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Psicologia e Giustizia Anno 14, numero 1 Gennaio - Giugno 2013 1 MODELLI SEMIO-NARRATIVI E PSICOLOGIA INVESTIGATIVA NELLA LOTTA CONTRO IL BULLISMO Domenico Di Chiara, docente di Lettere Palermo RIASSUNTO Le sperimentazioni presentate in questo articolo mostrano che i fenomeni di disagio scolastico e di bullismo possono essere prevenuti e contrastati efficacemente con l’apporto integrato di due discipline modernissime: la Psicologia investigativa e la Semiotica investigativa. Alla prima vanno riconosciuti sistemi scientifici di indagine applicabili anche alle situazioni di bullismo, l’altra mira a rilevare nei dettagli il sistema relazionale tra i soggetti presenti in un contesto criminoso e a pianificare gli interventi educativi. Questi si sviluppano utilizzando modelli semio-narrativi, costruiti secondo i criteri della scienza semiotica e con gli obiettivi indicati dal costruttivismo bruneriano. È possibile, così, studiare l’impianto di un protocollo di condotta del docente, a garanzia sia della trasparenza che di una piena tutela della libertà della sua funzione, non ancora del tutto priva di condizionamenti, sotto l’aspetto giuridico, specie da parte di soggetti terzi, estranei all’Istituzione scolastica. I modelli semio-narrativi mostrati in questo lavoro non esauriscono l’infinita gamma di modelli che possono scaturire dai princìpi sui quali sono costruiti. La Semiotica, altresì, applicata a fini investigativi, può fornire agli investigatori e ai periti un quadro più chiaro su tutti i fattori che concorrono a definire i moventi dei comportamenti delle parti e, dunque, condurre a una più consapevole obiettività di giudizio da parte del Giudice. PAROLE CHIAVE: Bullismo, Disagio scolastico, Semiotica investigativa, Psicologia investigativa, Funzione docente. INTRODUZIONE Questo lavoro espone i modi di applicazione del Sistema Educativo Attanziale, presentato in forma teorica e nei suoi risultati oggettivi in un precedente articolo sul fenomeno del disagio scolastico e del bullismo (Di Chiara, 2012). Sono presentate alcune sperimentazioni basate su modelli semio-narrativi, che propongono tecniche didattiche ed educative nuove ed alternative a Docente all’ICS “Cavour” di Palermo (scuola secondaria di I grado ad indirizzo musicale, www.icscavour.it), ha prestato servizio in scuole “a rischio” in diverse province italiane. Collabora con Associazioni Nazionali qualificate nella prevenzione del disagio, nella lotta alla dispersione scolastica e nelle relazioni familiari. Lavora in squadra con èquipes di psicologi. Ha partecipato ad incontri e seminari sulla prevenzione del disagio giovanile, sulle condotte a rischio in adolescenza, sulle strategie di intervento in ottica sistemica. Adotta nelle sue classi il Sistema Didattico-Educativo Attanziale. Pubblicazioni: - (2008) Il gioco degli attanti, saggio antropologico sul disagio scolastico (Ed. Thule Cultura, Palermo). - (2012) IL GIOCO DEGLI ATTANTI. Studio semiotico sul disagio scolastico e sul bullismo, PSICOLOGIA & GIUSTIZIA, XIII, 1. e-mail: [email protected]

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Psicologia e Giustizia Anno 14, numero 1

Gennaio - Giugno 2013

1

MODELLI SEMIO-NARRATIVI E PSICOLOGIA INVESTIGATIVA

NELLA LOTTA CONTRO IL BULLISMO

Domenico Di Chiara, docente di Lettere – Palermo

RIASSUNTO – Le sperimentazioni presentate in questo articolo mostrano che i fenomeni di disagio

scolastico e di bullismo possono essere prevenuti e contrastati efficacemente con l’apporto integrato

di due discipline modernissime: la Psicologia investigativa e la Semiotica investigativa. Alla prima

vanno riconosciuti sistemi scientifici di indagine applicabili anche alle situazioni di bullismo, l’altra

mira a rilevare nei dettagli il sistema relazionale tra i soggetti presenti in un contesto criminoso e a

pianificare gli interventi educativi. Questi si sviluppano utilizzando modelli semio-narrativi,

costruiti secondo i criteri della scienza semiotica e con gli obiettivi indicati dal costruttivismo

bruneriano. È possibile, così, studiare l’impianto di un protocollo di condotta del docente, a

garanzia sia della trasparenza che di una piena tutela della libertà della sua funzione, non ancora del

tutto priva di condizionamenti, sotto l’aspetto giuridico, specie da parte di soggetti terzi, estranei

all’Istituzione scolastica. I modelli semio-narrativi mostrati in questo lavoro non esauriscono

l’infinita gamma di modelli che possono scaturire dai princìpi sui quali sono costruiti. La Semiotica,

altresì, applicata a fini investigativi, può fornire agli investigatori e ai periti un quadro più chiaro su

tutti i fattori che concorrono a definire i moventi dei comportamenti delle parti e, dunque, condurre

a una più consapevole obiettività di giudizio da parte del Giudice. PAROLE CHIAVE: Bullismo,

Disagio scolastico, Semiotica investigativa, Psicologia investigativa, Funzione docente.

INTRODUZIONE

Questo lavoro espone i modi di applicazione del Sistema Educativo Attanziale, presentato in

forma teorica e nei suoi risultati oggettivi in un precedente articolo sul fenomeno del disagio

scolastico e del bullismo (Di Chiara, 2012). Sono presentate alcune sperimentazioni basate su

modelli semio-narrativi, che propongono tecniche didattiche ed educative nuove ed alternative a

Docente all’ICS “Cavour” di Palermo (scuola secondaria di I grado ad indirizzo musicale, www.icscavour.it), ha

prestato servizio in scuole “a rischio” in diverse province italiane.

Collabora con Associazioni Nazionali qualificate nella prevenzione del disagio, nella lotta alla dispersione

scolastica e nelle relazioni familiari. Lavora in squadra con èquipes di psicologi.

Ha partecipato ad incontri e seminari sulla prevenzione del disagio giovanile, sulle condotte a rischio in

adolescenza, sulle strategie di intervento in ottica sistemica.

Adotta nelle sue classi il Sistema Didattico-Educativo Attanziale.

Pubblicazioni:

- (2008) Il gioco degli attanti, saggio antropologico sul disagio scolastico (Ed. Thule Cultura,

Palermo).

- (2012) IL GIOCO DEGLI ATTANTI. Studio semiotico sul disagio scolastico e sul bullismo,

PSICOLOGIA & GIUSTIZIA, XIII, 1.

e-mail: [email protected]

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quelle conosciute e in uso nelle nostre scuole. Per applicare questi modelli è necessaria la

conoscenza del substrato teorico su cui si fondano, richiamato nello studio sopra citato. In essi

confluiscono discipline come la narratologia (Propp, 1928), la semiotica (Greimas, 1970, 1985;

Greimas, Fontanille, 1991; Greimas, Courtés, 2007; Bertrand, 2002), la pedagogia costruttivista

(Bruner, 1984, 2003), la semiotica investigativa (Gulotta, 2008, 71 e ss.) e la psicologia

investigativa (Canter, 1995; Gulotta, 2008), che conferiscono ai modelli una morfologia

tutt’altro che statica, al contrario dinamica ed in tras-formazione continua.

Gli spazi fisici e geografici richiesti dai modelli non sono più quelli tradizionali dell’aula,

della cattedra e dei banchi, ma laboratori di vita in miniatura (Dewey, 1938), spesso esterni

all’aula e con assetti adeguati al modello. I soggetti trattati sono alunni della scuola

dell’obbligo, vero vivaio di osservazione e sperimentazione, fra gli 11 e i 14 anni, vale a dire

della fascia d’età più delicata nel processo di formazione della persona.

La costruzione del modello semio-narrativo si articola secondo lo schema narrativo di

Vladimir J. Propp (1928) e il modello attanziale di Algirdas J. Greimas (1970, 1985), nei quali

figurano sia le funzioni proppiane che gli attanti di Greimas:

Fig. 1: Le 31 funzioni di Vladimir J. Propp

Aiutante Destinante

Soggetto Oggetto

Oppositore Destinatario

Fig. 2 : Il sistema attanziale di Algirdas J. Greimas

Ogni modello traccia un programma narrativo, all’interno del quale vanno a confluire i

programmi narrativi di ciascun attante, determinando lo sviluppo della storia da differenti punti

Situazione iniziale

1. Allontanamento

2. Divieto/ordine

3. Infrazione

4. Investigazione

5. Delazione

6. Tranello

7. Connivenza

8. Danneggiamento/mancanza

9. Comunicazione/mediazione

10. Decisione

11. Partenza

12. Esame o prova

13. Reazione

14. Donazione

15. Trasferimento

16. Lotta

17. Marchiatura

18. Vittoria

19. Rimozione del danno

o della mancanza

20. Ritorno

21. Persecuzione

22. Salvataggio

23. Incognito

24. False pretese

25. Compito difficile

26. Adempimento

27. Identificazione

28. Smascheramento

29. Trasfigurazione

30. Punizione

31. Nozze

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di vista: quello dell’attante focalizzante e quello dell’attante focalizzato, in una rete di relazioni

attanziali dove gioca la valorizzazione o investimento timico che gli attanti riversano sulle

categorie semiotiche che si articolano nei vari modelli. Esso si presenta, pertanto, «come lo schema

della sceneggiatura di un testo teatrale o cinematografico, in cui gli attanti si attualizzano nei personaggi e si

realizzano negli attori; i ruoli attanziali degli uni e le sfere d’azione degli altri confluiscono nelle azioni degli

attori, che si sviluppano secondo la sequenza delle funzioni di Propp, creando il “movimento del racconto” e

determinando le relazioni attanziali […]. L’aspetto semiotico del modello è costituito dalle categorie semiotiche,

dalle modalità e dalle passioni che giocano nella storia costruita dal docente e dalle quali deve scaturire

l’investimento timico progettato e programmato» (Di Chiara, 2012, 18).

Il ricorso alla Psicologia investigativa (Canter, 1995; Gulotta, 2008) nell’ambito del bullismo

e della devianza si spiega con l’analogia delle tecniche investigative che il modello canteriano

propone in ambito criminoso. In concorso, la Semiotica investigativa, oltre a rilevare nei dettagli

il sistema delle relazioni tra i vari soggetti nel contesto d’indagine, mostra il processo di

produzione della significazione e di generazione del senso (Gulotta, 2008, cit.) tanto nel testo

narrato (fiction) quanto nei comportamenti degli attori (reality). Non c’è, infatti, insegnante che,

di fronte a situazioni di sopraffazione o di bullismo non indaghi, in qualche modo, sul contesto

socio-culturale e sulla personalità dell’autore dell’atto violento, sulle caratteristiche della

vittima, sulle dichiarazioni dei testimoni ed, infine, sulle relazioni tra i soggetti in gioco. Si tratta

di una prassi, per così dire, naturale, utilizzata spontaneamente da tanti docenti di prima linea e

adottata in molte scuole nell’ambito della loro Autonomia, ma non ancora normativamente

riconosciuta come facente parte della funzione docente e, dunque, non legata a protocolli e non

specificamente tutelata sul piano giuridico. Senza dubbio, l’utilizzo di tecniche investigative

secondo protocolli scientifici, anche nell’ambito della funzione docente, non può che offrire

garanzie di “buon funzionamento” del servizio, trasparenza del codice deontologico e maggior

tutela giuridica nell’esercizio della funzione, specialmente nel momento in cui la Scuola italiana

sembra aver toccato, nell’immaginario sociale, i limiti infimi del degrado ed in cui il professore

ha perduto il valore di modello di riferimento ed è diventato figura marginale di un sistema (la

scuola pubblica) divenuto, a sua volta, marginale.

Il problema che emerge, dunque, riguarda la formazione e il riconoscimento di una figura di

docente che è nelle aspettative sociali ma non ancora normativamente recepita dalle Istituzioni.

Essa non riguarda certamente, anzi, va oltre l’Operatore psicopedagogista, figura da tempo

consigliata negli Istituti scolastici, oggi generalmente presente in qualità di Assistente sociale

nelle AA.SS.PP. del territorio, raccordata alle singole scuole per il tramite di una Funzione

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Strumentale (art. 28, CCNL del 26/5/99) sottoposta a regole determinate dagli Enti Locali e dai

Collegi dei Docenti nell’ambito dell’Autonomia scolastica e, per questo, in molti casi difforme

tra una scuola e l’altra, troppo carica di mansioni burocratiche e spesso poco vicina ai contesti

sui quali è chiamata ad operare. Va pure oltre la figura del Mediatore scolastico, “aiutante”

equidistante e non coinvolto nelle situazioni conflittuali fra compagni e fra Scuola e Famiglia.

Queste due figure, create per risolvere le problematiche conflittuali e i disagi nel mondo della

scuola, appaiono spesso “legate” (tanto per i docenti, che operano in situazioni drammatiche,

stressanti e, talvolta, pericolose, quanto per le famiglie, restìe a riconoscere nei figli problemi di

natura comportamentale, quanto per gli stessi alunni, che possono “sentirsi” etichettati) a un

fare teorico, generico ed astratto, lontano da una prassi attesa e legata alle realtà contingenti.

Può colmare questo deficit una figura in cui teoria e prassi si fondono e nella quale

confluiscono le istanze sociali sopra menzionate. Il Gulotta (2008), vero antesignano in Italia

del riconoscimento del valore della Psicologia investigativa e della Semiotica investigativa

nell’ambito della pragmatica forense, propone la conoscenza dei canoni di queste discipline non

solo alle categorie che operano in ambito forense ma anche a quelle operanti nel sociale. Tra

queste non possono mancare i docenti di ogni ordine e grado, non ancora formati sotto questo

aspetto e, per di più, spesso abbandonati dalle Istituzioni e privi degli strumenti operativi per

affrontare i problemi del disagio scolastico e del bullismo. Nel corso di questo articolo sarà

possibile constatare quanto sia di fondamentale importanza l’applicazione della Psicologia

investigativa e della Semiotica investigativa anche in ambito scolastico.

I MODELLI E LE SPERIMENTAZIONI

1. MODELLO GIURIDICO

Nel Modello giuridico è rilevante la figura del soggetto, che deve esercitare le funzioni

dell’imputato ed ottenere il riconoscimento della sua anti-storia. Gli “imputati” possono essere

scelti tra i vari elementi della morfologia e della sintassi, tra i segni di punteggiatura, tra i

diversi tipi di testo, tra i generi letterari. Possono essere “imputati” i personaggi della poesia

epica o di altro genere letterario, poeti e scrittori, personaggi storici, forme di Stato e di

Governo, ideologie e correnti culturali, ecc. Il modello mostra un gioco di attanti in cui il

soggetto, presentato come anti-soggetto (= accusato), deve costruire, coadiuvato dai suoi

aiutanti (difensore e testimoni a difesa) e ostacolato dagli oppositori (pubblico ministero e

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testimoni d’accusa), programmi narrativi veridittivi, realizzandoli attraverso un fare persuasivo

che possa coincidere col fare interpretativo dei suoi interlocutori (= far credere e creder vero).

Si tratta, in altre parole, dell’instaurazione di un contratto di veridizione tra i partner della

comunicazione, i quali investono nella disputa le categorie timiche sovradeterminate dalle

categorie semiotiche “offerte” dal contesto narrativo (Greimas, 1985, 89-90, passim).

L’applicazione corretta e sistematica del modello attanziale produce negli allievi il transfert

dell’apprendimento.

Esempio n. 1: schema del Modello Giuridico

ATTANTE PERSONAGGIO ATTORE FUNZIONE OBIETTIVO

Anti-

soggetto

Imputato Hitler Vendetta/Tracotanza/

Sterminio

“Pace” nazista

Oggetto Potere Guerra/

Dominio

Eliminazione fisica

degli avversari/

Razzismo

“Pace” nazista

Oppositore Accusatori

Parte lesa

Antinazisti

Ebrei

Denunciano i crimini

contro l’Umanità

Denunciano la Shoà

Libertà/Auto-

determinazione/

Condanna

dell’imputato

Aiutante Difensori Nazisti “Confermano” le

funzioni dell’anti-

soggetto

“Pace” nazista/

Assoluzione

dell’imputato

Destinante Giudici Storia “Giudicano” le

opposte tesi nel nome

dell’Umanità

Far trionfare la

Giustizia

Destinatario Umanità Ebrei Testimoniano la Shoà

e i crimini contro

l’Umanità

Non dimenticare

per non ricadere

nell’abominio

Esempio n. 2

Davanti alla Giuria dei verbi è convenuto il Modo congiuntivo, querelato dalla Congiunzione

“se”, che l’accusa di arrecarle gravi danni per assenteismo: per non lavorare, infatti, l’imputato

si fa sostituire spesso da un amico compiacente, il Modo indicativo, con conseguenze talvolta

disastrose per gli utenti e per la grave confusione arrecata alla Pubblica Comprensione! Le

prove prodotte dall’accusa sono schiaccianti!

In questa esperienza è preso a modello il noto Tribunale delle vocali di Luciano di Samosata,

celebre esponente della seconda sofistica, vissuto intorno al II secolo d. C.: l’obiettivo del retore

greco è quello di liquidare i rigidi princìpi aristotelici (Ipse dixit) attraverso il libero

contrapporsi di posizioni contrarie, laicamente poste su un piano di parità. In effetti, gli apparati

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concettuali proposti dalla pedagogia tradizionale della grammatica sono sciolti nel gioco

umoristico della dialettica e del confronto. La strategia del dialogo lucianeo, regolato da un

moderatore super partes, mira ad una dialettica implicante il contrapporsi di posizioni opposte

(i classici δίσσοι λόγοι sofistici) ed è contrassegnata da un gradevole umorismo e da una satira

pungente, che caratterizza le differenti opinioni dei protagonisti a confronto. Questa strategia

può valere anche come momento di verifica delle conoscenze, delle abilità e delle competenze

che gli alunni sanno a priori di dover affrontare attraverso fictional performances. Entra,

pertanto, in gioco nei ragazzi anche un valore personale, l’autostima, che costituisce già da sé

un fortissimo propulsore alla motivazione, per conseguire, alla fine, l’obiettivo non dichiarato

dell’autogratificazione e della gratificazione da parte del docente.

2. MODELLO DIALETTICO

Il modello dialettico presenta due sistemi attanziali contrapposti, dove i due differenti soggetti

mirano al perseguimento dello stesso oggetto di valore (Ov), confrontandosi in una disputa nella

quale investono differenti categorie timiche:

Destinante Anti-destinante

Soggetto Ov Anti-soggetto

Aiutante Anti-aiutante

Si può applicare per prevenire situazioni di sopraffazione o di conflitto fra compagni, con lo

scopo di canalizzarne l’aggressività o di esorcizzarla (= ottenere una catarsi) attraverso un

dibattito regolato. Un caso di sopraffazione avvenuto in classe è stata la causa occasionale

dell’applicazione di questo modello. Il presente paragrafo mostra un’articolazione che richiama

la struttura canonica di un Testo Giuridico, come la Sentenza o il Ricorso, che sono dei testi

narrativi e argomentativi in cui il Giudice o l’Avvocato (gli Autori) presentano il FATTO, dal

quale traggono le loro deduzioni in termini di DIRITTO, analizzando i comportamenti delle

parti solo sulla base della devianza apparente dalla norma e con la precisa finalità di dimostrare

la propria tesi. Una più profonda analisi semiotica del FATTO, tuttavia, può condurre a

deduzioni di DIRITTO nuove o diverse dalle attese, come mostra il fatto che viene presentato.

2. 1. FATTO – (Una classe di terza media)

Alla fine della ricreazione mi recavo in classe per effettuare le mie ore di lezione. Subito dopo

il cambio con l’insegnante dell’ora precedente, l’alunno Antonio (d’ora in poi “A” [i nomi degli

alunni sono fittizi]), con voce tremante e con gli occhi rossi di pianto, mi informava che i suoi

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compagni durante la ricreazione si erano messi a giocare col suo zainetto, tirandoselo e

passandoselo a vicenda a mo’ di pallone ed infine svuotandone il contenuto nel cestino dei

rifiuti, dal quale poi lo stesso A raccoglieva il suo materiale scolastico.

Tranquillizzato il ragazzo, in evidente stato di ansia e di frustrazione, lo invitavo a fare i nomi

degli autori di quell’azione: Benedetto, Carlo, Danilo ed Ernesto come autori materiali, gli altri

come spettatori divertiti. Sentita la versione di A, interrogavo gli altri compagni per una più

dettagliata ed obiettiva ricostruzione dei fatti. Preso atto delle loro ammissioni di responsabilità,

espresse sotto l’aspetto di comune responsabilità in un gioco di gruppo (= mal comune, mezzo

gaudio!), spiegavo ai ragazzi le ragioni dell’inammissibilità del loro comportamento, anche

attraverso la lettura degli articoli del Regolamento d’Istituto riguardanti il caso in specie. A

questo punto esperivo l’intervento educativo di conciliazione, come da Regolamento, invitando

i ragazzi a scusarsi col compagno. Tutti chiedevano scusa, compresi coloro che non erano stati

nominati da A, perché – mi spiegavano – si erano sentiti in colpa per non aver fatto nulla per

difendere il loro compagno. Solo Benedetto e Carlo (d’ora in poi “B” e “C”) non avevano

chiesto scusa, adducendo la loro totale estraneità all’accaduto ed accusando A di falsità nei loro

confronti. Prudentemente sospesa questa prima fase del procedimento educativo, prevista dal

Regolamento d’Istituto, e proponendomi di continuare nell’intervento nei giorni successivi,

assegnavo ai ragazzi un compito in classe, che B e C si rifiutavano di eseguire. Ripreso in mano

il Regolamento e letti gli articoli riguardanti la fattispecie in questione e visto ancora il loro

rifiuto altezzoso e irrispettoso, procedevo ad annotare sul registro di classe il loro rifiuto ad

eseguire un lavoro scolastico. Nello stesso momento l’alunno Francesco mi informava che B e

C avevano minacciato A di gravi ritorsioni per aver fatto la spia, il tutto confermato dallo stesso

A (Sintesi della Relazione sull’accaduto).

Il fatto tragico, tuttavia, avveniva in Presidenza dopo le rimostranze e le minacce dei genitori

di B e di C, convocati per essere informati: impossibile e falso quanto imputato ai loro figli!

Ingiusta la nota disciplinare da parte dell’insegnante! A evidenziare la “mala fede” del docente

adducevano una dettagliatissima e commovente storia della vita dei loro figli, la loro innata

sensibilità, il senso di giustizia, i sentimenti, i valori, ecc. Ne avrebbero fatto seguire una

denuncia contro l’insensibilità e l’incompetenza dell’Istituzione scolastica e dei professori, ecc.,

ecc.! La Scuola, ingannata e intimorita da un fare persuasivo e aggressivo, priva di strumenti e

chiusa in un ottuso cerchio burocratico, “si sentiva”, così, costretta a lasciare al docente ogni

personale decisione per risolvere la (sua) questione, scaricando su quest’ultimo ogni

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responsabilità e ponendosi come mediatore equidistante tra due antagonisti: l’Istituzione

scolastica, infatti, non poteva assicurare alcuna tutela giuridica in merito a contestazioni

sull’operato di un docente da parte di soggetti estranei alla Scuola.

2. 2. DIRITTO – Analisi semio-narrativa della storia

1. L’anti-soggetto manipolatore – B instaura con C un contratto fiduciario (Greimas,

1985, 205-215) per coinvolgerlo nel suo Programma Narrativo (PN) ai danni di A,

considerato come rivale. Vittima di una costrizione semiotica (Greimas, Courtés,

2007, 65), C viene modalizzato nell’essere e adegua il suo fare uniformandolo al far-

fare di B, che dividerà, così, col suo “alleato” ogni responsabilità (Di Chiara, 2012, 4

ss.; Greimas, 1985, 205-215). Questo segmento narrativo trova riscontro nello schema

di Propp (funzioni n. 4, n. 5 e n. 7).

2. Gregari e vittima – B e C tentano di instaurare con tutti gli altri compagni lo stesso

contratto fiduciario per la realizzazione dello stesso PN, costruito integralmente da B,

ma in parte tenuto segreto a C, con lo scopo ultimo di moltiplicare il numero dei

corresponsabili e condividere, così, le responsabilità. Qualcuno aderisce al contratto,

altri restano indifferenti, nessuno si oppone. Lo stesso A, privo delle modalità del

saper-fare e del poter-fare e senza un aiutante, non osa opporsi e subisce

passivamente. Quest’altro segmento narrativo corrisponde alle funzioni 6, 7 e 8 dello

schema di Propp.

3. Il ruolo dell’insegnante – L’ingresso del nuovo attante (l’insegnante) modifica il

sistema attanziale e il relativo sistema relazionale: A si ritrova nel contesto a lui noto,

riconosce il suo destinante e il suo aiutante e gli si affida, negoziando l’acquisizione

delle modalità che gli mancano e accettando di instaurare con lui un contratto

fiduciario per annullare il PN di B e di C. Le funzioni proppiane 9 e 10 descrivono

efficacemente l’ulteriore pezzo di racconto, che sembra svilupparsi con sequenze

abbastanza prevedibili.

4. La reazione dell’anti-soggetto – Il destinante riordina il sistema attanziale e

ripristina, col suo fare persuasivo, le relazioni attanziali deviate, re-instaurando i

contratti attanziali preesistenti. Solo B e C rifiutano le proposte del destinante. Le

successioni proppiane, sul piano narrativo, riguardano le funzioni 14, 15, 19, 21 e 24:

ancorché ripristinata la situazione iniziale, infatti, il soggetto non è del tutto fuori

pericolo perché l’anti-soggetto reagisce in modo molto aggressivo, sfidando lo stesso

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destinante e cercando di sostituirsi a lui con false pretese (funzione n. 24). Il suo fare

«si configura come imposizione semiotica, che rileva della categoria modale del poter fare,

sovradeterminata (= modalizzata) dal saper fare» (Di Chiara, 2012, 4) e dal voler fare ed ha la

funzione essenziale di re-instaurare la mancanza o il danneggiamento (Greimas,

Courtés, 2007, 3), come rileva la sequenza n. 8 di Propp. Per realizzare il suo PN

principale, pertanto, egli deve necessariamente costruire un PN d’uso (Greimas,

1985), in cui chiama in causa, come anti-destinante e anti-aiutante, la sua famiglia.

5. Il ruolo della famiglia – I familiari di B assumono le funzioni dell’anti-destinante

(soggetto manipolatore), preparandosi a sostenere un programma di veridizione

credibile e a suggerire ed omologare le mosse dell’anti-soggetto per la difesa di un

oggetto di valore che gli appartiene e che rischiano di perdere: si tratta della perdita

della faccia del figlio e dell’ammissione di fallimento come genitori (= senso

dell’onore di famiglia). Nel loro progetto coinvolgono la famiglia di C, attraverso un

contratto fiduciario. Essi, tuttavia, possiedono le due sole modalità del poter-fare e del

non poter-non fare, corrispondenti alle due categorie semiotiche della libertà e della

obbedienza, che ricadono nella deissi positiva del modello assiologico (fig. 3), dove è

descritto il codice di comportamento relativo alla fierezza: si tratta, come si vede, di un

comportamento disfunzionale volto a manifestare una dominanza che non c’è. Essi, in

effetti, non sanno di non possedere l’indipendenza (= modalità del poter-non fare, che

pertiene a un vero destinante) e che, dunque, si stanno arrogando funzioni attanziali

non aderenti al ruolo che hanno voluto assumere: la loro posizione gerarchica, sul

piano attanziale, è in evidente subordine rispetto a quella del destinante (il docente),

che nel quadrato ricade sull’asse relativo alla sovranità.

Il quadrato semiotico (Greimas, 1985, 212) mostra l’articolazione dell’assiologia del

codice dell’onore:

codice della sovranità

libertà poter-fare poter-non fare indipendenza

codice della fierezza codice dell’umiltà

obbedienza non poter-non fare non poter-fare impotenza

codice della libertà codice della sottomissione codice dell’obbedienza

Fig. 3: Modello assiologico dell’onore e sottocodici dell’onore nel quadrato semiotico.

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Un nuovo oggetto di valore che i familiari dell’anti-soggetto tendono a conquistare

subito attraverso un tranello o un danneggiamento (funzioni 6 e 8 dello schema di

Propp) è il coinvolgimento (funzione n. 7 [connivenza]) dei soggetti da manipolare (il

destinante/Dirigente scolastico e il destinante/docente) nel loro codice d’onore di

soggetti manipolatori: occorre, dunque, che costruiscano un PN d’uso. Il successo di

quest’operazione dipende dall’equilibrio tra il loro saper-fare persuasivo e saper-fare

impositivo (velato ed implicito fare minaccioso = violenza privata [art. 610, Cod.

Pen.]), di cui il destinante/docente è (o dev’essere) consapevole. Trasferita sul piano

giuridico-forense, la costruzione del PN d’uso da parte delle due famiglie per ottenere

la connivenza del Capo d’Istituto e danneggiare il docente si costituisce come

un’azione di depistaggio, riscontrabile nelle funzioni 6, 7 e 8 dello schema di Propp e

che, in termini semiotici, tradisce ed implica una variazione del focus con sostituzione

dell’oggetto focalizzato.

Nelle controversie tra Scuola e Famiglia che finiscono in un’aula di Giustizia,

talvolta il Giudice e/o gli Avvocati sottovalutano, o non si accorgono, che le denunce

della famiglia di un minore nei confronti di un insegnante sono molto spesso precedute

dal reato di violenza privata da parte degli stessi familiari ai danni del docente che, sul

piano semiotico, tentava di resistere ai loro inviti di stipulare un contratto fiduciario

per salvare l’onore compromesso del figlio. In virtù dell’appropriazione indebita del

ruolo attanziale del Destinante Supremo, altresì, le famiglie di B e di C interrompono

l’azione educativa di pertinenza del docente nell’ambito del contesto scolastico,

prevista dal Regolamento d’Istituto e finalizzata al recupero dei soggetti coinvolti, e la

sostituiscono con la propria, palesemente antieducativa, cadendo nella flagranza di

una delle fattispecie riguardanti la responsabilità genitoriale per culpa in educando.

Alla luce dell’analisi semiotica del FATTO, dunque, emerge che la denuncia dei

familiari di B e di C (anche se non messa in atto, ma semplicemente annunciata) è

preceduta e seguita, in termini di DIRITTO, da due reati palesi (violenza privata e

culpa in educando), frutto di una disfunzione relazionale e di una sfida a livello

semiotico (Greimas, 1985, 211) che non è possibile portare alla luce e comprenderne il

movente (cioè le vere ragioni = il senso) [e, pertanto, da indizio trasformare in prova]

se non attraverso l’analisi semiotica. In effetti, al Giudice o all’Avvocato non può

(non deve) sfuggire che l’azione educativa messa in atto dai familiari di un minore

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spesso non mira a educare i figli focalizzandosi sul loro comportamento, bensì a

sanzionare aprioristicamente l’azione educativa del docente spostando la

focalizzazione sulla condotta di quest’ultimo, anche quando, con estrema evidenza,

essa rientra nell’esercizio riconosciuto della sua funzione e nel suo codice etico

professionale.

L’anomalia di tutto il processo scaturisce, sul piano semiotico, da una disfunzione

relazionale d’origine, causa prima delle disfunzioni successive, e riguarda

l’abdicazione, da parte del Capo d’Istituto, e la consegna del suo ruolo attanziale a un

destinante non riconosciuto dalle famiglie (il docente). Ergo, il principio

dell’Autonomia scolastica, arma a doppio taglio, permette ai Dirigenti Scolastici di

non tener conto del principio di solidarietà e di scaricare, motu proprio, le

responsabilità proprie dell’Istituzione sulla persona del docente dipendente.

6. Il ruolo dell’Istituzione scolastica – All’Istituzione scolastica, figura astratta del

Destinante, competono le sfere d’azione corrispondenti alle funzioni 2 – 9 – 12 – 14 –

15 – 17 – 19 – 20 – 25 – 27 – 28 – 30 dello schema di Propp, che la Scuola esercita

attraverso l’opera del Capo d’Istituto e del personale docente. Il nostro ordinamento

giuridico fissa le norme che disciplinano la funzione docente. «Tali norme sono raccolte nel

Testo Unico D.P.R. n. 297/94, agli artt. dal 395 al 541, e provengono dal D.P.R. n. 417/74, dove erano

state trasferite dall’originario D.P.R. n. 3/57. A tali norme si aggiungono quelle previste dal C.C.N.L.

del 4/8/1995 e successivi. Queste norme, infine, coordinate con la L. n. 59/1997, che all’art. 21

introduce l’Autonomia scolastica, descrivono il profilo professionale del docente tanto sul piano

istituzionale quanto su quello delle aspettative sociali» (Di Chiara, 2012, 13).

Nessuna norma, tuttavia, sembra contemplare una qualche tutela giuridica

(prevista anche sotto forma di copertura economica nel caso di procedimento a

carico) in merito a contestazioni sull’operato di un docente (figura giuridica che

rappresenta l’Istituzione), nell’esercizio delle sue funzioni, da parte di soggetti

estranei all’Istituzione scolastica (Ascione, 2007). La Legge, in effetti, pur

riconoscendo al docente la libertà di funzione propria del destinante (figura dotata di

libertà e indipendenza), non gli permette, di fatto, di esercitarla, lasciando persistere

ostacoli oggettivi, anche se solo di natura economica. La Scuola, lasciando

all’insegnante gli onori e gli oneri della difesa del suo operato, cadeva nel tranello

dell’anti-destinante e chiudeva in passivo la sua partita con la famiglia dell’alunno, la

quale otteneva la vittoria dirottando la focalizzazione sull’operato del docente, cioè su

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un oggetto diverso dal figlio/alunno. L’analisi semio-narrativa mostra, infatti, che il

PN dell’anti-destinante ha funzionato: in effetti, il tranello (funzione n. 6) è andato a

buon fine (funzione n. 7) e si è verificato il previsto danno all’insegnante (funzione n.

8). Sul piano giuridico, alla funzione docente non sembrano riconosciute da adeguate

norme positive sufficienti garanzie di un esercizio libero e privo di condizionamenti.

2. 3. Il nuovo contesto attanziale e la risposta deviante del docente

La situazione che si presenta è quella di una sfida semiotica in atto tra S1 (soggetto sfidante) e

S2 (soggetto sfidato) (Greimas, 1985, 205-215), dove, però, il sistema attanziale canonico

subisce un’inversione: il sistema classico, dove S1 è soggetto manipolatore dominante

riconosciuto, cambia dopo il successo di S1 su S2, perché subentra un nuovo assetto attanziale

dove variano le relazioni attanziali; nel nuovo contesto in atto S1 deve far credere di essere il

dominante, perché in realtà si accorge di non esserlo più (non lo è mai stato): nel passaggio al

nuovo sistema attanziale, difatti, S1 è costretto (= perde la modalità del poter-fare) a spostare la

focalizzazione dall’Ov d’uso (= il docente danneggiato), che gli era servito nel precedente PN

d’uso, e a focalizzarsi sull’Ov principale (il figlio), ri-costruendo un nuovo PN principale, dove

non può-non valutare la futura convivenza del figlio nello stesso gruppo-classe e con lo stesso

professore. È proprio questo timore (Greimas, Courtés, ed. 2007) a far perdere a S1 i requisiti

del destinante e a fargli riconoscere il docente (S2) come destinante gerarchicamente superiore.

Si tratta ancora, tuttavia, di un riconoscimento non manifesto, del tipo “io so… che tu sai…”, di

cui il quadrato della veridizione di Greimas (1985, 50) mostra le articolazioni:

verità

------------------ essere sembrare

segreto menzogna

non-sembrare non-essere

falsità

dove la deissi positiva del quadrato (= segreto) descrive lo status del docente, il quale non sembra di essere il

destinante ma lo è, mentre quella negativa (= menzogna) mostra che i familiari sembrano di essere i destinanti ma

non lo sono.

Fig. 4: Il quadrato semiotico della veridizione secondo Algirdas J. Greimas.

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C’è, dunque, nella sfida una dimensione semiotica per la quale il suo buon funzionamento

«implica una complicità oggettiva fra manipolatore e manipolato» (Greimas, 1985, 211) e dove il successo

è riservato al soggetto in grado di adottare un codice assiologico deviante rispetto alle attese

della controparte per inglobarla nella sua assiologia dominante (Greimas, ibidem; sopra, fig. 3).

Gli esempi, nella letteratura come nella vita di tutti i giorni, sono infiniti: Gesù porge l’altra

guancia all’aguzzino che lo schiaffeggia (Greimas, ibidem); Achille non si scaglia più contro

Agamennone, ma si ritira dalla guerra (Iliade, canto I; Di Chiara, 2012, 6); Salomone decide di

tagliare in due il bambino conteso (Bibbia, 1 Re, 3, 16-28; Di Chiara, 2012, 10). Si tratta, come

si vede, di un conflitto semiotico fra assiologie, dove fa da spartiacque la forza

dell’investimento timico degli attanti.

Al docente si presentano due apparenti alternative possibili:

1. Riconoscere la sua impotenza (non poter-fare) perché non tutelato dall’Istituzione e/o

per paura di impelagarsi in procedimenti giudiziari lunghi e costosi, in paventate

ispezioni ministeriali, col rischio (non tanto peregrino) di vedersi distrutta la carriera e

la credibilità e di dover pagare improponibili risarcimenti richiesti dagli avvocati,

ecc., ecc. e, dunque, non fare nulla.

2. Affermare la sua libertà (poter-fare) accettando la sfida, nella speranza del ritiro dei

suoi avversari o che gli eventi possano svilupparsi, in qualche modo, a suo favore.

Il suo status è quello descritto nello schema positivo del quadrato semiotico, che il modello

assiologico (fig. 3) rileva tra le modalità contraddittorie del poter-fare e del non poter-fare, le

quali si configurano come indicatori di uno stato polemico interiore, determinato

dall’intimidazione per la denuncia annunciata e dallo sconforto per essere stato lasciato solo.

Egli adotta, tuttavia, una soluzione deviante e inaspettata, tale da rendere privo di senso ogni

ulteriore PN progettato dalle famiglie di B e di C a suo danno, ma che sicuramente rientra

nell’ambito della funzione docente e nel codice deontologico del professore. Egli ri-focalizza le

attenzioni sull’oggetto dimenticato (il figlio/alunno) e ingloba nella sua assiologia i suoi

opponenti, ponendo un unico oggetto come obiettivo comune. Il nuovo PN del docente,

pertanto, si orienta al recupero dei due ragazzi, ignorando in apparenza l’accaduto (v. deissi

positiva = segreto, in fig. 4), ma facendoglielo rivivere attraverso il modello dialettico.

L’investimento timico positivo (= eu-foria) dei due alunni diventa il catalizzatore del

progressivo scioglimento e riavvicinamento delle famiglie e di una loro esplicita ammissione di

riconoscimento dell’operato del professore.

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3. MODELLO MEDICAL

Nel modello medical le funzioni degli attanti sono quelle esercitate dal personale che lavora

in un ospedale; gli alunni interpretano una fiction che, attraverso il trasporto metaforico, assume

il valore di medium per il conseguimento del transfert dell’apprendimento.

Esempio n. 1 (classe di terza media)

Sonia: Paziente: sig.ra Africa – Descrizione anamnesi clinica

Giuseppe: Medico Pronto Soccorso – Servizio di Pronto Soccorso

Valerio: Tecnico di laboratorio – Servizio tecnico-diagnostico

Federica, Maria

Alessandro, Salvo Medici specialisti – Diagnosi, terapia

Claudia, Simone

Vincenzo: Terapia intensiva – Rianimazione

Andrea: Primario – Coordinazione, diagnosi globale, piano terapeutico finale

Michele: Cappellano – Cura dei problemi spirituali del paziente

Jessica: Infermiera – Supporto all’équipe medica e al primario

Analisi semiotica – La signora Africa è un soggetto privo dell’aiutante, alla mercè di forti

oppositori ma, soprattutto, ingannato da un fortissimo anti-destinante, loro segreto alleato. Si

trova in ospedale per curare un malessere generale, del quale i medici scoprono le cause

attraverso l’anamnesi clinica (= auto-narrazione). Si tratta di una signora molto “ricca” che

durante la sua vita è stata depredata dei suoi averi ed anche di molti suoi figli, resi schiavi da

gente potente, che si è, così, arricchita a sue spese, lasciandola nella povertà e nella desolazione.

L’evidente metafora mira a trasferire in contesti noti (= contesto ospedaliero) ed emozionanti

situazioni prive di emozioni, apprese sui libri o attraverso lezioni frontali. Ciò va a determinare

la costruzione di un sistema attanziale con numerosi aiutanti (= tutto il personale dell’ospedale),

i quali operano sulle diverse categorie semiotiche un investimento timico, personale e

differenziato secondo il ruolo tematico di ciascuno.

Esempio n. 2 (classe di prima media)

Pazienti: Chiara, Veronica, Gian Marco, Josy (famiglia Sicilia)

Infermieri: Alessandra, Patrizia, Andrea, Federica, Rosy

Tecnici di laboratorio: Felicia, Luigi, Antonino

Primario e chirurgo: Luca

Psicologi: Noemi, Antonino

Cardiologi: Martina, Ambra

Oncologi: Fabio, Antonina, Antonietta

Cappellani: Davide, Michele

Terapia intensiva: Emanuel, Andrea, Alessio

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In questo caso i pazienti sono la famiglia Sicilia, che nell’esperienza in questione manifesta,

attraverso l’anamnesi clinica, la presenza delle seguenti “malattie pregresse”: dominazioni

straniere, sfruttamento, fame, sete, povertà, guerre, epidemie, emigrazione, delinquenza, mafia,

ecc. Se ne dispone il ricovero nei diversi reparti dell’ospedale, dove gli specialisti danno la loro

diagnosi. Il Primario e l’équipe medica, dopo un consulto, diagnosticano la presenza di un

tumore maligno (mafia). L’équipe decide di operare d’urgenza per estirpare il tumore

maligno diagnosticato ai pazienti.

Nel modello medical è evidentissimo il trasporto metaforico: una “noiosa, arida ed astratta”

lezione di geografia si trasforma in un coinvolgente “laboratorio di vita”, dove ciascuno ha un

ruolo interdipendente e funzionale in tutta l’economia dell’evento (cooperative learning).

L’applicazione di questo modello, ancorché produrre effetti immediati nell’ambito disciplinare

specifico, esercita e prepara gli allievi anche all’acquisizione di abilità trasversali, come il

corretto utilizzo di dati ed appunti ai fini della stesura di testi argomentativi.

4. MODELLO NEWS e MODELLO TEMPORALE

Il modello news e il modello temporale (Back step - Forward step – Evocativo – Rolling

spots) permettono di effettuare viaggi nel tempo, particolarmente entusiasmanti (= eu-forici) per

i ragazzi, i quali possono confrontare e comprendere civiltà lontane nel tempo e seguire

concretamente il cammino dell’umanità. Essi presentano il canonico sistema attanziale

greimasiano fuori dall’inscrizione spazio-temporale classica e permettono di descrivere e

osservare un evento da differenti punti di vista: quello del soggetto focalizzante e quello

dell’oggetto focalizzato: «Chiamiamo anche focalizzazione – tenuto conto non del soggetto focalizzante, ma

dell’oggetto focalizzato – la procedura che consiste nell’inscrivere [...] un attore o una sequenza narrativa entro

coordinate spazio-temporali sempre più precise. Per far questo l’enunciante non possiede soltanto le possibilità

offerte dalla localizzazione spazio-temporale, ma anche e soprattutto dalla procedura di inserimento grazie a cui

una puntualità o una durata possono essere inscritte in un’altra durata, uno spazio in un altro spazio» (Greimas,

Courtés, tr. it. 2007, 129, alla voce “focalizzazione”).

Esempio di Modello News

Questo modello presenta diverse articolazioni, in base alle quali la classe assume l’assetto di

uno studio televisivo o radiofonico, di una redazione di giornale oppure di una piazza con un

cantastorie. Nel “modello news” gli alunni si trasformano in inviati speciali, speakers,

reporters, cantastorie, giornalisti, intervistatori e personaggi da intervistare.

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In una prima media:

TG dell’anno IV della LXXIV Olimpiade (480 a.C.); località: Passo delle Termopili

(Grecia centrale), tra il monte Eta e il golfo Maliaco. Situazione: II guerra greco-

persiana (è in corso da alcuni giorni uno scontro armato tra le preponderanti forze

persiane e un esiguo reparto di opliti spartani, che tentano di sbarrare la strada agli

invasori). Direttore/Speaker: Anassagora; Inviati speciali: Simonide (inviato nel

campo spartano); Eschilo (inviato nel campo persiano). Corrispondenti: da

Persepoli, Semiramide; da Atene, Temistocle; da Sparta, Pindaro. Collegamento

speciale con Terone di Akragas, che presso Imera ha sconfitto i Cartaginesi.

In una seconda media:

TG del 27 luglio 1794. Località: Parigi; notizia scoop: arresto di Robespierre, capo

del Comitato di Salute Pubblica, accusato di tirannia.

In una terza media:

TG dell’8 gennaio 1918. Notizia: Il Presidente degli Stati Uniti, Wilson, in un

discorso al Congresso rende noti i 14 Punti della sua proposta sulle condizioni per

una pace “stabile e durevole” dopo la fine della prima guerra mondiale.

Esempio di Modello Temporale

(Rolling spots/ Back step/ Forward step/ Evocativo)

1. Rolling spots

Successione di brevi scene che, con cadenza cronologica, scandiscono in modo sintetico il

succedersi di eventi storici, il ripetersi di fatti, l’evoluzione di idee, i cambiamenti sociali, ecc.,

anche attraverso discorsi sintetici e significativi di personaggi del passato e del presente.

2. Back step/ Forward step/ Evocativo

In una prima media:

Ottaviano Augusto e Carlo Magno si incontrano per discutere sulla grandezza

dell’impero romano, confrontandosi in una calorosa disputa sugli imperi da loro

fondati (modello evocativo).

In una seconda media:

1. Un ipotetico personaggio del XVI secolo, cattolico, proiettato nel presente

(forward step), non comprende come il Papa possa entrare in una sinagoga ed

abbracciare degli Ebrei o tollerare e rispettare dei Protestanti, quando è suo preciso

dovere scomunicarli e perseguitarli in nome di Cristo.

2. Allo stesso modo un viaggiatore del XX secolo, arrivato per caso nel Cinquecento

(back step), resta inorridito nel veder bruciare al rogo scienziati, studiosi ed eretici,

rei di aver professato idee contrarie alla Chiesa.

3. Infine (modello evocativo), Dante Alighieri, Galileo Galilei e Giovanni Paolo II

discutono su importanti temi, come la libertà, la scienza e la religione, sui quali

scoprono di essere tutti e tre d’accordo. Alla fine del dialogo il Pontefice abbraccia

Dante e Galilei, ringraziandoli per il coraggio di avere manifestato le loro idee

contro corrente per il bene dell’umanità.

In una terza media:

1. Giovanni Giolitti (1842-1926), sbarcato nel XXI secolo (forward step) ed entrato

in Parlamento, è contento di notare come le sue geniali strategie politiche

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trasformiste continuino ancora ad essere adottate per il bene del Paese. Da una

finestra di Montecitorio osserva con soddisfazione centinaia di giovani emigranti

che partono per terre lontane in cerca di lavoro, proprio come ai suoi vecchi tempi!

2. Hitler, Mussolini e Stalin (modello evocativo) si osservano con odio e cercano di

dimostrare la bontà delle rispettive ideologie ad un uditorio atterrito e muto. Sullo

sfondo si osservano cartelloni raffiguranti campi di sterminio e gulag.

5. MODELLO EZIOLOGICO

Nel modello eziologico le funzioni del soggetto e dell’oggetto sono esercitate da due

personaggi speciali, la Causa e l’Effetto, in un’alternanza di ruoli tale da costituire una catena di

problem solving che deve condurre ad una conclusione programmata. Richiede l’applicazione

delle teorie “aspettativa-valore” che possono essere espresse in termini matematici, nella forma

semplice: scelta = f (valore x probabilità di successo), dove il simbolo “f” significa “funzione

di”, oppure in termini di motivazione con la seguente formula: attivazione del motivo = f

(disposizione motivazionale x incentivo x aspettativa).

Sul piano semiotico, il modello va letto come la costruzione, da parte di ogni alunno, di un

proprio programma narrativo, dove ciascuno è soggetto in relazione con il proprio oggetto. Le

due formule descrivono l’attivazione del motivo come direttamente proporzionale

all’investimento timico (= valorizzazione) che il soggetto va a riversare sull’oggetto.

L’investimento positivo (eu-foria) indica che il soggetto valorizza l’universo semantico che gli

si presenta e lo trasforma in assiologia, orientando il suo comportamento secondo il codice

legato al sistema assiologico. Il valore massimo che ogni soggetto tende ad assiologizzare è la

difesa del concetto di sé, a prescindere dalla qualità timica investita (eu-foria, dis-foria, a-

foria). Il momento topico del transfert non può, dunque, che rilevarsi nella coincidenza

“istantanea” dell’attivazione, a livello clinico, del neurotrasmettitore dopaminergico (Kahana,

2006) e, a livello comportamentale, dell’attivazione del motivo. Queste attivazioni sincroniche,

inscindibilmente correlate, si verificano sistematicamente in presenza di modalità

d’apprendimento attanziali, che tendono a trasferire le aride e teoriche lezioni frontali sul piano

del coinvolgimento emotivo attraverso il gioco di squadra, dove ciascun giocatore sa di avere

un ruolo importante ed insostituibile per ottenere la vittoria dell’intero gruppo (= cooperative

learning).

6. MODELLO TRANSFERT

Il modello transfert consiste nel trasferimento di ruolo e, quindi, nel rivestimento di più ruoli

attanziali da parte dell’attore. Il modello è anche l’applicazione pratica del “sistema aperto” di

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Claude Brémond (1977), secondo il quale il narratore ha la possibilità di imprimere alla storia

uno sviluppo in senso positivo o negativo tutte le volte che nella narrazione si presenta una

situazione di problem solving. Nel modello transfert, pertanto, l’attore è anche autore della

storia e pluri-attante, perchè assume alternativamente le funzioni di destinante, di soggetto e di

anti-soggetto, cercando di rendere credibile sia la sua storia che l’anti-storia (v. Fedro, Il lupo e

l’agnello, in cui un solo attore può assumere i ruoli attanziali dei due antagonisti).

Il modello è stato utilizzato a proposito di un alunno particolarmente egocentrico e pieno di sé,

superbo e per niente solidale con i compagni. L’apparato scenografico messo in atto è stato

fondamentale per creare l’atmosfera adatta. Si tratta di un modello che pone l’attore nella

condizione di manipolare lo sviluppo del racconto, di interpretare ruoli differenti e spesso

opposti e di operare delle scelte autonome circa le funzioni degli attanti che deve interpretare:

questa attività gli permette di autocontrollare e di dominare le stesse situazioni nonché di

decodificare i codici sociali e comportamentali legati alle caratteristiche simboliche degli attanti.

Il soggetto, interpretando la funzione dell’agnello messo alle strette, risolve il suo problema con

belati disperati, chiamando in scena i suoi aiutanti, che fanno allontanare l’antagonista.

L’analisi semiotica dell’evento rileva la figurativizzazione, da parte del soggetto, di un nuovo

programma narrativo che preveda un ruolo attanziale assente nella storia classica, quello

dell’aiutante, su cui egli fa affidamento per la risoluzione dello stato polemico (o di disagio) in

cui viene a trovarsi. La realizzazione del programma narrativo attraverso la performance, vale a

dire attraverso il fare, trova il suo movente nella mancanza dell’aiutante (funzione n. 8 dello

schema di Propp), che dev’essere resa nota (funzione n. 9) perché l’eroe possa reagire

(funzione n. 10), sicuro di ottenere i mezzi necessari (funzione n. 14) per intraprendere una lotta

alla pari con l’antagonista (funzione n. 16) e conseguire la vittoria (funzione n. 18).

Questo processo descrive la narrativizzazione dell’evento da parte del soggetto ed evidenzia

l’investimento timico riversato sull’oggetto, che viene così assunto come oggetto di valore.

L’analisi semiotica delle passioni (Greimas, Fontanille, 1991) rileva l’assiologizzazione della

categoria timica investita e, dunque, la modalizzazione dell’essere del soggetto, che acquisisce,

così, una competenza (= transfert). Dev’essersi fatto strada, infatti, nella sua coscienza un forte

bisogno di “solidarietà”, proiettata verso uno scopo riconosciuto e condiviso come eticamente

positivo. Il sistema di valori del soggetto subisce, dunque, una trasformazione, realizzandosi,

così, un transfert attanziale (= l’investimento timico è responsabile del cambiamento del sistema

assiologico).

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7. MODELLO MIMETICO

Una sperimentazione del modello mimetico, lunga ed articolata, ha visto come protagonista

Salvatore (pseudonimo), un ragazzo di prima media di 14 anni, con pregressi turbolenti,

pluriripetente, classificato come bullo, seguito dai servizi sociali e dal Tribunale dei minori per

reati a suo carico. La laboriosa ricerca delle variabili, secondo uno schema e un processo di stile

comportamentista (Teoria Stimolo-Risposta), ha permesso di ricostruire un quadro abbastanza

dettagliato del suo profilo personale e del contesto familiare e socioculturale di provenienza.

Forte di un prestigio guadagnato sul campo alla scuola elementare, alle medie il ragazzo

assume da subito il ruolo di bullo, che esercita facilmente sui compagni più piccoli, diventando

sin dai primi giorni il capo di un “branco” (Di Chiara, 2012, 14-17) totalmente ai suoi ordini

(variabile indipendente).

A rafforzare la sua leadership all’interno del gruppo concorrono, purtroppo, alcuni grossolani

errori di molti docenti della classe, suffragati dalla stessa istituzione scolastica: un numero

incredibile di note disciplinari (variabile intermedia), ritenute l’unico sistema per evitare il

reiterarsi di comportamenti antisociali, non adeguati alla convivenza e irrispettosi verso cose e

persone. Ho la certezza, infatti, che annotazioni di questo tipo, fatte a ragazzi “difficili” e non

accompagnate da adeguati interventi, possano talvolta produrre effetti incontrollabili e, forse,

devastanti: in molti casi possono fare da catalizzatore ed innescare meccanismi di autodifesa

della personalità, in qualche modo frustrata o offesa (variabile dipendente). La “nota” in questi

casi può assumere una funzione simile a quella di un battesimo del fuoco, con l’effetto di

elevare il prestigio del soggetto nei confronti del gruppo e di condurlo a rafforzare il suo ruolo

di bullo, provocando una più forte coesione del gruppo stesso (variabile dipendente). Trasferita

sul piano narratologico, la situazione corrisponde alla sequenza delle funzioni n. 9 (trascrizione

della nota disciplinare sul registro di classe), n. 16 (reazione dell’alunno contro l’istituzione) e

n. 24 dello schema di Propp (tentativi pretestuosi di incolpevolezza, atteggiamento fortemente

aggressivo): è quello che è avvenuto per Salvatore! La reazione dell’Istituzione scolastica ai

comportamenti del ragazzo ha prodotto un effetto opposto e contrario alle attese: ha

maggiormente accresciuto e consolidato il suo disadattamento nei confronti dell’ambiente

scolastico, ormai divenuto ostile; Salvatore diventa intrattabile ed assume atteggiamenti

irrispettosi ed aggressivi anche verso i professori (variabile dipendente). Sul piano semiotico

sono nettamente evidenti le relazioni attanziali tra i soggetti agenti e il loro carattere dis-

funzionale. A questo punto il destinante (il docente), l’unico che può narrativizzare l’evento da

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un livello superiore perché dotato di libertà e indipendenza, ha l’opportunità di imporre un

cambiamento di prospettiva al programma narrativo, finalizzandolo anche al recupero del

ragazzo: il destinante, nuovo soggetto di una nuova storia, può scegliere di diventare aiutante in

un nuovo programma, tutto da costruire (variabile intermedia). Nel nuovo sistema attanziale

che verrà a delinearsi, sarà rispettato l’originario organigramma greimasiano, perché ogni

attante andrà ad occupare il posto che gli compete: l’insegnante sarà riconosciuto come

destinante e aiutante, Salvatore si identificherà nel soggetto, l’oggetto di valore sarà

riconosciuto come tale dal soggetto e dal destinante solo se, e quando, il ragazzo condividerà lo

stesso codice di comunicazione e di comportamento e lo stesso sistema di valori del destinante.

In termini antropologici e pedagogici, il recupero e l’integrazione di Salvatore nel modello

culturale istituzionale dipenderà dall’aiuto e dall’opera di chi è preposto alla sua educazione.

Grazie al modello mimetico il ragazzo “scopre” capacità musicali ed espressive che non gli era

stato concesso di esprimere mai prima d’allora ed è quasi travolto dalla voglia di soddisfare

quella che sente ora come un’esigenza. La passione (Greimas, 1985; Greimas, Fontanille, 1991)

che muove Salvatore ha la sua origine «nel difficile, complicato ed imperfetto rapporto col padre, vissuto

dal ragazzo come una sorta di in-sensata punizione (= pena inflitta, “sentita” come negazione d’amore), dalla quale

riscattarsi e affrancarsi attraverso un’azione di ri-valsa (= dal verbo ri-valere, ri-dare-valore), proiettata alla ri-

conquista dell’oggetto d’amore» (Di Chiara, 2012, 21); il ragazzo deve comunicare al padre un suo

bisogno e adesso gli si presenta l’occasione! Sul finire dell’anno scolastico la classe organizza

nella palestra coperta un musical; l’idea nasce durante una discussione in classe intorno

all’esistenza di Dio, poi allargatasi in quasi tutte le discipline. I ragazzi stessi “inventano” il

titolo e si mettono all’opera. Salvatore è l’interprete del figliol prodigo della nota parabola

evangelica. Tra il pubblico non può né deve mancare il padre, coinvolto (trascinato!) con

l’incarico di esperto per la realizzazione di alcuni effetti speciali.

Sul piano narratologico si nota la seguente successione delle funzioni di Propp:

1. Funzioni n. 14 (donazione) e n. 16 (lotta): il soggetto entra in polemica con se stesso nel

momento in cui l’aiutante/donatore gli fornisce l’elemento magico, costituito

dall’opportunità di inviare un messaggio all’oggetto desiderato attraverso una fiction e,

quindi, di poter comunicare con lui.

2. Funzione n. 18 (vittoria): il soggetto interpreta la fiction e il suo messaggio arriva al

destinatario (oggetto).

3. Funzione n. 29 (trasfigurazione): il soggetto cambia figura e assume nuove sembianze,

ottenendo un giudizio finale di riconoscimento nella sua nuova figura.

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Sul piano semio-narrativo, le successioni proppiane descrivono il trasferimento del

comportamento del soggetto a un nuovo sistema assiologico (transfert), determinato da una

serie di modalità offertegli dal destinante/aiutante, capaci di modalizzare il suo fare e il suo

essere:

1. Sapere → /saper fare/-/saper essere/

2. Potere → /poter fare/-/poter essere/

3. Volere → /voler fare/-/voler essere/

4. Dovere → /dover fare/-/dover essere/, in antitesi al

5. /Non poter non fare/-/non poter non essere/, che lo teneva incluso in un sistema

assiologico non più condivisibile.

La trasfigurazione, letta in chiave semiotica, descrive la sanzione, ossia il riconoscimento

della nuova identità del soggetto da parte del destinante e degli altri attanti che nella storia

hanno esercitato un ruolo.

Sul piano della psicologia del comportamento, il ragazzo recupera l’autostima e l’identità

perduta grazie all’opportunità offertagli di realizzare il sogno inseguito da sempre: la strategia

attanziale gli ha fornito gli stimoli mirati per ottenere la risposta prevista, gli ha aperto nuovi

spazi vitali, lo ha proiettato alla conquista dell’oggetto di valore, gli ha fatto ritrovare il senso

della vita.

Sul piano della psicologia clinica è coerentemente ipotizzabile che lo stato di tensione

esistenziale, provocato dal miraggio di conseguire una mèta desiderata, abbia moltiplicato

all’infinito le facoltà neuropsicobiologiche del soggetto, determinando una maggiore attività del

suo sistema dopaminergico che, secondo gli psicologi dell’Università di Filadelfia (Kahana,

2006), avviene quando il soggetto è attratto da attività utili o piacevoli o quando egli mira a un

traguardo indispensabile a dare un senso alla sua esistenza.

Dal punto di vista dell’oggetto (= il padre), quest’ultimo vive come soggetto la nuova storia

costruita dal destinante/aiutante ed entra da protagonista in un gioco di attanti, dove riconosce

l’oggetto di valore nel proprio figlio.

Il quadro semiotico generale evidenzia che nello svolgersi di una storia vera compare sempre

un gioco di attanti, così come descritto nello schema di Greimas riguardo alle fiction letterarie;

ciascuna figura partecipa al gioco degli attanti di quella storia anche come soggetto di una sua

personale storia, con un suo oggetto da perseguire e con altri attanti in relazione, in uno

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schema analogo e in un intreccio reciproco di storie e di ruoli attanziali. L’universo attanziale è

circoscritto al cast delle varie figure che, in qualunque modo, partecipano al processo.

Sul piano teoretico la lettura dell’evento è la descrizione del pensiero ricoeuriano sull’identità

narrativa = identità personale (Ricoeur, 1981, 1986): Salvatore si è riconosciuto narrandosi,

così come anche la teoria costruttivista bruneriana (Bruner, 1984, 2003) vede nell’auto-

narrazione il principio-guida del processo di costruzione dell’identità di ogni essere umano.

8. CONCLUSIONI

Le sperimentazioni dimostrano che i modelli semio-narrativi consentono di osservare ciò che

sfugge all’osservazione immediata e, per così dire, di superficie, permettendo di cogliere le

relazioni profonde che intercorrono tra le persone e il senso delle loro azioni. La scienza

semiotica, correttamente applicata secondo i canoni riconosciuti che la caratterizzano, offre

l’opportunità di comprendere le ragioni dei comportamenti e di intervenire con misure adeguate

nei casi di devianza o di disagio.

L’apporto integrato delle due discipline (Semiotica investigativa e Psicologia investigativa)

permette, ancora, di allargare i campi di osservazione e di cogliere l’aspetto giuridico dei

comportamenti umani: «Non v’è esempio possibile di convivenza, di cooperazione, d’intesa tra gli uomini nel

quale non si manifesti, contemporaneamente al fatto della convivenza, della cooperazione, dell’intesa, una norma,

anche soltanto istintivamente posta ed accettata» (Paradisi, 1973, 381). La norma, infatti, nasce

dall’esigenza di una regolamentazione di comportamenti sociali già in atto: «Il legislatore formula

esplicitamente un’esigenza che la società ha già posto a sé medesima, ne regola la modalità ma non la crea…la

estrae […]. Per queste ragioni osiamo ritenere che il diritto non sia un’astrazione, perché si identifica con la società

[…] dalla quale la norma ha tratto la sua vita e nella quale essa fa consistere la sua esistenza» (ibidem, 384).

Il Gulotta (2000; 2002), altresì, nell’introdurre la nuova categoria concettuale del diritto

psicologico, mostra quanto sia urgente e necessario nella pragmatica forense, e non solo,

studiare «in una prospettiva giuridica le norme suscettibili per la loro interpretazione e per la loro applicazione di

una valutazione psicologica» (id., 2000); una vasta area di diritto psicologico è quella che riguarda la

responsabilità (ibidem). Egli distingue una responsabilità di status e una responsabilità di ruolo:

«sociologicamente parlando, lo status è ciò che una persona può attendersi dagli altri anche giuridicamente […] e il

ruolo è ciò che gli altri si aspettano da lui, giuridicamente» (ibidem). Lo status e il ruolo sono proprio

oggetto di studio della Semiotica, che non può non considerarsi disciplina sorella della

psicologia.

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Quando l’oggetto di analisi è un minore che, per obbligo scolastico, trascorre almeno un terzo

della sua vita quotidiana sotto la tutela e l’azione educativa della Scuola, l’attenzione che ricade

sulle figure scolastiche che partecipano alla sua formazione umana e sociale è spesso limitata e

distorta. L’azione educativa dei docenti è rilevante tanto sul piano della formazione culturale

quanto, soprattutto, su quello della formazione umana degli allievi, sui loro processi di crescita

civile, morale, etica: una responsabilità non indifferente, i cui riflessi giuridici sono noti a tutti.

Tuttavia, molto di ciò che si chiede ai docenti e che, di fatto, è socialmente e giuridicamente

sanzionabile (proprio perché le aspettative sociali lo richiedono), ancorché non trovi ancora

sufficienti garanzie di esercizio e di tutela sul piano giuridico, in molti casi non è nemmeno

previsto da norme positive vincolanti nè da protocolli di categoria.

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