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Molecole d’Acqua Manuale didattico dedicato alle Scuole Elementari e Medie Inferiori

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Page 1: Molecole Manuale didattico dedicato alle Scuole Elementari ... · Premessa Viaggio alla scoperta delle risorse L’acqua, i gas, le materie prime, le materie seconde, i loro cicli,

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Prem

essa

Viaggio alla scopertadelle risorse

L’acqua, i gas, le materie prime, le materie seconde, i loro cicli, la loro chimica, loro rap-porti con l’uomo e la società, sono i temi affrontati dall’edizione di MATERIALITA’ del trien-nio 1999-2002. Queste “risorse” sono analizzate attraverso esperienze sia pratiche siateoriche oltre ad essere l’argomento di manuali didattici che, anno dopo anno, saranno a dis-posizione dei docenti delle scuole elementari, medie inferiori e superiori per affrontare questiimportantissimi temi.

“Molecole d’acqua”, la prima pubblicazione della collana di tre, affronta i temi collegati allarisorsa acqua. Questa molecola, la cui quantità è stimata in 1.400 milioni di miliardi ditonnellate, è distribuita sul globo terrestre a partire dagli oceani, dove è la componenteprincipale, fino ad essere parte integrante della struttura dei più piccoli organismi viventi,quindi fondamentali per il proseguimento della vita sulla terra. Tutte queste molecole sonocostantemente in movimento seguendo un ciclo, denominato “ciclo dell’acqua”, che ancoraoggi l’uomo cerca di regolare e controllare per i propri fabbisogni, ma con scarsissimirisultati. Questi argomenti e altri, sono affrontati nelle pagine seguenti con l’obiettivo difornire un concreto aiuto ai docenti per la programmazione scolastica delle attivitàdidattiche educative.

Page 4: Molecole Manuale didattico dedicato alle Scuole Elementari ... · Premessa Viaggio alla scoperta delle risorse L’acqua, i gas, le materie prime, le materie seconde, i loro cicli,

L’elemento acquaLa molecola dell’acqua e la sua strutturaLe proprietà dell’acquaLa tensione superficialeLa capillaritàIl calore specifico e la capacità termicaL’aumento di volumeLa solubilitàLe caratteristiche chimiche dell’acquaL’acqua in naturaLa distribuzione delle acqueIl ciclo dell’acquaLe precipitazioniL’evaporazione e la traspirazioneL’infiltrazioneIl deflusso superficialeGli ambienti d’acquaIl Mare AdriaticoLe zone umideI corsi d’acquaI laghiGli ambienti carsiciLe acque termaliLe falde acquifereL’acqua nella societàNon sempre “chiare, fresche e dolci acque”L’Acquedotto di RomagnaL’impianto di potabilizzazione di Capaccio e la rete idricaL’Acquedotto di Romagna e le esigenze di Ravenna: il N.I.P.La rete acquedottistica odiernaIl nuovo impianto di potabilizzazione di RavennaL’alimentazioneI trattamenti delle acqueLa qualità delle acque immesse in reteL’inquinamento delle acqueGli inquinanti e i loro effettiLe normativeI liquami domesticiIl depuratore di Ravenna cittàLa Carta Europea dell’AcquaProposte didatticheLa tensione superficialeLa capillaritàIl calore specificoLe soluzioniLe caratteristiche chimiche dell’acquaL’acqua va... in giù, in sù, a livelloIl galleggiamentoI passaggi di statoIl ciclo dell’acquaGli ambienti d’acquaL’acqua e la città

Bibliografia

Pag. 3Pag. 3Pag. 3Pag. 4Pag. 4Pag. 4Pag. 5Pag. 5Pag. 6Pag. 7Pag. 7Pag. 7Pag. 8Pag. 8Pag. 8Pag. 9Pag. 9Pag. 9Pag. 11Pag. 14Pag. 20Pag. 22Pag. 23Pag. 23Pag. 24Pag. 24Pag. 27Pag. 27Pag. 27Pag. 28Pag. 29Pag. 29Pag. 29Pag. 30Pag. 32Pag. 32Pag. 33Pag. 33Pag. 33Pag. 39Pag. 40Pag. 40Pag. 40Pag. 41Pag. 41Pag. 42Pag. 43Pag. 44Pag. 45Pag. 46Pag. 47Pag. 52

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Molecola d’acqua

L’acqua è il composto chimico più abbondante della crosta terrestre e nella materiavivente, l’unico composto che esiste libero in natura, l’unico che in natura si trova sia allostato solido, liquido e di vapore. L’acqua ha una forma semplicissima, H2O, ma ha delleproprietà eccezionali. E’ una sostanza composta, la cui molecola è formata da due atomidi idrogeno e uno di ossigeno. Sono proprio questi atomi a rendere la molecola speciale dalpunto di vista chimico. Analizziamo la sua struttura. Ogni atomo di idrogeno è unitoall’ossigeno da un legame covalente. Ogni legame è molto forte e coinvolge due elettroni,uno dell’idrogeno e uno dell’ossigeno, che vengono ‘messi in comune’ tra gli atomi. La molecola d’acqua è complessivamente neutra, cioè dotata di un eguale numero dicariche positive e negative, tuttavia è una molecola polare. A causa della forte attrazionedell’ossigeno per gli elettroni, infatti, questi tendono a restare più tempo intorno al suonucleo piuttosto che intorno a quelli dell’idrogeno. Come conseguenza di questo si realiz-zano nella molecola due regioni a carica debolmente positiva in prossimità dei nucleidell’idrogeno, e due a carica debolmente negativa in prossimità dell’ossigeno, deter-minando in tal modo la polarità della molecola. Quando una regione dotata di

carica si avvicina ad una con carica opposta di una diversa molecolad’acqua, la forza di attrazione determina un legame tra molecole, dettolegame idrogeno. Ogni molecola d’acqua ne può formare sino aquattro contemporaneamente. Questo legame è molto più

debole di un legame covalente o di un legame ionico ed hauna vita estremamente breve (un legame a idrogeno in

acqua allo stato liquido dura circa 10-11 secondi),ma, in condizioni normali di temperatura e pressione, questi legami si formano e si spezzano in continuazione,

riuscendo a sviluppare complessivamente unaforza di attrazione considerevole tra le molecole .

La presenza dei legami idrogeno conferiscono all’acqua le proprietà che hanno resopossibile la vita sulla Terra, facendo di questa molecola una componente essenziale degliorganismi viventi e una protagonista dei cicli e dei fenomeni naturali che determinano lemodificazioni dei nostri paesaggi.

Le proprietà più significative sono le seguenti:

1. un’elevata tensione superficiale, da cui deriva la capacità dell’acqua di assumere laforma di goccia;

2. l’azione capillare: ovvero la capacità dell’acqua di risalire lungo fessure sottilissime;

3. elevato calore specifico ed elevata capacità termica: vale a dire che, per un dato appor-to di calore, la temperatura dell’acqua aumenta molto più lentamente di qualsiasi altrasostanza, e viceversa diminuisce molto più lentamente quando si sottrae calore;

4. l’aumento di volume al di sotto dei 4°C;

5. una buona solubilità.

Vediamo ora, uno per uno, quali sono i vantaggi che derivano da queste proprietà.

Legami Idrogeno

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La tensione superficialeOsserviamo l’acqua che sgocciola da un rubinetto chiuso male. Ogni goccia che si formarimane attaccata al rubinetto per un istante, prima di cedere alla gravità e di cadere in

forma di sfera, ben delimitata dalla superficie esterna che la racchiude. Le idrometre ed altri insetti si appoggiano sulla superficie di uno specchiod’acqua senza difficoltà, come se fosse solida; un ago galleggia se appoggiatodelicatamente, nonostante il metallo abbia densità maggiore. Questi fenomeni, e

tanti altri ancora, sono gli effetti della tensione superficiale causata dalla coesione tra lemolecole d’acqua, determinata a sua volta dai legami a idrogeno. Solo il mercurio presen-ta una tensione superficiale più elevata ma con la differenza che questo non aderisce anessuna altra sostanza a causa dell’attrazione elevatissima fra i suoi atomi. L’acqua inveceè in grado di ‘bagnare’, cioè di ricoprire la superficie di altri corpi. Ne sono un esempio legocce che rimangono su un vetro dopo una poggia, su di un bicchiere dopo averlosvuotato, sul nostro corpo dopo la doccia, ecc.

La capillaritàProcurandosi una vaschetta piena d’acqua, possibilmente colorata, e dei tubi trasparenti didiametro diverso, di cui uno inferiore ai 2mm (capillare) è possibile effettuare un’esperi-mento su questo fenomeno. Sistemate i tubi dentro la vaschetta e osservate cosa succede.In base al principio dei vasi comunicanti dovremmo aspettarci che l’acqua entri in tutti itubi portandosi allo stesso livello che ha l’acqua nella vaschetta. Se osserviamo bene ciò avviene solo in alcuni tubi, infatti via via che i tubi si fanno piùstretti il livello raggiunto è maggiore di quello della vaschetta,nel capillare poi, è decisamente più elevato. E’ merito della forza di adesione che si fa sentire maggiormen-te nel capillare dove la superficie di contatto è enorme rispettoalla quantità d’acqua che è presente nel tubo. Questa è l'azione capillare. Per lo stesso motivo l’acqua riesce a diffondere fra duelastrine asciutte di vetro accostate, o in un foglio dicarta assorbente e in una spugna, oppure diffondeattraverso i micropori del terreno.

Il calore specifico e la capacità termicaL’acqua, tra tutti i liquidi naturali conosciuti, ha il più alto calore specifico: cioè assorbemolto calore nel riscaldarsi e nell’evaporare. Ciò si verifica perché i legami idrogenotendono a limitare il movimento delle molecole, quindi, affinché l’energia cinetica dellemolecole aumenti la temperatura dell’acqua, è necessario fornire il calore sufficiente perrompere i legami idrogeno oltre a quello per far aumentare l’agitazione delle molecole. La proprietà di sottrarre calore senza riscaldarsi molto, fa’ dell’acqua un ottimo accumula-tore, con importanti conseguenze per la vita degli organismi e nelle applicazioni tecniche.L’acqua presente nel nostro corpo, ad esempio, assorbe e perde molto calore senza che lanostra temperatura vari; quando fa caldo poi, sudiamo con conseguente raffreddamentodella nostra pelle. Gli organismi acquatici grazie a questa proprietà si trovano in unambiente la cui temperatura è relativamente costante e questo è fondamentale se consi-deriamo che le reazioni chimiche biologicamente importanti hanno luogo soltanto entrolimiti ristretti di temperatura. Inoltre tutti sono a conoscenza dell’azione mitigatrice dellemasse d’acqua. La capacità termica dell’acqua è sfruttata anche dall’industria per il

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raffreddamento degli impianti, come nel caso delle automobili in cui l’acqua del radiatoreserve per sottrarre calore al motore.

L’aumento di volumeNell’acqua allo stato liquido le varie molecole sono legate le une alle altre in mododisordinato. Quando l’acqua gela (0°C) si forma una struttura cristallina in cui le molecoledevono essere in punti ben definiti per formare una struttura regolare. In questo reticolocristallino le molecole, che sviluppano ciascuna quattro legami idrogeno, a causa delladistribuzione delle cariche si dispongono a una distanza maggiore rispetto a quando sonoallo stato liquido. Si determina in questo modo un aumento di volume e una conseguentediminuzione di densità. Il ghiaccio quindi è meno denso dell’acqua liquida e galleggia su diessa con enorme beneficio per le forme viventi. Se così non fosse il ghiaccio deilaghi e dei mari che si forma nelle stagioni fredde andrebbe a fondo e nonavrebbe più la possibilità di essere disciolto dal calore solare nelle stagionicalde, accumulandosi nel tempo fino a trasformare intere masse d’acqua inghiaccio. Invece, lo strato di ghiaccio galleggiante che in realtà si forma,isola l’acqua sottostante mantenendone la temperatura poco al di sopradello 0, proteggendo così gli organismi acquatici che ci vivono.La neve e il ghiaccio sono inoltre stabilizzatori della temperatura particolar-mente nei periodi di transizione dell’autunno e della primavera. Quando l’acqua gela libera calore, moderando gli sbalzi di temperatura e permettendo agliorganismi di adattarsi alle stagioni.

La solubilitàLa polarità della molecola dell’acqua ne fa uno dei migliori solventi naturalie, considerando che nei sistemi viventi molte sostanze si trovano insoluzione, si può facilmente comprendere l’importanza di questa proprietà. Le sostanze che facilmente si disciolgono in acqua sono quelle ioniche, comeil cloruro di sodio, oppure le molecole polari, cioè caratterizzate dallapresenza di zone a carica positiva e negativa, come gli zuccheri. Queste molecole, dette ‘idrofile’ (amanti dell’acqua) passano facilmente insoluzione perché le loro regioni di carica parziale attraggono le molecole d’acquaquanto o più di quanto si attraggano tra loro, determinando la mescolanza omogeneadelle due sostanze. Le molecole che non presentano regioni polari, come i grassi, sonodette ‘idrofobiche’ (che temono l’acqua) e, poste in acqua, tendono ad ammassarsi traloro. Ciò è determinato ancora una volta dai legami a idrogeno delle molecole d’acquache agiscono come una forza che tende ad escludere le molecole idrofobiche. La velocità di soluzione dipende dall’estensione della superficie di contatto tra solvente esoluto, dal mescolamento e dalla temperatura. Il processo di soluzione avviene esclusiva-mente alla superficie esterna del solido e solo quando lo strato esterno è andato in solu-zione comincia a sciogliersi lo strato immediatamente sottostante. Quindi più è grande la superficie del solido esposta, maggiore è la velocità del processo.Nelle immediate vicinanze del solido immerso nel solvente, la soluzione è quasi satura,agitando la soluzione allontaniamo dal solido le particelle già in soluzione e acceleriamo ilprocesso. Il terzo fattore da considerare è la temperatura della soluzione; più è elevata,maggiore è l’energia cinetica delle particelle e di conseguenza la velocità del processo.Questo lo sperimentiamo tutti i giorni quando zuccheriamo il caffè; lo zucchero, infatti,si scoglie più facilmente nel caffè caldo che in quello freddo.

L’elemento acqua 5

Reticolo di ghiaccio

Ioni di NaCL insoluzione

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Nell’acqua liquida gli atomi di idrogeno presentano una debole tendenza a passaredall’atomo di ossigeno a cui sono legati attraverso il legame covalente, ad un altro ossige-no, legandosi mediante un legame idrogeno. Si producono così due ioni: l’idrogenione H3O+

e l’ossidrilione OH-. In un dato volume d’acqua pura, quindi, un piccolo ma costante nume-ro di molecole sono ionizzate in questo modo e il numero di ioni H3O+ è ovviamente lo stes-so degli ioni OH-, dal momento che nessuno dei due ioni può formarsi senza l’altro. Se però sciogliamo in acqua pura sostanze ioniche (NaOH, HCl) o molecole polari, variamoil numero relativo di questi ioni. Una soluzione si definisce acida quando gli idrogenionisuperano gli ossidrioni e basica (o alcalina) se si verifica il contrario. Di conseguenza, un acido è una sostanza che provoca l’aumento relativo degli H3O+ e unabase è una sostanza che determina l’aumento degli OH-. L’acido citrico e acido acetico sonoesempi di sostanze debolmente acide che conferiscono alle soluzioni come l’aceto o ilsucco di limone un sapore agro, mentre acidi forti, come l’acido solforico, presentanospiccate caratteristiche di corrosività, fino a bucare e persino sciogliere certi metalli.Le basi deboli, come il lievito per torte, hanno un sapore amaro e sono saponose; le basiforti, come la soda caustica, sono pericolose quanto gli acidi forti. Il grado di acidità di una soluzione si esprime mediante la scala del pH, se il pH è 7significa che idrogenioni e ossidrilioni sono presenti in egual numero e la soluzione è dettaneutra, se il pH è inferiore a 7 la soluzione è acida e ogni valore superiore a 7 indica unasoluzione basica. La differenza di una unità nella scala del pH corrisponde a una differen-za di 10 volte nella concentrazione di ioni H3O+ .

Le soluzioni naturali presentano pH compreso tra 6 e 8,5, valori minori di 4e maggiori di 9 impediscono la vita di gran parte degli organismi viventi.Un pH acido causa inoltre danni agli scafi, alle banchine oppure compro-mette i raccolti per l’eccessiva solubilizzazione di Fe, Al, e Mg. Il valore del pH influenza a sua volta il residuo fisso, cioè la quantità disostanze disciolte che si possono recuperare da una soluzione, in particola-re per quanto riguarda carbonato di calcio, anidride carbonica e acidocarbonico. Possiamo distinguere un residuo a 103°C, (all’evaporazione) e unresiduo a 180°C, più attendibile poiché elimina anche l’eventuale acqua dicristallizzazione.Un’altra caratteristica chimica dell’acqua è la durezza, cioè la capacità diprecipitare sali alcalini e acidi grassi che, in seguito alla sostituzione di Na+

e K+ con altri cationi meno solubili, quali Ca+ + e Mg+ + , precipitano. Si parla di durezza carbonatica quando ci si riferisce ai sali di calcio e noncarbonatica per gli altri sali, si esprime in mg/l di CaCO3 o in gradi france-

si, tenendo conto che 1 grado francese corrisponde a 10 ppm di CaCO3.

Valori elevati di durezza provocano molti effetti inde-siderati come l’alterazione dei sapori dei cibi, le incro-stazioni delle tubature, la diminuzione dell’azione deisaponi ecc.

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Classificazione delle acque in basealla durezza (F°)

Acque molto dolci D<5

Acque dolci-medio dure 5<D<15

Acque dure 15<D<30

Acque molto dure D>30

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Osservando l’immagine fotografica o cartografica della Terra si può facilmente mettere inevidenza che la sua superficie è per la massima parte occupata dai mari. Il nostro pianeta,infatti, è occupato per il 71% dalle acque mentre solo il 29% è occupato dalle terre emerse. La quantità d’acqua sulla Terra è immensa: si stima intorno ai 1400 milioni di miliardi ditonnellate. La gran parte di essa, il 97,2%, è rappresentata da acqua di mare o salmastra,inutilizzabile da bere, ma usata per lavare, per l’irrigazione e per la maggior parte degli usiindustriali. L’acqua dolce è ugualmente presente sul pianeta in quantità molto grandi (40milioni di miliardi di tonnellate), ma è trattenuta per la maggior parte dalle calotte glacialie dai ghiacciai (2,15%); solo il rimanente 0,65% è suddiviso tra laghi, fiumi, acquesotterranee e atmosfera. L’insieme delle acque costituisce una sfera ideale a cui si dà il nome di idrosfera.

DISTRIBUZIONE DELLE ACQUE

Luogo Volume in litri Percentuale %

Oceani 1.569.150x1015 97,2Laghi 148x1015 0,009Laghi salati e mari continentali 123,7x1015 0,008Corsi d’acqua 1,35x1015 0,0001Falda freatica 72,2x1015 0,005Falde profonde 9.900x1015 0,62Calotte glaciali e ghiacciai 34.650x1015 2,15Atmosfera 153,45x1015 0,001

Il ciclo dell’acqua indica quella serie di processi attraverso i quali parte dell’acqua passa dalmare all’atmosfera, raggiunge i continenti sotto forma di precipitazioni e ritorna nuova-mente al mare. Il complesso sistema, alimentato dall’energia solare, può essere schematiz-zato come segue.L’acqua evapora dalla superficie degli oceani e forma le nubi; le nubi si spostano verso icontinenti e danno luogo alle precipitazioni (pioggia o neve); circa il 64% delle acquecadute sulle terre emerse viene temporaneamente trattenuto dalla vegetazione e dal suolofinché torna in atmosfera grazie ai processi di evaporazione e traspirazione. Il 25% scorre sulla superficie del suolo alimentando corsi d’acqua e raggiungendo così inbreve tempo il mare. Il rimanente 11% si infiltra tra le rocce del sottosuolo e va adalimentare le falde idriche. Quest’acqua si muove molto lentamente e una parte affiora nelle sorgenti, che alimenta-no a loro volta i corsi d’acqua.Se consideriamo i 300.000 chilometri quadrati di superficie dell’Italia vediamo che leprecipitazioni corrispondono, in media, a un metro cubo all’anno per ogni metro quadratodi superficie cioè, complessivamente, a 300 miliardi di metri cubi all’anno.Dell’acqua che cade sul nostro territorio una parte va perduta per evaporazione e dispersanel sottosuolo (circa 115 miliardi di metri cubi all’anno), una parte (25 miliardi di metri cubiall’anno) rappresenta l’apporto alle falde idriche sotterranee e una parte (160 miliardi dimetri cubi all’anno) corrisponde alla portata dei fiumi.

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Le precipitazioniLa causa principale della formazione delle nubi e la loro trasformazione in pioggia è ilraffreddamento delle masse d'aria, innalzate da moti ascensionali. Le nubi contengono in sospensione moltissime goccioline d’acqua del diametro medio di0,01-0,03 mm, distanziate fra loro di circa 1 mm. La pioggia invece è formata da gocced’acqua più grosse (0,5-2 mm di diametro), sufficientemente pesanti per precipitare. Le gocce si originano per condensazione delle goccioline attorno a ‘nuclei di condensazio-ne’, costituiti da particelle igroscopiche di NaCl, CaSO4, MgCl2, provenienti dagli oceani. La quantità d’acqua precipitata viene misurata in altezza di precipitazione e si esprime inmm. In pratica si misura l’altezza dello strato d’acqua che si formerebbe al suolo se tuttal’acqua non scorresse, non si infiltrasse e non evaporasse.Uno dei parametri più utili in cui vengono elaborati i dati pluviometrici è la precipitazio-ne media mensile, che esprime il totale delle precipitazioni che cadono mediamente in unmese. Tramite questi valori, calcolati su un lungo periodo di anni, nella penisola italianasono stati distinti 5 tipi di regimi pluviometrici; quello che ci interessa maggiormente, ilversante adriatico, è definito tipo sublitoraneo appenninico: presenta un minimo principa-le estivo e uno secondario alla fine dell’inverno, e inoltre un massimo principale alla finedell’autunno e uno secondario in primavera.

L’evaporazione e la traspirazioneI processi di evaporazione e di traspirazione rappresentano gli elementi principali delbilancio idrologico di una regione, in quanto riportano nell’atmosfera la maggior partedelle precipitazioni cadute sulla superficie del suolo (64%).L’evaporazione è quel processo fisico che trasforma l’acqua in vapore; interessa le acqueche scorrono sulla superficie del suolo, che ricoprono le piante, quelle stagnanti, le acquesotterranee poco profonde, le superfici innevate e i ghiacciai.La velocità di evaporazione dipende da due fattori principali: il tipo di superficie e il pote-re evaporante dell’atmosfera. Il secondo si esprime in mm d’acqua evaporata in un certoperiodo di tempo, cresce con la temperatura, con l’altitudine e con la velocità e laturbolenza del vento, mentre decresce con la pressione barometrica. Una parte dell’acquache cade al suolo viene assorbita dalle radici delle piante e convogliata fino alle foglie,dove si trasforma in vapore e si diffonde nell’atmosfera attraverso gli stomi. La traspirazione a volte supera ampiamente l’evaporazione, potendo raggiungere il60-100% delle acque di precipitazione. Essa è favorita dall’elevata temperatura, dalla bassaumidità dell’aria, dalla buona ventilazione, dall’elevata umidità del suolo e dalla buonairradiazione solare. Quest’ultima, oltre a fornire calore, rende permeabili le foglie e aiutal’apertura degli stomi. La traspirazione inoltre dipende da fattori fisiologici, rappresentatidalla specie vegetale cui appartiene la pianta, l’età e lo sviluppo dell’apparato fogliare. Il processo è praticamente nullo durante la notte.

L’infiltrazioneRappresenta il processo di penetrazione dell’acqua nel suolo. La frazione che alimenta lefalde costituisce l’infiltrazione efficace. Durante il processo l’acqua si muove verso il bassonei pori e nelle crepe più grandi per gravità, in tutte le direzioni nei pori più piccoli percapillarità. La quantità totale di acqua che riesce ad infiltrarsi nel suolo dipende da varifattori: aumenta con la permeabilità e la porosità del suolo; la permeabilità consente lapenetrazione dell’acqua, la porosità determina il volume che può essere assorbito; l’infil-

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trazione è minore se il suolo contiene molta acqua al momento delle precipitazioni(umidità iniziale del suolo); l’acqua assorbita aumenta con la durata e l’intensità delleprecipitazioni. Nel caso di piogge violente di breve durata l’acqua tende piuttosto ascorrere in superficie e l’assorbimento può essere minimo.L’infiltrazione è agevolata quando la superficie è pianeggiante o lievemente inclinata;ed è favorita dalla presenza di vegetazione, poiché le piante rallentano il deflusso superfi-ciale delle acque e rendono più permeabile il terreno mediante le loro radici.

Il deflusso superficialeLa quantità d’acqua che durante una precipitazione non viene trattenuta dai processiappena descritti defluisce lungo la superficie del suolo. Essa si raccoglie prima nellepiccole concavità del suolo o si arresta dietro ostacoli naturali (rami, foglie, ecc.), succes-sivamente trabocca e comincia a scorrere. Lo scorrimento può avvenire incanalato entroalvei ben delimitati (corsi d’acqua) oppure diffuso sui versanti sotto forma di rivoletti piùo meno concentrati, dando origine a fenomeni di ruscellamento.

Il Mare AdriaticoIl mare Adriatico è considerato un sotto bacino del Mar Mediterraneo, che a sua voltaappartiene all’areale Atlantico. Si sviluppa in senso SE-NW per circa 800 km di lunghezzae ha una larghezza di 80-150 km. La costa orientale è per la maggior parte rocciosa efrastagliata, la nostra si presenta uniformemente sabbiosa, ad eccezione dei promontori delConero, del Gargano e di quello più piccolo di Gabicce. Le profondità che si raggiungonosono minime, nella parte settentrionale non si superano i 50-60 metri, i 100-150 in quel-la centrale, mentre nella zona meridionale si hanno profondità superiori. Questa caratteristica batimetria fa si che la temperatura dell’acqua sia fortementeinfluenzata dall’alternarsi delle stagioni: in inverno le acque hanno temperature di 6-8°C(in Tirreno le acque difficilmente scendono al di sotto dei sotto i 12°C e in Mediterraneo aldi sotto dei 13°C.), in estate invece le acque superficiali possono raggiungere i 28°C.

Nel mare Adriatico anche la salinità presenta valori caratteristici. Mentre Il Tirreno sipresenta con salinità più o meno costante (37,5-38 per mille) l’Adriatico, lungo la costa ita-liana settentrionale e centrale, risente moltissimo dell’influenza dei fiumi che scendonodalle Alpi (i fiumi padani scaricano un volume d’acqua pari a un terzo di quello che si

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Le acque marine derivano il lorocalore dall’assorbimento delleradiazioni solari, che si verifica ingran parte nei primi metri diprofondità. La temperatura super-ficiale varia con la latitudine, ma èmolto influenzata dalle condizioniclimatiche delle aree continentaliadiacenti; diminuisce in generesensibilmente con la profondità.

Il calore assorbito dall’acquasuperficiale si diffonde lentamen-te agli strati sottostanti determi-nando un gradiente termico:la diminuzione di temperatura èabbastanza rapida nei primi50-100 metri, poi essa diminuiscesempre più lentamente proceden-do verso le maggiori profondità.Nei nostri mari vi è un forte

sbalzo termico in poche decine dimetri e, al di sotto di questo stra-to, detto termoclino, la variazionedella temperatura è molto debole.Questo strato di forte variazionetermica è importantissimo per iforti riflessi biologici, poichécostituisce una barriera aglispostamenti verticali di moltiorganismi.

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riversa nell’intero bacino del Mediterraneo), per cui vi è una salinità media del 33 per mille,mentre la costa della ex Iugoslavia e il golfo di Trieste, interessati dalle acque che entranodal Canale di Otranto, presentano salinità di quasi il 38 per mille.

SALI PRESENTI NELL’ACQUA MARINA

Elementi % gr per Kg di H2O

Cloruro di sodio (NaCL)Cloruro di magnesio (MgCL2)Solfato di magnesio (MgSO4)

Solfato ci calcio (CaSO4)

Solfato di potassio (K2SO3)Carbonato di calcio (CaCO3)Bromuro di magnesio (MgBr2)Totale

PRINCIPALI IONI PRESENTI NELL’ACQUA MARINA

Elementi % gr per Kg di H2O

Cloruro (CL-)Sodio (Na+)Solfato (SO4

--)Magnesio (Mg++)Calcio (Ca++)Potassio (K+)Bicarbonato (HCO3)

Bromo (Br--)Acido borico non dissociatoStronzio (Sr--)Fluoro (F-)

In Adriatico si registrano le più ampie escursioni di marea di tutto il Mediterraneo;a Venezia sono comuni variazioni di livello delle acque dell’ordine del metro, nei pressi diRiccione le escursioni massime di marea sono di 50-70 cm, mentre ad Ancona sonopraticamente nulle. Queste variazioni sono dovute alle caratteristiche morfologiche eidrodinamiche del bacino che influenzano fortemente l’azione attrattiva, svolta dal sole edalla luna, sulle acque.L’Adriatico, per le sue caratteristiche naturali, fondali poco profondi (buona parte dellacolonna d’acqua è zona eufotica) e presenza di notevoli apporti fluviali, è da sempre unmare molto produttivo. Elevata è la produzione di fitoplancton e di conseguenza la pro-duzione animale nelle sue diverse componenti: zooplancton, molluschi, pesci ecc.. Questa ricchezza biologica si traduce in una grande disponibilità di risorse per la pesca,

L’acqua in natura10

77,75810,8784,7373,6002,4650,3450,217

100,000

27,2133,8071,6581,2600,8630,1230,076

35,000

55,0430,617,683,691,161,100,410,190,070,040,00

18,98010,5562,6491,2721,2720,4000,3800,1400,0650,0260,0130,001

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tanto è vero che dall’Adriatico proviene oltre il 50% dell’inte-ro pescato italiano. L’abbondanza degli elementi nutritivi qualiazoto e fosforo (eutrofia), accentuate a partire dagli annisettanta dall’immissione di sali nutritivi di origine antropica, èla causa anche di alcuni fenomeni noti come ‘blooms’ (fioritu-re) algali, che si verificano, in condizioni normali, nelle stagio-ni primaverili e autunnali lungo tutto l’Adriatico settentriona-le. Si tratta di ‘maree colorate’, rosse e verdi costituite damilioni di microrganismi per litro di acqua. Il perdurare dellecondizioni di eutrofia determina cambiamenti della qualità delle acque quali la diminuzio-ne in prossimità del fondo dell’ossigeno, necessario ai processi di decomposizione delnumero così elevato di microalghe, e una diminuzione della trasparenza.

Le zone umidePer zone umide, secondo quanto dice la Convenzione di Ramsar (Iran) firmata il 2 febbraio1971, si intende l’insieme delle paludi, degli acquitrini, delle torbe, dei bacini naturali edartificiali, permanenti o temporanei, con acqua stagnante o corrente, dolce, salata osalmastra, comprese le acque marine la cui profondità durante la bassa marea, non supe-ra i 6 metri. La Convenzione, firmata da molti Paesi (tra cui l’Italia nel 1976) ha il fine divalorizzare e conservare l’integrità delle zone umide per salvaguardare la presenza dispecie animali e vegetali acquatici. L’Italia è un paese ricco di zone umide dichiarate di “importanza internazionale”. La sola Emilia Romagna ne conta 10: · Punte Alberete· Valle Santa· Sacca di Bellocchio· Valle di Gorino e territori limitrofi· Valle Bertuzzi e specchi d’acqua limitrofi· Valli residue e comprensorio di Comacchio· Piallassa della Baiona e territori limitrofi· Ortazzo e territori limitrofi· Saline di Cervia· Valle di Campotto e Bassarone

L’acqua in natura 11

Le radiazioni luminose sono assor-bite dall’acqua marina in mododifferenziale a seconda della lun-ghezza d’onda; le più penetrantisono le radiazioni azzurre, mentrele più attive nel processo fotosin-tetico sono quelle corrispondential verde-azzurro. La penetrazionedelle radiazioni varia a secondadella trasparenza delle acque: inquelle torbide l’illuminazione siattenua rapidamente e già a pochi

metri di profondità la luce è ridot-ta a valori trascurabili. In base allapenetrazione della luce si possonoriconoscere: la zona eufotica, benilluminata, che può variare da40-50 m in acque più torbide finoa 100 e più metri in latitudinibasse, dove le acque sono partico-larmente chiare, la zona disfoticacon limitata penetrazione di luce,fino ai 200 m circa, e la zonaafotica, priva di luce, a tali

profondità esiste solo una lumi-nescenza di origine biologicaprodotta da un gran numero dianimali marini. Nelle prime due si trovano gliorganismi vegetali che hannobisogno di energia luminosa per ilprocesso fotosintetico e di conse-guenza anche la maggior partedegli organismi eterotrofi checostituiscono gli anelli successividella catena alimentare.

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Il territorio ravennate è caratterizzato dalla presenza di particolari ambienti d’acqua che sisono formati nel corso dei secoli, in parte per il lavorio incessante dei corsi d’acqua dolcee delle correnti marine, in parte come relitti di antiche ed estese paludi che l’uomo ha pro-sciugato nel tempo con le bonifiche. La più vasta area umida presente nel nostro territo-rio è rappresentata dalle Valli di Comacchio a cavallo tra le province di Ravenna e Ferrara(circa 11.000 ettari) e dal 1972, oasi della Regione Emilia Romagna. Si tratta di una ambiente definito “di transizione”, in quanto le acque che vi circolano nonsono nè propriamente dolci nè salate, essendo infatti salmastre. La salinità però nonrisulta essere costante nel tempo, in quanto per il fenomeno dell’evaporazione, si osservauna maggiore concentrazione di sali disciolti nel periodo estivo.Il paesaggio è alquanto vario; dossi e barene emergenti, talvolta artificiali, si alternano adantichi cordoni dunosi, testimonianze di antiche linee di costa. I dossi e i cordoni delimi-tano specchi d’acqua che in alcuni casi vengono impiegati per l’allevamento ittico (per lopiù di anguille ma anche cefali, orate, rombi). Il termine “valle”, qui impiegato per indica-re degli specchi d’acqua circondati da argini, deriva probabilmente dal latino “vallum”, cioèargine. La porzione a nord delle valli è occupata dalle Saline di Comacchio (600 ettari)attive già nell’epoca etrusca, come le già citate Saline di Cervia.

L’apporto di acqua dolce all’interno delle vallicomacchiesi è dovuto in prevalenza ai canaliLogonovo e Bellocchio, mentre l’acqua di mareentra in valle tramite il Portocanale di PortoGaribaldi. I bacini più a sud, vengono alimen-tati saltuariamente anche dal fiume Reno,tramite paratoie di collegamento, in parte perabbassare la concentrazione salina estiva, inparte per migliorare i rendimenti ittici.Normalmente i chiari più vicini agli sbocchi di

acqua dolce sono meno salini degli altri più lontani da queste fonti; ciò può esseremisurato direttamente analizzando, tramite l’impiego di un salinometro, l’acqua campio-nata in diversi punti delle Valli. Non sempre però si hanno gli “strumenti tecnici” a porta-ta di mano. Gli organismi vegetali però ci possono aiutare nell’indagine. La vegetazionedegli argini, dove l’acqua è salmastra, è di tipo alofilo, cioè rappresentata da specie in gradodi sopportare elevate concentrazioni saline. Non troveremo nè alberi nè arbusti (eccezionfatta per la tamerice), ma bensì piantine dalle foglie grasse e succulente come la salsola ela salicornia, spesso accompagnate dalle fioriture violette tardo estive del settembrino. Dove l’acqua è più dolce troviamo invece la cannuccia di palude, tipica di tutte le valli diacqua dolce, tanto che la Valle della Canna, situata più a sud, proprio da questa gramina-cea prende il nome. Insieme all’oasi di Punte Alberete, la Valle della Canna (o valleMandriole) costituisce il residuo della “cassa di colmata” del fiume Lamone. La valle venneallagata, dopo gli interventi di arginatura del fiume Lamone effettuati nel 1972 dal GenioCivile di Ravenna, per gli usi idropotabili e industriali della città, modificandone in parte lacomponente più tipica: le acque, divenendo più profonde, si prestano a venir colonizzate,più che dalla cannuccia di palude, dalla tifa. La mancanza di un adeguato ricambio idricoe il grande sviluppo dei vegetali acquatici e di riva, ha causato nel tempo un aumento dellaconcentrazione di biomassa nelle acque, che portava, come conseguenza, ad una preoccu-pante eutrofia. Per migliorare la circolazione delle acque si è recentemente provveduto,con il progetto LIFE ’94, a immettere nella valle le acque del fiume Lamone e a riescavareil Canale Fossa del Comune. Occorre altresì periodicamente intervenire a sfalciare la vege-

L’acqua in natura12

Valli di Comacchio

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tazione, operazione necessaria per evitare che l’abbondante vegetazione ad elofitemarcisca sul fondo, facilitando l’interrimento del biotopo e la sua evoluzione verso il boscoigrofilo. Punto di partenza della storia delle valli d’acqua dolce del ravennate può essereconsiderata la rottura degli argini del Lamone, nel 1839, in località Ammonite pressoMezzano. A seguito della rotta delle Ammoniti, si decise di intervenire bonificando “percolmata” una vasta area intorno al fiume Lamone nel suo tratto terminale. L’area interessata dalla bonifica comprendeva non soltanto i terreni inondati dalla piena,ma anche l’antica palude ravennate che lambiva il margine occidentale della PinetaS. Vitale. Gli ingegneri idraulici a servizio del Governo Pontificio in quel tempo vigentesfruttarono, al fine della bonifica, un principio molto semplice. Suddivisero vaste zone dabonificare con arginature, trasformandole in “casse di colmata”. Alternativamente, viversavano le acqua torbide delle piene estive e autunnali, ricche di sedimenti dei fiumiappenninici e del Lamone in particolare. Si permetteva quindi il loro deflusso soltanto asedimentazione avvenuta all’interno delle casse di colmata. I territori bonificati raggiunse-ro una vastità stimabile in circa 8000 ettari. Agli inizi degli anni sessanta il Comune diRavenna, proprietario di gran parte dei relitti vallivi, intendeva bonificare tutte le zoneumide ancora esistenti. Tutti coloro che non erano insensibili a tanto spreco, si batteronoper la salvaguardia di queste zone, e tanto fecero che nel luglio del 1967, dopo infinitelungaggini burocratiche, venne emanato un Decreto di vincolo paesaggistico checomprendeva Punte Alberete (186 ettari) e Valle Mandriole (o della Canna, 271 ettari). Si dovette però fare i conti con il mondo venatorio che tentò in tutti i modi, per fortunasenza successo, di creare a loro vantaggio un‘oasi di protezione e rifugio della fauna. Gli anni successivi videro scontri importanti tra gli enti interessati alla tutela del territorioe il locale Comitato Provinciale della Caccia. Poiché non si riusciva ad arrivare ad uncompromesso, il Ministero dell’agricoltura e foreste decretò nel Novembre 1968 l’istituzio-ne dell’Oasi faunistica su Punte Alberete e Valle Mandriole. Nonostante ciò il pesovenatorio si fece sentire, e nel 1969 la protezione venne ridotta soltanto a Punte Alberete. Questo atto accese gli animi a tal punto da promuovere delle campagne di sensibilizzazio-ne naturalistica ed ecologica che indussero il Consiglio d’Europa a proclamare il 1970 “annoeuropeo per la Protezione della Natura”. Si era dunque giunti alla istituzione della primaOasi del WWF dell’Italia settentrionale, cioè all’Oasi di Punte Alberete.Le “Pialasse” sono però considerate le vere lagune ravennati. Il loro nome sembrerebbederivare dalla voce dialettale “pia e lassa”, cioè ai movimenti alterni delle correnti di mareain entrata ed in uscita. Il bacino riceve infatti acqua salata dal mare attraverso il Canale diPorto Corsini, il Candiano, e acqua dolce dai fiumi e dei canali provenienti dall’entroterra(Via Cupa, Scolo Fagiolo, taglio della Baiona…).

Riferendoci alla letteratura esistente, ricaviamo anche altre ipotesi circa il significato dellaparola pialassa. Una prima fa riferimento al termine greco “pyelos” che significa “tinozza”- bacino;. la seconda la ritroviamo scritta in lingua volgare in un documento podestariledel 1497, tempo del governo veneto della città, che nomina le pedalasse (termine ricon-dotto al vocabolo gallo-latino bedum “canale, fossa d’acqua”), con chiaro riferimento albacino.

La Pialassa Baiona è un ampio bacino lagunare di acqua salmastra costituito da una fittarete di canali dalla forma globale di una lisca di pesce che, se osservati dall’alto, non sem-brano troppo profondi, e da vaste aree sommerse, i "chiari", caratterizzate anch’esse dabassa profondità. Separata da questa dal Canale Candiano, è la Pialassa Piombone.

L’acqua in natura 13

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Non tutti i chiari presenti in Pialassa sono ad acque salmastre. Quelli più prossimi allaPineta S. Vitale sono mantenuti rigorosamente ad acqua dolce, per preservare la salute deipini, che mal sopportano la salinità dei suoli. Le acque più dolci risultano essere pertantoquelle del Chiaro del Comune, (mediamente la concentrazione dei cloruri è < a 3000 mg/l3o/OO), le più salate, quelle dei chiari più prossimi ai canali che immettono acqua marina inpialassa con concentrazioni di NaCl di poco inferiori a 20000 mg/l (20 o/OO).

Tutte le zone umide sono ricche di faune e flore interessanti dal punto di vista naturalisti-co-conservazionistico. Non infrequenti sono i fenicotteri rosa nelle saline di Cervia, ilmignattino piombato nelle pialasse, il marangone minore a Punte Alberete, la morettatabaccata nella Valle della Canna, le ninfee, il morso di rana, l’utricularia nelle acque dolcie l’astro settembrino negli ambienti salsi; e l’elenco potrebbe continuare.

I corsi d’acquaI fiumi e i torrenti sono senza dubbio elementi fra i più significativi del paesaggio terrestree, anche se l’acqua che vi scorre è una minima quantità di quella esistente sulla Terra, laloro importanza nell’economia del pianeta è grandissima.Le acque correnti, infatti, sono fra i più attivi agenti modificatori della crosta terrestre conla loro azione erosiva, di trasporto e di deposito del materiale eroso. Contribuiscono inoltre a ridistribuire l’umidità e le sostanze solubili, fra cui i nutrientiinorganici e le sostanze organiche disciolti, che convogliano ai laghi e al mare. I fiumi della Romagna, Santerno, Senio, Lamone, Montone, Rabbi, Ronco, Savio e trattoterminale del Marecchia, corrono circa paralleli fra loro nei fondovalle, propagandosi versola pianura con direzione N-NE. I bacini idrografici sono separati da contrafforti che si staccano a spina di pesce dalladorsale appenninica principale. I fiumi principali presentano lunghezza variabile, compre-sa fra i 70 e i 100 km circa, nascono da quote situate intorno ai 900-1200 m, in generealimentati da diverse piccole sorgenti. Tutti i corsi d’acqua hanno carattere torrentizio,sono in piccola parte alimentati dalle sorgenti; l’acqua che scorre proviene soprattutto

dalle precipitazioni atmosferiche, disconti-nue e imprevedibili, che determinano laportata variabile, con forti magre nei mesiestivi, da metà luglio fino alla fine di set-tembre e oltre. Le minori precipitazioni sihanno, infatti, nei mesi di luglio e agosto,mentre le massime si verificano nei mesiautunnali.Si ricorda che la portata è il volume di acquache passa attraverso una sezione perpendi-colare alla direzione della corrente nell’unitàdi tempo; si calcola moltiplicando l’areadella sezione per la velocità media dellacorrente e si esprime in m3/sec.

Di solito si distingue in portata “di minima” (magra), “di media” e “di massima” (piena). La differenza tra la massima e la minima è detta regime. Se la differenza è piccola, il corsod’acqua ha regime costante o fluviale, altrimenti presenta regime torrentizio, che èappunto il caso che si verifica nei nostri corsi.I fiumi nel primo tratto (di lunghezza compresa tra i 15 e i 25 km) scorrono stretti e

L’acqua in natura14

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incassati fra erti pendii, presentando pendenza elevata (circa 30 m/km). L’acclività e iltracciato spesso risentono dei disturbi tettonici presenti nelle successioni geologiche.

Attraversando i maggiori rilievi dell’Appennino, i fiumi della Romagna scavano il proprioletto nelle rocce della Formazione Marnoso Arenacea miocenica, costituita da unaalternanza di strati di arenaria più o meno cementati a seconda del contenuto in carbo-nato di calcio, e strati di marna. Il substrato dell’alveo è costituito da roccia in posto,ciottoli e grossi massi, che ostacolano il flusso dell’acqua, costringendola a compiere saltie cascatelle, soprattutto in corrispondenza degli strati di arenaria poco erodibili.Lungo le rive, più tranquille, è possibile un accumulo di depositi più fini (sabbie).Entrando nella zona di media collina, la pendenza diminuisce sensibilmente (8-11 m/km).Il paesaggio, condizionato dalla natura litologica delle rocce, inizialmente è ancora quellodelle stratificazioni marnoso-arenacee; più a valle è sostituito dalla fascia collinare diterreni pliocenici e pleistocenici, prevalentemente argillosi, che gradatamente si saldanoalla pianura. Nei paesaggi collinari si hanno pendici modellate in forme arrotondate, allequali si alternano i caratteristici calanchi, piccoli sistemi vallivi a minutissima trama, incisinelle testate delle formazioni argillose. Nel medio corso la velocità della corrente tendeprogressivamente a diminuire, mentre aumenta la portata e si instaura un sostanzialeequilibrio tra erosione e sedimentazione dei materiali litici. La velocità dell’acqua non è piùsufficiente al trasporto di ciottoli di grosse e medie dimensioni che, quindi, vengonolasciati sul fondale, andando a costituire i ghiareti. Il fiume assume un andamento serpeg-giante con curve più o meno accentuate; sono frequenti belle sequenze di meandri incas-sati. L’avvento di fenomeni di piena può modificare le condizioni morfologiche piuttostorapidamente: la disponibilità di dati sul trasporto solido ci permette di osservare comesiano intensi i processi di erosione e di dilavamento degli acquazzoni estivi, specie sulle

L’acqua in natura 15

Lunghezza e pendenzadei fiumi romagnoli:esempio del fiumeSavio. Tratto da“Carichi teorici e realidi fosforo e azoto sutre corsi d’acquadell’Emilia Romagna”;1995

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colline fittamente incise da calanchi. Una buona documentazione delle capacità erosive edi trasporto di questi fiumi si ha nel Savio: il bacino di Quarto, costruito nel 1925 con unacapienza di oltre 4.500.000 metri cubi, già nel 1933 aveva visto ridursi la sua capacità diinvaso a meno della metà, e negli anni seguenti è stato completamente interrato dal Savioe dal Para. La morfologia di media e bassa collina è caratterizzata dalle alluvioni terrazza-te, distribuite a fianco dei corsi d’acqua attuali, generalmente ben evidenti perché conser-vano il caratteristico andamento quasi pianeggiante, separate l’una dall’altra da bruschidislivelli con un andamento lineare.Gli ordini di terrazzi sono 4 o 5 (i più antichi si conservano solo in piccoli lembi). Essi rappresentano altrettanti letti del fiume che, nel corso dei millenni, ha modificato ilsuo alveo iniziale, approfondendolo e restringendolo, fino a mettere in luce il substratoroccioso sottostante. Le alluvioni terrazzate si raccordano con i sedimenti alluvionali elitorali sabbiosi di pianura. Qui i fiumi presentano pendenze minime, dell’ordine di 1 m/km. Gli alvei sono più ampi e prevale la sedimentazione di materiali a granulometria fine:sabbia, silt e argilla caratterizzano questi tratti di pianura, dove la corrente è così deboleda trasportare solo le particelle più leggere.I fiumi assumono andamenti sinuosi con anse più o meno accentuate. Spesso l’uomo, permotivi idraulici, ha costruito argini sulle rive per cui, a causa dei continui depositi dimateriale alluvionale, molti tratti, che attraversano per 20-25 km la Pianura Padana finoal mare, scorrono pensili. Le acque superficiali dei fiumi vengono costantemente monito-rate e analizzate, al fine di ottenere il controllo dei principali parametri fisico-chimici emicrobiologici, e di verificare l’impatto sui corsi d’acqua di particolari insediamentiproduttivi.

L’acqua in natura16

Analisi dei parametri

chimico-fisicieffettuata nel

1995 nel FiumeMontone, nel

tratto S. Benedetto-

Castrocaro.Tratto da

“Qualità deifiumi”;

Provincia di Forlì-Cesena,

1995

Parametri Un. mis. 1994 1995 1994 1995 1994 1995

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I dati raccolti negli ultimi anni durante i monitoraggi della Regione Emilia Romagna e dalleProvincie hanno riscontrato qualità delle acque analizzate di notevole livello solo nei primitratti dei corsi. La parte iniziale, infatti, non è interessata da particolari elementi inquinanti,scorrendo in zone poco antropizzate.Diversa è la situazione dei tratti medi, ma soprattutto nelle sezioni terminali, che si immet-tono in mare in condizioni di elevato inquinamento. Ciò è dovuto alla presenza, scenden-do verso valle, di insediamenti abitativi e di attività produttive sempre più numerosi.(Vedi schema a pagina 19)

I risultati forniti dagli esami chimico-fisici sono spesso insufficienti per ottenere un qua-dro d’insieme attendibile; per questo ora, accanto al classico monitoraggio, si sono svilup-pate attività di analisi biologiche, che valutano il grado di inquinamento delle acque dallecaratteristiche delle comunità acquatiche. Gli organismi del fiume diventano dei veri e propri indicatori della qualità biologica delleacque. Il controllo di qualità avviene analizzando i Macroinvertebrati, piccoli animali chevivono sul fondo: quando la qualità dell’acqua peggiora, scompaiono le specie più sensibi-li e via via le altre, finché rimangono solo le più resistenti. I vari segnali dati dai campionamenti delle comunità biologiche possono essere combinatie tradotti in un “indice” di qualità (I.B.E., Indice Biotico Esteso), che a sua volta determinagiudizi di qualità delle acque, espressi in cinque classi.

Classi di qualità Valore I.B.E. Giudizio di qualità

Classe I 10-11-12 -…

Classe II 8-9

Classe III 6-7Classe IV 4-5Classe V 1-2-3

L’acqua in natura 17

Tratto da “Qualità dei fiumi”;Provincia di Forlì-Cesena, 1995

Potabile

Vita acquatica

Zootecnico

Balneazione

Ricreativo

Industriale

Irriguo

DE

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IN

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NE

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IN

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5

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10.000

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10.000

1.000

Str

epto

cocc

hi f

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i

Ambiente non inquinato o comunque non alterato inmodo sensibileAmbiente con moderati sintomi di inquinamento o dialterazioneAmbiente inquinato o comunque alterato Ambiente molto inquinato o comunque molto alteratoAmbiente eccezionalmente inquinato o alterato

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LA QUALITÀ DELLE ACQUE: mappaggio del Fiume Montone con indicatori biologici, 1995.

Fiume MontoneStazioni

Ostaria NovaS. Benedetto a monteS. Benedetto a valleRocca S. Casciano a monteRocca S. Casciano a valleDovadola a monteDovadola a valleCastrocaro a monteCastrocaro a valleForlì Ponte S. VaranoForlì Ponte SchiavoniaForlì Ponte del BraldoForlì Ponte Vico 6Ravenna chiusa S. Marco

L’acqua in natura18

I° periodoPrimavera/estate

II° periodoAutunno/inverno

E.B.I.1212109108895

n.c.7667

C.Q.I^I^I^II^I^II^II^II^IV^n.c.III^III^III^III^

E.B.I.101111998895

n.c.5577

C.Q.I^I^I^II^II^II^II^II^IV^n.c.IV^IV^III^III^

Tratto da “Qualitàdei fiumi.

Rapporto annuale1995”.

Provincia di Forlì-Cesena.

n.c.: non campionato

Gas disciolti nelle acque correnti: come varia la presenzadell’ossigenoI gas sciolti nelle acque correntisono più o meno in equilibrio conl’atmosfera. L’ossigeno e l’anidridecarbonica sono generalmentecorrelati inversamente tra loroa causa dell’attività fotosinteticae di quella respiratoria degliorganismi. Nei piccoli corsi d’ac-qua, le acque sono spesso sature oaddirittura sovrassature per effet-to della turbolenza e della foto-sintesi. Il contenuto di ossigeno ègeneralmente maggiore nell’altocorso dei fiumi e tende a diminui-re nel tratto di pianura e verso lafoce perché diminuisce la turbo-lenza ed è maggiore la quantità disostanze organiche; sul fondo,specialmente in tratti a debole

corrente in cui si depositano fan-ghi fini con molto materiale orga-nico, il contenuto di ossigeno puòessere particolarmente basso. Incasi particolari questo valore puòdiventare talmente basso dadeterminare morie di pesci. Ciò è dovuto alla presenza disostanze organiche, immesse dalleacque di scarichi fognari, da alle-vamenti o da industrie. Nei corsid’acqua che fluiscono veloci, concascatelle che facilitano la solu-zione dell’ossigeno e la elimina-zione dei gas prodotti da eventua-li fenomeni putrefattivi, le condi-zioni normali possono essereristabilite in breve tempo, altri-menti possono instaurarsi condi-zioni permanenti di anossia. Vi sono variazioni stagionali deivalori di ossigeno correlate con

l’andamento della temperatura:valori particolarmente bassi sipossono avere in autunno in con-comitanza con la caduta dellefoglie, che aumentano la sostanzaorganica nell’acqua. Sensibilivariazioni diurne si osservano neitratti di corsi d’acqua con abbon-dante vegetazione sul fondo esulle rive, dove durante il giorno,per effetto della fotosintesi, non èraro che si abbiano valori disovrassaturazione piuttosto alti,superiori al 250-300%. Di notte il contenuto di ossigenosi abbassa notevolmente al disotto dei valori di saturazione, eaumenta la CO2. Il normale tassodi questo gas viene ristabilito per-ché la CO2 o si disperde nell’atmo-sfera o interagisce con il carbona-to di calcio.

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L’acqua in natura 19

Distribuzione delle attivitàproduttive nel bacino dei Fiumi Uniti (Provincia di Forlì-Cesena).Tratto da “Qualità dei fiumi”;Provincia di Forlì-Cesena, 1995

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I laghiI laghi sono masse d’acqua continentale accumulate in depressioni chiuse dei continenti,isolate dal mare o comunicanti con esso tramite un fiume. Si trovano in tutte le regioni,a tutte le altezze e ad ogni latitudine, anche indipendentemente dal clima, benché sianopiù frequenti nelle zone umide.L’area complessiva degli specchi lacustri è di circa 2 milioni di Km2, e rappresenta solo unapiccola frazione (meno del 2 %) delle terre emerse; le dimensioni e la profondità deisingoli laghi sono assai variabili: tra i maggiori ricordiamo il Caspio, impropriamentechiamato mare, (circa 438.000 Km2); il più esteso dei nostri laghi è il Garda, di 370 km2. La profondità non è in relazione con la superficie, ma con l’origine, e ha valori massimi inlaghi raccolti entro affossamenti tettonici (ad esempio il Caspio, profondo 1946 m). Il fondo del lago può essere situato al di sotto del livello marino (così è nei nostri laghiprealpini: Maggiore, -176 m; Garda, -277 m). I laghi possono essere alimentati da corsi

d’acqua (chiamati immissari), da sorgenti subacquee e in misura minore dalleacque di precipitazione; gli afflussi sono compensati da deflussi causatidall’evaporazione, dall’infiltrazione delle acque nelle rocce formanti la concalacustre e talora da un corso d’acqua che esce dal lago (emissario).Di norma i laghi sono caratterizzati da una vita limitata: col tempo i sedimen-ti trasportati dalle acque di alimentazione si accumulano e ne causano ilprogressivo interramento; a causa di questo fenomeno la profondità del lagotende a diminuire: alla fase lacustre succede quella di stagno e infine quella dipalude, col progressivo incremento della vegetazione emergente.Condizioni termiche: la temperatura delle acque lacustri dipende da unnumero notevole di fattori: il principale è la radiazione solare, della quale unaparte viene riflessa e una parte impiegata nell’evaporazione superficiale;influiscono pure le condizioni climatiche locali, la profondità, la torbidità, latemperatura delle acque affluenti e di precipitazione.Nei laghi d’acqua dolce la stratificazione termica è dominata dal fatto chel’acqua ha densità massima alla temperatura di 4°C; l’acqua tende a disporsi in

strati di densità crescente dall’alto verso il basso: perciò, a seconda del clima locale, in unlago d’acqua dolce la temperatura può decrescere dalla superficie verso il fondo, dove puòraggiungere un valore minimo di 4°C (stratificazione termica diretta) oppure può aumen-tare dalla superficie verso il fondo, dove può raggiungere un valore massimo di 4°C(stratificazione termica inversa). Alcuni laghi alpini in cui le temperature sono ora superioriora inferiori ai 4°C, presentano stratificazione termica diretta d’estate e inversa durantel’inverno. I laghi di apprezzabile estensione mitigano il clima delle zone circostanti, atte-nuando la rigidità invernale e la calura estiva, analogamente al fenomeno provocato dalleacque marine.Le condizioni termiche di un lago sono molto importanti per lo sviluppo degli organismi:nella maggior parte dei laghi esistono tre zone termiche sovrapposte: la superiore piùcalda, ricca di ossigeno e di organismi, chiamata epilimnion; l’intermedia, o metalimnion,rappresenta la zona limite per il movimento verticale del plancton; l’inferiore (ipolimnion)è caratterizzata da scarsità o mancanza di ossigeno (acque stagnanti). Questa stratifica-zione cambia con ciclo annuo: durante l’autunno si tende ad avere condizioni omeotermi-che su tutta la colonna d’acqua per raffreddamento dell’acqua superficiale, d’inverno si hastratificazione termica inversa (strato superficiale più freddo, talora ghiacciato).Dal punto di vista idrochimico e idrobiologico possiamo distinguere tre grandi gruppi dilaghi: oligotrofici, ricchi di ossigeno, poveri di sostanze nutritive e di plancton; eutrofici,

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Lago di Ridracoli

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poveri di ossigeno, ma ricchi di sostanze nutritive e di plancton; distrofici: poveri sia diossigeno che di sostanze nutritive.La trasparenza dell’acqua è estremamente varia, non solo da lago a lago, ma anche nellediverse parti di un medesimo lago e nelle diverse stagioni; in generale è inferiore a quelladell’acqua del mare a causa delle sostanze minerali e organiche sospese, trasportate dagliimmissari. Il colore dipende da molti fattori tra cui la profondità, la composizione delleacque e la presenza di sostanze disciolte o sospese: le particelle minerali sospese rendonol’acqua opalina e verdastra. I minuti organismi vegetali e animali possono indurre tinteverdastre, brune e anche rossastre, dando luogo a fenomeni di breve durata.Normalmente le acque di un lago sono dolci; in quelli non dotati di emissario le sostanzedisciolte in acqua possono però progressivamente concentrarsi a causa dell’evaporazione:la salinità può così raggiungere valori elevati, a volte superiori a quelli dell’acqua marina.In relazione alla salinità, possiamo così suddividere i laghi:

laghi salinità (per mille)d’acqua dolce 0,3-1,0salmastri 1,0-24,7salati > 24,7

Le oscillazioni di salinità possono essere estremamente rapide e ampie per due causeprincipali: evaporazione da una parte, intense precipitazioni e afflusso di acque fluvialidall’altra. Tra i laghi salati ricordiamo il Mar Morto (salinità del 200 per mille).In relazione ai sali disciolti, distinguiamo laghi carbonatici, con predominanza di ioni HCO3

-

e CO3--, laghi solfatici (ioni SO4

--) e laghi clorurati (Cl-). La maggioranza appartiene al primotipo, così come la composizione delle acque fluviali, con contenuto di sostanze discioltemolto piccolo (da 0,1 a 0,2 per mille), presenza di prevalenti carbonati, a volte conproporzione alta di elementi abbondanti nelle rocce (K, Na, Ca, Mg, Fe). Le acque dei laghi rivestono una notevole importanza per l’uomo, essendo utilizzabili perla produzione di energia elettrica, per l’irrigazione e per uso potabile. A tali scopi vengonocreati laghi da sbarramento artificiale, costruendo dighe e modificando i deflussi naturalidei fiumi. In Italia ne esistono più di 500, e tra questi ricordiamo il Lago di Ridracoli, inprovincia di Forlì-Cesena, nell’alta valle del Bidente (S. Sofia). Questo invaso permetterifornimento di acqua potabile a 48 comuni della regione e produzione di energia elettri-ca (35 milioni di Kwora all’anno)Si tratta di un lago artificiale, creato appositamente per essere “sfruttato” dall’uomo; comeriserva di acqua potabile, come generatore di corrente elettrica.Le caratteristiche fisico-chimiche delle sue acque sono buone: bassa durezza, assenza diammoniaca, nitriti e fosfati, scarso apporto solido anche in periodi di piovosità data la grancopertura vegetale dei versanti. La temperatura delle acque varia durante il corso delle stagioni: in estate si misurano tem-perature superficiali massime di 24°C, mentre in inverno, lungo tutta la colonna il minimoregistrato è di 4,8°C. La stratificazione termica inizia in maggio e termina in settembre-ottobre, quando le temperature dell’epilimnio si avvicinano a quelle degli strati profondi,favorendo in questo modo il rimescolamento delle acque (più le acque si avvicinano ai 4°C,più diventano dense e pesanti; in questo modo tendono a portarsi sul fondo facendo risa-lire le acque più calde). L’ossigeno disciolto ed il pH presentano valori indicativi di acque dibuona qualità. Il rapporto N/P, che regola la crescita algale, colloca il lago di Ridracoli trai laghi meso-oligotrofici, quindi poco produttivi. Nonostante ciò, (bassa concentrazione di

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clorofilla e di biomassa lagale), le acque non si presentano del tutto trasparenti in quanto,anche nei periodi di bassa piovosità, il carico sedimentario è presente. Nel periodo estivo o comunque di scarsa piovosità, le acque lasciano scoperte aree di spon-da, prima sotto il livello dell’acqua, quindi non protette dal manto vegetale. I movimentidelle acque erodono tali superfici sgretolandole in particelle che rendono “torbida” l’acqua.

Gli ambienti carsiciA secondo del clima, delle rocce e delle situazioni morfologiche locali, la parte di acquapiovana che si infiltra nel terreno può prevalere sull’altra o viceversa. In ambienti caldil’aliquota soggetta a evapotraspirazione è notevole; in zone caratterizzate da rocceparticolari, come quelle carbonatiche o più o meno fratturate, prevale invece la parte chepenetra nel sottosuolo: è il caso degli ambienti carsici.Le acque meteoriche possono esercitare sulle rocce un’azione solvente, dando luogo acavità sotterranee che prendono genericamente il nome di grotte. Il fenomeno si verifica solo in rocce particolarmente solubili, come i calcari, il gesso (sol-fato di gesso biidrato) e il salgemma (cloruro di sodio). Questi ultimi sono molto solubili in acqua pura, mentre le rocce calcaree, costituite essen-zialmente da carbonato di calcio, lo sono pochissimo. La solubilità dei calcari è dovuta al fatto che le acque naturali contengono sempre unacerta quantità di anidride carbonica, che causa la trasformazione del carbonato di calcioin bicarbonato di calcio, molto solubile.

CaCO3 + H2O + CO2 ➞ Ca(HCO3)2

L’acqua asporta il bicarbonato in soluzione e le fessure via via si allargano, trasformando-si in condotti sempre più ampi, verticali (pozzi), inclinati o orizzontali (gallerie e cunicoli),spesso collegati tra loro a formare sistemi sotterranei aventi uno sviluppo che può andareda poche centinaia di metri a decine di chilometri. Circolando entro i condotti l’acqua e idetriti da essa trasportati esercitano anche un’importante azione meccanica, che contri-

buisce all’ampliamento delle grotte. L’azione solvente delle acque sulle rocce carsogene non si esplica solo inprofondità, ma anche in superficie, dando origine alle doline, tipiche depressio-ni a forma di imbuto localmente molto frequenti, che conferiscono al paesag-gio un aspetto del tutto particolare.Un corso d’acqua superficiale può essere catturato da una grotta (inghiottitoio)e circolare nel sottosuolo formando un torrente sotterraneo. Dopo un percorso più o meno lungo le acque sotterranee ricompaiono in super-ficie attraverso fratture della roccia oppure uscendo da una grotta; il punto diaffioramento delle acque prende il nome di risorgente carsica. Spesso i torrenti che percorrono le grotte si originano in profondità derivandodall’unione di stillicidi provenienti dalle fessure delle rocce.

Le acque sotterranee, circolando entro le rocce carsogene non danno luogo solo a feno-meni di dissoluzione, ma possono originare anche sedimenti chimici. Consideriamo unagrotta in cui si verificano degli stillicidi: le acque meteoriche, filtrando attraverso i terrenisovrastanti, raggiungono la volta delle grotte dopo un percorso entro le fessure del calca-re, per cui possono essere sature di bicarbonato di calcio in soluzione. Passando alla voltadella grotta le acque perdono anidride carbonica e, divenute sovraccariche, depositanocarbonato di calcio secondo il processo inverso a quello della dissoluzioneIl carbonato depositato forma inizialmente un piccolo anello, che col tempo si trasforma

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Grotta carsica

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in un cono calcitico molto allungato, con il vertice verso il basso, che prende il nome distalattite. Le gocce che cadono sul pavimento della grotta contengono ancora una certaquantità di bicarbonato in soluzione, e l’impatto a terra causa una ulteriore liberazione diCO2, provocando la precipitazione di altro CaCO3 e dando luogo a concrezioni che prendo-no il nome di stalagmiti.

Le acque termaliNella provincia di Ravenna sono presenti numerose stazioni termali: Terme di Cervia -Milano Marittima, Terme di Punta Marina, Riolo Terme, Terme di Brisighella ecc.. E’ sicuramente interessante analizzare e confrontare le caratteristiche fisico-chimiche diqueste acque, la loro origine e gli effetti che determinano sul nostro organismo. Le acque di Punta Marina, ad esempio, presentano un alto contenuto in magnesio, parti-colarmente efficace nei trattamenti delle affezioni dell’apparato osteoarticolare, e quelledi Riolo, sulfuree, salsobromojodiche, e clorurato sodiche sono particolarmente indicateper le vie respiratorie.

Per approfondimenti consultare i siti: www.travel.it/emiliaromagna e www.termeitaliane.com

Le falde acquifereIl sistema dei corpi idrici profondi nella Pianura Padana può essere considerato come unsistema multistrato in cui distinguere, dal punto di vista idrogeologico, i complessi delleconoidi appenniniche ed alpine e i complessi della media e bassa pianura.Le Alpi e gli Appennini rappresentano orientativamente il limite morfologico della pianu-ra e il limite idrogeologico del sistema acquifero padano. L’Adriatico invece rappresenta solo un limite morfologico della pianura: l’acquifero èpresente anche in corrispondenza del tratto di mare antistante la costa romagnola, fino auna distanza di circa 40-50 km dalla riva.Strutturalmente l’acquifero padano è costituito da una serie di orizzonti permeabili,intercalati da orizzonti impermeabili, le cui connessioni laterali e verticali sono molto pococonosciute, se non altro per l’enorme quantità di dati necessari a una definizione didettaglio.Per fare un esempio, lo studio elaborato dal Comune di Ravenna e dal CNR, basato sullaricostruzione stratigrafica, ha ipotizzato la presenza, sotto la città di Ravenna, di 9 falde aprofondità comprese tra -90 e -430m, molte delle quali soggette in passato ad intensosfruttamento; altre falde sono poi a minore profondità, con limitata potenzialità e ascadente qualità.L’intenso sfruttamento delle acque sotterranee ha contribuito al graduale abbassamentodel suolo nel ravennate. La subsidenza è caratterizzata da una componente naturale, per lo più dovuta a movimentitettonici profondi e al costipamento del terreno sottoposto a carico litostatico, e allacomponente antropica legata all’intenso sfruttamento del fluidi sotterranei. Questa fragilità ambientale è complicata dalle variazioni del livello medio del mare che, inquesto secolo, è stato caratterizzato da un aumento costante.

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Nel I secolo d.C. Ravenna e le sue città satelliti, Classe e la vicina Cesarea, contavanocomplessivamente forse più di 100.000 abitanti. Cesarea era un borgo popolato per lo piùda bottegai, commercianti e artigiani che, con i loro servizi, approvvigionavano la cittàportuale-militare di Classe fondata da Augusto, che conteneva fino a 250 navi. Da solaClasse annoverava già 50.000 abitanti, in quanto Augusto vi aveva installato una delle duelegioni italiane, (l’altra era a Capo Miseno), che contava, tra ausiliari ed effettivi, circa10.000 uomini. I legionari erano per lo più cavalieri, e il bestiame non doveva essere di numero inferiore a1.000 capi. Soltanto il loro mantenimento doveva richiedere almeno 30.000 litri di acquaal giorno. Il problema dell’approvvigionamento idrico, nel corso del I secolo, venne proba-bilmente risolto costruendo grandi cisterne che raccoglievano l’acqua piovana, oppuretramite derivazioni di corsi d’acqua non in fase di torbida. In estate però la situazionedoveva essere tragica. Le scorte d’acqua diminuivano senza poter essere rimpinguate.All’inizio del II secolo, l’imperatore Traiano, impiegando il tesoro vinto sconfiggendo

Decebalo, costruisce strade, edifici eacquedotti per tutto l’impero, colle-gando Ravenna con l’Appennino diRidracoli, fino e oltre Meldola conuna pendenza dell’1 per mille.Parte dell’acquedotto era sottoforma di cunicolo, alto 190 cm elargo 60-70 cm, lungo 11-12 Km,parte sopraelevato su un terrenopaludoso, di cui nel 1905 il Savini epiù tardi Roncuzzi e Veggi, trovanoin periodo di magra, piloni ed arca-te ben visibili nel letto del fiume

Ronco all’altezza di S. Bartolo. Dai rilievi da loro effettuati, emergono le dimensioni del-l’acquedotto, che per ogni chilometro doveva contare ben 180 piloni alti circa 5,5 metri,che per 30 km., fanno 5.400 piloni e relative arcate, 11.000.000 di mattoni murari senzacontare quelli di abbellimento. L’acquedotto era accompagnato da “piscine limarie” per ladecantazione dei sedimenti, da cisterne per scorta d’acqua potabile, da una ragnatela ditubi in piombo per la distribuzione dell’acqua in città con una diramazione per il porto diClasse. Le cisterne dovevano essere molto grandi; a Miseno, dove era alloggiata l’altralegione, è tuttora visibile la “Piscina Mirabilis”, una cisterna per la scorta idropotabile delledimensioni di 30.000 mc., non dissimile da quella che doveva sorgere nel ravennate, in unterritorio compreso tra i Fiumi Uniti e la basilica di Classe. Le cisterne non sono mai state trovate, a dire il vero neanche cercate, e si pensa sianosprofondate a causa della subsidenza, di depositi alluvionali, di mancata manutenzione, eridotte a discariche. Testimonianza di questo passato si ha nei toponimi: il fiume Ronco,dal X secolo era noto come “Fiume Acquedotto”, in quanto correva lungo il suo asse,rendendo visibili nel periodo di magra i piloni; quindi si hanno, Pile, Pilotti, Archi, Arco,arcopiatto, Pieve Acquedotto. Da Caput Acquae, classica indicazione iniziale di acquedot-to romano, già a Firenze, capo Miseno, Paestum, ha origine il nome “Capaccio”.Con Onorio (402 d.C.), la capitale dell’impero viene trasferita a Milano; Ravenna tentadi sopravvivere, ma dopo neanche 50 anni, si ha la decadenza e la scomparsa persinodell’acquedotto. Passando per Ravenna, il poeta ed ambasciatore Sidonio Apollinare, chediventerà vescovo, scrive così “in questa Ravenna … pur trovandoci in mezzo all’acqua

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Piloni ed arcatedell’acquedotto

romano a SanBartolo.

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avevamo sete, perché non c’era da nessuna parte acqua sana di acquedotto o unacisterna non inquinata o una sorgente irrigua o un pozzo di acqua non fangosa”. La società era in declino, non c’erano enti preposti alla manutenzione dei servizi, i dannicausati dalla subsidenza e dal terremoto del 460 sono ingenti. Soltanto con il lungo regnodell’ostrogoto Teodorico Ravenna risplende e viene ripristinato l’acquedotto. Cassiodoro scrive così: “Il nostro signore Re Teoderico fece arrivare l’acqua a Ravenna, dicui restaurò l’acquedotto a proprio carico, acquedotto che da lungo tempo era crollato.Di quel tempo oggi rimane ben poco; durante scavi effettuati nel 1938 per ripristinare larete fognaria, vennero alla luce in numerosi punti della città alcuni tratti dell’acquedottoteodericiano. Alcuni pezzi, ora esposti al Museo Nazionale, recano nitidissimo il marchioreale “D.N. Rex Theodericus – civitati reddidit” “ Il nostro signore e Re Teoderico ha resoalla città”. Dall’analisi dei reperti rinvenuti, si è potuto risalire all’importanza di tale opera,che adduceva alla città ca. 80 litri/secondo, cioè una dotazione di circa 100 litri al giornoper 70.000 abitanti (tale quantitativo di acqua fornita è il medesimo che si osserverà nellastessa città durante l’epoca fascista sino alla creazione dell’Azienda Municipalizzata AMGA,nel 1968). Attorno all’840 lo storico Agnello, descrivendo gli edifici circostanti la sede arcivescovile,illustra il complesso dei “Bagni del Clero, nei quali meravigliosamente ci si bagna”, e dallaparte opposta della città, oltre Porta serrata, recentemente è emerso un altro complessotermale, segno che l’acquedotto è ancora attivo. Nel periodo Medioevale sembra che l’approvvigionamento di acqua potabile non sia unproblema, in quanto i corsi d’acqua (cloache a cielo aperto) forniscono l’acqua per ogniuso. La “malacqua” tuttavia porta con sé la peste ed altre epidemie. Nel 1200 gli Statuticittadini vietano gli scarichi “super flumicellos” in quanto da questi e da pozzi melmosiviene attinta l’acqua potabile. Sembra che un rimedio possano portarlo i veneziani, chegovernano la città dal 1441 al 1509. Stremati da una grave forma di peste, avevanoindividuato una tecnologia di raccolta e conservazione dell’acqua potabile che consistevanella costruzione di vere e proprie cisterne (pozzi in giardini e cortili) che contribuivano aformare un caratteristico arredo urbano. A Ravenna però questa tecnica non fu possibile;la maggior parte dei pozzi andava a pescare in una falda freatica superficiale inquinatadagli scarichi domestici, e spesso nei cortili pozzi idrici e pozzi neri erano contigui. Il rifornimento di acqua principalmente era di natura meteorica, convogliato in faldesuperficiali o in cisterne dove l’igiene era inesistente. Le malattie incombevano e la popo-lazione di Ravenna calò fino a contare 10.000-15.000 abitanti per molti secoli ancora. Nel 1605 le cose non sono ancora migliorate: uno scritto recita di Ravenna “…questo è undeserto che non l’abiterebbero gli zingari: gente poca e selvatica: aria pestifera, vini pes-simi, acque calde ed infami”.Il XIX secolo è segnato da ricorrenti epidemie di colera; nel 1855, su 175.000 abitanti vifurono 4372 vittime. Nelle campagne si tenta di cercare acqua buona scavando pozzi arte-siani che spesso però falliscono; nel 1880 si costruiscono in città latrine pubbliche confognature a cielo aperto (S. Rocco, via S. Mama, Via Carraie). Ravenna doveva quindi com-prare acqua da altre città; in particolare da Bologna, con un servizio a ferrocisterne da 20mc che durò fino al 1960. Dal 1883 al 1930 Ravenna fu collegata a Meldola con una lineadi tramway a vapore, che portava un container di acqua potabile che veniva distribuitalungo la linea urbana (via Mangagnina, via Ravegnana, l’attuale via di Roma) per rifornirealcuni spacci per la vendita dell’acqua. Presso la stazione ferroviaria c’era persino una“birraria” che vendeva acqua di Faenza. Il prezzo era libero; nel 1920 l’acqua più buonacostava 2 soldi al fiasco, quella meno pregiata veniva da Marina e valeva 1 soldo.

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Sul finire del 1800 si contano almeno 11 progetti per la realizzazione di un acquedotto manessuno di questi viene accettato; poiché l’acqua di falda è pressoché inutilizzabile, matu-ra lentamente l’idea di prelevare l’acqua dai fiumi. Quello che sembra migliore è il Reno,ricco d’acqua anche in estate e raccogliente gli scarichi di Bologna e qualche piccolo cen-tro. Il suo potere autodepurante è buono, dovrebbe trovarsi in condizioni batteriche buone;così in sintesi riporta un articolo del quotidiano locale “Il Ravenna” nel 1900. Nel 1914 nasce un Consorzio tra Ravenna e Cesena, che si trovano nelle stesse drammati-che condizioni, per sfruttare acqua buona dalle sorgenti presso le Balze di Verghereto.Vengono acquistati 7 lotti di terreno con sorgenti, e i lavori vengono avviati. La prima guerra mondiale ferma i lavori, che poi riprendono per bloccarsi di nuovo. Ancoroggi le sorgenti e le opere di presa sono di proprietà dei Comuni di Ravenna e Cesena, perun totale di circa 15 ettari abbandonati. L’abbandono dell’intero progetto è da imputarsial regime fascista che ha preso il potere; non si vuole riconoscere i meriti delle precedentiamministrazioni democratiche. Viene incaricato un tecnico, definito “eminente ed interes-sato”, di redigere una relazione sul progetto (che guarda caso sarà “demolitrice” per favo-rirne un altro: la costruzione di Torre Pedrera. L’idea però non è nuova e i progettisti apro-no un contenzioso con il Comune per “furto di idea” che durerà 24 anni, quando verran-no liquidati con una somma in denaro. Nel 1927 il Consiglio superiore dei Lavori Pubbliciapprova il Progetto di Torre Pedrera, alimentata dalla conoide dei Fiume Marecchia, cheprevede una conduttura di 43 Km in cemento armato con una pendenza dell’ 1 per mille,identica a quella assicurata dall’acquedotto di Traiano 1800 anni prima.

La condotta sarà poi realizzata inghisa con un serbatoio finale inter-rato di 4.000 metri cubi. Il 1 agosto 1931 viene inauguratoda Mussolini l’acquedotto e perl’occasione viene edificata in Piazzadel Popolo una fontana in gesso,che verrà subito demolita. L’acqua arriva però solo nellapiazza, le case non sono allac-ciate all’acquedotto. La popolazio-ne insorge e vengono aperte 12fontanelle pubbliche; le campagneresteranno senz’acqua per almeno50 anni. La seconda guerra mondia-le arriva anche a Ravenna che subi-

sce un grande bombardamento. La gente abbandona la città che rimane senza acqua inquanto viene a mancare l’elettricità. I tedeschi in ritirata fanno saltare il serbatoio soprae-levato di Marina di Ravenna e Torre Pedrera, che non verrà ricostruita fino al 1961 quan-do l’erogazione dell’acqua in città è pari a 100 litri al secondo, quanto cioè forniva l’ac-quedotto romano. La città si riempie di piccoli serbatoi e nelle campagne si perfora il terreno con pozzi arte-siani, gestiti dall’Ente Delta Padano. La rete dell’ente prevedeva torri piezometriche in cuiavveniva la degasificazione del metano. Tali impianti erano a rischio e gli scoppi frequen-ti; nel 1980 è saltato l’impianto dell’Ente delta Padano di Lamone, la torre dell’acquedot-to di Alfonsine è stata distrutta almeno 2 volte, e più grave di tutti, nel 1955 saltò percolpa del metano nelle condotte una palazzina di Lido Adriano, un incidente che costò lavita a 5 persone.

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Fontana di Piazza del Popolo,

Ravenna

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Alla luce dei fatti, era chiaro che non si poteva continuare ad emungere dal sottosuoloacqua di falda. Fu così che nel 1966 venne costituito il Consorzio Acque per le Provincie diRavenna e Forlì, a cui aderirono le rispettive Camere di Commercio, i Consorzi di Bonificadi Predappio e del Savio Borello, l’Ente Regionale di sviluppo dell’Agricoltura, e 19 Comunidelle due Provincie. Da ricerche ed indagini sul campo parve chiaro che era possibileutilizzare acque superficiali per la realizzazione di un invaso artificiale nell’alto corso delBidente che permettesse l’alimentazione di un grande acquedotto ad uso potabile. Venneropertanto avviati i primi studi relativi a quello che diverrà “l’acquedotto di Romagna”. Nel 1968 il progetto fu inserito nel “Piano Regolatore Generale degli Acquedotti” dello StatoItaliano e nel 1975 venne avviato il primo cantiere. Il progetto venne esteso per allacciarealla rete 48 Comuni, che in questo modo possono fornirsi di acqua migliore di quella estrat-ta dai pozzi sotterranei dei singoli Comuni. A questi si devono aggiungere altri vantaggi, trai quali vi è indubbiamente la limitazione del fenomeno di subsidenza nei territori di pianu-ra, la produzione di energia idroelettrica presso la centrale di Isola, la creazione di nuovi postidi lavoro. I lavori vedono il termine nel 1988, con le seguenti strutture:· la diga di Ridracoli, principale serbatoio di raccolta delle acque· la centrale idroelettrica di Isola· le vasche di carico di Montecasale· l’impianto di potabilizzazione· la rete acquedottistica che porta l’acqua agli utenti finali.

Le acque che giungono all’invaso derivano principalmente dal bacino idrografico delBidente di Ridracoli, a cui sono collegati tramite un canale di gronda i bacini secondari delBidente di Campigna, di Celle, di Fiumicello.

L’impianto di potabilizzazione di Capaccio e la rete idricaL’acqua del lago di Ridracoli, dopo essere passata nella centrale idroelettrica, raggiungel’impianto di potabilizzazione di Capaccio in una vasca di carico da cui dipartono 2 lineedi trattamento delle acque che, dopo ancuni trattamenti, divengono potabili. L’acqua che esce dall’impianto (290 m. s.l.m.) viene immessa nella condotta principale,lunga 33 Km con tratti interrati e brevi tratti scoperti, per arrivare ai 183 m. s.l.m. diMontecasale. Una volta giunta a destinazione, la linea si biforca in due reti dorsali di addu-zione dell’acqua ai Comuni utilizzatori in direzione Nord Ovest (Monte Casale - Alfonsine)e Sud Ovest (Monte Casale – Cesena). La rete adduttrice nel suo complesso, si sviluppa su 290 Km, fornendo di acqua 48 Comunie la repubblica di S. Marino. I Comuni costieri necessitano di un maggior quantitativo diacqua durante il periodo estivo, in relazione al flusso turistico. Sono stati pertanto costrui-ti alcuni serbatoi interrati della capacità fino a 8.000 mc. e serbatoi pensili, alti dai 40 ai55 metri con capacità fino a 1.000 mc. L’intera rete di distribuzione è costantemente tele-comandata e telecontrollata da tecnici operativi nel centro di Capaccio, in modo da poterintervenire tempestivamente su valvole di chiusura e di regimazione dei flussi di acqua.

L’acquedotto di Romagna e le esigenze di Ravenna: il N.I.P.Il rifornimento di acqua dall’acquedotto di Ridracoli non è costante nel tempo ma sogget-to a variazioni dovute sia alle variazioni climatiche che alle fluttuazioni di richiestastagionali. In estate la richiesta di acqua si fa pressante a causa di un massiccio apporto dituristi nei lidi; e proprio in questa stagione l’invaso di Ridracoli è al suo minimo perquantità di acqua a causa degli scarsi apporti meteorici. Poiché uno dei requisiti minimi

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che una rete acquedottistica deve garantire è la continuità del servizio erogato, anche intermini di quantità e qualità delle acque, diviene necessario poter disporre di una fonteidropotabile propria da cui attingere nei momenti critici. Tale fonte oggi è rappresentata dall’Impianto di Potabilizzazione (N.I.P.) attivo già dal 1968alle “Bassette” per far fronte all’aumentato fabbisogno idropotabile della città di Ravenna,allora in forte crescita per il notevole sviluppo industriale che si andava a creare. Nei suoi primi anni il potabilizzatore erogava fino a 100 l/s., andando a raddoppiare ladisponibilità d’acqua che offriva l’acquedotto di Torre Pedrera che fino agli anni ’30 rifor-niva il capoluogo. L’acqua di presa, da rendere potabile proveniva dal Fiume Reno attin-gendola dalla canaletta dell’ANIC, opera realizzata nei primi anni ’50 proprio per collegarele acque del fiume Reno e successivamente anche del Fiume Lamone alla città. Oltre allevasche di potabilizzazione, venne costruito un laboratorio di analisi chimico-fisiche inmodo da poter controllare la qualità delle acque sia in entrata (cioè ancora da trattare) siain uscita, già trattata e resa potabile. Una volta resa potabile l’acqua deve essere distribui-ta. Occorreva quindi una rete di adduzione e una torre di sollevamento, che venne erettain via S. Alberto e da cui prese il nome. Nel 1971 la gestione dell’acquedotto è curata dallaAzienda Municipalizzata Gas, con lo scopo di estendere i servizi sia di acqua che di gas atutto il territorio comunale. Nel 1975 prese corpo un progetto ambizioso che prevedeva la realizzazione di un anelloattorno alla città, che partendo dall’impianto di potabilizzazione si dirigeva verso Sud eattraversando il Candiano raggiungeva Fosso Ghiaia per innestarsi con Torre Pedrera. Da qui percorreva la via Standiana, raggiungeva S. Stefano, S. Pietro in Vicoli, Roncalceci,Piangipane, Mezzano per chiudersi a S. Alberto nella condotta che era già stata realizzata.Da S. P. in Vincoli in un secondo tempo, sarebbe avvenuto l’allacciamento con la adduttri-ce di Ridracoli. Con questa nuova linea, si sarebbe assicurato l’approvvigionamento ancheai lidi sud, cioè Marina di Ravenna, Punta Marina, Lido Adriano, Lido di Dante, Lido di Savioe di Classe. Attualmente la rete di approvvigionamento e distribuzione dell’acquedotto di Ravenna hasuperato i 900 Km di lunghezza, il volume di acqua erogata all’utenza si aggira intorno ai15.000.000 di mc.. Da quando è attivo l’acquedotto di Romagna, cioè dal 1989, l’acque-dotto di Torre Pedrera è fermo e l’acqua immessa in rete proviene per il 60% dal N.I.P, e peril 40% da Ridracoli.Nel 1973 e poi ancora nel 1980 l’impianto di Potabilizzazione venne ampliato, portando lapotenzialità di 100 lt/sec a 350 lt/sec., quindi a 650 lt/sec.

La rete acquedottistica odiernaOggi, la rete idrica del Comune di Ravenna è alimentata da due fonti di approvvigiomento:· l’impianto di potabilizzazione di Area (già AMGA) alle Bassette;· l’acquedotto della Romagna tramite l’allacciamento in via Standiana sulla S.S. 16Adriatica.· In casi di emergenza può tornare utile l’impianto di Torre Pedrera, il cui rifornimentoavviene mediante emungimento da pozzi artesiani.L’acqua potabilizzata alle Bassette viene avviata in 3 condotte adduttrici:· una in direzione dei lidi Nord;· una in direzione dei lidi Sud, principale, che può alimentare le vasche di stoccaggio di viaFusconi e quelle di Lido di Savio;· la terza si porta presso le vasche di stoccaggio di via S. Alberto.L’acquedotto di Romagna a seconda dei casi e delle necessità può fornire acqua, tramite la

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presa Gramadora a Fosso Ghiaia, sia alle zone del forese, sia agli stoccaggi di Lido di Savioe di via Fusconi, sia a quelli del N.I.P. che di via S. Alberto.

L’alimentazioneL’impianto di potabilizzazione costituisce una fonte idropotabile di sicura affidabilità, svin-colata dalla variabilità dei fenomeni meteorologici per la pluralità delle fonti di alimenta-zione, costituite dai fiumi Reno e Lamone e dal Canale Emiliano Romagnolo. Le tre fonti garantiscono una costante alimentazione di acqua grezza per tutto l’anno (ilLamone e il Reno hanno origine appenninica, il CER alpina, prendendo acqua dal fiume Po).

I trattamenti delle acqueL'acqua da trattare arriva all'impianto tramite una derivazione della canaletta ENICHEM. Al fine di eliminare corpi di grandi dimensioni, siano essi galleggianti o trascinati sul fondo,il flusso di acqua viene fatto passare attraverso una griglia (1) a barre verticali. Il "filtrato" viene raccolto in un contenitore e inviato poi in discarica. Alla grigliatura segueuna preossigenazione (2) tramite insufflazione di aria dal basso. Il processo prosegue conuna chiariflocculazione (3) con aggiunta di flocculante (FeCl3) e carbone in polvere perl’abbattimento delle sostanze organiche ed eventuali tensioattivi. L’acqua che esce daichiariflocculatori entra in una vasca di disinfezione (4) in cui l’ipoclorito di sodio (NaClO)opportunamente dosato permette l’ossidazione delle sostanze organiche, (acidi umici e ful-vici, fenoli ecc.), del ferro e del manganese, dell’ammoniaca, abbattendo inoltre la caricabatterica. L’ipoclorito risulta molto attivo nella reazione di sostanze umiche cui conseguel’eliminazione di sapori ed odori sgradevoli. Presenta però alcuni svantaggi in quanto agen-do come clorurante su alcune sostanze organiche, le trasforma in alometani, cioè compo-sti pericolosi per la salute umana, che dovranno essere allontanati successivamente.Allo stadio di ossidazione e disinfezione seguono due processi di filtrazione: uno su lettodi sabbia (5), l’altro su letto di carbone granulare (6). Il filtraggio permette una buona qua-lità dell’acqua in uscita, in quanto trattiene le eventuali sostanze organiche non ossidate e

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Il Canale Emiliano Romagnolorappresenta una delle opere idrau-liche più importanti costruite sulterritorio italiano, in quanto assi-cura l’approvvigionamento idricodi una area territoriale vastissima(Emilia Orientale e Romagna) uti-lizzando come fonte l’acquasuperficiale che viene attinta dalfiume Po. Questo fiume hala caratteristica di mantenerecostante la sua portata durantetutto l’anno, nel periodo estivo laqualità delle acque è decisamentemigliore rispetto a quella di qua-

lunque altro fiume di pianura edinoltre, il punto di presa delleacque è distante dalle grandi cittàpadane, in modo da assicurareuna qualità d’acqua in origineapprezzabile già in partenza.Periodicamente e da molti anni, ilaboratori di AREA effettuanocontrolli ed analisi fisico chimichee biologiche in diversi punti lungoil corso d’acqua. Tra le stazioni diingresso del Reno nel C.E.R.(Salvatonica di Bondeno) e diquella di uscita, si osserva un sen-sibile miglioramento della qualità

dell’acqua, dovuto all’alto poteredi autodepurazione interno.L’analisi dei parametri considerati,permette di ascrivere l’acqua delC.E.R. nella categoria più elevata(A1) tra quelle riportate nel D.P.R.515/1982, che tratta le caratteri-stiche che le acque grezze devonoavere per poter essere destinate alconsumo umano. Il territorio inte-ressato dal sistema del C.E.R. pre-senta una superficie di circa340.000 ettari compresi nelle pro-vincie di Ferrara, Ravenna,Bologna, Forlì e Rimini.

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i composti alogenati, contenendo anche i trialometani dentro i limiti di legge (valore guida= 1 mg/l, valore limite = 30 mg/l). Sulle particelle di carbone attivo avviene però anche l’e-liminazione del cloro attivo, (rimanente dal dosaggio dell’ipoclorito), determinando unariduzione del potere disinfettante. Occorre quindi dosare una supplementare quantità di disinfettante in modo da garantireuna presenza sufficientemente efficiente lungo tutta la rete di distribuzione. Viene quindiimpiegato il biossido di cloro (ClO2), in modo da averne un tenore di 0,15-0,20 mg/l in usci-ta dall’impianto.Il biossido di cloro viene scelto in quanto:· è efficace come agente ossidante;· permane per molto tempo come ClO2 inalterato;· ha un potere disinfettante superiore a quello del cloro e dell’ipoclorito, presentando unagamma di azione più ampia comprendente oltre ai batteri anche virus, alghe e ogni altroinquinante biologico;· evita la formazione dei trialometani (conseguenza inevitabile se si impiegasse ipocloritosodico);· viene dosato con un buon grado di purezza mentre l’ipoclorito presenta una discreta per-centuale di clorato (ClO3

-) già nel prodotto di partenza e quindi la quantità delle impurez-ze tende ad aumentare.Il biossido di cloro presenta anche alcuni svantaggi:· non abbatte l’ammoniaca, cosa che invece fa l’ipoclorito;· il suo costo è molto più alto rispetto a quello dell’ipoclorito; la maggior spesa è compen-sata da un risultato sempre superiore sotto ogni aspetto.Prima di essere messa in rete l’acqua, resa potabile, viene stoccata in cisterne da 10.000 mc.e 6.000 mc. che forniranno acqua per gli usi civili (7). Un’altra vasca da 6.000 mc, vieneinvece utilizzata per stoccare acqua che servirà la zona industriale (8).

Qualità delle acque immesse in retePrima che l’acqua arrivi all’utente occorre che sia di qualità, e cioè che venga controllata.Il D.P.R. 236/88 elenca i parametri da tenere in considerazione per le analisi sulla qualità

L’acqua nella società30

L’impianto dipotabilizzazione

di Ravenna

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delle acque potabili, e quando necessario, dai rispettivi Valori Guida (V.G.) eConcentrazione Massima Ammissibile (C.M.A.).

I controlli previsti dal D.P.R. 236/88 sono essenzialmente di tre tipi:· controllo minimo (C1): colore, odore, sapore, pH, conducibilità elettrica specifica, cloruri,cloro libero residuo, coliformi totali e fecali;· controllo normale (C2): parametri C1 + torbidità, temperatura, calcio, azoto ammoniaca-le, azoto nitrico, azoto nitroso, ossidabilità, streptococchi fecali;· controllo periodico (C3): parametri C2 + durezza totale, residuo fisso, solfati, ferro, fosfo-ro totale, cadmio, cromo, piombo, carica batterica a 36°C e a 22°C.La frequenza dei controlli viene definita dalle Autorità Sanitarie competenti. Come già riportato, l’acqua che giunge ai nostri rubinetti proviene in parte dall’acquedot-to della Romagna, che distribuisce le acque superficiali del bacino di Ridracoli, ed in partedal nuovo impianto di potabilizzazione di AREA alle Bassette, la cui fonte di approvvigio-namento è costituita dalle acque superficiali dei fiumi Lamone e Reno, del CER, tramite lacanaletta ENICHEM.

In particolare:· l’impianto delle Bassette alimenta prevalentemente la zona nord di Ravenna; · l‘allacciamento con l’acquedotto della Romagna alimenta prevalentemente la zona sud diRavenna;· le torri piezometriche di via S. Alberto e di via Fusconi, alimentate con l’acqua provenientesia da Ridracoli sia dall’impianto delle Bassette, in proporzione variabile a seconda delleesigenze e delle disponibilità, servono soprattutto la città.I dati ottenuti dalle continue analisi hanno evidenziato una corretta gestione della rete didistribuzione. In linea di massima si può affermare che l’acquedotto della Romagnafornisce un’acqua le cui caratteristiche chimico fisiche (contenuto in cloruri, durezza,calcio, conducibilità, temperatura) sono costanti per tutto l’arco dell’anno, mentre l’im-pianto di Ravenna presenta un’acqua in uscita con una variabilità superiore. La differenza tra “le due acque” che è più sensibile e percettibile dall’utente è data dallatemperatura. L’acqua del bacino di Ridracoli presenta la medesima fresca temperaturadurante il corso delle stagioni. L’acqua dei fiumi di pianura, al contrario, si riscalda sensi-bilmente nel periodo estivo, e quindi al rubinetto, presenta una temperatura di qualchegrado superiore rispetto a quella fornita nei mesi invernali. In definitiva, anche se l’acqua distribuita alla città di Ravenna non ha le stesse caratteri-stiche delle acque che scorrono quasi incontaminate in montagna, è senza dubbioun’acqua di buona qualità, che rispetta in pieno, non soltanto la C.M.A. ma nella maggio-ranza dei casi anche i V.G. imposti dalla normativa, sia che provenga dall’impianto diRidracoli, sia da quello delle Bassette.

L’acqua nella società

Valore guida:si intende per valore guida il valore ottimale a cui si deve tendere, compatibilmente con quelle che sono le fonti di approvvigionamentodisponibili.

Concentrazione MassimaAmissibile:indica il valore di una concentra-zione che non può essere raggiun-ta; soltanto per alcuni parametri,legati alle caratteristiche geologi-che dell’area in cui la risorsa idri-

ca viene a contatto, tale concen-trazione può essere derogata. Innessun caso la deroga accordataper fattori che possono risultaretossici, microbiologici o checomunque possano recare dannoalla salute.

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Ogni qualvolta si osserva in natura un’ alterazione ambientale sfavorevole alla vita, si parladi inquinamento. In particolare in un corso d’acqua è possibile riconoscerne tre livelli:· inquinamento naturale dovuto all’azione dell’acqua piovana che una volta raggiunto ilsuolo, assume in soluzione e in sospensione sostanze di origine minerale e biologica.Questo tipo di inquinamento è normalmente contenuto entro limiti tali da consentire l’im-piego dell’acqua per la maggioranza degli scopi;· apporto di sostanze dall’esterno per cause non naturali in quantità non superiore allacapacità di autodepurazione del corso d’acqua stesso;· apporto di sostanze dall’esterno per cause non naturali in quantità superiore alla capa-cità di autodepurazione del corso d’acqua stesso. È questo il livello di inquinamento piùgrave in cui risultano compromessi numerosi usi dell’acqua.

Gli inquinanti ed i loro effettiSul pelo dell’acqua non è infrequente osservare la presenza di oggetti di varia natura, gal-leggianti o comunque trasportati dalla corrente, insieme a schiume o ad olii; l’effetto visi-vo ci porta a concludere che il corso d’acqua osservato è inquinato. Al contrario la vista di un’acqua cristallina senza impurità percepibili sensorialmente ciporta a considerare pulito l’oggetto della nostra analisi. Nella realtà non c’è nulla di piùsbagliato; molte sostanze chimiche risultano incolori e insapori, ma possono portare allamorte se ingerite. Un ruscello di montagna può presentarsi colorato intensamente; non èl’effetto di un inquinamento artificiale ma del fango raccolto a seguito di una pioggiaintensa. Passato un po’ di tempo il sedimento cade sul fondo e l’acqua torna pulita. Gli effetti degli inquinanti sono molteplici:i materiali galleggianti (oli, grassi e schiume, materiali sospesi e coloranti), modificano l’a-spetto del corso d’acqua e ne ostacolano la riareazione, impedendo la penetrazione delleradiazioni solari e quindi i processi fotosintetici; i materiali in sospensione sono per lo più materiali insolubili di densità uguale o superiorea quella dell’acqua, mantenuti in sospensione dalla turbolenza. Con il passare del tempo,sedimentano sulle rive e sul fondo come fango. I materiali di origine organica vengonodegradati, con consumo di ossigeno, dalla flora batterica. Quando l’ossigeno scarseggia,insorgono fenomeni putrefattivi.

Gli organismi viventi, sia animali che vegetali, influiscono sulle qualità di un’acqua. I batteri, molto utili nei processi di autodepurazione, possono produrre cattivi odori oltreche aggredire piante ed animali.Le alghe sono organismi fotosintetici che si nutrono prevalentemente di prodottiinorganici, dando luogo a produzione di ossigeno. Se però sono presenti nelle acque inconcentrazioni molto elevate, cosa che avviene quando nell’acqua sono disciolti elementinutritivi (N,P), morendo offrono abbondante cibo per i batteri, i quali, per degradarle,consumano ossigeno producendo odori. Gli animali microscopici trovano la maggior parte del loro nutrimento in alghe e batteri equindi possono essere utili come regolatori della loro crescita.Le sostanze disciolte rappresentano la categoria più numerosa. Si tratta per lo più disostanze di natura tossica, (acidi, alcali, metalli pesanti, insetticidi, cianuri, sostanzeorganiche, ammoniaca ecc.), che rendono l’acqua non potabile e danneggiano la vitaacquatica. Alle sostanze disciolte può essere collegato lo sviluppo di colore, odore esapore delle acque.Elementi nutritivi (N, P), determinano crescite abnormi di vegetazione, soprattutto di alghe.

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Le normativeL’acqua si sa, è il bene più prezioso per l’umanità. Troppo spesso in passato, si è abusatodella presenza dei corsi d’acqua per scaricarvi rifiuti di ogni genere e natura, recando gravidanni non soltanto a carattere ambientale ma anche sanitario. La prima norma che disci-plina e assoggetta ad autorizzazione tutti gli scarichi, sia civili che industriali, è recente(legge 319 del 1976, ovvero Legge Merli) e detta le “norme per la tutela delle acque dal-l’inquinamento”. La legge oltre a imporre l’autorizzazione per tutti gli scarichi sia in corsid’acqua superficiali che sotterranei, fissa limiti di concentrazione per gli inquinantiimmessi nel refluo scaricato.Nel 1982 il DPR 515/82 classifica le acque che possono divenire potabili.Successivamente nel 1988 il DPR 236 introduce per la prima volta il concetto di “tutela diuna risorsa”, istituendo aree di salvaguardia suddivise in:· zone di tutela assoluta· zone di rispetto, nelle quali non si possono insediare determinate attività· zone di protezione, in cui l’utilizzo del territorio deve essere valutato di volta in voltaIl decreto stabilisce poi i concetti di ”concentrazione massima ammissibile” (CMA) e“valore guida” (VG) per determinati inquinanti per le acque destinate al consumo umano.La legge successiva, n° 183/89 identifica nei bacini idrografici l’unità territoriale ottimaleper la difesa del suolo e delle risorse idriche, suddividendoli in bacini di rilievo nazionale,interregionale, regionale.La più moderna legge emanata in Italia è quella che viene chiamata Legge Galli (n° 36/94)che sulla base del criterio del bacino idrografico, delimita il territorio di intervento negli“ambiti territoriali ottimali”. La legge sancisce che tutte le acque sono pubbliche e chequindi devono essere tutelate ed utilizzate nell’interesse delle comunità e delle generazio-ni future. L’utilizzo prioritario deve essere il consumo umano. All’interno dell’ambito territoriale ottimale i servizi inerenti al ciclo dell’acqua (potabiliz-zazione, fognature e depurazione) devono essere organizzati da un solo gestore.

I liquami domesticiGiornalmente nelle nostre case consumiamo 150 litri di acqua. Di questi, 65 litri vengonoconsumati quando utilizziamo lo sciacquone del gabinetto, 57 per la pulizia personale,20 per fare il bucato e 8 per bere. L’acqua di scarico in uscita dalle nostre case, entra incondotte che chiamiamo fognature. A differenza delle condutture dell’acquedotto, l’acquadi fogna non scorre sotto pressione ma secondo gravità, essendo il condotto in pendenza.Il sistema fognario più moderno separa le acque domestiche da quelle piovane, definendole prime “acque nere” e le seconde “acque bianche”. L’acqua consumata per le necessità domestiche non va perduta ma viene restituita quasiinteramente ai corsi d’acqua superficiali; occorre però che prima sia depurata.

Il depuratore di Ravenna cittàIl depuratore di Ravenna città, situato in Via Romea Nord, è stato attivato nel 1983 e servea tutt’oggi una popolazione di 135.000 abitanti equivalenti. All’impianto arrivano acquefognarie nere (40%) e miste (60%) dalla città di Ravenna, da Casalborsetti, da MarinaRomea, da Porto Corsini, da Lido Adriano e da Lido di Dante. I trattamenti per la depurazione delle acque vengono classificati in 3 categorie e cioè, infunzione della loro successione temporale distinguiamo:1) trattamenti primari, di natura strettamente meccanica (fasi di grigliatura, dissabbiatu-

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ra, deoleazione ecc.);2) trattamenti secondari, di natura biologica (ossidazione a fanghi attivi);3) trattamenti terziari, di natura chimico-fisica, (coagulazione, flocculazione ecc.),ogni fase di trattamento produce dei fanghi che sono poi da trattare.

LINEA ACQUA: depurazione del liquameTrattamenti primariIl liquame da depurare arriva all’impianto ad una quota inferiore rispetto al piano dilavoro e deve quindi essere “sollevato”. Per innalzare la quota dell’acqua, vengono impie-gate delle pompe a vite di Archimede (coclee) (1). Una volta sollevato il liquame viene fattopassare attraverso una griglia grossolana (2) formata da una serie di sbarre metallicheparallele tra loro, distanziate circa 5 cm. l’una dall’altra. I corpi una volta raschiati dallegriglie, vengono raccolti in un contenitore e inviati in discarica.Al di là delle griglie, il liquame viene fatto passare in vasche dove subiscono la dissabbia-tura e la disoleatura (3). Ciò che normalmente viene chiamato “sabbia” è costituito in realtàda rena, polvere, pietrisco, ceneri ed altre sostanze inorganiche pesanti. La sabbia deve essere raccolta, in quanto all’interno dell’impianto comporta una usuraeccessiva delle tubazioni e dei macchinari. La sua rimozione tramite dei raschiatori di fondoviene effettuata subito a valle della griglia.Per eliminare i grassi, le cere e gli olii presenti in superficie vengono utilizzati dei raschia-tori di superficie.Il liquame, una volta dissabbiato e disoleato, passa alla fase di microgrigliatura (4), oveattraverso griglie a tamburo rotante, vengono trattenute particelle superiori a 2 mm..Il liquame “filtrato” subisce ora una sedimentazione primaria (5). In un liquame sonopresenti diversi tipi di particelle in sospensione; quelle che hanno un peso specifico mag-giore a quello del liquame stesso, e quelle che hanno un peso specifico minore o uguale.Tutte e due, se la turbolenza è elevata, vengono trascinate dal flusso. Se la velocità del flus-so diminuisce, le particelle con peso specifico maggiore rispetto al liquido che le contiene

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L’impianto didepurazione di Ravenna

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cadono per gravità sul fondo; le altre rimangono in sospensione (cioè fluttuano senzaprecipitare).Le particelle possono anche essere divise in due categorie:· granulose;· flocculose.Le particelle granulose, di cui la sabbia è un tipico esempio, sedimentano indipendente-mente le une dalle altre a velocità costante, senza che si verifichino dei cambiamenti diforma, peso e dimensioni.Le particelle flocculose, quali le sostanze organiche, il fango attivo o i fiocchi formatisi aseguito della flocculazione chimica, tendono ad unirsi le une alle altre durante lasedimentazione, a formare dei conglomerati.Si definisce materiale sedimentabile l’insieme dei solidi, sia di natura granulosa cheflocculosa che sedimentano in un tempo ragionevole (di norma viene fissato un limite ditempo pari a 1 ora).I solidi non sedimentabili presentano delle dimensioni talmente piccole da non poter esse-re eliminati per questa via.La sedimentazione del particolato avviene dentro a vasche chiamate “sedimentatori” Il tipo più comune di sedimentatore ha forma circolare e prevede l’immissione del liquamedal basso verso l'alto con movimento radiale dal centro alla periferia. Il materialesedimentato, chiamato fango primario, viene raccolto sul fondo e verrà trattato anch'essoprima di venire smaltito. Una sedimentazione primaria è buona se si ha l’eliminazione del50-80% delle sostanze sospese. Con la sedimentazione, hanno termine i trattamenti primari.

Trattamenti secondari: la depurazione biologicaLa depurazione biologica rappresenta il cuore di un impianto di depurazione.Gli impianti di depurazione delle acque di scarico provenienti da insediamenti civili sonouna imitazione di ciò che spontaneamente accade in natura. I corsi d’acqua contengono insé una serie di microrganismi che vivono e si riproducono utilizzando per nutrimento ilmateriale organico contenuto nell’acqua stessa e per respirare l’ossigeno disciolto che ètanto maggiore tanto più è accidentato il corso d’acqua.L'uomo, negli impianti di depurazione, non fa che riprodurre in vasche ciò che natural-mente avviene nei corsi d'acqua. I processi biologici rimuovono la sostanza organica secon-do meccanismi analoghi a quelli di autodepurazione di un corso d'acqua. La differenza consiste nel fatto che il trattamento avviene in apparecchiature costruiteappositamente e con concentrazioni molto più elevate, per cui le trasformazioni avvengo-no con velocità e rendimenti molto maggiori.I trattamenti secondari iniziano quando il liquame in uscita dai sedimentatori primari vieneimmesso in una serie di vasche, nelle quali avvengono dei trattamenti il cui scopo è quel-lo di rimuovere l'azoto contenuto nelle acque, cosa che avviene in due distinti processi;la nitrificazione che, partendo da azoto ammoniacale giunge alla formazione di nitrati, esuccessivamente la denitrificazione che riduce i nitrati ad azoto molecolare gassoso chelascia spontaneamente il liquame. In taluni impianti, come in quello di Ravenna, è oppor-tuno trattare i liquami con una predenitrificazione. Il liquame in uscita dai sedimentatori primari viene quindi immesso in vasche nelle qualiavviene una predenitrificazione (6), il liquame in uscita dalla vasca di predenitrificazioneviene immesso in una vasca di aerazione e nitrificazione (7). Scopo è quello di ossidare icomposti azotati presenti sotto forma ammoniacale, a NO2 e NO3 (nitrificazione).

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Il processo avviene in due fasi distinte, sotto descritte, ad opera di batteri autotrofi delgenere Nitrosomonas e Nitrobacter, presenti comunemente nelle acque domestiche.

2NH4+ + 3O2 NITROSOMONAS 2NO2

- + 4H+ +2H2O (nitriti)

2NO2 + O2 NITROBACTER 2NO3- (nitrati)

La velocità di nitrificazione che dipende dalla velocità di trasformazione dell’ammoniaca anitriti è influenzata da una serie di parametri quali pH, concentrazione di ossigenodisciolto, temperatura. Nitrati e nitriti, in quanto nutrienti, non possono venire rilasciatinell'effluente. Occorre far seguire una fase di denitrificazione (8) finalizzato all’elimina-zione della sostanza azotata presente sottoforma di nitrati attraverso la riduzione ad azotomolecolare gassoso che si allontana come gas dalla fase liquida. In altre parole, una volta prodotto, il nitrato deve venire ridotto (da batteri anaerobi) inN2 (gassoso).

Per avvenire la denitrificazione ha bisogno di:· substrato batterico· azoto ossidato nella forma di nitrati· carbonio organico· assenza di ossigeno disciolto.

Il substrato batterico è garantito dal flusso di fango di ricircolo proveniente dal sedimen-tatore secondario ed eliminato dall’ossidazione.I nitrati vengono immessi facendo ricircolare il liquame che viene prelevato dall’uscita del-l’ossidazione/nitrificazione.L’assenza di ossigeno viene mantenuta non eccedendo nella fornitura di ossigeno libero infase di ossidazione/nitrificazione.Dalla vasca di denitrificazione viene raccolto del fango di ricircolo che viene immesso nellavasca di predenitrificazione. In questo modo, si ha già un abbattimento della sostanzaazotata. Una volta denitrificato, il materiale organico presente nel liquame deve veniredepurato. Il trattamento prevede l'impiego del cosiddetto “fango attivo” e consiste nelmantenere in un bacino ben aerato una nutrita coltura di particolari specie batteriche giàpresenti in numero ridotto nel liquame da trattare. Il processo a fanghi attivi viene usatoper convertire le sostanze non sedimentabili sia sospese che disciolte, in fanghisedimentabili che poi verranno eliminati, ottenendo in questo modo un alto grado didepurazione. Il primo passaggio viene effettuato in vasche di aerazione, il secondo nellevasche di sedimentazione secondaria (9).La depurazione di queste sostanze viene effettuata da microrganismi, in primo luogobatteri e protozoi che si nutrono di solidi contenuti nel liquame, agendo come fattore didepurazione. Questi organismi vengono mantenuti in un ambiente aerobico mediantel’introduzione di aria in una miscela di fango attivo e di liquame. Successivamente il fango attivo viene separato dal liquame con un processo di sedimenta-zione. Una volta separato il fango attivo può essere nuovamente impiegato per il tratta-mento di nuovo liquame.Quindi l’acqua che esce dal primo stadio (trattamento primario), chiarificata grazie allaeliminazione delle sostanze sospese o sedimentabili, subisce il secondo stadio, che miraprincipalmente ad eliminare le sostanze organiche (non sedimentabili) tramite l’aggiuntadi fango attivo. La comunità di batteri presente nei fanghi attivi è principalmente costi-tuita da batteri aerobici che richiedono sostanza organica per rifornirsi di carbonio edenergia (batteri eterotrofi). In questo modo, viene eliminata la frazione organica.

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Nelle vasche di sedimentazione secondaria avvengono due processi fondamentali: produ-zione di materiale cellulare per ossidazione microbica della sostanza organica e assorbi-mento su questo materiale, che si aggrega in fiocchi, delle sostanze da rimuovere. È pertanto necessario che i fiocchi vengano mantenuti in sospensione tramite un appro-priato grado di agitazione. L'aggregarsi delle particelle provoca un innalzamento del peso specifico dei fiocchi chequindi possono precipitare sul fondo sotto forma di fango "secondario". Una parte di questo fango attivo sedimentato, denominato “fango di ricircolo”, vieneripompata a monte della vasca di aerazione per facilitare il trattamento di altro liquame.Poiché la quantità di fango attivo aumenta considerevolmente è necessario allontanare laquantità di fango in eccesso (fango di supero) che, o viene reimmesso nel circuito, oppureviene inviato alla linea di depurazione dei fanghi. L'acqua in uscita dai sedimentatorisecondari viene immessa nelle vasche per i trattamenti terziari.

Trattamenti terziariLe operazioni di trattamento terziario, tutte a carattere chimico o chimico-fisico, sonodeputate a rimuovere gli agenti inquinanti, che non sono stati adeguatamente rimossi coni trattamenti secondari convenzionali.I processi adoperati in questa fase sono molteplici.La disinfezione (10) è un’operazione mediante la quale si eliminano gli organismi patoge-ni tipo batteri o virus. Si impiegano per lo più sostanze a base di cloro (nell'impianto diRavenna, l'ipoclorito di Na, meglio conosciuto come varichina). Non si ha una sterilizza-zione delle acque, ma una disinfezione. L'aggiunta di ipoclorito avviene in una vasca a per-corso sinuoso, a labirinto, in modo da mantenere un tempo di contatto acqua-cloro abba-stanza elevato (il tempo di permanenza dipende dalla portata del flusso in ingresso).Alla disinfezione, segue una fase detta di chiariflocculazione (11) cioè operazione combi-nata di coagulazione, flocculazione e sedimentazione.Se i materiali in sospensione sono di tipo colloidale, non sedimentano sia a causa dellepiccole dimensioni delle particelle, sia per la repulsione elettrica reciproca.La sedimentazione può avvenire solo a seguito della destabilizzazione delle cariche. Questo effetto è ottenibile attraverso l’aggiunta all’acqua di elettroliti, cioè composti chi-mici come il solfato di alluminio o di ferro, il cloruro di ferro o di alluminio, il cui scopo èquello di formare degli ioni metallici idrolizzabili. La destabilizzazione delle cariche è notacon il nome di coagulazione. Poiché normalmente i colloidi sono caricati negativamente,vengono impiegati coagulanti di tipo cationico che in acqua si caricano positivamente.Gli idrossidi metallici ed i polimeri organici, oltre a funzionare come coagulanti, favorisco-no anche l’aggregazione delle particelle che così possono decantare. Tali aggregati, chepossono raggiungere le dimensioni di qualche mm., sono detti fiocchi ed il meccanismodella loro formazione è detto flocculazione.La coagulazione e la flocculazione hanno esigenze contrastanti, perché la prima richiedeuna forte agitazione che favorisca la dispersione del coagulante, la seconda un’agitazionelenta tale da favorire l’incontro tra le particelle per la formazione del fiocco ma non tantada favorire la rottura dello stesso. Le due operazioni vengono pertanto effettuate o inapparecchiature separate o in comparti differenti dello stesso apparecchio (nell'impiantodi Ravenna, nello stesso apparecchio, l'accelator o chiariflocculatore). In una fase successiva i fiocchi devono essere sedimentati.Una volta che il liquame è stato depurato può venire immesso nel corpo idrico recettorecioè nel Canale Via Cupa. Nel caso che tale canale non fosse recettivo, viene impiegato lo

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Scolo Fagiolo. Il destino ultimo è in ogni caso, la pialassa Baiona. Le acque di scaricopossono anche venire immesse nello scolo Tomba e impiegate per la fertirrigazione.

LINEA DEI FANGHICaratteristiche dei fanghiCon il termine di fango si intendono i solidi eliminati dai liquami con il processo di sedi-mentazione. A seconda della loro provenienza possono venire classificati come fanghiprimari, secondari, di supero, o chimici. In base alle loro condizioni o ai processi subiti,possono distinguersi in grezzi, freschi, digeriti, lavati, disidratati, essiccati. Con il termine“trattamento dei fanghi” si intendono tutti quei metodi che intercorrono tra la rimozionedel fango dai sedimentatori fino al loro smaltimento finale.

In particolare nell'impianto di Ravenna si hanno i seguenti trattamenti:· pre-ispessimento· digestione· post-ispessimento· smaltimento finale.

Il fango estratto dai sedimentatori primari è essenzialmente costituito dai solidisedimentabili originariamente presenti nel liquame grezzo. Viene detto “fango fresco” erisulta instabile e putrescibile, di colore grigio-bruno e aspetto sgradevole, contenenteparticelle di materiale fecale, di rifiuti solidi, di piccoli detriti di varia natura. Il suo odoreè cattivo. Il fango estratto dai sedimentatori secondari è composto da sostanze organicheparzialmente decomposte. Si presenta di colore marrone scuro, di natura fioccosa ed ha unaspetto più omogeneo. Il suo odore è meno intenso che non quello del fango fresco.Il fango attivo in eccesso è parzialmente decomposto, di colore nocciola e odore diterriccio; quando però comincia a setticizzarsi, sprigiona odori molto spiacevoli.Il fango dovuto a processi di sedimentazione chimica è generalmente scuro e meno odo-roso rispetto ai fanghi primari.I fanghi hanno una altissima percentuale di umidità e non possono essere immessi diret-tamente nell’effluente o sul terreno. Devono venire trattati in modo da renderli inerti.La prima operazione che un fango subisce nel suo processo di depurazione è un preispes-simento (12) cioè una diminuzione del suo contenuto in acqua. Questa operazione vienegeneralmente effettuata su un ispessitore (un accelator). L’acqua estrapolata dal fango viene rimessa in circolo nell'impianto, risegue cioè la lineaacqua. Dopo un preispessimento occorre stabilizzare il fango tramite una digestione anae-robica (13). Il processo di digestione del fango è condotto in assenza di ossigeno libero daparte di organismi anaerobici. Avviene in tre fasi principali:

1. fermentazione acida: i microrganismi aggrediscono i solidi disciolti, quali gli zuccheri,fino a formare acidi organici, idrogeno solforato, carbonati ed anidride carbonica.2. l’ambiente acido sviluppa la crescita di microrganismi che abbattono, anche se lenta-mente, proprio le sostanze acide.In questa fase si hanno processi di stabilizzazione e gasificazione dei fanghi (vieneprodotto biogas, cioè anidride carbonica e metano che viene recuperato). 3. Vengono poi attaccati i composti azotati quali le proteine e gli aminoacidi. Il pH si stabi-lizza attorno ai 6,8 e 7,4. Si ha una abbondante formazione di metano che trova spesso impie-go come combustibile nell’impianto. I solidi rimasti nel fango sono relativamente stabili.

Al processo di digestione seguono un postispessimento (14), mediante il quale viene toltal’acqua interstiziale, una disidratazione spinta (15) eseguita mediante un nastro a pressa e

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lo smaltimento finale. Nella disidratazione spinta il fango viene inviato in mezzo a duenastri in modo da lavorare sotto pressione. In questo modo si raggiunge un secco del 20-25%. Il filtrato viene riportato in testa al trattamento. Il fango, diventato di consistenzapalabile, deve essere smaltito. Quando le caratteristiche organolettiche lo consentono ilfango può venire utilizzato in agricoltura come ammendante del terreno. Altrimenti vieneinviato in discarica.

Nel 1968 è stata scritta la Carta Europea dell’Acqua, la quale riporta che:1. non c’è vita senz’acqua2. le disponibilità di acqua dolce non sono inesauribili; è indispensabile preservarle,controllarle e se possibile accrescerle3. alterare la qualità dell’acqua significa nuocere alla vita dell’uomo e degli altri esseriviventi che da essa dipendono4. la qualità dell’acqua deve essere tale da soddisfare le esigenze delle utilizzazioni previ-ste; ma deve specialmente soddisfare le esigenze della salute pubblica5. quando l’acqua, dopo essere stata utilizzata, viene restituita al suo ambiente naturale,essa non deve compromettere i possibili usi, tanto pubblici che privati, che di questoambiente potranno essere fatti6. la conservazione di una copertura vegetale appropriata, di preferenza forestale, è essen-ziale per la conservazione delle risorse idriche7. le risorse idriche devono formare un oggetto di un inventario8. la buona gestione dell’acqua deve formare oggetto di un piano stabilito dalle autoritàcompetenti9. la salvaguardia dell’acqua implica uno sforzo importante di ricerca scientifica, diformazione di specialisti e di informazione pubblica10. l’acqua è un patrimonio comune il cui valore deve essere riconosciuto da tutti; ciascuno ha il dovere di economizzarla e di utilizzarla con cura11. la gestione delle risorse idriche dovrebbe essere inquadrata nel bacino naturalepiuttosto che entro frontiere amministrative o politiche12. l’acqua non ha frontiere; essa è una risorsa comune che necessita di una cooperazioneinternazionale.

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Cosa occorreUna bottiglia, un pezzo di garza da medicazione, un elastico e dell’acqua.Come procedereRiempite la bottiglia con l’acqua e fissate la garza sull’imboccatura con l’elastico. Ora provate a rovesciare il tutto!!! La tensione superficiale si comporterà comeuna pelle e impedirà all’acqua di passare attraverso gli spazi nella trama dellagarza.

Cosa occorre

Alcuni piatti di plastica, forbici, una bacinella rettangolare, acqua pulita, pezzetti di sapo-ne o sapone liquido.Come procedereRicavate dalla base di un piatto una forma affusolata e praticate un piccolo incavo nella sua parte terminale.Disponete la forma nella bacinella piena d’acqua e in corrispondenza dell’incavo posizionate un pezzo di sapone(oppure lasciate cadere una goccia di sapone liquido). La vostra piccola zattera comincerà a muoversi sotto la spinta dellatensione superficiale. La velocità della zattera dipende fortemente dalla geometria dellaforma utilizzata, per verificarlo organizzate gare di velocità fra forme diverse, un rettan-golo, una circonferenza, un triangolo. Ricordate sempre di cambiare l’acqua dopo ogniprova.

Cosa occorreUna caraffa, una corda, un contenitore vuoto.Come procede

Riempite la caraffa di acqua e annodate una estremità della corda al suomanico. Fate passare la corda sopra il beccuccio della caraffa e tenete l’estre-

mità libera appoggiata all’interno del contenitore. Allontanate poi il contenito-re dalla caraffa in modo che la corda sia ben tesa e, tenendo la caraffa proprio

sopra il contenitore, iniziate a versare l’acqua. L’acqua scorrerà lungo la corda.Dopo che il flusso è iniziato spostate la caraffa più in basso, quasi a lato del con-

tenitore e la tensione superficiale farà si che l’acqua continui a scorrere lungo la corda.

Cosa occorreCarta liscia non lucida, matite, forbici, un contenitore e dell’acqua.Come procedereDisegnate sulla carta un fiore come indicato nella figura accanto. Coloratelo a piacere eritagliatelo. Ripiegate i petali verso l’interno e poggiate il fiore nell’acqua, questa risaliràlentamente lungo i tubicini tra una fibra e l’altra, facendo aprire i petali del fiore.

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1. Un tessuto a tenuta d’acqua

2. Il detersivo propulsore

3. Versare acqua lungo la corda

4. Giochi di carta

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Cosa occorreAlcuni fiori bianchi (i garofani sono ideali), colorante per alimenti, un recipien-te e dell’acqua.Come procedereLe radici hanno, accanto alla funzione di ancoraggio, la funzione di assorbire dalterreno acqua e sali minerali disciolti. Il meccanismo che permette l’assunzionedi acqua dal terreno è molto complesso e coinvolge fenomeni quali la traspirazione, la capillarità, l’osmosi, la tensione superficiale. L’esperienza del garofano, facile da realizzare e di immediata comprensione, sarà l’occasione per introdur-re questi argomenti. Procuratevi dei fiori bianchi, ad esempio garofani, e immergeteli inacqua colorata. Dopo qualche giorno l’acqua colorata, assorbita dagli steli, avrà raggiuntoe colorato i petali. Più intensa è la colorazione dell’acqua, più intenso sarà il colore cheosserverete. Potete anche tagliare il gambo di un fiore, ovviamente prima di immergerlonel colorante, per 5-6 cm dal fondo. Con il nastro adesivo bloccate il taglio in modo taleda impedire che lo stelo si spezzi, immergete quindi metà stelo nell’acqua colorata e metànell’acqua non colorata. Osservate il risultato e discutetelo con i ragazzi.

Cosa occorreUn fornellino, un tegame, un termometro, un misurino, un cronometro, liquidi da analizzare (acqua, olio, latte). Come procedereMisurate un certo quantitativo di olio con il misurino, prendete nota dellaquantità e versatelo nel tegame. Accendete il fornellino e riscaldate il tegame per 5 minuti. Misurate la temperatura raggiunta dall’olio. Ora ripetete l’operazione con le altre sostanze, utilizzando la stessa quan-tità di liquido e riscaldandolo con la medesima fonte di calore per lo stesso tempo. Misurate poi le temperature raggiunte, quale dei liquidi èdiventato più caldo? Cosa significa?Un consiglio: lasciate riposare i liquidi per circa un’ora prima di cominciare inmodo da avere la stessa temperatura di partenza.

Cosa occorreAcqua, sale, zucchero, farina, olio, cacao, segatura, caffè, vino, colori a tempera, sabbia,sapone da bucato, riso, contenitori trasparenti.Come procedereMettete a disposizione degli studenti tante sostanze diverse e altrettanti contenitori di pla-stica trasparente. Fate riempire per metà i contenitori d’acqua e fatela assaggiare. Poiaggiungete un cucchiaino, ad esempio, di sale da cucina, mescolate e stimolate i ragazzi adosservare cosa succede e ad assaggiare nuovamente la soluzione. Il sale sarà scomparso el’acqua diventata salata. Aggiungete dell’altro sale, osservate ed assaggiate ancora. Fino aquando potrete aggiungere sale? Ripetete l’esperienza con altre sostanze, sia solubili siainsolubili, come ad esempio l’olio d’oliva, la farina ecc. e registrate i cambiamenti osservati.

Proposte didattiche 41

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5. Acqua, radici e assorbimento

6. Prove di riscaldamento

7. Cosa si scioglie e cosa no?

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Cosa occorreUna vaschetta d’acqua, un cubetto di ghiaccio, un fiammifero, un po’ di sale.Come procedere

Sapreste sollevare un cubetto di ghiaccio con un fiammifero? Come in tutti igiochi di prestigio anche in questo caso esiste il trucco. Per riuscirci si sfrutta,

infatti, la proprietà che hanno i sali di abbassare la temperatura di congelamen-to dell’acqua, ecco il motivo per cui il sale è sparso d’inverno sulle strade per

prevenire la formazione del ghiaccio o per facilitare il suo scioglimento. Appoggiate un fiammifero, disposto orizzontalmente, sul cubetto di ghiaccio e

ponete un po’ di sale attorno al fiammifero stesso. Il sale, abbassando la tempera-tura di congelamento, scioglierà una sottile pellicola di ghiaccio e il fiammifero

‘sprofonderà’ di qualche millimetro. In poco tempo il fiammifero sarà imprigionato nelghiaccio, e potrà essere utilizzato per sollevare il cubetto. Questo è anche quello chesuccede quando si pattina sul ghiaccio. Il peso del pattinatore provoca la fusione del

ghiaccio sotto le lamine dei pattini e il sottile strato d’acqua creatosi consente di scivola-re. Subito dopo il passaggio del pattinatore l’acqua si congela nuovamente.

Cosa occorreDue bicchieri grandi, dell’acqua, 10 cucchiaini di sale da cucina, due uova intere.Come procedereMescolate il sale in mezzo bicchiere d’acqua e riempite ametà con acqua dolce l’altro bicchiere, poi inserite le uova,una in ciascun bicchiere. Come vi potete facilmente immaginare l’uovo in acqua salatagalleggerà e quello in acqua dolce andrà a fondo (per il principio di Archimede i corpi subi-scono una spinta verso l’alto pari al peso del volume di liquido spostato, quindi l’acquasalata pesa di più, a parità di volume l’uovo in acqua salata riceve una spinta maggiore).Ma l’esperimento non è tutto qui. Ora versate l’acqua dolce e l’acqua salata nei duebicchieri, riempiendoli per metà. Poi, lentamente versate l’acqua dolce in quella salata,senza mescolare i due liquidi e, a questo punto immettete delicatamente l’uovo. Se l’esperimento è riuscito dovreste vedete l’uovo galleggiare sull’acqua salata, esattamen-te a metà del vostro bicchiere.

Cosa occorreUn cavolo rosso di piccole dimensioni, 1 litro di acquadistillata, un colino, un contenitore, un campione di soluzione da analizzare (succo di limone, acqua piovana ecc.).Come procederePrendete il cavolo rosso, tagliatelo in striscesottili e mettetelo nel contenitore dove si è fatta bollire l’acqua distillata. Lasciate il cavolo in infusione nell’acqua bollente per mezz’ora, fino a completo raffredda-

Proposte didatticheLe

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8. Sollevare il ghiaccio con un fiammifero

9. L’uovo magico

10. L’analisi del pH con il cavolo rosso

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mento. Passate il liquido, di colore porpora scuro, col colino. Versate un po’ di indicatore inun vasetto; aggiungete un po’ di liquido o soluzione da analizzare e constatare il cambiodi colore.L’acidità fa diventare rosso l’indicatore, mentre assume le tonalità del blu fino all’azzurroper soluzioni tendente alla basicità. L’acqua distillata non ha effetto sull’indicatore perchéè pura, perciò neutra. Essa rappresenta un utile esempio di confronto. L’acqua di rubinet-to raramente è neutra, dato che spesso contiene impurità che la rendono leggermentealcalina, facendo diventare azzurro l’indicatore.

Cosa occorreAcqua del rubinetto (o qualsiasi campione di acqua che si vuole analizzare), acquadistillata, un contagocce, del sapone liquido, due vasetti con tappo a vite, un vasetto piccolo.Come procederePer prima cosa miscelate, nel vaso più piccolo, sapone liquido e acqua distillata in eguali quantità. Poi versate dell’acqua distillata in unbarattolo e una quantità eguale di acqua del rubinetto nell’altro. Con il contagocce mettete una goccia di soluzione nell’acqua distillata, chiudete il barat-tolo e agitate. Aggiungete una goccia alla volta fino a quando non ottenete la schiuma.Attenzione a non perdere il conto delle gocce utilizzate, l’acqua distillata vi serveinfatti come termine di confronto per stabilire la durezza dell’acqua in esame.Prendete ora il barattolo con l’acqua del rubinetto e iniziate ed aggiungere gocce disoluzione. Contate quindi quante ne servono per ottenere la schiuma. Più ne servo-no più l’acqua è dura. Confrontate il vostro risultato con quello ottenuto con acqua distil-lata e magari con acque di provenienze diverse (acqua minerale, acqua piovana ecc..)

I movimenti dell’acqua in natura sono regolati da diversi fattori. Il vento, ad esempioinnesca il moto ondoso, le diverse temperature favoriscono i moti verticali degli strati diacqua negli oceani e nei laghi, ma è la forza di gravità. Che innesca il movimento delleacqua correnti. Grazie alla forza di gravità infatti l’acqua scorre verso il “basso”, model-lando torrenti impetuosi, spettacolari cascate e il lento fluire dei fiumi.

Cosa occorreCartoncini colorati, matita e forbici.Come procedereRitagliate da quattro cartoncini altrettante sagome di bottiglia e disponetele, ad esempio sulla lavagna, tenendo come riferimento un segmento orizzontale, come segue: una verticale, una leggermente inclina-ta, una molto inclinata e una appoggiata sul fianco (orizzontale). Ora provate a chiedereai bambini di disegnare col pennarello il livello dell’acqua se le bottiglie fossero piene pertre quarti. Difficilmente tracceranno dei segni orizzontali, più comunemente il trattoseguirà l’inclinazione della bottiglia. Non si può mai dire, potrebbero sorprenderci!

Proposte didattiche 43

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11. Misuriamo la durezza

12. Indovina il livello

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A questo punto verificate con una bottiglia d’acqua riempita per tre quarti, fatele assu-mere le inclinazioni delle bottiglie disegnate e controllate insieme se le ipotesi fatte hannoun riscontro nella realtà.

Cosa occorreUna bottiglietta, un contenitore con acqua fredda, un po’ di spago e del colorante alimentare.Come procederePer prima cosa annodate lo spago al collo della bottiglietta (tipo fialette deimedicinali), riempitela d’acqua molto calda, aggiungendo qualche goccia di colorante per

rendere evidente il movimento dell’acqua. Introducete lentamente la bottiglietta nelcontenitore di acqua fredda: vedrete risalire l’acqua colorata verso l’alto come in una eru-zione, lentamente il colore si diffonderà uniformando il contenuto della bottiglia. La spiegazione è piuttosto semplice: l’acqua calda è meno densa, e quindi più leggera, diquella fredda, e tende perciò a risalire verso la superficie del vaso.

Cosa occorreTre vasetti di vetro di cui uno col tappo di sughero, due cannucce, dellaplastilina, acqua e coloranti alimentari.Come procederePraticate due fori in un tappo di sughero e inserite due cannucce.Riempite un vasetto d’acqua colorata e inserite il tappo regolandol’altezza delle cannucce in modo che: una sia a filo del tappo e l’altraentri per metà nel vasetto. A questo punto sigillate lo spazio attornoalle cannucce con della plastilina. Riempite il secondo vasetto conl’acqua colorata, tappate le cannucce con le dita, capovolgete il primovasetto e posizionatelo sopra il secondo in modo che la cannuccia chesporge si immerga nell’acqua di quest’ultimo. Sistemate ora il terzo vasettosotto l’altra cannuccia, vedrete l’acqua risalire dal secondo vasetto attraverso lacannuccia formando una fontanella. Il principio di funzionamento è il seguente: l’acqua scendendo dal primo al terzo vasetto riduce la pressione dell’aria nel primo, che risucchia quindi verso l’alto l’acqua dal secondo.

Perché alcuni oggetti galleggiano ed altri no? Dipenderà forse dal loro peso? E se cosìfosse perché una grande nave che pesa molto sta a galla, mentre una piccola biglia divetro che pesa poco sprofonda? E allora gli oggetti grandi galleggiano meglio di quelli pic-coli? La forma di un oggetto fa qualche differenza? Sono solo alcune osservazioni edomande che possono innescarsi parlando del fenomeno del galleggiamento.

Cosa occorreUn contenitore con dell’acqua e 2 fogli di alluminio per alimenti.

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13. Un vulcano sott’acqua

14. Giochi di “pressione” ed ecco: la fontana

15. E’ una questione di forma?

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Come procedereSi tratta di un esperimento molto semplice che può essere realizzatodirettamente dai bambini, anche dai più piccoli. Appoggiate il foglio dialluminio sull’acqua, cosa succede? In base al suo peso specifico dovreb-be andare a fondo, invece grazie alla sua forma (superficie molto ampiain rapporto al suo peso), lo vedrete galleggiare. Ore prendete il secondo foglio e ripiegatelo su se stesso tante volte fino a farlo diventareun pacchettino, facendo bene attenzione a togliere l’aria tra una ripiegatura e l’altra. A questo punto disponetelo nell’acqua, questa volta lo vedrete andare a fondo. Che cosa è cambiato rispetto a prima?

Cosa occorreUn recipiente di vetro pieno di acqua gassata e dell’uvetta.Come procedereMettete alcuni acini di uvetta nell’acqua gassata e osservate cosa succededopo pochi minuti. All’inizio l’uvetta affonderà, ma non appena le bollicinedel gas rimarranno intrappolate tra le grinze degli acini, essi diventerannomeno densi del liquido e cominceranno a risalire. Giunti in superficie lebollicine scoppieranno e gli acini torneranno sul fondo. Il processo si ripe-terà più volte trasformando il movimento dell’uvetta in una danza acquati-ca!!

Cosa occorreUn vaso di vetro a bocca larga, un guanto di gomma, acqua e fiammiferi.

Come procedereVi sareste mai immaginati di poter far apparire e scomparire una nuvola in

un barattolo? Non solo è possibile ma è anche facile e divertente!!.Versate un po’ d’acqua calda in un vaso di vetro, in modo da coprir-ne appena il fondo; introducetevi un guanto, con le dita in giù, eappendetelo stendendo la sua estremità aperta intorno alla boccadel recipiente. Infilate la mano nel guanto e tiratela velocementeverso l’esterno, senza danneggiare la tenuta della chiusura. Poi togliete il guanto, fate cadere nel vaso un fiammifero acceso

(è la presenza delle particelle di fumo che favorisce il processo di condensa-zione) e rimettete il guanto al posto di prima. Tirate ancora una volta verso l’e-

sterno: si formerà la nebbia. Ora provate a lasciare andare il guanto, la nebbia spa-rirà. Continuate a giocare e …. buon divertimento!

Cosa occorreUn guscio d’uovo, una barchetta di cartone, una candela, del filo di ferro, un po’ d’acqua,una bacinella.Come procederePrendete una barchetta di cartone o di polistirolo e collegate le sponde della barchetta con

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16. La danza acquatica

17. La camera a nebbia

18. Il battello a vapore

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filo di ferro sagomandolo in modo che possa sorreggere unguscio d’uovo. Praticate un piccolo foro nella punta di unguscio, vuotatene il contenuto e riempitelo poi con l’acqua inmodo che, disposto l’uovo orizzontalmente, il livello dell’acqua giunga un po’ al di sottodel foro. Posizionate ora il battello nell’acqua, un pezzetto di candela all’interno, il gusciopieno d’acqua con il foro rivolto all’indietro sul supporto creato al di sopra della candelaaccesa. Trascorsi alcuni minuti l’acqua comincerà a bollire e un filo di vapore usciràattraverso l’estremità perforata del guscio facendo muovere il battello.

Cosa occorreUna vaschetta trasparente, il collo di una bottiglia di plastica tagliato a metà, terreni condiversa granulometria (da sabbiosi ad argillosi).Come procedereL’esperienza proposta permette di vedere in che modo e in quanto tempo un uguale quan-titativo di acqua filtra attraverso tipi diversi di terreno. In uno dei lati lunghi della vaschet-ta posizionate il collo della bottiglia, tagliato a metà in senso longitudinale, in modo cheil bordo superiore sia a livello della superficie, fermatelo con nastro adesivo e riempite lavaschetta con il terreno che volete esaminare. Versate rapidamente l’acqua all’interno del-l’imbuto sino a riempirlo. Osservate quindi la velocità di infiltrazione e come l’acquadiffonde nel terreno, prendete nota di quanto tempo è necessario perché l’acqua filtricompletamente nel terreno ed eventualmente di quanta acqua è necessaria per saturarlo.Potete ripetere l’esperienza con diversi tipi di terreno e variando la quantità d’acqua.

Cosa occorreUna campana per il formaggio con coperchio trasparente(oppure un vaso di vetro trasparente da marmellate), muschiovivo e piantine, spruzzatore.Come procedereQuesta esperienza permetterà di osservare l’autoregolazione di un sistema vivente nel ciclochiuso della materia. Adagiate il muschio, abbiate cura di raccogliere la zolla di muschioinsieme al terriccio che trattiene, sul piano della campana da formaggio. Sovrapponete ilcoperchio e fate in modo di raggiungere il giusto equilibrio idrologico aggiungendo acquao lasciando evaporare sino a che di giorno la campana sia per metà appannata e per metàtrasparente. Raggiunto l’equilibrio sigillate il bordo con colla universale. Il vostro mini-pianeta, opportunamente esposto alla luce è a questo punto autonomo, gliorganismi animali, acari, insetti, ecc., che vivono nel muschio insieme agli organismivegetali, all’acqua e ai componenti minerali permettono lo svilupparsi del ciclo dellamateria e la luce proveniente dall’esterno fornisce il flusso energetico necessario alla vita.

Cosa occorreDue bottiglie di plastica da 2 litri, una rondella piatta con un foro da 1 cm, un po’ di nastro

Proposte didatticheIl

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19. Pozzanghere e terreni: asserviamo il fenomeno dell’infiltrazione

20. Il mini pianeta

21. Tornado in bottiglia

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sigillante per guarnizioni idrauliche, forbici e acqua. Come procedereCon poco materiale e un po’ di abilità potete produrre dei gorghi che non hannonulla da invidiare a quelli che si formano ovunque vi sia una forte corrente d’acqua. Riempite d’acqua per 2/3 una delle due bottiglie e appoggiate una rondella sullasua imboccatura. Avvolgete attorno al bordo della rondella e dell’imboccatura ilnastro adesivo facendo attenzione a non tappare il foro centrale. Ore capovolge-te la bottiglia vuota e, con il nastro adesivo, fissate la sua imboccatura su quelladella prima bottiglia. Avvolgete i colli delle bottiglie con diversi giri di nastro iso-lante in modo da realizzare una giuntura molto resistente. Dopo aver controllatoche le bottiglie non perdano, reggete quella piena con una mano e con l’altra strin-gete i colli uniti. Tenendo le bottiglie orizzontali, fatele ruotare alcune volte conmovimento circolare, poi riportatele in posizione verticale, sollevando quella piena.Se il vortice non compare, fate ruotare ancora un po’ le bottiglie o giratele nelladirezione opposta. Dopo qualche tentativo vedrete che il vortice si formerà.

Cosa occorreUna bottiglia di vetro trasparente(possibilmente piatta), un tappo per chiudere ermeticamente la bottiglia, olio di semi, acqua, acquaragia o diluente pervernici, colorante per alimenti.Come procedereLavate la bottiglia, togliete l’etichetta, riempite d’acqua fino a metà e aggiungere qualchegoccia di colorante. Riempite poi circa 2/3 dello spazio rimanente con l’olio di semi eaggiungete l’acquaragia necessaria a riempire la bottiglia. Stringete bene il tappo. Ora appoggiare la bottiglia sul lato e lasciarla ferma per qualche minuto. L’acqua coloratascenderà verso il fondo e sarà netto il passaggio tra quest’ultima e la miscela di olio ediluente. Ora provate a muovere la bottiglia su e giù. E’ un minuscolo oceano che si puòcontrollare a piacimento: bonaccia e calma piatta o mare in tempesta, se preferite.

Cosa occorreOrganismi marini di diverse specie.Come procedereSe in classe è stato allestito un acquario, piccolo o grande che sia, i ragazzi avranno giàavuto modo di osservare i pesci muoversi. Potranno essere le osservazioni già compiute chepermettono l’inizio di questa attività legata al movimento. Si inizia chiedendo se i pesci sono progettati apposta per nuotare e quale dovrebbe esserela forma più adatta per andare veloce (i pesci veloci sono affusolati, i pesci piatti sonoinvece molto più lenti ecc.). Oltre alla forma affusolata i pesci hanno anche altre struttu-re utili al movimento. L’indagine sulle strutture potrà essere compiuta con l’ausilio dialcuni pesci ‘veri’. Procuratevi una sardina, un paganello, un’acciuga, una sogliola e unamazzola, e osservate la forma e la posizione delle loro pinne. Quante sono e a cosa servo-no? (N.B. la pinna caudale imprime il movimento, le pinne dorsali e anali stabilizzano il

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22. Onde in bottiglia

23. Il movimento dentro l’acqua

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nuoto in senso laterale (rollio), le pinne pettorali e ventrali stabilizzano il nuoto in sensoorizzontale (beccheggio) e permettono i movimenti laterali e di retromarcia). Ma tutti gli organismi del mare nuotano e si spostano così veloci? Basterà far trovare unamattina nell’acquario qualche mollusco e una piccola medusa, finta, per portare l’osserva-zione sugli organismi che “camminano” sul fondale e su quelli che, particolarmente pigri,si lasciano trasportare dalle correnti. In questo modo, senza fatica, i piccoli avranno chia-ra la distinzione tra: organismi che vivono sul fondale, il benthos, organismi che nuotanoattivamente, il necton e organismi che si lasciano trasportare, il plancton.

Cosa occorreMicroscopi a trasmissione, capsule Petri, vetrini copri e porta oggetto, pipette, campioni diplancton d’acqua dolce e d’acqua salata.Come procedereL’attività si riallaccia a quanto già proposto a proposito del galleggiamento. Dopo aver raccontato che si osserveranno organismi molto piccoli e strani, chiedete a unbambino se sa nuotare, e come si comporta quando è stanco per riposarsi in acqua. Fategli mimare il “morto”, facendo notare che ciò che cambia è la superficie di contattocon l’acqua e non il peso. Anche gli organismi del plancton aumentano la loro capacità digalleggiamento ampliando la superficie di contatto con l’acqua attraverso strutture comeappendici, flagelli, ciglia, lunghe antenne, ecc. Fategliele osservare! E se li ritenete capaci,fategli disegnare l’organismo più strano, oppure più simpatico che vedono.Proseguite chiedendo se sanno qual è la funzione dei salvagenti, e spiegate che anche gliorganismi del plancton possono avere dei salvagenti, o meglio dei vacuoli contenenti ariaoppure sostanze oleose, che facilitano il galleggiamento. Fatevi raccontare le forme che vedono, ricorrete al mimo se fate osservare campioni diplancton vivo. Si divertiranno e per voi sarà l’occasione per raccontare stranezze eparticolarità di questi piccoli organismi.

Cosa occorreUna vaschetta, un pennello grande e l’acqua.Come procedereUtilizzando un’ immagine di un pesce, l’insegnante racconterà la vita diquesto organismo nell’acqua, cercando di dare importanza soprattutto agliorgani di senso. Si procederà chiedendo agli alunni di identificare sullatesta del pesce gli occhi, la bocca, le narici. Ma come fanno i pesci arespirare sott’acqua? A questo punto si introduce l’esperienza. Dopo avermostrato dal vivo o con un disegno la struttura delle branchie, si immer-gerà il pennello in acqua chiedendo di descrivere cosa succede quandolo si estrae. Si osserverà così che: quando il pennello è immerso le setole si allargano, equando è emerso aderiscono tra loro. Una volta completato l’esperimento si fa il parallelocon le branchie del pesce spiegando che le branchie si comportano come le setole delpennello: se sono immerse si allargano e riescono a catturare l’ossigeno, se sono emerse sistringono e il pesce muore.

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24. Il plancton: come lasciarsi trasportare dalle correnti

25. Respirare nell’acqua

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Cosa occorreUn telone di PVC, sabbia, terreno, piante acquatiche, acqua di stagno naturale.Come procedereGli stagni hanno bisogno di un rivestimento impermeabile robusto, affinché l’acqua nonvada dispersa. A questo proposito ci sono diversi modi di fare uno stagno: costruirne unodi cemento, usare una vasca di plastica oppure rivestire un avvallamento nel terreno conun telone plastificato. Gli stagni di plastica hanno un aspetto piuttosto artificiale, mentrequelli di cemento si fessurano facilmente, quelli dell’ultimo tipo hanno invece un aspettonaturale e durano a lungo. Si può usare un foglio di PVC o meglio ancora gommabutyl di almeno 1mm di spessore e di colore nero. La prima cosa da fare èscavare lo stagno fino alla profondità prestabilita, non inferiore ai 60-70 cm per evitare che sia danneggiato dal gelo dell’inverno e ricordando di considerare i 20 cm oltre la profondità desiderata per lo spessore dei due strati di terriccio e del foglio di gomma. Rimuovete sassi e pietre dal fondo e dai bordi dello scavo e rivestitelo completamente con uno strato di giornali o di sabbia. Poi stendete il rivestimento di gomma, coprendo il fondo e i lati dell’invaso, lasciando un margine di 30 cm tutto intorno. Sopra il fogliodi gomma stendete un po’ di terra o sabbia. Riempite lo stagno di acquapoco alla volta, ritagliate e sotterrate i bordi del rivestimento perché l’esposizione al sole lo può danneggiare. Aspettate circa una settimana prima di piantare qualcosa. E’ opportuno piantareprima le piante che hanno una parte sommersa come il Potamogeto, la ninfea, il Nannuferoe la Sagittaria e poi piante emergenti come la Tifa, il Giunco e l’iris acquatico. La popolazione animale colonizzerà lo stagno per ultima quando la vegetazione sisarà ben insediata; la maggior parte degli animali arriveranno spontaneamente, altriinvece dovranno essere introdotti direttamente aggiungendo qualche secchio d’acquaproveniente da altri stagni naturali.

Cosa occorreUna pila, un vasetto di vetro con coperchio, tubo di plastica, rete metallica, corda.Come procedereMolti animali acquatici sono attirati dalla luce, potrete così facilmente catturarli utiliz-zando una trappola luminosa come quella proposta. Chiudete una piccola pila accesa in unvasetto vuoto di vetro. Sistemate il vasetto in un tubo di plastica o metallo di circa 20 cmdi diametro, chiudete un’apertura del tubo con un coperchio e fissate all’altra una fitta retemetallica sagomata a forma di imbuto. Dotate la vostra trappola di una maniglia perimmergerla, opportunamente legata, nell’acqua, abbiate cura di sistemarla con l’imbocca-tura contro corrente.

Cosa occorreUna pianta acquatica e una terrestre, tessere puzzle di alcune specie vegetali e disegni dei

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26. Costruiamo uno stagno

27. Costruiamo una trappola luminosa

28. Piante acquatiche e terrestri a confronto

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loro ambienti.Come procederePotrà capitare durante un’escursione, ad esempio al fiume, di osservare piante che vivonocompletamente o parzialmente immerse nell’acqua. Se volete centrare l’attenzione su que-sto argomento è necessario che i ragazzi abbiano già confidenza con gli organi che carat-terizzano una pianta terrestre (radici, fusto, foglie) e sulle funzioni che gli stessi svolgono.Procuratevi una pianta acquatica e una terrestre e iniziate il confronto. Le radici della pian-ta terrestre sono più lunghe e ramificate per la necessità di penetrare nel suolo alla ricer-ca dell’acqua mentre la pianta acquatica non ha questa necessità e le sue radici sono disolito più corte e distribuite lungo il fusto. Il fusto della pianta terrestre deve essere ingrado di sostenere l’apparato fogliare, nelle piante acquatiche il fusto non ha questafunzione e la pianta estratta dall’acqua si affloscia immediatamente. Le foglie presentanoadattamenti osservabili a livello microscopico, potete però fissare l’attenzione sulla lorocapacità di vivere completamente immerse nell’acqua. Dopo aver effettuato queste osservazioni si può introdurre un gioco. Preparate una seriedi immagini di radici, foglie, fusti, ecc. semplicemente ritagliandole da giornali e, a parte,le immagini degli ambienti: lo stagno, il deserto, il bosco, il mare, dove le stesse specie vivo-no. Proponete ai bambini di ricostruire i puzzle delle specie collegando, anche grazie allaforma dei tasselli, le radici, il fusto e la foglia giusta. Controllate i risultati e continuate ilgioco mostrando a sorpresa un ambiente. I bambini dovranno riconoscere la specievegetale che vive in quell’ambiente. Commentate con loro ancora una volta le forme e imotivi degli adattamenti più vistosi.

Cosa occorreDisegni di ambienti “estremi”: deserto, bosco, prateria, disegni delle piante della duna.Come procedereL’insegnante introdurrà l’argomento: adattamenti delle piante e fattori dell’ambiente.Un bambino per volta sarà invitato a “entrare” con la fantasia in uno degli ambienti di cuil’insegnante mostrerà le immagini, chiedetegli di non svelare in quale ambiente si trova edi descriverlo ai compagni. Per agevolarli l’insegnante puntualizzerà tra i diversi fattoriambientali quelli che risultano particolarmente importanti per la vita vegetale terrestre: lapresenza-assenza del suolo, l’escursione termica, la disponibilità di acqua. Alla descrizioneseguirà l’individuazione dell’immagine “giusta” da parte dei compagni. Il percorso prose-gue nell’ambiente duna, presentando i fattori ambientali limitanti, e gli adattamenti svi-luppati dalle specie vegetali come risposta. Va sottolineato che gli adattamenti citati riguardano ora l’una, ora l’altra pianta che vivesulla duna. Aiutandosi con le immagini delle pianticelle, o ancor meglio programmandol’attività in natura, i bambini dovranno riconoscere gli adattamenti e collegarli con ifattori che li hanno determinati. Sarà interessante identificare quale specie presenta ilmaggior numero di adattamenti e qual è l’adattamento più ricorrente.Una caratteristica peculiare della comunità vegetale che abita la duna costiera, è ladisposizione delle specie in fasce disposte parallelamente alla costa, ognuna delle qualicorrispondente a una differente situazione ecologica. In linea teorica partendo dalla por-zione di duna più vicina al mare, e proseguendo verso l’entroterra, si incontrano quattrofasce vegetazionali: il Cakileto, l’Agropireto, l’Ammofileto e il Tortuleto. Nella prima dellequattro fasce, il Cakileto, si rinvengono piante ad habitus tendenzialmente grasso: possia-

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29. Vita nel “deserto-duna”: acqua e adattamenti

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mo citare il Ravastrello marino (Cakile maritima), la Salsola (Salsola kali) e la Nappola(Xanthium italicum), tutte scarsamente capaci di coprire il suolo e generalmente presentia notevoli distanze individuali. Le prime comunità stabili di vegetali iniziano a formarsi làdove non arrivano le onde marine: è rilevante in questa seconda fascia vegetazionale notacome Agropireto, la presenza di una pianta pioniera, la Gramigna delle spiagge (Agropyronjunceum), una graminacea con radici rizomatose sotterranee molto lunghe. Molto piùorganizzata appare la successiva fascia vegetazionale, l’Ammofileto, che si insedia in unaparte dell’arenile caratterizzato dall’alternarsi di zone depresse e zone sopraelevate. Sulle creste domina una graminacea cespugliosa dal carattere xerofilo (amantedell’aridità), lo Sparto pungente (Ammophila arenaria), costituendo un efficacissimo osta-colo alla sabbia trasportata dal vento che viene trattenuta nei suoi densi cespugli. Negliavvallamenti invece si assiste ad iniziali concentrazioni di piante tendenzialmente igrofile.Nell’area retrodunale osserviamo infine la presenza di una comunità di vegetali dominatada un muschio, la Tortula ruralis, che trattiene grandi quantità d’acqua che viene poiceduta lentamente. Va sottolineato inoltre che in questa porzione della duna il suolo nonè inclinato, per cui è molto stabile, mancando l’azione erosiva delle acque di pioggia.

Cosa occorreUna patata, un pelapatate, sale da cucina, acqua, un piatto fondo di plastica, un cucchiaino.Come procedereTagliate la patata per il lungo e con il cucchiaino scavatene l’interno fino formare una conca, poi pelatela e mettetela al centro del piatto. Riempite la conca di sale e il piatto di acqua, facendo attenzione a chequesta non superi il bordo della patata. Nel giro di qualche ora l’acqua attraverserà la patata fino ad arrivare a bagnare il sale. Ciò accade grazie al fenomeno dell’osmosi, per il quale le molecole d’acqua migrano spontaneamente, attraverso le mem-brane semipermeabili, da una soluzione più diluita a una più concentrata.

Cosa occorreVaschetta, arredo vasca, pesciolini.Come procedereAvere un acquario in classe significa offrire ai ragazzi l’occasione di poter osservare liberamente un organismo e anche di abituarsi ad occuparsene direttamente, sviluppando il senso di responsabilità.Se si decide di provare questa esperienza si può iniziare con un piccolo acquario di acquadolce per il quale non sono necessarie particolari attenzioni. Una volta scelta la vasca, chepuò essere in vetro ma anche in plastica, si potrà scegliere di dotarla di un piccolo filtroche provvede direttamente a tenere pulita l’acqua oppure si deve aver cura, a giorni alter-ni, di cambiare l’acqua, non totalmente, ma per circa i tre quarti, sostituendola con acqualasciata sedimentare almeno 12 ore. Si provvederà poi a scegliere un minimo di arredo,piccole piante acquatiche, sassolini per il fondo, ecc. sono tra gli elementi decorativi piùcomuni. Se non si dota la vasca di un filtro sarà necessario, durante le operazioni di puli-zia della vaschetta, catturare i pesciolini, preferibilmente con il retino, e trasferirli in un

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30. L’osmosi e l’esparimento della patata

31. L’acquario d’acqua dolce

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piccolo contenitore con parte dell’acqua. Riguardo l’alimentazione l’unica avvertenza èquella di non esagerare con la quantità! Se lo si desidera è possibile avventurarsi anche nell’allestimento di un acquario marino,affascinante ma molto più complesso e dispendioso nella gestione.

Cosa occorreFilo di lana, fermagli, una brocca, un piattino, due vasetti di vetro di uguale altezza, sodada bucato e un cucchiaio.Come procedereOltre ad infiltrarsi nel terreno l’acqua è anche in grado di erodere rocce, come il calcare ola marna, dando luogo a quel fenomeno denominato carsismo. La successiva deposizionedei sali disciolti nell’acqua, dovuta al gocciolio costante, dà poi luogo alla formazione distrutture quali: stalattiti, stalagmiti ed altre concrezioni.

Per poter osservare “in diretta” la formazione di una stalattite procedete inquesto modo: riempite i vasetti con acqua molto calda. Aggiungete la soda emescolate la soluzione, continuate ad aggiungere sino a portare la soluzionea saturazione. Fissate il filo di lana con i fermagli, e inserite le due estremitànei vasetti. Mettete poi il piatto fra i due vasi e lasciateli fermi per almenouna settimana. Per capillarità l’acqua satura di soda risalirà lungo il filo dilana per poi ridiscendere a causa della gravità. Lentamente, dal gocciolio

dell’acqua, si formerà una stalattite e di contro, dal piattino, una stalagmite. Con un po’ di pazienza sarà possibile osservare il congiungimento delle due strutture.

Cosa occorreContenitori di plastica di varie dimensioni, tubi di plastica, sabbia, ghiaia, terra, fuliggine, rete metallica, grani di allume, cloro, tappi di sughero, acqua di scolo.Come procedere1) Aggiungete un cucchiaio di allume a grani nell’acqua sporca2) Rimescolate l’acqua, togliete il tappo e fate scendere l’acqua nel bacino di sedimentazio-ne3) Lasciate sedimentare lo sporco e lasciate scendere l’acqua attraverso il filtro4) Aggiungete il cloro

Prendendo spunto dagli acquedotti romani, particolarmente da quelli di Ravenna antica, sipropone la costruzione di un modello da effettuare in classe per comprenderne il funzio-namento, e per capire il modo in cui veniva trasportata l’acqua dalle sorgenti alle città.Nella figura seguente è rappresentato loschema di un acquedotto come doveva-no essere quelli in Romagna in epocaromana (da Flumen aqueductus, nuovescoperte dagli scavi per l’acquedotto

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32. L’acqua che corrode la roccia: stalattiti e Co.

33. Depurazione fai da te!

34. Costruiamo l’acquedotto romano

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della Romagna, Bologna 1988) che può essere preso come riferimento. Alcuni reperti rinvenuti durante scavi fognari sono esposti al Museo Nazionale di Ravenna.Oggi giorno sul territorio non sono visibili resti significativi dell’antico acquedotto; il suopercorso però può essere ricostruito utilizzando i toponimi di alcune località.Pile, Pilotti, Arco ecc. sono soltanto alcuni esempi di località toccate in passato dall’ac-quedotto; ricercando sulle cartine topografiche delle aree di Ravenna, Forlì, Meldola, SantaSofia ecc. i luoghi i cui nomi ricordano tale testimonianza e collegandoli fra loro con untratto, è possibile ricostruirne l’antico percorso.

Fontane, torri piezometriche, impianti di trattamento, centrali di sollevamento, pozzi ecc.sono la traccia della presenza in città e nei dintorni dell’odierna rete idrica. L’attività che si propone, quindi, è quella di realizzare una sorta di censimento dei ‘puntiacqua’ della città, se è possibile anche datandoli. Ogni ragazzo potrebbe occuparsidell’indagine nel quartiere in cui abita, oppure si potrebbero organizzare dei gruppetti dilavoro per ogni area di interesse individuata. Al termine del censimento i dati raccoltidovranno essere posizionati su una carta della città, formato gigante, magari con coloridiversi. In questo modo sarà possibile leggere su di un unico pannello la storia di Ravennae la sua crescita.

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35. L’acquedotto moderno

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Cognetti G., Sarà M. - “Biologia marina”; Edizioni Calderini, Bologna, 1981

Colalongo, Pasini, Sartoni - “Il libro di geografia generale e di geologia”; Cappelli Editore, Bologna, 1987

Ghirargelli E. - “La vita nelle acque”; Utet, Torino, 1981

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Piccone Antoniotti M.L. - “Geografia generale”; Paravia, Torino, 1985

Pranzini G. (a cura di) - “La gestione delle risorse idriche”; Edizioni delle Autonomie, Roma, 1987

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Cooperativa Atlantide “Quando l’uomo incontra la natura: L’acqua, dal progetto “Quando l’uomoincontra la natura”.

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Azienda U.S.L. – Ravenna, “Analisi dello stato ambientale e sanitario nelle valli ravennati – La Pialassa Baiona” 1994

Regione Emilia Romagna “Zone umide d’acqua dolce”, , 1983

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WWF Ravenna, Ed. Cooperativa Libraria e di Informazione “La foresta allagata: Punte Alberete: storia e realtà di una natura che scompare” 1987

Mario Vianelli, Guide Verdi “A sud del Delta: dal Po di Goro alle saline di Cervia”, Maggioli Editore, 1988

D. Bentivoglio, M. P. Boschi “Le ragioni della natura” Cappelli Editori 1994

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Mazzanti, Trevisan - “Evoluzione della rete idrografica nell’Appennino centro-settentrionale”; in “Geografia fisica e dinamica quaternaria”; 1978

Provincia di Forlì-Cesena - “Qualità dei fiumi. Rapporto annuale 1995”

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Giovani Marmotte - “L’acqua, dov’è, a cosa serve, come non sprecarla” - De Agostini Junior

Hann Judith - “I perchè della scienza” - Editoriale Giorgio Mondadori 1991

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Tarbuck E.J . Lutgens F.K. Parotto M. -”Scienze della terra” - Pincipato 1987

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A cura diAtlantide Cooperativa Studi e Servizi AmbientaliVia Bollana 10, 48015 Cervia (Ravenna) tel. 0544/965806 Fax 0544/965800 http://www.atlantide.net e-mail: [email protected]

Coordinatore del progetto:Massimo Casadei

Testi:Roberta BuselliFederica CasoniStefania Loia

Progetto grafico:Roberta Fraiese

Stampa:La Greca

Si ringraziano tutto lo staff di Atlantide S.C.R.L. e di AREA Ravenna per la collaborazione.

Tutti i diritti della presente pubblicazione sono riservati

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