monumenta capitolina selecta€¦ · monumenta capitolina selecta 1 «l’erma» «l’erma» di...

24
«L’ERMA» di BRETSCHNEIDER Mura di Roma memorie e visioni della città

Upload: others

Post on 19-Oct-2020

6 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

  • Monumenta Capitolina Selecta

    1

    «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER«L’ERMA»

    Un percorso lungo la cinta muraria, voluta dall’imperatore Aureliano, alla scoperta della città. Il monumento, straordinariamen-te preservato, ma talvolta sopraffatto dall’intricato tessuto urbano, costituisce un osservatorio privilegiato per raccontare con parole e immagini una Roma inattesa, fatta di piccole e grandi storie.

    Mura di Roma memorie e visioni della città

    Mur

    a di R

    oma

    mem

    orie

    e v

    ision

    i del

    la ci

    ttà

    MURA DI ROMA - MEMORIE E VISIONI DELLA CITTÀ

    ISBN 978-88-913-1640-0

    COP_TEST_4_A DEFINITIVA_STAMPA.indd 1 03/05/18 18:07

  • Monumenta Capitolina Selecta

    1

  • Mura di Roma memorie e visioni della città

    a cura di Claudio Parisi Presicce

    Marianna FrancoAntonella GallittoAlessandra Gobbi

    Rossella MottaValentina Valerio

    Atlante fotografico di

    Andrea Jemolo

    «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER

  • © Copyright «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER 2018© Roma Capitale

    Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali

    Monumenta Capitolina Selecta 1

    Mura di Romamemorie e visioni della città

    a cura di

    Claudio Parisi PresicceMarianna FrancoAntonella GallittoAlessandra GobbiRossella MottaValentina Valerio

    Atlante fotografico di

    Andrea Jemolo

    Testi di

    Francesca Bertozzi (FB)Marialetizia Buonfiglio (MB)Cristina Carta (CC)Paola Chini (PC)Maria Gabriella Cimino (MGC)Silvana Ciocca (SC)Roberto Cristini (RC)Barbara De Petra (BdeP)Stefania De Prai (SdeP) Patrizio Di Nezio (PDN)Massimo Di Paola (MDiP)Angela Favelli (AF)Elena Federico (EF)Marianna Franco (MF)Antonella Gallitto (AG)Alessandra Gobbi (AlG)Gianleonardo Latini (GL)Ersilia Maria Loreti (EML)Marina Marcelli (MM)Maurizio Merra (MzM)Massimiliano Munzi (MsM)Rossella Motta (RM)Margherita Pasquali (MP)Carlo Persiani (CP)Francesco Pacetti (FP)Tania Renzi (TR)Paola Rossi (PR)Gianluca Schingo (GS)Simonetta Serra (SS)Cinzia Vannicola (CV)Rita Volpe (RV)Valentina Valerio (VV)Gianluca Zanzi (GZ)

    Materiale iconografico

    Roma CapitaleSovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali Musei Capitolini Museo di Roma Museo di Roma in Trastevere Museo Napoleonico Monumenti di Roma, Archivio Fotografico Monumenti Antichi e Aree Archeologiche (MA) Monumenti di Roma, Archivio Fotografico Monumenti Medievali e Moderni (MMM) Monumenti di Roma, Archivio Storico e Disegni (ASD) Archivio Storico Capitolino (ASC) Casa Museo Alberto Moravia Centro di Ricerca e Documentazione Arti Visive (CRDAV)Dipartimento Sviluppo Infrastrutture Manutenzione Urbana Archivio Ripartizione V Lavori Pubblici (Arch. Rip. V)Gabinetto del Sindaco Ufficio Stampa, Archivio Fotografico Storico (AFS)

    Archivio di Stato di Roma (ASR)

    Ambasciatori Palace, RomaArchivio ATACArchivio E. Ferrari FreyArchivio E. MontuoriArchivio RuffiniArchivio Storico e Museo della Birra PeroniCasa delle DonneMuseo Storico dei BersaglieriMuseo Storico dei Granatieri di SardegnaScuola d’Arte EducatriceSocietà Ginnastica RomaVilla Medici Accademia di Francia a Roma

    Si ringraziano i direttori e i responsabili degli archivi fotografici e i privati che hanno messo a disposizione le immagini. Si ringraziano, inoltre:

    Marina Marcelli per l’elaborazione grafica della pianta e Savina Bencivenga, Daniela Brignone, Biblioteca Comunale Villa Mercede, CAI Club Alpino Italiano, Bruno Camarota, Clara Cancellieri, Alessandra Cappella, Nicoletta Cardano, Cassa Italiana Previdenza e Assistenza Geometri, Pino Castelli, Francesca Cavallo, Paola Chini, Maria Gabriella Cimino, Jerome Delaplache, Alessandro Delfino, Maurizio di Ianni, Elena Federico, Ilaria Ferrazzi, Laura Francescangeli, Rita Galeazzi, Alessandra Gariazzo, Francesco Giovanetti, Arthur Godard Saulgeot, Nicola Immediato, Lazzaretti Roma, Cristiano Leone, Liceo Statale Maria Montessori, Baldassare Mazza, Moreno Mazzocchi, Roberta Micheletti, Alessandro Milana, Famiglia Montuori, Angela Napoletano, Donatella Occhiuzzi, Antonella Pagnotta, Margherita Pasquali, Massimo Piron, Laura Romeo, Daniela Ronzitti, Marco Ruffini, Massimo Ruffini, Sandro Santolini, Mariarosaria Senofonte, Simonetta Sergiacomi, Laura Silvestro, Isabella Toffoletti, Isabella Vitale, Silvia Vitale

    ISBN 978-88-913-1640-0 (cartaceo)ISBN 978-88-913-1646-2 (PDF)

    «L’ERMA» di BRETSCHNEIDERVia Cassiodoro, 11 - 00193 Roma - [email protected] - www.lerma.it

    In copertina:Bastione del Sangallo (sec. XX, prima metà), stampa fotografica (Museo di Roma, AF 28030)

    Progetto grafico«L’ERMA» di BRETSCHNEIDER

    Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione di testi e illustrazioni senza il permesso scritto dell’Editore

    PresidenteFrancesca Jacobone

    Amministratore DelegatoRemo Tagliacozzo

    Direttore GeneraleRoberta Biglino

    LibrerieLaura Silvestrocon Barbara Bianco

  • INDICE

    Presentazione Claudio Parisi Presicce . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

    Le mura di Roma. Diciotto secoli di storia, diciannove chilometri di cittàClaudio Parisi Presicce . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

    Invito alla letturaMarianna Franco, Antonella Gallitto, Alessandra Gobbi, Rossella Motta,Valentina Valerio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

    Intorno alle Mura Porta Flaminia o Porta del Popolo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27

    Riposare sugli alloriGli Horti Aciliorum: dal giardino lussureggiante al Muro Torto Le inquiete ombre di porta del Popolo“Lo studiolo segreto” del cardinaleQuando in piazza si andava in barcaApparati effimeri e cortei Il campo delle anime perseIl Tridente dell’ArteLa “Legnara al Popolo”Giustizia in piazzaIl Mattatoio e il Campo Boario di porta del PopoloUn carnevale romano di fine Ottocento: le statue viventi a piazza del PopoloUno scrigno di storie a palazzo CorrodiMens sana in corpore sano: la Società Ginnastica RomaSu e giù dal Muro Torto al Pincio

    Porta Pinciana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49Scambio d’identitàIl tinello de’ li gentil’hominiUn edificio dall’anima camaleonticaVilla Ludovisi: un “fermo immagine” prima della scomparsaEclettici villiniI cenacoli muraioliFamilia Randonia e la Scuola d’Arte EducatriceIl cinema più piccolo del mondoLa Grande Bellezza e l’Hotel degli AmbasciatoriVia Veneto, La dolce vita e la Hollywood sul TevereSpecchio specchio delle mie brame… chi è la più bella del reame?Una porta impacchettata

    Porta Salaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65Il fanciullo “innamorato” delle MusePiazza Sallustio e la macchina del tempoGli aranci della bella PaolinaLa torre del “Gran Maestro” ribelleIl “telegelato”Chi beve birra campa cent’anni ovvero la Birreria PeroniRomolo e Remo in biciclettaSignorina grandi firme, col tuo stile Novecento hai portato il turbamento…

    Porta Nomentana e Porta Pia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75Castro Pretorio da caserma a vigna a… casermaErcole abita qui Una porta clausa da sempreLa vertigine del rettifiloL’epopea dei BersaglieriLa pulizia delle strade: un problema anticoLe mura del pianto

  • Michelangelo, un vicino imbarazzanteBiblioteca o caserma?

    Porta Tiburtina o Porta San Lorenzo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89Servio Tullio prende il trenoOh che bel castello: la “Laurenziopoli”, una fortezza sconosciutaNicolò V e il maestro di muraglieUniti ma separatiUna residenza a cavaliere delle mura della cittàLa casa dei bambiniLe ali dell’idrovolante S.55 sulle muraFunzionalità e “fascino avvolgente”

    Porte Prenestina e Labicana o Porta Maggiore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99Eurisace: mastro fornaio d’altri tempiBis deletum ter aedificatum: il sepolcro di largo TalamoLa basilica di Santa Croce in Gerusalemme e il palazzo imperiale del SessorioL’orto all’ombra delle muraLa lapide delle buone intenzioniL’acqua torna sulle mura: l’Acquedotto FeliceIl Carnevale dei TedeschiLa lapide monumentale dell’Acqua MarciaUna riserva d’acqua a porta MaggiorePanificatori a confrontoUn rifugio antiaereo

    Porta Asinaria e Porta San Giovanni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113Coltivare e produrre fuori porta San GiovanniLe mura ritrovateLe mura, la cattedrale e la piazza del... primo MaggioUn programma politico in un monumento “vagante”La tebaide di Roma, eremiti e anacoreti delle muraUna bomba d’acqua ante litteramUna porta… per il LaocoonteIl dazio invisibileOhibò, andiamo a San Giovanni a sentire gli organini: le osterie sciantanti e la festa di San Giovanni

    Elika, la signora delle camelieIl monumento a San Francesco d’Assisi

    Porta Metronia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 129Dalla palus Decenniae a lo pantanoIl Senato e il Popolo Romano restaurano le muraUn modo per evadere il dazioUna Madonna itinerantePiante e fiori all’ombra delle muraIl “quartiere” invisibile di via della FerratellaIl pittore di porta Metronia

    Porta Latina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 139La scoperta eccezionale di Giovanni Pietro Campana Una chiesa per un martire sopravvissutoLa “piletta”Il mistero di Galatea

    Porta Appia o Porta San Sebastiano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 145Spoglie meritevoli d’alabastroUn monumento contestato: arco di Druso o acquedotto Antoniniano?Mulini e valche sul fiume AlmoneLa residenza estiva del cardinale Il Bastione Ardeatino e l’atelier di Corrado RuffiniProvvedimenti comunali contro la ragazzaglia frombolieraLo spasso della Caffarella Un gerarca al Museo

    Porta Ostiense o Porta San Paolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 157Egitto che passione! La piramide di Caio CestioIl “doliolo”, ovvero Monte Testaccio e il riuso delle anforeIl viaggio dell’obelisco di Costanzo IILe mura “fuori” le mura: storie di monaci, pellegrini e scorrerie saraceneI giochi medievali nei prati del popolo romanoLa leggenda della separazione tra Pietro e Paolo: una chiesina girovagaUn cimitero romantico accanto alla piramide CestiaModernità o conservazione dell’antico? Un carteggio sulla demolizione delle mura

  • Dall’omnibus alla tramway: il primo trasporto collettivoCosì vicini, così diversi: la caserma dei Vigili del Fuoco e l’edificio delle Poste in via MarmorataLa visita di Hitler a RomaErano pochi, furono lasciati soli, ma hanno combattutoIl silenzio assordante del cimitero di guerra

    Porta Portuense e Porta Portese . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 175Scali, porti e approdiIl Tevere… incatenatoUna piscaria presso le mura di Testaccio: il pesce del Tevere sulla tavola dei romaniIl cimitero ebraico di porta PorteseLo sfortunato varo della galera San BonaventuraControcorrente: dal tiro dei bufali ai battelli a vaporeUn deposito d’eccezione: la Biblioteca Vaticana nell’Arsenale pontificio“Una stazione di prim’ordine”… declassataCome l’acqua in una fontana: i giovani nella casa della G.I.L.Il mercato domenicale di porta PorteseLa street art approda a Roma

    Porta Aurelia e Porta San Pancrazio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 193I mulini del GianicoloMura di terra e fascineLa Pimpaccia e l’Arco di Tiradiavoli

    Una villa sopra uno de’ torrioni vecchi della cittàI combattimenti della Repubblica Romana: un reportage di guerraDemolizioni e trasferimenti: la Vedetta Appennina e la Casa di MichelangeloLe rotaie di Villa Sciarra

    Porta Settimiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 201Vaghe pitture da una villa perdutaVicolo Moroni: una lavanderia nella torreLa via Sancta dei pellegriniDal verziere di papa Nicolò III all’Orto Botanico di Villa Corsini I banchetti del banchiere: Agostino Chigi alla FarnesinaLa Fornarina di TrastevereReclusione, clausura, emancipazione: storie di donne a TrastevereCristina di Svezia e Palazzo CorsiniLe candele del papaTrionfi e lamenti della città eterna

    Atlante fotograficoAndrea Jemolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 215

    Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 291

  • Roma. Mura Aureliane 9

    Presentazione

    La nuova collana editoriale Monumenta Capitolina Selecta della Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali si apre con un volume dedicato alle Mura di Roma, il principale segno della città antica, opera di alta ingegneria militare, oggi tra i monumenti archeologici più rilevanti e rappresentativi, sicuramente il più esteso.

    Dal 1847, in virtù del motu proprio di papa Pio IX, questo straordinario complesso è affidato alla cura dell’Amministrazione Capitolina che provvede alla sua salvaguardia, conservazione e valorizzazione.

    Le mura, sottoposte da sempre a restauri, demolizioni, ricostruzioni, trasformazioni, integrazioni e modifiche del tracciato, sono lo specchio della città in divenire perché hanno risposto, nel corso dei secoli, alle mutate esigenze funzionali.

    Mura di Roma. Memorie e visioni della città non è una monografia nel senso tradizionale del termine, ma una proposta per recuperare lungo il circuito difensivo le relazioni spaziali e temporali di cui si compone la storia urbana. Il volume si articola in tre sezioni distinte ma complementari, che documentano il monumento da prospettive diverse.

    La prima sezione, Le mura di Roma. Diciotto secoli di storia, diciannove chilometri di città, illustra il contesto socio-politico sotteso alla costruzione del circuito di Aureliano, ne descrive le caratteristiche progettuali e tecniche e passa in rassegna restauri, riparazioni, tagli o semplici manutenzioni che si sono susseguite nel tempo.

    La sezione centrale, Intorno alle mura, è dedicata alle “memorie” che gravitano o hanno gravitato lungo la cinta. Le mura assurgono a punto di vista privilegiato per ricostruire la storia di Roma rievocando luoghi, eventi e personaggi anche attraverso una ricca selezione di immagini, tratte in gran parte dallo straordinario patrimonio iconografico della Sovrintendenza Capitolina.

    Le due sezioni sono corredate da una ricca e variegata bibliografia, che consente di approfondire la conoscenza del monumento in ogni suo aspetto e in ogni sua fase storica.

    L’Atlante Fotografico di Andrea Jemolo è costituito da settantacinque scatti selezionati per questo volume, tratti da una capillare campagna fotografica realizzata tra il 2017 e il 2018. Le fotografie propongono la “visione” attuale del monumento, restituendo nella sequenza la sua unitarietà non sempre correttamente percepita nella città contemporanea.

    Claudio Parisi Presicce

  • Roma. Mura Aureliane 11

    Le mura di Roma Diciotto secoli di storia, diciannove chilometri di cittàClaudio Parisi Presicce

    Un libro di alcuni anni fa sulle Mura Aureliane evidenziava attraverso un for-tunato sottotitolo (Atlante di un palinsesto murario) il dato essenziale del grande apparato difensivo di Roma: la sua stratificazione multisecolare. Le mura della città, sorte in età imperiale, sono state sottoposte negli anni a continue modifi-che, demolizioni parziali, aggiustamenti, riparazioni, localizzati rifacimenti, ma-nutenzioni, danneggiamenti e restauri, per rispondere al meglio ai progressivi sviluppi dell’arte militare e all’ininterrotta necessità di garantire la difesa della popolazione romana da ogni genere di assalitori.

    I sistemi difensivi antichi, tuttavia, vanno letti come strutture architettoniche che rappresentano l’esito di un complesso sistema di fattori, al tempo stesso geografici, culturali e politici. Per la definizione della loro forma e delle relative tecniche costruttive hanno giocato sempre un ruolo decisivo il contesto econo-mico, quello naturale e ovviamente la tipologia del materiale da costruzione che si aveva a disposizione, con le possibilità e i limiti che ne conseguivano.

    È nell’ambito di un’analisi più generale relativa alle fortificazioni, nonchè dell’interesse sempre attuale per le strutture difensive antiche, che si inserisce l’indagine archeologica sulla cinta muraria di Roma, analisi che ha, come obiet-tivo prevalente, la definizione degli aspetti relativi alla cronologia e allo sviluppo topografico e strutturale delle mura, traguardando la visione diacronica della città.

    Nel corso delle indagini occorre definire il contesto storico nonché la matri-ce culturale alla base delle varie fasi costruttive delle mura, tenendo pertanto conto non solamente dell’aspetto difensivo della cintura muraria urbana, ma anche, in termini di connotazione culturale, dell’insediamento. Di conseguenza la prospettiva appare insieme sincronica e diacronica, tesa a focalizzare anche il quadro sociale delle possibili influenze sul progetto costruttivo delle mura. Questo dato emerge fin dal più antico riferimento a una cinta difensiva della cit-tà, che funge da spartiacque dell’appartenenza o non appartenenza alla nuova comunità, che segna il confine fisico del territorio sul quale la città esercita la propria sovranità e che individua il ruolo guida nell’uomo che si fa garante della stabilità: «“Sic deinde, quicumque alius transiliet moenia mea” [...]. Ita solus potitus

    imperio Romulus; condita urbs conditoris nomine appellata» (“Così, d’ora in poi, possa morire chiunque osi scavalcare le mie mura” [...]. In questo modo Romolo si impossessò da solo del potere e la città appena fondata prese il nome del suo fondatore) (Liv., I, 7,1).

    Dopo la terza invasione degli Alemanni, che, penetrati oltre il sistema difen-sivo predisposto dall’imperatore Gallieno (253-268) lungo la direttrice Milano-Verona-Aquileia, erano stati respinti a fatica dall’imperatore Aureliano (270-279), fu decisa la costruzione delle nuove mura difensive di Roma: «muros urbis Romae sic ampliavit, ut quinquaginta prope milia murorum eius ambitus teneant» (SHA, Vita Aureliani, 39, 2). A questo fine, in vista dell’imminente campagna militare contro la regina Zenobia di Palmira, Aureliano chiese al Senato («[…] adhibito consilio senatus muros urbis Romae dilatavit»; ibid., 21, 9), di cedere, se già di pro-prietà pubblica, o espropriare i terreni necessari al completamento del circui- to difensivo e, ovviamente, di fornire le risorse finanziarie (Homo 1904, p. 221 s.). I lavori di costruzione iniziarono nel 271 sotto il consolato dello stesso Aureliano e di Pomponio Basso e proseguirono nel 275 durante il secondo consolato di Aureliano, affiancato da Marcello.

    La decisione di realizzare una nuova difesa militare di Roma fu assunta ve-rosimilmente dallo stesso imperatore, uomo pratico e aduso all’azione. La pro-gettazione unitaria e l’omogeneità della tecnica edilizia furono scelte cariche di importanti conseguenze. La costruzione, normalmente affidata ai soldati – che in quel periodo erano però assenti da Roma perché impegnati in Oriente – secondo la testimonianza di Malalas (maL., Chron., 12, 5, 128C) fu eseguita dalle corpora-zioni urbane di operai. Il tracciato, studiato da architetti esperti in cose militari o elaborato da lui stesso, fu dettato da scelte di natura strategica e spesso adattato per proteggere le proprietà del demanio imperiale e alcuni edifici pubblici, a volte sfruttati essi stessi in chiave difensiva, per evitare gli enormi costi degli espropri (Homo 1904, p. 276). Per un totale di un decimo del perimetro, risultano inseriti nel-le mura e nelle porte edifici pubblici, privati e monumenti funerari preesistenti tra i quali la piramide di Caio Cestio, gli horti degli Acilii sul Pincio, i Castra Praetoria, le

  • 12 Roma. Mura Aureliane

    arcate delle aquae Marcia-Tepula-Iulia e Claudia-Anio Novus, il circo Variano, il Ses-sorio e l’anfiteatro Castrense, la recinzione degli horti Sallustiani. Gli interessi dei singoli proprietari dovettero sottostare alle esigenze di carattere generale, soprat-tutto per i vantaggi in termini di risparmio dei tempi e dei costi di costruzione gra-zie al riutilizzo sia delle strutture in elevato che dei materiali degli edifici demoliti.

    A motivazioni pratiche rispose anche l’utilizzazione del Tevere nel sistema di difesa, come enorme fossato difficilmente valicabile. Stando al racconto di Pro-copio (ProcoP., Bell. Goth., I, 19 e II, 9), lungo il tratto fluviale del Campus Martius, densamente abitato, il muro era piuttosto basso e dotato soltanto di 16 torri, evidentemente molto distanziate tra loro e forse distribuite in modo irregolare.

    Una minuziosa descrizione delle mura è conservata nell’appendice all’Itine-rario di Einsiedeln, databile nel IX secolo, ma probabilmente fondata su docu-menti risalenti alla seconda metà del VI secolo: vi sono elencate 383 torri, 7020 propugnacula o merli per il riparo degli arcieri, 14 porte principali, 5 porte se-condarie dette posternae, 116 corpi di guardia con i relativi servizi detti necessa-ria (ossia le latrine costruite all’esterno del muro), 2066 finestre grandi (forinse-cus) per le artiglierie, oltre a un numero imprecisato di finestre minori o feritoie, poste ogni 10 piedi.

    Le mura recingono un’area di 1350 ettari circa e il loro andamento segue in generale la dorsale delle colline, intersecando – rispettandola – la più antica via-bilità, con porte o posterule collocate per lo più nelle depressioni tra un’altura e l’altra. Le porte principali sono in totale diciassette, quattordici sulla riva sinistra (Flaminia, Pinciana, Salaria, Nomentana, Clausa, Tiburtina, Praenestina, Labicana, Asinaria, Metronia, Latina, Appia, Ardeatina e Ostiensis) e tre sulla riva destra (Por-tuensis, Aurelia e Septimiana). La loro chiusura avveniva con chiavi e sbarre di ferro mediante saracinesche (cataractae) che scorrevano entro incassi praticati negli stipiti in pietra e che erano manovrate attraverso carrucole e corde fissate su apposite mensole in travertino nella camera soprastante.

    Dal punto di vista tipologico, all’epoca di Aureliano le porte più importanti, costruite in travertino e fiancheggiate da torri semicircolari, avevano un accesso a doppio fornice, in modo da permettere un duplice senso di marcia. In seguito, verosimilmente nel periodo di Arcadio e Onorio (GiovenaLe 1931), per consentire un miglior controllo e maggiore sicurezza, le porte verso l’esterno della città vennero ridotte a un solo fornice, conservando il doppio accesso solo nella con-troporta protesa verso l’interno, dove si trovava il corpo di guardia, per lo più di forma rettangolare. Le altre porte erano a un solo fornice in pietra, travertino o marmo.

    Le posterule, infine, che avevano un interesse quasi privato, erano ubicate su strade di importanza secondaria, ed erano costituite da un’apertura sormon-tata da una piattabanda in travertino con arco di scarico in laterizio e talvolta con stipiti lapidei. Le più significative, larghe tra 2,20 e 2,80 metri, si aprivano

    nelle rientranze strategiche delle mura, in particolar modo nel tratto di cinta che costeggiava il Tevere, area dove fin dai tempi più antichi si svolgevano i traf-fici legati al commercio fluviale. Fino al XV secolo i nomi delle posterule aperte lungo il tratto in corrispondenza del Campo Marzio, per lo più scomparse, sono conservati nei documenti che fanno riferimento agli attracchi e alla riscossione di pedaggi, tasse e gabelle. I nomi originari delle porte principali, invece, col tempo sono cambiati. A seguito dell’abbandono dei riferimenti alle antiche stra-de, prevalse il richiamo ai luoghi di culto ai quali conduceva la strada che da quella porta usciva, per lo più basiliche o catacombe: porta Appia divenne por-ta San Sebastiano, oggi sede del Museo delle Mura e ingresso alla Passeggiata sulle Mura; porta Asinaria divenne porta San Giovanni in Laterano, poi sostituita nel 1574 da quella realizzata poco lontano; porta Aurelia prese il nome di por-ta San Pancrazio dalla vicina chiesa con annesse catacombe; porta Flaminia fu denominata prima porta San Valentino dalle catacombe con piccola basilica e poi dal XV secolo porta del Popolo dalla chiesa di Santa Maria del Popolo; porta Labicana assunse il nome di porta Maggiore perché conduceva alla basilica di Santa Maria Maggiore; porta Ostiensis fu chiamata porta San Paolo per il suo col-legamento con la omonima basilica; porta Tiburtina divenne porta San Lorenzo dalla chiesa di San Lorenzo fuori le Mura.

    Plinio (PLin., Nat. III, 65-67) in riferimento a moenia urbis parla di trentasette porte, un numero che corrisponde probabilmente a posti di blocco per il dazio funzionali ai controlli. Essi sono stati certamente tenuti presenti nel progetto di Aureliano, che tuttavia non comprese tutta la città: delle quattordici regioni della divisione augustea – un confine ideale tra città e suburbio – il circuito difensivo attraversava soltanto la prima, la quinta, la sesta, la settima e la quattordicesima. Del resto il rapporto tra il perimetro delle mura e la linea del pomerium o la cinta daziaria, in relazione agli aspetti giuridico-amministrativi, non è di semplice so-vrapposizione: solo nel 274, dopo le vittorie sui Germani e su Palmira, Aureliano stabilì che mura e pomerio dovessero seguire la stessa linea («[…] Nec tamen pomerio addidit eo tempore sed postea»; SHA, Vita Aureliani, 21,10).

    L’altezza delle mura, che presentavano caratteristiche architettoniche di estrema semplicità, era assai limitata: in epoca aureliana erano alte da 7,80 a 8 metri (26 piedi), raggiungendo solo in alcuni casi i 10 metri o con Onorio i 12 metri. La fondazione, ampia 3,50-4,00 metri (12-14 piedi) era costituita da un’opera a sacco. Il paramento di questa fase, pur nelle differenze di esecuzione dovute ai vari cantieri che operavano contemporaneamente lungo il perimetro, presenta una cortina di mattoni in genere spessi 3,5 centimetri, di colore rosso chiaro, perlopiù di recupero. Gli strati di malta, chiara e con inclusi pozzolanici, sono alti in media 2-2,5 centimetri e il modulo è di 28-31 centimetri. Nonostante i tempi ristretti di approvvigionamento avessero reso necessarie alcune soluzio-ni non omogenee, le pareti laterizie di Aureliano appaiono complessivamente

  • Roma. Mura Aureliane 13

    N. Ciampi, Tratto delle Mura Aureliane presso Porta San Sebastiano (sec. XX, metà), stampa fotografica (Museo di Roma, AF 21930)

  • 14 Roma. Mura Aureliane

    regolari, con anomalie riscontrabili solo dove lo impone la differente altezza dei laterizi, determinata dai materiali provenienti da edifici demoliti, vecchi depositi o scarichi.

    I camminamenti sono quasi sempre scoperti con un parapetto alto 1 metro circa e merli posti a intervalli regolari, tranne nei punti in cui l’altezza delle mura era maggiore per ragioni difensive. In alcuni casi si è ipotizzata la presenza di una galleria coperta (come nel tratto compreso tra porta Asinaria e l’anfiteatro Ca-strense), antesignana dell’impianto poi adottato da Onorio. Le torri, segnate all’e-sterno da una sottile cornice di mattoni a marcapiano, avevano originariamente quattro finestre (due sulla facciata verso l’interno della città e una su ciascun lato verso l’esterno), erano di forma quadrata e sporgevano di 3,55 metri (12 piedi) dalla linea delle mura. Poste a intervalli di circa 30 metri (100 piedi), sopravan-zano in genere di 5 metri il camminamento. L’accesso ai piani superiori avveniva attraverso una scala posta generalmente al centro della torre. I dislivelli del ter-reno, spesso anche di una certa entità, e i mutamenti dell’andamento lineare del tracciato furono risolti all’attacco delle torri, che fungendo da cerniera, rafforza-vano quello che avrebbe potuto costituire un punto debole della cinta difensiva.

    La costruzione delle mura, che alla morte di Aureliano nel 275 era stata quasi completata, almeno nel disegno generale del circuito, si concluse in realtà nel 279 durante il regno dell’imperatore Probo (Zos., Hist., I, 49), anche se non possia-mo escludere che fosse continuata anche sotto gli imperatori Tacito (275-276) e Floriano (276). La datazione è confermata indirettamente dalla cronologia degli edifici inclusi nella cinta, che non sono posteriori alla metà del III secolo.

    Un ampio lavoro di bonifica fu compiuto da Massenzio che, tuttavia, secon-do l’anonimo della Chronographia del 354, non era riuscito a portarla a termine («Maxentius […] fossatum aperuit, sed non perfecit»: vaLentini, ZuccHetti, I, p. 281). La veridicità e l’entità di questi lavori sono ormai accertate (coZZa 1987) e trovano giustificazione nella minaccia di Costantino, che potrebbe anche averli completa-ti, come indurrebbe a pensare il monogramma costantiniano fiancheggiato dal-le lettere alpha e omega inciso nel blocco in chiave dell’armilla dell’arco esterno a porta Latina; la loro datazione e la loro durata, tuttavia, sono ancora oggetto di discussione tra i diversi studiosi che si sono occupati di questa fase. Interventi massenziani, distinguibili per la caratteristica cortina a filari di blocchetti di tufo, peperini e laterizi, sono stati riconosciuti anche in alcuni tratti di via Casilina e di corso d’Italia e recentemente anche presso porta Asinaria e in via della Ferratella.

    A causa del pericolo costituito dai Geti («audito […] rumore Getarum», cLaud., 28, 532), nel 401-402 sotto gli imperatori Arcadio e Onorio le mura furono mo-dificate con un radicale intervento strutturale che all’incirca ne raddoppiò l’al-tezza, mentre i fossati esterni vennero bonificati, eliminando il materiale che nel corso del tempo si era accumulato intorno al circuito.

    Il camminamento e le torri di Aureliano furono innalzate di un piano con una nuova muratura in opera laterizia realizzata con mattoni di recupero di colore e misure diverse e con strati di malta dal modulo di 30-35,5 centime-tri. Il precedente cammino di ronda venne coperto con una galleria a volta, aperta verso l’interno della città con grandi arcate e sormontata da un secon-do camminamento scoperto, riparato da merli verso l’esterno. Nella galleria furono realizzate nicchie concave, in cui furono inserite strette feritoie per la postazione degli arcieri e nelle torri fu aggiunta una seconda camera di ma-novra coperta, comunicante con quella inferiore per mezzo di una scala. Le finestre delle camere inferiori furono generalmente chiuse e trasformate in feritoie, mentre nelle camere superiori furono aperte otto finestre ad arco, tre sulla fronte, tre sul retro ed una per lato. La copertura era costituita all’esterno da un tetto a quattro falde e all’interno da una volta a padiglione, impostata su una base ottagona.

    Onorio provvide anche alla fortificazione delle porte che furono dotate di controporte interne. Tre lunghe iscrizioni pressoché identiche collocate sull’atti-co della porta Portuensis, della porta Praenestina e della porta Tiburtina (rispet-tivamente CIL, VI, 1188, 1189, 1190) ricordano che l’intervento avvenne per cura del prefetto della città Flavio Macrobio Longiniano e sotto la direzione del mae-stro della milizia Flavio Stilicone «egestis immensis ruderibus».

    Nonostante questo importante intervento, compiuto quasi cento anni dopo i lavori massenziani, nel 410 i Goti di Alarico entrarono in città da porta Salaria, inaugurando verosimilmente la sequela di tradimenti che rese da allora permea- bile la difesa di Roma.

    Un editto per il restauro delle mura, delle torri e delle porte, emanato nel 440 sotto Teodosio II e Valentiniano, documenta che esse si trovavano nuova-mente in uno stato di rovina («quae sunt labefactata»; Nov. Valent., III, 5, 3). Ciò consentì a Genserico, re dei Vandali, di accamparsi a Ostia e di penetrare in città attraverso le sponde del Tevere, mentre i barbari guidati da Recimero nel 472 saccheggiarono nuovamente Roma.

    Limitati restauri alle mura furono commissionati da Teodorico nel 500, nel 510 e nel 513, come testimoniano anche i bolli di mattone presenti a porta Asi-naria (CIL, XV, 1664, 1665a, 1669) e a porta Flaminia (CIL, XV, 1665b, 27). Solo con l’arrivo in Italia di Belisario, inviato da Giustiniano nel 535 tuttavia fu possibile restaurare la cinta muraria, in modo da resistere – come racconta Procopio nei primi tre libri della Guerra dei Goti – agli assalti e agli assedi successivi, in parti-colare grazie all’accorgimento di ridurre i punti di difesa, tamponando porte e finestre. Dopo la riconquista della città a seguito del tradimento degli Isauri, che aprirono porta Asinaria per far entrare gli Ostrogoti, Belisario restaurò le mura in soli 25 giorni con sassi e palizzate e allargò il fossato all’esterno lungo tutto il circuito. Nel 546 Bessa, successore di Belisario, non riuscì a contrastare il nuovo

  • Roma. Mura Aureliane 15

    Porta Tiburtina, particolare dell’iscrizione (sec. XX, prima metà), stampa fotografica (Museo di Roma, AF 28095)

  • 16 Roma. Mura Aureliane

    capo dei Goti Totila che, grazie a un nuovo tradimento degli Isauri, penetrò in città attraverso la porta Ostiensis e demolì una parte delle mura. Solo nel 552 Narsete, che prese il comando al posto di Bessa, dopo essersi impossessato del Mausoleo di Adriano – trasformato da Totila in una fortezza collegata con una bassa muraglia all’accampamento vaticano – restaurò porte e mura e ricostruì anche alcuni ponti (CIL, VI, 1199).

    Il sistema difensivo resistette agli assalti dei Longobardi del 573-593, allor-quando papa Gregorio I (590-604) per salvare Roma si accordò con Agilulfo, im-pegnandosi a versare cinquecento libbre d’oro ogni anno.

    Per tutto il VII secolo non abbiamo notizia di ulteriori interventi, che ripre-sero soltanto nell’VIII secolo con i papi Sisinnio nel 708, Gregorio II nel 725 e Gregorio III nel 731 (LP, I, 388 e 396). Quest’ultimo risultò provvidenziale nel 756, quando la città sotto il pontificato di Stefano III subì un assedio durissimo da parte dei Longobardi.

    Con il vasto progetto di rinnovamento della città intrapreso da papa Adriano I (772-795), oltre al ripristino di alcuni acquedotti e al rafforzamento dell’argi-ne tiberino con 12.000 blocchi di tufo messi in opera all’altezza del Vaticano, fu avviato a partire dal 774 il restauro complessivo delle mura Aureliane («Ve-rum etiam et muros atque turres huius Romanae urbis quae diruti erant et usque ad fondamenta destructi renovavit atque utiliter omnia in circuitu restauravit; ubi et multa stipendia tribuit, tam in mercedes eorum qui ipsum murum fabricaverunt, quamque in ipsorum alimentis, simulque et in calce atque diversis utilitatibus usque ad centum auri libras expedit»; LP, I, 501-508), danneggiate nel 756 durante l’as-sedio di Astolfo, cui era seguito un primo frettoloso intervento di emergenza. La grande somma di denaro impiegata, pari a cento libbre d’oro, indica la vastità dell’intervento, che rese necessaria una cospicua quantità di manodopera, evi-dentemente reclutata non soltanto tra la popolazione romana, ma anche nei territori circostanti, dai quali la Chiesa traeva sostegno economico. I lavori furo-no realizzati con grossi blocchi in tufo o in peperino, recuperati da edifici più an-tichi e sistemati in modo piuttosto disordinato, con inserti in laterizio, anch’essi di riuso, posti negli interstizi, per lo più in posizione verticale, legati con malta di notevole durezza e di buona qualità.

    Un apparecchio ancor più irregolare, ma sostanzialmente analogo, si trova in alcune murature realizzate con laterizi di riuso disposti in ricorsi fortemente ondulati, attribuibili all’epoca di papa Leone IV (847-855), che trovano puntuali confronti con le fortificazioni realizzate dal medesimo pontefice a Leopoli. Oltre al rafforzamento delle porte e alla ricostruzione di quindici torri (LP, II, 106 s., 123-125), Leone IV fece realizzare le mura intorno al Vaticano, a difesa del borgo sorto intorno alla basilica di San Pietro, la Civitas Leonina, per evitare il ripetersi della scorreria saracena dell’846. Alla costruzione della nuova cinta, realizzata su

    modello di quella di Aureliano, presero parte i prigionieri saraceni, ai quali era stata appositamente risparmiata l’impiccagione.

    Nel X secolo con la decadenza dei due poteri principali, l’Impero e la Chiesa, a Roma venne a mancare un’effettiva autorità centrale universalmente ricono-sciuta e si sviluppò una forte conflittualità interna, come testimonia la lunga lotta per il potere fra le due famiglie dei Crescenzi e dei Tuscolani. Poiché la lotta per la supremazia si sviluppò fra diverse fazioni di cittadini e non contro un ne-mico esterno, la cinta muraria per circa due secoli perse la sua importanza stra-tegica. Nei documenti dell’epoca, infatti, scompaiono i riferimenti topografici alle mura, ormai assenti nel sistema toponomastico cittadino, mentre vennero edificati veri e propri fortilizi costituiti da palazzi, chiese e conventi.

    A partire da questo periodo, anche a seguito del forte restringimento dell’area abitata, alcuni tratti delle mura furono abbandonati, in particolare quelli lungo il fiume tra le porte Ostiensis e Portuensis, mentre tra Campo Marzio e Trastevere la cinta fu inglobata nel tessuto delle abitazioni sviluppatesi lungo l’argine del fiume perdendo la funzione difensiva, affidata in parte e solo per la riva destra alle mura Leonine.

    Gli eremiti trasformarono in oratori alcuni ambienti delle torri e dei cammi-namenti di ronda nelle zone più decentrate, come quello di Santa Margherita in una torre tra porta Asinaria e l’Anfiteatro Castrense, e quelli all’interno di porta San Paolo e in una torre tra porta Appia e porta Ardeatina.

    Solo a partire dalla seconda metà del XII secolo le mura sono nuovamente menzionate come delimitazione dello spazio cittadino. Con la Renovatio Se-natus il Comune appena istituito assunse la cura della cinta difensiva e nel 1157, all’epoca di Arnaldo da Brescia, un gruppo di senatori realizzò un im-portante intervento di restauro, testimoniato dalla nota iscrizione di porta Metronia («SPQR / menia vetustate dilapsa / restauravit»; KrautHeimer 1981, p. 297). Tra le varie clausole previste dall’accordo che il pontefice Clemente III e l’amministrazione cittadina conclusero il 31 maggio 1188, era compreso il pagamento in favore del Senato di cento provisini (la moneta coniata nella zecca di Roma a partire dal 1184) espressamente destinati al restauro delle mura, la cui affidabilità ed efficienza erano direttamente connesse con le ac-cresciute mire espansionistiche del Comune. La spinta verso la conquista dei territori circostanti, che toccò il suo apice con Brancaleone degli Andalò, giun-to a Roma come Senatore nel 1252, rappresentava la possibilità di ottenere approvvigionamenti alimentari e garantire alla città l’acquisizione di tasse, pedaggi e censi.

    A prescindere dall’attendibilità dell’anonimo autore della Vita di Cola di Rien- zo, che riferisce di un introito annuo di trecentomila fiorini, tra focatico, tassa del sale, “li porti e le rocche”, il Comune romano godette fin dall’inizio di numerose entrate, grazie all’estensione del territorio e all’elevato numero dei nuclei abitati

  • Roma. Mura Aureliane 17

    in esso contenuto. Oltre alle gabelle, alle multe e alle ammende comminate dal Senato nella sua funzione giudiziaria, sono documentati almeno due lasciti te-stamentari di cittadini romani della seconda metà del XIII secolo, che destinano somme al restauro delle mura. Come sostenuto per primo da Antonio Nibby, a questo arco temporale possono essere attribuite alcune riparazioni eseguite con una muratura irregolare, formata da scaglie di selce e frammenti di tufo, peperino, marmi e travertino o da ricorsi orizzontali di mattoni di recupero, al-ternati a filari di blocchetti lapidei, legati da malta, con inerti costituiti da sabbia grossa e quantitativi ridotti di pozzolana. A dispetto di una certa irregolarità del paramento murario, i fori da ponte presenti lungo questi tratti di muratura mo-strano l’utilizzo di impalcature provvisionali ben organizzate che presuppongo-no l’intervento di maestranze specializzate.

    Con i pontificati di Martino V (1417-1431) e soprattutto di Niccolò V (1447-1455) iniziò la consuetudine di indicare in modo sistematico, con stemmi e iscri-zioni, i lavori di restauro effettuati, in particolare in vista del Giubileo del 1450, e proprio sulle mura di Roma il simbolo del potere pontificio, costituito dalle due chiavi decussate sostituì per la prima volta l’autorità del Senato.

    Negli interventi quattrocenteschi si assiste ad un impiego più esteso dei laterizi, ormai quantitativamente equivalenti alla pietra, sebbene ancora di riuso e alternati senza alcun ordine, come dimostrano i rari interventi di restauro delle cortine attuati da Pio II (1458-1464). Secondo i principi della nuova architettura militare, dettati dall’impiego delle armi da fuoco, durante il pontificato di Paolo II (1464-1471) le torri riedificate non superavano in altezza le cortine adiacenti. Il principio fu rispettato anche nella costruzione di porta Settimiana, forse provvista di una sola torre a difesa, realizzata nel 1498 sotto il pontificato di Alessandro VI (1492-1503) e ampiamente restaurata da papa Pio VII nel 1798.

    Negli interventi cinquecenteschi, inoltre, in base alle indicazioni del De re aedificatoria di Leon Battista Alberti (cassaneLLi, deLfini, fonti 1974) l’inclinazione dei muri a scarpa – nel secolo precedente di solito appena accennata – aumentò progressivamente, mentre le cornici orizzontali che segnano il passaggio alla muratura verticale soprastante – già costituite da laterizi disposti su uno o al massimo due filari – diventarono molto più grandi fino a raggiungere un’altezza di circa trenta centimetri e furono realizzate in tufo o peperino.

    A seguito del Sacco di Roma del 1527, papa Paolo III progetta una nuova strategia difensiva della città affidando nel 1534 ad Antonio da Sangallo il Gio-vane e a Michelangelo l’ipotesi di rafforzare e integrare la cinta di Aureliano con l’inserimento dei bastioni, elemento tipico dell’architettura militare cinquecen-tesca. Dei diciotto bastioni previsti, furono realizzati soltanto quello Ardeatino (1537-1542) e quello Aventino o della Colonnella, tant’è che nella descrizione del giurista J.C. Fichard, in visita a Roma nel 1537 – un anno dopo la discesa di

    Carlo V – le mura apparivano «multae […] collapsae, multae et vetustate corrosae, ut in dies ruinam minentur» (ficHard 1815, p. 18).

    Nel 1564 papa Pio IV chiuse l’antica porta Nomentana, considerata da Rich-mond (ricHmond 1930, pp. 93-100) l’unica porta originale di Aureliano, fece eri-gere a 75 metri di distanza la nuova porta Pia e promosse il restauro di Porta del Popolo; nello stesso secolo papa Gregorio XIII (1572-1585) fece edificare la nuova porta San Giovanni. Sotto il pontificato di papa Sisto V (1585-1590), per consentire il passaggio dello speco dell’Acqua Felice al di sopra delle mura, fu-rono apportate modifiche all’interno delle strutture di porta Maggiore, di porta Tiburtina e di alcune torri comprese nel tratto.

    Nei pochi interventi documentati nel Seicento continua l’uso di laterizi di reimpiego disposti secondo ricorsi regolari, con la sola eccezione della porzione superiore della torre di papa Paolo V nel settore compreso tra porta Maggiore e porta Asinaria. Sono noti i restauri lungo il lato meridionale di Castro Pretorio eseguiti a pochi anni di distanza sotto i papi Gregorio XV nel 1621 e Urbano VIII nel 1628 e quelli documentati da stemmi di Innocenzo X e Alessandro VII.

    Al papa Barberini si deve l’aggiunta di una cinta bastionata collegata a Nord con le mura del Vaticano ed estesa a comprendere l’intera altura del Gianicolo. L’operazione comportò anche il recupero di materiale da costruzione dalle mura Aureliane del Trastevere, ormai completamente sostituite dal nuovo tracciato difensivo, compresa porta Aurelia che nel 1644 venne demolita e ricostruita su progetto di Marcantonio de Rossi (riedificata nuovamente nel 1854 da Virginio Vespignani dopo i danneggiamenti delle truppe francesi nel corso dei combat-timenti della Repubblica Romana nel 1849).

    Abbandonati i grandi progetti integrali di rinnovamento delle strutture di-fensive cittadine, nuove riparazioni furono effettuate durante i pontificati di Clemente XI e Benedetto XIV che nel 1749 rinforzò porta San Paolo e ripristinò interamente le merlature del circuito. Sempre nel corso del Settecento, al mar-chese Girolamo Theodoli, che ricoprì più volte la carica di Conservatore della Magistratura cittadina, si devono consistenti opere di manutenzione e piccoli risarcimenti delle lacune presenti nelle cortine, di non facile localizzazione.

    Un documento del 1806 attesta un progetto di restauro di Giuseppe Valadier per una spesa di 5.884 scudi (coZZa 1992, p. 103). Tredici anni dopo il medesimo architetto propose un nuovo intervento di generale ripulitura dalla vegetazione infestante, di reintegrazione delle cortine e di realizzazione di una doppia strada di circonvallazione, che in funzione di “pubblica passeggiata” rendesse visibile il monumento quale memoria della città antica.

    Fra il 1822 e il 1826 Valadier diresse i primi lavori lungo il Muro Torto e presso Santa Maria del Popolo, mentre a partire dal 1830 furono eseguite le opere di consolidamento del secondo lotto, che diede origine a una vibrante protesta di Antonio Nibby contro il progetto: le «mura di Roma sono una storia parlante, non

  • 18 Roma. Mura Aureliane

    solo per le rimembranze, ma ancora per i modi diversi di costruire dalla epoca della repubblica fino a’ nostri giorni, e perciò non si dovrebbero restaurare se non dove la rovina è imminente, bensì dovrebbonsi polire e sterpare da tanti arbusti che le ricoprono e così impedire questa stessa rovina» (Roma, ASR, Camerale II, Antichità e Belle Arti, b. 209; coZZa 1992, p. 105). Per l’intervento furono adoperati conci di tufo squadrati e le strutture, tutt’intorno alle pendici del Pincio, vennero intervallate da grandi archi di scarico in mattoni, sorretti da pilastri in tufo con ricorsi in laterizio, adoperati anche nei parapetti del giardino soprastante.

    Nel 1838, un anno prima della morte di Valadier, per volere di papa Gregorio XVI, due delle porte della cinta muraria antica, la Labicana e la Prenestina, furo-no sacrificate insieme alle torri per ‘valorizzare’ l’arco monumentale dell’Aqua Claudia e Anio Novus, e i suoi fornici – ristretti da due diaframmi interni coronati da merli – furono utilizzati come porte fino al 1915. All’interno di una delle torri fu scoperto il sepolcro di Eurisace. Dell’antica porta Prenestina, oltre ad alcune vedute del Settecento e dell’Ottocento, si conservano i blocchi in travertino con l’iscrizione dedicatoria di Onorio rimontati su un basamento in laterizio.

    Sotto il pontificato di Pio IX, con motu proprio del 1847, la custodia e il man-tenimento delle mura, del pomerio e delle porte della città furono affidate uffi-cialmente alla Municipalità di Roma, anche se fino al 1870 la Camera Apostolica continuò ad esercitare il suo controllo.

    Alla morte dell’architetto camerale Luigi Poletti (1792-1869), che dal 1847 si era occupato del restauro di ampi settori delle mura, subentrò il suo allievo e collaboratore Virginio Vespignani (1808-1882) architetto camerale, architetto comunale, consigliere della Commissione di Antichità e Belle Arti e, dal 1872, membro della Commissione Archeologica Municipale. Vespignani lavorò ai cantieri di porta Pia, porta San Pancrazio e porta Salaria e collaborò con Carlo Ludovico Visconti alla demolizione delle torri laterali di porta Flaminia. I suoi interventi sono caratterizzati dall’utilizzo di mattoni a pasta gialla, prodotti dalle fornaci vaticane, ben riconoscibili e messi in opera in modo molto regolare con disposizione di testa e di taglio - per assicurare la giusta ammorsatura fra cortine esterne e nucleo murario - e malta generalmente di ottima qualità e stuccatura dei giunti e velatura superficiale di colore violaceo data a pennello sul paramen-to risarcito.

    Nel fatidico mese di settembre del 1870, quando Roma fu annessa al nuovo Stato Italiano, la cinta muraria svolse, per l’ultima volta, la sua funzione milita-re dopo essere stata sottoposta a lavori di adeguamento delle opere di difesa come la realizzazione di nuove fuciliere e il restringimento delle antiche feritoie onoriane. La memoria degli eventi è conservata, oltre che dalla celebre breccia di porta Pia, nelle tracce ben visibili lasciate dai colpi dell’artiglieria sulle cortine.

    Come Capitale del nuovo regno, Roma si trovò al centro di un ampio dibatti-

    to sulla sua difesa e sicurezza. Fin dal 31 ottobre del 1870 il Ministero della Guer-ra incaricò una commissione di redigere un progetto per il nuovo sistema di fortificazioni atto a proteggere la capitale. A cinque chilometri di distanza dalla vecchia cinta, fu installato tutto intorno alla città un circuito di difesa costituito da 23 forti bastionati e 15 batterie (fiore 1984). Le vecchie mura furono abban-donate e dopo milleseicento anni dalla loro costruzione furono completamente private del loro ruolo, subendo l’avvio di un processo congiunto di decadenza materiale e di perdita di significato.

    A seguito della dichiarazione di inadeguatezza difensiva delle mura da par-te del Ministero della Guerra e di una lunga controversia sulla competenza del bene, il Consiglio di Stato decretò definitivamente la proprietà del Comune di Roma e avviò le procedure di consegna dei singoli tratti, che si conclusero solo nel 1919.

    L’intero circuito, pur inserito nell’elenco dei beni di rilevanza nazionale del Ministero della Pubblica Istruzione del 1902, non viene ancora compiutamente riconosciuto dalla comunità scientifica come complesso archeologico – monu-mentale unitario. Si avvia, così, verso un crescente degrado, determinato da crolli dovuti all’incuria, all’accumulo di terre di scavo dei nuovi quartieri, all’addossa-mento di superfetazioni utilitarie e all’uso incongruo degli ambienti interni.

    Prima che fosse restituito al circuito il valore storico-documentario che me-ritava, le mura dovettero superare un periodo di svalutazione e decadenza in quanto considerate il retaggio di un oscuro passato e un intralcio allo sviluppo e al progresso della città. Esemplificativo, in tal senso, il caso delle nuove lot-tizzazioni connesse alla gigantesca operazione speculativa edilizia del 1896 che interessò Villa Boncompagni Ludovisi sulla zona settentrionale della città, provocando un dibattito sulla necessità di demolire alcuni tratti della cinta, in particolare in corrispondenza dell’attuale via Campania, per migliorare la mo-bilità. Lo stesso Rodolfo Lanciani, segretario della Commissione Archeologica Municipale, si trovò a dover accettare la decisione, divenuta suo malgrado im-procrastinabile, di realizzare alcuni ‘tagli’, sacrificando considerevoli tratti di cortina antica.

    A partire dal taglio lungo via degli Abruzzi, avviato il 26 novembre dello stes-so anno, in poco tempo furono abbattuti quasi settanta metri di cinta fortificata (coZZa 1993, pp. 91-94). Il circuito, fino ad allora ininterrotto, fu spezzato o per-forato da varchi realizzati per collegare la città vecchia con il nuovo suburbio: se ne contano ben 10 da porta Pinciana a porta Salaria. Quest’ultima, già ricostrui- ta da Vespignani nel 1873, fu allargata nel 1912, e poi demolita nel 1921-1923 per rendere più fluida la viabilità verso i nuovi quartieri del Pinciano e del Salario (il disegno dell’antica porta è stato riprodotto sulla pavimentazione di piazza Fiume con elementi in granito rosa). L’ultimo varco è stato realizzato nel 1960 in occasione dei Giochi Olimpici.

  • Roma. Mura Aureliane 19

    N. Ciampi, Mura Ardeatine (sec. XX, metà), stampa fotografica (Museo di Roma, AF 22452)

  • 20 Roma. Mura Aureliane

    Ulteriori fattori hanno contribuito a compromettere l’integrità del monu-mento, dal mancato rispetto della fascia del pomerio interno con conseguenti espansioni delle proprietà limitrofe, all’isolamento di spezzoni declassati a rude-ri indipendenti fino all’invadenza di nuove costruzioni, che ne hanno schermato la visione unitaria e ridotto l’imponenza.

    Il significato di barriera architettonica, che annuncia da lontano la città ai nemici, ai viaggiatori e agli abitanti sulla strada del ritorno, è ormai perduto. Le manipolazioni subite e la vegetazione infestante mascherano le cortine e ren-dono le mura ormai invisibili.

    Nonostante questa perdita di senso fisico e simbolico, la cinta muraria – caso raro nelle città murate divenute metropoli – sopravvive alla modernità per gran parte della sua estensione e mantiene netta la propria configurazione architet-tonica.

    Dopo oltre trentacinque anni di semiabbandono, solo nella seconda metà del secolo scorso le mura vengono finalmente percepite come un insieme monumentale e diventano oggetto dei primi restauri in senso moderno. Da questo momento in poi si sono succeduti interventi ad opera del Comune, sempre riconoscibili grazie alla presenza di targhe lapidee che recano la data dei lavori.

    La successione completa delle fasi costruttive e delle trasformazioni mostra chiaramente come le mura di Roma siano il prodotto della storia stessa della città, con tutte le connesse valenze simboliche. Il monumento è il frutto di un continuo lavoro di adeguamento e di riparazione: a partire dalla sua realizzazio-ne ogni epoca ha lasciato la sua traccia, con una continuità stupefacente.

    Le mura restano il più rilevante monumento archeologico e architettonico della città, che con i suoi 18,837 chilometri (Lanciani 1892, p. 88) attraversa inin-terrottamente quasi diciotto secoli della storia di Roma.

  • Roma. Mura Aureliane 21

    Invito alla lettura

    «Spiegheremo la nuova istoria delle Mura incominciata quando an-cora eravamo ragazzini di pochi anni in lieta compagnia di nostro Padre. […] Cento magnifiche passeggiate romane insieme al nostro primo Ma-estro. […] Raccontare la storia in forma educativa – attraverso il prisma cromatico della Famiglia – dire delle persone che hanno avuto rapporti diretti con queste antichità – che hanno costruito – restaurato – protetto e dilaniato – paurosi imperatori – munifici Papi e Principi, valenti Architet-ti, Ministri e Sindaci, ingordi appaltatori, giardinieri coi loro fiori e Dazieri coi loro pungoli, e Artisti coi loro pennelli, coi loro bulini, con le loro pen-ne d’oro. Sapere e sentimento – ché molti per avere gli occhi più o meno bendati – non sanno leggere quanto su queste antiche cortine è scritto senza essere scritto!»f. randone, Cronache d’Arte Educatrice, III, 2, 1925, p. 1. 

    La cinta muraria voluta dall’imperatore Aureliano, protagonista della difesa di Roma per circa mille e settecento anni, monumento di se stessa dal 1870, è ancora oggi straordinariamente preservata ma non sempre percepita nell’in-tricato tessuto urbano. Un palinsesto murario composito sul quale hanno im-presso i loro segni le tappe principali della storia di Roma, capitale di un impero prima, poi centro della cristianità e dello Stato Pontificio, quindi capitale del Regno d’Italia e infine della Repubblica. Abbracciando fisicamente e virtual-mente la città storica, le mura costituiscono un osservatorio privilegiato per raccontare le trasformazioni urbane e le infinite storie che «su queste antiche cortine sono scritte senza essere scritte», come nelle parole del pittore cerami-sta Francesco Randone, noto come il “Maestro delle Mura”.

    Intorno a ognuna delle quattordici porte del circuito prendono forma epi-sodi storici e leggende. Le centocinquanta schede contenute nella sezione Intorno alla mura rappresentano una selezione dei possibili racconti che la sto-ria di Roma offre.

    Le testimonianze spaziano da un secolo all’altro rimanendo ancorate ai luoghi in una continuità che supera ogni limite temporale. Le pagine del vo-lume restituiscono descrizioni di sepolcri, ville, horti, caserme e acquedotti dell’antica Roma, vite di imperatori e di grandi condottieri che si incrociano con

    quelle di gente comune: l’eccentrico imperatore Elagabalo e il poeta fanciullo sepolto presso l’antica porta Salaria, il condottiero Belisario e lo sconosciuto pretoriano che ha lasciato la sua firma sull’intonaco del Castro Pretorio, la nobi-le stirpe degli Scipioni e l’intraprendente panettiere Eurisace.

    Dal Medioevo le mura divengono silenziose testimoni della nascita dello Stato della Chiesa e devono la propria sopravvivenza ai numerosi interventi di restauro e manutenzione voluti dai singoli papi e dal Comune nato nel 1143. Nella città, che progressivamente si contrae e accoglie il paesaggio agricolo anche all’interno delle mura, si creano ampi spazi disabitati nei quali trovano posto, a partire dal Cinquecento, gli splendidi giardini di ville e residenze rina-scimentali e barocche.

    La narrazione si arricchisce così di nuovi personaggi: grandi papi quali Nic-colò V (1447-1455), Paolo IV (1555-1559) o Pio IV (1559-1565), vescovi, influen-ti cardinali e grandi famiglie aristocratiche. Torri e camminamenti diventano quinte scenografiche e ospitano ricercati luoghi di delizia, coffee house, bel-vedere, studioli privati o addirittura osservatori astronomici, come nelle ville Medici, Gonzaga, Aurelia, Ludovisi e Dominici.

    Dopo il 1870, con l’insediamento di Roma Capitale e l’approvazione dei primi Piani Regolatori, la città “papalina” si trasforma rapidamente in quella “umbertina”: le aree libere vengono occupate dai nuovi quartieri ad alta den-sità abitativa, senza soluzione di continuità tra centro e suburbio, tra interno ed esterno delle mura. L’antica cinta, abbandonata ogni funzione difensiva, aggredita dalla “modernità” e sottoposta a tagli, demolizioni e aperture, perde progressivamente evidenza e sembra smarrire la propria identità.

    Le memorie, i documenti, i personaggi e gli aneddoti provano a rendere, anche per questo periodo, la complessità di una città tanto difficile da raccon-tare. La vita quotidiana del passato, rappresentata da piscariae, valche e muli-ni, arsenali e approdi sul Tevere, legnare e mattatoi, si fonde in una continuità ideale con quella dei nuovi edifici funzionali e produttivi. Si realizzano nei pres-si delle mura stazioni ferroviarie, caserme, ministeri, palazzi per le poste, strut-ture industriali e attività artigianali, mentre le sfarzose ville nobiliari vengono sostituite da imponenti palazzi in stile tardorinascimentale ed “eclettici villini”.

    Ancora una volta le torri e i camminamenti si reinventano diventando ina-spettate sedi di “cenacoli muraioli”, dove, per oltre un secolo, nel confronto tra

    Marianna Franco, Antonella Gallitto, Alessandra Gobbi, Rossella Motta, Valentina Valerio

  • 22 Roma. Mura Aureliane

    gli artisti e il gusto del tempo «le idee diventano correnti» e si mescolano le vite di personaggi come Ettore Ferrari, Francesco Randone, fondatore della Scuola d’Arte Educatrice, e Corrado Ruffini.

    Nella seconda metà del Novecento le mura si confrontano con i nuovi lin-guaggi architettonici degli edifici in cemento armato, acciaio e curtain wall, come il palazzo della Rinascente di piazza Fiume, l’edificio polifunzionale di via Campa-nia o il complesso della Biblioteca Nazionale.

    Per secoli l’antica cinta è stata testimone non solo delle vicende ma anche degli umori dei romani, dei quali ha condiviso, in un sodalizio imprescindibile, l’anima ludica e festosa: dalle giostre del carnevale ai canti della festa di San Giovanni, molte delle più importanti occasioni di divertimento hanno avuto come scenario le mura Aureliane.

    All’ombra del cupolone la leggenda e la superstizione si sono inevitabil-mente confuse con il sacro. Gli stessi luoghi che si legano alle figure di impera-tori maledetti, fantasmi e donne di malaffare ospitano oratori, conventi, edico-le sacre e cimiteri.

    I racconti accompagnano il lettore lungo il circuito, invitandolo, in pros-simità delle porte, a varcare la soglia e a ricucire la storia dei luoghi. Un ri-tratto composito ricostruito anche grazie alle immagini, che costituiscono al tempo stesso illustrazione, sintesi e presentazione degli argomenti trattati e nelle quali il trait d’union è costituito dalla presenza delle mura, sfondo, soggetto o talvolta solo comparsa delle diverse inquadrature. Il reperto-rio iconografico è molto vario e comprende disegni, litografie, acquerelli, foto storiche e attuali, conservate in gran parte negli archivi della Sovrin-

    F. Cicconetti, Porta San Paolo (sec. XIX, seconda metà), disegno (Museo di Roma, GS 2825)

  • Roma. Mura Aureliane 23

    tendenza Capitolina. In particolare si riproducono alcuni degli splendidi rilievi acquarellati dell’architetto Felice Cicconetti, collaboratore di grandi archeologi del calibro di John Henry Parker, che disegnò il circuito murario in pianta e in alzato quasi per l’intero percorso con una straordinaria fedeltà di dettaglio. Sempre sotto l’indirizzo di Parker, alcuni fotografi, come Carlo Baldassarre Simelli, più volte riprodotto in queste pagine, hanno ritratto le mura superando la raffigurazione “vedutistica” del monumento in favore di una documentazione più scientifica. Accanto a queste campagne fotografi-che capillari, trovano spazio gli scatti occasionali di dilettanti e professionisti che dalla fine dell’Ottocento a oggi hanno immortalato le mura con diverse finalità, contribuendo a restituirne una visione unitaria. Tra tutti emergono le pregevoli vedute di Nello Ciampi, scattate tra gli anni Trenta e gli anni

    Sessanta, che evocano atmosfere ormai irrimediabilmente perdute. Andrea Jemolo, infine, ha documentato il monumento nella sua complessità attuale nell’Atlante fotografico appositamente realizzato per questo volume.

    Non è una guida nel senso tradizionale del termine ma un tentativo di re-cuperare, attraverso le mura, le relazioni spaziali e temporali di cui si compone la città.

    Questo lavoro, maturato nell’esperienza quotidiana di chi opera sul cam-po per la conoscenza e la cura dei monumenti della città, può dunque rap-presentare un’occasione per condividere e riscoprire una Roma inattesa o scomparsa che si cela anche nei luoghi più celebri e celebrati.

    F. Cicconetti, Porta Tiburtina (sec. XIX, seconda metà), disegno (Museo di Roma, GS 2830)