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I sacramenti: Matrimonio Dieci minuti per te Messaggio dalla Madonna del Sasso Le pagine dell’Ordine Francescano Secolare Ottobre Dicembre 2010 Rivista trimestrale - anno C 12

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Trimestrale di formazione e spiritualità francescana

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Page 1: Messaggero 2010-12 Ott-Dic

I sacramenti: Matrimonio

Dieci minuti per te

Messaggio dalla Madonna del Sasso

Le pagine dell’Ordine Francescano Secolare

OttobreDicembre2 0 1 0

Rivista trimestrale - anno C

12

Page 2: Messaggero 2010-12 Ott-Dic

MESSAGGERORivista di cultura ed informazione religiosa fondata nel 1911 ed edita dai Frati Cappuccinidella Svizzera Italiana - Lugano

Comitato di Redazionefra Callisto Caldelari (dir. responsabile)fra Ugo Orellifra Edy Rossi-Pedruzzifra Michele RavettaClaudio Cerfoglia (segretariato)E-Mail [email protected]

Hanno collaborato a questo numero fra Agostino Del-PietroGino DriussiAlberto LeporiFernando LeporiEnrico MorresiMaria Polafra Andrea Schnöllerdon Sandro Vitalini

Redazione e AmministrazioneConvento dei CappucciniSalita dei Frati 4CH - 6900 LuganoTel +41 (91) 922.60.32Fax +41 (91) 922.60.37

Internet www.messaggero.chE-Mail [email protected]

Abbonamenti 2011Per la Svizzera:ordinario CHF 30.-sostenitore da CHF 50.-CCP 65-901-8

Per l’Italia:ordinario € 20,00sostenitore da € 40,00Conto Corrente Postale 88948575 intestato Cerfoglia Claudio - Varesecausale “abbonamento Messaggero”E-Mail [email protected]

CopertinaNativita - Giuseppe Antonio Petrini, Olio su tela,Lugano, Museo d'Arte

Fotolito, stampa e spedizioneRPrint - Locarno

Intervista a don Sandro Vitalini 4

Matrimonio e divorzio nella Chiesa 6

Educazione religiosa in famiglia 9

Corsi per fidanzati a Bigorio 11

Giornata interfrancescana 14

Essere francescani oggi 16

Vivere l’attesa 18fra Andrea Schnöller

Diciotto mesi di cantiere 20

Trent’anni della biblioteca 23Fernando Lepori

Appunti di vita ecclesiale 24Alberto Lepori

Settimana di preghiera 26per l’unità dei cristianiGino Driussi

Una predica particolare 28Enrico Morresi

Messaggio biblico 30

Note importantiCompilando la polizza per l’abbonamento non mancate

di riportare l’esatto nominativo al quale la rivista è stata spedita.

Indicate anche per favore l’indirizzo di spedizione.

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Eccoci all’ultimo numero di questo 2010 che sta terminando. Come sempre lafine dell’anno avviene in un modo festoso, immersi nelle feste natalizie. Sonosicuro che gli affezionati lettori del Messaggero sanno vivere il Natale con unospirito cristiano attualizzando questa festa con una rinascita spirituale. Perciògli auguri di ‘Buon Natale’, che tutta la redazione vi rivolge, sono all’insegnanon solo della sincerità ma anche della spiritualità.Con questo numero termina anche il tema-guida che per un biennio ha analiz-zato i sacramenti. Alcuni apporti contenuti nella nostra rivista sono stati moltoapprezzati, tanto da essere stati raccolti in un libro dal titolo Ama e fa quelloche vuoi. I sacramenti dell’iniziazione cristiana per la vita di tutti. Questo libro,a cura di Ernesto Borghi, contiene nella prima parte gli articoli di don Sandro Vi-talini e di p. Callisto sui sacramenti del Battesimo, Cresima, Riconciliazione edEucaristia. Nella seconda parte si trovano approfondimenti sugli stessi sacra-menti opera dal curatore.Per il prossimo biennio la redazione ha optato per un approfondimento sui co-mandamenti spiegati dallo stesso don Vitalini sotto l’aspetto biblico e attualiz-zati da p. Callisto.In questo e nei futuri numeri continueranno le pagine sull’attività e spiritualitàdell’Ordine Secolare Francescano, che in questo numero sono particolarmentesviluppate perché a Bellinzona sabato 2 ottobre si è tenuta una giornata inter-francescana.Non mancheranno le altre rubriche: sulla vita di qualche nostro convento osulle “adiacenze”, le preziose pagine sulla vita della Chiesa di Alberto Lepori esull’ecumenismo di Gino Driussi.P. Andrea continuerà con gli inviti alla meditazione e il dott. Corti, un appas-sionato di S. Francesco, sul Santo d’Assisi.Il materiale è vario e speriamo che i nostri lettori lo trovino interessante.Resta il problema degli abbonamenti: troppo pochi per coprire le spese. Perchénon regalare un abbonamento quale dono natalizio a qualche famiglia parenteo amica? Fareste un regalo a loro e alla rivista.

la redazione

Lettera della Redazione

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Intervista a don Sandro Vitalini

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In cosa realmente consiste il sacramento delMatrimonio?

Se ci rifacciamo ai primi secoli notiamo che i cristiani chesi sposavano seguivano le tradizioni locali, presentandosiperò al vescovo o a un suo presbitero che ne accoglieva ilconsenso. Il consenso naturale sponsale diventa sacra-mento là dove la coppia cristiana riconosce che l’amoreche la lega profluisce dalla stessa Trinità. Si tratta di unmistero grande: come Cristo Gesù ama la Chiesa e le donala vita nel suo sangue, così, nel suo stesso Spirito, i co-niugi si scambiano un amore non solo umano, ma divino.

Si legga Efesini 5,21-33 e si noti che la sottomissione re-ciproca (v. 21) fa dei due sposi il servo l’uno dell’altra. Lasottomissione che al v. 22 è richiesta alla sposa non va in-tesa quasi che questa fosse inferiore allo sposo, ma nelsenso che il marito le lava i piedi, le dona la vita, si fa suoservo, come Cristo e nel suo stesso Spirito. Gli sposi cri-stiani sono la manifestazione dell’amore trinitario. Nonmeraviglia che la Chiesa primitiva si sia diffusa in un ba-leno grazie a queste coppie cristiane, che sbalordivano ipagani, immersi in una società corrotta, con tasso bassis-simo di natalità e con l’imperversare di ogni sorta di vizianche a sfondo sessuale (si legga il prologo della lettera aiRomani). Mi rendo conto che presento una realtà altis-sima, che solitamente viene sottaciuta nella preparazioneodierna del matrimonio cristiano. Ma mi chiedo: ma al-lora è valido?

Si parla di “grazia sacramentale” anche per ilMatrimonio, ma nessuno spiega in cosa consiste.Che cos’è dunque questa grazia?

La grazia propria di questo sacramento fa sì che l’amoreumano di una coppia sia divinizzato alla radice. Sposa esposo sanno che si amano per una donazione che èpropria delle divine persone, sono inseriti nel dinamismostesso dell’amore trinitario. Come le divine persone sonouno nel flusso di un interscambio infinito ed eterno, cosìgli sposi diventano uno, si fondono progressivamentenella scoperta l’uno dell’altro, una scoperta che li porteràad una fusione eterna. I tesori nascosti in un coniugevengono scavati e messi in luce dall’altro, e così ci siaccorge che più si scava e più si trova. Due coniugi, dopocinquant’anni, anche se la bellezza esterna è sfiorita,trovano l’uno nell’altro delle ricchezze di tenerezza,ascolto, gentilezza, attenzione, premura, aiuto, che facapir loro che il loro reciproco amore è più forte dellamorte e durerà per tutta l’eternità.

Alla luce di ciò che capita oggi da noi (più dellametà delle coppie divorziano) è ancora realisticosostenere l’indissolubilità del Matrimonio?

Dalle premesse che abbiamo ricordato si deduce che unmatrimonio celebrato in chiesa, con sfarzo di luminarie e dimusiche, non è necessariamente valido. Il matrimonio cri-stiano è indissolubile come il vincolo tra le divine persone.Ma chi ha percepito e voluto che il suo matrimonio fossepenetrato da questo divino ed eterno amore? Un segno checi porta a dire di sì alla domanda è la volontà dei coniugi dipregare assieme ogni giorno e di ricevere assieme ogni do-menica la divina Eucaristia. Ritengo mostruoso il fatto cheil Diritto canonico ammetta a questo sacramento un bat-tezzato anche privo di fede. Ci sono sposi che rifiutanol’Eucarestia: a loro basta una bella, breve ‘cerimonia’. Ci ren-diamo conto che noi supponiamo di imporre loro l’impegnoa un amore indissolubile, quando questi non attingono dal-l’Eucaristia la forza per incarnarlo? Una scelta s’impone: onoi offriamo il sacramento solo a cristiani coscienti e im-pegnati e proclamiamo la sua indissolubilità, oppure con-tinuiamo con la prassi attuale, pronti ad esaminare tuttiquei casi di nullità che si presentano, coscienti che il nostrolassismo ha distribuito dei segni sacramentali senza accer-tarsi della loro effettiva validità.

Non le sembra troppo severa la disciplina dellaChiesa che esclude un secondo matrimonio el’Eucarestia ai divorziati?

Preciso: i divorziati possono sempre ricevere l’Eucaristia. Ilproblema si pone per i divorziati risposati. La Chiesa orien-tale riconosce la possibilità di un secondo matrimonio, ce-lebrato in ambito penitenziale, là dove il primo è statoriconosciuto ‘morto’. Anche nell’Antico Testamento si ri-conosceva la possibilità di un secondo matrimonio, tenutoconto della ‘durezza del cuore’ (Mt 19,8) delle persone. Lanuova alleanza ristabilisce col Cristo l’unità della coppia(Mt 19,5-6), là dove essa accetta di lasciarsi coinvolgere neldinamismo intertrinitario. Ma la ‘durezza del cuore’ restalargamente diffusa anche oggi, al punto che si può legitti-mamente temere che molti matrimoni celebrati come sa-cramento abbiano solo la parvenza di un contratto umanoe possano essere dichiarati nulli da un punto di vista sa-cramentale. Ho conosciuto un numero impressionante dicoppie, il cui matrimonio era sacramentalmente nullo,anche se non sempre era possibile ricorrere ai Tribunali ec-clesiastici. Come confessore ho molte volte dato l’assolu-zione e invitato ai Sacramenti. Faccio un caso tra mille: una donna nubile aveva sposato

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il papà di parecchi figli ancor piccoli, la cui mamma era spa-rita in un altro continente. Questa donna aveva aiutato ilmarito a crescere nella fede i suoi figli e non aveva volutobambini suoi perché temeva che li avrebbe potuti amare piùdegli altri. Questa sposa piangeva e io ho pianto con lei,dandole (dopo un’attesa di decenni) l’assoluzione. “Vogliola misericordia, non il sacrificio” (Mt 9,13; 12,7). Comeperdoniamo un assassino pentito, così perdoniamo coloroche in un secondo matrimonio, morto il primo, ritrovanoper loro e i loro figli la via della conversione e della pace.

Perché, a differenza degli altri sacramenti, non èil sacerdote, ma gli stessi sposi, ministri delMatrimonio?

Faccio presente che per la Chiesa orientale è il presbitero ilministro del Sacramento (e il nostro prof. Corecco lo so-steneva anche per la Chiesa occidentale). Credo che sipossa affermare che nella celebrazione del matrimonio cri-stiano siano gli sposi a voler fare ciò che fa la Chiesa, a vo-lere dire di sì all’amore trinitario che vuole compaginarli inun amore indissolubile, e pertanto possiamo giustamentechiamarli ministri perché si scambiano questo eterno con-

senso. Se in una zona remota il prete non fosse reperibilein un lasso di tempo ragionevole, gli sposi hanno il dirittodi celebrare il loro consenso davanti a Dio, presenti due te-stimoni.

Aggiungo una nota che concerne tutti gli uomini e che iteologi antichi trattavano nel capitolo dei “sacramenti pre-cristiani”. Tutti i sette miliardi di persone oggi sulla terra,come gli ottanta che ci hanno preceduto quaggiù, sonotoccati dalla luce del Verbo e possono vivere nella grazia,se cercano di realizzarsi nell’onestà, nella giustizia, nel-l’amore per tutti.Anche il contratto matrimoniale assume un valore divino làdove gli sposi cercano di donarsi reciprocamente con tuttala loro volontà per tutti i giorni della loro vita. Si può cosìavere un ‘sacramento’, anche se è noto solo a Dio.Ma tocca ai battezzati rivelare il mistero dell’amore trinita-rio che si vuol comunicare a ciascuno di noi. Mi auguro cheun manipolo di famiglie colme di amore trinitario (nonconta il numero, ma la qualità) riprendano la missioneevangelizzatrice specifica dei primi secoli per far capire adogni uomo la bellezza eterna del matrimonio celebrato nellaTrinità.

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ico Parliamo di matrimonio che per il cristiano dovrebbe

essere fondato sull’amore (il condizionale è d’ob-bligo perché trattiamo anche di divorzio, situazione

dentro la quale spesso l’amore è sviato verso un’altra per-sona, ma pur sempre d’amore si tratta. Parlando di amore,partirei da una grande verità:

Dovunque un uomo e una donna si amano al punto dafare del loro amore lo scopo della loro vita, quel loroamore diviene un segno valido per donarsi vicendevol-mente la grazia di Dio (sacramento).

Fatta questa premessa vorrei ricordare che tutto quelloche riguarda l’amore umano (e di riflesso anche la suamancanza o degenerazione) non può essere trattato conmezzi solo giuridici (come viene fatto oggi nei tribunali ci-vili ed ecclesiastici), ma trattandosi di un sentimento pro-fondo, interpersonale, vanno usati mezzi psicologici, e diconseguenza psicoterapeutici e psicanalistici.

E’ questa mancanza che rende sterile, legalista, poco te-rapeutico l’agire soprattutto della Chiesa che spesso si ac-contenta di offrire solo tribunali, nei quali si usano solostrumenti legali e non indagine psicologiche.Eppure la figura e l’agire di Cristo è più simile a quello diuno psicologo che a quello di un giudice, anzi ha proibitoil giudizio conoscendo la complessità del cuore umano,

e a chi voleva a tutti i costi giudicare ha indicato la travedel proprio occhio, piuttosto che la pagliuzza nell’occhiodel fratello. E alle varie prostitute e peccatrici ha ricono-sciuto la capacità d’amore, mentre ha salvato dalla lapi-dazione un’adultera dicendole di andare libera, ma di nonpiù peccare, quindi libera anche dai legami del male.Il testo su cui la Chiesa Cattolica appoggia l’indissolubilitàdel matrimonio e la sua prassi – dura – coi divorziati è:

Poi Gesù partì e andò verso i confini della Giudea, al di làdel fiume Giordano. Ancora una volta la folla si radunò at-torno a lui, come faceva sempre, Gesù si mise a insegnare.Alcuni che erano del gruppo dei farisei gli si avvicinarono.Essi volevano metterlo in difficoltà, perciò gli domanda-rono: “Un uomo può divorziare dalla propria moglie?”Gesù rispose con una domanda: “Che cosa vi ha co-mandato Mosè nella legge?” I farisei replicarono: “Moséha permesso di mandar via la moglie, dopo averle datouna dichiarazione scritta di divorzio”. Allora Gesù disse:“Mosé ha scritto questa regola perché voi avete il cuoreduro. Ma da principio, al tempo della creazione, comedice la Bibbia, Dio maschio e femmina li creò. Perciòl’uomo lascerà suo padre e sua madre, si unirà alla suadonna, e i due saranno una cosa sola. Così essi non sonopiù due, ma un unico essere. Perciò l’uomo non separiciò che Dio ha unito”.Quando poi furono a casa i discepoli interrogarono dinuovo Gesù su questo argomento. Ed egli disse: “Chi di-vorzia da sua moglie e ne sposa un’altra commette adul-terio contro di lei. E anche la donna, se divorzia dal marito e ne sposa unaltro, commette adulterio”. (Mc 10)

Notiamo prima di tutto che il testo è diviso in due parti:anzitutto la provocazione, poi la spiegazione ai discepoli.

1. Gesù, usando il metodo rabbinico che ad una do-manda risponde con una contro domanda, dice allagente (farisei) che il divorzio concesso da Mosé non èun diritto, ma una eccezione o meglio una misura diemergenza nella condizione di allontananza da Dio (ilcuore duro).

2. Ai discepoli ribadisce che il matrimonio è indissolu-bile, ma questa sua alta qualità non dipende da leggi,ma dall’amore verso Dio e verso il prossimo (coniuge)nel quale Dio è presente.

Perciò a chi non ha imparato o ha cessato di amare, lacosa pare impossibile, resa tale dalla “durezza del cuore”.Da questa differenza teologica, essere o non essere nel-

Matrimonio e divorzionella Chiesa

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l’amore (ricordate Giovanni “…Dio è amore”…), scaturi-scono tre principi importanti:La sacramentalità del matrimonio è fondamento della suaindissolubilità.In questa materia vi è differenza tra fede e legge morale.Il matrimonio e il celibato hanno la stessa radice: l’amore.

Vediamoli in dettaglio.

Il sacramento è il fondamentodell’indissolubilità

Così insegna la Chiesa cattolica, ma il problema sarà –come vedremo – quando vi è un sacramento, cioèquando fra i due celebranti (gli sposi) ci sono le condi-zioni necessarie per celebrarlo validamente, in modo chesi possa ritenere che “Dio li ha congiunti”.

Differenza tra fede e legge morale

Non si nega la necessità nel matrimonio di leggi morali eprescrizioni giuridiche. Ma bisogna insistere sulle tre virtùteologali.– La fede, senza la quale, come è possibile che Dio

possa congiungere chi non crede in lui?– La speranza intesa come assoluta fiducia di chi ha

unito se invocato costantemente, dona la forza neces-saria perché questa unione continui anche in mezzo asacrifici.

– La carità, cioè l’amore verso Dio e verso chi è il piùprossimo con la piena coscienza di essere testimoni• che esiste ancora l’amore sulla terra• che se esiste l’amore esiste Dio

Matrimonio e celibato hanno la stessaradice: l’amore

Su questo punto non mi soffermo, tanto è ovvio. Ma nonmi sembra che sia questa comune radice che possa giu-stificare la prassi esistente nella Chiesa cattolica occi-dentale che l’uno debba escludere l’altro.

Ho iniziato dicendo che la Chiesa dovrebbe tenere più inconto la psicologia quando tratta del matrimonio. Ed hocitato il passo di Marco, su cui poggia la sua dottrina sul-l’indissolubilità.Ora vorrei accostare questi due inizi per chiarire che il ma-trimonio diventa sacramento nel quale “Dio unisce” (nonl’uomo, non la Chiesa) solo se i due sono capaci di que-sta unione.

Chiediamoci:– è capace di celebrare il sacramento del matrimonio chi

è psicologicamente incapace di fissare il proprio amoresu una persona?

– chi si sposa per uscire di casa per difficoltà coi genitori,senza accorgersi che proietta sul coniuge le esigenzeassurde che aveva sui genitori?

– chi non ha completamente tagliato i cordoni ombeli-cali: “lascerà il padre e la madre” (amore di trasla-zione)?

– chi non è capace di formare col partner una cosa sola,non tanto fisicamente (impotenza), perchè psicologi-camente ossessionato a fare diventare l’altro simile a sestesso?

Io mi rifiuto di credere che Dio congiunga persone simili.Voi mi direte: ma allora non concediamo il sacramentodel matrimonio a nessuno!Risposta. E’ evidentemente difficile giudicare chi è prontoper ricevere il matrimonio quale sacramento, ma almenotre pensieri meritano considerazione:

1. Così non si può continuare, si è corresponsabili anchecome Chiesa dell’aumento dei divorzi.

2. La preparazione al matrimonio è l’ultima occasione peruna revisione del proprio cristianesimo che da infan-tile deve passare ad adulto.

3. Perché per l’Ordine Sacro si obbliga ad una lunga pre-parazione con verifiche ed anche esclusione, mentreper il matrimonio bastano poche serate e ci sono par-roci che non richiedono nemmeno quelle, o le fanno acoppie singole senza confronti?

Sintomi di crisi matrimoniale

Fatta questa necessaria premessa, veniamo a delineare al-cuni sintomi di possibile crisi matrimoniale che si pos-sono riscontrare già nei fidanzati.

Quando tra i due vi è un amore spersonalizzante. Cioèuna forza dell’eros che toglie la capacità di giudizio(quello che dice il più forte va sempre bene), toglie la ca-pacità d’azione (quello che fa lui – o lei – lo devo fare an-ch’io se vogliamo essere coppia), toglie la libertà, lapersonalità, l’identità.E’ chiaro che in una simile coppia manca:

• la ricchezza, è una coppia povera o impoverita• la possibilità di comprensione• la capacità (o volontà) di critica

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La divinizzazione (perché di questo si tratta) della per-sona amata va contro il primo comandamento e rendeproblematici tutti gli altri, anche il sesto ‘Non commet-tere adulterio’, perché tipi che vivono l’amore con questapossessività ossessiva, quando hanno spremuto comeun limone la persona che dicono di amare (ma che in re-altà vogliono solo possedere) vanno alla ricerca di unaltro sulla quale puntare la loro fame di possesso.

Se poi la persona posseduta s’accorge e si ribella, non fanient’altro che accelerare la crisi a renderla difficilmenterisolvibile in posi-tivo, perché un pos-sessivo–ossessivo è quasi impossibileche si converta ad un amore ob-biettivo, prioritario:piuttosto abbando-na per cercare un’al-tra preda.

E non si pensi che ipossessivi-ossessivisiano solo gli uo-mini, sono certa-mente la maggio-ranza, ma ci sonofior di donne capa-cissime di rendere ilproprio uomo unfantoccio senzapersonalità illuden-dosi (e dichiarando)di amarlo.

Da qui la necessitàdi un’educazione al-l’amore iniziatanella stessa pre-adolescenza, quando i giovanissimi scoprono l’altrosesso. Purtroppo oggi questa scoperta, invece di essereguidata a scoprire la personalità dell’altro è lasciata allabruttura dei sensi, e grazie a certe stampe e televisione,si esperimenta prestissimo l’amore fisico (età del primorapporto in forte calo, III-IV media).

Se in questi rapporti va tutto bene (o si fa finta) l’amantepossessivo-ossessivo, trova la giustificazione del suocomportamento.

Secondo segno di crisi: l’incapacità di mettere in atto il“lascerà il padre e la madre”. In parole tecniche uno sba-gliato amore di traslazione. Questo può avvenire per duemotivi apparentemente contrari l’uno dall’altro:

• Perché si è avuto un rapporto morboso con uno dei ge-nitori, quindi un senso di colpa nell’abbandonarlo, so-prattutto se questo dovesse rimanere solo (vedovo odivorziato).

• Perché si è avuto un rapporto negativo con i genitori,quindi non si è educati ad un retto rapporto interper-

sonale e si arrischiadi ripetere e proiet-tare la propria nega-tività sul partner:“Assomigli tutta amia madre”, “Seiproprio come miopadre”. Nelle cop-pie in cui questoamore di trasla-zione non è pas-sato in modocorretto (cioè nel ri-spetto della perso-nalità dell’altro),presto o tardi scop-pierà una crisi.

Per aiutare questepersone, bisognaconoscere la lorostoria, scoprire leradici del loroamore.

Infine, la mancanzaassoluta di valori.Anche coppie chechiedono il matri-

monio in chiesa possono essere prive di valori, con una re-ligiosità superficiale e rituale. Ma qui più che di valori vorrei parlare di virtù teologali:

• mancanza di fede, cioè divinizzazione di se stessi:“tutto quello che faccio io è…”

• mancanza di speranza, che genera depressione: è unamalattia mortale nella coppia

• mancanza di carità, che genera egoismo, chiusura e di-sprezzo dell’altro

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Non si può parlare di matrimonio senza accennare agliimpegni che questo sacramento domanda a chi locelebra, agli sposi. Per trattare questo importante

tema inizierei con una domanda.

Per i genitori da dove proviene l’impegno di educarereligiosamente i propri figli e di chiedere la collabora-zione della Comunità parrocchiale per realizzare que-sta educazione?

Parlare di “educazione religiosa in famiglia” vuol dire porsipreliminarmente un’altra domanda: i genitori cristianihanno veramente l’obbligo di educare cristianamente i pro-pri figli? Non sarebbe un obbligo delle Chiese? Parlare diobbligo, per un impegno come questo, è sempre antipa-tico perché obbligando non ottieni frutti apprezzabili. Co-munque, l’impegno morale da parte dei genitori cristianiesiste e appoggia su diversi cardini:Il proprio Battesimo. Se ritengono che, in quanto bat-tezzati, godono di quella vita divina che Cristo ha portatosulla terra, i genitori, come hanno trasmesso la vita fisica aipropri figli, così dovrebbero sentirsi impegnati a trasmet-tere anche quella spirituale. È un dono ricevuto, che deveessere comunicato.La Cresima. Questo sacramento, poco conosciuto perciòpoco stimato, dovrebbe essere il “segno” della maturazionecristiana e, in quanto tale, l’ufficiale deputazione all’apo-stolato. Una volta si diceva che con la cresima si diventava‘soldati di Cristo’. Ora in clima antimilitarista, forse è me-glio dire che con la Cresima si diventa ‘apostoli di Cristo’,da lui chiamati ed inviati a testimoniare il suo messaggio ea diffonderlo. Il sacramento del Matrimonio. Forse pochi genitori ri-cordano che quando hanno chiesto questo sacramentohanno promesso di non rifiutare la prole e di impegnarsi adeducarla cristianamente. Se questa promessa fosse sempremantenuta, anche fra le coppie cristiane rimaste (ormai lamaggioranza delle coppie non chiede più questo sacra-mento) non ci sarebbero tanti divorzi, perché ‘educare cri-stianamente in famiglia’ vuol dire testimoniare l’amore diDio attraverso il proprio amore in un concreto sforzo dimantenere l’unione anche in situazioni difficili, pensando,fra l’altro, che le prime vittime della disunione sono pro-prio i figli.

Concretamente cosa vuol dire “educarecristianamente i figli”?

Vuol dire assumere quel programma educativo che Gesù ciha lasciato (il Vangelo); ma soprattutto vuol dire prendere

lui come modello. Per far questo indispensabile è porsi laseguente domanda: chi è Gesù Cristo, affinché io possa as-sumerlo come modello?La risposta è triplice: Gesù è un maestro, un servitore delprossimo, un santificatore.

Gesù maestro. Uno che fa questa professione non diventamodello solo per il modo di comportarsi della sua persona,ma anche per la validità dell’insegnamento che propone.Se i genitori vogliono seguire Gesù Maestro e proporre ilsuo insegnamento ai figli devono conoscere questa per-sona e quello che ha detto e fatto. Qui tocchiamo un tastodolente. Noi sacerdoti ci accorgiamo subito, quando in-contriamo i bambini per il catechismo, o scolastico o par-rocchiale, quando non hanno ricevuto nessuna formazionereligiosa in famiglia, e sono la maggioranza dei casi! È lo-gico, non si può insegnare ciò che non si conosce. Per me,oggi, il più grave peccato dei cristiani è l’ignoranza, e dal-l’ignoranza nascono i pregiudizi, le critiche, la disistima,l’abbandono, ecc. Eppure quanti mezzi didattici oggi esi-stono per far conoscere Gesù ai bambini: libri ben fatti,album a colori anche per i più piccini, filmini. Bisogna averela volontà di farli passare, leggere, vedere insieme, dandocosì anche la testimonianza che quello che la mamma o ilpapà stanno facendo per il proprio bambino è importanteper tutti e due.Gesù servo. Se c’è un atteggiamento che stupisce nellavita di Cristo è la sua dedizione al servizio. Gli stessi mira-coli, così numerosi e così misteriosi, sono ‘segni’ di unaduplice realtà; delle meraviglie che la fede può compierequando accetta l’azione divina (Gesù guarisce un cieco per-ché prima di aprirgli gli occhi del corpo gli ha aperto quellidell’anima). Inoltre, queste azioni sono un indice che Gesùsi è messo al servizio di tanta umanità sofferente. Educarecristianamente vuol dire inculcare e allenare a questo ser-vizio, che per i più piccoli si chiama condivisione, per i piùgrandicelli impegno, per i giovani e gli adulti volontariatosociale. E il tutto dentro una comunità che aiuta, verifica,sprona ed incoraggia nei momenti di difficoltà. La comunitàdella condivisione sarà la famiglia, quella dell’impegno saràil gruppo (parrocchia, scuola, società di vario tipo), quelladel volontariato la società civile e/o religiosa. E tutto que-sto va fatto non per filantropismo, ma per amore cristiano:la differenza fra i due sta nel fatto che il primo, nobilissimo,parte dall’uomo e all’uomo conduce. L‘amore, forza divina,cerca di realizzare il comandamento di Cristo: “Amatevicome io ho amato voi!”. E noi sappiamo come ci ha amati.Lo ha detto ancora Lui: “Nessuno ama più di colui che dàla vita per la persona amata”.Gesù santificatore. Per noi che crediamo, Gesù è il Figlio

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Educazionereligiosa in famiglia

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di Dio che ha portato la vita divina sulla terra. Per questo èstato sempre in unione col Padre e questa unione ha unnome preciso, preghiera. Per questo ha istituito dei ‘segni’che donano questa vita divina o la rafforzano, i sacramenti.Per questo è arrivato, con un pizzico di esagerazione, a dirciche dobbiamo essere perfetti come è perfetto il Padre no-stro che è nei cieli.Ma anche questa opera di santificazione deve essere ri-chiesta e accettata. Un anno, un ragazzo della Cresima, lavigilia di ricevere il sacramento, mi chiese: “Domani,quanto Spirito Santo riceverò?”. Pioveva dirotto, i suoi com-pagni fecero un risolino, risposi: “Vedete ragazzi piove. Im-maginatevi di mettere fuori alla pioggia un recipiente: tu unvasetto, tu una brocca, tu un catino. Se piovesse tutta lanotte, domani chi avrà più acqua nel suo recipiente? Cosìsarà di voi, riceverà più Spirito Santo, chi avrà il cuore, lospirito, più ampio, più aperto, più disponibile, più acco-gliente”.Ma perché il nostro cuore sia capace di accogliere lo Spiritodobbiamo coltivare dei momenti spirituali. Quanti sono igenitori che pregano coi figli? Che vanno a messa con loro?Che s’interessano della loro crescita spirituale (almenoquanto della loro crescita fisica, intellettuale, sportiva, nel-l’hobby scelto, ecc..)?

Quali sono i tempi dell’educazione cristiana?

Senza pretendere di dare della regole valide per tutti, ne di-stinguerei alcuni.Da 0 a 3 anni. Tempo delle esperienze affettive e dei primigesti religiosi. Ogni sera ripetere il segno della croce sullafronte, con il quale il sacerdote ha salutato il bambino allaporta delle chiesa quando è stato portato per il Battesimo.Ilbambino non comprende, ma vive. Un giorno domanderà:“Perché fai questo?” E voi risponderete che è il saluto cri-stiano, dato la prima volta il giorno del suo Battesimo. Glidirete che quel saluto è dato nel nome di un Padre che è neicieli, del suo Figlio Gesù che è stato uomo come noi, e delloSpirito di amore che vuol bene a te, bimbo mio.Dai 3 ai 7 anni. Tempo in cui si aggiungono i racconti(prima catechesi) e le esperienze esplorative, come la vi-sita alla chiesa, prima quando è vuota, lasciando scoprire glispazi, poi per breve parte delle funzioni, affinché veda lacomunità riunita, senta i canti.Dai 7 alla fine delle elementari. Tempo della collabora-zione con la catechesi parrocchiale ed istruzione scolastica.In questi anni vi è la preparazione alla prima Comunioneche deve essere fatta prima in famiglia, poi in parrocchia. Ela prima Confessione, distinguendo bene fra senso di colpa

e sacramento della Penitenza, megliodetto ‘festa del perdono’.Nell’età della scuola media o scuolasuperiore e apprendistato è indispen-sabile preparare il giovane ad un in-contro personale con Cristo,attraverso la rilettura del messaggiocristiano, per giungere alla solenneconferma del Battesimo e al sacra-mento della Cresima.

Qualche genitore che ha letto fino aquesto punto il presente articolo dirà:“Cose belle da scrivere, difficili dafare!” Ma chi ha detto che il cristiane-simo sia una cosa facile? Siamo noiche lo abbiamo ridotto ad uno scirop-pino dolciastro, allergici come siamoal solido cibo spirituale del Vangelo.L’effetto di questa riduzione l’abbiamosotto gli occhi: è terminata la genera-zione cristiana, siamo entrando nel-l’era post-cristiana. I cristiani convintie impegnati sono una minoranza, maproprio per questo devono essere fortie testimonianti, istruiti e coerenti.

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Era l’anno 1964, ero da poco ritornato da Roma dove -mentre facevo i miei studi alla Biblioteca Vaticana -potevo seguire indirettamente i lavori di preparazione

del Concilio Vaticano II. Mi riferiva di quelle assisi il ve-scovo Angelo Jelmini che vi partecipava quale decano deivescovi svizzeri. Abitavamo ambedue alla Clinica Quisi-sana, così avevo modo di essere da lui informato di quantoavveniva nella commissione preparatoria. Fra gli altri argo-menti che i vescovi discutevanovi era anche il sacramento delmatrimonio e si auspicava unaseria preparazione dei fidanzatiche desideravano ricevere quelsacramento. Detto fatto, appenaritornato in patria, avendo pa-recchi amici che stavano persposarsi, li invitai a Bigorio perriferire loro quanto si stava di-scutendo a Roma. L’incontro av-venne sul piazzale del convento,perché lo stesso era chiuso alladonne per la legge della clau-sura. Ma andò ugualmente benecosì che si decise di organizzareun corso di tre domeniche, di-stanziate da un mese all’altro, ela partecipazione divenne sem-pre più numerosa da parte dicoppie sparse in tutto il Ticino;da questi corsi nacque poi l’As-sociazione Comunità Familiareed il suo consultorio con variealtre attività.Ricoprivo allora la carica di su-periore provinciale dei Cappuc-cini ticinese e con i mieiassistenti, p. Camillo Parola e p. Giovanni Pozzi, deci-demmo di aprire il convento di Bigorio, di restaurarlo e adat-tarlo per un’attività del genere, dandone la direzione a fraRoberto. La cosa fu presto fatta e così poterono iniziare icorsi residenziali, non solo per fidanzati, ma per coppie giàsposate e per ogni tipo di richiedenti. Per i corsi prematri-moniali non mancarono difficoltà, specie quando si orga-nizzò il pernottamento: ci fu chi disse e scrisse che venivamessa in pericolo la castità. Chi ci salvò fu il vescovo Jel-mini che venne a visitare uno di quei corsi e ci esortò acontinuare ritenendoli necessari.Poi venne il Sinodo ‘72 che prescrisse i corsi a tutta la dio-cesi. Per qualche anno anch’io mi adeguai organizzandocorsi solo serali a Bellinzona, mia nuova parrocchia, ma

compresi subito che avevo perso qualche cosa di prezioso,e con l’aiuto di un bel gruppo di coppie animatrici ripren-demmo i fine settimana di Bigorio con soddisfazione ditutti i partecipanti che iniziano per due sere a Bellinzona,fanno un sabato e domenica a Bigorio, e terminano conaltri due incontri sempre a Bellinzona presso la chiesa delSacro Cuore. Noi credevano che questo impegno e relativicosti facesse diminuire la frequenza delle giovani coppie,

invece si è rivelato esattamente il contrario: la partecipa-zione è aumentata e provengono da tutto il Ticino, dallavicina Italia e della Svizzera interna - sono coppie che nonpossono partecipare alla serate bellinzonesi.Dopo questi corsi che hanno come soggetto la persona diGesù, si sono sviluppati – aperti a tutti – corsi sulle para-bole e sui miracoli, così da offrire un ampio ventaglio sututti i personaggi e fatti evangelici.Con ciò viene arricchita l’offerta che Bigorio propone a tuttiquelli che desiderano ritrovarsi in questo bellissimo convento dove, oltre alla spiritualità, viene offerta della cultura artistica (i quadri di fra Roberto) e culinaria (l’ottima cucina di Antonio). Per chiudere diciamo: “Pro-vare per credere!”.

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Corsi per fidanzatia Bigorio

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La sua aspirazione più alta, il suo desiderio domi-nante, la sua volontà più ferma era di osservare per-fettamente e sempre il santo Vangelo e di imitare

fedelmente con tutta la vigilanza, con tutto l’impegno,con tutto lo slancio dell’anima e del cuore la dottrina egli esempi del Signore nostro Gesù Cristo.Meditava continuamente le parole del Signore e non per-deva mai di vista le sue opere. Ma soprattutto l’umiltàdell’Incarnazione e la carità della Passione aveva im-presse così profondamente nella sua memoria, che diffi-cilmente gli riusciva di pensare ad altro.A questo proposito è degno di perenne memoria e di de-vota celebrazione quello che il Santo realizzò tre anniprima della sua gloriosa morte, a Greccio, il giorno delNatale del Signore.C’era in quella contrada un uomo di nome Giovanni, dibuona fama e di vita anche migliore, ed era molto caro albeato Francesco perché, pur essendo nobile e molto ono-rato nella sua regione, stimava più la nobiltà dello spi-rito che quella della carne. Circa due settimane primadella festa della Natività, il beato Francesco, come spessofaceva, lo chiamò a sé e gli disse: «Se vuoi che cele-briamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e preparaquanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Be-tlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi delcorpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza dellecose necessarie a un neonato, come fu adagiato in unagreppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello».Appena l’ebbe ascoltato, il fedele e pio amico se ne andòsollecito ad approntare nel luogo designato tutto l’oc-corrente, secondo il disegno esposto dal Santo.E giunge il giorno della letizia, il tempo dell’esultanza! Perl’occasione sono qui convocati molti frati da varie parti;uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione,portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiac-cole per illuminare quella notte, nella quale s’accese splen-dida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi.Arriva alla fine Francesco: vede che tutto è predispostosecondo il suo desiderio, ed è raggiante di letizia.Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si intro-ducono il bue e l’asinello. In quella scena commoventerisplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, siraccomanda l’umiltà. Greccio è divenuto come unanuova Betlemme.Questa notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uo-mini e agli animali! La gente accorre e si allieta di un gau-dio mai assaporato prima, davanti al nuovo mistero. Laselva risuona di voci e le rupi imponenti echeggiano icori festosi. I frati cantano scelte lodi al Signore, e lanotte sembra tutta un sussulto di gioia.

Il Santo è lì estatico di fronte al presepio, lo spirito vi-brante di compunzione e di gaudio ineffabile. Poi il sa-cerdote celebra solennemente l’Eucaristia sul presepio elui stesso assapora una consolazione mai gustata prima.Francesco si è rivestito dei paramenti diaconali perchéera diacono, e canta con voce sonora il santo Vangelo:quella voce forte e dolce, limpida e sonora rapisce tuttiin desideri di cielo. Poi parla al popolo e con parole dol-cissime rievoca il neonato Re povero e la piccola città diBetlemme. Spesso, quando voleva nominare Cristo Gesùinfervorato di amore celeste lo chiamava «il Bambino diBetlemme», e quel nome «Betlemme» lo pronunciavariempiendosi la bocca di voce e ancor più di tenero af-fetto, producendo un suono come belato di pecora. Eogni volta che diceva «Bambino di Betlemme» o «Gesù»,passava la lingua sulle labbra, quasi a gustare e tratte-nere tutta la dolcezza di quelle parole.Vi si manifestano con abbondanza i doni dell’Onnipo-tente, e uno dei presenti, uomo virtuoso, ha una mirabilevisione. Gli sembra che il Bambinello giaccia privo di vitanella mangiatoia, e Francesco gli si avvicina e lo desta daquella specie di sonno profondo. Né la visione prodigiosadiscordava dai fatti, perché, per i meriti del Santo, il fan-ciullo Gesù veniva risuscitato nei cuori di molti, chel’avevano dimenticato, e il ricordo di lui rimaneva im-presso profondamente nella loro memoria. Terminataquella veglia solenne, ciascuno tornò a casa sua pienodi ineffabile gioia.Il fieno che era stato collocato nella mangiatoia fu con-servato, perché per mezzo di esso il Signore guarissenella sua misericordia giumenti e altri animali. E davveroè avvenuto che in quella regione, giumenti e altri animali,colpiti da diverse malattie, mangiando di quel fieno fu-rono da esse liberati. Anzi, anche alcune donne che, du-rante un parto faticoso e doloroso, si posero addosso unpoco di quel fieno, hanno felicemente partorito. Allastessa maniera numerosi uomini e donne hanno ritrovatola salute.Oggi quel luogo è stato consacrato al Signore, e sopra ilpresepio è stato costruito un altare e dedicata una chiesaad onore di san Francesco, affinché là dove un tempo glianimali hanno mangiato il fieno, ora gli uomini possanomangiare, come nutrimento dell’anima e santificazionedel corpo, la carne dell’Agnello immacolato e inconta-minato, Gesù Cristo nostro Signore, che con amore infi-nito ha donato se stesso per noi. Egli con il Padre e loSpirito Santo vive e regna eternamente glorificato nei se-coli dei secoli. Amen.

(Fonti Francescane, 466-471)

“Rinunciamo a qualsiasi presentazione (il fatto è noto) e a qualsiasi commento (per non rovinare il racconto). Leggere questo testo è un’ottima preparazione natalizia”Il Presepio di Greccio

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“Rinunciamo a qualsiasi presentazione (il fatto è noto) e a qualsiasi commento (per non rovinare il racconto). Leggere questo testo è un’ottima preparazione natalizia”

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Giornatainterfrancescana

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lare Sabato 2 ottobre 2010 al Centro Spazio Aperto di Bel-

linzona si è tenuto l’incontro delle famiglie francescanepresenti nella Svizzera italiana. Organizzato dalla

Commissione interfrancescana ha radunato frati, suore elaici, rappresentanti rispettivamente il Primo, Secondo eTerzo Ordine, con la presenza di fra Ephrem Bucher, mini-stro provinciale dei Cappuccini. E’ stato sapientemente mo-derato dal giornalista Silvano Toppi che ha lanciato latematica della giornata: “Passato, presente e futuro del fran-cescanesimo nella Svizzera italiana” con alcune domandestimolanti su cosa possa essere oggi il francescanesimo:una cultura, un’utopia, una presenza assente, una realtà ir-realizzabile, una contrapposizione ai valori dominanti. Diquesto incontro una breve sintesi delle relazioni.

Per i frati Cappuccini, fra Ugo Orelli propone un’interes-sante escursione storica sulla presenza dei frati nel territo-rio della Svizzera italiana, segnalando dapprima lepubblicazioni apparse dal 1928 in poi a cura del “Messag-gero Serafico” e nei volumi di “Helvetia Sacra”. Cita poi i primi insediamenti avvenuti alcuni anni dopo la morte di San Francesco, nella prima metà del secolo XIII fino alla soppressione dei conventi voluta dal Governo ticinesenel 1848.

Fra Callisto Caldelari pone una domanda: in una societàsempre meno cristiana perché non contrapporre una so-cietà francescana? Quali sono i capisaldi di questa spiri-tualità che attira non solo i cattolici, non solo i cristiani maanche persone di altre religioni? Ne individua tre: la povertà,la fraternità e l’ilarità. La povertà di Francesco in contrap-posizione alla sua vita giovanile vissuta negli agi offerti dallaricca famiglia. La fraternità per vivere in stretto rapporto conogni ceto di persone. L’ilarità che Francesco chiamava “Per-fetta letizia”. All’inizio era talmente felice di essere libero epovero da vagare per i boschi dichiarandosi “L’araldo delGrande Re”. A cagione di questo suo atteggiamento non glimancarono i maltrattamenti, di suo padre e dei concitta-dini che lo consideravano impazzito. Ma pure le autoritàecclesiastiche lo circondarono di sospetto e vollero inca-nalare il suo movimento carismatico entro le strettoie giu-ridiche di una regola che lui non voleva. La più altaespressione del suo carisma resta il “Cantico della creature”che perfezionò al termine della sua vita con le ultime duestrofe, la prima sul perdono e la seconda sulla morte.

Le suore Clarisse di Cademario, ottemperando al loro ob-bligo di clausura, mandano al convegno una relazionescritta da suor Chiara Myriam che ricorda la presenza delleClarisse in Svizzera dal 1253 al 1474 attraverso sette mo-

nasteri: quattro nell’area tedesca e tre nell’area francese.Purtroppo queste comunità furono tutte soppresse, a causadella riforma protestante o per le deliberazioni del Consigliofederale, nel corso del XIX secolo. Le Clarisse sono arrivatea Cademario nel maggio del 1992 e il 18 giugno 2006 ilmonastero, intitolato ai santi Francesco e Chiara, ha otte-nuto l’erezione canonica. Nella consapevolezza della loropovertà e fragilità, il cuore della comunità è posto nel ter-reno della “nuova evangelizzazione” e la loro presenza de-sidera essere quel piccolo seme, nascosto ed insignificante,che, abbandonato al Signore, può servire ad annunciare laBuona Novella.

Breve ma vivace l’intervento di suor Carla Pia che presentale suore della Santa Croce di Menzingen e di Ingenbohl,due rami distinti, risalenti al medesimo fondatore: il Cap-puccino grigionese Teodosio Florentin. Le suore di Men-zingen vennero fondate da P. Teodosio e da Madre M.Bernarda Heimgartner nel 1844 e si occuparono dell’inse-gnamento alle ragazze povere dei villaggi. Nel Ticino giun-sero nel 1880 per volontà di monsignor Eugenio Lachat,amministratore apostolico della diocesi ticinese. Ora sonoimpegnate in vari servizi di carattere pastorale, sociale edecclesiale. Le suore di Ingenbohl vennero fondate nel 1855ed ebbero come prima superiora generale la beata MadreMaria Teresa Scherer. In Ticino sono attive dal 1886. Ini-ziarono all’istituto San Eugenio di Locarno, per accogliere ibambini sordomuti e i casi particolari, istituto dove ancoraoperano tuttora.

La Fraternità francescana di Betania si propone con una re-lazione di sorella Serena. Fra Pancrazio Nicola Gaudioso,Cappuccino, figlio spirituale di Padre Pio, fonda la Fraternitànella solennità di Pentecoste dell’anno 1982. L’iniziativadella presenza qui in Ticino risale al precedente Vescovo, difelice memoria, Eugenio Corecco, che nel 1994 aveva invi-tato la Comunità ad aprire una casa nella sua diocesi. Taleprogetto si è finalmente concretizzato nell’anno giubilare2002 con l’insediamento nella sede definitiva a Rovio. LaFraternità si rifà allo stile delle prime comunità cristiane,dove vivevano insieme la propria esperienza di fede, con-sacrati, consacrate e famiglie laiche. Quanto alla spiritualitàsono religiosi francescani-mariani. Il saio, con il suo coloregrigio-azzurro, esprime proprio tale spiritualità. La frater-nità è il prolungamento della Betania evangelica: il “fare diMarta” rappresenta l’accoglienza, mentre il “silenzio diMaria” la preghiera.

Franca Humair, ministra della fraternità di Bellinzona, rife-risce sul passato e presente dell’Ordine francescano seco-

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lare (OFS). Voluto e fondato da San Francesco, in originechiamati Fratelli della penitenza, nella “Leggenda dei trecompagni” si riporta; “Allo stesso modo anche gli uominiammogliati e le donne maritate, non potendo svincolarsidai legami matrimoniali, dietro salutare suggerimento deifrati intrapresero una più stretta penitenza nelle loro case”.

L’OFS fu sempre una componente essenziale della grandefamiglia francescana, sempre in armonia con la chiesa diRoma. Significativo il fatto che ben sette Papi consecutiva-mente furono terziari francescani, da Pio IX a Giovanni XIII.La sua storia è costellata da splendide figure di cristiani con-templativi: Elisabetta di Turingia, Lucchese da Poggibonsi,Angela da Foligno, Margherita da Cortona e di uomini digrande valore come Federico Ozanam, Silvio Pellico, Ales-sandro Manzoni. Nel Canton Ticino, nei secoli XVI e XVII,arrivarono i frati Cappuccini che portarono rinnovazionenell’apostolato e nelle opere di carità. Si dedicarono anchea far sorgere fraternità francescane soprattutto nelle vici-nanze dei conventi. Nel 1926 fu redatta una statistica checomprendeva la cifra di circa 4000 membri. Da allora sonopassati 84 anni e purtroppo la diminuzione di fraternità eprofessi è stata notevole. Attualmente sono all’incirca 400,ripartiti nelle fraternità ticinesi di Bellinzona, Locarno, Lu-gano, Mendrisio e Stabio, e grigionesi di Brusio, Campo-cologno, Poschiavo, Prada-Le Prese e San Carlo.

Oggi molte cose sono cambiate: innanzitutto la nuova Re-gola approvata da Papa Paolo VI nel 1978 che ha portatodiverse innovazioni. Il modo di fare fraternità è più aperto,anche se la preghiera è sempre al primo posto. L’OFS dellaSvizzera italiana è parte integrante dell’OFS d’Italia da cuiattinge informazione e formazione. E’ autonomo perquanto riguarda l’attività sul territorio, gestita da un consi-glio regionale che si preoccupa di dare le linee comuni, cre-ando occasioni annuali di incontro quali il ritiro spiritualequaresimale al convento di Bigorio, il ritrovo annuale per lapreghiera perenne affidata dalla Diocesi, l’organizzazioneperiodica di pellegrinaggi. A Spazio Aperto si tengono gliincontri di formazione animati dall’Assistente regionale.Nella rivista “Messaggero” animano la rubrica “Le paginedell’Ordine Francescano Secolare”. All’OFS sono intestatela Casa S. Elisabetta di Lugano e lo Spazio Aperto di Bel-linzona, sede regionale.

Gabriella Modonesi, attuale presidente regionale OFS,chiude il ciclo di relazioni confermando l’invecchiamentodelle fraternità esistenti ma portando, con una carrellata disogni, la speranza di fraternità ricche di preghiera comuni-taria, aperte al soffio dello spirito, fedeli alle aspirazioni det-

tate da Francesco. Pronte all’accoglienza di nuove moda-lità di vita e capaci di cogliere la disumanizzazione del no-stro tempo, le fraternità OFS dovranno essere testimoniprofetiche del volto misericordioso di Dio, con una vita co-struita sulla fraternità, la riconciliazione, la pace, la solida-rietà. Conclude riflettendo che la vendemmia di questomese fa sorgere spontanea la preghiera “fa o Signore cheotri nuovi accolgano vino nuovo”.

Silvano Toppi conclude con l’affermazione che da tutte lerelazioni ha potuto trarre parecchi spunti di riflessione e os-serva: vi è una necessità di francescanesimo che in unmodo o nell’altro continuerà ad esistere poiché contrappo-sta al modo d’oggi di valutare le persone secondo il lorovalore economico, il “quanto vali in soldi”. Inoltre France-sco è sempre stato un segno di contraddizione al poteresia civile sia ecclesiastico. Ad esempio: al loro primo in-contro Papa Innocenzo III lo trattò in malo modo, “tupuzzi, vai a rotolarti tra i porci” gli ordinò, comando a cuiFrancesco ubbidì. Oppure da un racconto della predica agliuccelli, giudicato oggi attendibile, quello contenuto nel-l’opera di Ruggero di Wendover: il santo, ottenuto da In-nocenzo III il permesso di predicare, inizia subito da Romama ottiene ben poca udienza. Si reca allora fuori dalle portedella città e inizia a predicare agli uccelli, non solo a passerie colombe, ma pure a uccelli da preda. Nell’iconografia me-dioevale gli animali rappresentavano spesso il simbolo diuna certa figura sociale. Da qui la conferma che Francesconon escludeva nessuno, come ulteriori episodi tratti dallaTavola Bardi, dove egli tiene in grembo un lebbroso e gliporta con affetto una mano alla guancia, mentre più in làlo stesso Francesco, cinto da un asciugamano, lava i piediad altro lebbroso.

La giornata si è poi conclusa nell’attigua chiesa del SacroCuore dove il Gruppo Sacre Rappresentazioni della localeComunità parrocchiale ha presentato il ‘Cantico delle crea-ture’. Tutti hanno gustato un modo liturgicamente e atti-vamente nuovo di spargere il seme francescano. Oltre aiterziari hanno assistito alla rappresentazione diversi ospitidelle tre case anziani di Bellinzona.

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Riportiamo integralmente l’intervento di p.Callisto Caldelarialla Giornata interfrancescana di Bellinzona.

In una società che diventa sempre meno cristiana, forse,un antidoto potrebbe essere quella di renderla più fran-cescana. Non che ritenga il francescanesimo superiore al

cristianesimo, ma alle volte una corrente religiosa particolarepuò aiutare a rinvigorire la matrice generale. Francesco, cheun po’ pomposamente venne chiamato l’Alter Christus, nonpotrebbe aiutarci con i capisaldi della sua spiritualità a ricri-stianizzare la società?Inoltre, i valori fondamentali del francescanesimo, non sonoforse valori che riscontriamo anche in altri correnti e confes-sioni religiose, che la società moderna ricerca anche indipen-dentemente della sua adesione o meno ad una congregazionereligiosa?E quali sono questi valori che, quali francescani, possiamopresentare alla società, indipendentemente dalle nostre ap-partenenze al primo, secondo o terz’Ordine? Mi sembra dipoterne individuare tre che, a mio avviso, costituiscono unanostra particolarità, senza negare che gli stessi valori possanoesistere anche in altre correnti religiose, ma che per i france-scani hanno un carattere di essenzialità. Questi sono:1. La povertà, intesa come liberazione, prima intellet-

tuale e poi materiale2, La fraternità, cioè la capacità di rapportarsi agli altri,

uomini e cose3. L’ilarità, cioè la gioia di vivere nella speranza che bi-

blicamente non delude

Vediamo brevemente questi valori che noi francescani do-vremmo presentare alla nostra società come caratteristica diuna spiritualità che anche oggi potrebbe essere appetibile atutti gli uomini di buona volontà.

Povertà

Francesco fu chiamato il “Poverello d’Assisi”, segno evidenteche la povertà è stata da lui considerata come una virtù ca-ratterizzante le sua persona e attività. Ma forse è interessantevedere come questa virtù evangelica si è sviluppata in lui. In-dividuo tre fasi.

Francesco iniziò ad ‘impoverirsi’ non per amore di Cri-sto, ma per amore della giustizia. Lui, giovane e ricco,mercante e arrampicatore sociale (voleva diventarenobile), s’accorse che possedeva troppo a confrontodi altri che avevano troppo poco e, di nascosto dalpadre, tanto da suscitare le ire, iniziò a vendere lestoffe, il capitale del fondaco paterno, per dare il rica-vato ai poveri.

Per noi francescani questo inizio dovrebbe fare scuolase vogliamo presentare la povertà non come miseria,nemmeno come suscitatrice di elemosina, ma comeequità e giustizia. Purtroppo non sempre si mette inrapporto la nostra vocazione alla povertà, cioè all’usodei beni economici, con il nostro impegno per la giu-stizia. Non ragioniamo con parametri di verità: quelloche io ho in sovrappiù è rubato a quello che altri nonhanno per vivere.Francesco sviluppò poi il suo amore per la povertà at-traverso l’identificazione e la condivisione coi poveri.Capì che non poteva solo sottrarre e donare, ma do-veva vivere e condividere. Per questo si fece povero vi-vendo in mezzo ai poveri, mettendosi anche lui in filaa domandare l’elemosina. Siamo ancora su un pianoetico, non teologico.Arrivò infine alla povertà come imitazione di Cristo ve-dendo in questa virtù il vestito che Gesù si mise per vi-vere fra gli uomini, dalla nudità del presepio alla nuditàdel Calvario.

Questo itinerario che parte dalla giustizia per arrivare all’imi-tazione penso sia più comprensibile per la nostra società chenon l’itinerario contrario che parta dall’imitazione di Cristo e,quasi sempre, si dimentica dei doveri di giustizia.Ma Francesco accompagnò la povertà delle cose alla povertàdello spirito. Il termine ricordato, “Poverello d’Assisi”, è unaparafrasi dell’evangelica beatitudine: “Beati i poveri di spirito”.Ecco perché volle essere e chiamare i suoi fratelli ‘minori’, mi-nori rispetto a tutti, non solo alla gerarchia, alle autorità civilidel tempo, ma agli stessi poveri che riteneva degni delle suemigliori attenzioni quasi fossero i suoi signori.

Fraternità

Non si può parlare di fraternità se non c’è condivisione e lacondivisione più vera sta nel vivere insieme uno stato di po-vertà che non è miseria, ma libertà. Francesco ha iniziato avivere una dimensione che possiamo anche chiamare ‘fra-terna’ quando da giovane diventava il re delle feste assisane.Ed io credo che poi sia stato seguito da molti compagni pro-prio perché aveva stabilito con loro, uomini e donne, una fra-ternità cordiale più che un’amicizia festaiola. Poi diventòfratello dei poveri, dei diseredati e, come abbiamo detto, lichiamò ‘fratelli’. Infine la sua fraternità tocco i vertici teologicialla luce della paternità divina e della perfetta imitazione delsuo figlio Gesù, il fratello per eccellenza. Anche in questocaso un itinerario che da etico si fa teologico. Questa carat-teristica fondamentale del francescanesimo dovrebbe spro-narci ad una fratellanza universale che punti:

Essere francescanioggi

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A considerare tutti gli uomini come nostri simili, me-ritevoli della nostra stima e del nostro affetto, senzadistinzione di razza, confessione, di credo. Anzi conun’attenzione particolare ai non credenti.Conseguentemente, ad avere una capacità di rapportocon tutti che inizi con l’interessarsi delle loro condi-zioni materiali e spirituali, dedicando soprattutto ledue monete, tempo e interesse, che oggi valgono dipiù del soldo economico che, comunque, non devemancare per quel dovere di giustizia di cui abbiamodetto sopra.Caratteristica della fraternità francescana è soprattuttol’interesse per i diversi, specie per quelli che sono aimargini della società, o che la società ha voluto, e forsedovuto, emarginare: parlo dei delinquenti, degli sban-dati, dei carcerati.Come francescani, infine, dobbiamo coltivare uno spi-rito di fraternità con tutte le creature. Il suo ‘Cantico di frate sole’ dovrebbe aiutarci a capire lo spirito di fraternità che in Francesco è diventato poema. Contutto quello che ciò comporta: amore per la natura, ri-spetto per il creato, spirito ecologico, fino alle formepiù vocazionali (quindi molto personali) quale l’asten-sione dalle carni (vegetariani) e da un certo tipo di be-vande (astemi).

Ilarità

Che Francesco chiama “Perfetta letizia” e che io mi permettodi accostare alle virtù teologale della speranza.Solo chi spera ardentemente in Dio porrà in lui la sua fiducia

e attenderà da lui, dopo aver fatto tutto quello che gli è pos-sibile, l’aiuto per superare le difficoltà della vita. Costui, ed ilfrancescano in particolare, deve avere fiducia nei fratelli; solocosì potrà condividere con loro forme di vita fondate sulla li-bertà e non sul possesso; solo così sarà prettamente felice,cioè tranquillo e tranquillizzante in ogni situazione della vita,forte nelle tribolazioni, paziente nella avversità.Oggi la società ha immenso bisogno di attestati di ilarità, gioiae serenità di questo tipo. In netto contrasto con la gioia sgua-iata, la finta allegria e il falso sorriso che troppi esempi ci pre-sentano quale frutto di svago e divertimento.Anche il cristianesimo ha bisogno di una iniezione di perfettaletizia. Non è ancora scomparsa la figura del cristiano (speciecattolico tradizionalista) immusonito, brontolone contro imali del mondo, inquisitore non solo delle situazioni, maanche delle intenzioni altrui, pio inquisitore moderno o tipico‘laudatores temporis acti’: tutto era bello quello che era prima.Il francescano deve essere esattamente il contrario, ben sa-pendo che solo con spirito ilare può avvicinarsi a chi ha persola gioia di vivere e necessita di una iniezione di allegria.Portare il francescanesimo nella società attuale domandaun’apertura, una dimensione sociale, che oserei chiamare po-litica nel senso genuino della parola (amore alla polis).Mentre stavo preparando questo intervento ho letto l’articolosull’incontro di Padova (28-30 maggio 2010) apparso sull’ul-timo nostro Messaggero preparato da Palma Pedrazzi, che rin-grazio, dove è riportato l’intervento di Giuseppe Failla,presidente nazionale OFS, che dice: “La società ha bisogno dinoi (francescani), della nostra vita. Ovunque siamo dobbiamofare la nostra parte. Il dono ricevuto deve essere ritrasmesso,pronti anche a sporcarci le mani”.

Domenica 17 ottobre 2010 il Terz’ordine Francescano di tutta la valle di Poschiavo ha dato inizio alle sue attività pa-storali incontrandosi nella parrocchia di S. Carlo Borromeo di Brusio. Sono ormai diversi anni che in autunno il ter-z’ordine francescano si ritrova in una delle parrocchie della valle per dare inizio alle sue attività fatte di preghiera e dilavoro per le varie comunità ecclesiali sul territorio. Il compito più importante dei francescani e delle francescane, oggi,è quello della preghiera: ogni comunità della valle si ritrova mensilmente per pregare con la preghiera della Chiesa cheè l’ufficio delle Lodi o del Vespro. Inoltre si è anche presenti risolvendo le necessità particolari della Chiesa, presentenelle varie zone pastorali: queste necessità sono sempre numerose, in modo particolare per le missioni gestite da sa-cerdoti poschiavini.Quest’anno eravamo un’ottantina di persone che vivono in famiglia la spiritualità francescana, cioèl’amore per il Vangelo e per la Chiesa. Siamo stati aiutati in questo grande momento di preghiera dai sacerdoti dioce-sani; così pure in modo tanto affabile, come sempre, dai nostri responsabili del Ticino che vogliamo ringraziare cara-mente soprattutto per la profonda riflessione fattaci dalla ministra regionale Gabriella Modonesi, conclusasi con le parolebibliche: siamo ancora chiamati a profetizzare con gioia alla società del nostro tempo, animati dal nostro carisma fran-cescano.Un doveroso ringraziamento anche al segretario Franchino Casoni e alla vice ministra Antonietta, sempre profonda gra-titudine alla già ministra Palma. A tutte le terziarie e ai terziari un vivo, caloroso e riconoscente Pace e Bene!

Vita francescana in valle di Poschiavo

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Vivere l’attesa

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r te Mi sono proposto di parlarvi dell’attesa. E’ un tema

che ha una stretta affinità con la pratica meditativae la consapevolezza accogliente. Interessa da vicino

tutta la nostra vita e, oltre tutto, s’inserisce a pennello neltempo che già stiamo vivendo: quello dell’Avvento, iltempo dell’attesa di Dio che viene. Riguardo all’attesa, Corrado Pensa così si esprime: «Per av-viarsi verso il trascendimento dell’io» ed aprirsi al mondodel divino, occorre, come prima cosa, una qualità: la «fede-fiducia come slancio verso l’indicibile, che esuli dagli abi-tuali valori egoici». Senza un minimo di fede-fiducia, l’io«non può capire il non attaccamento», compagno insepa-rabile di un’autentica attesa. In realtà, «se non c’è almenoun germoglio di fede-fiducia, come posso prendere sul seriola proposta del non attaccamento» a quello che già so, aquello che già possiedo, per andare verso nuovi traguardi diconoscenza e di vita? Come potrei «lavorare seriamente alasciar andare l’attaccamento alle mie abitudini mentali, allemie reazioni», mantenendomi aperto alla novità che viene,«se in qualche modo non mi sentissi oscuramente sorretto,se non percepissi oscuramente che ne vale la pena? Se noncapissi oscuramente che il superamento dell’io è più utiledell’io?». Il cercare secondo fede, «è un cercare gratuito. Col tempodiventa addirittura «un fatto organico». E’ come mangiareo respirare: pratico per praticare, pratico per vivere, cercoperché amo, perché mi soggioga il fascino della verità. Ri-volgendosi a un monaco cristiano durante un ritiro inten-sivo di meditazione, un maestro Zen gli chiese: “Fratello,dicci di Dio, che cos’è Dio?”. E il religioso, rispondendo instile Zen e dando una lucida definizione di fede come at-tesa di Dio che viene, rispose: “E’ qualcosa che non si rie-sce a prendere e che non si riesce a lasciare” (cf. Pensa C.,La tranquilla passione, Ubaldini, Roma 1994, pp. 96-97).Ma è anche consolante sapere che, a mano a mano che siprocede in questo cammino, si finisce per raccogliere fruttipreziosi. Li possiamo chiamare piccoli risvegli o, secondo lalapidaria definizione del grande Dogen, l’illuminazioneprima dell’illuminazione. L’importanza di gustare questanuova ricchezza che, in virtù fede-fiducia e dell’attesa, entranella nostra vita, è del tutto evidente. Infatti, avendo toc-cato o anche solo sfiorato questo effetto di piccolo risve-glio, il perché coltivare l’attesa e mantenerci aperti ad essadiventerà sempre più chiaro e la nostra motivazione a con-tinuare nel cammino non potrà che rafforzarsi.Sul tema dell’attesa ci offre importanti spunti di riflessioneanche il teologo Carlo Molari. Nell’incontro che con lui ab-biamo avuto nel Natale 2005 a Condino, precisava che lasperanza, nel contesto della riflessione cristiana, è soprat-

tutto «attesa del dono di Dio che erompe dal futuro». Men-tre la fede – per quanto vissuta sempre nel presente – at-tinge tuttavia la sua forza dal passato, la speranza è«sguardo rivolto al futuro». La fede è «cogliere l’azione diDio negli eventi del passato» per «nutrire e sostenere il no-stro orientamento nell’oggi»; la speranza, invece, è«sguardo rivolto al futuro», è «attendere Dio che viene».«Io sono l’Alfa e l’Omega, il principio e la fine. Io sono coluiche è, che era e che viene», si legge nell’Apocalisse. Perché

viene? – si chiedeva Molari. Non è già venuto? Non ha giàoperato la creazione? Non ha già attuato la nostra reden-zione? – «No! Viene continuamente, perché la creazione èancora in corso, perché la storia salvifica non è finita. Per-ché noi, in quanto creature, non possiamo accogliere ildono di Dio in un solo istante compiutamente, ma solo apiccoli frammenti in una lunga successione di esperienze».In effetti, insisteva, «non siamo in grado di interiorizzare ildono di Dio tutto e subito. Il dono che abbiamo accolto,quello che ci viene dal passato e che accogliamo nella fede,non è sufficiente, non è ancora giunto al suo compimento».Ecco perché continuiamo ad «attendere Dio che viene».«L’Avvento è la fase liturgica di questa educazione all’at-

«Mi hai fatto senza finee questa è la tua volontà.

Questo fragile vasocontinuamente tu lo vuoticontinuamente lo riempi

di vita sempre nuova.Questo piccolo flauto di canna

tu l’hai portato per valli e colline;attraverso esso hai soffiato

melodie sempre nuove.Quando mi sfiorano le tue mani immortali

questo piccolo cuore si perdein una gioia senza confinie canto melodie ineffabili.

Su queste piccole maniscendono i tuoi doni infiniti.

Passano le età, e tu continui a versare,e sempre ancora c’è spazio da riempire.

Tagore R., Gitanjali – Il Giardiniere

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tesa di Dio che viene». E, precisando la natura di quest’at-tesa, aggiungeva: l’Avvento non è «preparare il futuro»,«rendere possibile il futuro» o «costruire il futuro», come al-cuni hanno la presunzione di dire; l’Avvento è «disporci adaccogliere Dio, perché è lui che viene a noi». E’ «il futuroche ci vene incontro. Non siamo noi che lo costruiamo.Per chi crede in Dio, il futuro già esiste, è. Il divenire è la per-fezione che già esiste e viene incontro a noi. Non siamonoi che andiamo, nel tempo, verso il futuro. E’ la ricchezzadella vita, è l’azione di Dio che ci viene incontro, rendendopossibile la novità».Spesso, inoltre, noi pensiamo che la speranza consista nel-l’attendere il bene che ci sarà domani. In questo senso, tuttinoi abbiamo speranze. Abbiamo speranze fondate sul pro-gresso, sulle capacità degli uomini, sul conto in banca, sullascienza che possediamo, sulle capacità operative che ab-biamo… Sono tutte speranze legittime. Non sono per nullacattive. Ma non sono la speranza teologale. Perché la spe-ranza, nel senso cristiano del termine, è essenzialmente at-tesa di Dio che viene». Purtroppo, «quando esaminiamo le nostre attese e le nostresperanze, scopriamo che raramente esercitiamo la speranzateologale. Abbiamo fiducia in Dio, certamente. Diciamo:“Spero e lotto per un futuro diverso!” – Però, nell’affermarequesto, noi ci fidiamo poi delle nostre ca-pacità, delle nostre finanze, degli amici po-tenti che abbiamo… Cioè: non attendiamoil dono di Dio, anche quando attendiamocose buone. Se voi fate un elenco delle at-tività che svolgete quotidianamente e poi vichiedete: “Quando faccio questo, cosa miattendo, cosa aspetto?” – scoprirete cheaspettate tante cose che non hanno moltocollegamento con l’azione di Dio in noi.Aspettiamo il riconoscimento degli altri, lastima degli altri, l’applauso, il compensoeconomico, il successo, ecc. Cose anchebuone. Però tutte queste cose non sono ildono di Dio». Se per anni c’impegniamo in una determi-nata attività, e poi quello che attendevamonon viene – perché non c’è il successo, per-ché gli altri non ci approvano – ci sembra diaver fallito, di aver perso tempo, perchéquello che attendevamo non è venuto. Mase, invece, «noi impariamo ad attendere Dioche viene, cioè quel dono di vita per cui cre-sciamo come figli suoi, allora anche quandola nostra azione non ha successo, anche

quando quello che abbiamo profuso non produce nulla,non viene riconosciuto, queste delusioni non scalfiscono innulla la nostra interiorità. Il dono di Dio l’abbiamo accoltoe nessuno ci può impedire di accogliere il suo amore e dicrescere come suoi figli attraverso ciò che facciamo, ancheattraverso i nostri insuccessi e fallimenti». Come avvertePaolo in Rm 8,35: “Nessuno ci può separare dall’amore”.Ed è sempre Paolo in Rm 5,5 che ci rassicura: “La speranzanon delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei no-stri cuori per mezzo dello Spirito che ci è stato dato”. In re-altà, se tu lo riconosci e lo accogli, Dio viene sempre, anchequando l’impresa che ti sei prefissato di realizzare fallisce.Attendere il dono di Dio, però, significa anche accoglierlo.E per accogliere «è richiesto un atteggiamento che ci ponenella condizione di essere capaci di attività». In realtà, neidoni di vita, l’accoglienza aperta e partecipe è di fonda-mentale importanza. E’ in virtù di essa che l’azione di Diodiventa nostra azione, nostra realtà, nostra perfezione. Laverità che ci viene offerta diventa nostro pensiero. Ma per-ché questo avvenga, è indispensabile essere aperti, svegli,disponibili, attenti, pronti a dare la nostra risposta: cannadi bambù cava vuota dentro, valle di ricettività.

fra Andrea Schnöller

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Diciotto mesi di cantiere

Un anno e mezzo fa è iniziata la seconda fase di unampio programma di lavori di restauro del Sacro Montedella Madonna del Sasso. Dopo che nel corso dei mesi

primaverili del 2009 gli arredi mobili della chiesa principale,dedicata all’Assunta, erano stati sgomberati ad opera dei mi-liti della Protezione civile, il 15 giugno le porte dell’amatoluogo di culto venivano definitivamente chiuse al pubblicoe l’area antistante la sua entrata principale recintata. Prima diquesta data, negli spazi del convento, era stata approntatauna cappella provvisoria, atta ad ospitare la venerata statuadella Madonna e le quotidiane funzioni liturgiche. Da allorain poi è iniziata una serie di interventi sia edili sia di restaurosu diverse componenti del Sacro Monte. Ai piedi dello spe-rone di roccia sul quale è edificata la chiesa dell’Assuntasorge la chiesa dell’Annunziata. In essa già da tempo si stavalavorando. La prima fase degli interventi di restauro preve-deva infatti un importante lavoro di consolidamento dellasua struttura edile. Verso la metà del 2009 sono invece ini-ziati i lavori di restauro all’interno della chiesa. Un’equipe dispecialisti ha ora portato a termine un’ampia e accurataopera di recupero dell’arredo pittorico delle pareti della na-vata, del presbiterio e della cupola della chiesa. Tra l’altro,questo intervento ha fatto riapparire degli affreschi cinque-centeschi di cui non si aveva notizia, in modo particolarenella parete nord della navata una monumentale scena dellenozze di Cana e nelle due nicchie degli altari laterali un af-fresco con santa Caterina e la Madonna da una parte e dal-l’altra una raffigurazione del supplizio di sant’Erasmo.Ulteriori informazioni a questo riguardo le abbiamo pubbli-cate nell’ultimo Messaggero. I lavori concernenti questa

chiesa si avviano ora alla conclusione. In presbiterio andràancora realizzato il ripristino dell’altare ligneo policromo sei-centesco con la statua dell’Immacolata. Le due cappelle si-tuate nelle vicinanze della chiesa dell’Annunziata, quellaottocentesca di san Giuseppe e quella seicentesca con il pre-giato plastico raffigurante la Visitazione, già si presentanocompletamente e accuratamente restaurate. Chi da Locarno o da Muralto è solito volgere lo sguardo alSacro Monte della Madonna del Sasso, negli scorsi mesi sisarà probabilmente accorto che le edicole della ripida ViaCrucis, costruite nel 1817, hanno cambiato colore. Nei primimesi di quest’anno sono infatti stati tolti dalle loro pareti ivecchi intonaci e in primavera sono stati rifatti. Attualmentesi sta concludendo il restauro delle formelle in ghisa in ri-lievo dipinto, eseguite dallo scultore Giovanni Maria Fossatinel 1903. Purtroppo il terreno sul quale è costruita la cappelladella seconda stazione della Via Crucis cede. Prima di re-staurarla si sta ora procedendo ad un oneroso intervento diconsolidamento della roccia. Dall’autunno si lavora anchealla sistemazione dell’acciottolato della Via Crucis. Nella pri-mavera di quest’anno sono iniziati e verso la fine dell’estatesi sono conclusi gli interventi di restauro di tre edicole chefiancheggiano la via della valle: la visione di fra Bartolomeo,il portico della croce e la cappella della crocifissione. L’inter-vento, oltre a consolidare le strutture delle cappelle, ha so-prattutto ridato integrità e freschezza alle decorazioni agraffito eseguite negli anni venti del secolo scorso dal pit-tore Pompeo Maino. Anche la cappella della Natività dipianta ottagonale e quella della Risurrezione di pianta esa-gonale, la prima costruita lungo il sentiero della valle e la se-

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conda a lato della vecchia strada tra Trinità dei Monti e Or-selina sono state completamente restaurate sia all’esternosia all’interno. Alla fine dell’estate e agli inizi dell’autunno lepareti esterne del convento, che sorge addossato allo spe-rone di roccia sul quale troneggia la chiesa dell’Assunta, sonostate tinteggiate. Per eseguire questo lavoro è stato eviden-temente necessario il montaggio di ponteggi, che sono ser-viti anche per la sostituzione delle tegole dell’ala nord delconvento. In autunno sono stati eseguiti lavori di rifacimentodegli intonaci e di tinteggio delle pareti del chiostro e delloscalone di accesso alla chiesa dell’Assunta. Nella secondametà dell’anno, grazie al montaggio di ponteggi, il soffitto edil lucernario della biblioteca conventuale sono stati rifatti.Per poter eseguire questo intervento, durante la primavera,oltre quattordicimila volumi hanno dovuto lasciare provvi-soriamente i palchetti della biblioteca e, ad opera dei militidella Protezione civile, sono stati depositati a Locarno in lo-cali adeguati. La preziosa ancona lignea della Deposizione,ora attribuita alla bottega dei De Donati, già accuratamenterestaurata nella prima fase dei lavori, potrà fra poco ritornarenella cappella della Pietà situata nel chiostro del convento.Questa cappella è stata sottoposta ad un complesso lavoroche ne consente ora la climatizzazione. I lavori in pro-gramma per la realizzazione di un ascensore previsto peragevolare l’accesso alla chiesa dell’Assunta da parte di per-sone con difficoltà motorie sono stati bloccati a motivo diopposizioni e difficoltà procedurali. Ed infine, nella chiesadell’Assunta, celata alla vista dei più, è in corso l’opera pro-babilmente più impegnativa, ma anche più promettente dellavasta campagna di lavori, il restauro appunto di questo

amato luogo di culto. Uno dei primi interventi eseguiti daparte di una equipe di specialisti nell’agosto del 2009 è statala ricollocazione dell’altare maggiore nella sua posizione ori-ginaria centrale. Un’operazione eseguita con grande periziae sbalorditiva rapidità, considerando soprattutto le dimen-sioni e il peso dell’altare marmoreo. Da un anno e mezzol’interno della chiesa dell’Assunta si presenta come un’oscuraselva, a causa dei fitti ponteggi montati per consentire ai re-stauratori di lavorare sotto la sua volta. L’opera dei periti ar-tigiani è da prima servita ad allontanare un’uniforme patinadi sporcizia, che velava tutto il soffitto della chiesa, ma in se-guito ha anche riportato alla luce insospettati tesori nasco-sti da lungo tempo sotto pesanti ridipinture, applicate inpassato a parti della volta. Negli ultimi mesi sono proseguitii lavori di consolidamento e di integrazione del suo ornatobarocco. Completate queste operazioni, il comodo pavi-mento montato sotto la volta, che permette ai restauratori dilavorare e ai rari visitatori di ammirare da vicino i molti ca-polavori che ornano il soffitto, verrà smontato e si metteràmano alle pareti della basilica. La conclusione dell’intero pro-gramma dei lavori di restauro del Sacro Monte della Ma-donna del Sasso è prevista per la fine del mese di novembredel prossimo anno. Anche prossimamente i fedeli, gli esti-matori e i turisti che lo frequentano dovranno sopportareinevitabili limitazioni e disagi, ma saranno, tutto sommato,delle rinunce accettabili in vista del risultato conclusivo e, inpiù, di mese in mese ulteriori tappe intermedie saranno viep-più visibili e fruibili.

fra Agostino Del Pietro

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Trent’anni della biblioteca

Trent’anni fa, precisamente nel-l’ottobre del 1980, fu aperta alpubblico la Biblioteca Salita dei

Frati di Lugano. Si concluse così posi-tivamente una lunga e felice opera-zione culturale, che prese avvio allafine degli anni Sessanta del secoloscorso, quando fra i Cappuccini dellaSvizzera italiana si sviluppò l’idea(non senza contrasti e dissensi) direndere fruibile al pubblico degli stu-diosi e dei lettori l’antica biblioteca delConvento di Lugano. La decisione ma-turata, sostenuta soprattutto da padreCallisto Caldelari e da padre GiovanniPozzi, fu coraggiosa e lungimirante:costruire un nuovo edificio progettatoda Mario Botta, per trasferirvi i libri,prima custoditi nel locale del con-vento adibito appunto a ‘libreria’(come prescrivono le Costituzioni del-l’Ordine), e affidare la gestione della‘nuova’ biblioteca ad un’associazionedi persone al di fuori della comunitàconventuale, per offrire un servizioculturale pubblico. Si trattava, per iCappuccini, di promuovere la cono-scenza e l’uso di un prezioso beneculturale: la più antica biblioteca pri-vata del Cantone e la sola bibliotecamonastica sopravvissuta nella sua in-tegrità (con quelle molto più piccoledi Bigorio e di Faido). Così dicevapadre Pozzi in una comunicazioneagli amici coinvolti fin dall’inizio perdar sèguito all’iniziativa: “I Cappuc-cini non offrono […] astratti valori spi-rituali, ma una massa di oggetti, dibeni materiali, alla cui gestione sonoinvitate le persone amiche qui riunite.Il gesto […] non si veste minimamentedei panni del mecenatismo; al rove-scio è una spogliazione, diversa nellasostanza da quello di Francesco da-vanti al vescovo e al padre, ma nondissimile nelle intenzioni”.

Il 17 maggio 1976 fu costituita l’As-sociazione “Biblioteca Salita dei Frati”con lo scopo di garantire, sulla base

di una convenzione con la Regionedei Cappuccini della Svizzera italiana,l’apertura al pubblico e l’accresci-mento bibliografico della biblioteca(denominata da allora “Biblioteca Sa-lita dei Frati”, come oggi è ormai co-nosciuta). Il primo Comitato fudesignato nella prima assemblea ordi-naria, che si tenne l’8 giugno succes-sivo: presidente dell’Associazionevenne eletto Fabio Soldini, che a que-sto titolo rimase alla guida dell’Asso-ciazione per oltre un decennio, con ilcompito di operare scelte culturali chesi sarebbero rivelate decisive per il fu-turo della biblioteca e per le moltepliciiniziative (conferenze, convegni, pub-blicazioni) ad essa correlate. Ultimatol’edificio progettato da Botta (una co-struzione interrata a ridosso del Con-vento, da tempo ormai oggetto divisite e di studi da parte di architettidi tutto il mondo) e trasferiti i librinella nuova sede, l’Associazione potédar avvio alla propria attività pubblica,affiancando alla gestione tecnica eculturale della biblioteca la promo-zione e l’organizzazione di conferenzee incontri di studio su tematiche dicultura religiosa (in particolare france-scana), filosofica, storico-politica eletteraria.

Il problema più importante che dovet-tero affrontare subito i responsabilidell’Associazione riguardava gli acqui-sti librari: secondo quali criteri accre-scere e valorizzare i libri affidati alleloro cure? Infatti la biblioteca dei Cap-puccini luganesi, nel contesto biblio-tecario della Svizzera italiana,rappresenta il tipo della biblioteca diconservazione, la cui caratteristica èdi custodire un patrimonio librario an-tico, notevole per una sua specifica fi-sionomia: compito primario di chi necura la gestione è, da un lato, quello digarantirne una ordinata e sicura con-servazione fisica, per trasmettere in-tatto questo tesoro, e, dall’altro, di

renderne possibile la conoscenza, lacomprensione e lo studio. Si deciseper questo di orientare gli acquisti li-brari nel senso di comperare operefunzionali alla conoscenza del fondoantico (secoli XVI-XVIII): cataloghi,censimenti, studi sulla storia del libroantico, una disciplina che andava svi-luppandosi proprio in quegli anni. Insecondo luogo si era ben coscientiche nella Biblioteca Salita dei Frati, perle ragioni per le quali essa si è andatacostituendo nel corso dei secoli, comelibreria al servizio della comunità con-ventuale, è preminente (anche se nonesclusivo) il soggetto religioso: manon prevalgono tanto gli interessi dot-trinali e speculativi, quanto l’oratoriasacra, l’ascetica, la mistica, la spiri-tualità, la devozione, la religiosità po-polare. Si ritenne perciò di perseguire,nell’accrescimento bibliografico di cuil’Associazione si faceva carico, il fi-lone delle opere sulla ‘religione prati-cata’ (mentalità e comportamentireligiosi, spiritualità, devozione e pietàpopolare, ascetica, mistica), conl’obiettivo di offrire a un pubblico‘laico’, di non addetti ai lavori, gli stru-menti per soddisfare i propri interessiin ordine alla conoscenza dell’espe-rienza religiosa, in termini storici e cul-turali. Infine si optò per l’acquisto diopere su Francesco d’Assisi e il fran-cescanesimo. Con questi orienta-menti, cui si giunse dopo un’attentariflessione (e non senza opinioni con-trastanti) dopo i primi anni per cosìdire sperimentali, si può dire oggi chela Biblioteca Salita dei Frati ha una fi-sionomia biblioteconomica e culturaleconsolidata, che le conferisce un ca-rattere esclusivo nel contesto biblio-tecario della Svizzera italiana. Nelladefinizione di questo orientamento èstato fondamentale il contributo cheall’Associazione diede padre GiovanniPozzi, soprattutto da quando, nel1988, lasciato l’insegnamento univer-sitario a Friburgo, la sua presenza in

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Insegnamento islamico a scuola

Con l’inizio dell’anno scolastico, a Kreuzlingen (Tur govia)è iniziato l’insegnamento di religione islamica nella scuolapubblica, con un corso destinato agli allievi di quarta didue elementari della città: come per l’insegnamento cat-tolico e evan gelico, la frequenza è facoltativa. Pur non es-sendo una prima svizze ra (esistono già alcuni comuni incui c’è un’ora di religione islamica a scuola), quello diKreuzlingen è un esperimento che interessa tut ta la Sviz-zera, dopo che un anno fa la maggioranza dei votanti hadeciso di proibire la costruzione di nuovi minareti. Lascelta di Kreuzlingen vuole insegnare che la questioneislam non può essere risolta con divieti e discriminazioni,né con l’assimilazione, bensì con l’integra zione, partico-larmente necessaria in una città in cui il 23% dei 1900stu denti delle scuole dell’obbligo sono musulmani, con-tro il 24% di evan gelici e il 32% di cattolici. Il docente èl’iman Rehan Neziri, d’origine macedone, laureato in teo-logia in Turchia e da sette anni abitante a Kreuzlingen,scelto dalle comunità islamiche e dalle autorità politichee scolastiche per le sue conoscenze in ambito teo logicoe pedagogico, ma anche per le sue posizioni moderate eper la padronanza del tedesco. Il corso viene infatti im-partito in tedesco ed è aper to al pubblico (quindi facil-mente controllabile): due circostanze che al lontanano lospettro di una propa ganda islamista, come teme la de stranazionalista. L’esempio di Kreuzlingen merita di essereconosciuto e imitato (da un articolo di Voce evangelica,ottobre 2010).

Nomadi in Svizzera

La comunità nomade in Svizzera conta approssimativa-mente 30’000 persone. Di fatto, la maggioranza vive oggiun’esistenza sedentaria, ma il nomadismo, strettamentelegato all’esercizio di vari mestieri tradizionali, è rimastoun elemento fondamentale dell’iden tità culturale nomade.In base al ri levamento sull’utilizzo degli spazi di sosta e ditransito, le persone che praticano attivamente il nomadi-smo in Svizzera sarebbero circa 2’500. La richiesta di creareun numero maggiore di aree di sosta gene ra conflitti coisedentari: da anni l’organizzazione jenisch “Radgenos-senschaft” si impegna per realizzarne di nuove. Già dal2006 esiste uno studio del Governo federale se condo ilquale ai circa cinquanta accampamenti provvisori esistentine andrebbero aggiunti altri 38 per i nomadi svizzeri, edieci gran di accampamenti per accogliere le carovane intransito di nomadi stranieri, composte generalmente da30-50 roulottes. Nel 2003 May Bittel, pastore della Mis-

Appunti di vita ecclesiale

biblioteca divenne assidua e operosa.Per dare una misura concreta dell’ac-crescimento bibliografico che si èavuto dal 1980, basti segnalare che leopere elencate nel Registro cronolo-gico d’ingresso dall’inizio di ottobredel 1980 alla fine di ottobre del 2010sono 38’552 (si tratta soprattutto dilibri acquistati dall’Associazione e, inminore misura, di doni). Questo datodice, in termini puramente quantita-tivi, quale è stato l’incremento dellabiblioteca dal 1980 ad oggi.

L’altro aspetto da ricordare, in questosommario bilancio di trent’anni diapertura al pubblico della BibliotecaSalita dei Frati, riguarda l’adesione alSistema bibliotecario ticinese (Sbt),voluta anche per dare maggiore con-cretezza al carattere di servizio cultur-ale pubblico che la biblioteca hasempre inteso rivestire. Nel giugno del2001 si cominciò ad inserire le nuoveacquisizioni nel catalogo informatiz-zato del Sbt. Successivamente, esple-tate le necessarie pratiche, venneformalizzata l’adesione della bib-lioteca al Sbt: dal 2003 infatti essa nefa parte come biblioteca associata,sulla base di una convenzione sotto-scritta il 24 giugno di quell’anno e diuna risoluzione governativa del suc-cessivo 22 luglio: con questo atto uf-ficiale la Biblioteca Salita dei Frativenne riconosciuta “di interesse pub-blico” (cfr. Legge delle biblioteche, art.17). Alla fine di ottobre del 2010, gra-zie al notevole lavoro svolto dalla bib-liotecaria Luciana Pedroia,responsabile della conduzione dellabiblioteca dal 1989, e dai suoi collab-oratori, nel catalogo informatizzatodel Sbt erano inseriti i dati di 51’132libri della Biblioteca Salita dei Frati(nuove acquisizioni e opere prima cat-alogate solo su supporto cartaceo).

Fernando Lepori

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asione evangelica zigana “Leben und Licht” (Vita e Luce),ha ottenuto dal Tribunale federale una sentenza che af-ferma che lo Stato deve permettere ai nomadi di mante-nere il loro modo di vivere; ma questa decisione favo revoleincontra ostacoli nei cantoni e nei comuni. Recentementeè stato inviato al Parlamento cantonale di San Gallo unprogetto per quattro accampamenti provvisori e un centrodi transito per nomadi stranieri, sollevando l’opposizionespecialmente dell’Unione democratica di Centro. Ancheil Ticino è vergognosamente manchevole e intollerante,per le polemiche che suscita spesso la presenza di nomadi,mentre l’autorità cantonale, dopo anni di sforzi, non èstata in grado di allestire alcuni campi attrezzati che of-frano garanzie ai nomadi e alla popolazione.

La maggior parte dei nomadi svizzeri trascorre i mesi in-vernali presso gli spazi di sosta, in roulotte, abitazioni dilegno o container. I loro figli frequentano la scuola diquartiere o di villaggio e i membri della popolazione no-made sono iscritti nei registri di queste stesse località. Ilgruppo principale di nomadi svizzeri appartiene agli Je-nisch; gli al tri nomadi svizzeri sono dei Sinti (Manou-ches), apparentati etnicamente con i Rom. La maggiorparte dei nomadi esercita un’attività indipendente, spessocon l’esercizio dei loro mestieri tradizionali, quali arrotini,ombrellai, cestai, baracconisti e mercanti, ma ne creanoanche dei nuovi, prestando vari servizi ar tigianali, comeil restauro di mobili e lampade, il commercio in metallivecchi, abiti, tappeti e oggetti di antiquariato.

Durante il periodo estivo i nomadi si spostano in piccoligruppi su tutto il territorio svizzero, soggiornando in ge-nere per una o due settimane presso gli spazi di transito.In questo periodo hanno anche la possibilità di contattarela loro clientela abituale. I nomadi stranieri (particolar-mente i Rom e i Sinti provenienti dalla Francia o dall’Ita-lia) intraprendono i loro viaggi in grandi gruppi:solitamente sostano solo pochi giorni in Sviz zera (notizierielaborate da Voce evangelica, ottobre 2010).

Preti nel pluralismo svizzero

La Svizzera conta (dati del 2000) oltre 7 milioni di abi-tanti, dei quali il 42% cattolici e il 35% riformati; il 21%degli abitanti sono stranieri, ma solo il 22% di essi sonocattolici. Secondo una statistica presentata da mons. Mar-tin Gächter, vescovo incaricato della pastorale degli stra-nieri, 342 preti stranieri sono attivi in Svizzera: la diocesidi Lugano, con 97, ne conta il numero maggiore, seguitada quella di Losanna-Ginevra-Friburgo con 93; la diocesi

di Basilea, con un terzo dei cattolici svizzeri, ne ha solo59 attivi nella pastorale parrocchiale; ma impegna anche80 diaconi e 300 laici, per un terzo circa di nazionalità te-desca. Per il vescovo Gächter, la presenza di preti di di-verse culture costituisce un arricchimento per ilcattolicesimo svizzero, portando spesso in parrocchia “lagioia di vivere”, mentre sono riconoscenti alla Chiesa ehanno meno diffidenza verso i vescovi e il papa. Tuttavianon mancano anche difficoltà, a causa della diversità cul-turale, nelle scelte pastorali rispetto a certi valori, e nellemodalità di amministrazione dei mezzi finanziari in col-laborazione coi parrocchiani.

Nuove chiese in Svizzera

È cambiata la carta religiosa della Svizzera: se nel 1900 lamaggioranza era protestante e i cattolici circa il 40% (orai cattolici sono al 42% e i protestanti scesi al 35%), neglianni 1960-70 sono apparsi nuovi gruppi religiosi e si sonoformate le cosiddette “Chiese degli immigranti”. Secondouno studio della Federazione delle Chiese protestanti, cri-stiani provenienti dal Sud e dall’Est hanno fondato in que-sti ultimi anni più di 300 nuove Chiese. Queste comunitàraccolgono i fedeli più per uguaglianza di lingua che perconfessione d’origine, e hanno un’importante funzionenell’integrazione, anche se spesso presentano un cristia-nesimo fondamentalista e poco ecumenico. Esse costitu-iscono un apporto benefico per le Chiese tradizionalisvizzere: del resto la tenuta percentuale del cattolicesimoè dipesa, durante l’ultimo secolo, dall’immigrazione ita-liana, spagnola e portoghese. Ancora attualmente (2010)nelle “missioni cattoliche” operano 129 preti, dei quali61 italiani, 21 portoghesi, 21 spagnoli, 14 croati e 3 al-banesi.

Una Bibbia in romancio

L’Opera “Aiuto alla Chiesa sofferente” ha fatto tradurre laBibbia del bambino nel “romancio unificato“, con il ti-tolo “Dieu discurra cun ses uffants”; il cosiddetto “ru-mantsch grischun” è stato creato per permettere unascrittura unica ai circa 40.000 grigionesi che parlano cin-que diversi romanci. Questa traduzione rappresenta la163.ma versione della Bibbia per l’infanzia, da oltre 30anni distribuita in 140 paesi dall’Opera “Aiuto allaChiesa”, fondata dal padre Werenfried van Straaten; sicalcola che complessivamente furono distribuite oltre 48milioni di esemplari.

Alberto Lepori

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Torna la Settimana di preghieraper l’unità dei cristiani, che sisvolge tradizionalmente, al-

meno nell’emisfero nord, dal 18 al 25gennaio. Viene promossa congiunta-mente, dal 1968, dal Pontificio Con-siglio per l’unione dei cristiani e dallaCommissione “Fede e Costituzione”del Consiglio ecumenico delleChiese. I due organismi incaricanodella ricerca di un tema e dell’elabo-razione dei testi un gruppo ecume-nico locale, regionale o nazionale –ogni anno diverso – poi rivedono eadattano il tutto per pubblicare in di-verse lingue il ricco Libretto della Set-timana, disponibile pure da noi.Come sempre, anche le Chiese cri-stiane della Svizzera italiana sono in-vitate a promuovere celebrazioniecumeniche con i fratelli e le sorelledella varie comunità.

Il tema del 2011 viene significativa-mente dalle martoriate Chiese di Ge-rusalemme ed è “Uniti nell’inse-gnamento degli apostoli, nella comu-nione, nello spezzare il pane e nellapreghiera” (Atti 2, 42). Nella presen-tazione della Settimana, si legge che

duemila anni fa i primi discepoli diGesù Cristo riuniti a Gerusalemmeavevano sperimentato l’effusione delloSpirito Santo a Pentecoste ed erano ra-dunati nell’unità che costituisce ilcorpo di Cristo. I cristiani di ognitempo e di ogni luogo vedono in que-sto evento l’origine della loro comu-nità di fedeli, chiamati insieme aproclamare Gesù Cristo come Signoree Salvatore. Sebbene la Chiesa primi-tiva di Gerusalemme abbia conosciutovarie difficoltà, sia all’esterno sia al suointerno, i suoi membri sono stati per-severanti nella fedeltà e nella comu-nione fraterna, nello spezzare il pane enella preghiera.

Non è difficile constatare – rilevanoancora le Chiese di Gerusalemme –come la situazione dei primi cristianidella Città Santa abbia analogie conquella della Chiesa di Gerusalemmeoggi. La comunità attuale conoscenumerose gioie e sofferenze simili aquelle della Chiesa primitiva: ingiu-stizie e disuguaglianze, divisioni, maanche la fedele perseveranza e la pre-occupazione per una maggiore unitàtra i cristiani.

Come si legge ancora nel testo di pre-sentazione, il tema della Settimana dipreghiera per l’unità dei cristiani 2011ci ricorda le origini della prima Chiesaa Gerusalemme, ci chiama alla rifles-sione e al rinnovamento, a un ritornoai fondamenti della fede e ci invita arammentarci dell’epoca in cui laChiesa era ancora indivisa. Quattroelementi vengono evidenziati all’in-terno del tema presentato, elementiche costituirono il marchio della co-munità cristiana primitiva e che sonoessenziali anche per i cristiani di oggi.Innanzitutto la Parola che è stata tra-smessa dagli apostoli. In secondoluogo la comunione fraterna (koino-nia), che caratterizzava la prima co-munità dei credenti quando siriuniva. Una terza caratteristica dellaChiesa primitiva consisteva nella ce-lebrazione dell’Eucarestia (la frazionedel pane), in memoria della NuovaAlleanza compiuta da Gesù attra-verso le sue sofferenze, la sua mortee la sua resurrezione. Infine, il quartoaspetto era l’offerta di una preghieracontinua. Questi quattro elementisono i pilastri della vita della Chiesa edella sua unità.

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Settimana di preghieraper l’unità dei cristiani

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“Ecco la sfida che abbiamo. I cristianidi Gerusalemme chiedono ai loro fra-telli e alle loro sorelle di fare di que-sta Settimana di preghieral’occasione per rinnovare il loro im-pegno per lavorare per un vero ecu-menismo, radicato nell’esperienzadella Chiesa primitiva, per l’unità e lavitalità della Chiesa diffusa su tuttala terra”, spiega il documento, nelquale la Chiesa madre di Gerusa-lemme invita i cristiani di tutto ilmondo ad unirsi alla sua preghieraper la giustizia, la pace e la prosperitàdi tutti i popoli di questa terra.

Chiese in preghiera per la pace

Segnaliamo per concludere una bellainiziativa ecumenica in atto da unpaio d’anni a Gerusalemme: la pre-ghiera straordinaria di tutte le Chiese

per la riconciliazione, l’unità e la pacea cominciare da Gerusalemme. Sisvolge a turno in una delle chiesedella Città Santa e vi partecipano rap-presentanti e fedeli di tutte le comu-nità cristiane. Il suo scopo è dipromuovere una grande preghiera diintercessione di tutti i cristiani a DioPadre per il nostro tempo, partendoappunto da Gerusalemme. La spe-ranza degli ideatori è che questa ini-ziativa sviluppi anche una maggioreattenzione e una migliore cono-scenza reciproca tra cristiani. Ognipreghiera si tiene, per quanto possi-bile, nella lingua liturgica dellaChiesa ospitante. Rese accessibili daopportune traduzioni, queste pre-ghiere mirano anche ad esprimere laricchezza delle varie tradizioni dellaChiesa. Finora si sono tenute quattrocelebrazioni di questo genere. Leprossime sono in programma sabato

29 gennaio 2011, alle ore 18 di TerraSanta, nella cattedrale anglicana di S.Giorgio, e sabato 11 giugno 2011 (vi-gilia di Pentecoste), alla stessa ora,nella chiesa del Patriarcato latino.Esse vengono trasmesse in diretta dadiversi canali satellitari, tra cui l’ita-liana Telepace. Inoltre, sempre nel-l’ambito di questa iniziativa, leChiese di Gerusalemme invitano i cri-stiani di tutto il mondo, ovunque sitrovino, in privato o in comunità, adunirsi in preghiera con esse, sempreper la riconciliazione, l’unità e lapace, ogni sabato tra le ore 19 e leore 20 di Terra Santa, anche perpochi minuti. Il principio portante èche tutti i cristiani preghino nellostesso momento per le stesse inten-zioni. Maggiori informazioni si tro-vano sul sito www.prayrup.info

Gino Driussi

Le Chiese di Gerusalemme hanno espresso grande gioia per l’elezione del vescovo pa-lestinese Munib A. Younan (nella foto) a nuovo presidente della Federazione luteranamondiale (FLM), la cui sede è a Ginevra e che rappresenta oltre 70 milioni di fedeli. Achiamarlo all’alta carica, lo scorso luglio a Stoccarda, sono stati i 360 delegati che hannopartecipato all’ XI Assemblea della Federazione, che sarà così presieduta per la primavolta da un arabo.Younan, che succede allo statunitense Mark S. Hanson, ha 60 anni, è sposato con trefigli, ed è dal 1998 alla guida della Chiesa evangelica luterana in Giordania e Terra Santa,che con circa 3000 fedeli è una delle Chiese numericamente più piccole appartenenti allaFLM. ”La mia visione della Federazione luterana mondiale – ha detto Younan nel suoprimo discorso all'Assemblea -è quella di una comunione di Chiese che ricerca il co-raggio di una predicazione profetica, capace di portare il proprio pulpito nelle strade efar conoscere al mondo l'amore di Dio”. Tra le priorità evidenziate dal nuovo presidentedella FLM vi sono la missione in un mondo secolarizzato, la promozione della giusti-zia, della pace e della riconciliazione e il dialogo ecumenico e interreligioso. “In quantoarabo cristiano che vive in Palestina – ha sottolineato Younan – so quanto sia impor-tante, e quanti benefici possa concretamente portare ad ogni persona il dialogo conaltre fedi”. Effettivamente, il vescovo Younan si è fatto conoscere e apprezzare proprio per il suo impegno in favoredella pace, della giustizia e del dialogo interreligioso. Tra gli altri incarichi, Younan presiede la Comunione delle chieseevangeliche del Medio Oriente, fa parte del Comitato cristiano internazionale di Gerusalemme ed è cofondatore delConsiglio delle istituzioni religiose in Terra Santa, di cui fanno parte esponenti cristiani, ebraici e musulmani.

Il vescovo Younan nuovo presidente della Federazione luterana mondiale

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Una predicaparticolare

Nel mese di gennaio i cristiani celebrano la settimanaecumenica per l’Unità delle Chiese. La nostra rivistaè sempre molto sensibile a questo problema, lo di-

mostrano gli apporti mensili di Gino Driussi. Per questaoccasione aggiungiamo il seguente scritto che ci è stata in-viato dal giornalista amico Enrico Morresi.

Può capitare che una predica dal pulpito, una qualsiasi do-menica dell’anno, ti rimanga impressa fino a che decidi diraccontarla al “Messaggero”? Càpita. Il luogo dove l’hosentita: la Marienkirche di Lubecca, città della Germaniasettentrionale, patria di Thomas Mann; l’occasione: ilculto luterano delle ore 10 di domenica 29 agosto 2010,chiesa tuttavia scelta assolutamente per caso, forse per-ché tante volte ricordata nei “Buddenbrooks”, che ave-vano la casa proprio di fronte. Officiavano due pastore:una tedesca – la titolare della chiesa – l’altra americana,tutte e due in toga nera e gorgiera bianca al collo. Furonocantati il Kyrie e il Gloria, letti l’Epistola (Ebrei, cap. 13) eil Vangelo (Luca, cap. 14). Poi le pastore salirono sul pul-pito e cominciarono la predica. Che una predica non mipareva, almeno fino a metà, ma piuttosto un raccontare“fait divers” (come una predica non dev’essere mai): mapoi sì, ed è per questo che mi è rimasta in mente. Ma vadocon ordine.

[La pastora americana parlava in prima persona, la tedescatraduceva]

Quando mio padre portò la sua sposa qui, in questachiesa, nel 1953, in viaggio di nozze, di certo non pensavache sua figlia oggi avrebbe predicato da questo pulpito –esordì l’americana. (Perché no?, pensai. I figli han da es-sere professori, tecnici, scienziati, ma non pastori? Chepregiudizio! Ma la verità, come avremmo saputo piùavanti, era più profonda). A Lubecca – continuava la pa-stora – tornammo più volte, per far visita alla nonna cheviveva ancora in questa città. Lubecca l’avevamo nelcuore: in casa, a New York, tenevamo appesi tre piccoliquadri: una foto della casa che era stata dei nonni, unoschizzo di questa chiesa di Santa Maria, e l’attestato dellaCresima che papà aveva ricevuto qui dentro.

Io amo questa chiesa – proseguì la pastora americana –anche per la cappella che c’è lì in fondo, nella quale si ve-dono, adagiate per terra, spezzate, le campane crollate nelbombardamento del 1942. È bene che nelle chiese ci sia– aggiunse – un luogo che ricordi la nostra fragilità, comesingoli e come comunità. Perché se no la spazzatura lascopiamo sotto il tappeto e nessuno ci pensa più. Quando

divenni pastora a Manhattan, pensavo alle generazioni dibravi luterani che dovevano avermi preceduto nel cam-mino della fede, qui a Lubecca. Potete immaginare losconvolgimento che fu per me la sera in cui mia figlia, clic-cando in Google su ‘Moritz Neumark’ – il nome del padredi mio padre – venne a dirmi: “Ma noi non siamo lute-rani, siamo ebrei!”. Ebrei! Una rapida ricerca mi confermò,non solo che il vecchio Moritz Neumark era ebreo maanche che, insieme con suo fratello, era stato deportato aTheresienstadt dai nazisti e in quel campo aveva trovato

la morte (la nonna no, era riuscita a fuggire in Svizzera,mio padre era già emigrato negli Stati Uniti). Papà ci avevatenuto sempre all’oscuro di tutto questo. Avrà pensatoche quel diploma della Cresima avrebbe dovuto salvarel’ebreo Moritz Neumark, che aveva fatto “confermare” suofiglio in Santa Maria? Chissà.

Il Vangelo letto all’ambone recitava: “Quando offri unpranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fra-telli, né i tuoi parenti, né i tuoi ricchi vicini, perché an-ch’essi non ti invitino a loro volta e tu abbia ilcontraccambio. Al contrario, quando dai un banchetto in-

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vita poveri, storpi, zoppi, ciechi, e sarai beato perché nonhanno da ricambiarti. Avrai infatti la tua ricompensa allarisurrezione dei giusti”. La pastora lo commentò a questopunto: io penso che mio nonno, che tanto fece per que-sta sua città (la sua impresa dava lavoro a centinaia di ope-rai) e che era “Bürger”, cioè patrizio di Lubecca, chissàquante volte sarà stato invitato a pranzo qui vicino, al Ra-thaus, e molti furono da lui invitati a sedere alla sua tavola.Quando giunse l’ordine della deportazione, però, nondeve aver trovato nessuno che se ne ricordasse…

Ma no, mi sbaglio – si corresse la pastora americana. Dilui si ricordò Gesù, un altro ebreo mandato a morire “fuoridella porta della sua città”, dice la Lettera agli Ebrei, checosì prosegue: “Usciamo allora anche noi dall’accampa-mento e andiamo verso di lui, portando il suo obbrobrio,perché non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cer-chiamo quella futura”. Facciamo nostro il dolore degli altri,degli “outsiders”, cioè di quelli che stanno fuori delcampo. Nasce la domanda a noi, a voi, fratelli cristiani:chi sono quelli che stanno fuori in questa città, fratelli?Chi sono gli ultimi a venire da noi invitati, quelli cui nonpensiamo mai? Perché dove sono loro, là c’è Gesù.

Io adesso – proseguì - dove stanno lo so, almeno a Man-hattan, e posso dirvi qualcosa di loro. Sono i ragazzi delSouth Bronx, per i quali si spendono molti più soldi per co-struire prigioni che per migliorare le loro scuole. È l’autistadi taxi ucciso dal passeggero che aveva preso a bordo, gliaveva domandato: “Sei musulmano?” e alla sua risposta af-fermativa gli aveva scaricato la pistola in faccia. Sono i bam-bini battuti dai loro genitori per motivi religiosi: per motivireligiosi, sì. Quale religione? domandate voi. La religioneche predica l’odio degli omosessuali, delle lesbiche e deitrans. Una transessuale che viene a dormire da noi, in par-rocchia, mi confessava che è l’unico posto in cui si sente“un essere umano”.

Può essere faticoso, certo, dover trovare un tetto a chi nonce l’ha. Può essere scomodo e spiacevole e anche stres-sante. Sarebbe così comodo stare tra noi, occupati comesiamo 24 ore su 24 con le nostre cose al punto da dimen-ticare chi sta “fuori della porta della città”. Ma quello che c’è di meraviglioso del nostro Dio è chequando stiamo lontani da lui e ci distanziamo dai fratellifino a considerarli stranieri rispetto alla nostra famiglia, Egli ci si fa vicino, con il perdono e la grazia che ci sono necessari.

Voglio concludere – disse la pastora americana, la tedescatraduceva – con una storiella ebraica. Un vecchio rabbinodomandava al suo discepolo da che cosa ci si si dovrebbeaccorgere che la notte sta per finire e si avvicina l’ora dellapreghiera. “È quando scorgi un animale in lontananza e tiaccorgi se è una pecora o un cane”. No, rispose il rabbino.“È quando guardi un albero e ti accorgi se è un fico o unpero”. No, disse ancora il rabbino. Quand’è, allora? – do-mandò il discepolo. “È quando guardi in faccia uno stra-niero e riconosci che è tuo fratello o tua sorella. Fino a quelpunto lì, è ancora notte”.

La predica era finita. Noi tutti avevamo un nodo in gola.

Enrico Morresi

Nota dell’autore: la mia traduzione è libera, il testo in in-glese e in tedesco (“13. Sonntag nach Trinitatis – St. Ma-rien zu Lübeck – 28. August 2010“) può essere chiesto alZentralbüro der Lübecker Innenstadtkirchen, Schüsselbu-den 13, D - 23552 Lübeck. Me lo si può chiedere anche di-rettamente ([email protected]), ce l’ho sulla postaelettronica.

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Quella “benedetta” costola

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Genesi 2, 18-25

Avete già provato la pena della soli-tudine?Se la solitudine è scelta di propria vo-lontà la si vive in una grande e mera-vigliosa atmosfera di pace e diserenità. Se la solitudine è impostaper volontà altrui o per le circostanze,la mancanza di compagnia ti rendenervoso e può portarti alla dispera-zione se non l’accetti e con pazienzanon ti ci abitui. Queste considera-zioni mi sovvengono pensando adun Adamo impastato di terra e di Spi-rito divino, che vive tranquillo in unparadiso meraviglioso, uomo per-fetto, ma tremendamente solo.

E anche Dio si rattrista per questacondizione dell’uomo. Lui che è lapluralità in persona (parlava effettiva-mente in plurale e continua a parlarein plurale) dice: “Non è bene chel’uomo sia solo, gli darò un aiuto a luicorrispondente”.

Chi è questo aiuto corrispondente al-l’uomo? I primi tentativi divini perdare all’uomo un aiuto vanno avuoto. L’uomo mostra un certo inte-ressamento per gli esseri animati cheDio gli fa passare in rassegna, dandoa loro un nome; tra essi però, cioè tragli animali, non trova un compagnoadatto.

Questo racconto produce una im-pressione puerilmente ingenua, quasiridicola, ma dobbiamo considerareche dare il nome a degli esseri vuoldire manifestare su di loro un gestodi superiorità, anzi di sovranità.

L’uomo dunque, secondo la Genesi,ha il potere sugli animali. Alcuni ani-mali dell’ambiente antico si manife-stavano come esseri misteriosi edenigmatici, quasi dotati di una forzadivina; pensiamo per esempio al-l’Egitto con la sua zoolatria, oppureal ruolo sostenuto in tutto l’Orientedal leone e dal serpente.

Nel citato passo della Genesi invecesi sottolinea che l’animale è sol-tanto... un animale, soggetto al po-tere dell’uomo e non suo pari.L’antico Israele aveva un particolarerapporto con gli animali; gli animaliinfatti, assieme agli uomini, fannoparte della famiglia dei viventi e neiprimordi, sempre secondo la Bibbia,l’uomo e gli animali abitavano in-sieme, sotto lo stesso tetto, in pace,anzi amichevolmente.L’israelita era ancora indenne dallaboria dei posteri che si ritennero as-solutamente diversi e infinitamentemigliori degli animali; accetta l’ani-male come affine in senso lato e gliassegna un posto nel mondo perfettodi Dio. Ma la frase: “Diede il nome adogni animale”, sta ad indicare il rap-porto fra gli animali e l’uomo; l’uomoè superiore all’animale, ma dandogliun nome dimostra di amarlo, di con-siderarlo, di prenderlo come una en-tità specifica e non di annoverarlo tragli oggetti qualsiasi.

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Dice il commento preso dal Talmud:“Dando il nome ad ogni animale,Adamo constatò che gli animali sfila-vano in coppia, maschio e femmina,mentre lui rimaneva solo. E questaconstatazione aumentò il suo disagioe la sua malinconia”. Per questo l’au-tore biblico dice: “Fra essi, nessunoera di aiuto adatto all’uomo”.

Dopo questa frase inizia il raccontodella creazione di Eva, la donna; rac-conto che ha dato la stura a unaquantità di barzellette più o menosciocche, segno evidente che non losi è voluto o non lo si è saputo capire.Cerchiamo di approfondire questo rac-conto molto interessante: “Allora Dioil Signore fece scendere un sonno pro-fondo sull’uomo che si addormentò”.Queste parole alludono al fatto che ilprimo uomo non fu spettatore del-l’opera creatrice di Dio; il narratoreparte dal principio che Dio non per-mise a nessuno di assistere alla prodi-giosa creazione della donna.Nel creare la donna, Dio non ha vo-luto consigli ed interferenze: la donnaè una ‘invenzione’ divina.Il termine metaforico “torpore” sta adesprimere il velo che avvolge il miste-rioso avvenimento; l’averlo usato staa significare che l’origine della primadonna, anche dopo che questa era alfianco di Adamo, era e rimane un mi-stero impenetrabile.

“Poi - continua l’autore della Genesi -Dio gli tolse una costola e racchiusela carne al suo posto; con quella co-stola, Dio il Signore formò la donna ela condusse all’uomo”.E’ una narrazione veramente ingenuache descrive la nascita della primadonna in modo immaginoso.Di fronte a questo passo dobbiamoperò chiederci seriamente: che inten-deva dire l’autore sacro? A quale raffi-gurazione dell’antico Oriente si èriallacciato?

Sembra che il narratore biblico siastato influenzato dall’anatomia popo-lare quando ha introdotto nel suo rac-conto la parola “costola” che inebraico si dice “seda”. L’enigma dellacostola non è ancora veramente ri-solto, perché tutto il racconto dellanascita di Eva è metaforico nel sensoproprio del termine.La parola “costola” non va certo presaalla lettera, ma presumibilmente ha unrecondito significato.

Ciò che viene indubbiamente dichia-rato nel racconto è la parità di naturadella donna e dell’uomo; questa affer-mazione viene sottolineata dal fattoche: “Quando tutti gli animali gli fu-rono condotti d’innanzi, Adamo nonsi trovò un aiuto simile a lui”, mentrealla vista della prima donna egliesclamò lietamente e spontaneamente,anzi gridò con gioia: “Questa sì, è ossodelle mie ossa, carne della mia carne, sichiamerà donna, ischia, perché dal-l’uomo (isch) è stata tratta!”.Ma siccome la costola è vicina alcuore si potrebbe desumere una con-clusione molto profonda e consolantesul rapporto fra l’uomo e la donna; aquesto simbolismo allude un passodel Talmud: “Dio non ha creato ladonna dalla testa dell’uomo perché locomandasse, ne dai suoi piedi perchéne fosse la schiava, ma dal suo fiancoperché rimanesse vicina al suo cuore”.Di fronte ad una simile interpretazionechi oserebbe più ridere del termine“costola”?

Il brano che stiamo prendendo inesame termina con questi due versetti:“Perciò l’uomo lascerà suo padre e suamadre, si unirà alla sua donna e i duesaranno una cosa sola”.Ricordiamo che in italiano il giocodelle parole non funziona; in ebraico,uomo=isch, donna=ischia, perciòquesto versetto dovrebbe essere tra-dotto così: “Perciò l’uomo lascerà suo

padre e sua madre e si unirà alla suauoma, e i due saranno una cosa sola”.

Uomo e uoma, una cosa sola, grandeprincipio di antropologia biblica;l’uomo completo non è il maschio,l’uomo completo non è la femmina,l’uomo totale è la coppia.Anche Gesù accetterà questo princi-pio antropologico, per questo definiràcoloro che non sono in coppia deglieunuchi, cioè delle persone mancanti.

“L’uomo lascerà suo padre e suamadre”, principio terribile per un ebreoobbligato ad assistere i propri genitoriper un comandamento divino che l’ob-bligava, fra l’altro, a correre al capez-zale del padre morente per chiudergligli occhi; perché, se il figlio non erapresente e non gli chiudeva gli occhi almomento della morte, lo spirito delpadre avrebbe vagato senza requiem.Eppure l’amore per la sua “uoma” di-venne più grande e più sacro, e Gesùstesso si rifarà a questo principio perricordare l’indissolubilità della coppiaumana, l’indissolubilità che si esprimesoprattutto nel momento che i due sa-ranno anche fisicamente una cosasola, perché da quell’atto nascerà unanuova vita.

E ricordando questo atto, l’ultimo ver-setto del capitolo secondo sottolineache l’uomo e la donna, tutti e due,erano nudi ma non avevano vergogna.Possiamo leggere in queste parole unelogio alla sessualità umana, a questaentità che, ben lontana da essere unmezzo puramente genitale per rag-giungere una congiunzione fisica, èuna forza fisica, psicologica e spiri-tuale che chiede all’uomo e alla donnadi essere nudi, cioè trasparenti, sin-ceri, per essere complementari. Perchésolo così, l’uomo e la donna, sarannoimmagine e similitudine di quel Dioche è Padre ed è Madre, ed è comun-que generatore.

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Mick E. L. Matrimonio. Per capire il sacramentoPadova, Messaggero, 2008

Ecco un agile libretto che presenta in sintesi lavisione dei sacramenti nata dal Concilio Vati-cano II e in particolare l'importanza del sacra-mento del matrimonio, non solo per chi lo riceve,ma per tutti i cristiani. Un testo che può servireper la catechesi degli adulti e per i gruppi di ri-scoperta della fede cristiana, ma anche come sus-sidio per i corsi per fidanzati.

VITALINI S. – ZOIS G.Ma com'è Dio? Giuseppe Zois dialogacon Sandro Vitalini su temi scomodi del crederePregassona, Fontana, 2010

Il libro è talmente bello, affascinante, interessantee curioso (e gli aggettivi non si sprecano) che loconsigliamo a tutti. Per convincersi basta scorrerel'indice:

Prefazione: Il vento dell'inverno sulla primavera del Concilio.

Il teologo: Un comunicatore di Dio che educa alla libertà.

Introduzione: Domande scomode per i percorsi del credere.

Tra cielo e terra: Un Padre che soffre un uomo che spera.

Domanda di sempre, Uomo dove sei? Il roveto dell'anima e il suo destino.Corresponsabili del destino comune: Ascoltatori d'infinito in una società fragilePostfazione: Pensare e credere per amare, di Ernesto Borghi.

Abbiamo letto...abbiamo visto...

GA

B6900 Lugano

Convento dei CappucciniSalita dei Frati 4CH - 6900 Lugano