morale,diritto,storia e religione in kant

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MORALE,DIRITTO,STORIA E RELIGIONE IN KANT Autore: Giusy Tomiri CRITICA DELLA RAGION PRATICA: GENESI DELL’OPERA Kant aveva tenuto le sue lezioni di filosofia pratica presso l’università di Konisberg nel 1756-57. egli non era soddisfatto delle tesi correnti,e giudica la condizione in cui versa la filosofia pratica,perché i principi della morale non erano capaci dell’evidenza richiesta. Per comprendere il concetto di obbligatorietà,fondamentale per ogni dottrina morale,era necessario distinguere tra 1. regole che obbligano sotto una certa condizione = necessitas problematica 2. regole che obbligano senza condizione(devi necessariamente) = necessitas legalis Kant espone la sua filosofia morale L’errore delle filosofie morali del suo tempo era quello di confondere i principi della prudenza,o fronesis che indicano il comportamento conveniente rispetto a qualsiasi fine come corretta scelta di mezzi per raggiungere fini soggettivi,con i principi della moralità. Le dottrine morali che prende in considerazione sono: 1. La dottrina di Wolff,il cui principio supremo è promuovere la perfezione totale 2. la dottrina di Crusius,il cui ….è agire in conformità al volere di dio 3. la dottrina di Hutcheson del sentimento morale. È d’accordo con Wolff per quanto riguarda il principio formale dell’obbligatorietà,cioè la regola di fare la cosa più perfetta possibile per il proprio mezzo. Ma anche il sentimento è la facoltà che consente di sentire il bene. Vi è una duplice attenzione,in Kant,per il razionale e il sensibile,da un lato l’esigenza di trovare un principio incondizionato per fondare l’obbligazione morale,dall’altro comprendere la specificità dell’ambito pratico rispetto a quello teoretico. È ancora in discussione il fatto che la facoltà che deve giudicare l’azione morale sia quella razionale o il sentimento. Ma decisivo fu l’incontro con L’emile di Rousseau,che ispira a Kant una morale fondata sulla ragione,ma non quella speculativa di Wolff quanto quella principio dell’universalità e negazione del particolare. Dopo tali letture affronta una disamina critica delle filosofie morali degli antichi e moderni,in riferimento al modello di Rousseau. Se gli antichi subordinano la moralità alla felicità,il criterio del sommo bene deve essere mantenuto contro i moderni,concentrati solo sul problema del giudizio morale. La dottrina che contiene la coordinazione tra virtù e felicità è il cristianesimo,in cui vi è il primato dell’intenzione. Esso è una morale dell’autonomia,secondo cui l’uomo,anche con i suoi limiti,può attuare la virtù. Il problema del principio della moralità venne formulato nel 1772,un dovere che non dovesse dipendere da nulla e la volontà viene indicata come l’unico soggetto che possa meritare attributo di buono. Il passaggio dall’idea del bene alla sua attuazione è possibile solo tramite la volontà,che deve essere libera, non causata metafisicamente da altro,perché essa sia origine e questo inizio deve essere libero.

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Page 1: Morale,diritto,storia e religione in Kant

MORALE,DIRITTO,STORIA E RELIGIONE IN

KANT

Autore: Giusy Tomiri

CRITICA DELLA RAGION PRATICA: GENESI

DELL’OPERA

Kant aveva tenuto le sue lezioni di filosofia pratica presso l’università di Konisberg nel 1756-57.

egli non era soddisfatto delle tesi correnti,e giudica la condizione in cui versa la filosofia

pratica,perché i principi della morale non erano capaci dell’evidenza richiesta.

Per comprendere il concetto di obbligatorietà,fondamentale per ogni dottrina morale,era necessario

distinguere tra

1. regole che obbligano sotto una certa condizione = necessitas problematica

2. regole che obbligano senza condizione(devi necessariamente) = necessitas legalis

Kant espone la sua filosofia morale

L’errore delle filosofie morali del suo tempo era quello di confondere i principi della prudenza,o

fronesis che indicano il comportamento conveniente rispetto a qualsiasi fine come corretta scelta di

mezzi per raggiungere fini soggettivi,con i principi della moralità. Le dottrine morali che prende in

considerazione sono:

1. La dottrina di Wolff,il cui principio supremo è promuovere la perfezione totale

2. la dottrina di Crusius,il cui ….è agire in conformità al volere di dio

3. la dottrina di Hutcheson del sentimento morale.

È d’accordo con Wolff per quanto riguarda il principio formale dell’obbligatorietà,cioè la regola di

fare la cosa più perfetta possibile per il proprio mezzo. Ma anche il sentimento è la facoltà che

consente di sentire il bene.

Vi è una duplice attenzione,in Kant,per il razionale e il sensibile,da un lato l’esigenza di trovare un

principio incondizionato per fondare l’obbligazione morale,dall’altro comprendere la specificità

dell’ambito pratico rispetto a quello teoretico. È ancora in discussione il fatto che la facoltà che

deve giudicare l’azione morale sia quella razionale o il sentimento.

Ma decisivo fu l’incontro con L’emile di Rousseau,che ispira a Kant una morale fondata sulla

ragione,ma non quella speculativa di Wolff quanto quella principio dell’universalità e

negazione del particolare.

Dopo tali letture affronta una disamina critica delle filosofie morali degli antichi e moderni,in

riferimento al modello di Rousseau. Se gli antichi subordinano la moralità alla felicità,il criterio del

sommo bene deve essere mantenuto contro i moderni,concentrati solo sul problema del giudizio

morale.

La dottrina che contiene la coordinazione tra virtù e felicità è il cristianesimo,in cui vi è il primato

dell’intenzione. Esso è una morale dell’autonomia,secondo cui l’uomo,anche con i suoi limiti,può

attuare la virtù.

Il problema del principio della moralità venne formulato nel 1772,un dovere che non dovesse

dipendere da nulla e la volontà viene indicata come l’unico soggetto che possa meritare attributo di

buono. Il passaggio dall’idea del bene alla sua attuazione è possibile solo tramite la volontà,che

deve essere libera, non causata metafisicamente da altro,perché essa sia origine e questo inizio

deve essere libero.

Page 2: Morale,diritto,storia e religione in Kant

Il fondamento delle proposizioni morali è l’universalità,come applicabilità a tutti i soggetti.

La sede di fondazione della moralità è la filosofia,come scienza razionale dei principi,non una

casistica di comportamenti umani. La morale non è una questione di pratica o di

apprendimento empirico per evitare i mali e perseguire i beni,ma deve stabilire i principi

dell’agire.

La prima sintesi organica di questi temi si trova nella CRpura nel capitolo sul canone della ragion

pura. Infatti la ragione pura,nel suo uso a priori, può definire i principi morali,il canone è l’insieme

dei principi puri che regolano il retto uso della ragione,definendo le caratteristiche di questa facoltà.

La ragione pura non possiede alcun principio sintetico conoscitivo e non può produrre

conoscenza,ma organizza,ordine e struttura con i suoi principi regolativi,idee ciò che la sintesi, già

operata sui fenomeni dall’intelletto e della sensibilità, le fornisce.

Invece nell’uso pratico la ragione possiede i principi che fondano l’esperienza morale,essa ha un

canone, contiene i principi della possibilità dell’esperienza che fondano le azioni morali. La ragione

ha una sua causalità nel produrre azioni libere in base ai suoi principi che sono le leggi morali,con

la distinzione tra obbligazioni assolute e relative. Queste leggi sono evidenti all’intelletto e sono

proprie della ragione pura.

LA FONDAZIONE DELLA METAFISICA DEI COSTUMI 1785

Assolve la stessa funzione del canone della ragion pura,in cui venivano affrontati i problemi irrisolti

in esso come la possibilità di leggi morali pure e la definizione di queste leggi. In essa vi è la ricerca

e la definizione del supremo principio della moralità(fondazione). Distinta dalla dottrina morale o

metafisica dei costumi,suddivisione tra filosofia pratica ed etica precettistica.

In essa introduce la nozione di critica della ragion pura pratica,per mostrare l’unità di ragione

speculativa e pratica. Egli deve individuare il principio che fondi l’autonomia della ragione

pratica,la capacità di enunciare una regola che dia un fondamento alla possibilità di attuare il bene.

buona senza limitazioni è solo la volontà,quindi il bene sta nella motivazione del soggetto

morale(non in qualità sua naturali come la temperanza o in uno stato di cose come la ricchezza) ma

per produrre il bene la volontà deve essere sottoposta a una regola,che è il supremo principio della

moralità.

Esso deve avere la forma di un imperativo categorico,dovere incondizionato che obbliga per se

stesso.

come è possibile l’imperativo categorico?

Come è possibile la volontà buona?

Il più importante concetto della moralità è quello di dovere:

Un modo è quello di conformarsi esternamente all’obbligo ma avendo per motivazioni

qlcs di diverso da dovere(paura,calcolo,consuetudine)

Compiere un azione esclusivamente per dovere,ciò è morale,perché è la necessità di un

azione per rispetto della legge. Agire avendo come motivo la rappresentazione della

legge.

Gli esseri razionali sono in grado di pensare un dovere incondizionato e agire in base a esso,in

grado di formulare principi che sorpassano ogni istinto,inclinazione,interesse,agendo in base a

tali principi.

Ricerca della formula dell’imperativo categorico.

Definizione del concetto di autonomia della volontà,in cui la volontà è legge a se stessa. Ciò implica

la libertà,la libertà è autonoma perché non sottoposta all’eteronomia di cause efficienti e

l’imperativo cat. è l’espressione di tale autonomia,volontà libera e volontà sono leggi morali sono lo

stesso. la domanda sulla possibilità dell’imperativo equivale a quella sulla possibilità della libertà.

La terza sezione della fondazione deve spiegare la possibilità dell’imperativo e la deduzione della

libertà. La libertà non è più possibile solo come possibilità,come nella Ragion pura,ma deve essere

proprietà della volontà. Punto di vista di un mondo non sottoposto a causalità naturale ma alla

causalità della libertà,questo mondo è detto intelligibile,pensabile dalla ragione ma non intuibile.

Necessità di pensare la libertà come presupposto legge morale ma non deduzione della libertà

Page 3: Morale,diritto,storia e religione in Kant

stessa,si deve pensare l’idea di un mondo intelligibile ma non si può spiegare come la libertà sia

possibile. Deduzione cercata ma affermata come impossibile,quindi l’opera non risolve il rapporto

tra la fondazione del principio dell’autonomia,principio della moralità,e la libertà.

L’IMPERATIVO CATEGORICO

Imperativi sono le regole pratiche oggettive che contrastano con le inclinazioni,ed hanno

validità per esseri la cui volontà non è assolutamente buona,perché può avere come

fondamento stimoli sensibili. Gli imperativi affermano la necessità di un azione senza tenere

conto delle inclinazioni del soggetto.

Ipotetici,affermano la necessità oggettiva del comando in base a una condizione. Se A devo

fare B, B è necessario sotto la condizione che A sia il fine. La connessione che esprimono è

necessaria ma non sono morali(posso fare del bene a una persona col fine della mia

convenienza). Sono analitici,dato un certo fine l’azione necessaria per conseguirlo è

contenuta nel fine stesso,derivabile dal fine. Il dovere è concepibile grazie alla

condizione,senza essa nessun dovere.

Categorico,espressione di un dovere incondizionato,l’azione è buona in sé.

Incondizionatezza assoluta del comando. Esso è una proposizione sintetica a priori.

apoditticità del suo comando perché espressione dell’obbligazione assoluta per se e in

sé,unico modo per esprimere il dovere senza alcuna considerazione per qualsiasi finalità.

Conformità alla forma della legge,che è l’espressione concettuale dell’imperativo. Ma la sua

incondizionatezza sta nel fatto che la volontà possa essere determinata dalla ragione

pura,come fondamento di determinazione dell’azione.

L’enunciato che definisce l’imperativo cat. per la determinazione volontà sotto forma di

regola pratica per esprimere il concetto di obbligatorietà assoluta e la legge,con i suoi

caratteri di connessione universale e necessaria. Devi agire secondo un principio universale e

necessario. La condizione della massima è il concetto di legge,dove alla assunzione soggettiva

della conformità alla legge in realtà si assume l’universalità e necessità della legge.

Il carattere della legge morale è nella mancanza di materia,di una finalità che sia sua

condizione,quindi la ragione impone alla volontà la pura universalità e necessità della legge,e la

volontà o massima come necessità di conformarsi a tale legge.

L’IC nella sua prima formula suona:

1. agisci secondo quella massima che esprima una legge universale

2. agisci come se la massima della tua azione dovesse diventare per mezzo della tua volontà

una legge universale della natura.

significa universalizzare e pensare come legge la propria massima soggettiva e provare con

esperimento mentale se questa universalizzazione è possibile o no. Il contrario di ciò che non è

universalizzabile è legge. Se la massima è : mentire quando fa comodo,e non posso elevare a legge

ciò, non mentire è imperativo categorico.

Gli esempi sono suddivisi secondo una classificazione dei doveri:

doveri perfetti,non ammettono eccezione a vantaggio dell’inclinazione,incompatibili col

fine della felicità verso se stessi e altri. L massima non può nemmeno essere pensata

come legge,perché contraddittoria.

1. dovere perfetto verso se stessi: suicidio per sfuggire ai propri mali. La massima che

esprime questa scelta è quella dell’amore di sé elevata a legge,ma ciò sarebbe

contraddittorio perché la natura non può spingere a distruggere la vita e al contempo

spingere al suo promuovimento.

2. dovere perfetto verso altri: un uomo vuole ottenere prestito con intento di non

restituirlo. Massima della convenienza ma ciò renderebbe impossibile il promettere

stesso e il fine che si potrebbe ottenere. Annullamento del concetto di

Page 4: Morale,diritto,storia e religione in Kant

prestito,implicito un dovere e un rapporto di obbligazione senza i quali perdono

significato.

doveri imperfetti,compatibili col fine felicità. Impossibile volere che la massima diventi

legge

1. dovere imperfetto verso se stessi: uomo dotato di talenti decide di

trascurarli,impossibile volere che diventi legge universale,che vuole invece che le

facoltà vengano sviluppate.

2. dovere imperfetto verso altri: non aiutare chi si trova in difficoltà, chi decide di far

così si priverebbe di ogni speranza di aiuto.

L’amore di sé è il principio generale di tutte le massime cattive,ma non è autocontradditoria

se elevata a legge,perché un universo di egoisti è possibile. la massima cattiva è pensata come

eccezione,non si vorrebbe una natura costruita sull’egoismo,anche se la sia ammette a proprio

vantaggio.

CRITICA DELLA RAGION PRATICA 1787-88 In essa risolve gli esiti aporetici della Fondazione riguardo la possibilità di pensare il

soprasensibile,questioni di cui si occupava anche il Canone della ragion pura. La fondazione non

aveva affrontato il problema dell’uso delle categorie non rivolto alla determinazione conoscitiva di

oggetti ma al semplice pensare oggetti non intuibili,come le 3 idee. Questo uso era stato dichiarato

legittimo e nella seconda edizione della Pura queste tesi furono rafforzate.

I concetti intelligibili hanno legittimità dal punto di vista pratico,dimostrando l’unita tra la ragione

teoretica e quella pratica. Le idee di dio e di immortalità sono le condizioni dell’applicazione della

volontà determinata moralmente all’oggetto che le è dato a priori,il sommo bene.

Bisogna dimostrare che la ragione pura è pratica,si tratta di affermare la possibilità dell’uso

della ragione pura come pratica. Bisogna distinguere,all’interno dell’intera facoltà della

ragione,ciò che è puro da ciò che è empirico. La volontà deve essere determinata solo dalla

ragion pura,le azioni devono avere fondamento e causa la ragione e le sue leggi,non istinti e

desideri.

la ragione pratica agisce in base a un principio,un calcolo,la non è detto che il principio dell’azione

venga dalla ragion pura. La ragione non deve operare facendosi strumento della

sensibilità(Hutchson,sensismo).

La critica presuppone la Fondazione perché essa da la prima conoscenza del principio del dovere e

alla sua formula. Essa permette di pensare positivamente al concetto di libertà in quanto la pratica

procura realtà al pensiero del soprasensibile,mentre con la speculazione ciò può essere solo pensato.

La ragione pura pensa il concetto di causa,che è una categoria,ma non può riferire ad essa un

oggetto. ma nella ragion pratica la libertà è legata alla legge morale e la sua realtà sta nel darsi

stesso della legge. Nella seconda Critica Kant sottopone ad esame i concetti e principi della ragione

speculativa.

ANALITICA DELLA RAGION PURA PRATICA

Definizione dei veri principi della moralità. Nella teoretica l’analitica trascendentale era la

risoluzione della conoscenza a priori negli elementi della conoscenza pura intellettuale. Nella

pratica,invece,si tratta di analizzare i principi della ragione,gli oggetti e i moventi,cioè la

costituzione oggettiva della ragion pratica.

La ragione pratica,come già nella Fondazione,è il compiere azioni in base a un principio,né istintive

né inconsapevoli. Un principio pratico è una regola generale che implica una serie di possibili

azioni,quindi regole subordinate.(principio pratico è conservare la propria vita,regole pratiche per

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seguire quel principio potrebbero essere curarsi quando malati). Non sono principi morali ma la

forma generale della regola con cui una ragione pratica come facoltà agisce.

Questi principi si distinguono in 2 classi:

1. soggettivi = massime,validi solo per la volontà del soggetto,regole con cui il sogg. agisce

con motivazioni esclusivamente proprie (autonomia del soggetto)

2. oggettivi = leggi,principi validi per tutti i soggetti razionali,validità per la ragione come tale.

Se la ragione contiene in se stessa leggi pratiche essa può determinare la volontà e la

ragione pura è pratica. L’imperativo esprime un dovere con necessità oggettiva per l’azione.

I principi pratici sono regole in cui si esprime un rapporto necessario tra fine e mezzo e,per esseri

razionali la cui volontà è determinata da desideri e passioni,le regole prendono forma costrittiva.

Ogni regola che contrasti con le inclinazioni soggettive,per obbedire ad altre inclinazioni,produce

imperativi. Anche gli imperativi ipotetici esprimono una connessione oggettiva,anche se sotto una

certa condizione. I soggetti agiscono sempre e comunque adottando una massima,in cui si esprime

la loro regola d’azione,ma non tutte le regole pratiche sono massime.,inerenti alla motivazione

propria del soggetto. Tutti gli imperativi invece,contenendo un nesso oggettivo,costringono il

soggetto a confrontare la sua massima con tale nesso,ad adeguare la sua personale motivazione a

una connessione oggettiva. La ragione enuncia le leggi per se stessa con la loro universalità

oggettiva perché è identica a tutti i soggetti razionali,non tendendo conto delle condizioni

accidentali e soggettive che distinguono i soggetti.

La legge pratica non si può trarre dalla materia dell’agire,dagli oggetti in quanto producano piacere

o si desiderano.

La facoltà di desiderare caratterizza l’uomo perché esso ha dei moventi e agisce per

realizzarli,in essa nascono le motivazioni per agire. Si mette in connessione detta facoltà con

sentimenti di piacere e dispiacere e la facoltà del desiderare produce gli oggetti che non

possono essere propri della ragion pratica. L’oggetto desiderato,anche se presente in ogni

azione,non può essere il fondamento della legge pratica. Il piacere non si può determinare a

priori,fa parte dell’accidentale e soggettivo,non può essere universale e necessario. È sempre

un certo piacere,vale per uno ma non per altro e non può essere motivo determinante la

volontà.

Motivo determinante è ogni elemento (sensibile o razionale) che produca una

determinazione della volontà. Se è fornito dal desiderio che un certo oggetto procura è

empirico.

Movente è l’elemento che determina soggettivamente la volontà,ciò di cui il sogg, ha

bisogno per compiere un azione.

La felicità si riferisce alla materia,oggetto del desiderio,tutta la materia dell’agire si raccoglie sotto

il concetto di felicità,cioè di amor proprio. Il piacere determina la volontà solo per via sensibile non

intellettuale(come piacere percepito intellettualmente delle dottrine del sentimento morale.

Soddisfare il principio dell’amor proprio. La facoltà di desiderare non si divide in superiore e

inferiore (Baumgarten),riferita all’intelletto o ai senso,la differenza stava negli oggetti a cui la

facoltà appetitiva si rivolgeva. Oggetti intellettuali,come virtù o conoscenza,oggetti sensibili per

quella inferiore. Kant vuole separare la facoltà di desiderare superiore,identificata con la

rappresentazione ,e ascrivendo alla seconda anche le forme intellettuali di piacere. Se ci ri rivolge a

un oggetto qualsiasi si rivolge ad esso solo perché piace,Epicuro è più coerente di Wolff

nell’unificazione dei piaceri in unico genere.

La felicità però è motivo determinante inevitabile per ogni essere razionale finito,anche se ogni

essere razionale ripone la sua felicità in qualcosa di differente. La volontà agisce in base a motivi

determinanti empirici,connessi al sentimento di piacere e dispiacer. Essa può dare luogo solo a

massime,non a un principio universale.

Il motivo determinante deve avere origine nella forma. Le massime devono avere la forma di

leggi,cioè il movente delle massime non sia soggettivo ma oggettivo,la legge. La volontà deve

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essere determinata dalla semplice forma della legge,di universalità e necessità. La legge è nella

forma come determinazione universale e necessaria,cioè lo stesso concetto di legge.

La massima di “aumentare con tutti i mezzi sicuri le mie sostanze”,nel caso in cui ci si detenga un

deposito di qualcuno che è scomparso e che nessuno reclamerebbe,tale massima non potrebbe

essere legge perché non vi sarebbe più alcun deposito,il motivo determinante di tale massima,la

cupidigia,non è compatibile con la forma della legge. Ciò che deve essere presupposto affinchè ci

siano depositi sono certe obbligazioni o doveri,verso questi oggetti di obbligazione la ragione può

definire doveri assoluti,se vi sono obblighi non si può pensare la massima che li nega come legge né

darle validità oggettiva,onde negare il concetto di dovere.

Neanche la felicità può essere legge,perché ognuno ha come obiettivo il proprio benessere

negherebbe quello altrui.

La volontà è determinabile sono dalla forma della legge essa è libera,indipendente dalla legge di

causalità che regola i fenomeni. La libertà è identificata con la coscienza di sé di una ragione pura

pratica. Ma da dove si trae il concetto di liberta? Essa non è intuibile in modo diretto come dato di

esperienza ma la sua conoscenza viene dal fatto che il motivo determinate che viene dalla ragione

pura prevale sulle condizioni sensibili. La legge morale si presenta come causa che può determinare

per sé la volontà. Si diviene consapevoli della legge perché essa si presenta con carattere di

necessità e separazione da ogni inclinazione,come comando assoluto che prevale su esse e su tutti i

moventi fondati sull’amore di sé. La legge deve farsi essa stessa movente.

La legge ha la struttura di una massima (agisci in modo che la massima della tua volontà possa

valere come principio di legislazione universale),esprime necessità assoluta perché riferita a un

soggetto finito e con le sue inclinazioni.

La formula della legge e la massima generale del soggetto finito.

Ma la volontà ,che è facoltà di determinare se stessa all’agire in conformità alla rappresentazione di

leggi,per attuare questa determinazione ha bisogno di un fine. Il fine deve essere oggettivo e la

seconda formula è

Agisci in modo da trattare l’umanità,nella tua persona e in quella di ogni altro,sempre come fine e

mai come mezzo.

Il presupposto è che la natura razionale esiste come fine in sé e il fine oggettivo della legge è

l’umanità,la qualità che lo rende essere razionale.

La terza formula sintetizza il concetto di legge,quello dell’universalità,e il fine in sé. Il fine in

sé,diversamente da altri che sono soggettivi,vale incondizionatamente per ogni essere razionale. La

volontà del soggetto che agisce moralmente deve essere pensata come

una volontà universalmente legislatrice mediante le sue massime.

E contenuto il concetto di adeguamento della massima alla legge e dell’essere razionale come fine

in sé e soggetto universalmente legislatore. Esprime il concetto di autonomia,il regno dei fino in cui

le leggi sono definite dai rapporti tra i suoi membri.

Nelle tre formula abbiamo:

Una forma,universalità della legge

Una materia,il fine che è l’essere razionale

Una determinazione di tutte le massime che è la volontà universalmente legislatrice

La volontà quindi può avere come motivo determinante la forma della legge,un prodotto che è

proprio della ragion pura. Kant non deduce la legge della ragione da un nuovo principio ma essa è

un fatto di ragione,un principio sintetico a priori.

Non intuizione della legge,o dedotto da un argomentazione tramite sillogismo,ma la ragione è in

grado di concepire un motivo di determinazione non sensibile alle massime e può essere motivo

determinante la volontà. Mentre il pensare idee e organizzare le conoscenze non sono fatti

attraverso cui la ragione determina realmente qualcosa,la ragione pura è pratica,può determinare

con i suoi principi la volontà,attraverso la forma della legge. L’uso della categoria di causalità

permette di pensare la realtà della determinazione razionale della volontà.

La libertà è la condizione formale di tutte le massime,ogni massima che non si accorda con la legge

morale nega la libertà. All’autonomia si oppone l’eteronomia,la dipendenza ad un impulso e ka

volontà non si dà essa stessa la legge. Qualsiasi concezione in cui non sia la ragione pura pratica

Page 7: Morale,diritto,storia e religione in Kant

stessa a stabile le leggi in base alle quali si deve agire si affida a un eteronomia,la ragione crede di

poter trovare il fondamento fuori di lei e non in sé medesima.

I MOTIVI DETERMINANTI

L’agire ha un oggetto o materia,ma bisogna agire in base a massime il cui motivo determinante non

sia la materia,la legge. Anche nel caso in cui si ha un oggetto moralmente valido,come la felicità di

altri,il motivo determinante non è questo oggetto ma l’universalità della legge. La felicità è il genere

di tutti i fini materiali. La materia compare nella massima ma non deve essere motivo.

I motivi determinanti dell’agire materiali si dividono in

Soggettivi,empirici e derivati dall’esperienza

1. esterni,collettivi = educazione(Montaigne)costrizione politica(Mendeville)

2. interni,individuali = benessere (Epicuro), sentimento morale

Oggettivi,di origine razionale.

1. la perfezione,Wolff e stoici

2. la volontà di dio (Crusius,teologi)

Questi motivi sono tutti materiali ed eteronomi,oggetti precostituiti rispetto alla volontà,non auto-

fondati dalla ragione

LA LIBERTA’

Il raggiungimento di un concetto positivo della libertà risultava dalla possibilità di usare la categoria

della causalità in modo non conoscitivo. L’oggetto della causalità è la determinazione della volontà

da parte della ragione e la determinazione della volontà da parte della ragione può essere mostrata.

Non si tratta di dedurre o spiegare la volontà o indicarne il fondamento ma quali siano le condizioni

per cui il soggetto morale si pensa libero. La volontà non può essere pensata se non come libera.

La determinazione della volontà viene pensata come causalità. Nella pura la causalità era una

categoria a priori dell’intelletto che unificava secondo un rapporto necessario di causa ed effetto il

molteplice dell’intuizione. La categoria aveva significato solo in riferimento a oggetti di intuizione

empiriche,di dio non è possibile dire che è causa perché manca la sua intuizione. Ma le categorie

hanno significato per se stesse anche se non producono alcuna conoscenza. Pensare la categoria di

causa è indispensabile per concepire enti intelligibili,come l’ente che rappresenta quell’unità

sistematica della natura,l’idea di dio come principio regolativo della ragione. Significa usare le

categorie in senso analogico,come la categoria di causa assume il significato di fondamento,anche

se non è possibile conoscenza alcuna.(rende solo pensabile il rapporto di dio con il mondo). Il

significato analogico della categoria di causa e di sostanza permette di pensare la libertà e il

soggetto di essa. La libertà non è oggetto di intuizione né lo è la legge morale,l’ordine intelligibile

delle cose dove avviene la determinazione pratica della libertà,è pensabile solo secondo la categoria

della causalità. Il soggetto pensa se stesso come causa grazie alla possibilità dell’uso non

conoscitivo delle categorie. È possibile pensare la causalità libera per la determinazione della

ragione,che equivale al fatto della determinazione della volontà per mezzo della legge. Il soggetto è

legislatore,agisce secondo la costituzione stessa della ragione,universalità e necessità in base alla

categoria di causalità. Essere coscienti della ragione pura come legislatore universale significa fare

uso non conoscitivo della categoria della causalità.

Pensare un intero mondo adeguato alla legge morale,che è il mondo intelligibile,perché l’azione

libera è possibile solo nell’ordine dei noumeni,come determinazione razionale della volontà che

deve avere effetto sui fenomeni. Se la natura è la totalità strutturata da leggi,come connessione di

oggetti secondo regole universali e necessarie. Nel mondo soprasensibile le leggi che regolano la

natura non valgono,perché gli autori sono gli stessi esseri razionali. L natura soprasensibile è sotto

Page 8: Morale,diritto,storia e religione in Kant

l’autonomia della ragione pura pratica,come causa noumeno di tale mondo,ragione come causa

pratica libera. La natura soprasensibile è la natura archetipa,cioè il modello originario,la natura è

l’effetto dell’idea come natura modellata. La natura è l’effetto della natura archetipa se questa è

motivo determinante la volontà. Il mondo sensibile modellato su quello intelligibile è la comunità

degli esseri razionali. A fondamento delle leggi morali vi è l’esistenza delle categorie nel mondo

intelligibile della libertà,essa dimostra la sua realtà non con spiegazioni ma nel suo operare,così

come non si possono spiegare l’esistenza dell’intelletto puro. La ragione pura pratica si dà come

fatto,perché determina la volontà, si tratta di partire dal suo darsi,di fondarlo,non c’è deduzione. Il

fatto della ragion pura è apoditticamente certo,per la capacità della ragione di determinare la

volontà attraverso un principio formale,la legge che è caratteristica della ragione soltanto. Alla

critica spetta solo di mostrare le condizioni oggettive in base alla quali la ragione pratica si dà. La

legge morale è una legge della causalità mediante la libertà,che esige in sé la libertà. Fatto della

ragione = alla libertà,la deduzione consiste nel mostrare tale identità,non si tratta di risalire dal dato

alla sua condizione ma di comprendere come la libertà sia una realtà oggettiva. Se nella

Fondazione la libertà era un idea con realtà incerta,nella critica essa è determinabile solo in

relazione alla legge,come determinazione razionale della volontà. La realtà oggettiva della libertà è

la sua natura soprasensibile,la ragione è causa efficiente nell’esperienza tramite idee,essa rende

possibile l’esperienza pratica. Mondo soprasensibile come mondo di leggi morali indipendenti dalla

sensibilità,come motivo determinante pratico. Nella critica della pura la ragione poteva pensare la

libertà come pura possibilità,in base alla distinzione tra fenomeni e noumeni,ma non poteva

realizzare tale pensiero,dargli realtà. La ragione poteva pensare un concetto di causa prima,come

dio,ma pensarla come fondamento del mondo e conoscerla era illusorio. La ragione pratica non

estende il concetto di causalità,applicabile solo ai fenomeni,oltre l’esperienza,perché in tal caso si

avrebbe intuizione intellettuale che scavalchi le forme a priori di spazio e tempo. L’uso

schematizzato della categoria di causa ha come oggetto le intuizioni determinate. Pensarla come

riferita a oggetti in genere significa pensarla come tale,e il fatto della ragione fornisce oggetto alla

categoria di causa,che ha come oggetto,quindi,la determinazione della volontà per mezzo della

legge morale. Causa è il fatto che la ragione si pensi come causa noumenon ,in grado di

determinare praticamente la volontà,ciò era vietato nell’uso conoscitivo che si rivelava nel concetto

di dio come causa prima. La causa trova il suo oggetto non in dio ma nelle massime in cui la

ragione esprime il suo essere causa,nell’assumere come movente la legge. È un estensione della

ragion pura,n base alla quale è possibile pensare la ragione pratica. La causalità è la categoria con la

quale si pensa la volontà,che agisce solo in base alla forma della legge. Essa agisce realmente

avente come motivo determinato la legge. Per l’idea di libertà non è da compiere analogia,perché

essa ha come oggetto soprasensibile il fatto della ragione,mentre le categorie producono gli oggetti

per analogia.

DELUCIDAZIONE CRITICA DELL’ANALITICA DELLA RAGION PURA PRATICA

Le categorie dinamiche,come la causalità,riguardano il modo e la relazione secondo cui è unificato

il molteplice,quindi la connessione con l’oggetto può anche esser solo pensata e non intuita come

per le categorie matematiche. Esse possono essere riferite a un oggetto intelligibile pensato,anche

senza sfociare nella pretesa della conoscenza di una causa prima. Il fatto di ragione permette alla

categoria di causalità di trasformare il realtà ciò che era solo una possibilità,perché fornisce un

oggetto alla categoria non schematizzata di causalità. La causalità permette di pensare dal punto di

vista pratico la determinazione libera della volontà e il mondo intelligibile ottiene realtà,che entra in

azione quando la ragione determina la volontà. Il fatto della ragione permette di pensare in modo

positivo il contenuto della seconda idea dinamica,quella di essere necessario,riferendola al soggetto

morale. Solo la mediazione dell’idea di causa,risalire di causa in causa,permetteva di giungere a una

causa prima e necessaria. Si aveva l’idea di causa prima ma non di un essere necessario. Nel campo

pratico non si deve utilizzare in senso analogico le categorie per dare contenuto all’idea di dio,ma

l’idea di dio come esterno al mondo e causa di esso è traslazione del concetto di ragione pura

pratica, il soggetto morale agisce liberamente ma nel mondo sensibile.

Page 9: Morale,diritto,storia e religione in Kant

L’OGGETTO DELLA RAGION PRATICA

La ragione pura pratica è principio supremo dell’agire. Nella fondazione l’unica cosa assolutamente

buona era la volontà,il bene sta nel Gesinnung,l’intenzione, come rapporto soggettivo che il

soggetto

morale ha con la sua motivazione all’agire. Ogni azione ha un oggetto,un fine o materia. Se

l’intenzione qualifica il rapporto soggettivo tra motivo determinante e volontà(può essere buona o

derivar dal principio dell’amore di sé),il fine è sempre particolare,fondamento oggettivo della

volontà nel compiere l’azione. Ma se si danno intenzioni buone deve anche darsi un fine oggettivo

che valga universalmente,che non si riduca a uno scopo particolare. Deve avere un oggetto che

valga per tutti gli esseri razionali,fine universale e necessario.

Nella Critica parte dal concetto di oggetto della ragion pratica,questo concetto consiste nella

rappresentazione della cosa che si pensa di ottenere con la ragione. Non si tratta di definire il bene

ma come la ragione pensa il suo oggetto.

Gegenstand = la rappresentazione di un oggetto come effetto possibile mediante la libertà

Objekt,la cosa determinata come risultato dell’azione. Anche l’oggetto della ragione pratica

può essere ricondotto a quello della pura,pensato nei suoi caratteri universali come il 1

termine. Altrimenti non si darebbe alcuna ragione pura pratica,ma solo fini soggettivi

determinanti l’azione.

L’intenzione è buona se ci è la determinazione della volontà da parte della ragione pura,cattiva se

determinazione da parte di un oggetto della facoltà del desiderare.

Tutte le concezioni morali che si fondano sulla concezione di bene hanno proposto diverse

concezioni del piacere,di ciò cge rende felici e hanno come oggetto qualocsa della facoltà di

desiderare. Il piacer è indeterminabile in senso oggettivo e universale,perché è una forma di

piacere,impossibile determinare a priori.

Gut= bene in senso morale

Bose =male → relazione alla volontà,tra motivo determinante e volontà,bene e male in sé.

Wohl = bene come vantaggio,interesse → relazioni al nostro stato di piacere e dispiacere

Ubel = male come danno,dispiacere

La qualificazione di bene e male sta nel rapporto che il soggetto ha con la sua intenzione nel

produrre l’oggetto.

L’oggetto della ragione pura pratica non è la cosa che si vuole ottenere con l’azione,ma è la ragione

come motivo determinante la volontà. L’oggetto non è ciò che si desidera,non è una cosa buona ma

l’assunzione di un motivo morale. La volontà buona è quella che ha come motivo determinate la

ragione pura,la legge,bene assoluto. Il bene non è il fondamento del principio dell’agire ma è

determinato solo a partire dalla legge,foriera di universalità e non contingenza come il piacere. Le

filosofie morali precedenti avevano posto il fondamento dell’agire in un oggetto della volontà,la

volontà doveva trarre i suoi motivi determinanti da tale oggetto distinto dalla volontà: 1

1 LE CATEGORIE DELLA LIBERTA

Deve dimostrare che la ragione pratica contiene necessariamente una ragione pura. Bene e male sono i soli oggetti della

pura che non deve avere come oggetti cose,unico oggetto è l’assunzione del movente,il bene per essenza dell’

intenzione buona,la buona volontà. Bene e male non sono categorie della ragione pura pratica che producono oggetti,ma

sono l’affermazione o la negazione della ragione pura pratica nell’agire. La ragione è causa e il bene è l’effetto possibile

di questa causalità riferita a un oggetto in genere. Le azioni da un lato appartengono a una legge della

libertà,intelligibile,ma dall’altro a fenomeni. Problema dell’interazione tra libertà e natura. le categorie della libertà

svolgono una mediazione tra concetti di bene e male e gli oggetti desiderato o aborriti,utilizzando le categorie

dell’intelletto. Le categorie unificano il molteplice dei fenomeni della facoltà del desiderare sotto la ragione pura

pratica,sotto l’unità della legge morale. (comprendere l’azione di aiutare (desiderata o aborrita) come buona. Questa

unificazione permette di formulare massime soggettive come leggi,per subordinare la materia alla legge morale. Queste

Page 10: Morale,diritto,storia e religione in Kant

La felicità,Epicuro

La perfezione,Wolff

La volontà di dio,Crusius

TIPICA DEL GIUDIZIO PURO PRATICO

Segna la distanza della critica dalla fondazione. Ha per oggetto il problema della concreta

applicazione della legge della ragione attraverso la scelta di massime che abbiano tale legge come

motivo determinante. La legge o imperativo categorico può esprimersi sono in una proposizione che

indichi necessità assoluta e incondizionata,supremazia della ragione su tutti i moventi non razionali.

Esso enuncia il concetto di dovere come tale,ma la conformità di un soggetto alla legge non è

espressa dalla legge stessa. Il concetto di legge fornisce la regola dell’universalità e della necessità

con cui il soggetto deve pensare le sue massime. Con il giudizio pratico bisogna applicare la legge

morale a un azione,ma la legge è legge della libertà,il problema è la possibilità morale dell’oggetto

dell’azione. Come la volontà può riferirsi alla legge,utilizzarla per la sua determinazione. Lo

schema della legge morale è la formula dell’imperativo,cioè l’universalità e necessità,l’unico modo

in cui il comando della ragione può essere compreso in relazione all’azione. La ragione pura per

capire il modo in cui determina la volontà non può ricorrere alla sensibilità,dove non vi è

universalità,ma deve ricorrere all’intelletto e alla categoria di causalità,utilizzandone la forma,cioè

l’universalità.

Giudicare secondo la formula dell’imperativo,che non significa solo universalizzare il proprio

comportamento ma è anche il tipo di giudizio morale. Ma la legge della ragione è frutto di un

procedimento analogico con la legge di natura. chiunque per conoscere e agire pensa una certa

connessione come necessaria e universale,per sapere che da una certa mia azione scaturirà una certa

conseguenza,devo presupporre la legalità naturale del nesso di causa e effetto. La ragione come

facoltà che medi l’applicazione alla natura ha l’intelletto, è obbligata a servirsi della legge naturale

come tipo di giudizio,perché la forma della legge è sempre una forma di causalità.

I MOVENTI

Si deve determinare in che modo la legge morale diventa movente.

Motivo determinante = causa dell’atto di volontà,fondamento in senso oggettivo dell’azione

Movente = fondamento interno dell’atto di volontà,incluso nella massima,causa dell’azione

dal punto di vista soggettivo.

La ragione non è in grado di comprendere come una legge possa farsi motivo determinante,si tratta

solo di dimostrare il modo in cui la legge,facendosi movente,ha un effetto sensibile sulla facoltà di

desiderare. L’unico oggetto in grado di determinare la volontà è una rappresentazione a priori del

bene,assunzione della legge come intenzione.

Moralità = assunzione della legge morale come movente. Assunzione della legge per la

legge,non per il piacere o l’interesse nel fare qualcosa. Valore morale perché immediato

fondarsi della volontà sulla legge,il rapporto dell’azione con il suo motivo determinante,cioè

l’intenzione. Altri moventi che non siano la legge hanno il carattere specifico dell’essere

sensibile e l’effetto della legge morale come morale è percepito come impulso

categorie significano per se stesse,senza aver bisogno di oggetti,riferite al libero arbitrio facoltà di fare e non

fare,scegliendo se compiere o no un azione. La scelta è sempre riferita alla libertà anche se non compiuta in base alla

libertà,perché non hanno come fondamento la legge. Sono conoscenze perché producono il loro oggetto,bene o male,in

riferimento alla legge. Mostrare come i modi di subordinazione del molteplice dei desideri alla volontà implica ordinar

in un certo modo la materia e produrre un preciso significato morale,un modo di metterli in rapporto con la legge.

Le categorie riguardano i concetti di bene e male in senso generale,con il passaggio da massime a leggi,da concetti di

bene e male al bene e male morali determinati.

Page 11: Morale,diritto,storia e religione in Kant

negativo,perché nega gli impulsi sensibili. La legge morale espelle dal movente l’oggetto

contenuto nella massima e il sentimento connesso a esso. Dolore è la negazione degli

impulsi sensibili da parte della legge e l’amor di sé deve essere negato. Il sentimento

suscitato dalla legge è il rispetto, che è a priori e il suo fondamento è la ragione e non la

sensibilità. A priori perché la legge determina positivamente la libertà e perché la legge

nega le inclinazioni e umilia il nostro amor di sé. È la ragione,per mezzo della

sensibilità,che produce tale sentimento. Il rispetto viene dal giudizio della ragione sulla sua

affermazione sulla sensibilità,rappresentazione della superiorità della legge che la ragione

produce,percepita attraverso la negazione delle passioni,come movente a fare della legge

una massima. L’effetto della legge sul sentimento è quello di un umiliazione del lato

sensibile,come effetto della negazione di un ostacolo alla moralità. Il rispetto è l’unico modo

in cui esseri razionali sensibili,possono mettersi in rapporto concretamente col farsi

movente delle legge morale.

Legalità = l’azione avviene solo per la legge.

Il concetto di rispetto sostituisce quello di interesse della fondazione,ma l’oggetto denotato è lo

stesso,l’assunzione della legge da parte della volontà ma nella critica l’interesse è ciò che è visto da

lato della ragione e non della sensibilità. La ragione pura pratica ha come suo oggetto l’intenzione

buona,interesse morale è la rappresentazione razionale del rispetto. Ma è solo per gli esseri finiti e

sensibili che vale il concetto di dovere,come assoggettamento libero della volontà alla legge,che è

un costringi mento pratico. Il rispetto è il cuore della distinzione tra moralità e legalità,quando vi è

legalità il sentimento non è mail rispetto della legge ma un piacere o dispiacere prodotto da un

oggetto. il rispetto definisce una soggettività moderna che possiede un ambito di decisione morale

proprio,non più riferito a criteri esterni.

La santità rappresenta un ideale non raggiungibile da nessuna creatura,funge da modello.

Dall’illusione che l’uomo compia il dovere volentieri,come pretende l’interpretazione catechistica

del comandamento ama dio sopra ogni cosa e il tuo prossimo come te stesso,viene il fanatismo

religioso e pensare l’attuazione della morale come l’effetto della santità.

Il grado morale dell’uomo è solo quello del rispetto per la legge,negando le inclinazioni,evitando i

fanatismi morali fondati sull’illusione degli uomini superiori e insensibili alle passioni. Contro

l’empirismo morale afferma che l’uomo è capace di concepire l’ideale della santità,ma è anche un

essere sensibile e finito.

Kant chiama la partecipazione dell’uomo come essere finito alla santità attraverso il suo essere

soggetto alla legge morale la personalità,la libertà e indipendenza dal meccanismo della

natura,come soggetto di leggi date dalla sua propria ragione. Attraverso la personalità si ammette la

partecipazione dell’essere finito alla santità attraverso il rispetto,criterio in base al quale è possibile

agire oltre la legalità(osservare le leggi,non ingannare il prossimo…)

Ma la ragione pratica non vuole che si rinunci alla felicità,ma che,nel dovere,non si abbia riguardi

per essa. La felicità non è opposta alla moralità ma è un suo elemento necessario.

FATTO DI RAGIONE

La libertà è trascendentale,a priori alla ragione pratica come condizione del suo poter agire secondo

qualcosa di esclusivamente suo,la forma della legge,che si manifesta attraverso il rispetto. La

determinazione della volontà,se deve essere pensata libera,non può essere pensata come evento che

accade nel tempo,che ha significato solo per i fenomeni e non per le cose in sé. L’oggetto della

polemica è Mendelhsoon,che gli muoveva l’accusa di spinozismo,con la negazione della libertà.

Negazione dovuta al concetto di creazione divina,di dio come causa efficiente del mondo. se si

facesse cadere la libertà nel tempo si cadrebbe nel fatalismo,dove ogni evento sta in una catena

causale necessaria. Anche Leibniz pensava l’agire come prodotto non da una causa esterna ma

interna al soggetto,necessità naturale dell’azione. Le filosofie che ammettono la libertà e poi

attribuiscono la presenza di una necessità esterna o interna sono contraddittorie. Tutte le azioni

dell’uomo sarebbero create e il tempo e spazio apparterebbero all’esistenza delle cose in sé. La

Page 12: Morale,diritto,storia e religione in Kant

metafisica della creazione di Wolff e Crusius non può uscire da questa impasse. Mendelshon

considera dio fuori dal tempo e spazio ma creatore delle cose finite che sono in essi. Per Kant si

rimetterebbe dio nel tempo e nello spazio,l’unica soluzione,se non si ammette l’idealità di tempo e

spazio,distinzione tra fenomeni e noumeni che è proprio dello spinozismo,secondo cui spazio e

tempo sono determinazioni essenziali di dio. È coerente perché presuppone un'unica sostanza

infinita,facendo delle cose finite suoi attributi.. il concetto di creazione,non essendo possibile di

esperienza,è riferibile solo ai noumeni. Incompatibilità tra la libertà e il concetto di dio come

creatore mondo. dio si definisce solo in base a un essere finito,come idea di santità e perfezione.

IL PRIMATO DELLA PRATICA SULLA PURA

La ragione pura nel suo uso pratico determina la pura nel suo uso speculativo,viene prima. La

ragione speculativa deve ammettere delle proposizioni ,i postulati,perché fungono da presupposti

dell’agire morale,non perché producano conoscenze. Determinati dall’interesse della ragione

pratica,un principio che contiene le condizioni in base alle quali viene promosso l’esercizio di tali

facoltà. L’interesse dell’uso speculativo consiste nella conoscenza dell’oggetto sino ai principi a

priori. l’interesse della pratica nella determinazione della volontà relativamente al fine ultimo,ossia

al sommo bene, ma è sempre una la ragione che giudica sotto principi a priori,e la ragione ha come

suo massimo interesse la sua estensione,e solo la pratica permette questa estensione attraverso

proposizioni conoscitivamente indimostrabili.

LA DIALETTICA

La connessione di concetti suppone l’incondizionato per tutto il condizionato. Incondizionata è la

ragione pura nel suo essere pratica,essa ha già il suo incondizionato,la legge,ma non può cercare la

totalità incondizionata del suo oggetto,il sommo bene. non il bene di una singola azione ma del bene

perfetto,sommo. Il suo principio incondizionato pratico,la legge,esige un oggetto incondizionato ma

non può determinare questo oggetto. ma è sempre la legge a determinare il sommo bene,che non è

motivo determinante della volontà perché il movente è assoluta indipendenza da ogni materia,da

ogni oggetto. il sommo bene è pur sempre un oggetto della ragione pura pratica,l’unico oggetto che

la ragione deve avere.

Il bene supremo è la condizione prima di ogni bene,il bene per essenza o la virtù. La virtù non solo

come sforzo nell’attuazione del movente morale,ma come merito di essere felice. La virtù non è il

sommo bene nella sua compiuta totalità,perché manca la felicità effettivamente ottenuta, la ragione

deve volere anche la felicità. Il sommo bene è virtù e felicità effettivamente ottenuta. Questo

bisogno è il risultato di una rappresentazione necessaria di un essere onnipotente e infinito,come

l’idea di dio

La ragione pura pratica si trova dinnanzi a un antinomia:

Da un lato l’impossibilità di considerare la felicità come qualcosa di identico e

analiticamente contenuto nella virtù

Dall’altro la necessità che la felicità sia la conseguenza della virtù

Autentica alternativa in cui una è vera e l’altra è falsa. Se si considera l’esistenza noumenica del

soggetto,il sommo bene è possibile considerando la virtù come causa e la felicità come effetto del

mondo sensibile. Il conflitto della ragione pratica con se stessa nasce dal, fatto che si illude della

connessione immediata tra moralità e felicità. Senza la distinzione tra fenomeni e noumeni non

sarebbe possibile pensare il sommo bene come qualcosa che sta nel mondo,garantito

dall’osservanza esatta della legge. La felicità non può consistere nella sola virtù,nella contentezza di

sé che viene dall’essere indipendente dalle inclinazioni. La felicità viene ricondotta all’interno

dell’intenzione,a livello individuale. La contentezza non è la felicità ma solo l’attestazione del

merito.

Page 13: Morale,diritto,storia e religione in Kant

IL TERZO POSTULATO: LA LIBERTA’

La realtà oggettiva delle idee è solo pratica,fondamento del’uso pratico della ragione. L’idea della

libertà tratta dell’idea di un mondo intelligibile,il cui la ragione si pensa come causa noumenon.

Mentre anima e dio sono presupposti dell’attuabilità della virtù e del bene sommo,virtù +

felicità,l’idea del mondo intelligibile non deve essere dimostrata dal concetto di sommo bene, ma è

risultato immediato delle legge morale.

I postulati costituiscono un estensione della ragione,anche speculativa. Legge pratica,attraverso il

fine a priori del sommo bene,afferma la realtà pratica di tali pensieri,fornisce a essi oggetti per l’uso

pratico della ragione. Non è la conoscenza di tali oggetti a essere estesa,ma la conoscenza teoretica

in generale,deve ammettere la ragione la realtà pratica di tali oggetti. Tale legittimità sta nell’uso

analogico delle categorie dinamiche (relazione e modalità),e ciò che fornisce oggetto alle categorie

è la ragione pratica con i postulati. A partire dalla realtà del concetto di libertà è provata anche la

realtà oggettiva di dio e anima. Con il fatto di ragione si può dare realtà oggettiva alla relazione

causale tra intelletto,ragione pura che produce universalità della legge,e la volontà. Il concetto di

dio non appartiene né alla fisica né alla metafisica,come causa del mondo o provare sua esistenza

tramite ragionamenti ma solo concepibile mediante il concetto pratico di sommo bene. non illusione

di conoscere teoreticamente il soprasensibile o vedere dio in veste antropomorfica come paterno e

vendicatore. Ma senza sommo bene verrebbe meno la legge.,necessità soggettiva della ragione di

postularlo ma non di determinarne condizioni fisiche o metafisiche ma solo premessa per ogni

azione morale. La fede non può essere dovere ma solo una soddisfazione di un bisogno della

ragione,riguardo il merito di essere felici. La possibilità per la ragione speculativa di comprendere

l’unità delle leggi di natura e quelle della libertà è la sua finitezza,da qui l’adesione della ragione ai

postulati,come bisogno della ragione . la ragione,condizionata dalla sua finitezza,cerca un principio

che la faccia considerare veri i postulati. La fede è una libera scelta a cui il giudizio da il suo

assenso,sulla base dell’interesse pratico.

L’incertezza soggettiva della ragione riguardo l’esistenza di dio sta nel suo limite,quindi il valore di

verità dei postulati è quello della realtà oggettiva pratica

LA ragione non serve solo a dirigere la conoscenza ma anche l’azione. Kant distingue tra una

ragion pura pratica che opera indipenden. Dall’esperienza e dalla sensibilità e una ragione empirica

pratica che opera sulla base di esse. Si deve dimostrare che la ragione pura ha in quanto tale un uso

pratico.

Poiché la dimensione della morale si identifica con la ragion pura pratica,la critica deve distinguere

tra una ragione pura pratica che obbedisce a una legge universale e non deve essere criticata,e una

ragione non pura ma legata all’esperienza e non legittima dal punto di vista morale.

Questa deve essere sottoposta a critica per la pretesa della ragione di essere legata all’esperienza.

Nella ragion pratica le pretese di andare oltre i limiti legittimi sono i quella empirica che vorrebbe

essa sola determinare la volontà(mentre nella ragione teoretica le pretese della ragione erano di fare

a meno dell’esperienza per conoscere l’oggetto).

Nn è un caso che il titolo non sia critica della ragion pura pratica ma solo pratica perché solo quella

pura è pratica in modo incondizionato,perciò la critica non vale sulla pura ma sulla pratica con

l’obbligo di contestare alla ragione condizionata empiricamente la pretesa di costituire essa sola il

movente determinante della volontà.

Nel campo morale la ragione non è condizionata dai fenomeni come nel mondo della conoscenza

ma è condizionata dall’essere finito dell’uomo e dalla resistenza della natura sensibile che incontra.

Tale resistenza obbliga la legge morale ad assumere la forma del dovere.

Il problema di Kant è se vi siano azioni che abbiano come fondamento,come causa determinante,la

ragione in quanto tale,l’agire secondo il dovere e non secondo motivazioni determinate,come la

compassione,l’interesse, e il desiderio di sembrare in un modo). L’azione non deve essere motivata

dall’oggetto e dalla sensibilità ma dalla ragione pura.

Page 14: Morale,diritto,storia e religione in Kant

ASSOLUTEZZA DELLA LEGGE MORALE

Il motivo che sta alla base della critica della ragion pratica è la persuasione che esista nell’uomo una

legge morale a priori valida per tutti e per sempre,come nel campo teoretico le forme a priori

dell’intelletto universali e necessarie. Tale legge non deve essere dedotta o inventata ma solo

constatata come un fatto della ragion pura di cui siamo apoditticamente certi e di cui abbiamo

consapevolezza a priori.

Che esiste una legge morale assoluta e incondizionata è qualcosa di cui nn si ha

dubbi,presupponendo una ragion pratica pura capace di svincolarsi dalle inclinazioni sensibili e

guidare la condotta in modo stabile.

Essendo indipend. Dagli impulsi sensibili la legge risulterà essere universale e necessaria,cioè

immutabile e uguale a se stessa.

La morale è assoluta,sciolta dai condizionamenti istintuali non perché prescinde da essi ma perché è

in grado di decondizionarsi rispetto a essi,polarità ragione sensibilità.

Questa bidimensionalità fa si che l’agire morale prende la forma del dovere e si concretizzi in una

lotta tra ragione e impulsi egoistici perché la natura dell’uomo è finita,limitata e imperfetta che può

agire pro o contro la legge.

Volontà buona nella Fondazione della metafisica dei costumi

Nella Critica si tratta di indicare i principi paratici della ragione usati per determinare o regolare la

volontà,come facoltà dell’essere razionale finito.

L’uomo,infatti,non agisce secondo le leggi della natura ma secondo la rappresentazione della legge

e nel riconoscimento che le leggi rappresentate devono essere i principi del suo agire.

Se la ragione ci è data come capacità di influenzare la volontà,la sua vera destinazione è quella di

produrre un volere che sia buono non in vista di altro ma di se stesso.

La Fondazione inizia col dire che buona senza limitazioni è la volontà buona,perché i talenti

dello spirito come l’intelligenza,la ricchezza per quanti siano apprezzabili e desiderabili nn

possono essere detti illimitatamente buoni perché possono mutarsi in cose dannose se nn è

buona la volontà che ne fa uso. Il bene non è un carattere metafisico delle cose o del

mondo,perché esso sta nell’intenzione del soggetto con il proprio motivo determinante l’agire.

L’imperativo categorico non riguarda la materia dell’azione ma la forma e il principio che

determina l’azione,in ciò il Bene per essenza,come rapporto tra volontà e motivo determinante,l’

intenzione. Ogni determinazione della volontà ha un fine,e tale fine deve essere oggettivo,che valga

universalmente e non all’ottenimento di fini particolari. Da un lato un oggetto assoluto della

volontà,un fine che valga per tutti gli esseri razionali, da un altro questo fine deve essere contenuto

nei vari risultati particolari che la volontà si prefigge di ottenere. Il fine in se stesso è quello

universale e necessario cioè l’essere razionale.

La buona volontà consiste nella conformità al dovere,la legge morale nella forma del comando che

ha senso solo per quei soggetti la cui volontà non è buona necessariamente perché dipendente da

inclinazioni sensibili. Un comando ha un senso solo se quanto esso richieda non venga compiuto

necessariamente e spontaneamente,non ha senso la dove non vi è possibilità di trasgredirlo.

SANTITA’

Pensare a dio come modello di santità,come l’ideale di un ente perfetto, in contrasto con il rapporto

che con la legge morale intrattiene un ente imperfetto come l’uomo.

La perfezione della volontà di dio significa adeguazione spontanea a quanto prescritto dalla legge

morale, la sua volontà è santa perché non è possibile che violi la legge morale,come impossibilita

logica perché sarebbe contraddittorio che un ente perfetto volesse qlcs in contrasto con la legge

morale. La nozione di un ente perfetto include anche quella di santità (proposizione analitica).

Page 15: Morale,diritto,storia e religione in Kant

Nulla opera nella sua volontà in contrasto con tale legge perciò dio la segue sempre e

necessariamente. Dio non è un ente morale ma è santo.

Opera secondo la ragione pura perché non trova possibili inclinazioni in contrasto con essa,mentre

negli uomini tale duplicità è presente perciò la ragione deve imporre i suoi comandi alla volontà

reprimendo tali inclinazioni o desideri.

Senza tale antagonismo non si darebbe moralità,che si da solo se vi può essere anche la violazione

della legge pratica,è propria di enti finiti con volontà imperfetta.

La virtù morale è la vittoria nella lotta contro le inclinazioni sensibili e il merito degli enti finiti che

sacrificano le loro inclinazioni sensibili.

L’essenza della moralità è l’imperativo categorico,subordinare la ricerca della propria felicita al

rispetto della legge. La santità è un ideale limite della moralità(agisci in modo da approssimarti

sempre più alla santità) ma tale ideale è irraggiungibile per le creature.

Egli critica chi si crede al di sopra dell’imperativo,perché crede che per essere buoni moralmente nn

si abbia bisogno di alcuna imposizione e lotta contro le inclinazioni dissonanti,di chi si considera

dotato di un inclinazione morale spontanea e disprezzi coloro che compiono con fatica e sforzo

quanto imposto dalla legge morale. Simile atteggiamento narcisistico è proprio dei romanzieri e

pedagogisti sentimentali che presentano personaggi ispirati da una bontà nn bisognosa i sprone o

freno facendo perdere di vista il duro dovere,l’essenza della moralità perché nn si da virtù senza

sacrificio. Si scaglia contro un atteggiamento diffuso ai suoi tempi.

IL DOVERE

Se il concetto primo della morale è quello di obbligazione,(il si deve fare o nn fare tale cosa),cioè il

dovere,allora ogni dovere esprime una necessità di azione.

Ci sono 3 possibilità per adempiere al dovere:

1. si può essere ligi al dovere e tuttavia essere determinati dall’interesse personale;ciò vale per

l’uomo d’affari che per paura di perdere i propri clienti tratta onestamente anche compratori

inesperti.

2. si può agire conformemente al dovere con un inclinazione immediata verso il dovere;per

esempio se si aiuta qualcuno per simpatia.

Entrambe azioni conformi al dovere ma non motivate da esso,azioni legali ma nn morali perchè il

motivo determinate la volontà è un fine soggettivo. Si fa qualcosa come mezzo in vista di un

fine,necessità condizionata dal fine

3. si può agire puramente per dovere,il motivo determinate la volontà è la ragione pura pratica

che esige l’azione assolutamente per se e nn in vista di scopi soggettivi.

L’IMPERATIVI IPOTETICI E CATEGORICI nella FONDAZIONE

Nella Fondazione Kant sosteneva che solo gli enti dotati di ragione possono agire secondo la

rappresentazione di principi e ad agire secondo principi è la volontà. La volontà degli enti razionali

nn è perfetta perché può determinarsi secondo la legge morale ma anche secondo desideri e

inclinazioni sensibili cosi che alla necessita oggettiva nn si accompagna una soggettiva come in dio.

La volontà si trova a un bivio e la scelta secondo la legge nn è automatica ma risultato di una

costrizione ai danni dei desideri,come un comando. La formulazione linguistica di tale comando è

l’imperativo,cosi si presenta agli uomini la legge morale: comando della ragione alla volontà.

Imperativi sono le regole pratiche oggettive che contrastano con le inclinazioni,affermano la

necessità di un azione prescindendo dalle inclinazioni del soggetto.

Gli imperativi si dividono in: ipotetici e categorici

1. Gli imperativi ipotetici prescrivono dei mezzi(o modi di agire) come buoni in vista di fini

soggettivi ma che possono essere anche cattivi dal punto di vista morale.

Page 16: Morale,diritto,storia e religione in Kant

Essi si specificano in :

gli imperativi tecnici dell’abilita, illustrano norme tecniche per raggiungere uno scopo

(insieme di norme o procedure per sapere come costruire una macchina.)

consigli della prudenza, prescrivono azioni come mezzi per ottenere il benessere o la

felicità. (manuali della salute o per ottenere il successo)

Sono i. condizionati dalla volontà del fine,se.. allora devi. Imperativi per il devi,ipotetici per il se

vuoi. Il proponimento nn è necessario.(il comandamento sussiste solo quando ci si propone di

diventare ricchi).

Ma anche essi sono oggettivi e categorici, anche se condizionati soggettivamente, perché essi sono

in contrasto con alcune inclinazioni e richiedono il sacrificio di esse a vantaggio di altre. A venire

repressi sono i desideri in conflitto con quelli che senza tali sacrifici nn potrebbero venir soddisfatti.

Se nn vi è sacrificio di nessuna inclinazione l’azione è impulsiva,fuori dall’agire secondo principi.

Invece ogni esercizio che richieda abilita richiede un qualche grado di impegno e fatica,come anche

per i consigli di prudenza,come sacrifici di inclinazioni presenti nella prospettiva di soddisfare

inclinazioni a termine piu lungo.

2. l’imperativo categorico ordina il dovere in modo incondizionato (devi e basta!) a

prescindere da qualsiasi scopo. Rappresenta un azione come in se stessa oggettivamente

necessitante. Solo esso che è indipendente dagli impulsi sensibili ha i caratteri della

moralità e i connotati della legge. Essa è un principio oggettivo avente validità universale e

necessaria, secondo il quale si è obbligati ad agire tutti incondizionatamente anche quando

la natura sensibile contrasta con tale obbligazione. L’imperativo categorico potrebbe

essere:adotta quale massima la legge morale. La legge è inscritta nella razionalità stessa sia

umana che divina che solo per l’uomo assume il carattere di imperativo perché la sua

volontà nn è santa.

La proposizione ipotetica “se vedi qualcuno in necessita aiutalo”è categorico perché impone a tutti

di agire in tale modo. L’assolutezza del comando si fonda sulla forma della legge,cioè sulla sua

universalità. esso si concretizza nella prescrizione di agire secondo una massima che può valere

come legge,per tutti.

Gli imperativi categorici presentano un modo di agire come modo in se stesso (l’unica cosa che sia

buona in se stessa è la volontà buona) e quelli ipotetici come buono in quanto mezzo.

LE MASSIME

Massima significa principio soggettivo del volere e legge oggettivo,ma a determinarsi secondo tali

principi è sempre la volontà che è una facoltà del soggetto,è un atto soggettivo. Quando il soggetto

fa propria una qualsiasi regola pratica come fondamento del suo agire,essa è sempre una massima.

Massima è la proposizione con cui il soggetto si rappresenta il rapporto imperativo con la legge,cioè

con la sua universalità e necessità. Da sola la legge morale nn fa alcun che,siamo noi con la nostra

volontà a determinarci pro o contro essa.

La massima indicherà sempre un principio pratico soggettivo ma

in alcuni casi solo soggettivo e in contrasto con la legge

in altri in accordo con la legge L’imperativo categorico potrebbe essere:adotta quale

massima la legge morale.

Dalla soggettività nn è dato uscire dal momento che si ha a che fare con la volontà. E la moralità o

meno dell’agire consiste proprio nel genere di massime che si fanno proprie.

Le massime hanno per contenuto il modo in cui si conduce la propria vita nella totalità e in rapporto

alla convivenza con gli altri.

Page 17: Morale,diritto,storia e religione in Kant

IL TEST DI UNIVERSALIZZAZIONE

La forma della legge è l’universalità e la volontà,come massima,ha la necessità di conformarsi a

questa legge.

Se la forma della legge morale è l’universalità,Kant avanza la seguente formulazione dell’i.

categorico: agisci in modo che la massima della tua volontà possa valere come principio di

legislazione universale.”

L’imperativo categorico è quel comando che prescrive di tenere sempre presenti gli altri e che ricorda

che un comportamento risulta morale solo se supera il test della generalizzabilità,ossia la sua massima

appare universalizzabile per garantire i rapporti di convivenza umani.

Per valutare moralmente una massima soggettiva bisogna porsi tale domanda critica:che accadrebbe

se tutti si comportassero sempre cosi? Propone di trasferire qualsiasi questione morale dal caso

singolo(e lecito questo comportamento?) al caso generale(pensa se tutti si comportassero cosi). Si è

invitati a considerare le conseguenze di un comportamento.

L’universalizzazione esamina se l’orizzonte di vita soggettivo posto in una massima può essere voluto

a una comunità di persone.

Test per controllare se tali massime possono valere o nn come leggi,cioè se un certo comportamento

potrebbe avere le caratteristiche di universalità e necessita proprie della legge.

L’esempio fatto da Kant per illustrare questa massima è quello della promessa. Ci si domanda se sia

lecito in caso di difficoltà,fare una promessa con il proposito segreto di non mantenerla. Applicando il

criterio dell’universalizzabilità della massima,ciò renderebbe impossibile il promettere qualcosa

perché nessuno crederebbe a ciò che viene promesso. A prima vista sembra che Kant pensando alle

conseguenze dannose per l’interesse pubblico e privato che l’universale. Di tale massima

comporterebbe,faccia appello a una specie di utilitarismo sociale.

Ma Kant vuol dire che una tale massima nn può essere voluta come legge universale perché è la

negazione di ogni legge,cioè lungi da instaurare una comunità instaura un ordine contro le leggi.

Tale comportamento può essere adottato di fatto ma nn è pensabile rendere tale comportamento

generalizzabile perché nell’universalizzazione del nn mantenimento delle promesse si estingue la

convivenza razionale. Si tratterebbe di una negazione del senso che sostiene la massima stessa,la

nozione di prestito perde di senso assieme a quella di restituzione. ( l’imperativo categorico nn si

interessa dei motivi per i quali nn si mantiene la promessa,seppur validi).

Nella Fondazione troviamo altre 2 formule. La prima afferma che la natura dell’uomo deve essere

trattata sempre come fine mai come mezzo.

Il rispetto della dignità umana che è in te e in altri evitando di ridurre l’altro a mezzo del proprio

egoismo o passioni,la persona come fine in se è l’uomo considerato come soggetto e nn come

oggetto. L’uomo essendo un essere razionale non può essere impiegato come mezzo e tale

riconoscimento limita l’arbitrio come oggetto di rispetto. Le persone non hanno valore relativo e nn

sono interscambiabili ma hanno un valore assoluto,un intrinseca dignità e come tali devono venir

rispettate.

La morale deve istituire un regno dei fini,una comunità di libere persone che vivono secondo le

leggi della moralità. Se il fine della ragion pratica è l’umanità stessa, da un tale fine derivano

tanti doveri quanto sono i rapporti con cui l’uomo viene a trovarsi con se stesso e con altri.

(assegna alla volontà una materia a priori,la dignità umana)

L’AUTONOMIA DELLA VOLONTA’ (come principio supremo della moralità)

Page 18: Morale,diritto,storia e religione in Kant

La terza formula prescrive di agire in modo che la volontà possa considerare se stessa come

universalmente legislatrice. Questa sottolinea l’autonomia della volontà,chiarendo come il comando

morale nn sia un imperativo esterno e schiavizzante perché della legge morale è autrice la ragione

stessa quindi gli enti razionali finiti sono al contempo sudditi e sovrani,destinatari e autori della legge

morale. Sudditi in quanto soggetti empirici,sovrani perché portatori di ragione.

La volontà è autonoma solo se di determina secondo la forma pura della legge,che ognuno trova in

se stesso in piena indipendenza dalle inclinazioni sensibili. La forma della legge fa tutt’uno con

l’essenza dell’uomo in sé.

Due modi diversi di dare a se stessi la norma.

1. a dare la norma è la ragion pura che la volontà adotta come principio di determinazione

2. a dare la norma è la volontà che si determina secondo le inclinazioni sensibili.

Il compito morale dell’uomo consiste nell’obbedire alla legge morale qual è data dalla ragione

pratica pura.

Nn colui che viene determinato dalla forza degli impulsi o dai sentimenti agisce in modo

assolutamente razionale ma colui che riesce a non fare di questi,pur riconoscendoli come parte di

se,i motivi determinanti del suo agire.

Non vive in modo eteronomo colui che aiuta anche i suoi amici ma colui che serve solo questi e

resta indifferente ai bisogni degli altri. Agisce in modo autonomo colui che si attiene alla massima

della disponibilità anche la dove l’inclinazione sensibile non lo esortano a ciò.

LA LIBERTA’

Essa viene indicata come il presupposto trascendentale della legge morale (IV 446),gli uomini devo

essere pensati come esseri i cui atti siano determinabili solo dalla legge,non condizionati dal mondo

sensibile o fenomenico. Kant giustifica questo concetto nel modo del “terzo conflitto delle idee

trascendentali”,l’ordine causale della natura è compatibile con la pensabilità dell’ordine

intellegibile,l’uomo nelle sue azioni può pensarsi libero sulla base della distinzione tra fenomeno e

noumeno.

L’obbligazione della legge morale viene fondata sulla libertà,l’essere razionale come sensibile viene

subordinato a quello razionale come intelligibile,la determinazione della volontà da parte della

legge morale è reale. Il mondo intellegibile contiene il fondamento di quello sensibile e delle sue

leggi.

Avere un oggetto per il concetto puramente pensabile di causalità incondizionata significa compiere

quel passaggio dalla possibilità alla realtà.

Nella CRpratica,invece,la libertà viene pensata positivamente,perché procura realtà al pensiero del

soprasensibile. Non deve essere spiegata,essa è un fatto,della ragione pura come pratica. Invece

nella fondazione si tentava di dimostrare questa realtà con una fondazione teoretica della libertà.

Affermata la realtà della ragion pura pratica è stabilita anche la libertà trascendentale. La realtà

della libertà sta nello stesso darsi della legge morale.

LA LEGGE MORALE NELLA CRITICA RAGION PRATICA

L’analitica consiste nella definizione dei principi della moralità.

La prima riga dell’opera dice che i principi pratici sn proposizioni che hanno per contenuto

determinazioni generali della volontà,che prescrivono alla volontà regole per agire. Significa il

soggetto di azioni compiute in base a un principio,non istintive.

Page 19: Morale,diritto,storia e religione in Kant

1. Principi perché regole di carattere generale relative a classi di decisioni e azioni, quelle

meno generali sn specificazioni di quelle piu generali,quelle di generalità massima sn

principi. Gerarchia delle regole a seconda della loro generalita.

P.E. La regola di lavorare e risparmiare in gioventu per nn trovarsi in difficoltà in vecchiaia

Rientra sotto la regola piu generale di seguire un piano oculato di vita

E questa sotto il principio di ricercare il benessere a piu lunga scadenza.

2. Pratici perché si riferiscono a una decisione volontaria in prospettiva dell’agire effettivo. La

volontà è la facoltà degli enti dotati di ragione di determinare il loro agire mediante la

rappresentazione di tali regole.

I principi pratici si dividono in 2 specie:

1. MASSIME

2. LEGGI o IMPERATIVI

1)le prime sn prescrizioni soggettive perché valide per la propria volontà dell’individuo che le fa

proprie,(come quella di vendicarsi per ogni offesa subita), senza pretesa che valgano per altri. Esse

sono:

Particolari

Empiriche

Materiali

2)le leggi sn prescrizioni oggettive perché valide per tutti gli enti razionali. Esse sn:

Necessarie

Universali,

A priori perché la loro origine è nella ragione indipendente dalla sensibilità,

come ciò che è comune e invariabile in ogni soggetto,(soggetto trascendentale in

opposizione ai soggetti empirici)

Formali,funzioni del soggetto pure o a priori perché autonome dalla materia.

Identificazione di formale con a priori.

La differenza rispetto alla conoscenza è che nella natura i principi sono leggi di ciò che accade (la

causalità,se A allora B) mentre nel campo pratico vi è contrasto tra le leggi (principi oggettivi)e le

massime,come nel caso in cui ci si comporta secondo un proprio criterio pur sapendo che ci si

dovrebbe comportare secondo la legge morale.

Nella moralità si da la libertà,nella conoscenza necessita,nel non potere essere diversamente da ciò

che è.

LA TIPICA DEL GUIDIZIO PURO PRATICO

Ha per oggetto il giudizio pratico, concreta applicazione della legge della ragione attraverso

massime che abbiano motivo determinante la legge. L’imperativo categorico può esprimersi solo in

una proposizione che indichi la necessità assoluta e incondizionata come tale su tutti i moventi non

razionali. Enuncia il concetto di dovere come tale,quindi la conformità di un soggetto alla legge

non è espresso dalla legge stessa. Il concetto di legge fornisce la regola dell’universalità con cui il

soggetto deve pensare le sue massime,ma il conformarsi a tale necessità sta nel significato

dell’assoluto dovere che,per la fondazione,è indeducibile.

Le azioni si rivolgono a oggetti della natura,ma avvengono in base a leggi della libertà. Come la

volontà può riferirsi alla legge per la sua determinazione? Essa si può riferire direttamente alla

legge, come fonte del principio di causalità ed è il modello della legge morale.

Tale schema è la formula dell’imperativo categorico,legge della ragione. La ragione non può

ricorrere alla sensibilità ma all’intelletto, utilizzandone solo la forma,universalità e necessità. Il tipo

Page 20: Morale,diritto,storia e religione in Kant

di legge morale è l’imperativo categorico,unico modo in cui il comando della ragione può essere

compreso in relazione all’azione.

Poiché la forma della legge,che è sempre una legge di causalità, è sempre la stessa,io posso

sostituire la causa con qualsiasi soggetto,sia fenomeno della natura che la mia volontà. In tal modo

la ragione viene preservata dall’empirismo, dal concepire i suoi oggetti come negazione o

affermazione dell’amor proprio,della soddisfazione immediata.

La prima formula dell’imperativo è il tipo del giudizio morale,la stessa legge della ragione è frutto

di una tipica,un procedimento analogico.

RIGORISMO E FORMALITA’ DELLA LEGGE

Un'altra caratteristica strutturale dell’etica è la formalità,in quanto la legge nn ci dice che cosa

dobbiamo fare ma come dobbiamo fare ciò che facciamo. Se fosse materiale e prescrivesse

contenuti concreti sarebbe vincolata a essi e perderebbe universalità,nn potendo qualsiasi precetto

particolare possedere l’universalità della legge.

Non precetti ma una legge formale che afferma di agire tenendo presente gli altri e rispettando la

propria dignità e quella altrui.

La moralità risiede non nell’agire spinti dall’interesse che è il campo della soggettività e

contingenza(perché in tal caso sarebbero gli oggetti a dare legge alla volontà) ma nel dovere

per il dovere,nell’agire per legge solo per ossequio a essa e nn spinto da inclinazioni o risultati

che se ne possono conseguire. La legge pratica non si può trarre dalla materia.

Da ciò il rigorismo che esclude dall’etica emozioni e sentimenti che inquinano la purezza della

morale. Il rigorismo attiene alla motivazione,perché se facessi del bene ad altri per inclinazione

soddisferei un mio desiderio,contributo alla mia felicita. La facoltà di desiderare,di avere pulsioni,

è connessa con i sentimenti di piacere e dispiacere. Essa produce degli oggetti specifici,gli oggetti

del desiderio non possono essere fondamento della legge. Il piacere fa parte dell’accidentale e

soggettivo,non può essere universale e necessario,è un certo piacere e la ragione non può pensarlo a

motivo determinante della volontà,come legge. Motivo determinante o movente e ciò che induce la

volontà ad agire,movente è ciò che determina soggettivamente la volontà.

La sola forma legislativa è il motivo determinante la volontà,non la materia.

IL RISPETTO PER LA LEGGE

L’imperativo categorico comanda di assumere a massima della propria volontà quel che è prescritto

dalla legge morale.

Il problema di come la legge morale possa essere un movente della volontà,cioè funzionare da

principio soggettivo di determinazione,è il problema di come la ragion pura possa essere

effettivamente pratica. La praticità della ragion pura significa che essa operi quale movente della

volontà attraverso la rappresentazione della legge morale in alternativa ai moventi sensibili.

Per Hume solo le passioni erano i moventi della volontà e di fronte ad esse la ragione soccombeva.2

Per Kant,invece,la coscienza soggettiva della legge morale produce un effetto nell’animo umano

esercitando un azione causale in esso.

L’uomo è un essere razionale finito dotato di sensibilità e la legge morale nn può determinare la sua

volontà senza determinare la sua sensibilità.

La volontà può essere determinata dalla coscienza della legge morale a patto che vengano

contrastate le inclinazioni sensibili riportabili tutte all’amor di se nella forma della soddisfazione

per se stessi o nell’orgoglio verso se stessi in conflitto con la legge morale.

2 Kant da per scontato che nn si dia alcun sentimento morale come la simpatia o benevolenza verso gli altri come

sosteneva Hume.

Page 21: Morale,diritto,storia e religione in Kant

Il dispiacere che la coscienza della legge morale comporta nei confronti delle inclinazioni sensibili è

una forma di umiliazione,ma ad umiliare può essere solo ciò che si presenta come degno di rispetto,

Tale rispetto è prodotto da un principio intellettuale come la coscienza della legge e tale sentimento

è a priori, perché risultato della coscienza della legge morale, dal confronto fra la maestà della legge

morale e l’imperfezione di una volontà condizionata dalle inclinazioni sensibili.

È effetto di un qualcosa di nn sensibile,nn subito come tutti gli altri sentimenti; Il rispetto per la

legge morale opera come un sentimento in quanto agisce su e contro dei sentimenti agendo su quelli

in contrasto con la legge morale come i sentimenti egoistici e perciò a favore dell’accoglimento da

parte dell’uomo della legge.

Esso umilia la nostra sensibilità che vuole subordinare la legge per far valere incondizionatamente

se stessa ma al contempo, il rispetto per tale legge ci innalza al di sopra della natura sensibile come

lo è la legge. L’agire per rispetto alla legge e per nessun altro motivo che la legge stessa,al di la di

ogni inclinazione sensibili,è la possibilità più alta.

Tale coscienza della legge contrastando l’amor di se,è tale da conferire un autorità alla legge nei

confronti della volontà e diviene così motivo determinate dell’azione sia oggettivo che soggettivo.

FELICITA’ Il male morale o vizio consiste in un atto della volontà che opta per la soddisfazione delle

inclinazioni sensibili rendendo inefficace il rispetto per la legge morale.

L’amore di se è il principio della ricerca della propria felicita ma contro di esso si scaglia la

CRpratica ,l’io sensibile avanza le sue pretese come se fosse l’io intero e l’amor di se è fare di se

stessi in base ai nostri desideri il motivo determinante oggettivo della volontà.

La felicita è la soddisfazione di tutti i desideri ma tale unanimità sarebbe accidentale e empirica,nn

vi sarebbe accordo fra uomini ma contrasto, in quanto ognuno ricerca la propria felicita mentre un

principio oggettivo o legge garantisce un accordo fondato. La ragion pratica pura pretende che ogni

volta che entri in gioco il dovere nn si deve avere alcun riguardo per la felicita.

La moralità consiste nel porre limiti alle inclinazioni per il dovere,la ragione deve forgiarsi di

massime pratiche relative alla felicita,cioè di regole di prudenza per nn rimanere schiavi delle

passioni momentanee.

Quindi la ricerca della felicita propria nn può mai essere immediatamente un dovere o il principio di

tutti i doveri perché la dignità del dovere nn ha niente a che fare col godimento della vita.

Tutta la materia dell’agire si può raccogliere sotto il concetto di felicità. Suo obiettivo è separare la

facoltà di desiderare inferiore da quella superiore, tutte le regole materiali ripongono il motivo

determinante della volontà nella facoltà inferiore e non nella forma della ragione,che è quella

superiore. Essa non si determina in base agli oggetti,come in Baumgarteen,se erano sensi o

intelletto perché entrambi sono tipi di piacere,come detto da Epicuro. Le azioni facenti capo alla

felicità non possono che dare vita alle massime soggettivi,a nulla di universale e oggettivo.

L’Interesse della ragione

Nella fondazione Kant parla di interesse della ragione,come quella causalità che si

identificava con l’interesse puro come movente morale della volontà da parte della ragione.

Il fatto di ragione è oggetto della categoria di causalità nella CRpratica,la ragione si pensa

già come causa,mentre nella fondazione si cercava un fondamento ulteriore a qlcs che aveva

già il suo fondamento.

Il concetto di rispetto sostituisce quello di interesse,hanno entrambi lo stesso oggetto,

l’assunzione della legge morale da parte della volontà. Ma nelle CRP interesse è oggetto

visto dal lato della ragione e non sensibilità,mentre il rispetto specifica ciò che ciò che,nella

fondazione,era il lato sensibile dell’interesse. Interesse è un movente della volontà

rappresentato mediante la ragione,massima. È il rapporto che la ragione pratica generale ha

con i suoi oggetti,la massima è sempre espressione di questo interesse,come diventare ricchi

a tutti i costi. Ma l’interesse può anche essere morale,ad avere come oggetto l’intenzione

Page 22: Morale,diritto,storia e religione in Kant

buona,a essere pura,e quindi rappresentazione razionale del rispetto. La massima è morale

quando si fonda su tale interesse. Dovere è l’azione compiuta per legge,assoggettamento

libero della volontà alla legge,la cui coscienza si manifesta come rispetto,come costringi

mento pratico per esseri finiti. Permette di distinguere tra legalità e moralità,gli esseri

razionali giungono alla legge morale attraverso esso. Quando vi è legalità il sentimento non

è rispetto per la legge ma un sentimento come piacere e dispiacere prodotto dall’oggetto.

CARATTERE NOUMENICO DELLA MORALE

La liberta è pensabile solo in una sfera interamente diversa da quella empirica3.

La divisione del mondo in fenomenico e noumenico ruota attorno all’idealità soggettiva a priori

dello spazio e del tempo che rende fenomeni tutti gli oggetti d’esperienza,ma dato tale

principio,diventa possibile fare astrazione dallo s. e t. e pensare il mondo intelligibile,e diventa

possibile pensare che alcuni enti agiscano liberamente.

L’idea di un auto-causalita,di una fonte spontanea di atti possono essere possibili solo nel regno

della cosa in sé,dove trova posta la libertà non nel determinismo che vige nel mondo fenomenico

che si regge sul principio di causa e effetto,

quindi c’è:

la causalità che si determina secondo la legge della necessita naturale riferita solo al

fenomeno, dove la causalità è effetto di un altro evento

quella che si determina secondo la liberta,che considera l’essere come cosa in se,

noumenico,dove si danno azioni,iniziative incondizionate del soggetto che ad esso sono da

imputare. Anche senza intuizioni,la categoria della causalità ha un oggetto, la

determinazione della volontà. Ragione è causa del determinarsi della volontà. Essa trova il

contenuto e oggetto nelle massime in cui la ragione esprime il suo esser causa. È la

categoria con la quale si può pensare una volontà libera e pura,agente in base alla forma

della legge. La volontà agisce realmente e oggettivamente determinandosi pro legge

morale,incondizionata perché relativa a un oggetto in genere. Il concetto di causa

noumenon è pratico,come dio causa prima e assoluta,di un essere con volontà pura. La

legittimità del suo uso pratico sta nella sua origine intellettuale,a priori. il fatto della ragione

fornisce un oggetto alla categoria della causalità,come determinazione razionale pura della

volontà.

Anche nell’uomo si distingue un carattere:

empirico,prodotto sulla base della sua storia,delle condizioni esterne in cui si svolge.

intelligibile,risultante da un iniziativa libera,in cui il carattere empirico è manifestazione di esso.

La vita sensibile manifesta empiricamente l’intenzione e il carattere intelligibile di una persona

che nn poteva agire diversamente da come ha agito perché tale è il suo carattere,la sua scelta

originaria e globale. (attribuzione all’uomo di un carattere costante) come conseguenza di

motivi costanti volontariamente assunti,che fissano un carattere intelligibile di cui quello

empirico che si svolge nel tempo è solo l’espressione fenomenica.

3 ma di essa nn si può acquisire alcuna conoscenza di cosa sia in se stessa,ne delle sue condizioni o degli enti a cui si

attribuisca perché solo dei fenomeni è possibile avere tale conoscenza.

Di essa si può asserire solo che esiste realmente nella volontà umana.

Abbiamo due tipi di conoscenza:

la mera conoscenza che qlcs esiste,è reale

la conoscenza di qlcs a cui si è in grado di rispondere nn solo alla domanda se esista o no ma anche su che cosa sia

e su quali siano le condizioni del suo esserci.

Page 23: Morale,diritto,storia e religione in Kant

Per Kant è imprescindibile il riferimento alla responsabilità morale,secondo cui sono vane

giustificazioni quali commettere delle azioni perché trascinati dagli eventi secondo necessita e

rappresentarsi un comportamento contrario alla legge come involontario e inevitabile. Infatti,al

momento dell’azione,nn si era fuori di se ma si aveva uso della propria liberta.

La concezione che ha Kant della responsabilità morale è da intendere come merito e colpa sulla

base di una liberta auto- determinantesi,costruzione su due mondi e due caratteri.

Se nn si accetta tale costruzione si va verso tali scelte:

sostenere la liberta del volere e ammettere la contingenza della natura

rifiutare la liberta e adottare una concezione nn retribuizionistica della responsabilità

morale,fatalismo come in Spinoza,negava sensatezza del rimorso

sostenere contraddittoriamente la necessita della grazia divina come nei teologi cristiani che

negavano che la volontà dell’uomo fosse capace di autodeterminazione dopo adamo ma

continuavano a consideralo colpevole dei suoi peccati e che sarebbe stato giusto chiamarlo a

rendere conto.

considerare i due mondi come punti di vista alternativi per considerare gli atti umani che

trova appigli nella 3 sezione della F. ma nn nelle CRP.

1. prospettiva della spiegazione o previsione

2. prospettiva della scelta e della decisione

IL FATTO DELLA RAGIONE La Fondazione poneva in esame due questioni:

quale fosse il principio della moralità (nella 1 e 2 sezione dell’opera vi era analizzata la

concezione della moralità che sarebbe propria della ragione umana comune fino

all’imperativo categorico e l’universalizzazione delle massime.)

come accertarne la realtà (si occupava la parte 3) prendeva in esame la domanda Com’è

possibile l’imperativo categorico?

La risposta consisteva in una deduzione trascendentale dell’imperativo categorico che muoveva

dall’individuazione della condizione che lo rende possibile realmente. Per la Fondazione la

condizione è la libertà del volere,se la volontà è libera l’imperativo nn è una chimera.

Nella Critica ragion pura Kant aveva concluso che la libertà è possibile al pari delle sostanze

spirituali e di dio.

Nella Fondazione si prendevano le mosse dalla condizione della libertà per dedurre la realtà del

principio della moralità ma l’aporia era evidente perché : o

si rimaneva fedeli alle conclusioni della ragion pura secondo cui la libertà era un idea la cui

realtà era problematica,ossia solo possibile e in tal caso sarebbe diventato solo possibile

anche il principio della moralità. Ci sarebbe richiesto di agire solo come se la nostra volontà

fosse libera. o

si muoveva dall’asserzione della realtà della libertà deducendo la realtà della legge morale

ma si sconfessavano le conclusioni della ragion pura, facendo della libertà come realtà una

premessa infondata e perciò dogmatica.

Dalla Critica ragion pratica Kant si è avveduto dell’aporia a cui era andato incontro nella

fondazione e dichiara che nessuna deduzione può dimostrare la realtà oggettiva della legge ma che

di tale principio è possibile solo un esposizione. Essa nn ha bisogno di alcun fondamento che la

giustifichi perché ha in se stessa il proprio fondamento,è valida in se.

Esso è un assioma come i principi da cui scaturiscono le dimostrazioni che in quanto tali nn sono

suscettibili di dimostrazione altrimenti si avrebbe un regresso all’infinito,tale è la realtà della legge

Page 24: Morale,diritto,storia e religione in Kant

morale. Esso è un fatto della ragion pura perché principio di determinazione della volontà che nn si

può ricavare dall’esperienza ma ci si impone da se stessa.

La ragion pratica non dispone dell’oggettività conoscitiva delle categorie,ma pone a fondamento

delle leggi morali il concetto della loro esistenza nel mondo intelligibile,della libertà. Che un

ragione pura pratica si da è qualcosa che si dimostra con il fatto,il fatto che essa determina la

volontà,attraverso u n principio formale che è la legge specifica della ragione. Nn c’è deduzione..

Per il fatto che consideriamo la falsa testimonianza un ingiustizia morale(anche se sotto pena di

morte o per salvare se stessi) il giudizio prova l’innata moralità dell’uomo come fatto di ragione.

Per un verso la legge morale ci obbliga a considerare il mondo intelligibile nn solo come pensabile

ma anche come reale nell’ambito della praticità. Nell’intera facoltà della ragione,solo la facoltà

pratica ci permette di uscire dal mondo fenomenico. La ragione determina il mondo delle leggi

morali indipendentemente dalla sensibilità, non trascendente nel senso di andare oltre l’esperienza

sensibile ma essa rende possibile l’esperienza pratica.

La legge morale è sovrasensibile,appartenente a un mondo eterogeneo rispetto a quello fenomenico.

Ma la legge morale nn ci fa conoscere alcuno degli oggetti sovrasensibili,anima mondo e dio,sui

quali verteva il divieto della ragion pura,ma ci pone davanti a un fatto,la legge morale come

conoscenza nn di un ente ma di un dover essere.

Opposizione fra uso teoretico della ragione volto alla pretesa conoscenza degli enti e un uso pratico

che ci da coscienza della legge ma rivolta solo alla determinazione della volontà, nn alla conoscenza

di un ente sovrasensibile.

Nel caso della moralità si ha a che fare solo con la determinazione della volontà perciò i concetti

pratici a priori diventano subito conoscenze a differenza di quelli teoretici che avevano bisogno

dell’intuizione sensibile,essi ci sono dati e come siano possibili nn è spiegabile. I principi morali si

trovano originariamente nella nostra ragione quali suoi dati a priori.

Ogni ragione umana conosce da se a priori la legge morale che,qualsiasi elemento empirico che si

insinuasse nelle massime quale motivo determinante della volontà si renderebbe immediatamente

riconoscibile per il sentimento di piacere e dolore che l’accompagnerebbe.

Afferma che il concetto metafisico di dio come ente assolutamente necessario,esterno al mondo e

insieme causa è in realtà la traslazione trascendente del concetto di ragion pura pratica,che è di uso

immanente . è il soggetto pratico si costituisce come essere morale che agisce liberamente nel

mondo sensibile. La realtà del mondo intelligibile non è solo pensabile,ma è una realtà pratica. Il

fatto di ragione permette di pensar in modo positivo l’idea dinamica di essere

necessario,riferendola allo stesso soggetto morale. L’idea di essere necessario è legata a alla

connessione causale ,di risalire di causa in causa, che permetteva di giungere al concetto di causa

prima e necessaria. Era illusorio il concetto metafisico di ente necessario,ma non è illusorio se

riferito alla costituzione del soggetto morale.

Mentre la conoscenza comune della natura è una commistione di elementi a priori e a posteriori

discriminati dalla filosofia critica,la conoscenza comune della moralità (di quel che deve essere) è

pura già in se stessa,capace di discriminare gli elementi empirici che operano sulla volontà ma

richiede solo attenzione e riflessione. Il compito della filosofia è riconoscere e salvaguardare ciò

che da sempre è presente nell’animo umano.

Nella Ragion pratica si ha una chiarificazione che la legge morale è un fatto della ragion pratica

pura nn deducibile da altro ma presente a priori nella ragione dell’uomo.

Rispetto al mondo intelligibile Kant circoscrive il nostro sapere alla legge morale,l’unico in se o

noumeno che riconosce accessibile all’uomo e alla libertà.

Mentre le idee di anima mondo e dio sono solo pensabili,la legge morale è un idea di cui abbiamo

coscienza,il sapere dell’uomo come soggetto morale lo innalza infinitamente al di sopra della

natura. Mentre nella Critica ragion pura la libertà era asseribile solo come mera possibilità nelle

Pratica se ne asserisce la realtà.

Page 25: Morale,diritto,storia e religione in Kant

LA FEDE RAZIONALE

Nell’Analitica rimane acquisito il fatto che la virtù, il rispetto disinteressato per la legge

morale,riamane il bene supremo e incondizionato.

La connessione di concetti,caratteristica della dialettica,di supporre l’incondizionato per il

condizionato,vale anche per la CRpratica. Ma incondizionata è la ragione pura pratica,che cerca il

suo incondizionato al di là delle inclinazioni naturali. La legge morale è il motivo determinante ma

nn può cercare la totalità incondizionata del suo oggetto,il sommo bene. se essa è

incondizionata,anche il suo oggetto deve essere tale,del sommo bene,ma non dispone della garanzia

di poterlo ottenere,non può determinarlo. Il bene non è interamente racchiuso nell’intenzione

morale.

È sempre la legge morale che determina il sommo bene,esso da solo non può comunque costituire il

movente della volontà. Mentre sviluppa una teoria del movente come assoluta indipendenza da ogni

materia,da ogni oggetto,il sommo bene è sempre un oggetto in generale della ragione.

Il capitolo sulla Dialettica della ragion pura nella determinazione del concetto del sommo bene,

parte con la distinzione tra bene supremo e bene perfetto, tra movente morale e fine ultimo della

ragione. Il bene supremo è condizione prima di ogni altro bene, è bene per essenza come virtù.

Ma la virtù non è solo il semplice sforzo nell’attuazione del movente morale ma anche come merito

di essere felice. La virtù non è il sommo bene,compiuto perché manca la felicità. La ragione deve

volere,in quanto pratica,anche la felicità. A questo concetto corrisponde il sommo bene come

oggetto incondizionato,virtù e felicità ottenuta.

Nella dialettica Kant aggiunge che bene morale completo si ha se essa ottiene il compenso che

merita,la felicita,che nn è il movente ma il compimento della moralità,perché e questa a rendere

degni della felicità.

Esigenza di una giustizia retributiva e distributiva,le legge morale comanda di volere una

proporzione esatta fra virtù e felicita e impegnarci per essa. È proprio a partire da un essere

razionale onnipotente che l’uomo esige la soddisfazione della capacità di avere un movente morale

in un oggetto incondizionato.

In un essere razionale perfetto e onnipotente,la connessione di virtù e felicità sarebbe analitica

mentre per quello finito sarebbe sintetica,il concetto di sommo bene è prodotto dal bisogno che la

felicità sia commisurata alla moralità. L’errore di molte etiche antiche e moderne e di non

considerare nella sua realtà la finitezza dell’uomo. Epicurei e stoici ritengono che tutto il sommo

bene consista rispettivamente in felicità e virtù,che l’uomo possa essere ridotto al lato sensibile o al

lato razionale. Virtù e felicita invece sono due cose diverse e perciò caratterizzanti entrambe la

natura umana. In esseri razionali finiti il sommo bene deve consistere in una sintesi perché si deve

produrre il sommo bene mediante la libertà della volontà. La deduzione del concetto di sommo bene

è trascendentale,sulla base del bisogno o necessità soggettiva della ragione,come a priori.

La domanda a cui l’antinomia della ragione deve rispondere è come sia possibile una connessione

necessaria tra virtù e felicità. Rispetto al suo oggetto incondizionato,il sommo bene,la ragione da un

lato si trova di fronte all’impossibilità di considerare la felicità come qlcs di identico alla

virtù,dall’altro la necessità che la felicità sia conseguente alla virtù. Non come falsa alternativa tra

due proposizioni contraddittorie, ma autentica alternativa in cui una è vera e l’altra no. La domanda

è come sia possibile la connessione necessaria tra virtù e felicità.

Antitesi: se la felicità è causa della virtù il sommo bene è assolutamente impossibile

Tesi: se l virtù è causa della felicità, il sommo bene è impossibile ma non assolutamente,solo

le si prende la causalità del soggetto in senso fenomenico. Nessuno ha la certezza che le

catene causali generate dalle sue azioni anche se virtuose producano l’accordo tra il fine

totale e la natura. Solo se si considera l’esistenza noumenica e libera del

soggetto,considerando la virtù come causa e la felicità come effetto a partire da una causalità

intelligibile. La virtù potrebbe connettersi alla felicità riferendosi a una causa ulteriore,che

medi tra sensibile e intelligibile.

La forza critica di tale antinomia è quella di dimostrare che qualsiasi concezione che ponga un

nesso immediato tra virtù e felicità è illusoria. Le concezioni che si fondano sul concetto di felicità

Page 26: Morale,diritto,storia e religione in Kant

per definire il bene e male nn tengono conto che non si da alcuna connessione tra moralità e natura-

il sommo bene che sta nel mondo non è pensabile e non può essere garantito dall’osservanza della

legge morale.

Che la moralità meriti una ricompensa nn trova alcuna garanzia,da ciò l’antinomia tra ciò che

dovrebbe essere e quel che è di fatto in questo mondo cosi introduce anima e dio per garantire

dovere essere e essere.

Rifiuta :

lo stoicismo,che identifica la felicita con la coscienza della virtuosità,la virtù premio a se

stessa,la felicita coincide con la saggezza,basta essere virtuosi e riconoscersi tali per essere

felici.

per Kant supporre che tale coscienza interiore possa soddisfare tutte le esigenze di un essere

finito sarebbe un illusione. Gli stoici pensano il rapporto virtù felicita come analitico,nei due

termini uno era già compreso nell’altro. Tale rapporto nn può che essere sintetico perché tale

connessione nn può essere ammessa se nn pensando la felicita come conseguenza della

virtù.

Ma siccome nel mondo nn vi è alcuna giusta proporzione tra virtù e felicita egli ritiene che le

condizioni perché il sommo bene si realizzi effettivamente sono che

l’anima sia immortale,in modo che essa possa percorrere all’infinito il traguardo della

santità. Il sommo bene nel mondo ha come prima condizione l’attuazione della virtù,bene

supremo che tenta di avvicinarsi alla santità. La santità è l’obiettivo,la perfetta conformità

della volontà con la legge morale. Kant non postula della durata dell’anima post mortem

dell’individuo o delle sue parti materiali e spirituali ma di ammettere l’esistenza di un

soggetto morale infinito che non produce alcuna conoscenza ma serve come base di ogni

azione morale. Solo tale presupposto trascendentale può spiegare il senso dell’azione

morale. L’azione morale ha senso solo se pensata in un tempo intelligibile,non sensibile.

L’infinito,che ricomprende tutto il progresso verso la santità, si identifica con dio

giudice,per il quale la santità è visibile in un'unica intuizione intellettuale dell’esistenza

degli esseri razionali.

Ma oltre alla moralità v deve essere partecipazione alla felicità come proporzionata alla

moralità. Si presuppone l’esistenza di una causa adeguata a tale effetto, un ente onnisciente

giusto e onnipotente come dio distribuisca alle creature i premi e le punizioni che meritano.

Tale causa deve contenere il principio di connessione tra natura e intenzione morale,come

causa della natura. M tale accordo è soggettivo,ammettere l’esistenza di dio non è un dovere

ma un postulato per soddisfare un bisogno dell’essere razionale finito. Esso non è nemmeno

il fondamento dell’azione morale e dell’obbligazione,perché la legge morale è fondata

sull’autonomia della ragione,e anche il concetto di dio è pensabile solo sul fondamento di

tale autonomia.

I postulati danno realtà oggettiva a queste idee solo dal punto di vista pratico,come a

fondamento oggettivo dell’uso pratico della ragione,anche se necessarie come bisogni

soggettivi. L’idea di libertà si riferisce all’idea cosmologica di un mondo intelligibile,dove

è possibile l’esistenza della causa noumenon. Mentre i postulati erano presupposti

dell’attuabilità della virtù e del sommo bene come virtù e felicità, l’idea di un mondo

intelligibile è il risultato immediato della legge morale e del concetto positivo di libertà,per

giungere a un mondo intelligibile in cui la libertà è causa efficiente.

L’immortalità e dio sono postulati della ragion pratica pura,proposizioni che nn possono essere

dimostrate teoreticamente ma che si richiede di ammettere per soddisfare un esigenza morale. Ne

scaturisce una fede razionale,perché tali postulati nn risultano asseribili indipendentemente

dall’interesse morale,ma razionale in quanto nn fondata su alcuna rivelazione sovrannaturale ma su

un esigenza della ragion pura.

Page 27: Morale,diritto,storia e religione in Kant

La legge morale ci autorizza a pensare a una realizzazione piena del sommo bene che nn implica

alcuna compromissione con una morale teologica fondata su promesse e minacce,di una dio di cui

avere timore perché in tal caso verrebbe meno la purezza della morale,le azioni degli uomini si

conformerebbero a quanto fosse loro comandato solo esteriormente,verrebbero compiute per timore

e non per dovere.

Al contrario viene a fondare una teologia morale nel senso che fornisce l’unica prova ammissibile

dell’esistenza di dio,perché di dio si può solo avere fede nn dimostrazioni.

La fede razionale viene presentata da Kant ora come una certezza oggettiva e necessaria ora come

semplice speranza,destinata a rimanere problematica.

Il primato della ragion pratica su quella speculativa e dovuto alla possibilità della prima di

trascendere il mondo empirico e di aprirsi all’intelligibile.

Il conflitto tra i 2 usi diversi della ragione,teoretica e pratica,è evitabile solo se si riconoscono i

diritti dell’altra senza rinunciare ai propri.

Il conflitto si avrebbe se la ragione teoretica nn acconsentisse a quel che la ragion pratica le chiede

legittimamente di ammettere( come la libertà).

La ragione teoretica mantiene un compito di vigilanza critica nei confronti delle richieste della

ragion pratica onde queste nn trapassino in superstizione e fanatismo.

I 3 postulati dell’immortalità dell’anima,dio e libertà del volere vengono asseriti come reali ma di

essi nn ne conosciamo la natura.

La liberta,fra le idee della ragione teoretica,è l’unica di cui conosciamo a priori la possibilità reale

perché condizione della realtà della legge morale,senza conoscere pero le sue determinazioni. I

postulati di dio e anima nn sono condizioni della realtà della legge morale ma solo condizioni del

sommo bene. La fede riguarda solo dio e l’immortalità dell’anima mentre la libertà ha la stessa

realtà della legge morale.

Però secondo Kant con la fede razionale si viene a sapere qlcs della natura di dio perché si procede

a postulare dio in quanto realizzatore del sommo bene e lo si pensa dotato di attributi come

l’essere onnisciente per conoscere la mia condotta fino alle mie intenzioni più intime in ogni

caso possibile e per l’avvenire

onnipotente,per far seguire alla mia condotta le conseguenze,premi e castighi appropriati

eterno.

Questo è il punto massimo che Kant si ritenga in diritto di raggiungere con l’estensione dell’uso

della ragione al di la dei limiti stretti del suo uso semplicemente teoretico.

CONCLUSIONE

Per Kant c’è un sapere autentico, la legge morale,nn limitato alle condizioni dell’esperienza come

sostenuto nell’Analitica.

La deviazione per la ragion pura nel suo uso speculativo consiste nel tentativo di oltrepassare

l’esperienza per attribuire all’uomo un intuizione intellettuale di cui nn è in possesso. Kant criticava

platone accusandolo di dogmatismo per aver attribuito all’uomo l’intuizione intellettuale delle cose,

il suo errore è stato di intendere tale nozione fino a coprire tutto il campo della conoscenza,come se

all’uomo fossero accessibili le cose in sé.

La ragione che sul piano teorico è legata all’esperienza sensibile,sul piano pratico funziona

correttamente solo quando la trascende. Per la ragione pratica la deviazione consiste nello smarrire

la sua purezza mescolando ai suoi principi come motivi determinanti dell’agire inclinazioni

sensibili.

Di conseguenza finisce per delinearsi un dualismo platonizzante che spezza la realtà da un lato in un

mondo fenomenico della scienza e dall’altro in un mondo noumenico dell’etica,da un lato l’uomo

fenomenico delle inclinazioni e dall’altro quello noumenico della libertà.

Richiede all’etica principi validi universalmente e a priori. quella di Kant è un etica in cui il

protagonista è il singolo,nella sua interiorità o di fronte alla sua coscienza,è l’etica

dell’uomo privato. Si muove nel solco della rottura hobbesiana tra uomo come ente

Page 28: Morale,diritto,storia e religione in Kant

razionale e socievole. L’uomo viene visto come mosso unicamente dai suoi desideri

egoistici e competitivi rivolti al proprio interesse,e per Kant questa è la vera natura

dell’uomo nn una deriva dal peccato originale.

Di valori intrinseci,cioè nn strumentali,c’è solo quello morale, come determinazione della

volontà al rispetto per la legge morale. Sostiene il principio della purezza dell’intenzione

morale in accordo con la morale cristiana in opposizione al legalismo esteriore che

identificava con l’ebraismo. Dice che ogni azione conforme esteriormente alla legge ma nn

compiuta col proposito di rispettarla si può dire buona solo in rapporto alla lettera ma nn in

rapporto allo spirito come sosteneva il vangelo e poi anche s. paolo. Se ci si rivolge al

vangelo di marco al quale Kant accordava preferenza si trova richiesto come sovrappiù

rispetto alla legge anche l’amore. Ma ,invece che l’amore per dio vi è in Kant l’amore o

rispetto per la legge morale e l’unico bene non più dio ma la volontà buona. La moralità a

differenza della legalità e interiore,perché solo do può scrutare nei cuori degli uomini.

Secondo il volontarismo,dio avrebbe potuto comandare qualsiasi cosa e che il bene e male

morali sn cosi perché voluti da dio così. Invece secondo Kant e il razionalismo il bene e

male morali sono anteriori sia alla volontà che all’intelletto di dio,anzi dio giudica in base a

tali criteri eterni e immutabili. Per Kant se dio non fosse razionale,sbagliasse nel giudicare o

nn esistesse le leggi morali conserverebbero intatta la loro validità e la retta ragione

continuerebbe ad imporle alla volontà umana. L’origine della legge morale è al di fuori di

dio perché cosa è moralmente buono lo dice la legge morale e anche dio si attiene a tale

legge. Egli nn è autore della legge ma può solo imporre come legislatore morale il rispetto

della legge con promesse e minacce ma l’unico autore delle legge morale è la ragione stessa.

Locke aveva rifiutato la definizione di una legge naturale quale prescrizione della ragione

dicendo che la ragione scopre la legge naturale ma nn è l’origine,che si trova solo nella

volontà divina perché la ragione,essendo solo una facoltà dell’animo,o parte di noi nn può

dare leggi a noi stessi. Ma Kant rifiuta il concetto che la ragione sia solo una parte di noi o

facoltà ma può dare legge a noi perché è una facoltà sovrasensibile,la ragione è superiore ai

soggetti empirici che partecipano a essa in quanto esseri razionali e può essere autrice di

legge e di comandi

IL CONCETTO RAZIONALE DI DIRITTO NELLA METAFISICA DEI

COSTUMI

LA METAFISICA DEI COSTUMI

Si divide in due parti:

1. La dottrina del diritto indaga il consolidamento dell’eticità nelle istituzioni della

coesistenza umana particolarmente nel diritto e nello stato.

2. la dottrina della virtù tratta tale consolidamento nel soggetto agente e negli atteggiamenti

caratteriali di fondo,le virtù.

Il pensiero giuridico e statuale di Kant si colloca nella tradizione illuministica che conduce, a

partire a Grozio a Hobbes, fino a Rousseau.

La metafisica dei costumi segue la CRPratica e si occupa della fondazione dei principi a priori del

diritto in base ai quali la costituzione e le leggi si dimostrano razionali e giuste. Il diritto nn è un

concetto di esperienza ma uno di ragione, ed è di natura normativa a priori e si ha il dovere morale

di far si che le legislazioni si adeguino il più possibile ad esso.

Il diritto è,secondo il concetto di ragione,l’insieme delle condizioni per mezzo delle quali l’arbitrio

dell’uno può accordarsi con quello dell’altro secondo la legge universale della liberta. La liberta

compatibile con quella di tutti è l’unica unita di misura dei diritti umani, perché la liberta nn è

Page 29: Morale,diritto,storia e religione in Kant

acquisita ma innata,spetta prima di qualsiasi atto giuridico. Intesa come indipendenza dall’arbitrio

necessitante di altri,la liberta esterna è possibile nella comunità solo quando venga limitata dalla

liberta esteriore di tutti gli altri. Razionali e legittime sono quelle leggi che fanno essere compatibile

la liberta esteriore dell’uno con quella degli altri. Imperativo categorico.

La comunità giuridica deve essere basata sulla liberta di soggetti,in cui il diritto del cittadino è

maggiormente assicurato. Uno stato costituito sul principio della felicita tratta i suoi cittadini come

minorenni e bambini e diverrebbe ingiusto.

Il diritto deve rendere possibile la convivenza delle persone prima di ogni esperienza. Sua

caratteristica è la coattività esercitata da un potere per garantire la convivenza civile. E ammessa

l’autorizzazione alla costrizione come elemento valido a priori di ogni diritto perché senza essa è

impossibile pensare un ordinamento giuridico basato sulla libera convivenza.

Ogni persona che mi impedisce di svolgere le azioni, che mi sono giuridicamente permesse,

commette un ingiustizia,perciò la costrizione che impedisce l’interferenza illegittima è essa stessa

legittima,perché rende possibile la legittima liberta d’azione. La costrizione è di diritto solo nella

misura in cui respinga l’ingiustizia. La coercizione da parte del diritto è giusta se impedisce

sopraffazioni della liberta di qualcuno,garantisce l’uguaglianza di tutti in quanto membri della

società e sottoposti alle stesse leggi e l’indipendenza di ciascuno come cittadino in quanto ad esso

spetta funzione legislativa,cioè voto uguale a ciascuno.

Delle condizioni di applicazione del diritto fa parte il fatto che solo l’azione conta e nn l’intenzione

che ne sta alla base, l’interiorità fatta di impulsi e passioni è rilevante dal punto di vista giuridico

quando è movente dell’azione e si manifesta nella liberta esterna. Ha di mira solo la legalità

esteriore,l’obbedienza a norme indipend. dal motivo per cui si obbedisce

Ogni contratto come lo scambio di merci è giusto se le parti in causa agiscono di propria volontà

senza inganno,che essi nn ingannano perché perderebbero la stima dei loro partner d’affari o per nn

essere puniti,essendo questioni relative all’intenzione nn hanno alcun significato giuridico.

I doveri verso la propria perfezione o verso gli altri come la compassione sono doveri di virtù nn di

diritto.(Ved. Dottrina delle virtù)

Fanno parte dei doveri di diritto solo le obbligazioni sociali la cui nn osservanza,come la rottura di

un contratto,un furto rendono possibile ledere la coesistenza di liberta esterna.

Differenza tra

moralità personale,virtù

e politica,diritto

deduce il diritto dalla ragion pura e dalla legalità universale,nn dall’eticità personale o dalla liberta

interiore.

IL DIRITTO PRIVATO: LA FONDAZIONE DELLA PROPRIETA

La proprietà è giuridicamente legittima,nn è un furto ma è un istituzione necessaria e

imprescindibile di ogni ordinamento giuridico basato sulla liberta,perciò valido a priori. La liberta

esterna nn si può realizzare nella misura in cui nn si può usare qualche oggetto come cose o

prestazioni poste al servizio dei miei scopi.

il possesso esterno si esplica in 3 ambiti:

le cose corporee fuori di me,un pezzo di terra o merci

una prestazione concordata,contratto

io vengo leso nella mia liberta d’azione quando qualcuno mi sottrae un oggetto che mi appartiene o

faccia uso in mia assenza dell’oggetto mio proprio. La proprietà giuridica nn si estende solo sul

fondo in cui io sono sdraiato ma anche quando io nn ci sono. La proprietà nn consiste in possessi

attuali nello spazio e nel tempo ma anche in una relazione nn empirica,di pensiero cioè intelligibile.

Tutti gli oggetti,senza limitazioni,sono possibili titoli di proprietà. Locke sostiene che si acquisisce

la proprietà attraverso il lavoro,con il quale si allestisce l’oggetto per soddisfare i propri bisogni,nn

sorge per trasferimento contrattuale ma per acquisizione originaria.

Ma per Kant nn è sostenibile l’acquisizione per lavoro perché si presuppone un materiale che mi

deve già appartenere per lavorare. Esso è il contrassegno esteriore di una presa di possesso

Page 30: Morale,diritto,storia e religione in Kant

originaria. Come Grozio anche Kant prende le mosse dalla comunità originaria del suolo e delle

cose su di esso,la base materiale è già data per l’uomo. Il suolo originario non è senza proprietario,il

primo acquisitore non si imbatte nella terra di nessuno ma nel possesso comune e non in oggetti

liberi giuridicamente ma nella comunità di tutti i comproprietari. Altrettanto originario quanto il

possesso comune del suolo è il diritto di utilizzare il suolo con i suoi frutti.

Il passaggio dal possesso comune a quello singolo si attua come presa di possesso si una parte

determinata della proprietà comune solo unilateralmente,come impossessamento o occupazione.

Nell’occupazione nn si tratta di una sottrazione ad altri ma di un acquisizione di un oggetto che nn

appartiene ancora a nessun singolo. Ciò che conta è la precedenza temporale dell’acquisizione. I

rapporti originari di proprietà hanno prima della costituzione dello stato significato solo

provvisorio,il possesso ottiene la definitiva sicurezza di un titolo giuridico solo per mezzo di una

volontà collettiva universale comune che attraverso il proprio potere assicura i rapporti provvisori di

proprietà. Lo stato di natura dispiega già prima dello stato la sua efficacia anche se solo provvisoria

in quanto presuppone di già i rapporti di possesso.

La proprietà,il contratto,il matrimonio sono istituzioni giuridiche valide anteriormente allo

stato,svanisce il potere del Leviatano di Hobbes.

IL DIRITTO PUBBLICO: LO STATO DI DIRITTO

Solo lo stato determina definitivamente i titoli di proprietà,li assicura contro violazioni,costringe a

restituire ciò che viene acquisito in modo contrario al diritto e libera il proprietario dall’incomodo di

difendere ciò che è suo con le proprie forze. Sono necessari secondo ragione la proprietà per la

liberta e lo stato per la proprietà. Kant sviluppa lo stato solo a partire dal diritto

privato,rispecchiando il calcolo e gli interessi della borghesia proprietaria e conferisce al nascente

capitalismo concorrenziale l’apparenza di ragione.

Nella fondazione dello stato segue come modello di pensiero la teoria contrattualistica sostenuta da

Rousseau che prende la mossa dalla considerazione di persone libere che vivono in una condizione

priva di rapporti statuali,stato di natura che può essere superato solo tramite reciproca limitazione

della liberta attraverso un contratto tra persone libero.

Da Hobbes ricava la sua concezione dello stato di natura come motivo razionale della

necessita di uno stato

Da Locke la concezione dei diritti inalienabili

Da Montesquieu l’idea della divisione dei poteri

Da Rousseau la tesi che solo la volontà generale rappresenti il principio critico normativo di

ogni legislazione positiva

Il contratto è un idea della ragion pura a priori indipendente dall’esperienza,non può essere dedotto

dalla natura o storia dell’uomo,non caratterizza l’origine dello stato ma è la regola di come esso

deve essere.

Nello stato di natura domina la mancanza di diritto non l’ingiustizia,il riconoscimento dei diritti

dipende dall’arbitrio privato e chi si ostini a difendere i propri diritti può farli valere solo con la

violenza,nessuno è assicurato contro la violenza. Nel diritto di natura domina la guerra di tutti

contro tutti.

Il superamento dello stato di natura è necessario secondo ragione perché il diritto è la forma di

relazione tra esseri liberi comandata dalla ragione,nel superamento delle volontà particolari in

quella generale:diritto pubblico.

Stato di diritto come comunità razionale della liberta esterna sulla cui base si decide ciò che è giusto

e non,la ragione lo prescrive perché solo a questa condizione si realizza il diritto comandato dalla

ragione.

Ordine politico consistente nel superamento dei conflitti posto da una volontà comune di tutte le

persone interessate,come un popolo dotato di ragione matura lo prescriverebbe a se stesso.

Critica con il contratto sociale inteso come principio di ragione ogni pregiudizio giuridico secondo

il sesso,confessione,status sociale.

Page 31: Morale,diritto,storia e religione in Kant

Sebbene riconosca la sovranità alla volontà collettiva nn concede diritti di voto a tutti i cittadini ma

solo a quelli attivi;non alle donne e tutti quei lavoratori che dipendono dai comandi di altri mancano

di personalità civile e di posizione economica sufficiente,deducendo una discriminazione di diritto

pubblico da dati di fatto di diritto privato o si sesso.

L’uguaglianza giuridica è compatibile con le diseguaglianze sociali,di ricchezza perché è garantito a

tutti di accedere alle posizioni per cui ognuno possa elevare i propri talenti e la propria operosità,per

cui sono da escludere privilegi ereditari dovuti alla nascita essendo l’unica eredita legittima la

proprietà.

Restrizione dei cittadini a chi gode i qualche proprietà con esclusione di chi nn disponga di tali

come gli operai che dispongono solo della propria forza lavoro per metterla al servizio di altri come

domestici e braccianti.

Teorizzazione di una società classista anche dal punto di vista politico come uguaglianza solo

giuridica,borghese.

Sarebbe stato giusto mettere in relazione la cittadinanza attiva con la responsabilità giuridica,ma

egli rimane attaccato a pregiudizi del suo tempo.

Con il diritto alla resistenza ogni cittadino otterrebbe il diritto alla validità pubblica della propria

convinzione di diritto che equivalrebbe allo stato di natura e nn a quello di diritto.

La migliore costituzione è quella repubblicana detta stato di diritto,determinata dalla separazione fra

poteri(legislativo,esecutivo,giudiziario).

Essa è contrapposta al dispotismo che si ha se nn si ha tale separazione,come foriera di dispotismo è

l’aristocrazia di stampo rousseaiano,quella diretta .

Il diritto razionale nn stabilisce principi solo sul diritto pubblico,statuale,ma anche sulle relazioni

fra diversi stati,che rimanevano ancora in uno stato di natura nel senso di Hobbes,gli uni contro gli

altri e dominati,nelle loro relazioni,dalla forza e dalla guerra.

Il diritto cosmopolitico sarebbe rivolto all’instaurazione di una federazione mondiale di stati sovrani

per assicurare all’umanità una pace perpetua.

LA STORIA

1784 nel saggio Idea di una storia universale dal punto di vista cosmopolitico

1793 nel saggio Sopra il detto comune “questo può essere giusto in teoria ma nn vale per la

pratica.

1798 nella II parte del Conflitto delle facoltà intitolata Se il genere umano sia in costante

progresso verso il meglio.

1. La storia della natura comincia nel bene perché essa è opera di dio ma,dopo il peccato la storia della

liberta comincia col male perché essa è opera dell’uomo. il passaggio dalla natura alla cultura è una

caduta,la quale pero nn è del tutto negativa ma necessaria per poter dispiegare e rendere possibile

l’uomo libero e cittadino.

Il progresso storico e presentato come un avanzamento verso una civiltà sempre maggiore,non solo

come sviluppo tecnico,economico ma come miglioramento delle condizioni della convivenza fra gli

uomini: la meta dell’umanità è il carattere giuridico-politico,la costituzione repubblicana nei singoli

stati e la confederazione mondiale fra essi. Questi ideali vengono esposti nel saggio del 1784 prima

della rivoluzione francese e delle riforme prussiane di Hardenberg. Quella kantiana è una storia del

progresso della liberta.

Si mostra fiducioso nel progresso dell’umanità e ricorre alla provvidenza divina per fronteggiare

l’angoscia di una storia senza meta. Questo scritto risulta dominato da un finalismo dogmatico in

contrasto con le posizioni teorizzate nella CRpura.

Kant limita il progresso della storia alla giustizia politica in ambito nazionale e internazionale e

respinge l’idea della sua mancanza di senso,fonda la fede razionale che la ragione nn sia

assolutamente impotente di fronte alla realtà giuridico pratica.

Page 32: Morale,diritto,storia e religione in Kant

2. nello scritto del ’93 afferma che sulla base della storia nn si potrà mai scoprire un ordine armonico e

progressivo,presumendo a priori che tale progresso. Tale progresso deve essere un dovere morale di

ognuno,un ideale orientativo al quale gli uomini devono ispirare le loro azioni,come nuovo

postulato della ragion pratica pura.

Una divinazione del futuro è da escludere perché l’agire umano è libero e nn prevedibile e neanche

dio,in quanto fuori dal tempo lo vedrebbe ma nn lo prevedrebbe. Il filosofo può solo illustrare tale

possibilità mostrandola come conforme al destino naturale degli uomini.

Nn resta che azzardare una prospettiva profetica cercano nell’esperienza storica che fornisca un

segno che funzioni da pronostico: tale segno è stato dato dalle mobilitazioni entusiastiche avute

nella rivoluzione franc. Che rivelano la tendenza morale dell’umanità.

In essa è stato affermato il diritto di un popolo a darsi una costituzione che creda migliore senza che

forze esterne siano autorizzate ad impediglierlo e che abbia scelto una costituzione adatta a evitare

per principio guerre offensive.

Il vero entusiasmo nella rivoluzione è verso ciò che è ideale o puramente morale, nn oggetto di

interesse personale, perché di tale natura è il concetto di diritto.

Il vantaggio che il progresso apporterà all’umanità nn consiste in una quantità crescente della

moralità dell’intenzione ma in un aumento degli effetti della legalità nelle azioni doverose quale ne

sia il movente che la determina.

Esclude che nella prospettiva storica si possa pensare a un progresso della moralità in senso proprio

perché essa è individuale e interiore mentre la convivenza organizzata giuridicamente è il teatro

dell’agire fenomenico esteriore degli uomini.

I principi morali che si danno nell’organizzazione politica dell’umanità si danno fra i singoli e gli

stati. Divaricazione fra la prospettiva dell’interiorità e quella storica,perciò l’ottimismo di Kant sulla

storia nn tange la dimensione metastorica,sovrasensibile che è propria della moralità.

LA RELIGIONE nei limiti della semplice ragione. 1793

L’opera fu concepita a causa della stretta reazionaria che si ebbe in Prussia contro l’illuminismo con

l’avvento di Federico II dopo la rivoluzione francese.

Ebbe difficoltà con la censura dal momento di pubblicarla con uno scritto minaccioso da parte del

re che lo accusava del male uso che faceva della filosofia per screditare le dottrine del cristianesimo

e delle scritture in contrasto con il dovere di un maestro di gioventù.

Sviluppo una teologia morale elaborata con una dottrina di una religione razionale,l’opera parla del

cristianesimo,del peccato originale e di gesù e secondo Kant tali rappresentazioni possono essere

spiegate in modo puramente filosofico,senza alcun riferimento alla rivelazione. L’esperienza a cui

Kant si richiama nello scritto è la natura umana affetta in parte di buone e in parte di cattive

disposizioni.

Tiene fermo all’idea illuministica secondo la quale ci può essere solo una vera religione e che

questa nn può contraddire la ragione,anche se non esclude che le dottrine religiose provengano da

uomini ispirati in modo sovrannaturale.

Poiché la filosofia non può negare alla rivelazione cristiana la sua pretesa di verità,prende le mosse

da un unita possibile di teologia filosofica e biblica,guidato da questa ipotesi egli riesce a elaborare

una nuova interpretazione dei racconti biblici.

La religione è una critica al cristianesimo con il rifiuto di tutta la dogmatica relativa ad esso seppure

con pretese di interpretazioni simboliche. Considerava la religione cristiana come ogni altra

religione positiva e istituzione tollerata in pro dei deboli,la bibbia come guida per l’istruzione

pubblica del popolo alla religione del paese,Gesù ideale personificato della perfezione morale e nn

figlio di dio o redentore umanità,la preghiera come atto feticistico.

Page 33: Morale,diritto,storia e religione in Kant

Esige che vengano intese le affermazioni fondamentali della bibbia come proposizioni morali che si

riferiscono alla natura umana carica di predisposizioni in parte buona e in parte cattiva.

La religione e ammessa solo come morale,come considerazione dei doveri morali quali

comandamenti di dio ma nn come decreti emanati da lui arbitrariamente ma in quanto dio essendo

santo vuole ciò che è buono in se.

Opera divisa in 4 parti:

1. nella 1 intitolata “della compresenza del principio del male accanto a quello del bene o del

male radicale della natura umana”sostiene che l’uomo è cattivo per natura perché tutti gli

uomini, essendo finiti,hanno la tendenza a subordinare il rispetto della legge morale alla

soddisfazione delle inclinazioni sensibili,male morale radicato. Ma il male nn proviene per

eredita da adamo perché nessuno è responsabile di ciò che nn compie personalmente. Il

riconoscimento del male e del soffrire senza colpa è un problema religioso primario:perché

dio che nella sua onnipotenza potrebbe impedire ogni sofferenza ha permesso la sofferenza

anche a quelli innocenti e giusti? Una risposta è offerta dal racconto di Giobbe. Kant

respinge la teodicea di Leibniz perché nn ammette il male in tutta la sua acutezza,ogni

ottimismo ontologico che vede gli uomini buoni per natura (Rousseau) e malvagi solo a

causa della civiltà e respinge al contempo ogni pessimismo eroico che afferma la caduta

totale dell’uomo nel male. Tutte queste negano la liberta e la possibilità tramite essa di

superare il male.

2. nella seconda parte dello scritto, “la lotta fra il principio buono e cattivo per il dominio

dell’uomo” Kant sviluppa la sua cristologia filosofica. l’idea di cristo che si assume le colpe

dell’uomo e rifiutata con l’argomento che il male morale nn è trasferibile ad altri essendo

come debiti la più personale delle obbligazioni. Cristo è il modello puro, la personificazione

dell’idea del bene. Egli,figlio di dio,è l’umanità in tutta la sua perfezione morale e fornisce

agli uomini l’esempio della più pura moralità ,dell’uomo moralmente nuovo che compiendo

una rivoluzione interiore dal male al bene espia le sue colpe,quelle dell’uomo vecchio.

L’assoluzione delle colpe consiste nel rivolgersi interiormente al bene per cui tutte le

espiazioni intese come penitenze private e pubbliche e gli atti di culto nn possono sopperire

alla mancanza dell’intenzione buona ne accrescerne il valore.

3. la terza parte dello scritto “ la vittoria del principio buono sul cattivo e la fondazione del

regno di dio sulla terra”, esorta gli uomini ad abbandonare lo stato di natura etico,di costante

ostilità contro il principio buono da parte di quello cattivo. Tale stato viene superato per

mezzo di una comunità nella quale le leggi di virtù vengono riconosciute senza alcuna

costrizione. Poichè la legislazione etica deve favorire la moralità,qualcosa di interiore,nn

può essere compito del legislatore giuridico il superamento dello stato di natura perché le

sue sarebbero leggi giuridiche coercitive. Anche l’idea di un giudice futuro è una

personificazione della coscienza morale individuale rivolta a giudicare la sua vita intera. Se

ci immagina un giudice esterno chiunque cercherà di attirarsene l’indulgenza e penserà di

modificarne il giudizio tentando di rabbonirlo con preghiere o professioni di fede. Sicchè

quando un prete consola un moribondo nn fa che somministrare oppio alla sua coscienza .

Il legislatore morale è dio inteso come signore morale del mondo,una comunità etica è

pensabile solo come un popolo sottostante ai comandi divini,come popolo di dio retto

secondo le leggi della virtù. Il regno di dio è una chiesa invisibile,la comunità di tutti gli

uomini di buona volontà. La chiesa invisibile come popolo di dio è:

universale,numericamente unica,

santa perché retta secondo le leggi di virtù,determinata da completa

integrità morale,

apostolica perché la legislazione morale è immutabile.

4. nella 4 parte dello scritto “ intorno al culto vero e falso sotto il dominio del principio buono”

Kant distingue la religione morale della buona condotta morale da tutte le religioni che si

basano sul propiziamento del favore divino,del mero culto attraverso ordinamenti e

osservanze. L’uomo preferisce costruirsi un concetto di dio antropomorfico,attribuendogli

Page 34: Morale,diritto,storia e religione in Kant

debolezze come quelle dei sovrani e nella cui indulgenza e bontà,piu che nella giustizia,c’è

da sperare. Ci si da ad ogni sorta di formalità nelle cerimonie, credendo di ostentare rispetto

per i comandi divini anche se ci si esime da osservarli,si pretende che la credenza

nell’intervento di dio è elemento essenziale della religione e s’abbandona nelle mani della

provvidenza la cura di fare di se stessi uomini migliori dedicandosi alla devozione e nn alla

virtù. Gli effetti della grazia divina come sacramenti,preghiere se nn intesi simbolicamente

sono mera taumaturgia,traviamenti della ragione perché significherebbe che l’effetto della

grazia come bene morale nn e opera nostra ma di un altro essere. Ma ogni intenzione

opportunistica che si allontani dall’atteggiamento morale e speculi sulla compiacenza di dio

e sull’effetto della sua grazia contraddice il principio dell’autonomia ed è moralmente da

respingere. Di fatto la morale si basa sul concetto di essere libero che si vincola da se stesso

a leggi incondizionate,non perché si aspetta una giustizia remunerativa o punitiva,l’gire

morale ammette solo l’impulso all’osservanza della legge morale.

Il contenuto razionale del cristianesimo che fa di esso una religione morale è dato da:

rivendicazione della purezza del cuore contro alla lettera della legge,opposizione tra

moralità interiore e legalità esteriore come ebraismo

Contro:

istituzionalizzazione cristianesimo nelle chiese come tradimento dell’ispirazione autentica

de suo fondatore come la superstizione cui si e tenuto incatenato il popolo con presunti

miracoli,la voce terribile di chi si pretendeva il solo interprete autorizzato delle scritture e la

pretesa di un ortodossia ad un’ altra. La mostruosità della teocrazia rivendicata dai papi con

il seguito delle guerre di religione e di oscurantismo. In quanto chiesa invisibile il regno di

dio non è realizzabile in uno stato storico,in un regno temporale messianico,esso è un regno

etico cifra dello scopo morale finale. Kant nn respinge che la chiesa visibile abbia un

compito pedagogico nella rappresentazione sensibile dell’idea morale del regno di

dio,anche se tale rappresentazione nn è la cosa stessa. L’avvicinamento al regno di dio si

annuncia nn attraverso lo splendore di una chiesa visibile ma attraverso il fatto che la fede

ecclesiastica si trasforma in fede di ragione,la fede religiosa morale,ciò in cui tale religione

si risolve.

L’ANIMA

Nella 4 parte dello scritto sulla religione,affronta anche il problema dell’anima. Secondo Kant

l’idea della sopravvivenza dopo la morte nn va trasformata in una supposizione oggettiva perché nn

solo sarebbe dogmatica(cioè priva di fondamenti) e sarebbe tale anche il contrario. In questo campo

all’uomo nn è possibile alcuna certezza e anche se ci fosse sarebbe irrilevante dal punto di vista

morale = agnosticismo sull’immortalità anima anche nell’ambito della praticità.

Nella metafisica dei costumi e nella 2 parte “Principi metafisici della dottrina della virtù” vi è un

ulteriore sviluppo a nn puntare sull’immortalità dell’anima che e legittima ma e solo una speranza.

Come alternativa accede a una posizione stoica,di un autosufficienza della virtù allorchè l’uomo

avendo vinto vizi e conscio di aver compiuto il proprio dovere si trova in uno stato di pace interiore

chiamato felicita nel quale la virtù è ricompensata a se stessa. Con la forza morale e coraggio per

contrastare il vizio l’uomo nn teme nulla perché padrone di se stesso.