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Metodi e tecniche del servizio sociale 2 L’organizzazione

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Metodi e tecniche del servizio sociale 2

L’organizzazione

1 … DI CHE COSA PARLIAMO? …

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 2

Possibili significati del termine

• Organizzazione come stato/struttura/ sistema

organizzativo

• Organizzazione come soggetto collettivo

(l’attore organizzativo/organismo sociale)

• Organizzazione come processo/azione

organizzatrice

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 3

Le teorie classiche: organizzazione e razionalità

(M. Weber, F. W. Taylor, H. Mintzberg)

�La razionalità è l’elemento fondante delleorganizzazioni, che sono «strumenti disegnatiallo scopo di raggiungere fini determinati»

�Weber e il modello burocratico � la strutturaorganizzativa (gerarchia, compiti/ mansioni,vincoli, rigidità)

�Mintzberg propone successivamente unadistinzione tra burocrazia meccanica eburocrazia professionale

�Taylor scompone il processo produttivo insingole azioni, per ciascuna delle quali individuala one best way

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 4

Organizzazione come luogo di relazioni (E. Mayo, C. Barnard, H. Simon, M.

Crozier)

• Mayo (W.E.C.) � dimensione relazionaledell’individuo e insufficienza di unamotivazione solo economica al lavoro

• Barnard � «la parabola del masso» e lacooperazione all’interno delle organizzazioni,che va ottenuta attraverso il consenso

• Simon � occorre partire dalle scelte che isoggetti compiono nelle organizzazioni

• Crozier � «l’uomo non è soltanto un braccio enon è soltanto un cuore. L’uomo è una mente,un progetto, una libertà»

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 5

Organizzazioni in relazione con l’ambiente (L. von Bertalanffy, P. Selznick, J.

Meyer e B. Rowan)

• von Bertalanffy � l’organizzazione è unsistema aperto � relazioni all’interno eall’esterno del sistema

• Selznick � l’organizzazione si trova inserita inun ambiente che esercita su di essa dellepressioni e la costringe a continuiadattamenti

• Meyer e Rowan approfondiscono il fenomenodell’isomorfismo organizzativo

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 6

Organizzazione tra soggettività, culture organizzative e produzione di

senso (E. Schein, K. Weick)

• Schein e la cultura organizzativa («insiemecoerente di assunti fondamentali che un gruppoha inventato, scoperto o sviluppato affrontandoi propri problemi di adattamento»)

• Weick � per conoscere l’organizzazioneoccorre studiare i processi attraverso i quali idiversi soggetti attribuiscono sensoall’esperienza � l’organizzazione esiste ma nonha un senso di per sé, ma solo in quantociascuno glielo attribuisce

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 7

2. SERVIZIO SOCIALE E ORGANIZZAZIONI

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 8

Il rapporto tra servizio sociale e organizzazioni …

�La professionalizzazione del ServizioSociale nasce da un lato dallo sforzo dirazionalizzazione delle CharityOrganization Societies (C.O.S.) e dall’altrodal movimento dei Settlements e, almenoin Italia, si sviluppa in maggior parteall’interno di organizzazioni

�Gli AASS «sono posti a custodia dei puntidi entrata del sistema dei servizi (…) conuna funzione di raccordo tra il sistemaistituzionale nel suo complesso e lapersona in carne e ossa che formula la

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 9

Un rapporto dinamico e biunivoco …

L’organizzazione• Il mandato istituzionalevincolo e risorsa

• Esigenze di previsione, programmazione, standardizzazione

• Risorse finanziarie, strumentali, umane

L’assistente sociale• L’AS come «agente riflessivo»

• Esigenze di personalizzazione �creatività

• Risorse professionali, di competenza specifica e trasversale

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 10

Cosa dice il codice deontologico

Titolo VI: RESPONSABILITÀ DELL’ASSISTENTE SOCIALE NEI CONFRONTI

DELL’ORGANIZZAZIONE DI LAVORO (1):�Rispetto del profilo e dell’autonomia professionale,

garanzia del rispetto di segreto professionale e segreto diufficio

�Contribuire al miglioramento di politica e proceduredell’organizzazione di lavoro, ad efficacia, efficienza,economicità e qualità di interventi e prestazioniprofessionali, nonché ad azioni di pianificazione eprogrammazione

�Si adopera per promuovere e valorizzare esperienze emodelli innovativi di intervento, valorizzando altresìl'immagine del servizio sociale, sia all'interno cheall'esterno dell'organizzazione.

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 11

Cosa dice il codice deontologico

Titolo VI: RESPONSABILITÀ DELL’ASSISTENTE SOCIALE NEI CONFRONTI DELL’ORGANIZZAZIONE DI LAVORO (2):

�Il rapporto gerarchico funzionale tra colleghirisponde a due livelli di responsabilità: verso laprofessione e verso l’organizzazione e deveessere improntato al rispetto reciproco e dellespecifiche funzioni. Nel caso in cui non esistaun ordine funzionale gerarchico dellaprofessione, l’assistente sociale risponde airesponsabili dell’organizzazione di lavoro pergli aspetti amministrativi, salvaguardando lasua autonomia tecnica e di giudizio

�L’assistente sociale deve richiedereopportunità di aggiornamento e di formazionee adoperarsi affinché si sviluppi la supervisione

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 12

l’attività organizzativaINPUT

(nuova domanda/nuova risorsa)

�Attività programmatoria e pianificatoria

�Gestione del bilancio

�Creazione/modifica di unità organizzative

�Divisione del lavoro tra gli operatori

�Stesura di regolamenti/procedure

�Reperimento di locali/attrezzature

�Documentazione/gestione del sistemainformativo

�Predisposizione di atti e provvedimenti

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 13

3. LE ORGANIZZAZIONI IN CUI OPERA IL SERVIZIO SOCIALE

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 14

a. I MINISTERI

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 15

Il ministero della giustizia

MINORI

U.S.S.M.

ADULTI

U.E.P.E.

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 16

Il ministero DELL’INTERNO

PREFETTURE

N.O.T. IMMIGRAZIONE

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 17

Il ministero DEL LAVORO???

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 18

b. GLI ENTI LOCALI

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 19

I presupposti normativi

• Costituzione, art. 38

• D.P.R. 616/77

• L. 142/90 � D. Lgs. 267/00

• L. 241/90

• L. 328/00C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 20

Principali competenze a carico dei ServiziSociali degli enti locali

�Famiglia

�Minori

�Adulti in situazione di disagio sociale

�Anziani

�Persone diversamente abili

�A.I.D.S.

�Immigrati e Nomadi

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 21

Modelli organizzativi nei Servizi Sociali negli enti locali: la suddivisione in aree

• Suddivisione del territorio in sub-areeterritoriali, all’interno di ciascuna delle qualici si occupa di tutte le funzioni del ServizioSociale

• Suddivisione degli operatori in areefunzionali– minori

– adulti

– disabili

– anziani

– Inclusione sociale/contrasto alla povertàC. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 22

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 23

Il Segretariato Sociale è la porta

attraverso la quale:

Il cittadino

entra nella

Amministra-

zione

• L’Amministra-zioneaccoglie il cittadino esi presenta

• esce per andare a conoscere il territorio

Il Segretariato Sociale costituisce il luogo della prima accoglienza, ma è parte di un

processo più ampio:

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 24

Segretariato

Informazione/consulenza

Presa in carico

Accoglimento domande

Assegnazione A.S.

Appuntamento A.S.

Invio ad altri Uffici o Servizi

Invio codificato

Accompagnamento per soggetti fragili

Sociale

Cittadino

c. I SERVIZI SANITARI

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 25

I presupposti normativi

� Costituzione, art. 32 � la salute come “diritto dell’individuo ed interesse della collettività”

� L. 833/78 � nascita del Servizio Sanitario Nazionale e costituzione delle U.S.L.

� DD. Lgs. 502/92 e 517/93 � inizia il processo di aziendalizzazione (A.S.L. ed Aziende Ospedaliere)

� D. Lgs. 229/99 � nuovo impulso ai distretti ed all’integrazione socio-sanitaria – Atti Aziendali

� L. Cost. 3/2001 � modifica dell’art. 117, con l’attribuzione “concorrente” – allo Stato ed alle Regioni - di competenza legislativa in materia di tutela della salute

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 26

Le A.S.L. nella Regione Lazio

Sono in totale 12, così suddivise:

• 5 per Roma + Fiumicino

• 3 per la Provincia di Roma

• 1 per ognuna delle altre 4 Province

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 27

Le Aziende Ospedaliere nella Regione Lazio

• Policlinico Universitario Tor Vergata

• Policlinico Umberto I

• S. Andrea

• S. Camillo-Forlanini

• S. Filippo Neri

• S. Giovanni-Addolorata

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 28

L’organizzazione interna delle A.S.L.

È definita, per ciascuna A.S.L, dall’Atto Aziendale, emanato dal Direttore Generale

sulla base di linee-guida definite dalla Regione (Del. G.R. n. 139/07)

Possono dunque esservi differenze di organizzazione, tra una A.S.L. e l’altra.

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 29

d

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 30

L’organizzazione: linee essenziali

Direzione Generale

distretto

distretto

distretto

distretto

distretto

D i p a r t i m e n t o ospedale

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 31

I Dipartimenti (1)

Dipartimento di Salute Mentale

C.T.

C.D. C.S.M. S.P.D.C.

C.A./C.F.

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 32

I Dipartimenti (2)

Dipartimento Materno Infantile

M.P.E.E.

Consultorio familiare

T.S.M.R.E.E./U.O.N.P.I.

Reparti ospedalieri

Il Distretto

È l’articolazione operativa territoriale dell’AziendaUnità Sanitaria Locale. Nel Lazio, ogni A.S.L. èsuddivisa territorialmente in 4/6 distretti, per untotale di 55 distretti nella Regione:

• Nel Comune di Roma, i distretti sino al 2013corrispondevano territorialmente ai Municipi;attualmente siamo in fase di riorganizzazione

• Il Comune di Fiumicino coincide con un distretto;

• Nel resto della Regione, un distretto coincide con ilterritorio di un numero di Comuni che varia tra 2 edoltre 20.

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 33

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 34

Un esempio: i Distretti della Provincia di Roma

Il Distretto: le attività ed i servizi

• (salute della donna e dell’età evolutiva);

• (tutela della salute mentale e riabilitazione dell’età evolutiva);

• riabilitazione e presa in carico dei disabili adulti;

• assistenza domiciliare integrata;

• dipendenze;

• medicina legale;

• (…)

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 35

CONSULTORIO

T.S.M.R.E.E./U.O.N.P.I.

U.O. DIS. ADULTI …

C.A.D.

SER.T.

INV.CIVILI

d. IL TERZO SETTORE

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 36

Il terzo settore …

terzo, rispetto a

Stato Mercato

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 37

Comprende realtà diverse …

• cooperative sociali

• associazioni di volontariato

• associazioni di promozione sociale

• fondazioni, ecc.

con un comune denominatore:

la finalità sociale e l’assenza di fini di lucroC. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 38

1. Le cooperative sociali

Le normative di riferimento:

• L. 381/1991

• L. R. 24/1996

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 39

Le cooperative sociali

hanno lo scopo di perseguire l'interessegenerale della comunità alla promozioneumana e all'integrazione sociale deicittadini attraverso

• «A» � la gestione di servizi socio-sanitaried educativi

• «B» � lo svolgimento di attività diverse(agricole, industriali, commerciali o diservizi) finalizzate all'inserimentolavorativo di persone svantaggiate

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 40

Possibili forme di gestione dei servizi pubblici

• In economia

• Azienda speciale

• Esternalizzazione (Cooperative sociali; associazioni; …)

• Convenzione (più utilizzato in sanità, o in alcune forme di servizi educativi)

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 41

«Che cosa» si esternalizza nei servizi sociali?

• Progetti a favore di minori e famiglie (fondi L. 285/97)

• Progetti da fondi L. 328/00

• Servizi/Liveas

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 42

L’esternalizzazione: punti di forza

• Creatività

• Flessibilità

• Possibilità di rispondere ai nuovi bisogni

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 43

L’esternalizzazione: criticità/rischi

• Rischi di isomorfismo organizzativo

• Precarietà/precariato

• Affidare servizi o acquistare operatori?

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 44

Il servizio sociale nell’esternalizzazione nel Lazio

Organizzazione Datore di lavoroLuogo di lavoro

effettivo

Comune/Municipio

28,1% 35,2%

Tot. Enti locali 33,0% 40,1%

A.S.L. 31,7% 32,4%

Tot. SSR 35,9% 36,6%

Cooperativa sociale

15,5% 8,4%

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 45

4. SERVIZIO SOCIALE E RUOLI MANAGERIALI

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 46

a. ASSISTENTE SOCIALE E RELAZIONI DI POTERE

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 47

Potere e autorità

Nei confronti del potere possiamo osservarein generale un atteggiamento ambivalente:

NEGATIVO POSITIVO

«il potere «il potere

corrompe logora

chi ce l’ha» chi non ce l’ha»C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 48

Alcune definizioni …

� Dahl: «la capacità di A di far farequalcosa a B che B non avrebbe fattosenza l’intervento di A»

� Weber parla di 3 tipi puri di potere:� potere razionale, basato sul diritto di comando di

coloro che sono chiamati a esercitare il potere

� potere tradizionale, basato sulla legittimità tradizionaledi chi è chiamato a rivestire un’autorità

� potere carismatico, basato sulle capacità, la forza o ilvalore di una persona, e degli ordinamenti da essacreati

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 49

Quando l’a. s. è chiamato ad esercitare potere?

In ogni rapporto di tipo asimmetrico, e

dunque:

�nel processo di aiuto

�nel lavoro sul e con il territorio

�all’interno dell’organizzazioneC. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 50

I ruoli degli assistenti sociali nelle diverse organizzazioni

ruolo ricoperto Comu-ne

Totale

enti

locali

ASL Totale SSRMini-

steri

Coop.

sociale

Totale

intervi-

stati

ruolo direttivo 6,0 % 5,5 % 2,2 % 1,9 % 33,3 % 0 % 7,0 %

ruolo di coordinam.

con personale

assegnato

22,0 % 22,2 % 23,9 % 23,1 % 44,4 % 58,3 % 24,6 %

ruolo di

programmazione/

progettazione

16,0 % 16,7 % 13,0 % 11,5 % 0 % 8,3 % 11,3 %

assistente sociale

territoriale80,0 % 81,5 % 78,3 % 69,2 % 22,2 % 50,0 % 63,4 %

assistente sociale

presso struttura 0 % 0 % 10,9 % 19,2 % 0 % 8,3 % 13,4 %

altro ruolo 10,0 % 9,3 % 2,2 % 1,9 % 11,1 % 0 % 6,3 %C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 51

b. IL MANAGERIALISMO NEI SERVIZI SOCIALI

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 52

NEOLIBERISMO E POLITICHE SOCIALI (S. Fargion, Il servizio sociale)

ELEMENTI CHIAVE:

�Individualismo metodologico � i fenomenisociali possono essere ricondotti agli individuiche compongono il tessuto sociale

�Razionalità � gli individui sono attori socialiche perseguono in modo razionale i propriinteressi attraverso il calcolo costi/benefici

�Supremazia del libero mercato per laproduzione del massimo benessere

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 53

MANAGERIALISMO E SERVIZI SOCIALI … ALCUNI NODI CRITICI (1)

Da utenti a clienti, in nome del diritto

di scelta

«l’enfasi sulla libertà di sceltadipinge un consumatoresolitario che dispone di tempo,denaro e informazionisufficienti per stabilire leproprie scelte, un consumatoreraro per i servizi sociali. Restada chiedersi cosa succede dichi non ha questi strumenti»

(Crestani, cit. in Fargion)

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 54

MANAGERIALISMO E SERVIZI SOCIALI … ALCUNI NODI CRITICI (2)

Pluralità di offerte, welfare

mix e competizione tra soggetti che producono servizi

� Reti e cooperazione trasoggetti?

� Come avviene laselezione tra i soggettiper l’aggiudicazione deiservizi (al minimocosto? A chi sa«vendersi» meglio?)

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 55

MANAGERIALISMO E SERVIZI SOCIALI … ALCUNI NODI CRITICI (3)

dal welfare

al workfare

Attivazione

aiutare a ritrovare un filo nellapropria esistenza, magarianche attraverso un lavoro

O

ricatto senza rete?

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 56

MANAGERIALISMO E SERVIZI SOCIALI … ALCUNI NODI CRITICI (4)

empowerment

Processo di emancipazione diindividui e gruppi … creazionedi consapevolezza dei propridiritti

o

scaricare la decisione sullepersone («… non chiedere ame, sta a te adesso decidere!»)

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 57

MANAGERIALISMO E SERVIZI SOCIALI … ALCUNI NODI CRITICI (5)

domiciliarità e

deistituziona-lizzazione

Processo di ri-umanizzazione infavore di persone con disagiomentale, anziani, disabili

o

scaricare il peso sulle famiglie,in ossequio al risparmio?

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 58

5. SERVIZIO SOCIALE E PIANIFICAZIONE

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 59

a. LA PIANIFICAZIONE

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 60

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/1661

Piano nazionaleArt.18 L.328/00

● rispetto dei livelli essenziali previsti dall’articolo 22

● le priorità di intervento

● le modalità di attuazione del sistema integrato

● verifica dei livelli di integrazione sociale effettivamenteassicurati

● disciplina del concorso al costo dei servizi sociali da partedegli utenti

● i finanziamenti relativi a ciascun anno di vigenza del Piano

● gli indirizzi per la predisposizione di programmi di tutela equalità della vita rivolti ai minori, ai giovani e agli anziani

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 62

Piano di zona

Art.19 L. 328/00

● gli obiettivi strategici, priorità di intervento,strumenti e i mezzi per la realizzazione;

● le modalità organizzative dei servizi, le risorsefinanziarie, strutturali e professionali;

● le modalità per la collaborazione con i soggettidella solidarietà sociale;

● stimolare solidarietà, auto-aiuto,responsabilizzare i cittadini nellaprogrammazione e nella verifica dei servizi;

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 63

Novità del Piano di zona

● La funzione di governo vede cooperare ilsoggetto pubblico con il privato sociale etutta la comunità

● Partecipazione degli attori territoriali allepolitiche sociali

● Aggregazione dei comuni

● Impiego di nuove risorse

b. GLI UFFICI DI PIANO NELLA REGIONE LAZIO

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 64

l’interazione tra ambito politico e tecnico …

Coordinamento politico di ambito distrettuale

(Conferenza dei Sindaci … Accordi di programma … Comune capofila)

Coordinamento tecnico

(Responsabili … operatori …)

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 65

Ufficio di Piano

l’Ufficio di Piano secondo la D.G.R. 202/2011

“L’atto istitutivo dell’Ufficio di Piano deveindividuare la struttura organizzativa, le finalità,la sede operativa, le risorse economiche ed ilpersonale necessario al suo funzionamento.

L’Ufficio di Piano è costituito da:

• un coordinatore;

• uno staff tecnico-progettuale;

• una struttura amministrativa.”

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16

66

l’Ufficio di Piano: le professionalità

Sociologi

C. T

illi –Metodi 2

-A.A. 2

015/16

67

Coordinatore/ Responsabile

Assistenti sociali

Psicologi

AmministrativiAltri

Politici …

Gli uffici di Piano nella regione Lazio: alcune particolarità

IL COORDINATORE/ RESPONSABILE …

• Nei Municipi romani è costituito da un Assistente sociale in circa i 2/3 dei territori

• Nei distretti delle 4 province è costituito, in circa metà dei territori, da una figura amministrativa, e solo in ¼ dei casi da un assistente sociale

I PROFESSIONISTI PRESENTI …

• A Roma, AA.SS. presenti praticamente in tutti i Municipi

• Nei distretti provinciali, in circa ¼ dei territori non è presente l’AS

• Forte presenza in generale di amministrativi

• Alcuni UdPmonoprofessionali

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 68

c. UN POSSIBILE PERCORSO DI COSTRUZIONE DEL PIANO

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 69

1^ fase: chi siede al tavolo?

C. Tilli – Metodi 2 - A.A.

2015/16 70

Ente/i locale/i

Servizi ASL

Scuole

Provincia

Cooperative sociali

Volontariato

Cittadini associati e singoli

Sindacati

Aziende, commercianti,

artigiani

nodi critici …

• Tensione tra spinte partecipative epossibili chiusure

• “Cultura della partecipazione” (neipolitici, nei tecnici, nei cittadini)

La governance è il frutto di un cammino arduo e faticoso, in cui

occorre capacità di mettersi in discussione come professionisti,

servizi, associazioniC. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 71

2^ fase: dalla lettura della domanda all’analisi dei bisogni

L’analisi dei bisogni è un’operazione complessa,che deve tener conto di diversi fattori:

• Le CARATTERISTICHE SOCIO-DEMOGRAFICHE della popolazione delterritorio

• La DOMANDA SOCIALE che afferisce aiservizi del territorio (in primis, il serviziosociale, ma anche i servizi sanitari,educativi, …)

• I BISOGNI portati in evidenza dalleC. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 72

Strumenti per l’analisi della domanda:

• Sistemi informativi/banche dati di servizi sociali, sanitari, educativi … (quantitativi)

• Ricerche apposite

• Conoscenze a carattere empirico/ relazionale (qualitativi)

• Questionari ed altri strumenti di valutazione (quali/quantitativi)

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/1673

… per passare dall’analisi della domanda alla lettura del bisogno …

… occorrerebbe intervistare “l’utente che nonc’è” (F. Folgheraiter) � intercettare i bisogni dicoloro che, pur avendone, non arrivano aiservizi, perché non ne conoscono la strada, enon hanno nessuno che li accompagni …

MA ALMENO …

“ascoltare” la voce del territorio …

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 74

C. Tilli – Metodi 2 - A.A. 2015/16 75

Dare voce e rappresentanza aicittadini singoli ed associati, ed alterzo settore, e favorirne lapartecipazione

3^ fase: l’analisi dell’offerta esistente

• Servizi sociali …

• Servizi sanitari …

• Servizi educativo/formativi …

• Servizi a carattere sportivo …

• …C. Tilli – Metodi 2 - A.A.

2015/1676

4^ fase: la progettazione e l’individuazione delle priorità del sistema integrato

Questa fase si compone di 2 aspetti:

• Le scelte strategiche e le priorità � compito acarattere prevalentemente politico, che peròpuò avvalersi della competenza tecnica chepone in rapporto bisogni e risorse;

• La fase di progettazione � compito a caratteretecnico, che può/dovrebbe essere realizzato informa partecipata attraverso i “tavoli”

C. Tilli – Metodi 2 - A.A.

2015/16

77

a. Le scelte strategiche e di priorità

� In periodi come quello attuale, stretto nellamorsa della scarsità di risorse, è questo uno deipassaggi più delicati dell’elaborazione del Piano

�Si tratta di decidere a quali ambiti e per qualibisogni verranno destinate le (poche) risorsefinanziarie

C. Tilli – Metodi 2 - A.A.

2015/1678

b. La progettazione

Deve rispondere ad alcune domande:

• Quali progetti e/o servizi occorre mantenerecosì come sono attualmente?

• Quali occorre modificare perché non hannoottenuto gli scopi prefissati o perché i bisognisono cambiati?

• Quali nuove piste occorre aprire per venireincontri ai bisogni emergenti?

C. Tilli – Metodi 2 - A.A.

2015/1679

5^ fase: la stesura del Piano

• Ufficio di Piano

• Organismo esterno appositamente incaricato

• Ufficio di Piano con altri componenti (A.S.L.,Scuole, Terzo Settore, …)

• Politici …

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6^ fase: l’approvazione del Piano

�Il Piano di Zona è l’atto politico per eccellenza, edeve dunque essere approvato dall’organodecisore – ovvero dal Consiglio(Comunale/Municipale)

�Lì dove sono presenti più Comuni, è necessarioche il Piano venga approvato da TUTTI

�Importanza della CONDIVISIONE/NEGOZIAZIONE preventiva

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d. PUNTI DI FORZA E CRITICITÀ DEI PIANI DI ZONA IN UNA RECENTE RICERCA NAZIONALE

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La ricerca:

• Realizzata dall’ISFOL nella primavera del 2013per monitorare i Piani di Zona

• Metodologia CAWI (questionariosomministrato per via telematica)

• Hanno risposto 447 Ambiti Territoriali sui 634presenti nel territorio nazionale

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Le principali criticità nell’attività di pianificazione e gestione:

Criticità evidenziate Frequenze sul totale dei rispondenti

Difficoltà organizzative e personale insufficiente

73%

Farraginosità e complessità delle procedure 70%

Poco tempo a disposizione 65%

Difficoltà a dare attuazione a quanto programmato

53%

Insufficiente cultura della pianificazione sociale

49%

Indisponibilità dei dati necessari per una buona pianificazione

45%

Fonte: ISFOL 2013

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i principali effetti dell’attività di pianificazione:

Effetto Effetto principale

2°effetto

3°effetto

Ha contribuito a costruire una visione comune sul problema

33,9% 20,4% 12,0%

Ha determinato la costruzione di un linguaggio comune

20,9% 20,1% 8,0%

Ha migliorato la collaborazione tra partner

11,6% 14,7% 21,1%

Ha reso più efficaci le procedure e le prassi

10,1% 9,3% 17,1%

Fonte: ISFOL 2013

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