, agendo, pertanto, direttamenteo mediante lintervento delle funzioni psi-

    chiche ed emozionali. Esiste, pertanto, unasoggettivit della risposta.3. Tale attivazione avviene attraverso la media-

    zione dei sistemi reattivi emozionali che agi-scono sul sistema neuroendocrino ed immu-nitario. Gli agenti stressanti, quindi, vannoad alterare le funzioni del sistema neurove-getativo, del sistema endocrino e del sistemaimmunitario.

    4. Esistono risposte specifiche e risposte aspe-cifiche che si sintonizzano con tre parametrifondamentali: lo stato psicofisiologico pre-cedente levento, i fattori endogeni, come ilpatrimonio genetico e le caratteristiche di

    personalit, e i fattori esogeni legati allap-prendimento, allalimentazione, alluso di far-maci, ecc.

    5. Tutta questa catena di eventi biologici, la co-

    siddetta risposta individuale di stress puessere considerata un precursore di malattiaGli agenti stressanti influenzano, quindi, ilterreno biologico sul quale si pu inserire lamalattia.

    La spiegazione, poi, della scelta dellorgano av-veniva sulla base delle seguenti ipotesi:1. Predisposizione genetico-costituzionale o

    debolezza dorgano. Questa, in realt, la

    posizione della medicina organicistica, chenega linfluenza dei fattori emozionali nellagenesi della malattia.

    2. Teorie psicodinamiche. Secondo questi mo-delli, che affondano le loro radici nella cor-rente psicoanalitica, gli stimoli esterni attive-rebbero dei conflitti inconsci, secondo unmeccanismo di conversione simbolica me-diata dai meccanismi psichici di difesa.

    3. Teorie comportamentistiche. Secondo questimodelli la risposta dellorgano appresa, se-condo dei meccanismi di stimolo e rinforzo.

    4. Teorie psicosociali. Secondo questo modello

    la malattia legata alle pressioni dellambien-te ad opera degli stimolo stressanti. Stimoli

    ambientali specifici interagirebbero con i pro-grammi di risposta biologici dellindividuo,determinati in parte geneticamente ed in partein base alle esperienze infantili.

    5. Teoria della personalit. Secondo questo mo-

    dello sarebbero elementi della personalit in-dividuale a predisporre lindividuo a determi-nate malattie piuttosto che altre, come la per-sonalit di tipo A, individuata quale fattorepredisponente le malattie di tipo cardiologico.

    6. Modelli integrativi. Alcune teorie cercano di

    integrare le varie ipotesi in un modello on-

    nicomprensivo, nel quale vengono presi inconsiderazione sia gli aspetti comportamentalidelle emozioni che quelli biologici. Secondotali modelli, la reazione dellorganismo si ma-nifesta sia su base biologica che comporta-mentale.Tali considerazioni rappresentavano lo scena-

    rio della ricerca della fine degli anni Settanta, manon sono molto diverse da ci che la ricerca haelaborato in merito ai meccanismi psicosomaticinei decenni successivi, fino ai giorni nostri. Ilconcetto che colpisce maggiormente quello del-la predisposizione alla malattia o precursore

    di malattia o terreno biologico: lo stress agi-

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    rebbe in definitiva in tale direzione, favorendo,cio, linsorgenza delle malattie nel momento incui gli stimoli stressanti altererebbero le condi-

    zioni biologiche dellorganismo.In definitiva, si potrebbe riassumere che tuttala ricerca sullo stress, quindi, proseguita con losviluppo e le elaborazioni della medicina psico-somatica, invece di arrivare ad una spiegazionefinalmente plusibile in merito allorigine dellamalattia e soprattutto che andasse oltre la tradi-zionale separazione tra malattie del corpo e del-la psiche, ha aggiunto unipotesi in pi, renden-do ancora pi confusa letiologia con i concettidi multicausalit o multifattorialit. Tutta la ri-cerca sullo stress, in definitiva, lascia sostan-zialmente intatta la concezione millenaria che la

    malattia qualcosa, unentit - ovviamentesbagliata, temibile e da combattere - che pucolpire lorganismo, senza che nessuno possadire perch.

    Afferma Pancheri, infatti: alla luce di quan-to emerso dallo studio dello stress dalla primaformulazione di Selye fino ad oggi, appare chia-ro come tale suddivisione (tra malattie somati-che e malattie psicosomatiche) sia priva di si-gnificato, e come stressors di varia natura(fisica, biologica o psicosociale) possano, diret-tamente o attraverso una mediazione emoziona-

    le, influenzare il terreno biologico sul quale siinserisce la malattia (1979)

    Il concetto immutato di malattia.

    La malattia, quindi, salva!Chiamata anche entit nosografia, la patolo-

    gia non centra con lo stress: questultimo re-sponsabile solamente di renderle la vita pi faci-le. La presunta unificazione tra mente e corpo ri-mane viva solo nelle parole. Sempre il padre del-la medicina psicosomatica italiana afferma, infat-ti, ancora: Alcune malattie possono ancora esse-re considerate come prodotte da ununica causa(ad esempio la paraplegia da sezione del midollo

    spinale), ma in molte altre, definite spesso comeidiopatiche o essenziali, letiologia certamentepluricausale, senza possibilit di individuare unacausa predominante. Anche dove, tuttavia, unagente patogeno appare strettamente connesso a

    una particolare malattia, possibile quasi sempreindividuare una serie di concause dotate di poterepatogeno a livello del terreno biologico. Ognimalattia dove sia individuabile un agente patoge-no principale, infatti, pu essere vista come la ri-sultante di due fattori: laggressivit dellagentepatogeno da un lato e le condizioni dei sistemibiologici di difesa (il terreno) dallal-tro (Pancheri, 1979).

    Negli ultimi trentanni, la ricerca sullo stressed, in particolare, la medicina psicosomatica han-no imboccato, purtroppo, un tunnel da cui non

    riescono pi ad uscire ed hanno determinato le-satto opposto di ci che probabilmente era nelleloro intenzioni originarie: cercando, probabil-

    Tabella 6. Le emozioni in medicina psicosomatica.

    MALATTIEPRECEDENTI

    Sist. ENDOCRINOSist. VEGETATIVOSist. IMMUNITARIO

    DIFESEterreno

    biologico

    STRUTTURAGENETICA

    IMPRINTING

    AMBIENTEFISICO

    FATTORIEMOZIONALI

    MALATT

    IA

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    mente di riunire lorganismo in una visione oli-stica, lo ha spezzettato ancora di pi!

    La funzionalit e la ricettivit di questi si-

    stemi (neurovegetativo, endocrino e immunita-rio) sono a loro volta controllate da una serie difattori reciprocamente ineteragenti tra loro: lastruttura genetico-costituzionale, limprintingpsicobiologico, lambiente fisico e, infine, i de-terminanti emozionali e psicosociali.

    I determinanti emozionali e psicosociali, e lareazione di stress da essi dipendente, sono dun-que sempre delle concause nella genesi dellemalattie a etiologia totalmente o parzialmentemulticausale. Essi, a seconda del momento incui agiscono, della loro intensit e durata e dellaloro interazione con altri determinanti, possono

    agire come elementi predisponesti o come fatto-ri scatenanti. Il punto importante da sottolineare che, allo stato attuale delle nostre conoscenze,non dimostrato un rapporto specifico tra tipodi attivazione emozionale e tipo di malattia so-matica sviluppata anche quando il ruolo deter-minante dello stress emozionale stato accerta-to.

    Le differenze nel tipo di malattie sviluppateper cause emozionali dipendono dalla particola-re vulnerabilit dei singoli organi a sua voltadipendente da fattori puramente fisico-biologici

    o genetico-costituzionali (Pancheri, 1979). innegabile che la ricerca sullo stress, daCannon a Mason, era partita bene, ma, successi-vamente, si intrappolata allinterno dello stes-sa paradigma da cui ha tentato di staccarsi: Car-tesio , in effetti, pi duro a morire di quel chenon si pensi! Nel tentativo di decollare dal ridu-zionismo di fine Ottocento, in una direzione -quella olistica o sistemica - che gi la fisicaquantistica ed i modelli cibernetici della primamet del Novecento lasciavo intravedere, la me-dicina psicosomatica miseramente scivolata di

    nuovo nel meccanicismo riduzionistico dei se-coli passati, condito solamente dai nuovi con-cetti quali: idiopatico, polietiologico, multifatto-riale, multicausale, ecc. Invece che riunire,spezzetta ancora di pi.

    Leffetto pi tragico del moderno riduzioni-smo lo si vede nel fiorire delle cosiddette qui-pe multidisciplinari, che sembrano tanto alla-vanguardia ma che tanto pi multiple sono, tan-to pi dividono il paziente: i clinici si sentonomolto tranquilli e progressisti quando includonouno psicologo nella loro equipe medica - meglioancora se uno corporeo - cos si formano lequipe multidisciplinari, in cui multiplo il nu-

    mero di persone che vedono parti diverse dellostesso soggetto (Shnake, 1995).

    Sostiene ancora la Shnake: La Medicina Psi-cosomatica un grande schermo che copre unodei fallimenti pi drammatici della medicina. Siampliano i servizi, si aggiunge personalespecializzato nelle quipe oncologiche, si orga-nizzano congressi ove si riconosce il fattore psi-cologiconel cancro o nellasma, nelle gravidanzetubariche, nellulcera, negli incidenti automobili-stici La psichiatria e la psicologia hanno vintola loro battaglia! Non c pi un quadro clinico incui non riconosciuto il fattore psicologico. Fi-nalmente la dimensione psichica forma partedellessere umano. () Eppure non sono riuscitia divincolarsi dallattraente approccio medico,

    che insiste nel chiamarsi scientifico e che li haobbligati a costruire un ibrido con cui sono con-sapevoli di non aumentare la saggezza del corpon contribuire - come era il sogno di Freud - aduna maggiore libert delluomo, a renderlo menodipendente e schiavo dellaltro (Shnake, 1995)

    Ma se la Medicina Psicosomatica, che si ponecome la disciplina che, per eccellenza, tenta disuperare il dualismo mente-corpo, al di l dellepresunte apparenze, scivolata nuovamente nelriduzionismo meccanicistico dei secoli antichi,unaltra recente disciplina, la psico-oncologia,

    che presume anchessa unattitudine olistica neiconfronti del paziente, scivolata ancora pi inbasso. In uno dei testi pi accreditati nella lettera-tura italiana, il Manuale pratico di psico-oncologia, addirittura lex Ministro della Salute,prof. Girolamo Sirchia, arriva al coraggio di af-fermare nelle prime righe di presentazione: LaPsico-oncologia costituisce in ambito sanitario unriferimento per tutti coloro - oncologi, psicologi,psichiatri, psicoterapeuti - che nel trattamentodella malattia neoplastica hanno una visione oli-stica del malato, tesa a tutelare e favorire una mi-

    gliore qualit di vita del paziente considerandolonella sua complessit, vista la inscindibilit negliesseri umani della componente biologica da quel-la emozionale (Grassi, Biondi, Costantini, 2003,pag. IX). Peccato che nelle trecentoventi fitte pa-gine del testo non c una riga in cui si accennialla possibilit, anche remota, che le emozioniabbiano una qualche determinante nella genesidel cancro! In tutto il manuale pratico di psico-oncologia, le emozioni sono considerate solo inquanto vissuto di malattia, cio la reazioneemotiva del paziente alla malattia tumorale! Vie-ne proprio da chiedersi cosa intenda Sirchia con

    il termine olistico o con linscindibilit negli

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    esseri umani della componente biologica daquella emozionale

    Certamente la cura dellaspetto emotivo

    dellammalato, delle sue reazioni e delle strate-gie di coping attuale nobile nonch fondamen-tale; ma cosa c di cos nuovo e scientifica-mente allavanguardia in questa che, da sempre, lattitudine dei sacerdoti e dei religiosi con gliammalati? Gi Ges Cristo, ben duemila anniprima del prof. Girolamo Sirchia, invitava aprendersi cura amorevolmente delle persone chesoffrono!

    Se per la Medicina Psicosomatica lemozio-ne altera i fattori che predispongono e favori-scono limpianto della malattia, con la Psico-oncologia arriviamo addirittura a considerare

    lemozione solamente in termini di reazione eadattamento alla malattia: non soltanto si ritornanel riduzionismo meccanicistico, ma non si con-sidera neanche lontanamente lidea che le emo-zioni possano avere una qualche valenza in ter-mini etiologici. Implicitamente siamo tornatialla completa negazione che il vissuto e le emo-zioni, relegate alla predisposizione o allaconseguenza, abbiamo un ruolo significativonella genesi delle malattie.

    Il cambio di paradigma.

    Nel 1981, il dott. Hamer sostiene, invece:Ogni Programma SBS causato da una DHS.Questa affermazione trova, quindi, degli antece-denti nella ricerca scientifica del tempo ma, altempo stesso, rappresenta, questa volta, un realecambio di paradigma.

    Con la sua intuizione avrebbe potuto infilarsinella corrente di ricerca alquanto fertile e popo-lata del suo tempo (siamo, infatti, agli inizi de-gli anni Ottanta) ma, per fortuna, la sua intui-zione si appoggiava chiaramente al di fuori del

    paradigma meccanicistico fin da subito.Nella Legge ferrea del cancro, Hamer eviden-

    zia tre criteri fondamentali:1. Ogni programma speciale, biologico e sensato

    (SBS) inizia con una DHS (Sindrome di Dirk

    Hamer), cio con uno shock conflittuale gra-vissimo, inaspettato, altamente drammaticovissuto con un senso disolamento, contempo-raneamente su tre livelli: nella psiche, nel cer-vello e nellorgano.

    2. Nellistante della DHS, il contenuto del con-

    flitto biologico, ovvero la maniera in cui lapersona percepisce un determinato evento, de-termina sia la localizzazione del SBS nel cer-vello con il cosiddetto Focolaio di Hamer, siala localizzazione nellorgano come cancro o

    malattia oncoequivalente.3. Il decorso del programma SBS sincrono su

    tutti i livelli (psiche - cervello - organo) dallaDHS fino alla soluzione del conflitto, compre-sa la crisi epilettoide nel punto culminantedella fase di riparazione e il ritorno alla nor-malit.I tre criteri della Legge ferrea portano in s la

    risposta ai buchi neri su cui la ricerca sullostress la Medicina Psicomatica si sono insabbiati,soprattutto al dibattito tra gli elementi aspecifici especifici della risposta organismica e alla scelta

    dellorgano.Gli elementi di svolta che si differenziano dal-la ricerca sullo stress sono:

    La reazione dellorganismo, scatenata dallaDHS, avviene per un interessamento direttodel cervello in aree diverse e specifiche.La reazione dellorganismo, scatenata dallaDHS, avviene da parte di organi specifici, inrelazione al tipo emozioni.

    La scoperta eccezionale alla Tac: i Focolai di

    Tabella 7. Le emozioni i psico-oncologia

    MALATTIAREAZIONEEMOTIVA

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    Hamer.

    Hamer ha potuto evidenziare tali assunti gra-zie al tipo di ricerca da lui condotta, partita so-

    stanzialmente dal dramma familiareshockante che lo ha colpito in prima personae non secondo un modello prestabilito dalla let-teratura del tempo; ma lelemento fondamentaleche lo sostenne in una direzione diversa nacquedallosservazione diretta, attraverso lo studiodella TAC cerebrale, di qualcosa - i Focolaidi Hamer - che succedeva nel cervello, semprenello stesso punto, a seconda della medesimamalattia. Egli si accorse, infatti, che tutti pa-zienti con una lesione, ad esempio, polmonare,presentavano un focolaio sempre nello stessopunto del cervello, nello specifico a livello del

    tronco cerebrale; oppure, tutti i pazienti cheavevano, ad esempio, una lesione a livello dellalaringe presentavano un focolaio sempre a livel-lo della corteccia periinsulare sinistra. Questascoperta eccezionale permise, cos, al dott. Ha-mer di mappare sistematicamente ogni organo etessuto nella sua relativa localizzazione cerebra-le.

    Laltro elemento eccezionale della scopertadei focolai era che essi corrispondevano sem-pre, nel 100% dei casi, ad un certo contenutoemotivo conflittuale: ad esempio, sempre nel

    caso di una patologia polmonare, i focolai erasempre a livello del tronco encefalico e i pa-zienti avevano patito sempre la stessa DHS,

    cio un evento inaspettato, emotivamente shoc-kante, nello specifico di paura di morire.

    Lespressione Focolai di Hamer stata co-niata dai miei oppositori che hanno sprezzante-mente chiamato queste formazioni nel cervello dame scoperte gli strani focolai di Hamer ma chenel frattempo sono diventati dei riferimenti sicuri.

    Il termine focolaio di Hamer (FH) indica laporzione, larea, la regione o il punto del cervelloattivato da una DHS. Pertanto il punto non ca-suale bens corrisponde al rel del computercervello che, nellistante della DHS lindividuoassocia al contenuto conflittuale. A partire daquesto Focolaio di Hamer viene a sua volta inte-ressato lorgano correlato al FH e tutto accade nelmedesimo istante della DHS.

    Con la fase di stress permanente(simpaticotonia), che in linea di massima gi

    prestabilita si modificano in misura crescente lecondizioni di comunicazione dei nervi cerebrali,cio viene interessata unarea sempre pi grandeoppure la zona gi attivata si altera maggiormen-te. Con la tomografia computerizzata (TAC) sipu fotografare questo focolaio, vale a dire unrel cerebrale specifico che normalmente innervalorgano e che si trasforma in Focolaio di Hamera causa di una DHS (Hamer, 2004).

    I Focolai di Hamer sono, quindi, la prova del-

    la correlazione cerebrale tra psiche e organo!I Focolai di Hamer sono delle immagini, evi-denziabili alla TAC, che, tra laltro presentano

    NEUROBIOLOGIA DELLA DHS

    Focolaio di Hamer alla Tac.Tratto da Il capovolgimento diagnostico

    Focolaio di Hamer alla Tac.Tratto da Testamento per una Nuova Medicina

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    una morfologia diversa: il dott. Hamer non tar-d a scoprire che la diversa struttura era legata

    alla fase del processo di malattia. Nella fase at-tiva del conflitto biologico subito dal paziente, ifocolai si presentano come delle immagini niti-de a bersaglio, come dei centri concentrici edefiniti, espressione dellattivazione neuronaledurante la fase conflittuale. Nella fase, invece,che segue la risoluzione del conflitto, quandocio il paziente esce dallo stress vuoi perchha risolto il problema che lo assillava o perchsi messo il cuore in pace, limmagine del fo-colaio cambia, i cerchi concentrici diventanopi sfumati e tutta larea appare rigonfia e scu-

    ra, segno dellinteressamento edematoso della-rea cerebrale interessata e della riparazione glia-le in atto. In questa fase, infatti, le cellule di ri-vestimento dei neuroni - la glia - proliferano la-sciando, alla fine del processo, un esito cicatri-ziale. I cosiddetti tumori cerebrali, quindi, altronon sono che lesito di questo processo avvenu-to innumerevoli volte a carico dello stesso FH.

    La ricerca empirica e losservazione direttadellinteressamento cerebrale, quindi, portaronoHamer a mettere lattenzione sullo shock dellaDHS, anche se la letteratura del tempo, nono-stante avesse da decenni gli occhi sui meccani-

    smi di reazione allo stress, fosse alquanto con-

    fusa proprio in merito a ci. C da dire, in ognicaso, che negli anni successivi determinate pro-

    spettive di ricerca nellambito delle neuroscienzehanno fatto molta luce sui meccanismi delle rea-zioni emotive ed, in effetti, ora ne sappiamo mol-to di pi su cosa avviene in quel momento in cuiHamer ha posto linizio di quella catena di eventiche normalmente chiamata malattia: oltre alleverifiche empiriche condotte da Hamer, abbiamo,ora, la conferma anche dalle pi recenti acquisi-zioni delle neuroscienze. La chiave di volta staesattamente nella comprensione dei meccanismineurobiologici delle emozioni.

    Dalla storia dellorso alla scoperta del CervelloEmotivo.

    Mason, con lidea che il mediatore unicoipotizzato da Selye fosse rappresentato dalleemozioni, stato il ricercatore che pi si avvici-nato alla scoperta delle leggi biologiche di Ha-mer. Purtroppo, alla fine degli anni Settanta, laricerca sulle emozioni era ancora troppo confusae contraddittoria per poter sostenere una tesi ditale portata e, in ogni caso, condizionata dal vec-chio paradigma riduzionistico e dualista.

    La emozioni hanno rappresentato un oggettodi interesse per scienziati e pensatori di tutti i

    tempi. Dai tempi antichi in cui si disquisiva su

    Focolaio di Hamer alla Tac.Tratto da Testamento per una Nuova Medicina

    Focolaio di Hamer alla Tac.Tratto da Il capovolgimento diagnostico

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    temperamenti, passioni e umori, filosofi, lette-reati e uomini di scienza hanno tentato di spiga-re e collocare allinterno dellesistenza umana il

    senso e la funzione della dimensione emoziona-le.Gli scienziati hanno cercato di scoprire, oltre

    al capirne il funzionamento, dove fosse la sededelle emozioni, ma i problemi erano rappresen-tati dal fatto che il contenuto cosciente delle-mozione - il sentimento, come definito in neu-robiologia - mal si presta allindagine scientifi-ca. Per questo, lemozione rimasta campodindagine da parte delle discipline fondatesullintrospezione, come la psicoanalisi, ma chenon permette una comprensione biologica delfunzionamento, oppure si limitata allo studio

    delle reazioni comportamentali fisiologiche, co-me, ad esempio hanno fatti i comportamentisti,giudicando la coscienza un tema inadatto allin-dagine scientifica, oppure stata deliberatamen-te esclusa dallindagine, come ha fatto la cor-rente di pensiero denominata congitivismo, cen-trata maggiormente sui processi inconsci di ela-borazione dellinformazione, piuttosto che suicontenuti di tale elaborazione. La comprensionedei meccanismi emotivi, quindi, stato sicura-mente il campo pi difficoltoso per le scienzedella mente nellultimo secolo.

    William James, considerato il padre dellapsicologia americana, scrisse nel 1884 un arti-colo apparso sulla rivista Mind dal tipoloWhat is an emotion? (Cos lemozione?) chefece storia e diede inizio, di fatto, allindaginesulla natura delle funzioni emotive. La riflessio-ne di James partiva dalla seguente domanda:Perch di fronte ad un orso proviamo paura?A quel tempo, cos come, per certi versi attual-mente, il senso comune sosteneva che, di fronteun orso proviamo lemozione della paura per-ch pericoloso e, in conseguenza a ci, scap-

    piamo. Ebbene, W. James propose una prospet-tiva diversa: egli sosteneva che, di fronte allor-so, lorganismo reagisce con una risposta essen-zialmente fisica che, nel momento in cui vienepercepita a livello cosciente, genera successiva-mente lemozione della paura. Lemozione, se-condo James, sarebbe, pertanto, leffetto sullacoscienza della retroazione da parte dellorgani-smo: in altri termini, non scappiamo perch ab-biamo paura, ma abbiamo paura perch siamospinti alla fuga (James, 1884).

    La prospettiva di W. James gett le basi peruna indagine sulle emozioni che tenesse contodella dimensione fisico-corporea, quale elemen-

    to sostanziale di mediazione in quel fenomenoche chiamiamo emozione. In effetti, i contenuticoscienti dellemozione sono sostanzialmentedelle percezioni di stati fisici: il cuore che accele-ra, la pelle che suda, una pressione al petto, unacontrazione delle viscere, ecc. Appare sensato,quindi, considerare il coinvolgimento del corponel processo emozionale. Ma in che termini?

    Gli studi successivi portarono a considerareche le risposte fisiche fanno s parte integrantedelle emozioni ma, visto il tempo in cui esse av-vengono, sostanzialmente pi lungo rispetto allapercezione cosciente, condussero W. Cannon,che abbiamo gi incontrato a proposito delle ri-cerche sulla reazione dallarme e P. Bard formu-lare nel 1929 una teoria secondo la quale le emo-

    zioni coscienti, ovvero i sentimenti, e le reazionidel corpo avvengono attraverso meccanismi indi-pendenti e separati: lo stimolo emotivo (che arri-va allorganismo attraverso i canali sensoriali checonfluiscono nel talamo) produce i sentimenti perazione diretta sulla corteccia cerebrale, mentre,attraverso circuiti paralleli, a mediazione ipotala-mica, viene generata una risposta fisica (Cannon,1929; Bard, 1929).

    Il dibattito prosegu tra queste due posizionifino agli anni Cinquanta, quando venne formulatauna delle teorie che ebbero pi seguito nella ri-

    cerca sulle emozioni. Nel 1949, infatti, il ricerca-tore Paul McLean ipotizz la teoria del cervelloviscerale, come lo chiam inizialmente, osistema libico, come lo ribattezz nel 1952, co-me la sede del cervello emotivo, ovvero la sededelle strutture responsabili delle emozioni(McLean, 1949, 1952).

    McLean riprese la teoria formulata poco pri-ma della seconda guerra mondiale da James Pa-pez, un anatomista che descrisse un circuito parti-colare quale responsabile dellesperienza emoti-va. Da considerazioni analoghe a quelle di Can-

    non e Bard, Papez pensava che gli stimoli senso-riali, afferenti attraverso le vie talamiche andasse-ro direttamente alla corteccia cerebrale e allipo-talamo. Le esperienze emotive, per, sarebberostate generate anche dal coinvolgimento del tala-mo anteriore, dallippocampo e dalla cortecciacingolata, una parte della corteccia mediale degliemisferi - chiamata anche rinencefalo - filogene-ticamente pi antica.

    Proprio alla corteccia cingolata Papez asse-gnava la funzione dintegrazione tra gli stimoliprovenienti dalla corteccia cerebrale laterale - fi-logeneticamente pi recente - e dallipotalamo(Papez J.W., 1937).

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    Ebbene, Paul McLean riprese il circuito diPapez e tent una teoria generale del cervelloemotivo, influenzato non solo dalla neuroanato-

    mia, ma che dalla psicologia dellinconsciofreudiana. Il punto di partenza, a quellepoca,era che nella genesi delle emozioni erano deter-minati lipotalamo, da un lato e la corteccia ce-rebrale laterale, o neocorteccia, dallaltro; si sa-peva, per che tali strutture avevano poche viedi connessione tra loro.

    Condiderando, quindi, che lesperienza co-sciente delle emozioni fosse probabilmente det-tata dallattivit della neocorteccia - universal-mente considerata sede dellattivit sensomoto-ria ma che questa non fosse in grado di in-fluenzare lipotalamo e, quindi, le attivit visce-

    rali, e considerando, invece, che fossero le re-gioni filogeneticamente pi antiche del rinence-falo a poterle influenzare, McLean identific ilcervello viscerale proprio nelle zone rinence-faliche.

    Mentre la neocorteccia signora della mu-scolatura e favorisce le funzioni dellintelletto,il cervello viscerale ordina il comportamentoaffettivo dellanimale in certi impulsi elementa-ri come procurarsi e assimilare il cibo, fuggiredavanti al nemico o liberarsene oralmente, ri-prodursi e cos via (McLean, 1949).

    La teoria del cervello viscerale nasceva an-che dalle considerazioni evoluzionistiche delsistema nervoso: McLean pensava che neglianimali primitivi fosse proprio il cervello visce-rale a garantire la sopravvivenza e ladattamen-to funzionale alle circostanze di vita; nei mam-miferi, lo sviluppo successivo della neocortec-cia avrebbe permesso quelle funzioni superioriche vedono nelluomo il loro massimo raggiun-

    gimento. Da questo punto di vista, quindi,McLean identificava nei sentimenti una funzionedintegrazione tra gli stimoli provenienti dalle-sterno e quelli provenienti dallinterno. Tale inte-grazione era funzione, appunto, del cervello vi-scerale; in esso, lippocampo svolgeva una fun-zione fondamentale; secondo McLean era unasorta di tastiera emotiva in grado di generare levaire tonalit dei sentimenti che proviamo.

    In una formulazione successiva, McLean de-nomin sistema limbico le parti del cervelloche avrebbero costituito il sistema responsabiledelle emozioni: rispetto al circuito di Papez, viaggiunse lamigdala, il setto e la corteccia pre-frontale. Il sistema limbico di McLean era un ve-ro e proprio sistema evoluto per mediare le fun-

    zioni viscerali ed i comportamenti emotivi edistintivi come procurarsi il cibo, procreare, difen-dere il territorio, ecc (McLean, 1952).

    Infine, laspetto evolutivo fu specificato anco-ra meglio nella tripartizione del cervello: se-condo McLean, nellevoluzione delle specie ani-mali, il cervello si sarebbe evoluto dalle funzioniarcaiche del tronco encefalico, tipico dei rettili, aquelle dei paleo-mammiferi e, solo alla fine, nellefunzioni superiori dei neo-mammiferi. Nella teo-ria del cervello trino, il sistema libico corrispondesostanzialmente al cervello dei paleo-mammiferi

    (McLean, 1970).La teoria del sistema limbico, come sede delle

    emozioni, sembr cos convincente che tuttora considerato il modello tra i pi utilizzati per spie-gare il funzionamento emotivo. Per decenni, in-fatti, sembrava potesse dare tutte le risposte inmerito al funzionamento delle emozioni, se nonaltro, nella loro topografia neuroanatomica; inol-tre, la concezione evolutiva rendeva plausibile ilsenso delle emozioni al processo di adattamento esopravvivenza. Si pensava, grazie, quindi, allateoria del sistema libico, che il cervello emoti-

    vo avesse una localizzazione unica.Ora sappiamo, per, che non cos!In ogni caso, sullonda della tripartizione del

    cervello (cervello rettile, del paleo-mammifero e neo-mammifero) sembravaplausibile che le emozioni fossero generate dalcervello del paleo-mammifero e che le funzionidella corteccia avessero una funzione di regola-zione su di esso; su questa linea prosegu la ricer-ca e la speculazione sulle emozioni che condusse-ro Stanley Schachter e Jerome Singer a formularelipotesi, di stampo congitivista, nel 1962, secon-do la quale sarebbero le attribuzioni e le spiega-

    zioni cognitive che vengono operate dalla cortec-

    Tabella 7. La teoria del sistema limbico: unipotesi ap-parentemente convincente ma che si rivelata priva di

    fondamento

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    cia sugli stati fisici che vengono percepiti a de-terminare quelli che diventano stati emotivi. Inaltri termini, gli individui percepiscono sensa-

    zioni corporee che, a seconda di come vengonoetichettate, generano unemozione piuttosto cheunaltra (Schachter, Singer, 1962).

    Altri ricercatori cognitivisti, come MagdaArnold e Richard Lazarus, che abbiamo gi no-minato a proposito delle ricerche sullo stress,insistevano sulla valutazione come elementodeterminante ai fini dellesperienza emotiva:emozioni diverse si distinguerebbero lunadallaltra perch valutazioni diverse suscitereb-bero tendenze diverse allazione che darebbero,quindi, luogo a sentimenti diversi (Lazarus,1966). La teoria della valutazione, di stampo

    cognitivista, domin la scena della ricerca sulleemozioni per decenni, per lo meno fino agli an-ni Ottanta, anche se si sono fondate su due ele-menti che, alla lunga, come vedremo, hannoportato fuori pista. Il primo errore stato quellodi analizzare le valutazioni dalla verbalizzazio-ne dei soggetti, quando lintrospezione non duna visone affidabile dei funzionamenti menta-li; in secondo luogo, la teoria cognitivista dellavalutazione ha dato troppo peso ai processi del-la cognizione, negando la differenza tra emozio-ne e cognizione.

    In effetti, alcune ricerche effettuate negli an-ni Settanta, hanno dimostrato linfondatezzadellintero impianto del sistema limbico comesede del cervello emotivo, nonch lassoluta ne-cessit di ridefinire il concetto di valutazione.

    Il neuroanatomista Antony Brodal, ad esem-pio, ha dimostrato limpossibilit di accomuna-re, sulla base dellevoluzione, strutture quali illobo limbico, il rinencefalo ed il cervello visce-rale (Brodal, 1982); inoltre, tutto il concetto disistema limbico era fondato sulla connessionedelle strutture che lo compongono con lipotala-

    mo: L.W. Swanson, per, ha dimostrato, attra-verso metodiche pi sofisticate, che lipotalamo collegato con tutti i livelli del sistema nervosoe, da questo punto di vista, quindi, tutto il cer-vello sarebbe da definirsi sistema limbi-co (Swanson, 1983). Oltre a ci, si visto chelippocampo, una struttura fondamentale, se-condo McLean, per le tonalit emotive im-plicato non tanto nelle funzioni autonome edemotive, quanto in quelle cognitive. Infatti, lelesioni dellippocampo, e di alcune zone del cir-cuito di Papez, come i corpi mammillari e il ta-lamo anteriore, hanno pochi effetti coerenti sul-le funzioni emotive, mentre producono disordi-

    ni gravi della memoria cosciente o dichiarativa,cio sulla capacit di sapere cosa si fatto pochiattimi prima, di immagazzinare linformazione,di richiamarla e di descrivere verbalmente quantoricordato. Vale a dire su quei processi che, secon-do McLean, non spettavano n al cervello visce-rale n al sistema limbico. Lassenza relativa diimplicazione nellemozione e la chiara implica-zione nella cognizione contraddicono quindi li-dea che il sistema limbico, comunque lo si defini-sca, sia il cervello emotivo (LeDoux, 1991)

    Un contributo fondamentale nella compren-sione dei meccanismi emotivi arriv nel 1980grazie a Robert Zajonc, il quale afferm, nel suostorico lavoro del 1980 Feeling and Thinking:Preferences Need No inferences che lemozione

    precede la cognizione (Zajonc, 1980). Il suo con-cetto di affezione inconscia, inteso come elabo-razione emotiva prodotta al di fuori della consa-pevolezza, dimostr che le reazioni emotive pos-sono aver luogo in assenza di consapevolezza de-gli stimoli, gettando le basi per lidea che lemo-zione non solo cognizione. Le ricerche diZajonc si basavano sulle stimolazioni sublimina-li: altri ricercatori seguirono tale filone confer-mando le acquisizioni dellelaborazione incon-scia. Divenne sempre pi chiaro, quindi, che le-mozione avviene per processi inconsci e non

    centra con la cognizione (Bornstein, 1992;Bargh, 1992).Da tutte le ricerche successive si pu afferma-

    re, quindi che McLean abbia sbagliato a include-re in un unico sistema lintero cervello emotivo ela sua storia evolutiva. Credo che la sua logicadellevoluzione emotiva fosse perfetta ma troppoestesa. Le emozioni sono sicuramente delle fun-zioni coinvolte nella sopravvivenza, ma siccomeemozioni diverse riguardano funzioni di soprav-vivenza diverse - difesa contro il pericolo, trovaredel cibo, accoppiarsi, occuparsi della progenie, e

    cos via - ognuna potrebbe appartenere a sistemicerebrali diversi, evolutisi per ragioni diverse. Edunque i sistemi emotivi potrebbero essere nonuno ma tanti (LeDoux, 1996)

    Sempre secondo LeDoux, lipotesi di lavoropi praticabile che diverse classi di comporta-mento emotivo rappresentino funzioni diverseche si occupano di diversi problemi dellanimale,e ai quali sono dedicati sistemi cerebrali diversi.Se cos, emozioni distinte vanno studiate inquanto unit funzionali distinte (LeDoux, 1996)

    Dalla storia dellorso di William James, quin-di, arriviamo alle conoscenze attuali della neuro-

    biologia in merito al cervello emotivo. Queste

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    possono essere cos riassunte:Le emozioni sono una risposta complessadellorganismo ad uno stimolo sensoriale

    che proviene dallesterno o dallinterno. Es-se sono prodotte automaticamente dal cer-vello, sulla base della percezione di uno sti-molo emozionalmente adeguato. Tutta lacatena deventi innescata dalla presenta-zione di un oggetto adatto, lo stimolo emo-zionalmente adeguato.Lelaborazione di quello stimolo, nel conte-sto specifico in cui si manifesta, conduce al-la selezione e allesecuzione di un program-ma preesistente: lesperienza emoziona-le (Damasio, 2003). Il cervello, cio, pre-disposto dallevoluzione a rispondere a de-terminati stimoli, con specifici repertori da-zione, anche se pu rispondere a molti altristimoli che, per apprendimento nel corsodelle esperienze di vita sono divenuti emoti-vamente significativi (Da, ). In altri terminiesistono determinati stimoli che appartengo-no alle codifiche nella specie tramandate ge-neticamente; al tempo stesso, durante la vita,determinate esperienze possono imprimerenella memoria lacquisizione che un deter-minato stimolo significativo in termini disopravvivenza per lindividuo: il caso,ad

    esempio, delle esperienze traumatiche, ingrado di sensibilizzare lorganismo ad unarisposta secondo il meccanismo descritto daPavlov del condizionamento operante.Lattivazione emotiva avviene mediante unmeccanismo del tipo chiave-serratura:uno stimolo emotivamente significativo fun-ge da chiave nel dispiegamento della rispo-sta emotiva - che funge, pertanto da serratu-ra. In altri termini, non tutti gli stimoli atti-vano una risposta, ma soltanto quelli per iquali esiste una serratura. Questo mecca-

    nismo spiega il funzionamento degli istinti:ad esempio un individuo che risponde a de-terminate caratteristiche del partner sessua-le sar in grado di generare una rispostadeccitazione, chiamata istinto allaccoppia-mento. Al tempo stesso questo meccanismospiega le basi neurobiologiche del costrutti-vismo, una corrente di pensiero che ricono-sce quanto la conoscenza non un processoassoluto ma creata dallosservatore: nonconosciamo il mondo per quello che ma,sulla base delle nostre categorie, isoliamo lanostra esperienza del mondo (Maturana eVarela, 1987)

    Il risultato delle risposte emotive una modi-ficazione dellostato del corpo che viene regi-strato a livello cerebrale in mappe di quello

    specifico stato corporeo. Lemozione, cio, la mappa del corpo in un determinato stato,una sorta di fotografia delle condizioniviscerali dellorganismo in un determinatomomento. Ad esempio, quello che noi chia-miamo tranquillit corrisponde ad una per-cezione del nostro corpo in un determinatostato, appartenente, generalmente, alla catego-ria delle sensazioni gradevoli, mentre ci chechiamiamo paura, invece, corrisponde ad unostato corporeo ben differente che, general-mente appartiene alla categoria delle sensazio-ni spiacevoli, che, quindi, ci spingono ad in-

    tervenire per modificare la situazione che lodetermina. Antonio Damasio ha, a questo ri-guardo, ipotizzato la teoria del cosiddettomarcatore somatico, una sorta di immagineo rappresentazione sensoriale che viene inte-grata nella memoria implicita quando uno sti-molo o diventa emotivamente significativo.Quando lo stimolo compare, non serve, comesosteneva William James che si attivino dellerisposte di retroazione da parte del corpo, ri-velatesi troppo lente per generare un senti-mento: sufficiente che lo stimolo attivi lim-

    magine dello stato corporeo - il marcatore so-matico - per avere la percezione cosciente diuna emozione (Damasio, 1994).Inoltre, sappiamo con certezza che il cervelloemotivo opera sostanzialmente a livello in-conscio e produce risposte dirette sul corpo, ditipo viscerale, mediate dal sistema nervosoautonomo. La modificazione dello stato delcorpo che viene registrata nella risposta emo-tiva determinata da unazione diretta sugliorgani e tessuti, attraverso la loro innervazio-ne autonoma. Un aumento improvviso del to-

    no simpatico produce ad esempioTutte le risposte emotive hanno la funzione diregolazione e adattamento dei processi vitali

    e di attivazione di una risposta adeguata allarichiesta ambientale ai fini di promuovere lasopravvivenza. Gli organismi viventi, in altritermini, sono costituiti in modo da mantenerela coerenza delle proprie strutture e delle pro-prie funzioni, a dispetto delle numerose circo-stanze che possono metterne a rischio la vita.Le risposte emotive appartengono a quei di-spositivi contenuti nei circuiti cerebrali che,una volta attivati dal verificarsi di particolaricondizioni interne o esterne, puntano alla so-

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    pravvivenza e al benessere dellorganismo.Le risposte emotive non sono determinate daun unico sistema emotivo: si attivanosistemi

    differenti da stimoli emotivi diversi(LeDoux, 1996). Cos come esiste un siste-ma della paura, cos esiste un sistema perprocacciarsi il cibo o per laccudimento deicuccioli. Ogni emozione, cio, attiva un de-terminato sistema! Hamer ha dedotto questoaspetto notando direttamente sulla TAC lin-teressamento di aree specifiche e sempreprecise a seconda del contenuto emotivo vis-suto dallindividuo.Cos come a livello cerebrale si attivano areediverse, anche il sistema nervoso autonomo,che controlla le viscere, reagisce selettiva-mente e attiva organi diversi. In uno studiodel 1992, Levenson ha mostrato come sipossano addirittura distinguere le varie emo-zioni (rabbia, paura, disgusto, tristezza, feli-cit, sorpresa) proprio misurando le diverserisposte del sistema nervoso autonomo, co-me la temperatura della pelle, la frequenzacardiaca, ecc. (Levenson, 1992). A stimolidiversi, quindi, corrispondono attivazionicerebrali diverse, che corrispondono ademozioni diverse, che corrispondono ad atti-vazioni viscerali diverse: sembra qualcosa

    che ricorda proprio la legge ferrea del can-cro! Nello specifico, inoltre, si attivano i si-stemi che sono deputati ad una determinatafunzione. Un determinato sistema viene atti-vato quando implicata la funzione per cuiquel sistema deputato, ad esempio il siste-ma della paura per la difesa, il sistemadellaccudimento per la cura della prole, ilsistema sessuale per laccoppiamento, e cosvia. Le emozioni, quindi, rappresentano laparte di un meccanismo complesso, che si evoluto intelligentemente nel corso del tem-

    po; esse sono funzionali alla sopravvivenzain quanto producono risposte precise e sen-sate sulla base del tipo di stimolo, generandodelle spinte allazione per favorire ladatta-mento.Quando tali reazioni arrivano alla coscienzaabbiamo quellesperienza consapevole deno-minata emozione cosciente o sentimento. Leemozioni hanno lo scopo di fornire risposteadattative immediate; appartengono a dispo-sitivi antichi nella storia dellevoluzione,ben precedenti lo sviluppo della capacit diprovare sentimenti, per i quali, oltre alla

    funzione della coscienza necessario anche lacostituzione della coscienza di un s. I senti-menti, dal punto di vista evolutivo, avrebberoquindi, una funzione superiore alle emozio-ni e, nello specifico la possibilit di una valu-tazione migliore e ponderata in merito a deci-sioni complesse (Damasio, 2003). I sentimen-ti, quindi sono un sistema per elaborare rispo-ste pi precise ma che necessitano di un tem-po relativamente lungo.I sentimenti rappresentano, quindi, una dota-zione dellevoluzione finalizzata alla possibi-lit di risolvere problemi complessi o prende-re decisioni che richiedono tutta una serie divalutazioni a lungo termine e comparative;lorganismo rimane, tuttavia, dotato dei mec-

    canismi filogeneticamente pi antichi e pirapidi, anche se meno precisi. LeDoux parladelle cosiddette vie alte e vie basse di ela-borazione. La via bassa di elaborazione, chenel caso della paura, ad esempio, coinvolgelamigdala, in grado di attivare delle risposteautomatiche di tipo viscerale, senza la media-zione dellelaborazione cosciente. La viabassa corrisponde alla storica reazione dal-larme, gi studiata da Cannon. Per fare unesempio della differenza tra una rispostaalta ed una bassa, basti pensare, ad esem-

    pio a cosa succede quando immergiamo lamano in un recipiente con dellacqua che sista riscaldando. Sentendo il calore che sale,arriveremo ad un determinato momento in cuici accorgeremo che la temperatura troppocalda e dovremo ritirare la mano (reazionemediata dallesperienza cosciente); ma nel ca-so in cui mettessimo la mano in un recipientedacqua bollente, senza saperlo, avremmo unarisposta di retrazione immediata della mano,automatica, ancor prima di essercene accorti(via bassa di elaborazione). Gli eventi emoti-

    vamente significativi che giungono inaspettativengono, quindi, processati da vie nervose di-rette ed immediate, in grado di attivare dellerisposte viscerali, ancor prima che la nostracoscienza possa tranquillamente renderseneconto. In questi casi, non abbiamo il lusso dipoter decidere mediante una valutazione emo-tivamente cosciente, ma la decisione vienepresa dal programma emotivo che, nello spe-cifico, lo stimolo ha attivato.

    La malattia non qualcosa

    Con le recenti acquisizioni delle neuroscienze,abbiamo tutti gli elementi per comprendere cosa

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    succede in quel momento in cui scatta la DHS(Sindrome di Dirk Hamer), che Hamer ha iden-

    tificato come lorigine di tutte le malattie. Di-

    ventano, ora, facilmente comprensibili gli enun-ciati esposti nella Legge ferrea del cancro:Ogni programma speciale, biologico e sen-

    sato (SBS) inizia con una DHS (Sindrome diDirk Hamer), cio con uno shock conflittuale

    gravissimo, inaspettato, altamente drammaticovissuto con un senso disolamento, contempora-

    neamente su tre livelli: nella psiche, nel cervel-lo e nellorgano. Una chiave speciale, apre unaserratura speciale! Uno stimolo emotivamenteadeguato attiva una via diretta di risposta, senzala mediazione della coscienza. Lintelligenzaevolutiva dellorganismo viene in aiuto quando

    le circostanze colgono impreparato lindividuo(o lanimale, visto che, da questo punto di vista,

    i meccanismi di salute e malattia sono identici).Hamer sottolinea con enfasi il concetto diinaspettato: la DHS, con lattivazione conse-guente delle catecolamine, diventa, cos, la pri-ma risposta automatica, preconfezionata dallanatura per predisporre lorganismo ad una ri-sposta efficace.

    Nellistante della DHS, il contenuto del con-

    flitto biologico, ovvero la maniera in cui la per-sona percepisce un determinato evento, deter-

    mina sia la localizzazione del SBS nel cervellocon il cosiddetto Focolaio di Hamer, sia la lo-calizzazione nellorgano come cancro o malat-

    tia oncoequivalente. La reazione emotiva specifi-

    ca di un determinato sistema emotivo che, oltre aprodurre risposte viscerali specifiche, interessalocalizzazioni cerebrali specifiche! Hamer giungea questa conclusione dallosservazione direttadellinteressamento cerebrale mediante le imma-gini da tomografie computerizzate del cervello.Ora sappiamo anche dalla neurobiologia che nonesiste un unico sistema emotivo, ma ogni emo-zione ha un suo particolare sistema, con interes-samento di aree cerebrali specifiche. Inoltre sap-piamo che ogni emozione in grado di attivarerisposte viscerali specifiche, coinvolgendo organie tessuti specifici. La scelta dellorgano, quindi,non casuale o determinata da ipotetici difetticostituzionali: vengono attivati proprio quegli

    organi la cui funzione implicitamente coinvoltanel contenuto emotivo dello shock. Proprio comenel caso personale di Hamer dove, avendo subitouna DHS dalla perdita del figlio, si attivato unfunzionamento speciale proprio nellorganolegato alla riproduzione maschile, cio il testico-lo.

    Il decorso del programma SBS sincrono su

    tutti i livelli (psiche - cervello - organo) dallaDHS fino alla soluzione del conflitto, compresa

    la crisi epilettoide nel punto culminante della fa-

    se di riparazione e il ritorno alla normalit.Vi

    una compartecipazione di sistemi cerebrali e si-stemi viscerali che seguono landamento dellef-ficacia adattativa della risposta, di cui il livello

    DHS FH Programma SBS

    MALATTIAATTIVAZIONECEREBRALE

    EVENTOEMOTIVO

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    Tabella 8. Le relazioni tra eventi emotivi ed eventi biologici secondo Hamer

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    dellesperienza emotiva testimone: fintanto-ch la risposta non efficace, il vissuto rimarrconflittuale e il programma attivo, con leffet-

    to di un funzionamento viscerale simpaticotoni-co, solo quando la risposta sar efficace verrpercepita emotivamente come conflittolisi (ilproblema , finalmente, risolto!) con levolu-zione del programma nella direzione del recu-pero e della riparazione, con leffetto di un fun-zionamento viscerale vagotonico, fino al ripri-stino della normalit.

    Con la legge ferrea del cancro, crolla, quin-di, lidea millenaria che la malattia unentit:la malattia non qualcosa, ma un programma difunzionamento speciale di organi e tessuti, tipi-co di una funzionalit modificata di tipo neuro-

    vegetativo; come lo definisce Hamer un fun-zionamento speciale, finalizzato ad uno scopobiologico, in quei frangenti ove non abbiamoaltra possibilit di risposta, in quello stato di ini-bizione dellazione che gi Laborit aveva indi-viduato come pre-condizione di malattia. Il si-stema nervoso autonomo o vegetativo, per,non altera il terreno su cui simpianta unenti-t denominata malattia, come sostiene da sem-pre la Medicina Psicosomatica, ma modifica di-rettamente il funzionamento degli organi, dalmomento che direttamente sono regolati da es-

    so. La malattia non , quindi, un parassita cat-tivo della natura ma corrisponde alla modifica-zione funzionale di quello stesso terreno coscaro agli psicosomatisti, cio degli organi e deitessuti. La modificazione avviene con una se-quenza precisa e sensata e assolve al compitobiologico implicito nel contenuto emotivo-viscerale dello shock. Ad esempio: perdo un fi-glio, devo riprodurmi; oppure: ho inghiottitoqualcosa di indigesto, devo digerire di pi; op-pure: qualcosa mi ha intossicato, devo evacuare

    e rigettare subito, e cos via.Un vero e proprio cambio di paradigma!

    Oltre il dualismo mente-corpo, una visione oli-

    stica.

    Le leggi biologiche del dott. Hamer ribaltanototalmente il vecchio paradigma della malattia,intesa come qualcosa di sbagliato, un difetto oun attacco che fosse; ma ribaltano totalmenteanche il vecchio paradigma nel quale mente ecorpo sono due entit separate.

    La malattia un processo di funzionamentospeciale dellorganismo. La DHS la chiaveche apre questo processo denominato

    programma SBS. Un evento emotivamente si-gnificativo attiva una risposta automatica per fa-cilitare ladattamento.

    Ma la chiave non esiste se non in relazionealla sua serratura e, come sostiene Damasio, nonc mente senza il corpo. La DHS, quindi, non un evento slegato dal programma SBS; la DHS intrinsecamente legata, o, come direbbe Matura-na, strutturalmente accoppiata, in quanto stimo-lo iniziale, al programma SBS. Proprio come unlato di una medaglia strutturalmente accoppiatocon laltro. La mente, corrisponde, di fatto, alle-vento fisico: levento psichico, infatti un latodella medaglia dove laltro lato rappresentatodalla configurazione neuronale attivata di unamappa corporea in uno stato particolare.

    Non c mente senza il corpo: questo visio-ne che, finalmente, connette, anzich separare, magnificamente condensata nel terzo assunto del-la legge ferrea di Hamer. Il programma SBS pro-cede in maniera sincrona sui tre livelli psiche,cervello organo: tre facce della stessa medaglia.

    Ma c di pi! Il superamento del dualismomente-corpo ci apre, anche, una visione filosofi-camente nuova: ci porta ad una comprensione an-cora profonda del paradigma olistico, che dagliinizi del secolo scorso, con le acquisizioni dellafisica quantistica, della cibernetica e di altre di-

    scipline ha lentamente e gradualmente iniziato afar scricchiolare tutta limpalcatura dualistica sucui si fondato il pensiero occidentale, filosoficoe scientifico, negli ultimi secoli. Sinonimi diparadigma olistico sono: paradigma sistemi-co , oppure re laz iona le , oppureecologico (Capra, 1996). Non sufficiente,quindi, aggiungere uno psicologo ad unequpeper avere un approccio olistico al paziente! ne-cessario entrare in un paradigma di pensiero com-pletamente diverso, e questo vale per chiunque siavvicini al paziente: infermiere, medico o psico-

    logo che sia.Una visione olistica comporta necessariamen-te il superamento anche del dualismo spirito-materia.

    Cosa caratterizza gli organismi viventi daglioggetti? Qual la differenza tra la sostanzaanimata e quella inanimata? Per Gregory Ba-teson, uno degli scienziati che maggiormentehanno segnato la storia del pensiero del secoloscorso, ci che distingue i fenomeni puramentemateriali dagli organismi viventi che questi ulti-mi hanno la capacit di trattare le informazioni,mentre nel mondo materiale, non vivente, si rea-

    gisce alle forze, agli impatti e agli scambi di

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    energia.Ma, cos uninformazione? Bateson sostie-

    ne brillantemente che uninformazione la dif-

    ferenza che fa la differenza, cio una diffe-renza che significativa (Bateson, 1979). Macome fa uninformazione ad essere significati-va? Solo, quindi, se la differenza viene percepi-ta. Linformazione , quindi, usando sempre itermini di Bateson, una differenza captata,una differenza che viene percepita da un organosensoriale; dunque, linformazione una diffe-renza che provoca una reazione nellorganismo,la pi semplice delle quali lattivazione di unneurone. Per linformazione, quindi, serve unadifferenza ed un recettore capace di recepirla:una chiave ed una serratura.

    I sistemi sensoriali, quindi, non portanomeccanicamente informazioni - perch le infor-mazioni non sono cose - ma captano le diffe-renze; i recettori permettono, cos, che differen-ze, dallesterno o dallinterno, diventino infor-mazioni, ovviamente indipendentemente dal fat-to che siano coscienti o inconsce.

    La chiave quindi uninformazione ed il re-cettore la sua serratura. La differenza diventainformazione solo se esiste un recettore capacedi captarla. Su questo si fonda, come sottolinea-vo precedentemente, la prospettiva costruttivi-

    sta, secondo la quale la conoscenza dipende dacolui che conosce, ovvero il conoscitore in-fluenza il conosciuto. La mente non conosce ilmondo ma ne specifica uno - sostiene Matura-na. La conoscenza una costruzione della men-te.

    Ma la differenza non una cosa. un rap-porto. Come fa unastrazione, come la diffe-renza, a interagire con la materia? qui che si impantanato Cartesio; infatti, non lha spiegata:ha semplicemente separato le res cogitansdalle res extensa.

    La differenza non interagisce con la materiase non nel momento in cui si crea un accoppia-mento strutturale, ovvero fintanto che non si de-termina una relazione tra le due; e quando par-liamo di relazione, siamo, quindi, nel dominiometa-fisico del , ovveronon di ci che ma di ci che accade tra.Nellincontro si genera qualcosa, un processovitale.

    Cos, quindi, una DHS? Uninformazione,una chiave, una differenza che fa la differenzaper la serratura specifica, cio per un sistemaemotivo specifico. Una non esiste senza laltrase non allinterno di una relazione tra individuo

    e ambiente, relazione che rappresenta la sostanzastessa dellesistenza.

    Nel paradigma olistico lo spirito non esistesenza la materia dal momento che lo spirito unaqualit emergente dellorganizzazione della ma-teria; non nelle cose ma accade tra le cose e ciriporta, quindi, alla relazione tra gli elementi,piuttosto che allessenza degli elementi.

    La legge ferrea del cancro di Hamer ci spiegaperch ci si ammala; tutto inizia in quel fenome-no denominato DHS. Ora sappiamo esattamentecosa succede in quel fenomeno, ma la compren-sione della DHS ci porta di fronte a qualcosa che molto di pi che letiologia di una malattia.Ci mette di fronte ad una legge della natura ed, inquanto tale, ad una comprensione pi profonda

    degli organismi viventi e del miracolo della vita.Per questo non esiste, n potr mai esistere unaterapia preconfezionata di Hamer: la NuovaMedicina Germanica non un metodo di curaquanto una prassi terapeutica che scaturiscedalla consapevolezza di questo miracolo e del suointrinseco divenire, specifico per ogni individuo,unico ed irripetibile, e che procede al di l deigiudizi di bene o male, o, come si usa in medici-na, di benigno o maligno.

    Ma la prassi terapeutica un argomento sicu-ramente troppo importante per non diventare og-

    getto di approfondimento in un numero futuro diPsiche Cervello Organo.

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    Zajonc R. (1980), Feeling and Thinking: Pref-erences need no inferences, in American

    VEDIAMO SOLO

    QUELLO CHE CONOSCIAMO...

    Questa sera in pronto soccorso lultima vicenda di un paziente giunto per un grave problema neu-rologico. Eseguita la TAC dellencefalo, lo studio assieme al neurologo. Io vedo, proprio sopra allesezioni del cervelletto, una serie di cerchi concentrici che sembrano formare un bersaglio.

    Sta proprio al centro e non possibile non vederli, tanto sono nitidi ed estesi. Chiedo, allora, al neu-rologo cosa possa essere quellimmagine, dal suo punto di vista.

    Nonostante limmagine sia l, nitida e perfettamente visibile, lui non la vede.Allora con la matita segno i contorni del cerchio esterno ed a quel punto anche lui la vede.Cos? chiedo io.La prima risposta, quasi infastidita, parla del tentorio che divide il cervelletto dagli emisferi cere-

    brali.Tentorio? - dico io - Ma perch sembra un bersaglio? cosa gli successo?Ma ribatte - il neurologo - naturalmente il paziente si un po mosso e limmagine un po

    sproiettataIo insisto: Ma perch dovrebbero esserci dei cerchi concentrici solo l, in quella zona, e non su

    tutta la sezione della TAC? E perch guardando bene anche le altre sezioni si vedono altre immagini abersaglio di dimensioni diverse, al