motoit magazine n 170

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All’Interno NEWS: Intervista a Domenicali: Dalla Scrambler alla MotoGP, grande momento per Ducati | N. Cereghini Ordini di scuderia e occhi negli occhi | MX: Intervista Roger De Coster | RALLY: Marc “Letal” Coma campione del mondo Numero 170 14 Ottobre 2014 83 Pagine Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Massimo Clarke “Scrambler forever” Ripercorriamo la storia delle prime versioni MotoGP Motegi Marquez Campione del Mondo 2014 Articoli e pagelle SicuraMente Quinta puntata. Nuovi guard rail e strade più sicure | PROVA TURISTICHE | HARLEY-DAVIDSON TOURING 2015 da Pag. 2 a Pag. 15

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All’InternoNEWS: Intervista a Domenicali: Dalla Scrambler alla MotoGP, grande momento per Ducati | N. Cereghini Ordini di scuderia e occhi negli occhi | MX: Intervista Roger De Coster | RALLY: Marc “Letal” Coma campione del mondo

Numero 17014 Ottobre 2014

83 Pagine

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Massimo Clarke“Scrambler forever” Ripercorriamo la storia delle prime versioni

MotoGP MotegiMarquez Campione del Mondo 2014 Articoli e pagelle

SicuraMente Quinta puntata.Nuovi guard rail e strade più sicure

| prova turistiche |

HaRley-DavIDson TouRIng 2015

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Il vIaGGIo ContInua

La Casa di Milwaukee completa l’evoluzione Rushmore sulla propria gamma Touring con tre nuove versioni che portano così a sette la serie.

Belle, raffinate e carismatiche, offrono tanto anche se costano care e pesano

di edoardo licciardello

pRova TuRisTiChe

harley-Davidson Touring 2015 pReGi Finiture e erogazione motore DiFeTTi Peso e prezzi

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T he Journey Goes on, il viaggio continua, è lo slogan con cui Harley–Davidson introduce e commenta l’arrivo delle sue novità 2015. Novità in gran parte concentrate nella pro-

pria gamma Touring, che peraltro sta vivendo una forte crescita all’interno del mercato italia-no: nel primo semestre 2014 le proposte turisti-che della Casa di Milwaukee sono cresciute di quasi il 60%, arrivando a toccare una quota del 18% sul totale delle Harley-Davidson vendute. Una vera rivoluzione per il nostro paese, che da sempre lega l’immagine H-D alle Sportster – ca-late per inciso da oltre il 50 ad un 45% del totale sul mercato italiano, e che conferma implicita-mente il favore con cui è stata accolta l’epoca-le evoluzione tecnica del Project Rushmore. Un successo tutt’altro che scontato considerando il

tradizionalismo della clientela Harley-Davidson, che già in passato ha rifiutato modelli validissi-mi ma di netta rottura con i canoni tradizional-mente legati ai prodotti di Milwaukee come quelli della gamma V-Rod. Un successo che tra l’altro replica la situazione statunitense, dove invece la gamma Touring recita da sempre la parte del leone, in cui si è visto un turn-over quasi senza precedenti: le Rushmore si sono dimostrate ca-paci di allettare gli harleysti storici, convincendo-li che fosse giunto il momento di cambiare moto, ma anche di conquistare nuovi clienti grazie ad innovazioni tecniche e dotazioni sibaritiche che hanno colmato completamente il divario con le storiche rivali… con quattro cilindri in più.

Rivoluzione RushmoreProject Rushmore, nome con cui Harley-Da-vidson ha battezzato la rivoluzione tecnica di

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Media

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cui è stata oggetto l’anno scorso la gamma Touring, è forse l’innovazione di maggior porta-ta nella storia di H-D. Il bicilindrico High Output Twin Cam 103 a V di 45° guadagna infatti testate raffreddate a liquido, pur restando fedele a sé stesso nello schema di distribuzione a valvole in testa con comando ad aste e bilancieri. Il nume-ro 103 indica naturalmente la cilindrata in pollici cubi, valore che nel sistema metrico decimale corrisponde a ben 1690 cc. Naturalmente a cor-sa lunga, il propulsore è dotato di cambio sepa-rato a sei marce (denominato Cruise Drive) con la tradizionale trasmissione finale a cinghia den-tata, che addolcisce la risposta all’acceleratore e riduce le richieste di manutenzione. Impor-tante anche il lavoro sulla ciclistica, con l’arrivo del nuovo telaio Rush e dell’impianto frenante Brembo a tre dischi (dell’identico diametro) con antibloccaggio Bosch di serie e frenata combina-ta Reflex; migliorati anche tutti gli impianti ottici, con importante contributo di sistemi LED che aumentano notevolmente la visibilità. Per il 2015

altri tre modelli si uniscono ai quattro (Road King Classic, Street Glide, Electra Glide Ultra Classic e Ultra Limited) già presenti in gamma; si tratta di Ultra Limited Low, Road Glide Special e Street Glide Special. Condividono fra loro la sostanza, ovvero propulsore e telaio, ma importanti diffe-renze in termini di assetto, posizione di guida e sovrastrutture le rendono all’atto pratico diver-sissime. Con Harley-Davidson siamo andati in Svizzera, nella splendida cornice dell’Engadina, per verificare in prima persona le doti di queste tre novità

Engadina, USA Nell’immaginario collettivo moto come le su-pertourer di Milwaukee sono adatte solo a lun-ghe trasferte, possibilmente su strade dritte e poco accidentate. Ora, pur non potendo vantare maneggevolezze da scooter o doti dinamiche da supersportive, possiamo garantirvi che tan-to nel convulso traffico brianzolo che sui passi alpini attorno a St. Moritz le tre novità 2015 si

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destreggiano più che bene. Il meteo ben poco clemente di questi giorni ci ha spinto a preferi-re spesso la Ultra Limited Low per la maggior protettività offerta dalla sua ampia carenatura, ma tutte e tre hanno dimostrato di aver diverse frecce al loro arco. Le masse, rilevanti per tutte, sembrano sparire una volta in movimento ma si rivelano inevitabilmente impegnative sia fisica-mente che a livello di concentrazione nelle ma-novre da fermo o a bassa velocità. Grazie a cicli-stiche ben studiate e ad altezze rasoterra (non solo per la Low) basta però superare le velocità pedonali per potersi rilassare e godere di gran-di doti di direzionalità unite ad una certa agilità nell’inserimento in curva. Quando poi si esce da città e periferie per puntare all’extraurbano, nel nostro caso di montagna, la guida si fa davve-ro piacevole. Le tre Touring si sono dimostrate gratificanti anche affrontando passi alpini come

Bernina e Maloja, rivelandosi dotate di una certa dinamicità (ma attenti alla luce a terra!) e capaci, quando volete contemplare i paesaggi mozzafia-to che vi circondano, di lasciarvi la serenità men-tale necessaria. Il motore 103 è contraddistinto da un’erogazione degna della miglior arte pastic-ciera per il modo in cui sa mescolare con le giuste dosi dolcezza di risposta e tante “calorie” sotto forma della vigorosa, ma cremosa spinta che si sprigiona ogni volta che si richiama l’accelerato-re. Accelerazione e decelerazione coniugano vi-gore e dolcezza grazie anche all’apporto elastico della trasmissione finale e ad una frizione morbi-da e dolce allo stacco. Un po’ peggio fa il cambio, che pur se anni luce migliore rispetto alle Harley del passato resta un pochino rumoroso e lento negli innesti, ma restiamo in un quadro di am-pia sufficienza tanto da declassare il difetto a livello trascurabile. Un po’ perché con masse del

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genere in gioco dentro al motore non è sempli-ce fare di meglio, ma anche perché grazie alle sopracitate doti del motore l’attività del piede sinistro diventa evento quasi episodico. Le vibra-zioni? Ci sono in folle, quando si avvia il motore, mentre una volta in marcia sembrano sparire magicamente. Sotto i 2.000 giri filtra qualche tremolio su manopole e sella, ma siamo più a livello di massaggio che non di fastidio – non lo diciamo a caso, la sensazione è piacevole e dona un senso all’espressione Good Vibrations. Si torna a percepirle in alto, sopra i 4.000 giri, ma come potete ben immaginare stiamo parlando di regimi che raramente si esplorano su moto di questa indole e cubatura. L’impianto frenan-te fa bene il suo dovere, una volta abituatisi ad affidarsi prevalentemente al comando a pedale: con una distribuzione dei pesi come questa l’an-teriore è un po’ limitato nell’espressione pena

rischi di bloccaggi indesiderati (prontamente tenuti a bada dall’ABS) mentre sul posteriore si può sempre contare. La potenza non è affat-to male, soprattutto considerando le masse in gioco, ma soprattutto alle velocità autostradali a volte manca un po’ quel rassicurante senso di mordenza di proposte concorrenti.

Comfort sibariticoNon ci si annoia praticamente mai con queste Touring: sia da fermi che in sella – almeno finché non ci si fa l’abitudine, ammesso che succeda – lo sguardo cade su un dettaglio dopo l’altro. Le finiture sono assolutamente impeccabili, le mi-rifiche verniciature metal-flake si stemperano in mille sfumature al cambiare della luce e ovunque si guardi c’è una serigrafia, un comando, una mo-danatura da osservare ed apprezzare. Finito di assimilare l’opulenza delle finiture è il momento

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di giocare con il sistema di infotainment di bordo su tutte e tre – per scelta precisa, la filiale italiana di Harley-Davidson ha deciso di importare sola-mente le versioni top di gamma dei tre modelli 2015, facendo si che su tutte sia presente il siste-ma Boom! Audio 6.5, con navigatore integrato, radio ed interfaccia per telefono e player Mp3. I comandi, sia al manubrio che sul cruscotto, sono facilmente accessibili ed intuitivi (al netto dell’apprendistato per i comandi degli indicatori di direzione non convenzionali, uno per blocchet-to) e basta qualche minuto per trovare tutto e sfruttarlo in maniera naturale. La qualità dell’au-dio del sistema Harmann-Kardon è notevole fino alle velocità codice per le strade extraurbane, e il display è chiaro e leggibile in ogni condizione di luce, mostrandosi anche lodevolmente reat-tivo ai comandi impartiti attraverso l’interfaccia

touch-screen. Un po’ fastidioso il fatto che ad ogni riavviamento della moto il sistema si ripre-senti nell’interfaccia della radio anche se lo si era precedentemente impostato sul navigatore, ma non stiamo certo parlando di una moto la cui destinazione d’uso prevede soste continue. E parlando di soste, lode a tutte per accessibilità e cura nella realizzazione della valigeria.

Gemelle diverseVeniamo alle differenze fra i vari modelli, parten-do dalla sibaritica Ultra Limited Low. La versione Low, lo dice il nome stesso, è studiata per le esi-genze dei meno alti. Una serie di piccoli accorgi-menti – sospensioni ribassate, sella più scavata, manubrio arretrato e con manopole più piccole, cavalletto più accessibile, arretramento delle pedane passeggero e riduzione della sporgenza

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del carter sinistro – rendono infatti la Ultra più accessibile a chi non passa il metro e settanta senza differenze estetiche effettivamente per-cettibili senza uno sguardo molto attento o un confronto all’americana. Il rovescio della meda-glia è costituito da una posizione un po’ troppo raccolta per chi arriva ad un’altezza media: chi scrive si attesta sul metro e settantadue ed è al limite oltre il quale i gomiti finiscono troppo ar-retrati e le gambe troppo piegate. Il manubrio arretrato porta tra l’altro ad una posizione un po’ chiusa, richiedendo un movimento poco na-turale per raggiungere i comandi sui blocchetti con il pollice. Per contro, l’efficacia delle sospen-sioni e il comfort della sella non vengono intac-cati, dato che servono asperità di proporzioni crossistiche perché qualcosa arrivi al sedere del pilota. Insomma: se siete al di sotto dei 170 centimetri scegliete questa Low senza il mini-mo dubbio, se li passate meglio orientarsi sulla versione standard. La protezione aerodinamica

è notevole, anche se il parabrezza a taglio basso lascia passare qualche turbolenza in zona casco attorno ai limiti autostradali. In compenso, sotto si è perfettamente protetti – i radiatori carenati montati sui paragambe coprono ampiamente le estremità inferiori, e alle mani ci pensa la care-natura. Sensibile anche la differenza con presa d’aria e profili paramano aperti o chiusi, fattore che lascia intuire una buona possibilità di clima-tizzazione con il caldo estivo. Meno protettiva ma molto più scenografica la Road Glide. Minac-ciosa negli specchietti grazie al doppio faro Day-maker a LED che ricorda i corpi farfallati esterni delle muscle car statunitensi, la Road sconcerta inizialmente per la posizione di guida molto arre-trata, che dà l’impressione di un ingombro fron-tale davvero esagerato. Alla guida il manubrio basso e molto vicino al busto causa qualche pro-blema nelle curve più strette e nei tornanti, pena-lizzando un po’ la Glide nella guida più dinamica. Un peccato, perché le sospensioni ad assistenza

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pneumatica (regolabili, ma con notevoli acro-bazie data la collocazione dei registri dietro le valigie) si dimostrano più efficaci che sulla Ultra Low, rendendola un po’ più gustosa nei cambi di direzione. Eccezionale l’efficacia delle prese d’aria Splitstream (due sotto il cruscotto, una sopra) che permettono di godere di un notevole raffreddamento del pilota nei mesi estivi. Limita-ta la protezione aerodinamica del cupolino, ta-gliato davvero molto basso. Sulla Street Glide Special si trova un po’ il meglio dei due mondi: la carenatura Batwing protegge senza rinunciare ad un certo impatto estetico e alla possibilità di ventilazione offerta dal sistema Splitstream, e la massa leggermente più con-tenuta rispetto alla Ultra la rende più gradevole nella guida dinamica. La posizione di guida è la più naturale delle tre, e di conseguenza il model-lo è forse il più accessibile della gamma Touring nonché il più gratificante quando ci si vuole gu-stare la guida.

La posso provare?Moto di questo tipo non si comprano certo a cuor leggero, soprattutto visti i prezzi – la qualità è molto elevata, e a Milwaukee se la fanno pagare. Servono infatti 26.000 euro per assicurarsi una Street Glide Special, 400 in più per la Road Glide Special e ben 29.000 per la “non-plus-“ Ultra Li-mited Low. Harley ci ha pensato, e pur offrendo naturalmente i canonici demo ride itineranti nel periodo primaverile, ha avviato due programmi destinati trasversalmente a tutti i modelli del-la gamma H-D, ma particolarmente in sintonia con le corde della famiglia Touring. Servizi stu-diati per andare oltre il semplice giro di prova, e trasformare il test in un’esperienza – non pren-dete per piaggeria questo nostro distinguo, vi basta riflettere: una supertourer come quelle di cui stiamo parlando non si apprezzano con un giretto che, nella migliore delle ipotesi, termina nel giro di qualche ora. Si parte dal servizio di no-leggio Harley-Davidson Autorized Renthals, nata

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proprio per offrire una prova più lunga del clas-sico demo-ride. 360 strutture in tutto il mondo, 14 solo in Italia offrono praticamente tutta la gamma Harley-Davidson con modelli 2015: in Italia 70 moto a disposizione, di cui 40 modelli Project Rushmore. Da notare che si tratta sem-pre di concessionarie ufficiali H-D, in maniera tale da offrire tutta l’assistenza possibile. L’al-tra possibilità è quella offerta dagli Authorized Tours: 15 agenzie di viaggio, di cui una in Italia, organizzano classici viaggi a meta oppure stu-diati per un singolo evento (come ad esempio i raduni di Sturgis e Faaker See) con il denomina-tore comune di far godere al viaggiatore il bello del turismo ad ampio raggio in sella ad una Har-ley. Da parte nostra possiamo dirvi che alle Tou-ring 2015 Harley-Davidson non manca niente per giocarsela ad armi pari con gli altri mostri sacri del segmento. Vincere il preconcetto – per lo più italiano – che identifica le H-D con le Sportster o

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Casco AGV RP60Giubbotto Ixon Ninety-sixJeans Ixon EvilGuanti Ixon TriggerStivaletti TCX

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le Softail da duri e puri è sicuramente durissimo, ma un po’ di apertura mentale basta per realizza-re, toccando con mano, come la diretta concor-renza giapponese e tedesca offra qualcosa di di-verso, non necessariamente di migliore, peraltro a prezzi grossomodo paragonabili. Mai come in questo caso ci si può permettere il lusso (avendo la disponibilità economica, s’in-tende) di accordare la preferenza secondo il semplice gusto personale. Gusto personale che in Harley-Davidson trova peraltro ampia sod-disfazione, perché le sette proposte che com-pongono la famiglia Touring hanno ciascuna una propria personalità ben definita, ed eserciteran-no la propria attrattiva su clienti dai gusti diversi. Che, mai come oggi, magari non hanno preso in considerazione le moto americane ma spinti dal-la “rivoluzione Rushmore” si sentono invogliati a provare a guardare il mondo dalla prospettiva di Milwaukee…

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Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Iniziativa sicurezza

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“ SicuraMente”, il format di Automoto.it e Moto.it dedicato ai temi culturali, sociali, tecnologici e normativi lega-ti alla sicurezza sulle nostre strade è

giunto al suo quinto ed ultimo appuntamento. Nella quinta puntata di SicuraMente ci si occupa della forte influenza delle infrastrutture nell’am-bito della sicurezza stradale. Le condizioni del manto stradale, la qualità dell’asfalto, la sua

manutenzione, così come la segnaletica e le pro-tezioni a bordo strada - leggi guard rail -, hanno infatti una grande responsabilità nell’evitare gli incidenti e nel limitarne i danni. La tecnologia applicata ai veicoli, con la sua evo-luzione massima rappresentata dalla guida sen-za pilota diventata una realtà, può offrire un aiu-to non trascurabile. Si parla di questo e di molto altro ancora con gli ospiti Federica Deledda, Vice

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“SicuraMeNte”, quiNta PuNtatanuovI Guard raIl e Strade PIù SICure Al tema della sicurezza stradale Automoto.it e Moto.it dedicano il programma “SicuraMente”, condotto da Nico Cereghini e Marco Della Noce. Ospiti in studio: Federica Deledda (Polizia Stradale), Michele Crisci (Volvo Car Italia) e il Prof. Luigi Rainero Fassati (medico chirurgo e scrittore)

Questore aggiunto della Polizia Stradale di Cre-mona, Michele Crisci, Presidente e AD di Volvo Car Italia, e il professor Luigi Rainero Fassati, medico chirurgo e scrittore. Ad intervistare sa-ranno come sempre Nico Cereghini e il comico Marco della Noce, conosciuto come comico gra-zie al personaggio di Oriano Ferrari ma da molti anni impegnato proprio sul fronte dell’educazio-ne alla sicurezza stradale.

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claudiO dOMeNicali “dalla SCraMbler alla MotoGP è un Grande MoMento Per duCatI”di Ippolito Fassati | Ducati lancia il brand Scrambler, il motore Panigale va su una Volkswagen e nella MotoGP le ambizioni crescono. Ce ne parla Claudio Domenicali, AD Ducati

Intervista

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Abbiamo incontrato Claudio Domenicali al Salone dell’auto di Parigi. Il 49enne bologne-se, dall’anno scorso Ammini-stratore Delegato Ducati dopo esservi entrato nel 1991, era a Parigi per la Volkswagen Group Night. Al Salone dell’Au-tomobile è stata poi presentata la Volkswagen XL Sport spinta dal motore della 1199 Panigale. Nello scambio fra Audi e Ducati ci saremmo aspettati un ap-porto tecnico da parte di Audi e invece, vedendo la XL Sport, è accaduto il contrario. E’ una bella soddisfazione immaginia-mo«Sì lo è. I tecnici del gruppo sono molto attenti a quello che abbiamo fatto. Sul lato motore hanno trovato delle tecnologie e un modo di usare la meccani-ca molto avanzato, soprattutto

nei motori di alte prestazioni sulle moto di serie come in quelle da competizione. Questa show car, che ben difficilmente avrà un risvolto commerciale, dà il segnale di questo apprez-zamento. Non per tutti è così chiaro che in Italia abbiamo delle realtà così elevate a livello tecnologico».

perché è stato usato proprio questo motore?«Il progetto XL 1 rappresenta il massimo del risparmio nei consumi, mentre l’XL Sport dice che si può avere una guida sportiva in modo efficiente gio-cando sulla leggerezza e sull’a-erodinamica. Il nostro motore è leggero, potente e - pur se non è nato per essere particolar-mente efficiente – contribuisce a dare prestazioni efficienti. E

serve a sottolineare che una vettura efficiente non deve per forza essere noiosa».

veniamo alla scrambler. Tanti importanti costruttori si stan-no rivolgendo alla customiz-zazione del prodotto di serie: è solo un modo per attrarre nuovi clienti?«Quando in azienda ragionia-mo sulla possibilità di svilup-pare la Ducati, pensiamo a modelli che possano essere migliori di quelli dei nostri com-petitor, ma pensiamo anche a come sviluppare nuove aree, a come catturare un non-cliente. Estremizzando il concetto, dico che siamo in competizione anche con un’agenzia di viag-gi: che centra, ci si chiederà. Mi spiego meglio: non siamo semplicemente costruttori di

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non è impegnativo sotto tutti i punti di vista».

e’ un momento importante per Ducati: prodotti nuovi, crescita commerciale, inno-vazione, lo sport...«Sì, siamo ormai presenti in modo diretto in tutti i mercati importanti, recentemente in India, Brasile, in Cina con un importatore forte. Spread the Red è diventato il nostro motto. Partendo da una piccola realtà italiana questo marchio ci sta esplodendo in mano. Se si trat-tano bene il marchio e il cliente,

se li si rispetta entrambi, il va-lore del marchio viene ricono-sciuto. La forza Ducati è una miscela di storia e modernità. La MotoGP ci dà immagine mo-derna e tecnologica. Abbiamo avuto un periodo difficile ma stiamo ritornando davanti, a pochi secondi dai pri-mi. Siamo l’unica azienda non giapponese a competere a quel livello. Altri marchi arriveranno: più saremo e più ci divertiremo. Per noi sarà molto interessan-te, perché dimostrerà ancora di più la complessità di quella

categoria e darà più valore alle nostre prestazioni. Il fatto che la Dorna gestisca la MotoGP e la Superbike è una buona cosa. Perché la SBK sta andando ver-so un regolamento che premia la moto di serie: alcuni costrut-tori sono costretti a spostarsi in MotoGP proprio perché non avranno più una moto compe-titiva. Mentre una SBK più vicina alla serie ci dà modo di migliorare la competitività. Per cui il 2015 penso sarà per noi un anno sportivamente interessante su entrambi i fronti».

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moto, ma forniamo servizi per il tempo libero. In particolare oggi, e in particolare ai giovani, dobbiamo offrire la possibilità di entrare nel mondo moto con una nuova formula, che non sia quella standard perché sta di-mostrando di avere molti limiti. La moto attuale è sempre più tecnologica, complicata, devi essere esperto per apprezzar-la. Non rinneghiamo certo que-sto tipo di moto, tanto che al Salone di Milano presenteremo delle novità rivolte proprio al classico pubblico ducatista. Ma con la Scrambler ci interessava sondare un mondo diverso, nel

quale non basta solo il prodotto adeguato. Serve usare un certo linguaggio, un certo stile, e così via. Per questo è nato il brand Scrambler, per una capacità di indipendenza e per la pos-sibilità di fare cose non con-venzionali. Siamo bombardati da informazioni, occorre con-quistare il cuore delle persone più che la testa, per avere un rapporto duraturo, un rapporto emozionalmente coinvolgente dove non conta solo lo sconto d’acquisto. Cerchiamo di svi-luppare un’azienda sana nel lungo periodo».

Non ci sarà una concorrenza interna con la Monster?«E’ possibile, sta anche nella nostra capacità di tenere di-stinte le famiglie il riuscire a gestire due clienti diversi. Mon-ster si rivolge a un pubblico più tecnico, più sportivo, ha motori raffreddati a liquido e più po-tenti, ha una dotazione tecnica da “tanta moto”. Lo Scrambler è più easy, sbarazzino, giovane. Si rivolge a chi non è conformi-sta, a chi vuole divertirsi, è at-tento alle tendenze del design come della moda. Ci piace pen-sare a questa atmosfera, a un ambito nel quale lo Scrambler

Intervista

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JOachiM Sauer (KtM)“la noStra Moto elettrICa non è un SeMPlICe eSPerIMento. è Il futuro”di Andrea Perfetti | Il product manager della Casa austriaca racconta a Moto.it gli importanti investimenti nella mobilità elettrica a partire dalla Freeride E e spiega alcune scelte tecniche specifiche della nuova moto

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Della Freeride E dovreste sa-pere quasi tutto. È stata pre-sentata ufficialmente a Colonia durante Intermot in tre versioni (enduro E-XC, cross E-SX e su-permoto E-SM), ancora prima Moto.it l’ha provata sulle fanta-stiche montagne austriache e vi ha raccontato nel dettaglio le caratteristiche e i pregi di que-sta novità assoluta per la Casa di Mattighofen. La Freeride E è infatti la prima moto elettri-ca messa in produzione dalla KTM, che ha realizzato interna-mente il motore e il pacco bat-teria (con celle fornite dal part-ner Samsung), e ha dimostrato nel nostro test di possedere qualità uniche che fanno di lei un prodotto già maturo e con un costo (a partire da 11.000 euro) nettamente più basso rispetto a quanto visto sinora dai competitor. Abbiamo ap-profondito il tema della moto

elettrica con Joachim Sauer, product manager della KTM e grande conoscitore dell’univer-so fuoristrada (è stato vincitore del titolo Europeo di Enduro nel 1987 sulla prima KTM 350).

Joachim, la Freeride e è un progetto interamente vostro, fate tutto in azienda dal mo-tore al telaio. Come mai non vi siete appoggiati a fornitori esterni come Bosch per pro-durre la vostra prima moto elettrica?«Abbiamo sviluppato una moto specificamente per la guida fre-eride. Volevamo sin da subito un pro-dotto unico, con un carattere KTM. All’inizio avevamo quindi progettato un motore molto forte, con tanti cavalli. Dopo tre anni di prova abbiamo tro-vato un compromesso ideale e diverso, adatto all’uso nei

motopark e in montagna. È la moto ideale per divertirsi in questi posti. Per raggiungere questi obiettivi l’unica strada era progettare tutto interna-mente, seguendo la nostra fi-losofia aziendale. All’inizio ab-biamo lavorato con un’azienda austriaca esperta di questo settore, in seguito il progetto ha preso piede e abbiamo scel-to di creare un team interno di specialisti nel 2007».

Quanto tempo e quante per-sone hanno lavorato alla Fre-eride e ?«Ci sono oltre 15 persone che ci lavorano dal 2007. Poi c’è stata una pausa dovuta alla crisi del 2009. Il progetto infine è ripartito e KTM crede molto nella mobilità elettrica. Il nostro investimento non è finalizzato solo alla Freeride E, ma avrà ulteriori sbocchi molto presto».

Intervista

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visto anche la Freeride E-SM, a dimostrazione che KTM farà altre moto elettriche per l’uso stradale e cittadino».

La Freeride e non ha un siste-ma di recupero dell’energia in discesa e in frenata, a dif-ferenza delle auto elettriche. perché?«Abbiamo condotto molti test per verificare l’utilità del siste-ma di recupero dell’energia di cui parli. Non è utile, non si fa abbastanza strada in discesa per recuperare energia, men-tre aumenta il peso. In moto c’è tanto apri/chiudi, non vale la pena predisporre un sistema

di recupero. Non dà benefici reali».

Cosa ne pensi di un sistema ibrido su una moto?«Non c’è abbastanza spazio su una moto sportiva o da enduro per il motore ibrido. Può fun-zionare sugli scooter (come il Piaggio MP3, nda), che hanno un grande vano, ma non su una moto. Il futuro è piuttosto nello sviluppo di batterie ancora più capaci, non vedo il sistema ibri-do funzionale sulla moto».

i ciclisti apprezzeranno la Fre-eride e ?«Credo di sì. Le bici da down

hill professionali costano oltre 6,7mila euro, al punto che la nostra Freeride E non è così cara, se consideri che in più hai un motore e una batteria. An-che la manutenzione ridotta a zero della nostra moto è qual-cosa di nuovo, che potrebbe in-contrare l’apprezzamento dei ciclisti. Il mondo del down hill è molto vicino al nostro concetto di mobilità elettrica orientata al divertimento puro. Con la bici e la Freeride E vivi lo sport nello stesso modo, divertendoti tan-tissimo e rispettando l’ambien-te».

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oggi quali sono le vostre con-correnti più temibili?«Direi che il nostro prodotto è molto più fine ed evoluto di quanto visto fino a oggi nel mondo delle moto elettriche. Sia la batteria che il motore sono efficienti e a un livello più alto rispetto alla concorrenza. Siamo fiduciosi, oggi la Freeri-de E non teme le concorrenti».La Freeride e non è un espe-rimento, ma è pronta e sarà nei negozi già nel 2014. Chi la comprerà?«E’ vero, la moto è pronta, nei

prossimi anni sorgeranno tan-ti campi di pratica e siamo già pronti a supportare il suo utiliz-zo nella gare dedicate alla Free-ride E. Vedo molto bene anche i campionati dedicati a una moto di questo tipo».

Cambierà la percezione della moto da fuoristrada?«Sicuramente, con la Freeri-de E si potrà usare la moto in montagna – dove consentito – e in moto park dentro le città. Oggi, durante la tua prova, hai visto come corre silenziosa nei

boschi e come viene accolta col sorriso dalle persone che incroci. Sicuramente aprirà un nuovo mercato alle moto da of-froad».

arriveranno anche moto da strada KTM elettriche?«Certamente, arriveranno più modelli a partire proprio dalla SM. L’investimento sulla mobi-lità elettrica è importante, non è fatto nel garage di casa ma ha un ampio respiro industriale, l’investimento è stato di diversi milioni di euro. A Colonia avete

Intervista

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Fra le NOvità 2015 di iNterMOt vInCe la SCraMbler duCatIdi Maurizio Gissi | E’ questo il risultato emerso dal sondaggio rivolto ai lettori di Moto.it. Fra la ventina di novità più interessanti presentate a Colonia il podio è stato conquistato da Scrambler, Kawasaki H2R e Aprilia Caponord 1200 Rally

I l salone di Colonia ha dato il via alla pre-sentazione delle novità 2015. Alla pros-sima edizione di Eicma, che aprirà al pubblico il 6 novembre, sono attese altre

moto importanti da parte delle marche italiane e non solo (Honda e BMW in testa), ma quelle viste a Colonia danno già buone indicazioni sul-le tendenze 2015. Meno moto figlie della crisi e maggiore spazio all’emozione. Il sondaggio che abbiamo proposto ai lettori di Moto.it chiedeva: “Qual è la moto che ti è piaciuta di più fra quelle presentate a Colonia?” Gli oltre cinquemila let-tori che hanno partecipato al sondaggio hanno stilato la loro classifica delle moto più apprezza-te. Classifica che vi proponiamo. In pochissimi pensiamo abbiano avuto modo di vedere le moto dal vivo, per cui il giudizio si basa su fotografie e video, sull’immagine della marca e la storicità del modello più che sull’analisi ravvicinata. In ogni caso la prima impressione, come si dice, è quella che conta. La Ducati Scrambler si è aggiudicata largamente il primo posto con il 25,39% delle preferenze. C’è stata, è vero, una forte campa-gna di avvicinamento alla presentazione dell’at-tesa Scrambler che è partita a luglio. Però que-sta lunga preparazione avrebbe potuto rivelarsi controproducente, nel caso avesse creato mag-giori attese rispetto al risultato finale. Insomma c’era il rischio di sentirsi dire “tutto qui?”. Invece così non è stato perché la nuova moto, intelligen-temente declinata in quattro varianti, è piaciuta

molto e ha ricevuto poche critiche. E una volta tanto non è stata la super sportiva di turno a rac-cogliere i maggiori consensi. Al secondo posto, con il 16,15% delle preferenze, si è solidamente piazzata la Kawasaki Ninja H2R, l’inedita 1000 con il compressore. Si tratta di un modello non omologato, accreditato di 300 cavalli, che anti-cipa la versione stradale attesa a Eicma. Le altre super sportive sono state staccate largamente (la benfatta BMW S 1000RR è al decimo posto e la Suzuki GSX-R 1000 addirittura al ventesimo), segno che l’idea del ritorno al “turbo” - si trat-ta di un compressore centrifugo – ha colto nel segno, al di là del possibile successo commer-ciale. La classifica delle moto più votate vede al terzo posto la Aprilia Caponord 1200 Rally che, con l’8,24%, dimostra di avere un importante credito. Era probabilmente la versione avventu-rosa che gli appassionati attendevano da Aprilia e sottolinea ancora una volta come certe moto venete godano ancora molta attenzione e che se vendono meno del previsto non lo si deve al pro-dotto in sé. Giù dal podio la BMW R 1200R, con il 6,51% delle preferenze. Delle tre novità BMW esposte a Intermot è la più originale, nel senso che a Monaco hanno reinterpretato il loro caval-lo di battaglia roadster - che ultimamente aveva perso terreno - in una maniera stilisticamente più moderna e ciclisticamente più convenzio-nale. Non a tutti questo nuovo orientamento è piaciuto e la 1200R è una moto che ha diviso

News

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nettamente i giudizi. La rinnovata Honda Crossrunner (6,02%) e la KTM 1290 Adventu-re (6,0%) si sono piazzate al quinto e al sesto posto. Considerando anche la Aprilia Caponord Rally ci sono quindi tre enduro stradali/cros-sover nelle prime sei posizioni. Come dire che questa tipologia attrae molto anche quando non ci sono modelli inediti. Dal settimo al nono po-sto troviamo dei modelli per così dire “classici”. Moto stradali che si rifanno a esempi noti o stori-ci. Sono la rinnovata Yamaha XJR 1300 (5,75%), la nuova BMW R 1200RS (5,57%) e la seconda versione della famiglia Guzzi V7 (3,94%). Alle spalle della BMW S 1000RR, che con il 2,59% chiude la top ten, le preferenze scendono a valori

fra l’1,86% della novità Suzuki GSX-S 1000F e lo 0,8% di un’altra novità: la Yamaha MT-07 Moto Cage che si piazza all’ultimo posto del nostro elenco. Fra la GSX-S 1000F e la Moto Cage, tra la dodicesima e la ventesima posione, la classifica stilata dai nostri lettori vede l’elettrica KTM Fre-eride E (1,79%), le Kawasaki Versys 1000 e 650 (con l’1,71 e l’1,41% rispettivamente), la Triumph Bonneville rinnovata nelle colorazioni (1,31%), la rivista Suzuki V-Strom 650 XT (1,28%), la nuo-va naked Suzuki GSX-S 1000 (1,04%), la nuova touring Harley-Davidson Street Glide Special (0,96%), la Triumph Street Triple RX (0,86%) e la Suzuki GSX-R 1000 (0,80%), la super sportiva che celebra il trentennale della serie GSX-R.

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MaSSiMO clarKeSCraMbler foreverLa presentazione della nuova Ducati Scrambler ci dà l’occasione di ripercorrere la storia delle prime versioni. Quelle monocilindriche dal fascino straordinario che hanno scritto una pagina assolutamente unica a Borgo Panigale

D ucati ha appena presentato la sua nuova Scrambler. L’occasione è quella giusta per raccontare la sto-ria della prima versione. Grande

classico della migliore scuola italiana e formi-dabile protagonista dei primi anni Settanta, lo Scrambler ha le sue origini nelle prime moto da

fuoristrada realizzate a Borgo Panigale. Si trat-tava di alcune 175 che in Italia erano destinate ad impiego crossistico e dalle quali è stata su-bito ricavata una versione destinata al mercato USA, dotata di faro e di targa e quindi impiega-bile su strada. Ne sono state costruite pochis-sime, mentre la 200 Motocross (questa era la

Tecnica

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denominazione della casa) apparsa a pochi mesi di distanza è stata prodotta in numeri che comin-ciavano ad essere interessanti. Questo modello era destinato fondamentalmente al mercato nordamericano, che stava diventando sempre più interessante per la casa bolognese, grazie al dinamismo dell’importatore Berliner, che dispo-neva di grandi mezzi e di una valida rete com-merciale. La successiva 250 Scrambler, com-mercializzata a partire dal 1962, è nata proprio in seguito a una sua specifica richiesta. Si trattava di una moto che oggi verrebbe definita enduro stradale. Il faro e l’impianto elettrico potevano essere rimossi agevolmente per impiegarla in gare sullo sterrato o nel deserto. Il serbatoio ave-va una forma tondeggiante e una colorazione az-zurro e argento. Nel 1964 sono arrivati il cambio a cinque marce e un nuovo serbatoio, ma solo nel 1967 l’estetica è diventata analoga a quella delle Scrambler che tutti conosciamo, ovvero a quelle azionate da un monocilindrico della serie a “carter larghi”. Fino ai primi mesi del 1968 la 250 Scrambler è stata dotata del telaio con singolo

tubo posteriore discendente di grande diametro, nel quale era alloggiato il fulcro del forcellone ed erano ricavati due attacchi del motore, ancora della serie a “carter stretti”.

Nuovi motori e comincia l’avventura Nella primavera del 1968 a Borgo Panigale sono entrati in produzione i nuovi monocilindrici di 350 e di 250 cm3 a carter larghi, presentati al salone di Colonia dell’anno precedente, e con loro hanno esordito i nuovi Scrambler, che han-no avuto uno straordinario successo anche in Italia, oltre che negli USA, e che hanno dato un contributo fondamentale alla creazione della leg-genda Ducati. La versione di 450 cm3 è arrivata nel 1969. I motori di questa serie, punto finale della evoluzione degli straordinari monocilindri-ci monoalbero con comando della distribuzione ad alberello e coppie coniche progettati dall’ing. Taglioni, riprendevano le stesse soluzioni tecni-che già impiegate nei modelli precedenti, rispet-to ai quali avevano però subito una completa

Questo 250 impeccabilmente restaurato è del 1971-72. Il carburatore è un Dell’Orto VHB da 26 mm (usato sulla maggior parte degli esemplari prodotti) Il motore è una autentica scultura, oltre che un vero capolavoro di meccanica.

La distribuzione è monoalbero, con valvole (inclinate tra loro di 80°) richiamate da molle a spillo

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rivisitazione, al punto che i componenti inter-cambiabili erano davvero pochissimi. La diffe-renza principale, per quanto riguarda l’aspetto esteriore, era costituita non tanto dalla larghez-za del basamento (la diversità era in effetti assai modesta), quanto dal fatto che la coppa dell’olio si estendeva per tutta la lunghezza del motore e che gli attacchi posteriori al telaio erano molto più larghi. Nella testa erano alloggiati l’albero a camme, che ruotava su due cuscinetti a sfere, le due valvole, inclinate tra loro di 80°, e i bilancieri a due bracci con riporto di cromo duro sul pattino. Le guide e le sedi delle valvole, che venivano ri-chiamate da molle a spillo (i monocilindrici Duca-ti sono stati gli ultimi motori motociclistici di serie a impiegarle), erano installate con interferenza. Il cilindro, in lega di alluminio come la testa, era do-tato di una canna riportata in ghisa, del tipo con bordino di appoggio superiore. L’albero a gomito

di tipo composito era in tre pezzi (due semialberi più il perno di manovella), uniti per forzamento alla pressa, e poggiava su due cuscinetti di ban-co a sfere, più un terzo “ausiliario”, di modeste dimensioni, montato nel coperchio laterale sini-stro del basamento. Il pistone forgiato (autentica raffinatezza!) era collegato all’albero a gomito da una biella in acciaio da cementazione, la cui testa lavorava su rullini ingabbiati. L’estremità destra dell’albero a gomito azionava la pompa dell’olio, unitamente all’ingranaggio del ruttore di accen-sione; inoltre, tramite una coppia di ingranaggi conici, muoveva anche l’alberello verticale di comando della distribuzione (diviso in due parti che si univano per mezzo di un innesto a baio-netta). Una seconda coppia conica trasmetteva il moto dall’alberello verticale all’albero a camme. La trasmissione primaria a ingranaggi era po-sta sul lato sinistro e inviava il moto al cambio a

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cinque marce, del consueto tipo in cascata, tra-mite una frizione a dischi multipli lavorante in bagno d’olio.

A corsa corta il 250 e il 450Il motore di 250 cm3 aveva un alesaggio di 74 mm e una corsa di 57,8 mm. Esteriormente si distingueva per il cilindro dotato di otto alette e per la scritta 250 sul coperchietto posto sul lato sinistro della testa, subito sopra la candela. Dal punto di vista tecnico altre differenze, rispetto ai motori a carter larghi di maggiore cilindrata, era-no costituite dalle valvole più piccole (da 36 mm alla aspirazione e da 33 mm allo scarico) e dall’al-bero a gomiti con volantini discoidali. Nel 350 le misure caratteristiche erano pressoché quadre; passavano infatti a 76x75 mm. La valvola di aspi-razione era da 40 mm e quella di scarico da 36 mm; il cilindro, più alto, era dotato di nove alette.

Diverso era il rapporto della trasmissione prima-ria, che impiegava anche un materiale differen-te (si passava dalla ghisa all’acciaio) da quello della 250 per la corona, realizzata di pezzo con la campana della frizione. Sul coperchietto sini-stro della testa spiccava la scritta 350. L’albero a gomito aveva un volantino discoidale e uno con una conformazione “a mannaia”. Il carburatore era da 29 mm. Il 450 (la cilindrata esatta era 436 cm3) aveva un alesaggio di 86 mm, che veniva abbinato alla stessa corsa del 350, ossia 75 mm. Il cilindro era però più alto e dotato di 10 alette (la cosa era resa possibile dalla adozione di una biella più lunga). Pure in questo caso le valvole erano da 40 e da 36 mm e il carburatore da 29 mm. L’albero a gomito aveva entrambi i volantini “a mannaia”, anche se di dimensioni differenti. Le teste con distribuzione desmodromica (pri-mo esempio mondiale di questa soluzione, per

Tecnica

Un bell’esemplare di 250 Scrambler del 1970 (si osservi l’attacco del portatarga, ancora del primo tipo). Ottimo restauro, ma la sella è dell’ultima serie e gli ammortizzatori dovrebbero essere a molla coperta

Osservato dal lato destro il classico monocilindrico di Taglioni, qui nella versione di 250 cm3, mette in mostra l’astuccio tubolare che protegge l’alberello di comando della distribuzione

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quanto riguarda i motori di serie!) hanno fatto la loro comparsa nell’autunno del 1968 sui modelli Mark 3 D di 250 e di 350 cm3. In seguito per un certo periodo sono state disponibili come optio-nal anche per gli Scrambler (con un sovrapprez-zo di 36.000 lire), ma sono stati davvero pochi quelli che le hanno richieste. Tra gli step evolutivi di maggiore significato a livello motoristico, per quanto riguarda i monocilindrici a carter larghi, vanno ricordati l’adozione di due cuscinetti di banco di eguali dimensioni, dalla metà del 1970 (in precedenza quello destro era più piccolo), il passaggio alla accensione elettronica (Ducati o Motoplat) da quella a ruttore e, proprio nell’ulti-mo periodo di produzione, l’impiego di una biella con cuscinetto di maggiori dimensioni (già un aumento del diametro del perno di manovella c’era stato per il 250 e il 350 alla fine del 1968).

Culla aperta Il telaio degli Scrambler era a culla aperta, con un tubo superiore di grande diametro e che si uni-va a una struttura posteriore realizzata con tubi più piccoli, che scendevano da entrambi i lati per unirsi alle piastre nelle quali erano realizzati gli attacchi per il motore e per il fulcro del forcellone oscillante. Anteriormente c’era un tubo singolo che scendeva dal cannotto di sterzo per andar-si a fissare al basamento. Le sospensioni erano allo stato dell’arte, con due ammortizzatori e la forcella di fabbricazione Marzocchi dotata di soffietti in gomma. La ruota anteriore, munita di un freno a tamburo da 180 mm, era da 19 pol-lici e la posteriore da 18. Nel 1973 sul 350 e sul 450 Scrambler hanno fatto la loro comparsa un freno anteriore a quattro ganasce, con doppio piatto portaceppi (eguale a quello impiegato sui

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modelli Desmo), e una forcella a canne scoperte. Più o meno nello stesso periodo hanno comin-ciato ad essere impiegati per le versioni di 250 e 350 cm3 motori costruiti in Spagna dalla Mo-totrans (il 450 è sempre stato fabbricato solo in Italia). Questi monocilindrici esteriormente si distinguono da quelli prodotti a Bologna solo per l’assenza della dicitura “Made in Italy” sul coper-chietto ovale di accesso al registro della frizione (collocato sul lato sinistro). La fabbricazione degli Scrambler è andata avanti fino alla fine del 1974, quando i numeri di vendita erano ormai di-ventati molto modesti. Nei primi mesi del 1975 le linee di lavorazione sono state smantellate; al loro posto dovevano essere allestite quelle degli sfortunati motori a due cilindri paralleli.

Colorazioni differenti Gli Scrambler non sono scomparsi subito dalla

Questo è un 350, con il cilindro dotato di una aletta in più rispetto al 250. Si può notare la presenza dell’alzavalvola, che agevola la messa in moto. Il portatarga non è originale

Una 350 Scrambler ultima versione, con accensione elettronica, forcella a canne scoperte, freno anteriore a quattro ganasce, fiancatine rigide e faro cromato, di nuova forma

Tecnica

scena ma hanno continuato ad essere venduti per diverso tempo, in modo da smaltire le gia-cenze di magazzino (erano ancora in listino nel 1976). Si trattava di alcune centinaia di pezzi; ben poca roba, in confronto alle migliaia di unità che in precedenza venivano commercializzate annual-mente. E’ stato in questo periodo che sono apparse co-lorazioni “anomale” come blu e verde, utilizzate come ultimo incentivo alle vendite. I colori storici degli Scrambler sono giallo canarino (carico e tendente all’ocra) per il 250, arancione per il 350 e giallo limone per il 450. In totale gli esempla-ri prodotti, di tutte le versioni, sono stati più di 35.000. Sembra che qualche decina di moto sia stata assemblata, utilizzando i ricambi disponibi-li, ancora nel 1977-78, per soddisfare le richieste di alcuni concessionari.

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uSa Il 30% deI MotoCIClIStI non ha la Patente Moto, tanto l’aSSICurazIone PaGadi Pietro Ambrosioni | Oltreoceano divampa la polemica per l’introduzione di patenti a livelli per limitare l’accesso alle moto potenti. Il timore delle Case è che si vendano meno moto, mentre ai motociclisti poco importa perché molti di loro non hanno mai conseguito la patente per le due ruote

T ornare da un bel viaggio in moto è sempre un trauma, non solo perché per un altro bel po’ di tempo non po-trò fare la cosa che più mi piace, ma

anche perché una volta a casa ci sono un sacco di cose in arretrato da fare che mi aspettano. E im-mediatamente quel tramonto con il sole in faccia

che filtra tra la polvere rossa delle sterrate bra-siliane sembra lontano mille anni luce… Comun-que, meglio non pensarci, specialmente adesso che arriva la stagione fredda. Recentemente negli USA è scoppiata una polemica che in pochi giorni ha assunto toni abbastanza accesi. Il tut-to parte dallo stato dello Utah, dove per la prima

On the road

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volta nell’Unione è passata una legge di “tiered licensing” ovvero patenti a livelli. In pratica si è deciso di limitare potenza e cilindrata delle moto a disposizione dei neopatentati. Una cosa del tut-to normale in Europa, e che io stesso supporto al 100%: non voglio attorno a me dilettanti allo sbaraglio alla guida di una 1000RR! Ma qui, come sempre quando una legge “limita” qualcosa, si è scatenato il putiferio, soprattutto dopo che lo stato dell’Illinois (dove si trova Chicago) ha fatto sapere di essere in procinto di fare la stessa cosa. L’idea è di istituire una terza categoria, oltre alle due attuali, divise dallo spartiacque dei 150cc. Si pensa adesso di creare un terzo livello, per moto superiori ai 600cc di cilindrata. Questo, oltre a ridurre il numero di incidenti mortali che si sono registrati negli ultimi anni, renderebbe anche le cose più difficili a molti furbetti che si presentano alla prova di guida con delle moto piccole e ma-neggevoli - spesso prese a prestito o noleggiate - invece delle moto che in realtà andranno poi a guidare. Ma questi argomenti sembrano non in-teressare, e in molti hanno deciso di far sentire la propria voce. Da un lato c’è stata una levata di scudi dei soliti noti, quelli che difendono la “liber-tà” a prescindere: se lo stato o il governo limita qualcosa loro scendono in piazza. Dall’altro ci sono gli operatori del settore, e soprattutto i ti-tolari delle concessionarie dell’Illinois, che è uno degli stati a più alta concentrazione di motoci-clette del Paese. L’argomento principale degli op-positori al “tiered licensing” è la paura di rendere ancora meno accessibile un settore che negli USA è in crisi da anni. Dicono, in pratica, che più sono gli ostacoli e le trafile burocratiche che un cliente deve affrontare per comprare una moto e meno sono le possibilità che questo potenziale acquirente vada invece a spendere i soldi altrove, magari in una concessionaria di auto. Special-mente se consideriamo che, ad esempio, una Chevrolet Camaro SS da 420 cavalli non richiede invece alcun permesso extra o ulteriore training. La cosa mi lascia abbastanza perplesso: come sempre negli USA si guarda prima al ritorno

economico e solo dopo alla sicurezza. C’è poi da considerare il fatto che solo una bassissima per-centuale di motociclisti americani ha la patente della moto. I dati della NHTSA (National Highway Traffic Safety Adiminstration) dicono che il 32% di motociclisti coinvolti in incidenti mortali non hanno la patente moto, il che mi fa pensare che il numero globale degli irregolari in circolazione sia molto maggiore. Ogni Stato ha politiche diverse riguardo ai provvedimenti in caso di guida senza il “motorcycle endorsment”, che vanno da multe abbastanza basse - mediamente $70 - al ritiro della moto, ma la cosa viene considerata una “ci-vil infraction” e non una vera e propria violazio-ne, e l’intera materia rimane sospesa un po’ nel limbo. Persino le assicurazioni hanno politiche ambigue e generalmente si assume che la coper-tura rimanga attiva anche in assenza del permes-so specifico per la moto. Ovviamente c’è caso e caso, ma il fatto stesso che per assicurare l’auto ti chiedano la copia della patente mentre per as-sicurare la moto non vogliano nulla (esperienza personale) lascia intendere che ci sia ancora da fare molta chiarezza. Sia quel che sia, questa ulti-ma polemica sul “tiered licensing” mi sembra un po’ la guerra alle intenzioni, forse più per partito preso che altro. Da notare come le Case, inve-ce, si stiano per ora tenendo bene alla larga da questo improvviso vespaio… Possibile che non si capisca che è meglio un cliente “intero” su una 400cc che un pivello in ospedale per aver sotto-valutato la potenza di una 1000? Paradossale, specialmente se consideriamo che in Brasile, al contrario, sempre più voci dell’industria stanno chiedendo al governo di legiferare per porre un limite a cilindrate e potenze a disposizione dei neopatentati. Il tutto nonostante il mercato sia in calo come numeri e le grosse cilindrate (che in Brasile sono quelle dai 600cc in su) stiano solo adesso ini-ziando a vendere bene, dopo che la maggior par-te delle Case ha deciso di impiantare delle sede di produzione sul territorio per evitare gli assurdi dazi (fino al 105%!) sulle importazioni.

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NicO cereghiNiordInI dI SCuderIa e oCChI neGlI oCChIBonera obbedì agli ordini della MV e regalo’ il titolo mondiale 1974 a Read, Cadalora invece non obbedì a Roberts e nel ‘93 vinse a Donington sul compagno Rainey. E tutti e due però guardano le figlie dritte negli occhi...

figlio motorista in Yamaha, e ha ben due figlie: mi conferma che può guardarle negli occhi sen-za particolari difficoltà. Come Luca Cadalora, anche lui ha due femmine e dichiara che per guardarle negli occhi occorre aver fatto molto di più che vin-cere o perdere una gara. “Però la prima corsa di Magny Cours era inguardabile. Se un pilota deve vincere il titolo - aggiunge il modenese - vinca le gare. Se servono giochi, vuol dire che la squadra ha sbagliato qualcosa prima, e allora fondamentale diventa l’accordo tra i piloti. In 125, quando mi giocavo il mondiale con Gresini, la fede-razione temeva che avremmo combinato qualche pasticcio e allora ci convocarono: vole-te mettervi d’accordo? Noi ri-spondemmo no, vogliamo gio-carcela alla pari. Però le cose bisogna dirsele in faccia”. E in-fatti Kenny, finita la gara di Do-nington, faccia a faccia dentro un camion ti insegnò una bella serie di ingiurie tipicamente americane... “Sì, però li non c’erano accordi, anche perché una mia vittoria non era nean-che contemplata. Già a Brno, per il GP successivo, eravamo in armonia e Wayne vinse me-ritatamente la corsa. Nessun rimpianto: lui non aveva biso-gno di regali e io avevo ottenuto quello che volevo, il mio valore era stato riconosciuto e allora sì che avrei fatto il massimo per la squadra e per Rainey”. Adesso ho le idee più chiare.

C iao a tutti! Quel po-verino di M e l a n d r i si è tirato a d d o s s o

un sacco di critiche ma non si vede cosa avrebbe dovuto fare. Una gara l’ha lasciata al compagno Guintoli che è an-cora in corsa per il mondiale, la seconda invece se l’è tenuta perché alla generosità c’è un li-mite, e alla fine, forse, la mossa più sorprendente e contesta-ta è stata quella frase circa la figlia da guardare negli occhi.

Una espressione un po’ latino americana, una cosa alla Mara-dona. E così, per vederci chia-ro, ho chiamato due amici che tanto tempo fa ebbero a che fare con famosi ordini di scu-deria e agirono diversamente: Gianfranco Bonera che nel ‘74 ubbidì al muretto MV e rinunciò così a un titolo mondiale in 500 che per lui sarebbe stato unico, Luca Cadalora che nel 1993, a Donington, ignorò la tabella che gli ordinava di aspettare e far passare Wayne Rainey e vinse la 500 facendo arrab-biare Kenny Roberts. “Non lo

rifarei - comincia Bonera - ma sono sereno: i meccanici, gli amici, insomma quelli che con-tano, sanno che quel titolo era mio. Ma la mia vicenda non è paragonabile, io non ero un pi-lota affermato, si può dire che passai dagli juniores alla MV, avevo soggezione, non avrei potuto fare diversamente. E poi sai una cosa? Quella volta mi dissi: non vinco quest’anno, lo farò l’anno prossimo...”. E inve-ce... “E invece nello sport non si può e non si deve regalare niente. Deve vincere il più for-te e basta”. Gianfranco ha un

Media

Se Servono giochi, vuol dire che la Squadra ha Sbagliato qualcosa prima, e allora fondamentale diventa l’accordo tra i piloti

Anche voi, spero. Bonera e Ca-dalora se la passano ugualmen-te bene e a proposito di sguardi aggiungono una sola cosa. Da spettatori, preferiscono vedere le gare vere. E noi pure.

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speCiaLe MoToGp

gP Del gIaPPone

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Marc Marquez CaMPIone del Mondo MotoGP 2014di Giovanni Zamagni | Trionfo di Jorge Lorenzo, con Marc Marquez secondo e Valentino Rossi terzo. Quinto Andrea Dovizioso, Marc Marquez matematicamente campione del mondo

T rionfo di Jorge Lorenzo, con Marc Marquez secondo e Valentino Ros-si terzo. Quinto Andrea Dovizioso, Marc Marquez matematicamente

campione del mondo. Alla fine, si può dire che sono contenti tutti: Lorenzo per aver vinto il suo secondo GP consecutivo (non gli era ancora suc-cesso quest’anno), Marquez per aver conquista-to il secondo titolo consecutivo, quarto della sua incredibile carriera, Rossi per aver conquistato un altro podio, Dovizioso per essere stato ancora una volta protagonista, anche se il distacco fina-le (14”353) è superiore alle aspettative.

LA GARAAl via, il più lesto è Valentino Rossi, con Andrea Dovizioso e Andrea Iannone in scia e Marc Mar-quez sesto. Ma Lorenzo è aggressivo, supera immediatamente Dovizioso e si mette in scia al compagno di squadra: sembra subito che ne ab-bia di più, che per Valentino non sarà facile tener-lo dietro. Jorge passa al quinto giro, alla staccata della curva 11, quella in discesa: di fatto, la lotta per il primo posto finisce qui. Marquez, intanto, risale, al nono giro si porta in terza posizione e comincia a studiare Rossi: al 15esimo pas-saggio, un fantastico giro, con Marc che passa

MotoGP

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Valentino, che resiste, le traiettorie si incrociano e Rossi ripassa alla curva successiva. Ma il cam-pione della Yamaha ne ha di meno e Marquez passa al 16esimo giro, questa volta in maniera definitiva, anche se Rossi rimane nella sua scia fino al traguardo. «E’ stata la gara di più alto li-vello dell’anno: ho provato a tenere aperto il campionato, complimenti a Marquez» sono le prime parole di Rossi, non esattamente felice per essere stato battuto dal compagno di squadra. Gli ultimi cinque giri sono andati avanti senza sorprese, con distacchi invariati e Lorenzo, Mar-quez, Rossi, Pedrosa all’ordine al traguardo, con Dovizioso più staccato.

ONORE AL SAMURAI MARQUEZCosì, con tre GP di anticipo, Marc Marquez è campione del mondo. «E’ stato il migliore in ge-nerale, merita il titolo» è il riconoscimento dello splendido vincitore Jorge Lorenzo, che se fosse partito nella stessa maniera in cui sta finendo il campionato, Marquez non sarebbe ancora iri-dato. Ma con i se non si fa la storia, mentre la sta facendo il fenomeno della Honda, capace di conquistare due titoli consecutivi a 21 anni e 237 giorni, togliendo un primato di precoci-tà che apparteneva a un certo Mike Hailwood. Il giro d’onore è stato in linea con la tradizione

giapponese, con Marquez festeggiato da un sa-murai e due accompagnatrici, che gli hanno con-segnato la spada con il quale Marc ha tagliato il palloncino del campione del mondo. «In questo momento non posso dire tante cose: natural-mente sono molto felice. E’ sembrato un cam-pionato facile, ma non è così e la pressione nelle ultime gare si è fatta sentire. Tutto questo senza la Honda, senza il team, senza la famiglia non si poteva fare: grazie a tutti» festeggia Marquez eb-bro di gioia.

DUCATI BENE, MA…Ancora una volta, Dani Pedrosa ha perso la pos-sibilità di salire sul podio nei primi giri, mentre Andrea Dovizioso ha conquistato un quinto po-sto che in altri momenti sarebbe stato celebrato con la champagne, ma che dopo quanto visto in prova lascia un po’ di amaro in bocca. Ma il Dovi, comunque grande anche oggi, è sem-pre sincero e bisogna credergli quando dice che Honda e Yamaha (non necessariamente in que-sto ordine) sono superiori. Sesto posto, come in prova, per Andrea Iannone, autore di un GP giu-dizioso. In classifica generale, bella sfida per il secondo posto, con Rossi e Pedrosa appaiati a 230 punti e Lorenzo a 227.

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eccO Perché Marquez dOMiNaParerI dal boxdi Giovanni Zamagni | Marc Marquez è un fenomeno assoluto, ma non spiegano qual è il suo segreto. Provano a svelarlo piloti, campioni del mondo, team manager, addetti ai lavori

C ampione del mondo per la seconda volta consecutiva in MotoGP, quar-to titolo della carriera a soli 21 anni in appena sette stagioni iridate: i nu-

meri dicono che Marc Marquez è un fenomeno assoluto, ma non spiegano qual è il suo segreto. Provano a svelarlo piloti, campioni del mondo, team manager, addetti ai lavori.

VALENTINO ROSSI (NOVE VOLTE CAMPIONE DEL MONDO): «ADATTABILITA’»«Nella prima parte della stagione la Honda era un po’ superiore alla Yamaha, ma credo che la differenza l’abbia fatta soprattutto Marquez: ha vinto sempre, con l’asciutto, il bagnato, nel “flag to flag”. In ogni condizione, senza mai sbagliare»

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MICK DOOHAN (5 VOLTE CAMPIONE DEL MONDO): «NATO PER GUIDARE»«E’ consistente, è molto veloce, in gara non fa quasi mai errori gravi, il suo livello è sempre al-tissimo: difficile dire cosa faccia veramente la differenza. Ha la mia stessa mentalità? A que-sta domanda faccio fatica a rispondere, perché secondo me dovrebbe essere normale volere essere sempre il più veloce, provare sempre a stare davanti, anche in un turno di prove libere… Lui crede in se stesso e vuole dimostrare agli al-tri di essere il più forte. Marc è nato per guidare e d’ora in avanti può anche guidare in modo più “conservativo” e fare ancora meno errori».

LORIS CAPIROSSI (3 VOLTE CAMPIONE DEL MONDO): «TUTTO GLI VIENE FACILE»«Ha un talento esagerato e tutto gli viene faci-le. Ci sono momenti, nella carriera di un pilota, nei quali vinci e ti sembra una cosa normale, ti

dici: “ma gli altri, perché vanno così piano?”. Lui questo momento ce l’ha da quando corre e il suo 2014 è stato incredibile: fino a Misano ha demoli-to tutti. La sua forza gli viene anche dal carattere: ride, è felice per quello che fa: sembra una cosa normale, ma non sempre i campioni sono così sereni. Credo che abbia la possibilità di domina-re a lungo».

ALEX CRIVILLE (2 VOLTE CAMPIONE DEL MONDO): «E’ COMPLETO»«E’ un pilota molto completo. Fa dirt track me-glio di chiunque altro e questo gli permette un controllo della moto fuori dal comune; è molto “elastico” si adatta a ogni situazione, sempre con la mentalità di tirare al massimo: è parago-nabile a Valentino Rossi di qualche anno fa. E non dimentichiamo che dietro di lui c’è il team HRC. Simile a Doohan? Non per come sta sulla moto e per l’approccio alle gare, ma come mentalità sì: come Mick vuole sempre stare davanti a tutti, anche nel warm up».

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TETSUYA HARADA (1 VOLTA CAMPIONE DEL MONDO): «INGRESSO IN CURVA»«Lui fa una grandissima differenza in entrata di curva: appena lascia i freni lui è velocissimo a piegare, a girare la moto e quando lui dà gas, la sua Honda si è già raddrizzata, con un enorme vantaggio in accelerazione. E’ un qualcosa molto difficile da fare: tutti gli altri piloti ci provano, ma quando la gomma posteriore inizia a scivolare, aspettano una frazione di secondo a piegare, in-vece lui inclina la moto come se nulla fosse. Non è “merito” della Honda, ma del pilota: faceva così anche in Moto2».

CARLOS LAVADO (2 VOLTE CAMPIONE DEL MONDO): «VOGLIA DI VINCERE»«Ha una voglia di vincere incredibile, oltre, na-turalmente, ha un talento smisurato. E’ un

fuoriclasse assoluto, come lo era – e lo è ancora – Valentino Rossi: in passato avevo detto che ci sarebbero voluti almeno 50 anni per vedere nel motomondiale un altro pilota come Rossi, ma Marquez ha accorciato i tempi…».

SITO PONS (2 VOLTE CAMPIONE DEL MONDO): «STILE DI GUIDA»«Intanto la moto: è l’unico che ha quella Honda, assieme a Pedrosa. Ha un talento immenso e correndo solo da sette anni le sue ambizioni sono altissime in ogni GP. Il suo stile di guida, inoltre, è molto differente: arriva a un limite inavvicinabi-le, prende rischi che gli altri non corrono. Credo sia soprattutto questo a fare la differenza. Quello che ha fatto Marquez non l’ha fatto nessuno: ha conquistato il titolo della MotoGP al debutto, al secondo anno ha vinto tanti GP come in passato era riuscito solo a Doohan o a Rossi, ma non alla loro seconda stagione nella massima categoria».

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LIVIO SUPPO (TEAM PRINCIPAL HRC): «CARATTERE»«Alla base, ovviamente, c’è un talento straordi-nario, ma credo che il suo vantaggio più grande sia il carattere, la capacità unica di vivere tutto in maniera positiva, trasmettendo il suo entu-siasmo a chi gli sta vicino. Se hai un carattere meno positivo, reagisci male quando capita una giornata storta, quando fai un errore, quando sbaglia il team: lo metabolizzi, te lo porti dentro, con ovvie conseguenze negative. Lui, invece, non perde mai il sorriso e la tranquillità, crea positivi-tà attorno a sé. Questa è una qualità innata, non la puoi costruire».

LUCIO CECCHINELLO (TEAM LCR): «CONVINZIONE»«A questi livelli, credo che la forza psicologica faccia la differenza: Marquez ha una convinzione nelle proprie capacità superiore alla media. L’ha

dimostrato ad Aragon, quando ha continuato a girare con le gomme “slick” nonostante la pista fosse completamente bagnata: ha “osato” a completare i tre giri che mancavano, a conferma di una smisurata convinzione in se stesso. E’ solo con questa sicurezza che uno sportivo riesce a fare delle cose eccellenti, anche se poi il confine tra fare un’impresa epica e un disastro è vera-mente sottile. Mi è sempre rimasta impressa una frase di Agostini: “Oltre a tutto, poi, ci vuole tan-ta fortuna, quella che accompagna solo i grandi campioni”».

PAOLO CIABATTI (RESPONSABILE PROGETTO MOTOGP DUCATI): «TALENTO»«Un talento eccezionale, unito alla giovane età. Il suo talento è a un livello sublime rispetto a quello degli altri piloti, uno di quei campioni che nasce ogni tanto e diventa subito un punto di

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aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaabbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb

riferimento. Marquez ha conquistato risultati fantastici con apparente facilità, mentre tutti gli altri faticano molto di più».

DAVIDE TARDOZZI (TEAM COORDINATOR DUCATI) «MENTALITA’»«Il suo segreto è la consapevolezza delle proprie capacità, unito a uno stile di guida decisamente innovativo, supportato da un talento stratosferi-co».

CARLO PERNAT (MANAGER): «TRAIETTORIE INCREDIBILI»«Marquez ha il coraggio dalla sua e ha 21 anni: solo a quella età fai certe cose. Lui fa meno per-correnza degli altri e ti lascia esterefatto per come si butta dentro alla curva. Sembra cade-re da un momento all’altro, ma sta sempre in

piedi sfidando le leggi della fisica. Credo che per i suoi avversari sia davvero complicato stargli dietro negli ultimi giri, perché le sue traiettorie sono incredibili, non sa mai che linea tiene: non ho mai visto nessuno fare qualcosa del genere. In passato ho visto Valentino Rossi fare dei sor-passi pazzeschi nelle ultime curve, come quello a Barcellona su Lorenzo nel 2009, ma Marquez è impossibile da passare nel finale. Per certi versi può essere definito come l’”anti-Pedrosa”: tan-to è preciso Dani, tanto cambia continuamente Marc».

FRANCESCO GUIDOTTI (TEAMMANAGER PRAMAC-DUCATI):«PACCHETTO MOTO/PILOTA»«Una perfetta combinazione tra stile di guida e moto: credo che se non avesse una Honda non farebbe tutta questa differenza. E’ chiaro che il

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suo livello è altissimo, ma in due anni non fai una differenza così grande se il pacchetto moto/pilo-ta non è perfettamente amalgamato».

ERVE PONCHARAL (TEAL TECH3): «COSTANZA»«Il suo primo segreto è un talento incredibile. Poi: fino a oggi, in 125, Moto2 e MotoGP è sem-pre stato abbastanza fortunato, tra virgolette naturalmente, non ha avuto mai problemi. Ha una grande confidenza nelle sue capacità, ha un gruppo attorno a sé che lo segue dal debutto nel mondiale e che per Marc è come una famiglia. Quando hai uno spirito così alto, acquisti sem-pre maggiore confidenza. I suoi rivali – Rossi, Pedrosa e Lorenzo – vanno forte, ma non hanno la stessa costanza: Marc è “nuovo”, è “fresco”, ha una regolarità inarrivabile. Non ha dubbi sulla moto, non fa calcoli, spinge sempre al 100%».

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Marc Marquez Parola Per Paroladi Giovanni Zamagni | Ecco cosa ha detto il fenomeno spagnolo dopo aver conquistato il secondo titolo consecutivo della MotoGP. “Oggi contava solo il mondiale, che è stato più difficile di quanto possa sembrare da fuori”

M arc Marquez parola per parola: ecco tutto quello che ha detto dopo aver conquistato il secondo titolo iridato della MotoGP, il quar-

to negli ultimi cinque anni su sette di mondiale. Un dominio perfino imbarazzante.

LA GARA«Nel warm up ero andato forte, ero sciolto sulla moto, ma in gara era inevitabile sentire la pres-sione, non volevo fare un altro errore dopo i due

commessi a Misano e Aragon. Il mio unico obiettivo era arrivare davanti a Rossi e Pedrosa e all’inizio non sono stato aggressivo come al solito, mi hanno superato in parecchi alla prima curva. Sono stato attento, non mi im-portava niente di Lorenzo e da metà gara in poi ho cominciato a prendere un buon ritmo, ho su-perato Valentino, ma lui è rimasto lì fino alla fine. In un’altra situazione avrei sicuramente spinto di più all’inizio per provare a tenere il passo di Lo-renzo».

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LA PRESSIONE«Sentivo la pressione di dover conquistare qui il titolo: quando mercoledì sono stato alla Honda, il grande “capo” (Takanobu Ito, presidente del-la Honda, NDA) mi ha detto: “domenica verrò a Motegi solo per vederti vincere”. Io sono sem-pre sorridente, ma non è facile quando c’è tanta aspettativa: ecco perché oggi non contava vince-re il GP, ma era importante solo arrivare davanti a Rossi e Pedrosa, non commettere nessun erro-re. Per la HRC conquistare qui il mondiale ha un significato davvero particolare». DIFFENZA 2013/2014«L’anno scorso mi potevo anche permettere un errore, perché essendo un debuttante non do-vevo vincere a tutti i costi. Quest’anno no, era diverso, non potevo fare sbagli, perché tutti si aspettavano una mia vittoria. All’inizio del cam-pionato ho preso un buon vantaggio e questo mi ha permesso di rischiare qualcosa in più in alcu-ne circostanze, come a Misano o ad Aragon, ma

la verità è che è stato un campionato tutt’altro che facile. Anche perché durante l’inverno mi ero fatto male facendo dirt track e in tanti mi aveva-no criticato, dicevano che ero stato un stupido».

MOMENTO CHIAVE«In realtà, quell’allenamento mi è servito per mi-gliorarmi e nonostante non fossi al meglio fisica-mente, sono arrivato alla prima gara molto con-centrato: vincere in Qatar mi ha dato sicurezza e a inizio stagione ho sfruttato al meglio le difficol-tà dei miei avversari. Rispetto all’anno scorso, credo che l’esperienza mi abbia permesso di controllare meglio ogni si-tuazione, mi ha consentito di fare meno errori, anche se ne ho fatto ancora qualcuno di troppo: posso migliorare ancora. Nel 2014, poi, la Honda mi ha messo a disposi-zione una moto più adatta al mio stile di guida, una RC213V che mi consente di rimediare più facilmente a qualche sbaglio, tipo un lungo in staccata».

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INCIDENTE 2011«Quando nel 2011 mi sono fatto male in Malesia (Marquez era caduto per la mancata segnalazio-ne da parte dei commissari di pista della pioggia, con conseguenze sulla vista e per quello perse il titolo e le ultime gare di quella stagione, NDA) è stato il momento più difficile della mia carriera. Quelli successivi, sono stati sei mesi lunghissi-mi, durante i quali sarò stato da sei, sette dottori differenti per cercare di capire esattamente qual era il problema. Tutti, più o meno, mi dicevano che avrei potuto tornare al 100%, ma che non c’era la certezza assoluta. Anche in quel periodo, però, ho cerca-to di mantenere una mentalità positiva, ma ero anche preoccupato, perché era impossibile gui-dare. Poi sono stato operato ed è andata sempre meglio. Quel difficile periodo mi ha insegnato che devi sempre goderti il momento positivo che stai vivendo».

IL SEGRETO«Come sempre non è uno solo, ma è un insieme di cose: la Honda che mi ha messo a disposizione una moto eccellente, dandomi grandi motivazio-ni; la squadra, fondamentale non solo per il lavo-ro sulla RC213V, ma anche per la serenità che mi dà; la famiglia; i sacrifici; l’applicazione».

INVINCIBILE«Un po’ ci ho sperato di poterle vincere tutte, ma in realtà sapevo perfettamente che è quasi im-possibile, che durante una stagione si commet-tono sempre uno o due errori. A Misano sono caduto per un eccesso di confi-denza e per i punti di vantaggio che avevo, men-tre ad Aragon è stata una situazione un po’ dif-ferente. E’ chiaro, però, che adesso negli ultimi tre GP correrò solo con l’obiettivo di vincere».

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AVVERSARI«Quando io sono arrivato in MotoGP, i più velo-ci erano Lorenzo, Pedrosa e Rossi ed è natural-mente da loro che ho cercato di apprendere di più, di scoprirne i segreti. Qui il livello è altissimo, ma Valentino è quello che mi impressiona di più: a 35 anni è secondo in classifica generale e anche oggi ci ha provato fino all’ultima curva solo per provare a rinviare il mio titolo. Davvero incredibile».

QUANTI TITOLI?«Non si può rispondere a questa domanda, può succedere di tutto, in questo sport è difficilissi-mo mantenersi costantemente a un certo livel-lo, ma è più facile fare un po’ di su e giù come sulle montagne russe… Non so quanti titoli potrò ancora conquistare, mi godo questo momento positivo».

GARA IN MOTO2«Sì, è vero che a un certo punto della stagione ho pensato di correre in Moto2 a Valencia. Ma c’è un limite che non devi oltrepassare, sarebbe stato eccessivo, anche perché devi prepararti per pro-vare a vincere, non puoi correre tanto per farlo… Diciamo che ci ho pensato per una settimana, non di più. Escludo che correrò in Moto2 a Valen-cia, magari potrei farlo in Moto3… (una battuta, naturalmente NDA)»

SAMURAI«E’ stata un’idea di mio fratello Alex e di Hector (il suo bravissimo addetto stampa, NDA): me l’hanno detta ad Aragon, io ho dato loro ok, ma poi non me ne sono più interessato. Insomma, è stata una mezza sorpresa anche per me: mi è sembrata divertente e carina, perfettamente in tema con il Giappone. E a me piace lo spirito Samurai…»

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valeNtiNO rOSSi “la feSta è fInIta”di Giovanni Zamagni | Valentino si rammarica per non aver rinviato la conquista del titolo di Marquez. “Ci ho provato fino alla fine, ma ne aveva di più. Buona gara, ma bisogna provare a vincere uno degli ultimi 3 GP”. Il commento di Lorenzo e Dovizioso

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Contento a metà: Valentino Rossi è soddisfatto per aver conquistato il decimo podio stagionale e per essere andato forte dal primo all’ultimo giro, ma da campione qual è, non si dà pace per essere stato bat-tuto dal compagno di squadra e da Marc Marquez. «E’ stata la gara di più alto livello del-la stagione, perché abbiamo girato costantemente sotto il primato della pista, senza che nessuno commettesse errori. Sono andato molto forte fino alla fine e questo significa che abbiamo fatto un buon lavoro nel box, che la M1 era veramen-te competitiva. Mi spiace, però, che Lorenzo mi abbia battuto e di non essere riuscito a te-nere aperto il campionato fino all’Australia: ovviamente non sarebbe cambiato nulla per l’e-sito finale, ma adesso la festa è finita…».

Dopo che ti ha superato, Mar-quez aveva preso un piccolo

margine, ma nel finale ti sei riavvicinato: hai sperato di ri-uscire a prenderlo?«Sì, ma la verità è che lui aveva ancora qualcosa nel taschino ed è riuscito a mantenere un po’ di margine. Pedrosa alla fine era il più veloce e anch’io spingevo tanto, ma non è sta-to sufficiente per battere Mar-quez».

adesso sei secondo in cam-pionato a pari punti di pedro-sa e con tre punti in più di Lo-renzo: come lo vedi il finale di stagione?«Siamo tutti e tre veloci, in que-sto momento moto e squadre sono al massimo livello: non sarà facile mantenere la posi-zione. Sicuramente il più peri-coloso è Jorge, ma io non pen-so solo al secondo posto nel mondiale, voglio anche provare a vincere».

Cosa dici di Marquez?«Gli faccio grandi complimenti,

ha vinto in ogni condizione: si merita il titolo. Per me, però, era stato ancora più impres-sionante nel 2013, perché è dif-ficilissimo vincere al debutto. Alla fine dell’anno scorso ci si chiedeva quanto avrebbe potu-to migliorare nel 2014: sfortu-natamente è migliorato tanto, nello stile di guida, nel modo di accelerare. E’ aggressivo come lo era nel 2013, ma sembra che abbia sempre la situazione sot-to controllo. Credo che abbia la possibilità di vincere tanti tito-li».

LORENZO: “NON GUARDO AL PASSATO”«E’ stata una gara dura, diffici-le, la più intensa del 2014 per il ritmo tenuto da tutti i piloti. Valentino è partito forte, poi ha rallentato un po’ e ho cercato di passarlo più velocemente possibile, perché sapevo che Marquez sarebbe stato veloce. E’ bello vincere in casa della

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Honda: la mia seconda parte di stagione è davvero buona. Peccato per l’inizio, per i due errori madornali commessi nel-le prime due gare: ma non ho rimpianti, non mi guardo mai indietro. C’erano delle ragioni – fisiche e tecniche -, ma la Ya-maha ha fatto un gran lavoro e adesso siamo veloci. Marquez, a parte Misano e Aragon, è sta-to quasi perfetto, aggressivo, ma anche consistente: gli fac-cio grandi complimenti».

DOVIZIOSO: “I FATTI MI DANNO RAGIONE”«Spesso vengo accusato di non essere ottimista, ma io sono

realista: la Ducati è migliora-ta più di quanto mi aspettassi dall’inizio dell’anno, ma rimane la differenza con Honda e Ya-maha. Alla fine ho chiuso a 14” dal primo, ma non conta gran-ché, perché negli ultimi giri ho rallentato, perché avevo troppo distacco da chi mi stava davan-ti (Pedrosa) e molto margine su chi mi inseguiva (Iannone). E’ stato comunque un GP positi-vo, non solo per la pole: il ritmo dei primi è stato infernale e noi non siamo lontani. Certo, dopo le prove ti illudi un po’, e un quinto posto non è granché, ma la realtà è que-sta».

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SPuNti, cONSideraziONi, dOMaNde doPo Il GP del GIaPPonedi Giovanni Zamagni | Yamaha ha colmato definitivamente la differenza con la Honda? Perché Rossi non è riuscito a contrastare Lorenzo e Marquez? Ducati ha fatto un passo indietro in gara?

l a Yamaha ha vinto le ultime tre gare: ha colmato definitivamente la diffe-renza con la honda?Sicuramente la M1 è cresciuta mol-

tissimo in questa seconda parte della stagione, ma va sottolineato che Misano, Aragon e Motegi sono stati GP particolari, per diversi motivi: la su-per motivazione di Rossi in Italia, il “flag to flag” in Spagna, la pressione di Marquez in Giappone per il titolo mondiale. Gli ultimi tre GP, quindi, indicheranno meglio i valori tecnici di Honda e Yamaha.

Marc Marquez avrebbe potuto conquistare il Gp senza i “calcoli” iridati?Nel warm up, il campione della Honda aveva di-mostrato di avere un passo da paura e Marc ha dichiarato di essere stato piuttosto prudente all’inizio. Al terzo giro era quarto staccato già di 1”488, ma al quinto era a soli 0”601 da Jorge Lorenzo, passato al comando proprio in quel passaggio. Qui Jorge ha dato uno “strattone” e il distacco di Marquez si è assestato attorno al secondo e 0”3, fino al 15esimo giro, quando la serie di sorpassi con Rossi ha fatto crescere il

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vantaggio di Lorenzo su Marquez a 2”586, di-stacco rimasto grosso modo invariato – decimo più decimo meno – fino al termine. Insomma, il cronologico dice che battere Lorenzo non sareb-be comunque stato facile.

perché valentino Rossi, scattato al comando, non è riuscito a contrastare Jorge Lorenzo e Marc Marquez?Semplicemente perché Rossi, anche se di poco, pochissimo, era più lento dei sui rivali e non riu-sciva a tenere il loro ritmo. I giri veloci di ciascun pilota aiutano a capire la situazione: Lorenzo 1’45”350 (8° giro); Pedrosa 1’45”381 (20°); Mar-quez 1’45”389 (4°); Rossi 1’45”545 (20°); Do-vizioso 1’45”557 (3°). Una differenza di un paio di decimi che con Lorenzo si è mantenuta più o meno per tutta la gara, mentre Marquez ha fatto più “elastico”, dimostrando però di avere un po’ di margine da utilizzare in caso di bisogno.

ancora una volta Dani pedrosa si è giocato la possibilità di salire sul podio nei primi giri: per-ché?Difficilissimo rispondere a questa domanda: fino al 2013, Dani era fenomenale proprio a inizio gara e più in difficoltà alla fine, mentre dall’inizio del 2014 sta accadendo esattamente il contra-rio. «Colpa della nuova gestione elettronica» ha

detto una volta Pedrosa, ma la sua spiegazione non è affatto convincente. Resta il fatto che ne-gli ultimi giri, Dani è spesso il più veloce, come è successo anche in questa occasione.

andrea Dovizioso ha chiuso a 14”353 dal pri-mo: è quindi un passo indietro rispetto agli ul-timi Gp?In realtà no: il distacco è dovuto soprattutto all’andamento della gara. Al 17esimo giro, Dovizioso era a 6”292 da Lo-renzo, ma essendo ormai troppo staccato da Pedrosa e avendo un grande vantaggio su Ianno-ne, Andrea ha rallentato il passo di un secondo al giro per evitare un’inutile scivolata: se si fosse trovato in lotta con Dani o se fosse stato costret-to a difendersi dagli attacchi dell’altro Andrea, la differenza con il vincitore sarebbe stata certa-mente inferiore, probabilmente contenuta nei fa-mosi dieci secondi indicati da Gigi Dall’Igna come il vero obiettivo stagionale.

Come mai aleix espargaro ha chiuso solo 11esimo a 40”668 da Lorenzo?In tutto il fine settimana, Aleix e la sua squadra non sono riusciti a trovare una messa a pun-to che gli permettesse di essere competitivo. Espargaro non “sentiva” la moto e il risultato è la conseguenza di queste difficoltà.

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10 JoRGe LoReNZo Una vittoria senza se e senza ma, un do-

minio simile a quello del 2013. D’accordo, Mar-quez pensava più al titolo che al successo, ma il cronologico dei tempi dice che Lorenzo ha girato con un passo spaventoso, difficilmente raggiungibile in ogni condizione. Negli ultimi sei GP, Jorge ha conquistato quattro secondi posti e due vittorie, per un totale di 130 punti su 150 disponibili: impressionante.

10 MaRC MaRQueZSe fosse stato un GP normale, il campio-

ne della Honda non sarebbe andato oltre l’otto,

perché in tutto il fine settimana è stato altalenan-te, con picchi di grande competitività, ma anche passaggi a “vuoto” e qualche sbaglio di troppo. Ma questa non era una gara normale e non ci si può dimenticare che Marquez, seppure straordi-nario, ha sempre 21 anni. Insomma, ci può stare di andare un po’ in confusione: i prossimi GP sa-ranno diversi. Fenomeno.

8 vaLeNTiNo RossiEra a posto, ma non a postissimo eppure

ci ha provato in tutti i modi, prima stando al co-mando, poi replicando con grinta ai sorpassi di Marquez, tenendolo sulle spine fino al traguardo.

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E’ sempre protagonista, è sempre velocissimo, è sempre lì a giocarsela: inesauribile.

6 DaNi peDRosaAlla prima curva si era già capito che non

avrebbe nemmeno provato a tenere aperto il mondiale. Che differenza con Valentino, che ci prova in tutti i modi, sempre e comunque, mentre lui comincia a spingere quando i rischi sono “ridotti” al mas-simo. E’ vero, poi è arrivato in sica a Rossi, ma, di fatto, non è mai stato protagonista. In Spagna lo defi-niscono come “un pane senza sale”…

8 aNDRea DoviZiosoIl Dovi si sta guadagnando – meritatamen-

te – la stima di colleghi, ex piloti, team manager, addetti ai lavori: insomma di tutti quelli che se-guono la MotoGP. Veloce, preciso, sicuro, determinato, concreto: come già detto altre volte, fino a prova contraria non si può fare meglio con la moto a sua disposi-zione. Alto livello.

6,5 aNDRea iaNNoNeLa sua prestazione complessiva viene

un po’ ridimensionata dal confronto con Dovi-zioso, sempre più veloce di lui in prova e in gara. Questo, però, non significa che Iannone sia anda-to piano, tutt’altro: un GP positivo.

5 sTeFaN BRaDL Purtroppo bisogna ripetersi: se con una

Honda fai nono in qualifica e settimo in gara, si-gnifica che la prestazione è stata insufficiente. Lontanissimo.

5 poL espaRGaRo Alla fine lotta con Bradl, ma non può certo

essere considerato un risultato positivo. Plafo-nato.

5 BRaDLeY sMiThPurtroppo non lascia traccia nel GP del

Giappone. Anonimo.

4 aLvaRo BauTisTa In prova entra a fatica in Q2, in gara

le Pagelle del GP del GIaPPonedi Giovanni Zamagni | Dieci per gli spagnoli Lorenzo e Marquez, 8 per gli italiani Rossi e Dovizioso. Appena sopra la sufficienza Perdrosa e Iannone. Per gli altri solo brutti voti

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sprofonda a 35”687 dal vincitore: Alvaro, dove sei finito?

4 CaL CRuTChLoWE’ caduto al secondo giro mentre era in de-

cima posizione.

9 YaMaha M1Velocissima fin dal primo turno di libere,

sulla pista della Honda la Yamaha non è sem-brata affatto inferiore. E, ancora una volta, ha ottenuto il miglior risultato complessivo con un primo e un terzo posto.

8,5 hoNDa RC213vSolitamente imbattibile in frenata e

fortissima in accelerazione, questa volta sia Mar-quez sia Pedrosa facevano una gran fatica a fer-mare la moto, anche se più in prova che in gara, per la verità. Rimane il punto di riferimento, ma a Motegi, complessivamente, è sembrata meno efficace dalla Yamaha.

7 DuCaTi Gp 14.2Con questa moto non si può lottare per la

vittoria e nemmeno per il podio, a meno di circo-stanze più che favorevoli, ma conquistare la pole (seppure con l’aiuto della gomma extra soffice) e stare per più di metà gara attaccati a Honda e Yamaha è comunque il segno di una crescita in-discutibile.

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MotoGP Motegi

pos. pilota punti

1 Jorge LORENZO 25

2 Marc MARQUEZ 20

3 Valentino ROSSI 16

4 Dani PEDROSA 13

5 Andrea DOVIZIOSO 11

6 Andrea IANNONE 10

7 Stefan BRADL 9

8 Pol ESPARGARO 8

9 Bradley SMITH 7

10 Alvaro BAUTISTA 6

Classifica Del Gran Premio

pos. pilota punti

1 Marc MARQUEZ 312

2 Valentino ROSSI 230

3 Dani PEDROSA 230

4 Jorge LORENZO 227

5 Andrea DOVIZIOSO 153

6 Aleix ESPARGARO 117

7 Pol ESPARGARO 116

8 Andrea IANNONE 102

9 Stefan BRADL 96

10 Bradley SMITH 92

Classifica Generale

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NicO terOl e alex de aNgeliSIn SuPerbIke nel 2015?di Carlo Baldi | Il mercato SBK è in pieno fermento. Il team Althea potrebbe schierare i due piloti provenienti dalla Moto2, mentre procedono le trattative tra Aprilia e Red Devils. Presentato a Magny Cours il JR Racing team. Dorna porta a 28 anni l’età massima per la STK 1000

P assato il penultimo appuntamento mondiale di Magny Cours, i team ma-nager tornano al lavoro per definire gli schieramenti che daranno vita al

mondiale Superbike 2015. C’è già qualche con-ferma, ma sono ancora molti i punti interrogati-vi. Visto che Rea che correrà con la Kawasaki, la

Honda ha deciso di sostituirlo con Sylvain Guin-toli, che farà da chioccia al giovane Van de Mark. Il team Pata Honda Ten Kate aveva intenzione di lasciare il mondiale Supersport, ma sembra che la Dorna sia riuscita a fargli cambiare idea. La Suzuki ha confermato Alex Lowes, ma non ha ancora deciso chi lo affiancherà. Si parla di

Superbike

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Randy De Puniet (un’ipotesi che però sembra al-quanto remota) e di Michael Laverty, fratello di Eugene che come sappiamo correrà il prossimo anno in MotoGP. Ma a salire sulla GSX-R1000 del team inglese potrebbe essere Alex De Angelis. Dopo molti anni di militanza in tutte le categorie dei campionati GP, il pilota di San Marino era a Magny Cours per guardarsi attorno ed iniziare a prendere confidenza con il mondo della Superbi-ke. Il suo primo appuntamento è stato con il team Althea, deciso a schierare due Ducati che vorreb-be affidare appunto a De Angelis e ad un altro pilota proveniente dal mondo GP, lo spagnolo Nico Terol. Il ventiseienne, campione del mondo 125 nel 2011, sembra infatti deciso a lasciare un ruolo di secondo piano in Moto2, per tentare di essere protagonista nella classe regina delle deri-vate dalla serie. Sia lui che De Angelis non hanno mai corso con una Superbike e quindi bisognerà

vedere come si adatteranno alla bicilindrica 1200 di Borgo Panigale, ma il loro talento e la loro espe-rienza possono essere garanzia di buoni risultati. De Angelis però non ha parlato solo con Althea, ma anche con il team Suzuki e con Red Devils. Procedono infatti le trattative iniziate da tempo e concretizzatesi a Magny Cours, tra Petricca ed Albesiano. Salvo ripensamenti dell’ultima ora, saranno due i piloti a salire sulle RSV4 ufficiali. Secondo gli accordi un pilota dovrebbe essere scelto dal team ed uno dall’Aprilia. Per quanto ri-guarda il primo, si fanno i nomi di Haslam, Elias, Camier e appunto De Angelis, mentre quello scelto da Aprilia potrebbe essere Melandri, ma ad oggi non si sa dove correrà il ravennate il pros-simo anno. Sino a sabato scorso sembrava de-stinato al team Aprilia Gresini MotoGP, ma dopo i ben noti fatti di gara2 non sappiamo quali deci-sioni possa prendere la casa di Noale. Decisione

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presa invece per quanto riguarda la Stock 1000 e nel 2015 vedremo le RSV4 anche nella Super-stock 1000 FIM Cup. Con ogni probabilità sarà la Nuova M2 Racing, che attualmente partecipa al CIV Superbike con Clementi e Calia, a portare in pista la nuova moto di Noale che verrà presentata alla prossima fiera Eicma di Milano. Calia dovreb-be restare al suo posto, mentre per il secondo pi-lota si parla di Lorenzo Savadori, contattato dalla casa veneta già prima di Magny Cours. L’Aprilia approda in Stock, mentre il team Barni si sposta invece in Superbike. La cosa è stata decisa da tempo e manca solo il nome del pilota, che do-vrebbe comunque essere Leandro Mercado, lau-reatosi campione STK 1000 domenica scorsa a Magny Cours. La squadra di Marco Barnabò non sarà l’unica novità del prossimo mondiale, per-ché nel paddock dell’autodromo francese è stato

presentato alla stampa il JR Racing Team, la squadra della Repubblica Dominicana, della qua-le fa parte anche Troy Corser in qualità di diret-tore sportivo. Le moto utilizzate saranno BMW S1000RR, mentre i nomi dei due piloti verranno resi noti solo a metà Novembre. Questo team fa parte di un ampio progetto, che mira a realizza-re un autodromo nella Repubblica Dominicana e che vuole quindi attirare su di se l’attenzione del mondo motoristico mondiale. Intanto la Dorna con un comunicato emesso ieri, ha portato da 26 a 28 anni l’età minima per correre nella Stock 1000 ed ha stabilito nel periodo che va dal 21 Dicembre 2014 al 4 Gennaio 2015 il periodo nel quale sono vietati i test delle squadre del mon-diale Superbike e Supersport. Se qualcuno aves-se prenotato un autodromo per il 25 Dicembre o per il 1 Gennaio è quindi obbligato a disdirlo...

Superbike

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rOger de cOSter (KtM)“SIaMo SorPreSI e deluSI dal PaSSaGGIo dI roCzen alla SuzukI”di Massimo Zanzani | Il team manager di KTM USA ci racconta in esclusiva il divorzio di Ken Roczen che passerà alla Suzuki nel 2015

Motocross

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Roger per prima cosa facciamo un bilancio del team KTM Usa in merito ai risultati del 2014.«Abbiamo fatto secondo e ter-zo nel supercross e primo e se-condo nel motocross National, per cui è stata senza dubbio una buona stagione. Certo po-teva andare ancora meglio per-ché vogliamo vincere il titolo supercross 450, ma in generale è stata un’ottima annata visto che nell’outdoor siamo saliti sul podio ad ogni gara».

Cosa è mancato?«Nel supercross possiamo an-cora migliorare un po’. Siamo partiti molto bene, ma Ken a metà stagione ha avuto un calo dovuto probabilmente al fatto che per lui si trattava del primo anno completo nella massima categoria, e in una stagione

così lunga è stata dura per lui rimanere concentrato ogni set-timana. Per cui in alcune gare ha fatto degli errori, mentre Villopoto è stato costante per tutta la stagione. Ma poi sia Ken che Ryan (Dungey) si sono dimostrati molto forti nel moto-cross».

La mancata vittoria nel su-percross ha inciso nella sua scelta di passare alla suzuki?«E’ stata una decisione improv-visa che ci ha lasciato molto delusi, perché durante l’anno il team ha fatto tutto il possibile per accontentarlo e lui non si mai lamentato né della moto né della squadra. A metà della scorsa stagione di motocross avevamo avuto qualche pro-blema con le sospensioni che però quest’anno avevamo ri-

solto tanto che si diceva molto contento della moto e che da parte sua non ci sono mai state lamentele».

La decisione di andarsene l’ha presa da solo o pensi abbia in-fluito qualcun altro?«Avevo intuito che c’era qual-che problema ancora prima che iniziasse questa stagione, e credo che tale decisione sia stata presa prima dell’inizio della gare in seguito ad una combinazione di consigli che ha ricevuto dalle persone intor-no a lui».

una decisione piuttosto stra-na, visto che dopo una sta-gione alla grande lascia tutti senza parole.«Non lo so spiegare nemmeno io. Ken è un bravo ragazzo, nel

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Motocross

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team piace a tutti, avevamo un’ottima relazione sia con me che con le persone in Austria, e faccio fatica a comprendere la logica di questa decisione. Da parte nostra sappiamo di aver fatto del nostro meglio con lui, ora non c’è nessuno per sosti-tuirlo del suo stesso livello ma cercheremo di fare del nostro meglio anche in questo. Forse un giorno tornerà, chi lo sa? E’ ancora molto giovane….».

suo padre gli è stato vicino per buona parte della sua carriera, che abbia influito in

quest’ultima scelta?«Penso proprio di si, ha avu-to molto a che fare con il suo cambiamento, e ripeto che se-condo me la decisione è stata presa prima dell’inizio del cam-pionato».

Come ti aspetti che vada in sella alla suzuki?«Ken è un pilota favoloso, po-trebbe vincere con qualsiasi moto. Farà un ottimo campio-nato e noi dobbiamo lavorare sodo per cercare di batterlo, non sarà facile, ma ci provere-mo».

sul versante Gp invece arriva Ryan villopoto, cosa ne pen-si?«E’ un’ottima cosa per l’Eu-ropa, per il Mondiale e per gli sponsor. Credo che sarà di aiu-to al campionato e darà a Cai-roli l’opportunità di provare di essere il migliore al mondo nel motocross. Se nulla fosse cam-biato sarebbe stato difficile per lui trovare una nuova motiva-zione, ora invece c’è qualcosa di nuovo che alimenterà in lui ancora di più la voglia di correre e di vincere».

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SuPerMOtO delle NaziONiItalIa SeConda. PrIMa la franCIadi Massimo Zanzani | Gli azzurri si difendono onorevolmente ma i transalpini sono stati imbattibili; terza la Germania

Q uel pizzico di fortuna che ci voleva non è arrivato e i tre moschettieri di Maglia Azzurra dopo aver disputato tre manche di tutto rispetto si sono

dovuti accontentare di un posto d’o-nore che ha effettivamente rispecchiato i valori in campo. Le due vittorie di manche dei fratelli Chareyre e il secondo e quarto di Sylvain Bidart sono stati

infatti un bottino troppo ricco per poter togliere loro la soddisfazione di portarsi a casa la coppa della nona edizione del Supermoto delle Nazio-ni. I campioni in carica italiani si sono comun-que messi in luce con la seconda piazza di Ivan Lazzarini, che nella seconda manche si è visto indietreggiare dalla seconda all’ottava posizione per non aver rispettato la bandiera gialla come il compagno di squadra Edgardo Borella e tra

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Sport

gli altri anche Thomas Chareyre, affiancato dai buoni risultati di Christian Ravaglia terminato quarto e quinto e dal sesto di Borella. Gli azzurri hanno prevalso di sette punti sulla Germania e di otto sulla Finlandia capitanata dallo spettacolare Mauno Hermunen. Il team Italia Junior ha invece terminato l’evento al 12° posto sostenuto da Diego Monticelli che ha tagliato il traguardo 11° e 14°.

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«SuPerMoto delle nazIonIPIGnottI: “SeCondI In una Gara dIffICIle. va bene CoSì”di Massimo Zanzani | Il commissario tecnico della Nazionale italiana Supermoto analizza il fine settimane di gare che ha visto gli Azzurri terminare secondi alle spalle dei francesi

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«Siamo arrivati secondi, in una gara difficile a causa di una pista molto veloce. Eravamo quindi un po’ svantaggiati ri-spetto a tutte le altre moto e rispetto alla Francia che aveva un’Aprilia. Noi ce l’abbiamo co-munque messa tutta e abbia-mo lottato fino alla bandiera a scacchi».

più di così non si poteva fare, la vittoria era irraggiungibile?«Ci siamo andati molto vicini, i ragazzi sono stati bravi. Ci vole-va forse un po’ più fortuna, ma sapevamo che sarebbe stato difficile confermarsi campioni per la terza volta consecutiva su questo tracciato. Tutto som-mato quindi il secondo posto è stato una grande soddisfazione anche se con un po’ di ramma-rico».

abbiamo visto un ivan Lazza-rini molto combattivo.«Ivan arriva da una brutta

influenza e non andava in moto da un mese. E’ riuscito a dare il massimo e ha lottato fino alla fine per vincere la sua seconda manche. E’ stato veramente bravo e veloce».

Ravaglia?«Ravaglia è stato penalizzato. Era veloce. Molto veloce. Io ho deciso di farlo partire dietro perché sui è un pilota da ri-monta. La scelta strategica ha pagato perché è rimontato fino alle prime posizioni. Ha lottato ed è stato veramente bravo».

invece per Borella ci si aspet-tava una gara difficile.«Borella è alla sua prima espe-rienza e devo dire che è anda-to sempre in crescendo e sul finale ha dimostrato che no gli mancava nulla. Ha tirato fuori i denti, ha fatto un piccolo errore sullo sterrato, ma ci può stare e non ha compromesso il risulta-to finale. Va bene così».

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Oilibya rally MarOccOMarC “letal” CoMa vInCe ed è CaMPIone del Mondodi Piero Batini | Il Pilota Ufficiale KTM vince il Rally ed è campione del mondo per la sesta volta. Podio completato da Sam Sunderland e Helder Rodrigues. Sfida mancata: KTM arma “globale” perfetta, Honda perfettibile

a lla cronaca manca la visione globale. E quando un evento si snoda attra-verso più tappe, questo fa sì che ogni giorno si dipinga il tassello di un mo-

saico che solo alla fine rivela l’immagine totale. Certi Piloti, invece, sono più bravi dei giornalisti, non tanto perché sono dei fuoriclasse ad andare

in Moto, ma perché hanno il dono del controllo complessivo e sanno valutare con precisione in anteprima quella sintesi che il giornalista ritrova chiaramente solo alla fine. Marc Coma ha, non bastasse, anche quel dono, e se non lo sbandiera è perché, giustamente, mantenere scaramanti-camente nell’angolo l’imprevisto è un’ulrwriore

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Rally

dimostrazione di intelligenza. Si conclude il Oi-Libya del Marocco, e sotto lo striscione di arrivo di Marrakech, il fuoriclasse di Avià vince il Rally e diventa Campione del Mondo per la sesta volta volta.. Lui dirà che “è stato un po’ complicato…”, ma non è vero, lo fa per non mortificare gli avver-sari. Forse non ci sarebbe molto da “spiegare”. Invece torniamo sulla gara perfetta di cui è stato autore Coma. Partito in sordina, come sempre, mai all’attacco e mai in difesa, ora possiamo dire con sicurezza che il “piano” di Coma era focaliz-zato sulla difesa di quel vantaggio che faceva del catalano il candidato quasi unico alla vittoria del Mondiale. L’operazione consisteva nel “regola-re” l’unico sfidante ancora in corsa, per l’appun-to il Campione in carica, Paulo Gonçalves. Ma il Pilota Honda, che aveva un compito difficilissimo e che poteva affidarsi solo all’errore dell’avversa-rio per rovesciare la situazione a suo sfavore, si metteva fuori gioco nella penultima tappa del

Rally, sulle piste di sassi tra Zagora e Marrakech. Le sue ultime speranze erano svanite già il gior-no precedente, quel 7 ottobre in cui Coma aveva festeggiato il suo 38° compleanno vincendo la tappa, passando al comando del Rally e interpo-nendo tra sé e il portoghese anche la forza della Squadra, cioè trascinando sul podio anche Sun-derland e Price. Il gioco era fatto. Non per questo Gonçalves ha perso la testa, e probabilmente il suo incidente non ha niente a che vedere con la situazione, ma è certo che quel giorno ogni dubbio e ogni speranza erano spariti. Per Coma sono stati due giorni finali di passerella, con due parziali in ombra, 8° e 7°, e con il solo, ovvio do-vere di avere la massima cura della sua KTM 450 Rally, già pronta per aiutarlo a difendere il primato della Dakar. Un altro capolavoro firmato Marc Coma. Un buon Rally, anche se di differen-te levatura, per Sam Sunderland e Helder Rodri-gues, che completano il podio del 15° Rally del

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Marocco. E spunti da interpretare diversamen-te. Per il giovane inglese di stanza a Dubai, che ha raggiunto il Team KTM ad inizio di stagione, è forse il risultato più concreto dell’anno, e sot-tolinea l’affiatamento raggiunto dal Pilota con la Macchina e la Squadra. Per l’ex Campione del Mondo portoghese, per contro, il podio rappre-senta prima di tutto la difesa dell’onore Honda, mentre se parliamo del Pilota, possiamo senz’al-tro dire che Rodrigues ha messo un altro sigillo di conferma sulle sue qualità, espresse con note-voli doti tecniche esaltate da un eccellente equi-librio generale di condotta della gara.

KTM contro HondaNon un granché di storia. KTM vince a mani bas-se, ma soprattutto è Honda che perde. Pochi hanno dubbi sulla velocità di Joan Barreda, ma

ancora una volta è stato impossibile imbrigliare il potenziale dello spagnolo e convertirlo in un ri-sultato finale utile. Come abbiamo detto è Rodri-gues a salvare la faccia della Squadra, ed è Laia Sanz, che entra nella top ten assoluta, a portare una ventata di buona novità al “pacchetto” d’at-tacco del Team HRC. Il quarto posto di Barreda non porta molta acqua al mulino Honda, anche se lo spagnolo ha vinto tre tappe sul campo e ne perse altre due a “tavolino”, e il ritiro del debut-tante Jeremias Israel non consente di definirne la prestazione complessiva. KTM ha dato una grande dimostrazione di compattezza. A parte l’“Inarrivabile” e Sunderland, altri quattro Pilo-ti sono nei primi dieci, Faria, Viladoms, Lopes e Price. Quest’ultimo supera la prova del debutto con lo squadrone austriaco, mentre per Walkner forse bisognerà attendere ancora un po’ per

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vederlo completamente inserito nel “sistema”. Due Sherco al “lavoro” in Marocco, quelle di Alan Duclos e Joan Pedrero. Il franco-maliano conclu-de al nono posto, lo spagnolo, invece, che era in posizione ancora migliore, esce di scena nell’ul-tima tappa e, forse non troppo contento della moto, la distrugge con una spettacolare caduta 50 metri dopo il via dell’ultima speciale. Grande gara di Rafal Sonik, vincitore della povera clas-se dei Quad. Se è vero che il polacco non aveva avversari, è notabile che abbia concluso un Rally particolarmente difficile al 15° posto assoluto, a ridosso delle migliori moto. Analogamente, me-rita il massimo degli onori Camelia Liparoti, che

sulla linea d’arrivo dell’ultima tappa conquista, anche lei, la sesta corona iridata… al femminile.

Il OiLibya Rally del Marocco“Maestoso” dice in lingua francese il plebiscito dei partecipanti applaudendo gli organizzato-ri di NPO Events. Noi lo possiamo tradurre con “grandioso”. Tutto molto bello, gli scenari e il percorso, e il precisissimo road book, la levatura dell’impegno agonistico che ha esaltato il talento degli Assi, quella speciale atmosfera che, oggi-giorno, solo una corsa “vera” e ben organizzata può evocare nel sempre più difficile mondo dei Rally-Raid.

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Oilibya rally MarOccOMarC CoMa, Parla Il CaMPIonISSIModi Piero Batini | Marc Coma. Sei volte campione del mondo, 4 vittorie alla Dakar, 5 al Faraoni, 6 in Sardegna, 3 al por Las Pampas, 7 al Desert Challenge, 3, con questa ultima, al OiLibya rally del Marocco. Tutto in 12 anni di Rally-Raid

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Vedere correre, e vincere, Marc Coma, è un autentico spettacolo, un’esperienza. Nel suo modo di guidare, assolu-tamente inconfondibile, c’è l’espressione del talento e del lavoro, e la sobrietà della con-sapevolezza. Il Pilota dei Rally-Raid è speciale, perché il frutto della sua bravura non lo vedi subito, mentre passa, ma 500 chilometri più avanti, quando la tappa è finita. Per questo il Pilota di Rally-Raid bravo non è mai spettacolare, mai “esa-gerato”, ma sempre redditi-zio. Quando il Pilota è bravo, contiene gli entusiasmi anche quando taglia il traguardo e vince. Sorride, condividendo la felicità del momento magico e la soddisfazione dei mille mo-menti “buoni” della giornata, del Rally, del Mondiale appena vinti. “La verdad es que a sido un poco complicado…” Questo è un “classico”, una delle tue

premesse preferite quando sei intervistato. Avresti il coraggio di iniziare così anche questa volta?

Marc Coma. Ah, ah, ah. Piero, è sempre difficile! Siamo a un punto in cui le gare sono sem-pre difficili. La navigazione è difficile, il ritmo è alto, molti vanno forte, e quindi è così, di-venta difficile.

Ma più precisamente, cosa di-venta difficile?«Questa è già la terza “gene-razione” che ho visto passare, in funzione dalle moto che ho usato. La 690, poi la 690 “pic-cola”, infine la 450, con le sue evoluzioni. Tre moto diverse, con le quali essere sempre for-te non è stato facile. Senza con-tare che quando sono arrivato ai Rally-Raid era ancora tutto diverso. E tutto questo non è facile, o meglio non è facile pas-

sare attraverso mutamenti im-portanti, adattarvisi e rimanere sulla breccia».

La mitica 690. Che ricordo ne hai?«La 690! È una moto di cui ho fatto l’intero sviluppo, che sen-tivo “mia”. La moto con cui io riuscivo a fare la differenza con una certa facilità. Era la moto “over 170 kmHh”, che non tut-ti erano capaci di guidare alle velocità che consentiva. Poi è arrivata la 450 imposta dai regolamenti, in un certo senso siamo ripartiti da zero, e molti più piloti erano in grado, come lo sono oggi, di “gestirne” le ca-ratteristiche».

hai detto anche, appena fi-nito il Rally del Marocco, che tutto, cioè vincere e diventare campione del Mondo alla fine quasi senza avversari, poteva sembrare facile, ma che non

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me. Fare in questo modo mi aiuta a gestire la gara quando arriva il momento di prendere una decisione, anche repentina sulla base di una situazione che si crea, e di ridurre il minimo la necessità di improvvisare».

È certo che la tua è una vitto-ria globale anche della squa-dra, e che la “Guerra delle Marche” non c’è stata?«Certo, è anche una vittoria della Squadra, ma la Guerra delle Marche, credimi, c’è già, eccome. L’anno scorso hanno vinto il Mondiale, anche se con una sola gara con la Honda, la Dakar l’abbiamo vinta noi, quest’anno hanno ottenuto due successi Mondiali, Abu Dhabi e Qatar, ma alla fine il Campionato lo abbiamo vinto noi. Arriverà anche la loro vit-toria, perché siamo vicini, non è una cosa che non succederà mai. Lavoriamo per … tenere il più lontano possibile quel mo-mento».

a proposito di lavoro. possia-mo considerare finito il lavoro per la Dakar?«Spero di sì. Siamo a un punto che la Squadra, con Stefan al comando, ha portato a termi-ne un lavoro programmato in modo molto preciso. Gare, test durante la stagione, e alla fine il test-gara qui in Marocco, per vedere che tutto fosse a posto. Le moto vanno via con la nave a novembre, è il segnale che il lavoro è stato fatto bene».

vedi la prossima Dakar in modo speciale?«Sinceramente no. La vedo come una Dakar in più. La vedo come una opportunità unica di vincere per la quinta volta, di ottenere il quinto suc-cesso e di farlo due vote con-secutivamente per la prima volta, cosa che non sono mai riuscito a fare. Ma ci sono cose che stanno prima del vincere, e sono legate alla facoltà di di-sputare l’intera gara rimanen-do concentrato e svolgendo bene il lavoro. La vittoria di-venta allora una conseguenza. Penso quindi, prima di tutto, a fare un buon lavoro, non a vin-cere».

avere una visione globale della Dakar, però, è un affare, questo sì, “muy complicado”.«Certo, è una gara lunga tre vol-te rispetto a tutte le altre. Nello specifico è anche “più compli-cata” perché una volta erava-mo solo io e Cyril (Despres), uno contro l’altro, adesso inve-ce la concorrenza si è ampliata, e costruire una visione globale è ancora più difficile».

È possibile stabilire a priori dei giochi di squadra per la Dakar?«Parlarne prima, stabilirlo a pri-ori è molto difficile, se non im-possibile. Io penso che oggi noi tutti sappiamo quale è il nostro lavoro e il nostro compito all’in-terno della Squadra, e questa è una cosa molto importante,

perché non sempre in passato è stato così. Poi, si vedrà».

Ti sei fatto un’idea della Da-kar 2015?«Geograficamente non è dissi-mile da quella dell’anno scorso. Ma sapere dove si va non è tut-to. Io spero che sia una Dakar dura, difficile, perché più sarà dura, più sarà meglio per me. L’altitudine è un impegno no-tevole, per esempio, e correre a 4000 metri è impegnativo, ed è difficile allenare per farlo. Un fattore nuovo della Dakar su-damericana, che non esisteva in Africa. Ha imposto nuovi “standard” a noi e per la costruzione delle moto».

Due piloti nuovi nella squa-dra. Toby price e Mathias Walkner. Come li vedi e come li hai visti al debutto con la squadra in Marocco?«Penso che entrambi abbiamo un grande potenziale. Toby è un “uomo del deserto”, ha fatto la Baja e ha la velocità, e Mathias è un campione del mondo di Motocross, MX3, e quindi tecnicamente è sicura-mente buono. Lui ha bisogno di un po’ più di lavoro perché non ha l’abitudi-ne alla velocità. Per entrambi vale la necessità di imparare a navigare, ma siamo qui per questo. In Marocco era prevedibile che Toby si sentisse più a suo agio rispetto a Mathias».

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lo era. Che volevi dire?«E’ un modo di spiegare come sono andate le cose…»

volevi dire che l’impegno non cambia, ma che in definitiva i tuoi avversari si sono fatti fuori da soli?«Il fato è che, al di là di tutte le difficoltà fisiche, mentali, mec-caniche o della navigazione, alla base della difficoltà c’è la possibilità di commettere un errore. Portare a termine una

gara senza mai fare uno sba-glio, non è mai facile. La gente pensa: “Ha dieci punti di van-taggio, il Mondiale è suo, ha praticamente vinto!” Ma non è così. Basta davvero poco per fare dei danni colossali».

Capito, troppo rispetto, an-che per avversari che hanno commesso errori grossolani e si sono giocati gare e campio-nati… passiamo ad altro. Mi pare che tu abbia, ormai, un

vantaggio incolmabile, quello di avere una visione globale della corsa che ti consente di affrontarla al meglio, stabilen-do a priori, in linea di massima almeno, quale strategia adot-tare. È vero?«Provo sempre a guardare la gara con una prospettiva più lontana possibile. Provo a stu-diare quello che possono fare, e che in condizioni o per quali motivi, gli altri Piloti. È questa la visione globale di cui parli, per

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