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SCUOLA INTERATENEO DI SPECIALIZZAZIONE PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI DELLA SCUOLA SECONDARIA SIS ________________________________________________________________________________ CORSO PER IL CONSEGUIMENTO DELLA SPECIALIZZAZIONE PER IL SOSTEGNO ALL’INTEGRAZIONE SCOLASTICA DEGLI ALLIEVI IN SITUAZIONE DI HANDICAP A.A. 2008/2009 Multimedialità e Apprendimento SPECIALIZZANDO: Liberato CENTONZE SUPERVISORE: prof.ssa Lorenza CARELLI

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SCUOLA INTERATENEO DI SPECIALIZZAZIONE

PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI DELLA SCUOLA SECONDARIA

SIS ________________________________________________________________________________

CORSO PER IL CONSEGUIMENTO DELLA SPECIALIZZAZIONE

PER IL SOSTEGNO ALL’INTEGRAZIONE SCOLASTICA DEGLI ALLIEVI IN SITUAZIONE DI HANDICAP

A.A. 2008/2009

Multimedialità e Apprendimento

SPECIALIZZANDO: Liberato CENTONZE

SUPERVISORE: prof.ssa Lorenza CARELLI

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Multimedialità e Apprendimento

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INDICE GENERALE

1 FASCICOLO DEI PROCESSI E DEI PRODOTTI...................................................................3

1.1 Mappa Concettuale .......................................................................................................3

1.2 Diario di bordo...............................................................................................................4

1.3 Indice ragionato ............................................................................................................7

1.3.1 Sezione A: La Tecnologia dell’Educazione...........................................................7

1.3.2 Sezione B: La Patologia..........................................................................................9

1.3.3 Sezione C: Integrazione scolastica e programmazione Individualizzata ......10

1.4 Modello teorico di riferimento e collegamento all’attività progettata .................12

1.4.1 Cornice storica sulla tecnologia dell’educazione...............................................12

1.4.2 Multimedialità e comunicazione didattica..........................................................17

1.4.3 Le immagini nella didattica per alunni con disabilità.......................................21

1.4.4 Alcuni suggerimenti per utilizzare MS PowerPoint ...........................................23

1.4.5 Le patologie ...........................................................................................................24

1.5 Dossier di documentazione........................................................................................29

1.5.1 Intervento didattico ..............................................................................................29

1.5.2 Schede bibliografiche e sitografiche ..................................................................42

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1 FASCICOLO DEI PROCESSI E DEI PRODOTTI

1.1 Mappa Concettuale

Tirocinio Attivo

Secondaria II Grado

presso

Disturbo generalizzato dello sviluppo

patologia

Ritardo mentale medio

Limitazioni Cognitive

• Dislessia • Disgrafia • Discalculia

associato

Comporta gravi

indirizzo

Comunicazione Digitale e multimedialità

Informatica

Sperimentazione autonoma

Canali input integri

Didattica Multimediale

richiedono supporta

utilizza

Apprendimento Costruttivista

MS PowerPoint 2007

Strumento software

Ambiente Favorevole

considerato

Feuerstein

In accordo

Teoria della Modificabilità Cognitiva

• Visivo • Uditivo

Personal Computer

Attraverso uso

Compensatore di attenzione

ruolo promuove

• Soggetto attivo • Riflessivo • Interattivo • Affettivo • Realistico • Cooperativo

Autonomia

Sintesi Vocale

per acquisire

attraverso

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Multimedialità e Apprendimento

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1.2 Diario di bordo

Settembre - Ottobre 2008: Maturo la decisione di inscrivermi al corso SIS.

Prima di frequentare il corso SIS, e la conseguente attività di tirocinio, non avevo maturato

un’esperienza come insegnante di sostegno. Mentre, come insegnante curricolare, ho avuto

nelle mie classi alunni portatori di handicap. L’incapacità di affrontare la loro integrazione

nella classe, di rendere il loro apprendimento significativo, di predisporre percorsi educativi e

didattici appropriati alle differenze individuali, mi ha spinto ad intraprendere questo percorso

formativo, convinto che le diversità, intese anche come azione didattica, costituiscano una

ricchezza per tutti gli allievi, per trovare la giusta modalità, lo stile di apprendimento, che può

anche non rientrare in quelle azioni didattiche ritenute normali.

Dicembre 2008: Primo incontro con il supervisore di tirocinio

L’11 dicembre 2008 è stato il primo giorno di frequenza al corso SIS in cui i diversi supervisori

di tirocinio hanno illustrato le modalità di svolgimento del corso, l’orario previsto per le

lezioni, e la suddivisione in gruppi per i diversi laboratori. Questo è stato anche il giorno in cui

con il supervisore, la prof.ssa Lorenza CARELLI, abbiamo discusso più nel dettaglio l’attività

di tirocinio, le modalità di svolgimento, i tempi, e l’ordine e grado delle scuole coinvolte.

In tale occasione ho potuto esprimere le mie preferenze per la scelta degli Istituti, pertanto ho

avuto la possibilità di svolgere l’attività di tirocinio attivo con un docente che conoscevo già,

che stimo molto, con cui condivido le metodologie didattiche a carattere multimediale, per cui

maturavo l’idea che la tematica da trattare nel portfolio avrebbe avuto una dimensione

tecnologica.

Gennaio – Febbraio 2009: Frequenza ai corsi e laboratori

In questo periodo ho maturato nuove conoscenze, ho acquisito nuove terminologie relative

all’handicap, ho sviluppato nuove competenze nei diversi laboratori per affrontare l’azione

didattica in presenza di allievi con bisogni educativi speciali. È stato il momento per

comprendere le patologie, per conoscere i processi mentali che sottostanno all’apprendimento,

e come questi siano compromessi a causa di menomazioni fisiche, e di conseguenza come

orientare l’attività didattica permettendo al disabile di superare o ridurre la condizione di

svantaggio.

Durante questo cammino fondamentale è stata la lezione del prof. Martinelli in cui si affermava

che l’intelligenza umana è plastica, cioè modificabile, per tutti gli individui, anche in situazione

di handicap, a patto di trovare i giusti ambienti favorevoli all’apprendimento. Convinto del

fatto che la tecnologia costituisca un’opportunità nel processo di integrazione scolastica degli

allievi disabili, ma per essere colta necessita di maggiori conoscenze e capacità progettuali, ho

pensato che uno strumento potente come il computer potesse aiutare a creare la giusta

situazione favorevole all’apprendimento; è stata questa l’occasione per analizzare i corsi

seguiti, e le lezioni in programma nell’ottica di ricercare nel computer, e in tutte le attività

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didattiche connesse, gli spunti e i suggerimenti per attuare in modo più efficace ed efficiente gli

insegnamenti ricevuti.

Marzo 2009: Incontro con docente accogliente scuola secondaria II grado

Nei primi giorni di marzo è avvenuto il primo incontro con il docente accogliente presso la

scuola secondaria di II grado, che già conoscevo, con cui ho subito istaurato un rapporto

costruttivo e propositivo all’attività di tirocinio che mi accingevo a svolgere. Durante questo

incontro, il docente accogliente mi ha illustrato l’allievo che segue maggiormente, fornendomi

una descrizione analitica molto accurata, indicandomi le strategie didattiche adottate che mi

hanno subito “suggerito” come tema del portfolio la didattica multimediale, visto che di fatto è

la strategia di insegnamento/apprendimento maggiormente utilizza. Inoltre l’Istituto già dispone

della strumentazione adeguata allo svolgimento di questa attività in quanto, nell’indirizzo di

Informatica, si è scelto di svolgere una sperimentazione autonoma in Comunicazione Digitale e

Multimedialità.

Marzo 2009: Individuazione del titolo e ricerca delle informazioni e materiale per il portfolio

A fronte dell’incontro con il docente accogliente, e alla conseguente scelta della tematica da

trattare nel portfolio, che riguarda l’apprendimento in un contesto multimediale, è seguita la

visita al Centro multimediale di documentazione pedagogica della Città di Torino. Durante la

visita ho avuto modo di consultare l’archivio informatico per ricercare i materiali e i libri che

potessero aiutarmi nella progettazione dell’intervento didattico e nella stesura del portfolio.

Molti altri spunti e suggerimenti sono stati tratti dalla Rete che si configura oggi, attraverso i

motori di ricerca, un ottimo strumento per ricercare autori che hanno affrontato in passato

l’argomento. In particolare, la ricerca si è focalizzata sulla stesura di presentazioni

multimediali, capaci di esaltare l’accesso multicanale delle informazioni, attraverso i canali di

input visivo ed uditivo, che per l’allievo seguito costituiscono un mezzo di comunicazione

integro.

Marzo - Aprile 2009: Attività di tirocinio presso la scuola secondaria II grado

L’attività di tirocinio attivo è stato il momento più intenso e significativo del percorso di studio

affrontato, sia per le emozioni suscitate sia per la difficoltà che comportava. Il primo scoglio da

superare è stato l’instaurazione di una relazione aperta, rivolta alla conoscenza reciproca,

particolarmente impegnativa in quanto l’allievo presenta una ridotta capacità

affettivo/relazionale. In questa occasione il mio ruolo si è limitato all’osservazione dell’allievo

e del gruppo classe, per acquisire la giusta modalità di comportamento e per muovere i primi

passi in una realtà poco conosciuta. È stato fondamentale l’apporto del docente accogliente che

ha saputo organizzare al meglio il mio inserimento in classe, aprendo l’allievo alla mia

presenza, incoraggiandolo all’idea di costruire insieme un percorso didattico finalizzato alla

valutazione orale nella materia di Sistemi. Conquistata la fiducia dell’allievo, abbiamo deciso

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col docente accogliente di preparare durante le ore di laboratorio delle slide in MS PowerPoint,

per affrontare lo studio delle reti di calcolatori, ed in particolare il funzionamento dei

dispositivi di interconnessione. Pertanto i momenti salienti del tirocinio attivo sono stati quelli

in cui con l’allievo abbiamo “costruito” una rete di calcolatori, attraverso uno strumento

software, ed attraverso le animazioni grafiche ne abbiamo spiegato il comportamento,

corredando il tutto con descrizioni sonore. Tuttavia, il momento che mi ha particolarmente

colpito è stata la fase di valutazione in cui io e l’allievo eravamo ormai complici, avevamo

studio e ripassato profondamente il materiale sviluppato, ed eravamo pronti ad affrontare

l’interrogazione orale. È stata un’intensa gioia vedere l’allievo, davanti a tutto il gruppo classe,

rispondere in modo preciso e puntuale alle domande poste con una grande approvazione del

docente curricolare.

Maggio 2009: Stesura finale portfolio

Devo innanzitutto dare merito al lavoro del docente accogliente, che non solo mi ha guidato

nella realizzazione dell’intervento didattico, ma ha saputo realizzare continuità orizzontale e

una profonda sinergia grazie alle capacità relazionali, alla intelligente professionalità ed alla

generosità di cui solo poche persone dispongono.

Preziosi sono stati anche i suggerimenti finali del supervisore per la stesura del portfolio, per la

rielaborazione di tutti i materiali reperiti e prodotti, e gli spunti offerti per migliorare il lavoro.

La stesura del portfolio è stata importante per riflettere su tutto il percorso formativo svolto, per

trovare una sintesi a tutti gli insegnamenti ricevuti, sviluppare le idee che giorno dopo giorno

ho maturato, valorizzare l’esperienze fatte e rafforzare le conoscenze acquisite, cogliendo

l’occasione di estenderle attraverso i testi consultati per approfondire la tematica scelta.

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Multimedialità e Apprendimento

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1.3 Indice ragionato

Per la stesura del portfolio sono stati consultati diversi testi, i quali sono suddivisi in tre sezioni:

la prima riguarda i temi relativa alla Tecnologia dell’Educazione, all’Apprendimento

Multimediale, per ricavarne il quadro teorico di riferimento; la seconda riguarda aspetti più

specifici della patologia, l’approccio terapeutico e/o riabilitativo seguito; la terza e l’ultima

riguarda il problema dell’integrazione scolastica degli allievi disabili sul piano socio-

pedagogico e normativo.

1.3.1 Sezione A: La Tecnologia dell’Educazione

A1: Antonio Calvani, “Che cos’è la tecnologia dell’educazione”, Carrocci Editore, Roma 2004

Il testo è stato consultato per sviluppare la cornice storica sui modelli teorici di riferimento che

si sono succeduti lungo lo sviluppo della Educational Technology, in particolare si è analizzato

il comportamentismo, il cognitivismo, per giungere al costruttivismo.

Con l’obiettivo di far emergere i tratti essenziali della tecnologia dell’educazione il volume si

articola in diversi capitoli. Inizialmente è presentato un breve quadro di come gli addetti ai

lavori considerano la tecnologia dell’educazione e una sintesi storica dei riferimenti culturali di

maggior rilievo che hanno condizionato il suo sviluppo. Successivamente il volume si sofferma

sui temi caratteristici dell’area, quali l’Instructional Design, l’E-learning, il Collaborative

Learning, la comunità di pratica, e su alcuni tratti tipici del modo di operare dell’esperto di

tecnologia dell’educazione.

A2: Antonio Calvani, “Educazione, comunicazione e nuovi media. Sfide pedagogiche e

cyberspazio” , UTET Università, Torino 2001

Il libro è stato consultato per approfondire il tema della Media Education, analizzando le

relazioni soggetto-media e le loro implicazioni formative, nonché il ruolo dell’insegnante di

fronte alle nuove tecnologie in ambienti di apprendimento mutevoli e flessibili.

Il volume offre una introduzione, rivolta ad educatori e studenti, nei riguardi dell’area che si

viene generando dall’incontro tra educazione, media e tecnologia. Il volume è articolato in

quattro parti: nella prima si presentano i concetti e le definizioni preliminari; nella seconda si

rivolge l’attenzione alle modalità d’incontro tra educazione e media; nella terza si presenta un

quadro storico dello sviluppo della Education Technology, dei suoi principali riferimenti

teorici; nella quarta si tratta dei recenti sviluppi di Internet e delle sue implicazioni nell’ambito

della formazione e sperimentazione didattica.

A3: Ezio Roletto, “Apprendimento delle scienze e didattiche disciplinari”, IRIDIS, Torino

2002

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Il libro tratta ampiamente il problema dell’apprendimento delle discipline scientifiche, dei

conseguenti metodi di insegnamento descrivendo i vari modelli teorici di riferimento

evidenziandone pregi e difetti. Ampio spazio è riservato al modello di apprendimento

“didattico”, fornendone i fondamenti epistemologici e psicologici e delineando il ruolo

dell’insegnante. Il libro è stato consultato per il approfondire le tematiche relative al

costruttivismo e le sue implicazioni al processo di insegnamento/apprendimento.

A4: Mammarella, Cornoldi, Pazzaglia, “Psicologia dell’apprendimento multimediale”, Il

Mulino, 2004

Il libro è stato consultato per illustrare il modello costruttivista di Meyer (SOI Model of

Learning) e l’apprendimento multimediale in generale. Infatti, in questo volume si analizzano

le componenti cognitive, metacognitive ed emotivo-motivazionali, dell’apprendimento

multimediale, proponendo un modello teorico comprensivo delle diverse variabili e delle loro

relazioni. È analizzato il ruolo svolto da attenzione, memoria, motivazione ed emozioni

nell’apprendimento multimediale e fino a che punto queste variabili possono facilitarlo o

impedirlo.

Gli autori forniscono una chiave di lettura dell’apprendimento multimediale centrata sulle

conoscenze, competenze e atteggiamenti del soggetto che apprende.

A5: Laura Fiorini, Massimo Greco, “Proposte didattiche con Powerpoint”, Editrice La Scuola,

Brescia, 2005

Il libro è stato consultato per trarre spunto dall’esperienze professionali degli autori nell’uso di

PowerPoint, per mettere in pratica alcuni indirizzi di ricerca nel campo della psicologia circa i

processi cognitivi e l’apprendimento, come il costruttivismo, ritenendo fondamentale la

costruzione attiva della conoscenza.

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1.3.2 Sezione B: La Patologia

B1: Maria Bruna Fagiani, “Lineamenti di psicopatologia dell’età evolutiva”, Carrocci Editore,

Roma 2002

Il libro è stato utilizzato per inquadrare le patologie di riferimento (Disturbi generalizzati dello

sviluppo), e associati (Ritardo Mentale) e i conseguenti disturbi specifici di apprendimento.

L’autore del testo è la prof.ssa Fagiani di Neuropsichiatria Infantile e Psicopatologia dell’Età

Evolutiva, ed è rivolto principalmente a chi opera nel settore dell’età evolutiva come educatori

ed insegnanti e si configura come uno strumento facilmente utilizzabile anche da chi non abbia

ampie nozioni nel campo medico in generale e nel campo psichiatrico in particolare. Ampio

spazio è stato dato alle patologie tipiche dell’infanzia, nonché ai problemi derivanti da

situazioni ambientali patogene o “difficili” che si traducono in un disagio e in problemi di

adattamento con conseguenti riflessi sul comportamento dei minori che vi si trovano coinvolti.

B2: Maria Rosa Pizzamiglio, “La riabilitazione neuropsicologica in età evolutiva”, Franco

Angeli 2003

Il testo è stato consultato per approfondire il tema della riabilitazione neuropsicologica in età

evolutiva in quanto consente di far emergere da una situazione di difficoltà e sofferenza reali

possibilità di interazione e comunicazione con l’ambiente. La Terza Parte del testo tratta nello

specifico i disturbi generalizzati dello sviluppo e le tecniche di trattamento.

Nel volume si evidenzia come attraverso lo studio delle teorie dei processi cognitivi sia

possibile creare degli strumenti riabilitativi che facilitino lo sviluppo di abilità importanti e

fondamentali, quali il linguaggio, l’attenzione, la cognizione spazio-temporale e la memoria.

Inoltre, è presentato il complesso compito del riabilitatore il quale richiede oltre alla capacità di

modulare progressivamente la terapia neuropsicologica, anche il ruolo di coordinare le figure

significative che interagiscono con il bambino, la famiglia e la scuola.

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1.3.3 Sezione C: Integrazione scolastica e programmazione Individualizzata

C1: Mario Martinelli, “L'handicap in classe. Tra individualizzazione e programmazione”,

Brescia, La Scuola 1998

L’autore del testo è il prof. Martinelli, docente di Didattica Speciale, con il quale abbiamo

affrontato un percorso di studi rivolto ad ampliare le conoscenze teorico-pratiche acquisite nei

precedenti corsi SIS. L’argomento principale del libro è l’integrazione delle diversità nella

scuola dell’autonomia, ed i temi e problemi ad essa connessi, al fine di acquisire conoscenze,

competenze, comportamenti, metodi e strumenti di lavoro per affrontare la pratica

dell’insegnamento in situazioni caratterizzate da bisogni educativi speciali. Il testo è

organizzato in una prima parte introduttiva, una seconda dedicata alla continuità orizzontale e

verticale ed all’accoglienza, in cui vengono descritti gli organi e gli enti utili alla formazione

della comunità di sostegno ai fini dell’integrazione. L’ultima parte presenta due esperienze

differenti.

C2: Marisa Pavone, “Personalizzare l’integrazione”, Brescia, La Scuola 2004

L’autrice del testo è la prof.ssa Pavone, docente di Pedagogia Speciale, con cui abbiamo

ampiamente trattato il problema l’integrazione scolastica degli studenti disabili. Il volume mi è

servito per approfondire il concetto di educabilità, riabilitazione e il ruolo che la scuola deve

svolgere per la riduzione del deficit e superare l’handicap.

Il libro si propone di evidenziare una rinnovata spinta di qualità al cammino dell’inclusione,

attraverso alcuni dispositivi: i piani di studio personalizzati; la differenziazione e la flessibilità

sul piano didattico, metodologico, organizzativo; l’integrazione tra i segmenti scolastici, con le

famiglie e con le istituzioni dell’extrascuola.

Il testo si sviluppa in tre parti. Nella prima viene analizzato il concetto di persona, la

prospettiva evolutiva e il nuovo strumento di classificazione delle condizioni di salute e

disabilità da cui scaturiscono nuove indicazioni per la formulazione delle diagnosi e per la

progettazione educativa. Nella seconda parte si prende in esame il funzionamento della scuola-

comunità di apprendimento impegnata ad accogliere, conoscere ed accompagnare ogni

studente. L'ultima parte guarda alla prospettiva del futuro, illustrando le caratteristiche di un

progetto educativo personalizzato che si orienta nell’ottica del progetto di vita.

C3: AA.VV., “Handicap e Scuola: l’integrazione possibile.”, Editore Gruppo Solidarietà, 1998

Il libro è stato indicato durante il laboratorio di Progettazione Individualizzata della prof.ssa

Tomasini, in cui ho maturato maggiori competenze nell’analisi della Diagnosi Funzionale, al

fine di redigere in modo consapevole, insieme ai soggetti coinvolti, il Profilo Dinamico

Funzionale e il Piano Educativo Individualizzato. Per approfondire gli argomenti sopra citati è

stato fondamentale il cap. 4 Dario Janes, “Diagnosi funzionale, profilo dinamico funzionale e

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piano educativo: saper leggere le risorse di scuola, sanità e famiglia”. Tuttavia il volume è stato

consultato per fare il punto sullo stato dell’integrazione scolastica degli handicappati dopo le

prime normative e la sentenza della Corte Costituzionale analizzando, in particolare, i problemi

che vengono posti all’integrazione dalle situazioni di gravità verificando quali condizioni

permettono di realizzare un ambiente disponibile all’accoglienza.

C4: Salvatore Nocera, “Il diritto all’integrazione nella scuola dell’autonomia”, Erickson,

Trento, 2001

Il testo è stato utilizzato durante il corso di Pedagogia Generale, tenuto dalla prof.ssa Ferrero,

per una lettura pedagogia della normativa vigente sull’integrazione scolastica. Particolare

attenzione ho rivolto alla lettura della legge-quadro 104/92, che rappresenta la normativa di

riferimento per l’handicap, e nello specifico gli articoli riguardanti l’integrazione scolastica.

Il volume è suddiviso in aree tematiche. La prima parte dell’opera ripercorre criticamente il

cammino seguito dalla normativa sull’integrazione nella scuola italiana, dalle origini sino a

oggi. La seconda analizza le prospettive dell’integrazione scolastica alla luce delle profonde

innovazioni normative degli ultimi anni tra cui l’autonomia. La terza parte del lavoro si

focalizza sugli strumenti operativi che possono fare da supporto all’integrazione. Infine,

l’ultima parte, redatta da Andrea Canevaro, si compone di due interviste ad altrettante figure

chiave dell’integrazione scolastica del nostro Paese.

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1.4 Modello teorico di riferimento e collegamento all’attività progettata

1.4.1 Cornice storica sulla tecnologia dell’educazione

Come ogni disciplina anche la “tecnologia dell’educazione”, cioè il settore disciplinare che

propone, sviluppa, analizza ed usa modelli teorici desunti dalle teorie dell’apprendimento e dai

sistemi ICT (Information and Comunication Technologies) per realizzare innovazione didattica,

si avvale dei propri riferimenti, si correda di particolari metodologie e strumentazioni, di

specifici ambiti mentali e professionali. L’insieme di questi apparati teorici si sedimentano

attraverso un processo che risente anche di mutamenti nei sistemi culturali di riferimento, di

cambiamenti di paradigma che alimentano nuovi modi di pensare da cui discendono nuovi

modi di pensare e ulteriori strumenti concettuali.

La tecnologia dell’educazione1 si sviluppa nel contesto statunitense a partire dagli anni

cinquanta del secolo scorso, sotto la spinta del comportamentismo di Skinner che proponeva di

estendere gli studi sperimentali sul comportamento condizionato degli animali anche ai

processi di apprendimento degli esseri umani. Presupposto del comportamentismo è che si può

solo studiare il comportamento esterno e che nulla dunque si può dire su quanto accade

all’interno dell’individuo, in quanto scatola nera chiamata mente, quindi non ci si interessa alle

strutture e ai processi interni, ma è più realistico interessarsi delle entrate (input) e uscite

(output), e di comportamenti osservabili attesi come risultato dell’apprendimento.

Nacquero così molti studi sull’istruzione programmata e sull’utilizzazione di macchine per

l’apprendimento. Secondo il comportamentismo, le conoscenze e le abilità di un individuo si

possono ridurre all’insieme delle risposte date da quell’individuo all’insieme complesso degli

stimoli che il suo ambiente gli offre. L’apprendimento umano, quindi, si può ridurre

all’induzione di comportamenti desiderati, attraverso un rinforzo positivo. Il processo di

apprendimento è concepito in modo cumulativo, senza rotture né ricostruzioni, ciò implica che

è necessario suddividere i saperi complessi in elementi costitutivi più semplici. Nella sua forma

più tipica l’allestimento di un programma di istruzione programmata avviene attraverso un

processo del tipo:

• si isola il concetto che si vuole fare apprendere;

• si analizza e/o scompone il suo contenuto elencando tutti i singoli concetti che entrano

in gioco;

• si analizza nuovamente il contenuto di ogni concetto e in modo ricorsivo si giunge agli

atomi della materia da insegnare, a un livello che si presuppone comprensibile

dall’allievo.

A questa concezione dell’apprendimento si richiamano le pedagogie per obiettivi,

l’apprendimento gerarchico, il CAL (Computer Assisted Learning) in cui si cercò di

1 Antonio Calvani, “Che cos’è la tecnologia dell’educazione”, Carrocci Editore, Roma 2004

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Multimedialità e Apprendimento

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razionalizzare il lavoro degli insegnanti, fornendo un approccio “scientifico-razionale”

all’educazione, e formulando adeguate teorie dell’istruzione sottoponendole ai controlli propri

del metodo scientifico. In questo contesto gli apprendimenti non sono cose mentali, ma

comportamenti che possono essere prodotti, previsti, osservati e misurati. Quindi, per valutare

in modo adeguato si deve predisporre di un modello gerarchico degli apprendimenti, nel quale

ogni obiettivo di un determinato livello ingloba gli obiettivi di rango inferiore. Il tentativo più

radicale e sistemico di attenersi alle metodologie proposte è rappresentato dal mastery learning,

traducibile come “apprendimento per la maestria o della padronanza”, che è un modello di

azione didattica che mira ad un apprendimento efficace per il più alto numero di allievi. E’ una

modalità di organizzazione didattica molto attenta alle diversità individuali nei ritmi e nei tempi

di apprendimento che prevede la definizione operativa degli obiettivi, il frazionamento del

contenuto in unità significative, l’elaborazione di prove in grado di verificare il raggiungimento

o meno degli obiettivi delle unità didattiche individuate, la strutturazione di attività integrative

e di recupero da proporre a quegli allievi che non avessero raggiunto ancora livelli adeguati ed

infine il controllo che gli allievi non affrontino l’unità successiva se non hanno conquistato il

minimo indispensabile di dominio delle conoscenze e competenze previste dalle unità

precedenti.

Il modello di apprendimento proposto fu criticato per evidenti limiti. In primo luogo risulta

restringente legare le capacità a comportamenti osservabili, e in secondo l’attività intellettuale

risulta frammentata, a causa dell’esigenza di formulare gli obiettivi in modo gerarchico,

sminuzzando i compiti, ed infine appare inadeguata la convinzione secondo la quale per far

progredire l’allievo da un livello di conoscenza ad un altro superiore sia sufficiente organizzare

un certo numero di tappe intermedie, ognuna delle quali presenti una piccola difficoltà che

l’allievo è in grado superare.

Alla fine degli anni cinquanta viene alla luce, in reazione al comportamentismo e all’insegna

del concetto che anche la mente può essere oggetto di studio, una nuova componente culturale

che condizionerà profondamente la storia della tecnologia dell’educazione: la rivoluzione

cognitivista. I psicologi cognitivisti criticarono questo approccio di Skinner e ritennero che non

si debba puntare l’attenzione solo al comportamento, ma anche ai processi interni, agli stati

mentali, che permettono ad un soggetto di compiere determinate azioni. Quindi nella

progettazione di ambienti di apprendimento non si deve puntare solo al raggiungimento di

determinati obiettivi didattici, ma si deve tener conto soprattutto del loro aspetto qualitativo,

della loro flessibilità e trasferibilità in altri contesti.

Negli anni sessanta prende sempre più piede la metafora dell’essere umano come elaboratore di

informazioni e si pensa che il cervello possa essere un servomeccanismo di tipo cibernetico.

Uno degli apporti più significativi del cognitivismo alla didattica riguarda l’importanza delle

preconoscenze nel processo di apprendimento, una dimensione a cui ha rivolto molta attenzione

Ausubel2: “Se dovessi considerare in un unico principio la psicologia dell’educazione direi che

il fattore più importante che influenza l’apprendimento sono le conoscenze che lo studente già

possiede”. Mentre per i sostenitori del mastery learning, dalle conoscenze pregresse dipende

2 Ezio Roletto, “Apprendimento delle scienze e didattiche disciplinari”, IRIDIS, Torino 2002

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Multimedialità e Apprendimento

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cosa un soggetto può apprendere, per Ausubel le conoscenze pregresse hanno influenza sul

come si apprendono, il che porta a distinguere due tipi di apprendimento: mnemonico e

significativo. Quest’ultimo si produce quando i nuovi saperi che il soggetto deve acquisire

possono essere integrati in un struttura cognitiva già esistente che funziona come punti di

attracco e ne facilita l’acquisizione e, quindi, la memorizzazione. L’apprendimento scaturisce

dal mettere in relazione elementi che sopraggiungono dall’esterno con preconoscenze già

possedute dal soggetto. Al concetto di preconoscenza si aggiunge la nozione di advance

organizer (anticipatore), intendendo con questo termine ogni strumento informativo che

funziona come ponte cognitivo in quanto si lega alle conoscenze che il soggetto già possiede,

dando così origine ad una nuova struttura in grado di incorporare i nuovi saperi, oggetto di

apprendimento. Un altro concetto basilare nella riflessione del cognitivismo è quello di

metacognizione, cioè il meccanismo di controllo che permette alla nostra mente di decidere le

strategie migliori in un’attività di apprendimento.

Dal cognitivismo si sviluppa l’intelligenza artificiale che si propone di realizzare uno dei sogni

più ambiziosi cui l’uomo abbia mai aspirato, quello di dar vita a una macchina capace di attuare

comportamenti “intelligenti” tali che osservatori esterni non possano distinguerli da

comportamenti umani.

Sia l’approccio comportamentista sia quello cognitivista, che hanno dominato negli anni

settanta, hanno sottolineato l’importanza di una strutturazione ordinata, lineare, razionale del

percorso di apprendimento, con un consapevole perseguimento di obiettivi definiti da un

attento controllo del processo gestito tramite rinforzi e feedback, lasciando il minor spazio

possibile a fenomeni casuali, e senza mai evocare l’importanza del contenuto, ossia l’oggetto

del sapere, e del contesto, ossia delle condizioni in cui l’apprendimento si realizza. Tuttavia, le

molte ricerche condotte sulle concezioni difformi degli allievi mettono in evidenza che gli

ostacoli che si oppongono all’apprendimento sono molteplici e di varia natura, specifici di ogni

contenuto e contesto. Il modello di insegnante che si afferma è quello di detentore di un sapere

che deve essere comunicato all’allievo.

Nel corso degli anni ottanta diventano sempre più forti i segni di insoddisfazione verso modelli

gerarchico-sequenziali, e più in generale verso il paradigma di taglio oggettivistico e

razionalistico basato sulla fiduciosa premessa che all’educazione possono essere trasferiti i

metodi della ricerca scientifica. In primo luogo in un suggestivo lavoro di Winograd e Flores3 si

mette in discussione le aspettative relativa all’intelligenza artificiale, per cui l’equazione

calcolatore-cervello appartiene a una tradizione razionalistica abbandonata, si tratta piuttosto di

progettare macchine capaci di ampliare le potenzialità umane sul piano della comunicazione e

collaborazione. Si sottolinea così la centralità della tecnologia come ambiente per la

costruzione della conoscenza. Da queste idee deriva un’area di sviluppo tecnologico conosciuta

come CSCW (Computer Supported Collaborative Work), che consiste in software usato da

gruppi anziché da singoli individui con lo scopo di favorire lavoro collaborativo e forme di

creazione collaborativa di conoscenza. Sono anni in cui l’idea che la conoscenza scientifica sia

una rappresentazione oggettiva, misurabile e che si sviluppi in forma lineare e progressiva

3 Winograd T., Flores F., Calcolatori e conoscenza. Un nuovo approccio alla progettazione delle tecnologie dell'informazione, Milano, Mondadori, 1987

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Multimedialità e Apprendimento

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viene sempre più messa in discussione e si sottolinea il suo carattere di costruzione negoziata e

multidimensionale.

Nei primi anni novanta gradualmente un nuovo quadro teorico si fa luce, il termine con cui si

contrassegna la svolta, rispetto ai tradizionali modelli della conoscenza, è il “costruttivismo”, in

cui un ruolo importante in questo passaggio lo ha Bruner che ha lamentato il particolare

carattere assunto dal cognitivismo nel cui sviluppo ha prevalso l’”elaborazione

dell’informazione” rispetto alla “ricerca del significato”4.

I concetti principali che caratterizzano il costruttivismo sono tre: la conoscenza è il prodotto di

una costruzione attiva del soggetto, è ancorata ad un contesto, e si svolge attraverso forme

particolari di collaborazione e negoziazione sociale.5

Al centro viene posta la “costruzione del significato”, processo attivo, non predeterminabile, e

quindi l’attenzione del progettista di formazione si sposta dall’organizzazione sequenziale degli

interventi didattici, al concetto di “ambiente di apprendimento”. Un ambiente di apprendimento

è uno spazio reale e/o virtuale in cui coloro che apprendono possono lavorare aiutandosi

reciprocamente avvalendosi di una varietà di risorse e strumenti informativi in attività di

apprendimento guidato o di problem solving; intorno ad ogni soggetto va dunque allestito un

variegato repertorio di risorse di apprendimento, tecniche organizzative ed interpersonali, in

modo che questi possano trovare un clima congeniale e gli appigli più idonei per procedere

nella forma ottimale. Sintetizzando le implicazioni educative che discendono da un filosofia

costruttivista, gli ambienti di apprendimento dovrebbero:

• presentare compiti autentici piuttosto che astrarre;

• offrire molteplici rappresentazione della realtà;

• Evitare semplificazioni rappresentando la naturale complessità del mondo reale;

• Porre l’attenzione sulla costruzione della conoscenza e non sulla sua trasmissione e

riproduzione;

• Offrire occasioni di apprendimento desunte dal mondo reale, basate su casi, piuttosto

che su sequenze istruttive predeterminate;

• Alimentare pratiche riflessive;

• Permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal contenuto;

• Favorire la costruzione cooperativa della conoscenza attraverso la negoziazione sociale.

Il costruttivismo si configura, oggi, come un complesso e variegato arcipelago teorico

composto da psicologi, epistemologi, informatici, scienziati cognitivi, pedagogisti, ricercatori

didattici.

Diversi sono i filoni teorici che si identificano in questo approccio (costruttivismo radicale,

interazionista, sociale, situazionista, socio-culturale) ma tutti condividono l’affermazione che

“l’istruzione non è causa dell’apprendimento, essa crea un contesto in cui l’apprendimento

4 Bruner J. (1992), La ricerca del significato. Per una psicologia culturale, Bollati Boringheri, Torino 5 Jonassen D.H. (1994),Thinking technology: toward a costructivistic design model, Educational technology, n. 34

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prende posto come fa in altri contesti” quali la famiglia o il gruppo dei pari. Quindi,

“l’insegnante non determina l’apprendimento. L’apprendimento è un processo in fieri, che può

utilizzare l’insegnamento come una delle tante risorse strutturali. A questo riguardo,

l’insegnante e i materiali d’istruzione diventano risorse per l’apprendimento in molti modi

complessi”6.

6 Varisco B.M. , Costruttivismo socio-culturale, Carocci, Roma, 2002

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1.4.2 Multimedialità e comunicazione didattica

Il problema, da un punto di vista pedagogico e didattico, riguarda il rapporto tra media e

apprendimento: come deve modificarsi la comunicazione didattica quando essa avviene

attraverso canali diversi da quelli tradizionali (lezione in presenza, libri), ossia attraverso la

multimedialità? Come comunicare contenuti di apprendimento in modo efficace senza causare

sovraccarico cognitivo?

Comunicare un contenuto didattico non significa trasmettere semplicemente informazioni, ma

attivare processi cognitivi complessi come trasferire quanto si è appreso da un contesto a un

altro, imparare oltre che ovviamente comprendere e ricordare.

Non sono molti gli studi empirici che si sono soffermati su come rendere efficace una

comunicazione didattica multimediale. Uno dei pochi autori che ha cercato di affrontare in

termini scientifici simili problematiche, rispetto alla comunicazione testuale o multimediale, è

stato lo psicologo californiano Richard Mayer.

Il contributo offerto da Mayer sul tema della multimedialità, ampliandolo e integrandolo con

altre linee di ricerca per rispondere principalmente alle seguenti domande: come presentare

contenuti informativi in modo significativo per l’apprendimento? Quali sinergie didatticamente

rilevanti si possono instaurare tra il testo e l’immagine?

Mayer, tenendo conto da una parte del carattere costruttivo dell’apprendimento e avvalendosi

dall’altra di teorie cognitive classiche, come quella del carico cognitivo di Sweller e la teoria

del doppio codice di Paivio, suggerisce una serie di tecniche su come presentare/comunicare i

contenuti didattici7 e formula alcuni fondamentali principi su come progettare interfacce

multimediali8.

La teoria della doppia codice di Paivio9 sostiene che un evento può essere rappresentato in

memoria mediante due codici:

• Verbale: che contiene le informazioni di cui ci serviamo quando usiamo le parole;

• Non verbale o immaginifico: che contiene le informazioni per generare le immagini

che corrispondono ad oggetti naturali.

Ogni sistema è ulteriormente suddiviso in sottosistemi e i due sistemi simbolici comunicano tra

loro attraverso relazioni tra immagini e parole.

La teoria del carico cognitivo di Sweller si focalizza sul concetto di risorse cognitive disponibili

durante l’esecuzione di un compito, su come esse vengano utilizzate durante l’apprendimento e

direzionate verso obiettivi specifici di apprendimento, in modo da non determinare un

sovraccarico cognitivo.

7 Richard E. Mayer, “Multimedia Learning”, Cambridge University Press, New York, 2001 8 Richard E. Mayer, “The Cambridge Handbook of Multimedia Learning”, Cambridge University Press, New York, 2005 9 Mammarella, Cornoldi, Pazzaglia, “Psicologia dell’apprendimento multimediale”, Il Mulino, 2004

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Le tecniche e i principi teorizzati da Mayer si basano sul SOI model of learning una teoria della

cognizione di carattere costruttivista incentrata su tre processi cognitivi: selezionare

informazioni (S), organizzare informazioni (O) ed integrare informazioni (I). Il modello può

essere schematizzato nel seguente modo:

Figura1: Modello di apprendimento Costruttivista di Mayler (SOI model of learning)

Più analiticamente, secondo Mayer, nel corso del processo di apprendimento lo studente

compie tre operazioni fondamentali: seleziona le informazioni rilevanti attraverso due canali

distinti e paralleli (visivo e uditivo); organizza nella working memory le percezioni visive o

uditive selezionate in un modello mentale visivo o verbale coerente, connettendo cioè in modo

appropriato (ad es. attraverso una relazione di tipo causale) le percezioni selezionate; integra

infine le nuove rappresentazioni visive o verbali, utilizzando le conoscenze preesistenti, nella

long-term memory, e ottenendo una rappresentazione integrata del materiale presentato. Le

assunzioni di fondo sono invece che esperienze visive e uditive sono elaborate in distinti e

separati canali e ciascun canale di elaborazione è limitato nella sua capacità di trattare

informazioni.

Secondo Mayer la comunicazione multimediale può migliorare l’apprendimento, ma solo ad

alcune condizioni. Occorre infatti tener conto che lo studente apprende meglio:

• da parole unite a immagini, piuttosto che solamente da parole (principio di

multimedialità);

• quando le parole e le immagini corrispondenti sono vicine tra loro sulla pagina o sulla

schermata (principio di contiguità spaziale);

• quando le parole e le immagini corrispondenti sono presentate simultaneamente

piuttosto che successivamente (principio di contiguità temporale);

• quando le parole, le immagini o i suoni estranei sono esclusi (principio di coerenza);

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• quando le animazioni sono accompagnate da narrazione audio, piuttosto che da testi

scritti sullo schermo (principio di modalità);

• da animazioni accompagnate solo da narrazione audio piuttosto che accompagnate sia

da narrazione che da testi sullo schermo (principio di ridondanza).

La multimedialità con uso di immagini, testi, audio, ecc. ha quindi di per sé un valore aggiunto,

a patto però di evitare il sovraccarico cognitivo, derivante dall’eccessivo impiego di un singolo

canale (visivo o uditivo).

Sempre basandosi sul modello precedente, Mayer indica alcune tecniche per migliorare la

presentazione dei contenuti e promuovere l’apprendimento, facilitando l’attivazione dei tre

processi cognitivi di selezione, organizzazione e integrazione delle informazioni.

Innanzitutto, per aiutare lo studente a selezionare le informazioni rilevanti e significative lo

psicologo californiano propone alcune tecniche:

• evidenziare le informazioni più importanti attraverso l’uso di titoli, corsivo, grassetto,

sottolineature, dimensioni del carattere, spazi bianchi, ripetizioni dei concetti

importanti, icone, immagini, ecc.;

• aggiungere delle domande e/o esplicitare gli obiettivi didattici in modo da richiamare

l’attenzione sui contenuti rilevanti;

• fornire delle sintesi riepilogative;

• eliminare le informazioni irrilevanti e adottare uno stile conciso, in modo da ridurre il

“rumore”.

Inoltre, Mayer indica in che modo poi è possibile facilitare il processo di organizzazione delle

nuove informazioni e aiutare lo studente a mettere in relazione le rappresentazioni selezionate,

così da costruire una rappresentazione mentale coerente.

Premettendo che il processo di costruzione di rappresentazioni mentali coerenti dipende dalla

capacità dello studente di riconoscere la struttura concettuale del testo, in questo caso, è

pertanto utile:

• strutturare in modo chiaro e comprensibile il testo, ossia esplicitare le relazioni

concettuali esistenti tra le sue parti (confronto comparazione, relazione causa effetto,

classificazione, grado di generalità, ecc.);

• fornire una “scaletta” dei passaggi critici;

• segnalare i passaggi attraverso parole chiave;

• offrire rappresentazioni grafiche attraverso cui mettere in relazione i nuovi concetti

(schemi, mappe concettuali).

Infine Mayer ci suggerisce come aiutare lo studente ad attivare e utilizzare le conoscenze

pregresse, quelle cioè “depositate” nella memoria a lungo termine, e in che modo facilitarlo nel

processo di integrazione delle nuove rappresentazioni attraverso le conoscenze preesistenti.

In questo caso, si può far uso di:

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• anticipatori (advance organizer) contenenti ad esempio analogie;

• illustrazioni multiframe, cioè per esempio presentazioni simultanee di una stessa

spiegazione in formati diversi (animazione e narrazione);

• esempi;

• domande.

Un ruolo fondamentale nelle comunicazione multimediale è svolto dalle immagini le cui

funzioni principali sono:

• Decorativa: può trattarsi di riproduzioni di oggetti o di eventi che non si riferiscono alle

informazioni contenute nel testo, in questo caso le immagini non hanno particolari

ricadute sull’apprendimento;

• Rappresentativa: si tratta di immagini che guidano l’attenzione su un elemento del testo,

orientando i processi di selezione dell’informazione;

• Organizzativa: sono immagini che aiutano il lettore a cogliere i legami tra le

informazioni contenute nel testo;

• Interpretativa o esplicativa: nel caso di immagini che illustrano il funzionamento di

processi o sistemi in termini di causalità, attivando processi di integrazione.

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1.4.3 Le immagini nella didattica per alunni con disabilità

L’immagine è solitamente considerata una ripetizione/ricostruzione della realtà e in base a

questo parametro, chi la osserva ripresenta una realtà già vista e conosciuta, o aiuta a scoprire

un aspetto impensato del mondo, o mostra ciò che non è consentito vedere per esperienza

“diretta”.

L’attenta osservazione di una immagine può essere un ottimo esercizio per stimolare e

soddisfare la curiosità, la voglia di capire, la ricerca di un significato, attirare e mantenere

l’attenzione degli alunni o per facilitare la comprensione di un concetto.

Nel lavoro didattico con alunni in difficoltà di apprendimento10 o in situazione di disabilità, il

ricorso alle immagini è più frequente e il rischio di utilizzare immagini non adeguate è alto. Il

“rischio” viene aumentato dal fatto che non sempre è possibile disporre di immagini relative a

ciò di cui si sta parlando, perciò si rimedia come si può e si utilizza quel che si trova.

D’altra parte, con tutti i problemi cui si deve quotidianamente far fronte, soprattutto quando si

opera in attività di sostegno, certamente quello della scelta costante di immagini adeguate è un

problema che facilmente viene tralasciato. Eppure non è un problema di poco conto. Quando le

immagini debbono essere strumenti, stimoli, mediazioni per il conseguimento di conoscenze,

occorre per esse una accurata scelta ed una attenta calibratura, altrimenti non solo non viene

introdotta alcuna facilitazione nel processo di apprendimento ma si rischia addirittura di

produrre confusione e fraintendimenti.

Nel contesto di uso delle immagini in attività didattiche con alunni in situazione di disabilità

dobbiamo affidare alle immagini almeno tre funzioni:

• stimolazione percettiva

• memoria/recupero di sensazioni ed esperienze

• proposizione di informazioni

Per svolgere queste funzioni le immagini debbono essere strutturate e presentate in modo tale

da costituire delle vere e proprie provocazioni per l’alunno. Provocazioni che possiamo porre:

• a livello sensoriale;

• a livello emotivo;

• a livello cognitivo.

D’altra parte è proprio in una giusta alternanza tra questi tre livelli di provocazione che

normalmente si dovrebbe collocare un intervento di sostegno.

E’ ovvio che le immagini, per poter costituire delle provocazioni a livello sensoriale, emotivo e

cognitivo debbono essere ideate e realizzate con particolari cure e attenzioni, non intesa in

senso tecnico di realizzazione, ma le immagini necessitano di alcuni elementi “catalizzatori”, in

10 Angelo Vigo, Le immagini nella didattica per alunni con disabilità, http://www.cstlodi.it/immagininelladidattica.pdf

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grado di trasformarle in strumenti, stimoli, mediazioni o in provocazioni per apprendere. Un

primo elemento “catalizzatore” potremmo individuarlo nel piacere di vedere. Ai bambini piace

vedere, piace osservare, piace subire il fascino degli stimoli visivi.

Ma ci sono altri elementi catalizzatori come ad esempio l’intimità, la padronanza, la possibilità

di agire, cioè sensazioni molto particolari di cui un bambino, e soprattutto un bambino in

situazione di disabilità, ha bisogno per sentire una situazione di apprendimento come

significativa per sé.

L’intimità riguarda ciò che è più profondo, ciò che sta “più dentro”. Per provare una

sensazione di intimità, in una situazione scolastica, occorre poter sentire le attività proposte

dall’insegnante come qualcosa di perfettamente aderente alle proprie esigenze, come una

risposta ai propri intimi e profondi bisogni.

La padronanza è un’altra sensazione di cui il bambino ha bisogno per poter imparare, ma la

padronanza non è da intendere solamente come la capacità di controllo e di dominio di un

oggetto o di un evento, ma vuol dire ritrovare, nel clima e nell’ambiente in cui è inserito, delle

oggettive condizioni di operatività indipendentemente dalle sue specifiche condizioni

psicofisiche.

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1.4.4 Alcuni suggerimenti per utilizzare MS PowerPoint

Cliff Atkinson è il curatore dell’unico blog11 che a livello mondiale si occupa esclusivamente dell’ecologia di PowerPoint, e si rifà agli studi degli anni novanta di Richard Mayer che hanno analizzato le modalità di apprendimento e l’uso integrato di parole e immagini secondo tre concetti chiave:

• doppio canale: la mente ha due canali di apprendimento, quello visivo e quello verbale; • capacità limitata: in ogni canale riusciamo a far passare poche informazioni alla volta; • elaborazione attiva: chi ascolta ritiene non tutto quello che gli viene proposto, ma solo

quello che gli serve.

Su questa base Atkinson consiglia di scrivere le presentazioni PowerPoint seguendo 4 principi:

• principio di segnalazione: scrivere un titolo chiaro che sintetizzi il contenuto della pagina in ogni pagina;

• principio di segmentazione: se si assimila meglio un concetto alla volta, ogni slide deve essere dedicata a un solo tema;

• principio di modulazione: una slide non è una pagina formato A4 e una slide piena di testo “chiude” il canale visivo;

• principio di multimedialità: usare la grafica per tradurre i concetti in immagini e le immagini per fornire suggestioni.

11 Cliff Atkinson, Beyond Bullets blog, http://www.beyondbullets.com

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1.4.5 Le patologie

Disturbi generalizzati dello sviluppo

I disturbi generalizzati dello sviluppo12 rappresentano un capitolo molto complesso e dibattuto,

essendo ancora in corso di studio e verifica la causa scatenante e lo sviluppo patogenetico. Le

diverse correnti di pensiero hanno nel tempo strutturato differenti sistemi di classificazione che

risentono delle ipotesi teoriche di base. Di conseguenza anche per quanto concerne l’approccio

terapeutico e/o riabilitativo si registrano diverse strategie, che rendono ancor più complesso il

compito di fornire una presentazione il più possibile esaustiva e chiara di questa problematica.

Tali disturbi rappresentano peraltro situazioni cliniche di grande impatto in tutti gli ambiti della

vita, sociale e di relazione (famiglia, scuola, lavoro), e pertanto meritano di essere trattati in

maniera specifica.

Attualmente i sistemi di classificazione più frequentemente utilizzati, su cui vi è un diffuso

consenso sono DSM-IV (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) ed ICD-10

(International Classification of Diseases).

I Disturbi generalizzati dello sviluppo rappresentano una distorsione dello sviluppo di base che

riguarda la comunicazione, verbale e non verbale, le capacità sociali e l’attività immaginativa.

Sono inoltre compromesse funzioni psicologiche di base quali l’attività motoria, l’attenzione, la

percezione sensoriale, l’umore ed il funzionamento intellettivo. Nel DSM viene precisato

inoltre la frequente associazione con ritardo mentale.

Secondo il DSM-IV si riconoscono all’interno di questo capitolo i seguenti distinti disordini:

• Disturbo Autistico

• Disturbo di Rett

• Disturbo Disintegrativo della fanciullezza

• Disturbo di Asperger

• Disturbo Generalizzato dello Sviluppo Non Altrimenti Specificato (NAS)

L’ICD-10, che raggruppa questi disturbi sotto la dicitura di Sindromi da Alterazione Globale

dello Sviluppo Psicologico, oltre alle cinque sindromi elencate, inserisce anche:

• Autismo atipico

• Sindrome iperattiva associata a ritardo mentale e movimenti stereotipi

Il disturbo di più frequente riscontro clinico è la Sindrome Autistica le cui caratteristiche

distintive sono la menomazione:

• dell’interazione sociale

12 Maria Bruna Fagiani, “Lineamenti di psicopatologia dell’età evolutiva”, Carrocci Editore, Roma 2002

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• della comunicazione verbale e non verbale

• del comportamento e della attività immaginative

Per la formulazione della diagnosi di autismo, oltre alla compromissione nelle tre aree,

l’esordio dei sintomi deve avvenire entro i tre anni di vita.

Per quanto concerne la menomazione qualitativa nelle interazioni sociali reciproche, essa si

evidenzia nell’incapacità di comportamenti non verbali come il contatto oculare, la mimica

facciale, la postura ed i gesti comunicativi, nell’incapacità di sviluppare relazioni con i coetanei

appropriate

rispetto al livello di sviluppo, nella mancanza di condivisione spontanea di esperienze con gli

altri, nella mancanza di reciprocità sociale ed emozionale. Tali manifestazioni risultano sempre

presenti nel disturbo ma possono variare nel corso nella vita e nei differenti contesti ed essere

d’intensità variabile da soggetto a soggetto, a seconda del grado di disturbo presentato, essendo

possibile riscontrare nell’Autismo un’ampia gamma di modalità di presentazione.

Il bambino autistico potrebbe essere in grado di interagire da un punto di vista fisico, in attività

di gioco corporee, ma non essere in grado di entrare in un gioco immaginativo o in cui gli

venga richiesta la capacità di cooperare.

La menomazione qualitativa nella comunicazione interessa sia l’area verbale che non

verbale, in maniera diversa a seconda dell’età e della profondità del disturbo.

Si manifesta con un ritardo o la totale assenza del linguaggio, con linguaggi atipici per tono,

volume o estensione della voce, con comparsa di ecolalie e neologismi. Dove è presente un

linguaggio, esso è caratterizzato da ripetitività di contenuti, incapacità di usare e comprendere

un linguaggio metaforico, figurato, di tipo simbolico. Il gioco immaginativo e simbolico, che si

correla con la comparsa di una comunicazione adeguata, appare anch’esso povero e ripetitivo.

Un elemento caratteristico della sindrome è la presenza di comportamenti stereotipati che

tendono a ripresentarsi frequentemente nel corso della giornata, apparentemente non finalizzati,

fino a divenire in alcuni casi l’unica attività effettuata. Le stereotipie gestuali (es. movimento di

sfarfallamento o di rotazione con le mani, spesso in visione laterale) tendono a diminuire in

frequenza nel corso della vita e molto spesso si modificano, talora divenendo più complesse od

inserite in una attività rituale più articolata.

Per quanto concerne il trattamento educativo13 gli interventi più frequenti devono in primo

luogo prevedere un approccio individualizzato, perché a dispetto delle classificazioni, gli

individui affetti da autismo presentano personalità differenti e background sociali molto vari.

In secondo luogo deve prevedere una continuità strutturale in quanto il soggetto autistico ha la

necessità di ritrovare le stesse persone che si occupano di lui, le stesse insegnanti, una ritmicità

costante nelle attività da svolgere, nei tempi e luoghi in cui queste vengono svolte, su cui

costruire piccole e lente modificazioni che mirino a renderli più flessibili senza disorientarli o

disorganizzarli.

13 Maria Rosa Pizzamiglio, “La riabilitazione neuropsicologica in età evolutiva”, Franco Angeli 2003

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In terzo luogo i bambini sono di solito in grado di lavorare con un unico pensiero alla volta e

quindi le istruzioni devono essere date una per volta, in maniera semplice e priva di ambiguità

o possibili interpretazioni. Accanto alle istruzioni verbali è utile associare talvolta una

spiegazione gestuale o un modello da imitare.

In quarto luogo va ricordato che questi bambini presentano una difficoltà di pianificazione ed

organizzazione, oltre ché spaziale anche temporale, e pertanto ogni compito deve essere portato

a termine prima di iniziare il successivo.

Ritardo mentale

Il ritardo mentale14 è una condizione clinica complessa, caratterizzata dalla presenza di un

deficit cognitivo, che produce una azione di distorsione complessiva, più o meno massiccia,

della personalità del soggetto e delle sue possibilità di adattamento per cui per es. l’incidenza di

disturbi psichiatrici nei soggetti con ritardo mentale è diverse volte superiore a quella in

soggetti normodotati. I disturbi psichiatrici che più comunemente si associano al ritardo

mentale sono i Disturbi da Tic, il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, i Disturbi

dell’Umore, i Disturbi da Movimenti Stereotipati ed i Disturbi Generalizzati dello Sviluppo.

Secondo l’ICD-10 il ritardo mentale rappresenta una condizione di interrotto o incompleto

sviluppo psichico, caratterizzata soprattutto da compromissione delle abilità che si manifestano

durante il periodo evolutivo e che contribuiscono al livello globale di intelligenza, cioè quelle

cognitive, linguistiche, motorie, affettive e sociali.

Il ritardo mentale è valutato attraverso misurazioni standard che tengono conto della

definizione di intelligenza che pur essendo intuitivo come concetto, risulta difficile da definire.

Infatti, l’atto intelligente non è solo operazione di pensiero, ma è il risultato della

collaborazione tra pensiero, funzioni e attività psichiche che del pensiero non fanno parte,

come: affettività, interesse, motivazione. Si può, peraltro, tenere presente il fatto che la capacità

di risolvere problemi, comprendere, stabilire nessi logici è attività psichica suscettibile di

misurazione, sulla base della ovvia constatazione che ogni individuo è in grado di comprendere

o risolvere problemi entro un certo grado di difficoltà. La valutazione qualitativa di tale

capacità dà la misura dell’intelligenza. L’efficienza intellettiva è, peraltro, rappresentata dal

livello di complessità delle operazioni logiche che ogni individuo può formulare. Per giungere

alla misurazione dell’intelligenza si è quindi introdotto i concetto di età mentale, cioè il livello

di efficienza intellettiva relativo al livello di maturazione delle funzioni cognitive di un

determinato soggetto, e per permettere il confronto tra soggetti di età diverse, si è giunti al

calcolo del Quoziente di Intelligenza (QI), ottenuto dividendo il valore dell’età mentale per il

valore dell’età cronologica. Quando un soggetto raggiunge al test un’età mentale uguale all’età

cronologica, il valore del QI sarà 100%, questo è il valore della media normale seguendo una

distribuzione statistica dei risultati. Valori di QI inferiore alla media normale indicano un

ritardo nello sviluppo delle funzioni cognitive, mentre un valore superiore alla media normale

indica una maggiore sviluppo delle stesse funzioni.

14 Maria Bruna Fagiani, “Lineamenti di psicopatologia dell’età evolutiva”, Carrocci Editore, Roma 2002

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Il cut-off stabilito (QI inferiore a 70) è per certi versi del tutto arbitrario, non rispondendo a

considerazioni di natura anatomo-funzionale, né di strutturazione neuropsicologica, né tanto

meno di natura psicodinamica, ma è bensì formulato sulla base di considerazioni puramente

statistiche, di distribuzione e descrizione dei dati.

I risultati ottenuti mediante strumenti testali vanno comunque confrontati con una valutazione

clinica globale del funzionamento cognitivo e pertanto necessitano di essere effettuati da

persone esperte e competenti, che conducano inoltre una indagine approfondita sui

comportamenti del soggetto nei diversi ambiti di vita (famiglia, scuola, centri ricreativi).

Va infatti sottolineato che le abilità intellettive ed il funzionamento sociale, oltre ad essere

complesse da valutare, tendono a modificarsi nel tempo, spontaneamente ed in relazione ad

interventi di tipo psico-educativo e riabilitativo.

Il DSM-IV specifica in base al punteggio raggiunto al test intellettivo diversi sottotipi di ritardo

mentale, che rappresentano anche dei livelli di progressiva gravità del disturbo:

• Livello QI tra 50-55 e 70 corrisponde ad un ritardo mentale LIEVE (nell’adulto

corrisponde ad un’età mentale di 9-12 anni)

• Livello di QI tra 35-40 e 50-55 corrisponde ad un ritardo mentale MODERATO

(nell’adulto corrisponde ad un’età mentale di 6-9 anni)

• Livello di QI tra 20-25 e 35-40 corrisponde ad un ritardo mentale GRAVE (nell’adulto

corrisponde ad un’età mentale di 3-6 anni)

• Livello QI inferiore a 20-25 corrisponde ad un ritardo mentale GRAVISSIMO o

PROFONDO (nell’adulto corrisponde ad un’età mentale inferiore a 3 anni)

Quando il QI non è ottenibile per la mancata collaborazione del soggetto ai test standardizzati

ma si presume essere inferiore al valore limite di 70 si parla di ritardo mentale di GRAVITA’

NON SPECIFICATA.

Per ogni livello di QI sono stati inoltre descritti i corrispondenti livelli di comportamento

adattivo attesi (vedi ICD-10):

• Nel RITARDO MENTALE LIEVE si osservano frequentemente difficoltà

dell’apprendimento in ambito scolastico, mentre nell’età adulta molto sovente

raggiungono una autonomia lavorativa, relazioni sociali soddisfacenti, e risultano in

grado di contribuire al benessere della società.

• Nel RITARDO MENTALE MODERATO si associa a marcati ritardi dello sviluppo

durante l’infanzia, pur potendo sviluppare un certo grado di indipendenza nella cura di

sé, discrete abilità scolastiche e capacità comunicative. Per essere inseriti in un ambito

sociale e lavorativo necessitano abitualmente di un supporto.

• Nel RITARDO MENTALE GRAVE è quasi sempre indispensabile un supporto

continuo.

• Nel RITARDO MENTALE GRAVISSIMO vi è una grave limitazione nella cura di sé,

nella continenza, nella comunicazione e nella mobilità.

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Multimedialità e Apprendimento

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Il ritardo mentale grave è solitamente identificabile già nel 1° anno e la gravità è precisabile a

3-4 anni, il ritardo mentale lieve-medio è solitamente identificabile in età prescolare.

Con l’aumentare della scolarizzazione, del benessere economico ed il rendersi sempre più

complesso del sistema sociale e lavorativo, i ritardo mentale di grado lieve tendono a divenire

sempre più frequentemente e precocemente manifesti, in età scolare, mentre rimanevano

frequentemente inosservati e ben integrati nella società pretecnologica. Sempre in relazione al

mutamento sociale si correla altresì il rilievo che nei soggetti affetti da ritardo mentale si

osservano talvolta buone prestazioni specifiche, come ad es. abilità di letto-scrittura, in assenza

di un pari sviluppo delle capacità adattive. E’ vero al contempo che la nostra società richiede

comportamenti adattivi sempre più elevati che potrebbe determinare un aumento del numero di

soggetti che non appaiono in grado di soddisfarvi, anche in presenza di capacità cognitive

adeguate all’età, come spesso si osserva nei gruppi etnici isolati o che non si riconoscono nei

valori della società in cui vivono (es. popolazioni Rom o emigrati da paesi africani). Questa

osservazione penso possa dare una misura della difficoltà di stabilire il confine tra normalità

intellettiva e ritardo mentale, anche avvalendosi di strumenti il più possibile oggettivi, quali i

test.

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Multimedialità e Apprendimento

29

1.5 Dossier di documentazione

1.5.1 Intervento didattico

Presentazione dell’allievo e del contesto scolastico

Gianluca è l’allievo seguito durante l’attività di tirocinio attivo presso la scuola secondaria di

secondo grado.

In un primo momento l’attività svolta, dopo un’intensa discussione con in docente accogliente,

rivolta alle descrizione dell’alunno, si è concentrata sull’osservazione in classe per rafforzare

la conoscenza dell’allievo, funzionale alla progettazione di un intervento educativo

individualizzato. Una conoscenza intesa come uno “svelarsi reciproco”, che va incontro

all’altro, lasciando gli spazi necessari alla progettazione. In tal senso l’analisi della diagnosi

funzionale ha permesso di avere una descrizione analitica e delle compromissioni e delle

potenzialità di recupero, evidenziabili nello stato psico-fisico dell’alunno.

Gianluca è una ragazzo di 17 anni, nato prematuro, che ha trascorso 6 mesi in incubatrice,

correndo il rischio di non riuscire a sopravvivere, e che gli ha sicuramente comportato un

ritardo mentale medio. Dall’analisi funzionale risulta che la sindrome prevalente è un disturbo

generalizzato dello sviluppo associato ad un ritardo mentale medio. In particolare, le capacità

intellettive sono mediamente compromesse, il deficit motorio è lieve, mentre le capacità

relazionali e affettive sono gravemente danneggiate. Gianluca presente problematiche

relazionali, necessaria sempre della mediazione di un educatore, invece sul piano

dell’autonoma personale non presenta particolari problemi, ma incontra delle difficoltà nelle

autonomie sociali, nel mettersi in relazione con il gruppo soprattutto in fase di conoscenza. Da

un punto di vista linguistico riesce ad esprimersi in modo adeguato. Le capacità motorie sono

inficiate da continui movimenti delle mani legati all’instabilità emotive. Infine, da un punto di

vista cognitivo presenta un deficit medio, conosce il concetto di numero ma non manipola bene

le quantità.

Dalla mia osservazione in classe è emerso che Gianluca da un punto di vista linguistico non

presenta grossi problemi, anzi rispetto ai compagni possiede buone capacità espressive, che gli

consentono di articolare espressioni verbali a volte evolute, con un vocabolario ricco di parole,

dovuto sicuramente al fatto che trascorre molte ore della giornata ad ascoltare trasmissioni

televisive, soprattutto sportive dove il linguaggio non è infantile ma rivolto ad un pubblico

adulto. Allo stesso modo comprende pienamente il significato dei discorsi fatti, pertanto per

quanto riguarda la comprensione verbale possiamo considerarlo alla pari dei compagni, sempre

limitatamente a quelle che sono le reali capacità cognitive.

Da un punto di vista motorio presenta delle difficoltà, e sappiamo come lo sviluppo delle

funzioni psicomotorie sia fondamentale per l’educazione cognitiva del soggetto in quanto

l’evoluzione delle seconde, è tributaria dello sviluppo della prima. In particolare, presenta

difficoltà di coordinamento dei movimenti che si manifesta sia nella deambulazione (solleva

maggiormente la gamba rispetto al dovuto) sia nella manipolazione di oggetti. Stranamente,

mentre Gianluca parla e comprende discretamente, allo stesso tempo però non riesce a leggere

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Multimedialità e Apprendimento

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adeguatamente (dislessia), presenta le manifestazioni più frequenti che sono la dislessia visivo-

semantica, la dislessia fonologica, cioè ha delle difficoltà nell’analisi della parola scritta, per

estrarre una rappresentazione grafemica, che attraverso un processo di conversione fonologica

porta alla produzione della parola orale. In pratica, Gianluca non riesce a ricostruire una

rappresentazione mentale della parola scritta, ma la parola la conosce.

Allo stesso modo, non riesce a scrivere (disgrafia), cioè non riesce ad attuare l’analisi acustica

della parola per ottenere una rappresentazione fonologica, che attraverso il sistema semantico,

consente di ottenere la rappresentazione ortografica e quindi dei grafemi che compongono la

parola scritta. Questa analisi porta a dire che Gianluca ha una produzione grafica paragonabile

a quella di un bambino di 4 anni, che non ha ancora raggiunto uno stadio adeguato di sviluppo

delle funzioni psicomotorie, corporee, sensoriali, percettive. Presenta quei sintomi tipici della

disgrafia, quali il tratto irregolare, grafia discontinua, lettere slegate, mancata chiusura di forme

tendenzialmente circolari.

Da un punto di vista matematico presenta forti difficoltà (discalculia), anche semplicemente nel

contare un numero di oggetti superiore a 40, cioè per Gianluca non esistono numeri sopra il 40,

mentre diventa quasi impossibile la soluzione di problemi aritmetici e geometrici di media

complessità. Gianluca conosce i numeri come parole, anche numeri grandi, ma non li domina

come quantità. Riesce solo a controllare quantità che si possono rappresentare su due mani,

quindi mentre riesce a sommare 3+4, diversamente, diventa difficile sommare 30+40=70, e

anche proponendogli i risultato lui potrebbe leggerlo come 7 e 0, o addirittura 0 e 7, cioè

presenta problemi di allineamento. Infatti, è noto come l’allineamento delle cifre è alla base

delle possibilità di realizzare i calcoli matematici rispettando con la giusta collocazione i

rapporti di quantità numerici. Inoltre, si nota come la mancanza di un’adeguata organizzazione

spazio-temporale sia responsabile della mancata acquisizione della matematica in quanto la

numerazione è una successione di elementi nel presente, come la percezione temporale.

Per quanto concerne gli obiettivi dell’integrazione scolastica, l’allievo è fortemente integrato,

svolge le lezioni regolarmente in classe, motivato ed aiutato dalla presenza di un PC. Partecipa

attivamente alle attività scolastiche, quali lo sviluppo di trasmissioni rivolte alla Web Radio

dell’Istituto, prestandosi ad effettuare interviste su vari argomenti di interesse, come musica,

sport, attualità, e non solo, partecipa anche con i compagni alle attività ricreative, presso il bar

dell’Istituto, durante l’intervallo, manifestando una sufficiente autonomia, una buona capacità

di relazionarsi, ed una buona socializzazione indispensabile per una convivenza civile e

responsabile. Inoltre, un piano di interventi che porti l’alunno a raggiungere risultati

apprezzabili sul piano dell’integrazione sociale coinvolge il concetto di “Rete Sociale”, intesa

come un insieme di attori che realizzino attività, relazionate tra loro, con modalità e strumenti

diversi, con l’obiettivo comune di focalizzare l’attenzione sui bisogni specifici delle persone

con gravi problemi per costruire insieme un processo di integrazione e un progetto di vita. In

tale contesto si colloca l’ippoterapia che Gianluca svolge. L'ippoterapia consiste nella

induzione di miglioramenti funzionali psichici e motori attraverso l’attento uso dei numerosi

stimoli che si realizzano nel corso della interazione uomo-cavallo. E’ noto, infatti, come lo

sport sia elemento fondamentale di tutte le persone, e ancor di più per i disabili, in quanto non

rappresenta solo un mezzo per il recupero psicofisico del disabile, ma anche uno stimolate

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Multimedialità e Apprendimento

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mezzo di integrazione sociale. Oltre allo sport, gli educatori, messi a disposizione dagli enti

locali presenti sul territorio, coinvolgono Gianluca in attività teatrali con lo scopo di potenziare

l’autonomia socio-personale.

Progettazione intervento didattico

A fronte di queste considerazioni derivanti da un’attività osservativa, con il docente accogliente

abbiamo sviluppato un intervento didattico sfruttando le abilità residue. Nel dettaglio la

comunicazione con l’alunno sfrutta i canali di input residui che sono: il riconoscimento delle

immagini, di forme, e il canale uditivo che è intatto. Inoltre, si sono presi in considerazione i

compensatori di attenzione, cioè quali sono le attività che lo attraggono, lo interessano, quindi

quali sono i fattori che catalizzano l’attenzione lungo i canali di input. Il docente accogliente ha

riscontrato precisamente: la musica, i cartoni animati, il calcio e aspetti sportivi in generale,

attualità, mezzi e strumenti tecnologici e soprattutto il personal computer. Di conseguenza,

l’intersezione dei due punti precedenti ha come risposta che la didattica multimediale permette

di affrontare gli apprendimenti curricolari passando da uno o più di questi elementi. Questo

aspetto è fortemente supportato dalla scuola in quanto il Piano dell’Offerta Formativa prevede

una specializzazione in Informatica con una sperimentazione autonoma in "Multimedialità e

Comunicazione Digitale". Pertanto presso l’Istituto è presente un laboratorio multimediale dove

è possibile sviluppare attività didattiche con un contenuto tecnologico estremamente elevato

rispetto agli standard.

Tutto questo prende spunto da Feuerstein15 il quale sottolinea il fatto che ogni allievo è

modificabile, proprio perché appartiene al genere umano dove l’intelligenza è plastica, quindi è

modificabile, però deve trovarsi in un ambiente favorevole, pertanto l’obiettivo è la ricerca

delle giuste condizioni ambientali favorevoli all’apprendimento, che con l’allievo seguito

risulta essere la presenza del PC in classe e il laboratorio multimediale.

La scelta di attuare un intervento didattico multimediale si colloca all’interno di una

programmazione a lungo termine che ha come obiettivo finale mettere Gianluca nella

condizione di operare al meglio con un strumento potente quale il PC. Infatti, per far si che

Gianluca possa acquisire una maggiore autonomia è necessario che impari a lettere almeno

attraverso sintesi vocale, cioè lui non è in grado di leggere, ma se qualcuno lo fa per lui è in

grado di capire il significato, sempre compatibilmente con quelle che sono le sue capacità

cognitive. Pertanto un software dotato di scanner per “leggere” il testo con la possibilità di

essere riprodotto con voce sintetica si configura come uno strumento di maggiore autonomia

futura.

Nello specifico l’intervento didattico ha focalizzato l’attenzione sull’analisi delle immagini,

rivolta a rafforzare la capacità di discriminazione delle forme, sia nella dimensione, che nella

collocazione spaziale (destra, sinistra, in alto e in basso, in primo piano e sfondo) all’interno

15 Vittorio Venuti, Lorenza Carelli, “Manuale per l’integrazione scolastica degli alunni disabili”, Euroedizioni , Torino, 2007

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Multimedialità e Apprendimento

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della dimensione iconografica. L’intervento educativo è stato pensato e contestualizzato

durante una lezione di Sistemi di Elaborazione e Trasmissione dell’Informazione in cui la

classe era impegnata nello studi delle Reti di Calcolatori e degli apparati di interconnessione

(Hub, Switch e Router). Ovviamente, una tale attività è estremamente complessa per Gianluca,

però l’obiettivo che ci siamo prefissati è stato quello di arrivare a comprendere il

funzionamento degli apparati di rete citati, attraverso la realizzazione di presentazioni

multimediali animate in cui si simula il comportamento del dispositivo, arricchite da una

descrizione sonora alcune volte prodotta direttamente dall’alunno. In questo modo abbiamo

compreso con l’aiuto di un’immagine in movimento le caratteristiche dei vari dispositivi

oggetto di studio, e i loro diverso comportamento, raggiungendo l’obiettivo minimo prefissato,

in sintonia con la programmazione di classe.

Scheda sintetica dell’intervanto didattico

Unità Didattica

Reti di calcolatori ed apparati di interconnessione

Prerequisiti: • Conoscenze di base su hardware e software • Conoscenze minime sulla rete telefonica fissa • Conoscenze minime sul sistema postale

Descrittore:

• Reti locale di calcolatori • LAN – Local Area Network

• Regole per il trasferimento dei dati • Commutazione di pacchetto

• Apparati di rete e loro funzionamento: Hub, Switch e Router Obiettivi Specifici:

• Conoscere il concetto di rete e reti di calcolatori • Conoscere come è costituita una rete locale • Conoscere i dispositivi di interconnessione e il loro funzionamento macroscopico • Conoscere il concetto di rete globale (Internet) e il funzionamento degli apparati di

interconnessione interessati (Router) Obiettivi Generali:

• Promuovere maggiori competenze nell’uso del Personal Computer • Migliorare le capacità motorie per eseguire movimenti fini attraverso l’uso del

mouse • Migliorare le capacità affettivo/relazionali attraverso l’uso del calcolatore per

suscitare sensazioni di sicurezza, padronanza e adeguatezza alla vita scolastica • Promuovere una reale integrazione scolastica attraverso l’uso del Personale

Computer in classe • Rafforzare la capacità di discriminazione delle forme, sia nella dimensione, che

nella collocazione spaziale Strumenti:

• Personal computer • MS PowerPoint 2007

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Multimedialità e Apprendimento

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• MS Paint • DSpeech • Audacity • Rete Internet

Spazi:

• Classe • Laboratorio multimediale • Laboratorio sistemi

Verifica:

Colloquio orale con il docente curricolare in cui verranno esposte le slide prodotte con eventuali domande di approfondimento da parte del docente. Suddivisione oraria:

• Lezione 1 (3 ore): Definizione del concetto di rete di calcolatori e in particolare reti locali a stella.

• Lezione 2 (3 ore): Definizione dell’apparato di rete Hub e funzionamento. • Lezione 3 (3 ore): Definizione dell’apparato di rete Switch e funzionamento. • Lezione 4 (3 ore): Definizione dell’apparato di rete Router e funzionamento. • Lezione 5 (3 ore): Rivisitazione generale del materiale prodotto e verifica finale.

Finalità generali:

Aumentare le competenze nell’uso del personal computer per giungere alla fine del quinto anno ad una buona padronanza dello strumento per utilizzare programmi di sintesi vocale per acquisire una maggiore autonomia sociale.

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Multimedialità e Apprendimento

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Materiale prodotto

Prima lezione

Figura2: Slide prodotta durante la prima lezione

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Multimedialità e Apprendimento

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Innanzitutto, durante la prima lezione abbiamo reperito in Internet tutte le immagini

necessarie per la realizzazione della presentazione multimediale in MS PowerPoint. In

particolare, abbiamo rintracciato le immagini per i PC della rete, le immagini relative ai

dispositivi di rete, l’immagine relativa ai messaggi/dati (una busta da lettere). Il primo

concetto esaminato è stato quello di rete locale a stella. Per avere una rappresentazione più

precisa, nella presentazione è stata aggiunta un’immagine schematica del concetto esposto,

corredata da una descrizione sonora, ottenuta attraverso sintesi vocale con il programma

DSpeech. Successivamente nella presentazione sono stati aggiunti i vali elementi che

costituiscono la rete, con una animazione grafica a comparsa, e con un sonoro descrittivo

dell’elemento inserito.

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Multimedialità e Apprendimento

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Seconda lezione

Figura3: Slide prodotta durante la seconda lezione

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Multimedialità e Apprendimento

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Durante la seconda lezione abbiamo esaminato il comportamento dell’Hub. In un primo

momento, attraverso il programma MS Paint, disponibile sul PC, abbiamo realizzato la rete

interconnettendo i PC con il dispositivo oggetto di studio creando così un’immagine di una

rete a stella. In un secondo momento abbiamo aggiunto alla presentazione multimediale, una

seconda diapositiva contenente l’immagine creata ed abbiamo inserito le animazioni

necessarie per muovere lungo l’immagine della rete la lettere, cioè i dati, in modo del tutto

simile a come avviene nella realtà. Anche in questo caso ogni singolo passo di avanzamento

dell’animazione è arricchito da una descrizione sonora prodotta questa volta dall’allievo nel

laboratorio multimediale attraverso il programma Audacity. In questo caso abbiamo osservato

con l’allievo che l’Hub è un dispositivo poco utilizzato oggigiorno, in quanto replica i

messaggi a tutti i destinatari intasando la rete, e il concetto è fortemente evidenziato dallo

moltiplicazione delle lettere che si hanno durane l’animazione grafica.

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Terza lezione

Figura4: Slide prodotta durante la terza lezione

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Multimedialità e Apprendimento

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Sostanzialmente identica alla seconda solo che abbiamo cambiato il dispositivo oggetto di

studio (lo switch) e abbiamo introdotto il concetto di indirizzo MAC per il PC al fine di

“spedire” la lettera al solo destinatario del messaggio. Per giungere alla comprensione del

funzionamento si è rappresentato il fenomeno facendo una similitudine con il sistema postale

riscoprendo nello switch il ruolo di “postino”.

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Multimedialità e Apprendimento

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Quarta lezione

Figura5: Slide prodotta durante la quarta lezione

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Multimedialità e Apprendimento

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Durante la quarta lezione abbiamo esposto il concetto di rete internet, l’abbiamo rappresentato

come una nuvola grande a cui sono connesse le varie reti a stella precedentemente studiate

(nuvole più piccole), e abbiamo individuato il dispositivo responsabile di tali collegamenti.

Sempre attraverso animazione grafica abbiamo intuito il ruolo svolto dal router, paragonandolo

ad un vigile urbano, situato ad incrocio stradale, che da informazioni per smistare il traffico alle

varie macchine passanti, che nel nostro caso è la lettera, e cioè i dati.

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Multimedialità e Apprendimento

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1.5.2 Schede bibliografiche e sitografiche

SCHEDA BIBLIOGRAFICA

N° rif. A1 (indice ragionato)

TESTO ESAMINATO

Autore: Antonio Calvani

Titolo del libro: Che cos’è la tecnologia dell’educazione

CASA EDITRICE: Carrocci

CITTA’: Roma

ANNO: 2004

Concetto: Il volume costituisce una guida introduttiva alla tecnologia dell’educazione e si sofferma su

temi caratteristici dell’area, quali l’instructional design, l’e-learning, il collaborative learning, la

comunità di pratica, e su alcuni tratti tipici del modo di operare dell’esperto di tecnologia

dell’educazione. Definizioni e citazioni: La tecnologia dell’educazione è una disciplina che studia i cambiamenti prodotti dall’utilizzo dei media nel campo dell’apprendimento e che si propone di fornire le conoscenze teoriche e gli strumenti necessari alla progettazione e all’allestimento di sistemi e ambienti formativi in contesti come la scuola, l’azienda, l’università. Eventuali rimandi ad altri testi o autori: Varisco, Jonassen, Bruner, Winograd Eventuali note o commenti:

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Multimedialità e Apprendimento

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SCHEDA BIBLIOGRAFICA

N° rif. A2 (indice ragionato)

TESTO ESAMINATO

Autore: Antonio Calvani

Titolo del libro: Educazione, comunicazione e nuovi media. Sfide

pedagogiche e cyberspazio

CASA EDITRICE: UTET Università

CITTA’: Torino

ANNO: 2001

Concetto: Il volume offre una introduzione, rivolta ad educatori e studenti, nei riguardi dell’area che si

viene generando dall’incontro tra educazione, media e tecnologia. Il volume è articolato in

quattro parti: nella prima si presentano i concetti e le definizioni preliminari; nella seconda si

rivolge l’attenzione alle modalità d’incontro tra educazione e media; nella terza si presenta un

quadro storico dello sviluppo della Education Technology, dei suoi principali riferimenti

teorici; nella quarta si tratta dei recenti sviluppi di Internet e delle sue implicazioni nell’ambito

della formazione e sperimentazione didattica. Definizioni e citazioni: La Media Education, campo disciplinare di confine tra scienze dell’educazione e della

comunicazione, si propone di produrre riflessioni e strategie operative in ordine ai media intesi

come risorsa integrale per l’intervento formativo. Eventuali rimandi ad altri testi o autori: Rivoltella P. C., Marazzi C., Zanacchi A. Eventuali note o commenti:

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Multimedialità e Apprendimento

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SCHEDA BIBLIOGRAFICA

N° rif. A3 (indice ragionato)

TESTO ESAMINATO

Autore: Ezio Roletto

Titolo del libro: Apprendimento delle scienze e didattiche disciplinari.

CASA EDITRICE: IRIDIS

CITTA’: Torino

ANNO: 2002

Concetto: Il testo si propone di analizzare i diversi modi di intendere l’apprendimento, analizzando il

comportamentismo, il cognitivismo ed il costruttivismo. Inoltre, è ampiamente trattato il

problema dell’apprendimento delle discipline scientifiche, dei conseguenti metodi di

insegnamento descrivendo i vari modelli teorici di riferimento evidenziandone pregi e difetti.

Ampio spazio è riservato al modello di apprendimento “didattico”, fornendone i fondamenti

epistemologici e psicologici e delineando il ruolo dell’insegnante. Definizioni e citazioni: Comportamentismo: Se si è chiamati a mettere in atto un comportamento di adattamento a un

ambiente esterno, rispondendo a determinati stimoli.

Cognitivismo: Se si mettono in moto le proprie strutture e capacità cognitive per assegnare un

significato e un valore alla realtà esterna.

Costruttivismo: Se si costruiscono degli artefatti concreti attraverso un processo cooperativo tra

più persone. Eventuali rimandi ad altri testi o autori: Skinner B.F., Bloom B.S., Bruner J.S., Ausebel D.R., Piaget J., Vygotskij L.S. Eventuali note o commenti:

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Multimedialità e Apprendimento

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SCHEDA BIBLIOGRAFICA

N° rif. A4 (indice ragionato)

TESTO ESAMINATO

Autore: Mammarella, Cornoldi, Pazzaglia

Titolo del libro: Psicologia dell’apprendimento multimediale

CASA EDITRICE: Il Mulino

CITTA’: Torino

ANNO: 2004

Concetto: Questo volume analizza l’apprendimento multimediale nelle sue componenti cognitive,

metacognitive e emotivo-motivazionali, proponendo un modello teorico comprensivo delle

diverse variabili e delle loro relazioni. Qual è il ruolo svolto da attenzione, memoria,

motivazione ed emozioni nell’apprendimento multimediale e fino a che punto queste variabili

possono facilitarlo o impedirlo? Nel rispondere a tali interrogativi gli autori forniscono una

chiave di lettura dell’apprendimento multimediale centrata sulle conoscenze, competenze e

atteggiamenti del soggetto che apprende. Il volume può offrire utili spunti operativi e di

riflessione a insegnanti, psicologi e professionisti che operano nell’ambito dell’educazione e

della comunicazione, e a quanti, a vario titolo, desiderino approfondire le variabili psicologiche

implicate nell’apprendimento multimediale. Definizioni e citazioni: La teoria della doppia codifica dell’informazione: sostiene che un evento può essere

rappresentato in memoria mediante due codici, uno verbale e uno non verbale o immaginifico.

La teoria del carico cognitivo:si focalizza sul concetto di risorse cognitive disponibili durante

l’esecuzione di un compito, su come esse vengano utilizzate durante l’apprendimento in modo

da non determinare un sovraccarico cognitivo. Eventuali rimandi ad altri testi o autori: Paivio A., Chandler e Sweller, Mayer R. Eventuali note o commenti:

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Multimedialità e Apprendimento

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SCHEDA BIBLIOGRAFICA

N° rif. A5 (indice ragionato)

TESTO ESAMINATO

Autore: Laura Fiorini, Massimo Greco

Titolo del libro: Proposte didattiche con Powerpoint

CASA EDITRICE: Editrice La Scuola

CITTA’: Brescia

ANNO: 2005

Concetto: La riforma della scuola, con l’introduzione dell’informatica, ha reso necessario coniugare

buona didattica e nuove tecnologie: l’insegnamento con il computer diventa così un aspetto

rilevante del curricolo fin dall’inizio del percorso scolastico.

PowerPoint è un potente strumento di supporto all’attività didattica e permette agli studenti di

utilizzare la multimedialità a fini cognitivi, di esporre un argomento in maniera chiara e

conforme all’obiettivo e al destinatario e aiuta a coordinare differenti linguaggi (verbale,

iconico ecc.). Gli autori, in questo testo, hanno scelto di riportare le proprie esperienze

professionali nell’uso di PowerPoint, tenendo conto anche di alcuni indirizzi di ricerca nel

campo della psicologia circa i processi cognitivi e l’apprendimento, come il costruttivismo,

ritenendo fondamentale la costruzione attiva della loro educazione da parte dei ragazzi. Definizioni e citazioni: Eventuali rimandi ad altri testi o autori: Eventuali note o commenti:

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Multimedialità e Apprendimento

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SCHEDA BIBLIOGRAFICA

N° rif. B1 (indice ragionato)

TESTO ESAMINATO

Autore: Maria Bruna Fagiani

Titolo del libro: Lineamenti di psicopatologia dell’età evolutiva

CASA EDITRICE: Carrocci

CITTA’: Roma

ANNO: 2002

Concetto: Questo libro, rivolto principalmente a chi opera – come gli educatori e gli insegnanti – nel

settore dell’età evolutiva, intende porsi come uno strumento facilmente utilizzabile anche da

chi non abbia ampie nozioni nel campo medico in generale e nel campo psichiatrico in

particolare. Il testo tratta ampiamente le patologie tipiche dell’infanzia, che si manifestano

nell’adolescenza e che sfumano da un lato in quelle dell’adulto e dall’altro in quelle di età più

precoci, nonché ai problemi derivanti da situazioni ambientali patogene o “difficili” che si

traducono in un disagio e in problemi di adattamento con conseguenti riflessi sul

comportamento dei minori che vi si trovano coinvolti, basti pensare all'abuso o all'adozione.

Brevi cenni relativi alle principali teorie dello sviluppo e a quelle riguardanti la genesi dei

disturbi trattati. Definizioni e citazioni: Disturbi generalizzati dello sviluppo: sono alterazioni dello sviluppo caratterizzate da compromissione grave e generalizzata in diverse aree dello sviluppo, quali la interazione sociale e la capacità di comunicazione, e dalla presenza di comportamenti, attività, interessi abnormi. Eventuali rimandi ad altri testi o autori: Marcelli, Gilberg Eventuali note o commenti:

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Multimedialità e Apprendimento

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SCHEDA BIBLIOGRAFICA

N° rif. B2 (indice ragionato)

TESTO ESAMINATO

Autore: Maria Rosa Pizzamiglio

Titolo del libro: La riabilitazione neuropsicologica in età evolutiva

CASA EDITRICE: Franco Angeli

CITTA’: Milano

ANNO: 2003

Concetto: La riabilitazione neuropsicologica in età evolutiva è particolarmente importante, perché

consente di far emergere da una situazione di difficoltà e sofferenza reali possibilità di

interazione e comunicazione con l'ambiente.

Il bambino infatti, a prescindere dalla gravità del suo quadro clinico, impara ad utilizzare le

strategie e gli strumenti più adatti ad affrontare efficacemente le problematiche inerenti la sua

crescita, modificando le proprie risposte a seconda delle richieste che gli vengono rivolte.

Attraverso lo studio delle teorie dei processi cognitivi è possibile creare degli strumenti

riabilitativi che facilitano lo sviluppo di abilità importanti e fondamentali, quali il linguaggio,

l'attenzione, la cognizione spazio-temporale e la memoria.

Quello del riabilitatore cognitivo in età evolutiva è un compito complesso, perché richiede oltre

alla capacità di modulare progressivamente la terapia neuropsicologica, anche il ruolo di

coordinare le figure significative che interagiscono con il bambino, la famiglia e la scuola. Definizioni e citazioni: Un grave disturbo nei bambini affetti da autismo è l’ultraselettività dello stimolo, che rappresenta l’incapacità di utilizzare tutti i suggerimenti provenienti dall’ambiente esterno. Eventuali rimandi ad altri testi o autori: Ciesielski, Lovaas Eventuali note o commenti:

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SCHEDA BIBLIOGRAFICA

N° rif. C1 (indice ragionato)

TESTO ESAMINATO

Autore: Mario Martinelli

Titolo del libro: L'handicap in classe. Tra individualizzazione e

programmazione

CASA EDITRICE: La Scuola

CITTA’: Brescia

ANNO: 1998

Concetto: L’argomento principale del libro è l’integrazione delle diversità nella scuola dell’autonomia, ed

i temi e problemi ad essa connessi, al fine di acquisire conoscenze, competenze,

comportamenti, metodi e strumenti di lavoro per affrontare la pratica dell’insegnamento in

situazioni caratterizzate da bisogni educativi speciali. Il testo è organizzato in una prima parte

introduttiva, una seconda dedicata alla continuità orizzontale e verticale ed all’accoglienza, in

cui vengono descritti gli organi e gli enti utili alla formazione della comunità di sostegno ai fini

dell’integrazione. L’ultima parte presenta due esperienze differenti. Definizioni e citazioni: “…il deficit…può anche ritenersi difficilmente modificabile…è sul lato handicap che, invece ci

si può e ci si deve impegnare per ottenere miglioramenti significativi” Eventuali rimandi ad altri testi o autori: Piaget, Vygotskij Eventuali note o commenti:

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SCHEDA BIBLIOGRAFICA

N° rif. C2 (indice ragionato)

TESTO ESAMINATO

Autore: Marisa Pavone

Titolo del libro: Personalizzare l’integrazione

CASA EDITRICE: La Scuola

CITTA’: Brescia

ANNO: 2004

Concetto: Il libro si propone di evidenziare una rinnovata spinta di qualità al cammino dell’inclusione,

attraverso alcuni dispositivi: i piani di studio personalizzati; la differenziazione e la flessibilità

sul piano didattico, metodologico, organizzativo; l’integrazione tra i segmenti scolastici, con le

famiglie e con le istituzioni dell’extrascuola.

Il testo si sviluppa in tre parti. Nella prima viene analizzato il concetto di persona, la

prospettiva evolutiva e il nuovo strumento di classificazione delle condizioni di salute e

disabilità da cui scaturiscono nuove indicazioni per la formulazione delle diagnosi e per la

progettazione educativa. Nella seconda parte si prende in esame il funzionamento della scuola-

comunità di apprendimento impegnata ad accogliere, conoscere ed accompagnare ogni

studente. L'ultima parte guarda alla prospettiva del futuro, illustrando le caratteristiche di un

progetto educativo personalizzato che si orienta nell’ottica del progetto di vita. Definizioni e citazioni: Concetto di educabilità: Essere educabile significa apertura alla possibilità di orientarsi verso

una propria meta. La possibilità di migliorare, proponendo all’allievo una difficoltà maggiore

per migliorare, intesa come concetto di progetto di assistenza adeguato alle sue possibilità

anche in presenza di minorazione o malattia. Eventuali rimandi ad altri testi o autori: Eventuali note o commenti:

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SCHEDA BIBLIOGRAFICA

N° rif. C3 (indice ragionato)

TESTO ESAMINATO

Autore: AA.VV.

Titolo del libro: Handicap e Scuola: l’integrazione possibile

CASA EDITRICE: Gruppo Solidarietà

CITTA’: Brescia

ANNO: 1998

Concetto: Il volume fa il punto sullo stato dell’integrazione scolastica degli handicappati ad oltre venti

anni dalle prime normative e a dieci dalla sentenza della Corte Costituzionale che sancisce il

diritto alla frequenza anche nella scuola superiore; analizza, in particolare, i problemi che

vengono posti all’integrazione dalle situazioni di gravità verificando quali condizioni

permettono di realizzare un ambiente disponibile all’accoglienza. Tra i temi affrontati nel

volume: l’integrazione nella scuola di tutti: conquiste definitive e problemi aperti; le novità

delle riforme (autonomia scolastica, disegno di legge sulla parità...); gravità e irrecuperabilità;

la qualità dell’integrazione: come costruirla, come valutarla; quale didattica; diagnosi

funzionale, profilo dinamico, piano educativo individualizzato; rapporto tra scuola e servizi

socio-sanitari; il ruolo della famiglia. Definizioni e citazioni: Diagnosi Funzionale, Profilo Dinamico Funzionale e Piano Educativo Individualizzato.

Eventuali rimandi ad altri testi o autori: Mariangela Giusti, Dario Ianes, Marisa Pavone, Mario Tortello, Riziero Zucchi. Eventuali note o commenti:

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SCHEDA BIBLIOGRAFICA

N° rif. C4 (indice ragionato)

TESTO ESAMINATO

Autore: Salvatore Nocera

Titolo del libro: Il diritto all’integrazione nella scuola dell’autonomia

CASA EDITRICE: Erickson

CITTA’: Trento

ANNO: 2001

Concetto: Il volume propone un approfondito studio sull’analisi della normativa italiana sull’integrazione

scolastica degli alunni in situazione di handicap, ed è suddiviso in quattro aree tematiche.

La prima parte dell’opera ripercorre criticamente il cammino seguito dalla normativa

sull’integrazione nella scuola italiana, dalle origini sino a oggi. La seconda analizza le

prospettive dell’integrazione scolastica alla luce delle profonde innovazioni normative degli

ultimi anni tra cui l’autonomia. La terza parte del lavoro si focalizza sugli strumenti operativi

che possono fare da supporto all’integrazione. Infine, l’ultima parte, redatta da Andrea

Canevaro, si compone di due interviste ad altrettante figure chiave dell’integrazione scolastica

del nostro Paese. Definizioni e citazioni: Art. 13 legge 104/92: L’integrazione scolastica della persona handicappata nelle sezioni e nelle

classi comuni delle scuole di ogni ordine e grado e nelle università si realizza, …, anche

attraverso… sussidi tecnici e didattici specifici… Eventuali rimandi ad altri testi o autori: Eventuali note o commenti: