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MUSEI E:IKON MAGAZINE Eventi, artisti e immagini dell’Arte FREE PRESS - Marzo/Giugno 2010 N.7 Afrodite: la percezione simbolica Il Premio di Afrodite Concorso di arte contemporanea Palazzo Valmarana Braga Corso Fogazzaro, 16 Vicenza Inaugurazione sabato 6 marzo, ore 18.30 All’interno: GIORGIONE 1510 - 2010 VINCENZO SCAMOZZI PREMIO AFRODITE ARTISTI E GALLERIE

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Periodico di informazione su musei, mostre, arte, design e costume

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Page 1: MUSEI - EIKON Magazine

MUSEIE:IKON MAGAZINEEventi, artisti e immagini dell’ArteFREE PRESS - Marzo/Giugno 2010

N.7

Afrodite: la percezione simbolica

Il Premio di Afrodite

Galleria LiberismoPalazzo Valmarana BragaCorso Fogazzaro, 16VicenzaInaugurazione sabato 6 marzo, ore 18.30

dal 6 al 27 marzo 2010

Concorso di arte contemporanea

Afrodite: la percezione simbolica

Il Premio di Afrodite

Galleria LiberismoPalazzo Valmarana BragaCorso Fogazzaro, 16VicenzaInaugurazione sabato 6 marzo, ore 18.30

dal 6 al 27 marzo 2010

Concorso di arte contemporanea

All’interno:GIORGIONE 1510 - 2010VINCENZO SCAMOZZI PREMIO AFRODITEARTISTI E GALLERIE

Page 2: MUSEI - EIKON Magazine

Editoriale

Parola d i S indaco di Claudio Catagini

Alta velocità e sviluppo del Siste-ma delle Tangenziali Venete inte-ressano direttamente il territorio di Altavilla Vicentina, che potrebbe essere devastato dal passaggio di queste nuove arterie di comunica-zione. In merito all’Alta velocità l’amministrazione comunale è chiara, e si è unanimemente e-spressa sostenendo che “il male minore è rappresentato dal pas-saggio sotterraneo, pur con i gros-si disagi che questo comporterà”. Altavilla Vicentina, con i Comuni di Montebello Vicentino, Montecchio Maggiore, Brendola, Vicenza, Tor-ri di Quartesolo, Grumolo delle Abbadesse e Grisignano di Zocco, che costituiscono la Conferenza permanente dei sindaci dei territori interessati dal Progetto ha chiesto la salvaguardia del territorio nella sua integrità, evitando ulteriori cesure, aree intercluse ed ecces-sivi sprechi e/o frazionamenti. La

nuova linea ferroviaria può trovare collocazione in affiancamento alla linea storica solo se realizzata in tunnel. Il Sistema delle Tangenzia-li Venete nel tratto Verona-Vicenza-Padova rappresenta un altro flagello che rischia di abbat-tersi sul nostro Comune. Ritengo che Altavilla Vicentina non possa sopportare ulteriori deturpazioni del territorio, perciò sarebbe op-portuno che l’autostrada venisse traslata a Sud dei Berici, preve-d e n d o i l d e c l a s s a m e n t o dell’attuale autostrada a tangen-ziale. La creazione di una tangen-ziale a pagamento, per la quale non si ipotizza un grande afflusso di veicoli, non appare economica-mente vantaggiosa e, in virtù della non gratuità è evidente che molti automobilisti preferiranno utilizza-re le strade esistenti. Per brevi spostamenti locali, infatti, una vol-ta risolto il problema degli intasa-

menti al casello autostradale di Alte Ceccato, buona parte dei vei-coli transiteranno sulla provinciale del Melaro, di cui risulta program-m a t o l ’ a m p l i a m e n t o e l’adeguamento da parte della Pro-vincia. L’amministrazione chiede fermamente che il collegamento tra via Monte Grappa ed il raccor-do autostradale consenta l’accesso dei mezzi pesanti prove-nienti e diretti alle attività produtti-v e l o c a l i z z a t e a S u d dell’Autostrada, al fine di non im-pegnare né il quartiere residenzia-le di via Vicenza, né l’incrocio tra via Sant’Agostino e via Monte Grappa. Siamo convinti, in conclu-sione, che a Sud dei Berici potrà trovare collocazione l’autostrada, mentre l’attuale autostrada dovrà essere declassata a tangenziale. I cittadini saranno coinvolti ed infor-mati su tutte le fasi relative a que-sti interventi.

Periodico di informazione dell’Amministrazione Comunale di Altavilla Vicentina

Altavilla notizie

Anno 24 - numero 1 - GENNAIO 2010

VICENZA - MONTECCHIO MAGGIORE (VI) - BASSANO DEL GRAPPA (VI) - SANTORSO (VI) - RUBANO (PD)

Page 3: MUSEI - EIKON Magazine

MUSEIE:IKON MAGAZINE

N. 7 Marzo - Giugno 2010

Periodico di informazione su musei, mostre, arte, design e costume

Pietro Negri [email protected]

Direttore respondabileMaria Elena Bonacini

RedazioneLaura LeoneAnna Maria Ronchin

Hanno collaborato:Marta LongoMonica MartinsAlessandra Dal VecchioLori AdragnaGraziella ZardoAlberto Tosin

StampaGrafiche CorràArcole (VR)

L’Editore si dichiara pienamente dispo-nibile a regolare eventuali pendenze relative a testi, illustrazioni e fotografie con gli aventi diritto che non sia stato possibile contattare.

Musei Eikon MagazineE’ vietata la riproduzione anche par-ziale di testi e immagini presenti su tutta la rivista

Supplemento della testataMuseohermeticoReg. Trib. VI. 1115 del 12.09.2005roc n. 13974

In copertina: Giorgione: Venere dormiente

Editoriale

Parola d i S indaco di Claudio Catagini

Alta velocità e sviluppo del Siste-ma delle Tangenziali Venete inte-ressano direttamente il territorio di Altavilla Vicentina, che potrebbe essere devastato dal passaggio di queste nuove arterie di comunica-zione. In merito all’Alta velocità l’amministrazione comunale è chiara, e si è unanimemente e-spressa sostenendo che “il male minore è rappresentato dal pas-saggio sotterraneo, pur con i gros-si disagi che questo comporterà”. Altavilla Vicentina, con i Comuni di Montebello Vicentino, Montecchio Maggiore, Brendola, Vicenza, Tor-ri di Quartesolo, Grumolo delle Abbadesse e Grisignano di Zocco, che costituiscono la Conferenza permanente dei sindaci dei territori interessati dal Progetto ha chiesto la salvaguardia del territorio nella sua integrità, evitando ulteriori cesure, aree intercluse ed ecces-sivi sprechi e/o frazionamenti. La

nuova linea ferroviaria può trovare collocazione in affiancamento alla linea storica solo se realizzata in tunnel. Il Sistema delle Tangenzia-li Venete nel tratto Verona-Vicenza-Padova rappresenta un altro flagello che rischia di abbat-tersi sul nostro Comune. Ritengo che Altavilla Vicentina non possa sopportare ulteriori deturpazioni del territorio, perciò sarebbe op-portuno che l’autostrada venisse traslata a Sud dei Berici, preve-d e n d o i l d e c l a s s a m e n t o dell’attuale autostrada a tangen-ziale. La creazione di una tangen-ziale a pagamento, per la quale non si ipotizza un grande afflusso di veicoli, non appare economica-mente vantaggiosa e, in virtù della non gratuità è evidente che molti automobilisti preferiranno utilizza-re le strade esistenti. Per brevi spostamenti locali, infatti, una vol-ta risolto il problema degli intasa-

menti al casello autostradale di Alte Ceccato, buona parte dei vei-coli transiteranno sulla provinciale del Melaro, di cui risulta program-m a t o l ’ a m p l i a m e n t o e l’adeguamento da parte della Pro-vincia. L’amministrazione chiede fermamente che il collegamento tra via Monte Grappa ed il raccor-do autostradale consenta l’accesso dei mezzi pesanti prove-nienti e diretti alle attività produtti-v e l o c a l i z z a t e a S u d dell’Autostrada, al fine di non im-pegnare né il quartiere residenzia-le di via Vicenza, né l’incrocio tra via Sant’Agostino e via Monte Grappa. Siamo convinti, in conclu-sione, che a Sud dei Berici potrà trovare collocazione l’autostrada, mentre l’attuale autostrada dovrà essere declassata a tangenziale. I cittadini saranno coinvolti ed infor-mati su tutte le fasi relative a que-sti interventi.

Periodico di informazione dell’Amministrazione Comunale di Altavilla Vicentina

Altavilla notizie

Anno 24 - numero 1 - GENNAIO 2010

VICENZA - MONTECCHIO MAGGIORE (VI) - BASSANO DEL GRAPPA (VI) - SANTORSO (VI) - RUBANO (PD)

CalendariDove Mostra e data Info/articolo

Il 20 Febbraio 2010 alle ore 18.30 la Galleria YvonneArtecontemporanea, apre l’anno con una collettiva dal titolo Selection 2010. Si tratta di una evoluzione della galleria YvonneArtecontemporanea che all’inizio del terzo anno di attività, terminata l’esperienza di affiliazione al gruppo ArtSinergy, decide di votarsi intera-mente alle esperienze in atto dell’arte contemporanea, con una selezione di nomi del panorama italiano e internazionale seguita dalla gallerista, Yvonne Pugliese, e da uno staff curatoriale stabile che creerà e manterrà una linea coerente di ricerca e di proposta. YvonneArtecontemporanea Selection lavorerà con una scuderia ri-stretta di artisti che spaziano dalla pittura alla fotografia, dall’installazione al video, caratterizzati da un linguaggio fresco, con una ricerca che risulti forte sia dal punto di vista estetico che concettuale. Predominante in tutto il calendario della galleria sarà poi la creazione di mostre che formeranno un’ambientazione leggera e ariosa in cui il pubblico sarà coinvolto.

Galleria Yvonne Contrà Porti 21, Vicenza

Museo Casa GiorgioneCastelfranco

PalazzoValmarana Braga Galleria LiberismoCorso Fogazzaro, 16Vicenza

MOSTRA: SELECTION 2010CURATORE: Carolina Lio INAUGURAZIONE: Sabato 20 febbraio 2010 ore 18.30PERIODO: 20 Febbraio – 03 Aprile 2010ARTISTI: Paolo Angelosanto, Jasmine Bertusi, Luca Bidoli, Gian Marco Capraro, Enrico Iuliano, Daniela Perego, Luisa Raffaelli, Tamara Repetto, Cristina Treppo, Matko Vekić e Dany Vescovi-ORARI: dal martedì al sabato, dalle 15.30 alle 19.30INFO:+39 3391986674 +3939060970 +390444021105 - [email protected] catalogo disponibile

Giorgione 1510 - 201012.12.2009 - 11.04.2010

Antologica del più enigmatico e miste-rioso artista del Rinascimento

Premio Afrodite 201006.03.2010 - 27.03.2010

Mostra dei 36 finalisti del concorso di arte contemporanea ispirato alle catego-rie dell’arte rinascimentale.

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pag. 12Afrodite: la percezione simbolica

Il Premio di Afrodite

Galleria LiberismoPalazzo Valmarana BragaCorso Fogazzaro, 16VicenzaInaugurazione sabato 6 marzo, ore 18.30

dal 6 al 27 marzo 2010

Concorso di arte contemporanea

Atelier di Promozione Artistica e CulturalePROGRAMMA EVENTI da Febbraio a Maggio“LIBERATO Sentimento” - Personale di Pittura di Luciana Venturini dal 13_02 al 7_03_2010Grandi tele Informali _ Tecnica ad Olio e resine“KREA_ATTIVA_MENTE # 3” Collettiva di Creativi del Contemporaneo dal 13_03 al 4_04_2010. Opere di Xilografia, Ceramica, Pittura e Fotografia “KREA_ATTIVA_MENTE # 4” Collettiva di Creativi del Contemporaneo dal 10_04 al 2_05_2010. Opere Pittoriche.INFO: T_0444.32.55.98 C_346.37.20.260 [email protected] Lo spazio e il progetto Di_segnolibero, venuto ad arricchire la città di Vicenza di un organismo nuovo dedicato alla diffusione culturale e artistica, ha l’obiettivo di proporsi e configurarsi come luogo del fare, oltre che del vedere, attraverso attività di laboratorio culturale ed artistico. Le attività proposte: dai laboratori creativi, agli eventi culturali, dai corsi di architettura d’interni e design, al servizio di consulenza grafica e testuale agli artisti, richiamano all’interno degli spazi dell’Atelier un pubblico attivo e sensibile al fatto artistico. A cura di Marta Longo, Maestro d’Arte_Titolare dell’Atelier Web: www.di-segnolibero.com

C.so Fogazzaro 86 Galleria S.Lorenzo 6Vicenza

Controllo gratuitodel vostro udito

Luciana Venturini

Jasmine Bertusi

MOSTRE_ EVENTI_GALLERIE

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Castelfranco Veneto (TV)Museo Casa GiorgionePiazza San LiberaleT 800 904447giorgione2010.it

Giorgione 1510-201012.12.2009 -11.04.2010

Antologica del più enigmatico e misterioso artista del Rinascimento. Oltre ai capolavori, tra cui prestiti dall’Hermitage di San Pietroburgo e dalla National Gallery di Londra, tele di Tiziano, Perugino, Bellini ne ricostruiscono il fiorente ambiente veneziano.

mar - dom 9.00 - 19.00Intero 10,00 euroRidotto 7,00 euro

Accesso disabili/Audioguide/Bookshop/visite guidate

Catalogo SkiraDurata 1h 30’

Giorgione, “I tre Filosofi”

Giorgione, “Autoritratto in veste di David”

Giorgione 1510 -2010 Sino ad oggi incerte erano le sue origini, ma per l’appuntamento del V Centenario di Giorgione, le ricerche scientifiche hanno confermato i natali di Giorgio, figlio di Altadona vedova del notaio cittadino di Castelfranco Giovanni Barbarello (Zorzi fiol di Altadona, relicta quondam Zuane Barbarello .... notarius et civis Casti franchi , G.Cecchetto, 2009). Zorzi-Georgius nacque nel 1477 da Zuanne Barbarella, che risulta iscritto fra i notai di Castelfranco Veneto nel 1483, del quale, tre anni dopo, domina Altadona, rimase vedova, quando il giovane aveva nove anni. “Dalle fattezze della persona, da la grandezza dell’animo, chiamato poi col tempo Giorgione”, così Giorgio Vasari introduce la figura del celebre pittore di Castelfranco, nelle Vite del 1550. Questo testo rimane basilare, insieme a Le maraviglie dell’arte (1648) di Carlo Ridolfi (Lonigo,1594-Venezia 1658), per delineare la biografia dell’eccellente artista castellano. Lo scrittore aretino dichiara che Giorgione fu l’iniziatore della terza maniera di dipingere, finalmente moderna, insieme a Raffaello e a Leonardo, per il disegno perfetto e grazia divina, dette veramente alle figure il moto e il fiato, le animò con una certa oscurità di ombre bene intese, che paiono tremare sulla tavola. L’itinerario della mostra, dedicata a Giorgione dalla sua città natale, si snoda all’interno della Casa Marta Pellizzari, già Barbarello, attuale sede del Museo Civico, e nell’attiguo Duomo, dove, nella cappella Costanzo, è visibile ancora ubicata nel tempio originario, benché ristrutturato nel Settecento, la pala Madonna col Bambino e i Santi Nicasio e Francesco. Non è solo un’esposizione, è una mostra di ampio respiro, frutto delle recenti ricerche scientifiche, quella di Giorgione, aperta fino all’11 aprile 2010, promossa dall’Amministrazione Comunale, dalla Provincia di Treviso, dalla Regione Veneto sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica. La celebrazione del Cinquecentenario della scomparsa di Giorgione è stata l’occasione per ricostruire la sua produzione pittorica e dare al grande pubblico l’occasione di conoscere l’evoluzione della sua arte, rielaborata con rigore filologico e con approfondite analisi comparative. L’intento di presentare l’opera omnia dell’artista del Rinascimento è approdato a buon fine, sono esposti 18 i dipinti attribuiti al maestro di Castelfranco, provenienti da collezioni pubbliche e private, dall’Ermitage di San Pietroburgo che ha prestato la Madonna dell’Umiltà, alla National Gallery di Londra, da cui proviene Saturno in esilio. I curatori della mostra Lionello Puppi, presidente del Comitato scientifico per il V Centenario, Antonio Paolucci, Direttore dei Musei Vaticani e Enrico Maria dal Pozzolo dell’Università di Verona, hanno suddiviso il percorso per temi: dalla storiografia al pianterreno, che documenta i milieux culturali, si passa al nucleo della mostra nella sala del Fregio, idealmente il cuore del Museo Casa, dove sono esposte le opere giovanili e mature del maestro; si prosegue con le opere dei colleghi, come Vincenzo Catena, e dei creati che appresero da Giorgione la maniera moderna, soprattutto Sebastiano del Piombo e Tiziano Vecelio, che divenne il più acclamato pittore europeo del XVI secolo.

Il percorso espositivo inizia al pianterreno del Museo Casa Giorgione con i documenti coevi che illustrano il contesto in cui visse il pittore rinascimentale, si susseguono mappe di Venezia, di Padova e della Marca Gioiosa, con la ricostruzione della singolare reggia di Caterina Cornaro; codici e manoscritti che testimoniano la committenza del Giorgione e la sua attività di pittore e di frescante; infatti, affrescò non solo la sua casa di Venezia, ma anche facciate di palazzi pubblici, come quella del Fondaco dei tedeschi a Venezia, entrambe andate perdute. Il Fregio delle Arti Liberali e Meccaniche (o delle Arti Divinatorie) della sala principale del Museo Casa, il cui lato Est è concordemente attribuito al maestro castellano (1498), è una raffinata sintesi del sapere rinascimentale, poiché la sua iconografia è allegoria del percorso sapienziale. Non è casuale che il fregio inizi con il libro chiuso e prosegua con i libri aperti, alcuni con la prospettiva, insieme alla clessidra, a strumenti astronomici e musicali. Si alternano sentenze scritte su 8 tabelle, esemplificative per ogni epoca, come questa di Publilio Siro: fortior qui cupidatem vincit quam qui hostem subticit (è più forte chi vince la cupidigia di chi sconfigge il nemico), oppure quella che consiglia: si prudens esse cupis in futura prospectum intende (se vuoi essere saggio volgi lo sguardo alle cose future). Quattro clipei contengono effigi: due di saggi barbuti, che per i copricapi a turbante si possono identificare nell’egiziano Tolomeo e in un ebreo medievale; due di teste laureate, che rimandano alla classicità, sull’ultima, le lettere AP, probabilmente indicano il mitico fondatore della pittura Apelle (G. Fossaluzza, 2009). Sino al 2009 incerte erano le origini, ma l’attuale conferma dell’ipotesi di Zorzi-Georgius figlio del notaio cittadino di Castelfranco Giovanni Barbarello e di Altadona, fanno presumere che abbia frequentato la scuola di Castelfranco, città che contava circa tremila anime ed era vivace centro produttivo e podestaria della Repubblica Veneta. Successivamente, si recò a Venezia, per apprendere l’arte pittorica presso la scuola di Giovanni Bellini, probabilmente Giorgione aveva 16 anni, l’età in cui, secondo gli statuti cittadini, cominciava la registrazione fiscale. Le produzioni giovanili di Giorgione testimoniano la moda archeologica dell’antico, affermatasi in età umanistica; infatti nelle opere di soggetto biblico come Saturno in Esilio (1496-1498) e Mosè alla prova del fuoco (1498-1500) il Tempio è l’allegoria del palazzo Ducale di Venezia,la domus iustitiae (luogo della giustizia), posta nella cornice naturale dell’endolaguna veneta, della quale si distinguono le tipiche piante il pioppo, il leccio e l’alloro. La committenza era composta da patrizi eruditi, che avevano ormai acquisito l’abitudine di collezionare sculture antiche, testi letterari originali e si identificavano in quella cultura greco-latina di cui il maestro di Castelfranco fu eccellente interprete.

Giorgione tornò nella sua città natale, quando gli fu commissionata la decorazione della cappella gentilizia del duomo, dal condottiero Tuzio Costanzo, per accogliere le spoglie del figlio Matteo, morto combattendo per la Repubblica Veneta. La pala Madonna col Bambino e i Santi Nicasio e Francesco, raffigura il Santo venerato a Messina, città d’origine di Tuzio, chiuso nell’armatura dei cavalieri di Malta, come era il committente. Tuzio Costanzo fu uomo d’armi della Serenissima, protagonista della battaglia navale di Famagosta (1462) contro i Turchi, divenne viceré di Cipro e fedele seguace della regina Caterina Cornaro. La configurazione a piramide della Sacra conversazione prolunga nell’aria la dimensione spaziale della tavola ed accentua le calde tonalità delle figure, che godono della luce diffusa del paesaggio al di là della balconata. E’ lo studio dello sfumato in cui eccelle Giorgione, che e’ si vede tremare la tavola e scuotere quell’opera come ella fusse vera, scrive il Vasari e soggiunge che la sua ricerca d’arte non è semplicemente trovare, ma saper conservare la scoperta nel suo stile unico e inconfondibile per l’intensità poetica del colore e per la chiarezza compositiva della sua celeste mano.

Dopo l’ultimo di settembre del 1500 Zorzi, fiol de Altadona, dichiarò davanti a Pietro Gradenigo, podestà veneziano, di essere esonerato dai contributi della città di Castelfranco, perché non ne sarebbe più stato residente. A Venezia prese casa in campo San Silvestro, come scrive Ridolfi, ed è probabile che il definitivo insediamento possa essere stato favorito dal patrizio Domenico Grimani, suo committente, sin da quando questi era arciprete del duomo di Montagnana, dal 1497 al 1508. Divenuto poi cardinale Domenico Grimani fu il possessore dell’Autoritratto di Giorgione come David, ora perduto e di cui rimane la copia di Braunschweig, Herzog Anton Ulrich-Museum, e probabilmente gli commissionò due affreschi con i temi analoghi di Davide e di Giuditta, scoperti durante la ristrutturazione degli anni ‘30 del secolo scorso sulla retrofacciata del Duomo, che lo stesso veneziano Grimani concluse nel 1502. Sull’unico disegno che la critica concorde attribuisce a Giorgione, il così detto Pastorello di Rotterdam, è ormai inequivocabile la lettura delle mura di Montagnana.

Page 5: MUSEI - EIKON Magazine

Giorgione, “Il Fregio delle arti liberali”

Giorgione, “Saturno in esilio”

Giorgione, “Madonna con Bambino e i santi Nicasio e Francesco”

Il percorso espositivo inizia al pianterreno del Museo Casa Giorgione con i documenti coevi che illustrano il contesto in cui visse il pittore rinascimentale, si susseguono mappe di Venezia, di Padova e della Marca Gioiosa, con la ricostruzione della singolare reggia di Caterina Cornaro; codici e manoscritti che testimoniano la committenza del Giorgione e la sua attività di pittore e di frescante; infatti, affrescò non solo la sua casa di Venezia, ma anche facciate di palazzi pubblici, come quella del Fondaco dei tedeschi a Venezia, entrambe andate perdute. Il Fregio delle Arti Liberali e Meccaniche (o delle Arti Divinatorie) della sala principale del Museo Casa, il cui lato Est è concordemente attribuito al maestro castellano (1498), è una raffinata sintesi del sapere rinascimentale, poiché la sua iconografia è allegoria del percorso sapienziale. Non è casuale che il fregio inizi con il libro chiuso e prosegua con i libri aperti, alcuni con la prospettiva, insieme alla clessidra, a strumenti astronomici e musicali. Si alternano sentenze scritte su 8 tabelle, esemplificative per ogni epoca, come questa di Publilio Siro: fortior qui cupidatem vincit quam qui hostem subticit (è più forte chi vince la cupidigia di chi sconfigge il nemico), oppure quella che consiglia: si prudens esse cupis in futura prospectum intende (se vuoi essere saggio volgi lo sguardo alle cose future). Quattro clipei contengono effigi: due di saggi barbuti, che per i copricapi a turbante si possono identificare nell’egiziano Tolomeo e in un ebreo medievale; due di teste laureate, che rimandano alla classicità, sull’ultima, le lettere AP, probabilmente indicano il mitico fondatore della pittura Apelle (G. Fossaluzza, 2009). Sino al 2009 incerte erano le origini, ma l’attuale conferma dell’ipotesi di Zorzi-Georgius figlio del notaio cittadino di Castelfranco Giovanni Barbarello e di Altadona, fanno presumere che abbia frequentato la scuola di Castelfranco, città che contava circa tremila anime ed era vivace centro produttivo e podestaria della Repubblica Veneta. Successivamente, si recò a Venezia, per apprendere l’arte pittorica presso la scuola di Giovanni Bellini, probabilmente Giorgione aveva 16 anni, l’età in cui, secondo gli statuti cittadini, cominciava la registrazione fiscale. Le produzioni giovanili di Giorgione testimoniano la moda archeologica dell’antico, affermatasi in età umanistica; infatti nelle opere di soggetto biblico come Saturno in Esilio (1496-1498) e Mosè alla prova del fuoco (1498-1500) il Tempio è l’allegoria del palazzo Ducale di Venezia,la domus iustitiae (luogo della giustizia), posta nella cornice naturale dell’endolaguna veneta, della quale si distinguono le tipiche piante il pioppo, il leccio e l’alloro. La committenza era composta da patrizi eruditi, che avevano ormai acquisito l’abitudine di collezionare sculture antiche, testi letterari originali e si identificavano in quella cultura greco-latina di cui il maestro di Castelfranco fu eccellente interprete.

Giorgione tornò nella sua città natale, quando gli fu commissionata la decorazione della cappella gentilizia del duomo, dal condottiero Tuzio Costanzo, per accogliere le spoglie del figlio Matteo, morto combattendo per la Repubblica Veneta. La pala Madonna col Bambino e i Santi Nicasio e Francesco, raffigura il Santo venerato a Messina, città d’origine di Tuzio, chiuso nell’armatura dei cavalieri di Malta, come era il committente. Tuzio Costanzo fu uomo d’armi della Serenissima, protagonista della battaglia navale di Famagosta (1462) contro i Turchi, divenne viceré di Cipro e fedele seguace della regina Caterina Cornaro. La configurazione a piramide della Sacra conversazione prolunga nell’aria la dimensione spaziale della tavola ed accentua le calde tonalità delle figure, che godono della luce diffusa del paesaggio al di là della balconata. E’ lo studio dello sfumato in cui eccelle Giorgione, che e’ si vede tremare la tavola e scuotere quell’opera come ella fusse vera, scrive il Vasari e soggiunge che la sua ricerca d’arte non è semplicemente trovare, ma saper conservare la scoperta nel suo stile unico e inconfondibile per l’intensità poetica del colore e per la chiarezza compositiva della sua celeste mano.

Dopo l’ultimo di settembre del 1500 Zorzi, fiol de Altadona, dichiarò davanti a Pietro Gradenigo, podestà veneziano, di essere esonerato dai contributi della città di Castelfranco, perché non ne sarebbe più stato residente. A Venezia prese casa in campo San Silvestro, come scrive Ridolfi, ed è probabile che il definitivo insediamento possa essere stato favorito dal patrizio Domenico Grimani, suo committente, sin da quando questi era arciprete del duomo di Montagnana, dal 1497 al 1508. Divenuto poi cardinale Domenico Grimani fu il possessore dell’Autoritratto di Giorgione come David, ora perduto e di cui rimane la copia di Braunschweig, Herzog Anton Ulrich-Museum, e probabilmente gli commissionò due affreschi con i temi analoghi di Davide e di Giuditta, scoperti durante la ristrutturazione degli anni ‘30 del secolo scorso sulla retrofacciata del Duomo, che lo stesso veneziano Grimani concluse nel 1502. Sull’unico disegno che la critica concorde attribuisce a Giorgione, il così detto Pastorello di Rotterdam, è ormai inequivocabile la lettura delle mura di Montagnana.

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Nel 1506 Giorgione stesso si dichiara Cholega de maistro vinzenzo chaena sul retro del Ritratto di fanciulla, ora conservato al Kunsthistorisches Museum di Vienna; il pittore Vincenzo Catena visse nella capitale veneta dal 1470 e il 1531, l’età aurea della bottega di Giovanni Bellini e sicuramente ospitò il maestro castellano, che preferiva dichiarare di non possedere una bottega e di esercitare con un collega la professione di pittore. Marcantonio Michiel era un patrizio veneziano appassionato d’arte che annotò in un prezioso quaderno, conservato oggi alla Biblioteca Marciana, le opere dei più o meno famosi pittori presenti nelle raccolte di nobili e borghesi, agli inizi del XVI secolo. Quando si recò nello studiolo del patrizio Gabriele Vendramin, Michiel vide: El paeseto in tela cum la tempesta, cum la cingana et soldato, fu de mano de Zorzi da Castelfranco, si trattava della Tempesta, oggi alle Gallerie dell’Accademia di Venezia. Nella casa del facoltoso mercante Taddeo Contarini oltre ad una nocte, dalla quale non si sarebbe mai separato, attribuisce a Zorzo da Castelfranco...la tela a oglio delli 3 phylosophi nel paese, dui ritti et uno sentado che (con)templa gli raggi solari cum quel saxo finto cusì mirabilmente. L’opera che dal Michiel è intitolata i Tre filosofi è oggi conservata dal Kunsthistorisches Museum di Vienna. Infine, nella casa di Girolamo Marcello, persona dottissima in relazione con Pietro Bembo, Giulio de Medici e Girolamo Donà, il Michiel annota tre quadri di Zorzo, tra cui Lo ritratto de esso M.Hieronimo armato, che mostra la schena, insino al cinto, et volta la testa, fo de mano de Zorzo de Castelfranco, - Il ritratto di Girolamo Marcello - è oggi identificato con l’Alabardiere del Kunsthistorisches Museum di Vienna. (E.M.dal Pozzolo, 2009)

La pittura tonale del Giorgione è affine a quella di Leonardo: per entrambi l’aria diventa soggetto e l’atmosfera entra come parte attiva, protagonista della figurazione, riflesso di una nuova poetica della natura intesa come “processo vitale e organico” (D. Rosand, 2009). Il paesaggio della Tempesta, narra la città di Padova conquistata dalla Lega di Cambrai (1508) e poi ripresa da Venezia sotto il comando del futuro doge Andrea Gritti, che sconfisse l’imperatore Massimiliano d’Asburgo; nell’iconografia si intersecano gli elementi della natura, personificati dalla cigana (zingara) sulla destra che allatta il bimbo, con quelli storici, traumatici della guerra. Giorgione supera, dunque, il principio della verosimiglianza, il suo paesaggio diventa vero e proprio genere, descritto minuziosamente nelle sue diverse qualità arboree, in cui si iscrivono le figure a tutto tondo, sfumate nei contorni, che dolcemente allo scuro fatto perdere l’ombre. La lezione di Leonardo sulla elettione de l’aria che da grazia a volti, fu appresa dal giovane Giorgione quando il Da Vinci si recò a Venezia, dopo l’arrivo dei francesi a Milano (1494), la tecnica che accomuna i due pittori, infatti, conferisce non solo leggerezza ed eterea soavità ai personaggi, ma anche la vivezza intrinseca che par di rilievo più che dipinto. La profonda sensibilità guidò il Giorgione sin dal suo apprendistato a Venezia, acquisì giovanissimo una tecnica raffinata, in cui le ombreggiature e le mezzetinte, erano realizzate da pennellate parallele e sottili, cariche di bianco, che, modificando quanto prima aveva disegnato, conferivano vitalità alle figure. Per questo egli eccelle nel genere del ritratto, assai diffuso nel Rinascimento, oltre a quello di Girolamo Marcello, sono esposti Ritratto di giovane arciere, Doppio Ritratto (con melagrana) e numerosi musici, figure a mezzo busto che documentano gli intenti classici dell’Artista, non solo per il soggetto ma anche per l’intento narrativo, che rende vivo l’incarnato dei volti. Il celebre biografo aretino annovera Giorgione fra quei rari che possono esprimere nella pittura il concetto dei loro pensieri, perché l’impeto che muove l’ispirazione del maestro di Castelfranco, quando s’affievolisce, non lascia il suo pensiero indebolito, ma conduce la sua mano con fermezza e, nel contempo, leggerezza al compimento dell’opera. Quella, che il tempo ci ha restituita, ha la bellezza dei classici, icona in perfetto equilibrio tra l’intenzione poetica e la resa pittorica, sottile sintesi del suo lavoro veramente divino.

Testo di Anna Maria Ronchin

Giorgione, “La Tempesta”

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La pittura tonale del Giorgione è affine a quella di Leonardo: per entrambi l’aria diventa soggetto e l’atmosfera entra come parte attiva, protagonista della figurazione, riflesso di una nuova poetica della natura intesa come “processo vitale e organico” (D. Rosand, 2009). Il paesaggio della Tempesta, narra la città di Padova conquistata dalla Lega di Cambrai (1508) e poi ripresa da Venezia sotto il comando del futuro doge Andrea Gritti, che sconfisse l’imperatore Massimiliano d’Asburgo; nell’iconografia si intersecano gli elementi della natura, personificati dalla cigana (zingara) sulla destra che allatta il bimbo, con quelli storici, traumatici della guerra. Giorgione supera, dunque, il principio della verosimiglianza, il suo paesaggio diventa vero e proprio genere, descritto minuziosamente nelle sue diverse qualità arboree, in cui si iscrivono le figure a tutto tondo, sfumate nei contorni, che dolcemente allo scuro fatto perdere l’ombre. La lezione di Leonardo sulla elettione de l’aria che da grazia a volti, fu appresa dal giovane Giorgione quando il Da Vinci si recò a Venezia, dopo l’arrivo dei francesi a Milano (1494), la tecnica che accomuna i due pittori, infatti, conferisce non solo leggerezza ed eterea soavità ai personaggi, ma anche la vivezza intrinseca che par di rilievo più che dipinto. La profonda sensibilità guidò il Giorgione sin dal suo apprendistato a Venezia, acquisì giovanissimo una tecnica raffinata, in cui le ombreggiature e le mezzetinte, erano realizzate da pennellate parallele e sottili, cariche di bianco, che, modificando quanto prima aveva disegnato, conferivano vitalità alle figure. Per questo egli eccelle nel genere del ritratto, assai diffuso nel Rinascimento, oltre a quello di Girolamo Marcello, sono esposti Ritratto di giovane arciere, Doppio Ritratto (con melagrana) e numerosi musici, figure a mezzo busto che documentano gli intenti classici dell’Artista, non solo per il soggetto ma anche per l’intento narrativo, che rende vivo l’incarnato dei volti. Il celebre biografo aretino annovera Giorgione fra quei rari che possono esprimere nella pittura il concetto dei loro pensieri, perché l’impeto che muove l’ispirazione del maestro di Castelfranco, quando s’affievolisce, non lascia il suo pensiero indebolito, ma conduce la sua mano con fermezza e, nel contempo, leggerezza al compimento dell’opera. Quella, che il tempo ci ha restituita, ha la bellezza dei classici, icona in perfetto equilibrio tra l’intenzione poetica e la resa pittorica, sottile sintesi del suo lavoro veramente divino.

Testo di Anna Maria Ronchin

Giorgione, “L’Alabardiere”

Giorgione, “Fregio delle arti liberali”

Giorgione, “Doppio ritratto”

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Vincenzo Scamozziarchitetto e urbanista.

Vincenzo Scamozzi (1548-1616) è la figura emergente nel panorama architettonico vicentino tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento. Considerato erede culturale e prosecutore delle opere del suo maestro, Andrea Palladio, viene ricordato nell’immaginario collettivo come polemico, altezzoso, schivo e rivale del Palladio stesso. Le maggiori antipatie sono nate quando ha consegnato all’architetto inglese Inigo Jones i 78 disegni del suo maestro. L’architetto inglese ha in seguito celebrato tanta preziosità culturale rinnovando l’architettura tradizionale inglese con soluzioni classiche. La realtà della città di Vicenza, nel corso del Cinquecento, volge lo sguardo alla ricerca del bello, del classico e del gusto raffinato. Scamozzi per ultimare le opere del suo maestro deve difendere la sua dignità intellettuale e soddisfare le esigenze di nobiltà molto colte e ostinate, che desiderano far emergere la loro indiscussa stirpe e supremazia culturale. L’architettura palladiana ha pienamente appagato le esigenze della committenza elitaria, ma ha soffocato l’affermazione professionale di Scamozzi, tanto da non essere considerato all’altezza del suo maestro. Egli però ha saputo padroneggiare abilmente le sue maestranze, come risolvere il problema degli spazi irregolari e confermare, per continuità di stile, il gusto palladiano. Molte sue opere architettoniche infatti ripropongono lo stile serliano (Palazzo Arnoldi, Palazzo Cividale, Palazzo Colonnesi Valeri, Palazzo Testoni), l’antichità romana, il rigore geometrico e la razionalità, tanto da sfatare anche la connotazione negativa di “rivale” del Palladio. Anzi, al contrario, si è dimostrato alla luce dei fatti alquanto collaborativo.

Il Teatro OlimpicoIl teatro Olimpico è l’esempio più significativo di prosecuzione e di perfetta armonia con il suo maestro. L’Accademia Olimpica di Vicenza (1555), costituita da 21 esponenti della sfera culturale vicentina, ha voluto rivitalizzare l’area dell’antico castello medievale per destinarlo a spazio culturale. Palladio viene scelto per eseguire la progettazione e la direzione dei lavori del nuovo Teatro Olimpico, all’interno di quest’area medievale. Il cantiere si avvia il 2 febbraio del 1580, ma il 19 agosto dello stesso anno l’Architetto muore. L’ intervento di ultimazione viene dato al figlio Silla, ma spetta a Vincenzo Scamozzi il compito di ampliare gli spazi adiacenti al Teatro e di rendere meno visibili le irregolarità degli spazi, di accentuare le correzioni prospettiche e di curare una spettacolare scenografia finale della scena e del Proscenio. L’Accademia Olimpica privilegia spettacoli teatrali che aprono al pubblico tragedie classiche e favole pastorali. L’inaugurazione del nuovo Teatro Olimpico avviene il 3 marzo 1585 con la rappresentazione di “Edipo” il Tiranno di Sofocle.

Opere

La figura di Scamozzi è relativamente poco conosciuta, anche se l’architetto può vantare una serie di primati: realizzò con lo Statuario della Repubblica di Ve-nezia (dal 1591 al 1593) il primo museo pubblico in Europa. Progettò e realizzò inoltre il primo edificio dell’età moderna studiato appositamente per un teatro a Sabbioneta (Mantova) e fece importanti progetti per la Serenissima, tra cui le Procuratie Nuove in Piazza San Marco a Venezia.Dopo aver lasciato una notevole quantità di opere - soprattutto ville nel vicentino - scrisse infine uno dei più importanti trattati dell’epoca La idea dell’architettura universale (1615), che fu per lungo tempo adottato come testo basilare dagli architetti del tempo ed ebbe particolare diffusione nel nord Europa, e in particolare nei Paesi Bassi nei Seicento e Settecento.Scamozzi rappresentò, per molti aspetti, una figura assai moderna come archi-tetto, studioso ed intellettuale del suo tempo. Fu tra i pochi a capire la necessi-tà di raccogliere una notevole biblioteca personale, collezionando libri (all’epoca assai preziosi) delle più diverse disci-pline, dalla matematica alla fisica. Fu il primo a progettare l’allestimento di un museo, curando attentamente non solo la disposizione dei pezzi ma anche lo studio dell’illuminazione sia naturale che artificiale, aspetto assai moderno che del resto si riscontra in molti dei suoi progetti.Non va infine dimenticata la realizza-zione delle insostituibili scene lignee a prospettiva accelerata, allestimento temporaneo nell’intento originario, che è tuttora possibile ammirare all’interno del Teatro Olimpico di Vicenza, scena che fu da lui progettata e intelligentemente illuminata. Fu rigoroso ma anche innova-tore: per primo osa rompere la corri-spondenza tra distribuzione interna e di facciata, nel progetto per una delle sue ville. Riconosceva all’arte dei giardini una piena dignità all’interno dell’architet-tura e disegnò scientificamente rigorosi giardini all’italiana.

Veronese, “V. Scamozzi”

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Gli interventi di Scamozzi nel Teatro.

Scamozzi crea l’accesso al Teatro attraverso il “Portale” della stradella. Realizza poi le porte comunicanti tra gli ambienti del Teatro, l’Odeo, la Loggia e la Cavea, per allargare la visione universale agli spettatori. Progetta lo spazio absidale, che contiene il prolungamento della scena. Recupera gli ambienti irregolari destinati all’Armeria che diventano l’Odeo Olimpico (1608-1645), per le rappresentazioni teatrali e poetiche. L’Odeo è voluto dagli Accademici per gustare le dilettevoli e raffinate audizioni musicali. Adiacenti al Teatro, Scamozzi riequilibra i vani di pianta irregolare, modellando e riordinando in senso percettivo gli spazi . In seguito verrà affidato al pittore Francesco Maffei (1635) il compito di decorare le antiche mitologie greche, le personificazioni dei pianeti molto care alle alte sfere intellettuali e nobiliari vicentine e la mirabile scenografia pittorica di epigrafi e stemmi per esaltare le Virtù degli Accademici. In altri affreschi vengono rappresentati i cieli in base alla concezione astronomica tolemaica e nell’angolo del muro una statua rappresenta Ercole, protettore dell’Accademia. Scamozzi realizza anche l’Antiodeo, anticamera dell’Odeo, destinato a riunire i rappresentanti dell’Accademia. L’ambiente si presenta semplice, lineare, arricchito da una travatura lignea sul soffitto e da un sottostante fregio di affreschi che si snoda lungo le pareti, accompagnato dalla presenza di lapidi e da iscrizioni. Il tutto va all’insegna della gloria e dei fasti dell’Accademia Olimpica. Ammirevole poi la realizzazione di Scamozzi della prospettiva della Via Regia affiancata dalle sei strade che rievocano la memoria dell’antica città di Tebe. La realtà scamozziana si adegua alle esigenze della popolazione colta vicentina, tanto da rivestire le vie della scena con templi, palazzi e portici di stile serliano, impreziosite da lesene, capitelli e statue, pur mantenendo fermi i criteri funzionali, pratici e risolutivi delle esigenze degli spettatori e degli attori. La scenografia è mirabilmente illuminata. Gli affreschi nello sfondo rinforzano gli aspetti architettonici e illustrano le imprese di Ercole. Dal disegno del Proscenio di Palladio alla realizzazione di Scamozzi si notano modifiche nelle aperture delle arcate, per dare maggiore visibilità e ampiezza alle scene. L’Arco Trionfale, a triplice fornice, sembra sia stato realizzato pensando al Teatro Romano di Berga e agli esempi di archi romani di Settimio Severo e di Costantino. L’Accademia Olimpica crede in questo sogno archeologico e lo dedica ad Ercole, il Dio protettore dei giochi olimpici, di cui vengono spesso rappresentate nei rilievi dell’attico le gesta e le fatiche. La facciata del Proscenio è completata da nicchie e da statue degli stessi Accademici, celebrati per dare vita a modelli iterativi per la canonizzazione del repertorio classico. Questa progettazione architettonica corrisponde al nuovo fenomeno culturale della seconda metà del Cinquecento, dove la fondazione delle Accademie ha incoraggiato l’affermarsi del Manierismo e ha favorito l’introduzione della nuova cultura barocca. Il Teatro Olimpico è dunque considerato il monumento celebrativo dedicato all’Accademia Olimpica, ai nobili, ai dotti, ai politici, ai loro sogni archeologici e alle vanità culturali. Palladio ha regalato ai vicentini il Teatro classico, il trionfo del Rinascimento, il cui Proscenio è la ricostruzione della “città ideale”, di cui Scamozzi ha concretizzato le scenografie spettacolari.

Veronese, “V. Scamozzi”

Teatro Olimpico, veduta della Via Regia

Teatro Olimpico, Proscenio

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V. Scamozzi urbanista : “la città ideale”.

Anche la visione urbanistica di Scamozzi, come quella del Palladio, è dettata da regole geometriche e da studi teorici antichi che sono finalizzati allo studio sistematico di una “città ideale”, caratterizzata da “..vie dritte, comode e sicure..”, per conseguire un linguaggio urbanistico razionale e funzionale. Scamozzi nell’ambito vicentino non si discosta dalle teorie acquisite dal suo maestro, nelle quali identifica l’ordine urbanistico come ordine sociale. Ciò nonostante non riesce a proporre novità progettuali. Realizza un intervento sistematico ed insolito per la città di Palmanova, a pianta stellare di nove lati (1593). Come teorico accentua la ricerca di funzionalità dell’impianto distributivo e propone una versione codificatrice eclettica che coniuga il rigorismo rinascimentale e la preesistenza gotica. La città friulana è formata sin dal medioevo da strutture architettoniche difensive dalle caratteristiche militari, perfezionate successivamente nel Cinquecento con progettazioni risolutive per potenziare e difendere tale destinazione d’uso. L’esempio della “città ideale” si identifica in alcuni modelli quattrocenteschi, tra questi il più attendibile è il progetto di Antonio Averlino detto Filarete (1400-1469), per la città di Sforzinda, nome dato in onore di Francesco Sforza suo committente, e documentato nel suo “Trattato dell’Architettura”. Tale modello è caratterizzato da soluzioni urbanistiche e da proposte architettoniche di concezione sociale, atte a soddisfare le esigenze della popolazione e a raggiungere il sogno dell’ideologia aristocratica. Le architetture di Filarete sono finalizzate al recupero dell’ordine, alla giusta proporzione e alla purezza delle forme. Scamozzi recupera questi principi e inserisce questa progettualità nella teoria della “visione universale”, dove conferma i percorsi stradali come soluzioni organiche e vivibili all’uomo, perché partono da una piazza esagonale a sei strade (punto centrale di rotazione), aprono nuovi spazi fino alle mura fortificate e creano l’armoniosa scenografia tra gli spazi interni e il paesaggio. Restaura con stile rinascimentale la Porta Cividale, Porta Udine e Porta Aquileia, conferendo un imponente aspetto monumentale. La progettazione urbanistica è funzionale, analoga a quella del palazzo perché è finalizzata a soddisfare le esigenze dell’uomo. Palmanova, con l’incremento demografico verificatosi nei secoli successivi, non si è rivelata la “città ideale”, ma la vera città-fortezza, dalle caratteristiche architettoniche più militari che civili. Scamozzi ha dimostrato abilità nel campo scientifico con progettualità architettoniche e urbanistiche più aperte, dinamiche, funzionali e pratiche. Amante dello stile classico, ha creato la “Fondazione Scamozzi” per insegnare ai giovani, di modeste condizioni economiche, sensibili all’arte e dotati di capacità, la sua cultura. Tra tanti allievi meritevoli, la Fondazione ha finanziato il giovane Ottavio Bertotti, figlio di un barbiere, dalle qualità espressive evidenti nel campo culturale architettonico. La Fondazione prevede la clausola che il giovane talento prenda obbligatoriamente il cognome di Scamozzi, come se fosse il figlio naturale, per mantenere viva la continuità culturale. Difatti tutta l’eredità scamozziana e palladiana è passata nelle mani di Ottavio Bertotti Scamozzi, architetto vicentino del Settecento. Testo di Laura LeoneTutte le immagini provengono da siti internet.

Palmanova, Porta Udine, 1606

Filarete, progetto “sforzinda”

Palmanova, Porta Udine, Porta Cividale, Porta Aquileia

Progetto di Palmanova

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Palmanova, Porta Udine, 1606

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VICENZA Galleria LiberismoPalazzo Valmarana BragaCorso Fogazzaro, 16T 333 9670091www.federcritici.org

Premio Afrodite 201006.03.2010 -27.03.2010

Galleria Liberismo, situata al piano terra di Palazzo Valmarana Braga, ospita la prima edizione del Premio Afrodite, concorso di arte con-temporanea ispirato alle categorie dell’arte rinascimentale.Le opere dei 36 artisti ammessi alla fase finale, provenienti sia dall’Ita-lia che dall’estero, rimarranno esposte in galleria tre settimane per essere votate dai visitatori e da una giuria che selezionerà infine i sei artisti vincitori.

Inaugurazione 06 Marzo ore 18.30

lun - dom 10.00 - 19.00ingresso libero

Accesso disabili piano terraCatalogo Pietro Negri Editore

Le opere saranno successivamente esposte da T-Gallery, Stradella S.Barbara, 1, Vicenza. 0444 324915

Il libro “l’Arte di Afrodite” si può acquistare da Pietro Negri Editorepietronegrieditore@alice.itwww.pietronegrieditore.jimdo.com

Premio Afrodite “A partire dal decennio 1880, periodo in cui Gauguin riflette sul simbolismo della percezione e Van Gogh offre la prima rappresentazione della realtà percepita dai sensi psichici, l’arte inizia ad affrontare le tematiche dell’inconscio individuale, inteso come “luogo” di disgregazione della coscienza razionale alterata dalla discontinuità del tempo lineare. Mentre Proust affida alla memoria involontaria il compito di ricu-cire la lacerazione causata dalla presenza irrudicibile dell’irrazionalità, sempre latente nelle passioni umane, l’artista reagisce al disagio psichico, all’instabilità emotiva e all’oscillazione ciclica degli stati d’animo attivando un fenomeno di simbolizzazione creativa della percezione che si riproduce a ritmi sempre più vertiginosi per tutto il secolo successivo, nel tentativo di ritrovare un “senso unitario” all’esperienza esisten-ziale. Per gli artisti del Rinascimento, eredi della ‘biologia’ aristotelica, della filoso-fia di Platone e della meditazione agostiniana, l’inconscio coincide con “il fondo dell’anima” in cui ‘operano’ le sensazioni, le emozioni e i sentimenti che spingono l’artista a proiettare le immagini fuori dalla “caverna” descritta da Platone, metafora della condizione umana che non si accorge di vivere nel “buio” dell’ignoranza e della menzogna. A differenza del periodo rinascimentale in cui l’artista disponeva di un preciso riferimento filosofico per definire stadi progressivi di sviluppo della percezio-ne inconscia, l’artista moderno si avventura nel proprio ‘mondo interiore’ in forme mediate dalla ragione illuminista e dall’intuizione romantica, fino alla completa frantumazione del linguaggio razionale in innumerevoli rivoli, scuole, tendenze, stili e mode annunciati dalla “weltaschauung” viennese nei primi decenni del ‘900. Ogni corrente dell’arte moderna testimonia il progressivo distacco dall’artista dalla storia, dalla morale e dal ‘patto sociale’ segnato dal conflitto di valori dovuto allo scontro, sempre più acuto e consapevole, dei bisogni individuali con le necessità produttive, sociali ed economiche collettive. Distacco che diventa lacerante estraniazione per tutto il Novecento, periodo in cui le potenzialità evolutive rese possibili dall’esplora-zione creativa dell’interiorità vengono assorbite definitivamente nell’ingranaggio del sistema e della sua produzione che, “non contenta di sfruttare dell’inconscio la sua forza immaginativa, ne sfrutta anche la forza del desiderio, allucinandolo con quegli ideali di creatività, spontaneità e sessualità che sono poi i nuovi valori da vendere” e che fanno vendere. (U. Galimberti, La terra senza il male)Lo sviluppo scientifico e tecnologico, l’industrializzazione e l’affermazione del capita-lismo, l’investimento speculativo di risorse, la logica del profitto esasperato e l’utiliz-zo strumentale del denaro inteso come risorsa di scambio simbolico tra merci, valori e interessi diversi, provocano la fine definitiva del “cammino della ragione” fondato sull’esperienza del “tempo ciclico” (introversione creativa), mentre si affermano le correnti di pensiero che credono nelle facoltà dell’intelletto di sanare le contraddi-zioni implicite nell’esperienza del tempo lineare (razionalizzazione creativa) certa di condurre l’umanità verso un progresso illimitato dei mezzi e delle tecniche. Dai tempi del pensiero greco, la percezione degli artisti testimonia invece la fede nelle facoltà dell’anima di mantenere saldo il collegamento dell’inconscio con l’universo archetipale recepito nelle esperienze del “tempo ciclico ripetitivo”, testimoniando così l’esistenza di un “continuum” materia-psiche ininterrotto che comunica anco-ra oggi il millenario percorso di liberazione dell’anima dall’Ombra interiore e dal mondo delle ombre “proiettate” nella coscienza individuale da nuovi e sempre più raffinati strumenti di persuasione, manipolazione e suggestione dell’energia psichica individuale e collettiva. Se l’artista contemporaneo riuscirà a mantenere il legame con il “continuum” materia-psiche, permettendo all’immaginazione razionale di ela-borare e attualizzare i simboli che descrivono le tappe del processo di individuazione, potrà affermarsi una scienza globale della vita mediata dalla riscoperta del simboli-smo come processo di sacralizzazione del cosmo” (Diego Frigoli, “Il corpo e l’anima, itinerari del simbolo”). Jung ha avuto il merito di riscoprire nelle immagini dell’al-chimia rinascimentale una trama di simboli che descrivono un concreto “sentiero” di trasformazione artistica della “materia psichica”, e della coscienza razionale che si impegna invece ad arginarla fino ad escluderla dai processi di produzione del sapere. “Sono sentieri che conducono ad antiche verità che, per la stranezza del loro simboli-smo, sono perdute per la nostra ‘ragione’. Per questo porta molto lontano dalla fonte dei simboli ogni ampliamento e rafforzamento della coscienza razionale, il cui preva-lere ne impedisce la comprensione. Questa è la situazione odierna” (Jung 1942-48). Finchè la ragione non riduce la sua volontà d’aver ragione, i simboli tacciono, ma il loro silenzio è inquietante.” (Dall’introduzione al libro: “L’Arte di Afrodite”)

Vol. I : La percezione simbolica

ISBN 3-4455-5556-0

455678867885546

L’ARTE DI AFRODITEIL PERCORSO DI INDIVIDUAZIONE NELLE IMMAGINI DELL’ARTE OCCIDENTALE

L’ARTE D

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E LA PERCEZIONE SIMBOLICA

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ARTE NIGRESCENTE

Alessandro BellucciLuigi MerloRita Pierangelo

Lorella FabroDaniele MeliStefania Quartieri

Valeria FinazziElisa GianferrariRoberto Toffolon

Sonia LovoDavid DallaVeneziaRoberto Lucato

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ARTE RUBESCENTE

Giovanni TarlaoSonia StrukulPavlos Triantafillou

Antonella Iurilli D.Maria AristovaAngelo Zani

Antonietta MeneghiniIlaria MarchioneDaniel Lifschitz

Valeria BovoDavide Martinazzo Alessandro Bulgarini

ARTE ALBESCENTE

Pinella GiulianoEzio FantinAlessia Babrow

Lamberto MelinaAlberto LanzarettiWalter Patriarca

Monica MelaniGianluca BernardiniLaura Bottaro

Michele BoffelliRoberta SerenariIsabel Carafi

Il Premio Afrodite è un concorso di arte contemporanea aperto a tutti gli artisti che traducono le emozioni dell’anima in immagi-ni simboliche, indipendentemente dal fatto che il linguaggio espressivo sia figurativo o informale, astratto o fedele ai canoni della bellezza compositiva.Lo scopo del concorso è di mettere a confronto le opere dei contemporanei con le scoperte, le intuizioni e le conoscenze maturate dagli artisti del Rinascimento, periodo in cui divenne “fenomeno diffuso” la determinazione di rendere espliciti, attra-verso il linguaggio dei simboli, la sacralità dell’Universo (Unus Mundus), la natura evo-lutiva dei sentimenti umani (i moti d’animo), i valori universali della cultura umanistica (Filosofia Perennis) e i principi spirituali che emergono spontaneamente dalla coscien-za dell’artista che percorre il sentiero di individuazione (Kenosis). Celebrata nella mitologia per il suo ‘potere divino’ di tradur-re le sensazioni in immagini, le emozioni in metafore e i sentimenti in allegorie, Afrodite rappresentava per i greci la “fun-zione trascendente” che rendeva possibile quell’apertura simbolica in grado di con-giungere gli opposti (la percezione di Eros), di sanare i conflitti (l’intuizione di Amor) e di individuare nuove opportunità di crescita e di sviluppo, sia per l’individuo che per la collettività (l’ispirazione creativa e chiaro-veggente di Apollo). Il premio che Afrodite offre agli uomini non è la bellezza fine a se stessa, ma il suo significato simbolico. L’amore e la pace, la prosperità materiale e culturale, lo sviluppo intellettuale e spirituale sono generati dall’Arte di Afrodite “in quanto mediante questa funzione vengono date quelle linee di sviluppo individuali che non potrebbero mai essere raggiunte per la via già tracciata da norme collettive” (Jung, Tipi psicologici, 1921).

I CRITERI DI SELEZIONELe opere degli artisti sono suddivise nelle tre categorie dell’arte definite dagli artisti rinascimentali con i colori nero, rosso e bianco che simbolicamente definiscono i tre atti necessari per portare a compimento l’opera di trasformazione della pulsione creativa (lo zolfo) in consapevolezza (Elixir), comprensione (Sale) e conoscenza di relazione (la Pietra dei filosofi). Ogni artista mette “in luce” sia il processo di elabo-razione del disagio psichico, dell’instabilità emotiva e dell’incertezza esistenziale, sia una propria ed irripetibile raffigurazione e interpretazione dell’inconscio collettivo che si impone alla coscienza nelle fasi di de-costruzione dell’io (arte nigrescente), de-condizionamento dagli schemi del pensiero conformi agli scopi (arte rubescente) e de-legittimazione del paradigma razionalizzatore che sostiene i sistemi del sapere occi-dentale (arte albescente), tappe intermedie dell’esperienza di individuazione. L’artista nigrescente interpreta la realtà e la natura del conflitto interiore che provoca il disagio psichico, mentre l’artista rubescente indaga sulle verità nascoste e sulle ragioni del conflitto psicologico, sessuale e sociale all’origine dell’instabilità emotiva. L’artista albescente esprime una personale visione delle cose, della vita e della realtà influenzata dalle esperienze personali, da filosofie provenienti dal passato, da altre culture o da avanguardie del sapere.

PROGRAMMA MOSTRAI 36 artisti sono stati selezionatitra i 208 che si sono iscritti su sito www.federcritici.org

Inaugurazione6 Marzo ore 18,30Consegna schede di votazione ai visitatori per tutta la durata della mostra. Una giuria tecnica selezionerà la coppia di artisti vincitrice per le tre categorie.

Premiazione21 Marzo ore 20,00Concerto di chiusura.

Afrodite: la percezione simbolica

Il Premio di Afrodite

Galleria LiberismoPalazzo Valmarana BragaCorso Fogazzaro, 16VicenzaInaugurazione sabato 6 marzo, ore 18.30

dal 6 al 27 marzo 2010

Concorso di arte contemporanea

CARTOLINA DEF3.indd 1 18-02-2010 10:25:18

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ARTE NIGRESCENTE

Alessandro Bellucci, Empoli (FI)Giovane talento toscano, nel 2009 ha parteci-pato a Immagina Arte Fiera di Reggio Emilia e al Berlin Art Show di Berlino. Interpreta senza pudore gli aspetti più nascosti della psiche inconscia, ma senza mai allontanarsi dalla riflessione razionale. Come scrive lui stesso a commento di una delle sue opere, “ha bisogno di mostrare a tutti quello che gli schemi della società ci impongono di nascondere, e invece andrebbe visto. E il tutto lo fa con un ghigno di superiorità, perché forse, anche se è benda-to, sa benissimo quello che sta facendo.”In effetti le sue opere sono pensate in ogni minimo dettaglio, costruite nei particolari attraverso uno studio attento delle figure simboliche e delle metafore che emergono dall’inconscio per ‘indicare’ le tappe, spesso sofferte, dell’individuazione creativa.Contatti: e-mail [email protected]

Luigi Merlo, Cittadella (VI)Cresciuto come incisore e si esprime da metà degli anni Novanta anche attraverso la pittura, il disegno a pastello, il lavoro su sasso di fiume e su legno. Coltiva da sempre la poesia. Il suo interesse irrinunciabile è indagare e sperimen-tare il rilievo vitale della materia, sia attraverso la forza e la profondità del segno inciso, sia attraverso il potere evocativo della luce del colore nella tecnica mista. In questo senso il suo cammino è costantemente teso a riscopri-re quegli archetipi di verità e di bellezza che da sempre attendono dentro l’inconscio. Tutta l’opera incisa di Luigi Merlo, è interamente eseguita e tirata direttamente dall’autore su torchio a stella, solitamente in pochi esemplari certificati. Galleria virtuale dell’opera ed espo-sizioni sono visitabili presso il sito www.luigimerlo.eu. contatti: [email protected]

Rita Pierangelo, Grisignano di Z. (VI) Dipinge la bellezza e la perfezione, ma conti-nua a cercare un’immagine veritiera dell’uomo nei suoi aspetti più oscuri. L’uomo bestia è la personificazione della libido e diviene rap-presentazione concreta della sua vera natura non ancora risolta e purificata dalla bellezza. Rivelando simbolicamente il corredo psichico femmile, rappresentato dalla donna-animale, l’artista intuisce che le speranze di trasfor-mazione sono legate all’animus femminile in grado di esprimere una diversa consapevolezza di sè (anima), indispensabile all’uomo per abbandonare il superfluo e diventare padrone dei propri istinti.2010 selezionata premi internazionali “Città di New York” e “Premio Laguna” (Venezia )Premiata al premio internazionale Seetal (Ch)www.pierangelorita.comcontatti: [email protected]

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PREMIO AFRODITE

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Stefania Quartieri, PisaNei suoi quadri l’artista raggiunge luoghi impervi da cui poi non sa più scendere o da cui non sa più risalire. Così lascia dietro di sé una scala (o una corda) che può essere l’unica via d’accesso ad un rifugio nell’oltre o l’unica via di scampo per una fuga nell’altrove. Dalle macerie di parole, quando anche il senso e il significato cadono in rovina insieme alle cose, l’artista cerca di sublimare il dolore nella sospensione dello sguardo davanti al mistero del vivere e del sentire umani e sceglie questa illuminante e pericolosa via, la via che han-no abbracciato artisti e poeti e tutti coloro che hanno avuto il destino e la vocazione di accedere a quella meravigliosa, terrificante, vi-vificante catastrofe altrimenti detta interiorità, altrimenti detta anima.Contatto: [email protected]

ARTE NIGRESCENTE

Lorella Fabro, Mestre Si diploma all’Accademia veneziana in un periodo ricco di personalità di spicco e continua per anni a formarsi sulle opere di artisti di fama internazionale. Dopo anni di ricerca, sperimenta la capacità di trasmettere lo stupore, la meraviglia e a volte il turbamento estetico suscitato dalle emozioni inconscie tra-smesse dalla luce riflessa. Il campo di indagine è la percezione psichica della bellezza, intesa dall’artista come valore assoluto in grado di conferire quell’atmosfera “aurea” in grado di riportare in equilibrio la sensibilità dell’anima. L’oro che si riflette dai corpi, oppure dalle superfici investite dalla magia creata dalla luce notturna, diventa metafora di un indiscutibile talento dello sguardo di varcare l’aspetto ma-teriale delle cose per inoltrarsi nella percezione psichica.contatti: [email protected]

Daniele Meli, PerugiaIstintivo fino all’eccesso, e proprio per questo più a contatto con gli archetipi dell’inconscio collettivo al punto da reinterpretare, senza alcuna presunzione, i modelli spirituali che da duemila anni rappresentano una “spina nel fianco” della coscienza razionale occidentale. Il principio di rappresentazione e di raffigura-zione sono in perfetto equilibrio, come nelle icone bizantine, e quasi si percepisce nel segno il medesimo senso di umiltà che contraddistin-gue l’arte sacra. Non c’è nulla da decifrare o da comprendere, ma solo da contemplare, poichè la vicenda della crocifissione si ripropone agli occhi dell’osservatore come archetipo incon-scio della possibile “morte e trasformazione” della libido affermativa in amore, creatività e coscienza di sè, rappresentati simbolicamente dalla predominante blu.Contatto: [email protected]

Non ci sono più alberi non ci sono più case, non ci sono più notti non ci sono più strade, non ci sono più mari non ci sono più soli.Più soli di così.Non ci sono più.

Neri Tancredi

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PREMIO AFRODITE

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Valeria Finazzi, Carbonia (CA)Talento eclettico e creatività sensuale e coin-volgente, l’artista incarna l’istinto di conoscen-za della mente femminile, alla continua ricerca di senso, di prove da superare e di nuovi orizzonti con cui confrontarsi. Simboli, bellezza ed eros convivono insieme, a volte simultaneamente, per raffigurare la vo-lontà di esprimere se stessa, senza veli o timori. Dotata di un estro vulcanico e curiosa di sperimentare i diversi linguaggi espressivi offerti dall’arte, in questo ultimo periodo la sua pittura si cimenta a esplorare il significato dei simboli con i quali l’anima stabilisce una relazione con l’universo archetipale. Eros e Logos si intrecciano e si scambiano di ruolo permettendole di percepire aspetti più profon-di della realtà dominata da strutture inconscie spesso crudeli e assurde.Contatto: [email protected]

Elisa Gianferrari, Reggio Emilia“Le persone si mostrano attraverso i loro volti, i loro corpi, i loro gesti.Ma stanno estremamente attente a chiudere ermeticamente tutte le “porte” dalle quali po-trebbe pericolosamente fuoriuscire qualcosa di inaspettato, di imprevisto, di non controllato. Una sorta di bolla invisibile ed impalpabile fatta di emozioni e sensazioni, fragilità e paure, verità e segreti. Una bolla che ingloba infinite altre bolle. Ed ecco che ci si addentra nella complessa e sconosciuta dimensione dei sogni, delle allucinazioni, degli incubi.Il bianco delle maschere, del silenzio, dello spazio vuoto, del nulla. Il nero dell’oblio, della paura, delle ombre, della notte. Il rosso caldo e pulsante del sangue, il rosso lacca degli smalti e delle labbra, il rosso vellutato dei petali di rosa”Contatto: [email protected]

Roberto Toffolon, TrevisoOgni opera lo aiuta ad alimentare la sensi-bilità per la metamorfosi della materia. La materia, non diversamente dall’inconscio psichico, è portata ad essere quella che è: può accumularsi, distendersi, creparsi, strisciare e colare in un misterioso risolversi. Se il fondo psichico è vissuto istintivamente, può diventare punto di partenza di un per-corso basato sulla specificità ed essenzialità delle forme dove l’immagine affiora con senso gioioso ed al tempo stesso intrigante, oppure può lasciare spazio a una possibile compren-sione dei conflitti che sono all’origine del rappporto materia/psiche. E’ la materia che poi si amalgama, si trasforma, prende vita fino alla comprensione dell’immagine, fase finale di una provvisoria rigenerazione di sè. Contatto: [email protected]

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Sonia Lovo, Lonate Ceppino (VA)Essenziale. Il suo messaggio espressivo non è influenzato da mode o da correnti o da gruppi di tendenza; è solo intriso di leggero e sempli-ce umore. La sua pittura è semplice e chiara ed i colori trovano equilibrio nei tratti. Il mes-saggio trasmesso dall’artista appare subito agli occhi, privo di sfumature, in tutta la sua ma-linconica tenerezza, priva di qualsiasi sovra-struttura filosofica. L’artista non cerca giudizi e consensi e non vuole meravigliare, ma desidera rappresentare la condizione umana perenne-mente in bilico tra vizi e virtù. Le sue immagi-ni sono apparentemente gioiose e spontanee, e il suo disegno, esente da sbavature, si fa luce, senza ripensamenti, su tele vivacemente colorate, ma i sentimenti sotterranei sono in-vece profondi e radicati tenacemente in valori morali che non possono essere dimenticati.Contatto: [email protected]

David Dalla Venezia, Venezia“Poiché sono io che dipingo questi quadri è vero che sono ritratti di me stesso. Ma ulte-riormente, in quanto ritratti di un uomo, lo sono di ogni uomo - traggo da me ciò che vi è di comune a tutti gli uomini, e sottraggo ciò che mi differenzia da essi.” (David D.V.)Figlio d’arte: il padre, formatosi nelle botteghe veneziane con un lungo apprendistato iniziato all’età di 11 anni, è artigiano del legno, cor-niciaio, doratore, restauratore e, nel privato, lui stesso artista poliedrico. Trasferitosi nel 1958 a Cannes ha lavorato per artisti allora residenti in Costa Azzurra (Picasso, Ozenfant, Sutherland, Rezvani tra i molti), collezionisti (sir Douglas Cooper, Ruggerini) e gallerie (galleria Sapone di Nizza, Maeght di St. Paul de Vence). Nel 1973 è tornato a Venezia dove vive e lavora. (daviddallavenezia.com) Contatto: [email protected]

Roberto Lucato, Castelfranco (TV)Musicista e pittore, ha realizzato quattro cicli: il primo delle orchestre, (scaturito dopo l’incendio del Teatro La Fenice dove si esibì in diverse occasioni) ferma istanti di emozioni di meravigliose composizioni da lui suonate. Il secondo delle cortecce. Usa la corteccia d’albero per rappresentare il disagio dell’essere umano e dunque in modo metaforico, la cor-teccia che ognuno di noi ha per proteggersi dal mondo esterno. Il terzo degli uomini pensanti, rappresenta la condizione mentale umana con tutte le sue problematiche, immagini di esseri stilizzati con la testa china, proprio nell’atto di pensare, con questo vuole portare ad interagire interiormente l’osservatore con l’opera stessa. Ultimo ciclo, la mia isola. Isole viste dall’alto con coste molto frastagliate associandole meta-foricamente al percorso travagliato della vita.Contatto: [email protected]

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Giovanni Tarlao, Aquileia (UD)Ha compiuto negli anni numerose ricerche e sperimentazioni sia nel comporre opere astrat-te che figurative. Attento ai vari materiali che usa con originalità e talento nelle sue opere, l’artista è in continua evoluzione e aspira a ritornare a un tipo figurazione impregnata di ‘spessore’ di materia. Negli astratti indaga il rapporto con l’incoscio psichico e trasforma le sensazioni e le emozio-ni in colori, forme e geometriche che rinviano a significati simbolici in grado di trasmettere un senso immediato all’osservatore. E’ con un certo stupore che ci si accorge di riconoscere nelle sue opere uno ‘spessore emotivo’ che coinvolge lo sguardo e suscita le sue stesse emozioni, a dimostrazione di come la materia possa trasmettere non solo contenuti estetici, ma anche mentali. (giovannitarlao.it)Contatto: [email protected]

Maria Aristova, San Pietroburgo Densa di metafore e di allusioni simboliche, l’opera dell’artista russa si richiama alle tradi-zioni del suo paese e ai temi della coscienza razionale femminile, depositaria non solo della memoria storica dei villaggi, ma elemento gui-da nei processi di selezione degli elementi utili allo sviluppo sociale e culturale della società.Peculiare dell’artista è il gioco compiuto dai simboli provenienti dal contesto animale e naturale, all’interno di uno schema figurativo caratterizzato spesso da elementi femminili in contrapposizione tra loro. Il significato delle opere è connesso alla mitologia interiore che l’artista cesella dentro se stessa e denota un’en-fasi che sfiora il pathos tipico della tragedia greca. Espone in tutta Europa, raccogliendo apprezzamenti per il senso di mistero che traspare da ogni opera.Contatti: [email protected]

Pavlos Triantafillou, Larissa (Gr)“Vorrei che nel mondo in cui viviamo regnasse la pace - che tutti gli uomini avessero gli stessi diritti e le stesse possibilità - che non ci fossero ne’ ricchi ne’ poveri - ne’ fame nel mondo ne’senza-tetto -ne’dolore - ne’ignoranza ne’emigranti nella TERRA di tutti ne’confini, polizia e eserciti Vorrei che la nostra breve vita fosse lavoro creativo, amore, amicizia, solidarieta’.... Forse allora le sue Opere sarebbero veramente-DIVINE”. (P.T)Esprime sentimenti condivisi da tutti a parole, ma pienamente compresi da pochi. L’arti-sta ha il pregio di raffigurarli in immagini che esprimono eloquentemente il conflitto emotivo determinato dalle molteplici forme di discriminazione. Contatto: [email protected]

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Antonella Iurilli Duhamel, Soave (Vr)“L’uomo occidentale ha ridotto la sua esistenza entro gli angusti limiti della propria testa e delle proprie idee, corpo, sentimenti e anima sono diventati il vero tabù dei nostri giorni. L’artista al contrario avrebbe ha la capacità di vestire di anima gli oggetti, di farli vibrare e di comunicarci queste emozioni, di farci percepire attraverso l’opera il suo corpo, i suoi sentimenti la sua anima.Spetterebbe all’arte e agli artisti combattere per quei valori che ci rendono unici ma credo che questo sia possibile solo grazie alla capacità di ristabilire la differenza tra ciò che è dignitoso e ciò che è miserabile, ciò che è bene e ciò che è male sfidando l’indifferenza e l’abulia della nostra quotidianità, vere malattie spirituali dei nostri tempi.” (A.I.D) Contatto: [email protected]

Daniel Lifschitz, Frascati (Rm)Dal 1964, data della sua prima mostra a Losanna Lifschitz ha esposto le sue opere in più di 80 Musei e mostre personali in Italia, Francia, Belgio, Olanda, Stati Uniti, Germania e Israele. Sono usciti 3 monografie sui suoi dipinti in Italia, Francia e Germania. Ha un rapporto speciale con la luce, al punto che il soggetto più indicato ad esprimerla è la “na-tura morta”. La percezione sensoriale dell’og-getto è mediata dalla presenza avvolgente della luce, quasi a voler anteporre alle cose perce-pite dallo sguardo una forma di “coscienza razionale” della verità. La luce della coscienza può avvolgere la “natura” di significati e deter-minare a priori se discriminare gli oggetti in certe frequenze piuttosto che di altre. www.dlifschitz.com/Contatto:[email protected]

Angelo Zani, Reggio EmiliaNelle sue opere la riflessione si traduce in aper-tura simbolica, disponibilità ad espandere la comprensione delle cose e approfondire i temi della vita e del sapere umano.“In - La meditazione - Francesco Hayez tra-sformava la malinconica coscienza contempo-ranea in meditazione. Il tentativo di riscrivere in chiave moderna lo stesso tema parte da un paio di immagini fotografiche. La più nota è la fotografia di Kevin Carter divenuta icona e simbolo del volto dell’Africa devastato da guerre, carestie, malattie (il bimbo che muore e l’attesa dell’avvoltoio). Scattata nel 1993, in Sudan durante la guerra civile, vinse il Pulitzer nel 1994. È la foto che il soggetto tiene fra le mani. Ho accentuato l’ambigua apparenza anagrafica e geografica. Insomma un essere umano a prescindere dalla razza.” (A.Z.). Contatto: [email protected]

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Antonietta Meneghini, Thiene (VI)Attenta osservatrice della realtà sociale, l’artista coglie aspetti del comportamento umano su cui generalmente l’abitudine dello sguar-do non si sofferma. La seduzione di uno sguardo rivela l’aspetto inconscio presente in ogni forma di attrazione, così come l’istinto ludico dei bambini rappresenta uno schema di sopravvivenza che ci solleva dall’ansia, dalla frustrazione e dal senso di impotenza. L’analisi dell’artista è sostenuta da una notevole capaci-tà di rappresentare per immagini l’esplorazione dei sentimenti umani. Nessun segno è banale e privo di significato e il colore rosso testimonia metaforicamente la presenza invisibile, ma indispensabile, della consapevolezza razionale in grado di andare oltre le apparenze, fino a giungere a una vera comprensione e compas-sione per l’animo umano.Contatto: [email protected]

Sonia Strukul, Conselve (PD)“Artista da sempre vicina a soggetti della na-tura, attratta dalla pelle policroma dei camale-onti trova in questi animali suggestivi la forma consona per esprimere le proprie esigenze ed il proprio cambiamento stilistico. Nella sua opera pittorica questi rettili dalla pelle vario-pinta diventano metafora delle nostre trasfor-mazioni personali, della nostra necessità, libera od imposta a doversi adattare ad ambienti, situazioni, stati d’animo diversi ed incostanti. Il camaleonte con il suo aspetto primordia-le ci riporta ad una condizione primitiva in cui l’incontro con la natura è totale e nella capacità di sapersi nascondere fondendosi con l’ambiente si basa la sopravvivenza, a suggerire un paragone possibile con lo spirito di adatta-mento richiesto dalla società contemporanea in rapida trasformazione.” (G. Malatrasi) Contatto: [email protected]

Ilaria Marchione, Guastalla (RE)Dopo aver compiuto studi artistici, inizia ad orientarsi verso una pittura minimalista con un linguaggio fotografico oltremodo intenso e drammatico. Ha tenuto mostre personali e partecipato ad importanti rassegne in diverse città italiane, riscuotendo interesse e ricono-scimenti per originalità e profondità di analisi che si combinano alchemicamente alle sugge-stive intuizioni poetiche di Neri Tancredi.“Sovrana del sè,unica signora e padrona dei miei labirinti sei.Se ti nominano non ti volti,ma chi ti si oppone lo porti via.Con un filo rosso di sangue o di follia.”Immagini e parole si fondono e creano un livello superiore di comprensione che non può sfuggire all’osservatore attento.contatto: [email protected]

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“Sovrana del sè,unica signora e padrona dei miei labirinti sei.Se ti nominano non ti volti,ma chi ti si oppone lo porti via.Con un filo rosso di sangue o di follia.” (Neri Tancredi)

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Valeria Bovo, Verona“Ho preso un’immagine pubblicitaria e ho ricavato un close up fotografico che escluda la parte superiore del volto per sottolineare la mancanza di identità e ho volutamente reso l’immagine “patinata” e priva di segni di espressione come gesto provocatorio per far capire che l’essere umano va sempre più verso la ricerca della perfezione e per contro verso la perdita del Sè.” (V.B.). Affronta uno dei temi più scottanti dell’identi-tà umana. La ‘persona’ leviga e rende perfet-ta l’immagine della sua maschera, e non si accorge di estraniarsi dall’identità dell’anima creativa che, per sua natura, va in direzione opposta a ogni forma di costruzione dell’io e di condizionamento sociale, culturale e ideo-logico.Contatto: [email protected]

Davide Martinazzo, Montebelluna (TV)“Sviluppa la propria ricerca nel senso della creazione di un universo a sé, slegato dalle contingenze della vita ma ricco di richiami alla dimensione dei sentimenti, concepiti come l’unica esperienza che accomuna tutti gli individui. Il colore è soffice, caldo, pastoso e vitale, e da forma ad un mondo magico ed onirico, una dimensione di sogno, ma sogno denso, tenace, capace di dar corpo al lin-guaggio dell’infanzia, o dell’eros, dove tutto è appunto soffice, dolce e morbido. La linea cur-va struttura l’andamento dello spazio, dando vita ad una morfologia sempre libera e dina-mica: grafismi sinuosi vengono ripetuti fino a formare una trama, un pattern decorativo che riempie lo schermo percettivo e va a distribuir-si ugualmente in ogni direzione.” (I. Bisol)contatto: [email protected]

Alessandro Bulgarini, Trenzano (BS)Cogliendo suggestioni dal Fantastico e dal Realismo psichico e subendo il fascino della lunga tradizione europea dell’immaginario – nel 2009 incontra a Montecarlo e riceve l’apprezzamento di Ernst Fuchs, fondatore della Scuola Viennese del Realismo Fantastico e amico di Salvador Dalì – la sua pittura si focalizza sulla raffigurazione del concetto tra-mite la creazione di un’immagine simbolica ed evocativa dello stesso. Una sorta di inquietante simbolismo post moderno “volto a stimolare un meccanismo razionale che metta in crisi il consueto modo di guardare. Un approccio dunque che cerca lo spiazzamento o il ribal-tamento di luoghi comuni mentali e visivi.” (Fausto Lorenzi)www.alessandrobulgarini.itcontatto: [email protected]

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Pinella Giuliano, Mascalcia (CT)“Il simbolismo, in pittura ma anche nel vasto universo dell’Arte, ha la sua ragione d’essere se ben supportata da una coerente ricostruzione del nascosto che ne qualifichi il significato e la stesura. È il riporto alle dimensioni del raccon-to esplicito. Nelle mie tele espressasi in origine sotto i grovigli segnici e coloristici della tra-dizione informale, c’è il bisogno disperato di uscire dalla stretta di una figurazione generica, di ottimistico anche se dilacerato espressioni-smo in cui restano chiusi tanti artisti formatisi al tempo delle dogmatiche contrapposizioni fra realismo ed astrattismo.” (P.G.) Il gioco di Giuliano è fatto quindi di complici-tà con i personaggi che emergono dalla sua in-teriorizzata umanità, che trascende il realismo; è ironia per contrasto, mai sarcasmo. Gesti congelati che trattengono la vita. Contatto: [email protected]

Alessia Babrow, Roma“..attraverso la connessione che unisce tutte le cose, gli scienziati hanno dimostrato che la “materia” di cui è composto l’universo - onde e particelle di energia - risponde e si adatta alle nostre aspettative, giudizi e convinzioni sul nostro mondo. In un mondo in cui un campo intelligente di energia collega ogni cosa, dalla pace globale alla guarigione personale, quello che in passato poteva sembrare miracoloso o frutto di fantasia diventa improvvisamente una possibilità della nostra vita. Il nostro potere di cambiare il corpo e il mondo è assopito fin quando non lo risvegliamo. La chiave per risvegliare questa straordinaria facoltà è ope-rare un piccolo cambiamento nel modo in cui vediamo noi stessi dentro l’universo. Noi dob-biamo vederci come parti del tutto, anzichè come entità separate.....” (Gregg Braden)contatto: [email protected]

Ezio Fantin, Longare (VI)Allagamenti, tracimazioni, esondazioni in città senza uomini intendono narrare di un mondo puro, diverso, possibile e pur fantastico, dove il distacco dalla realtà diventa polemica. La saldezza dell’idea spaziale alla base di que-ste pitture coincide con la labilità sintattica di un’assonometria approssimativa che in definitiva è antiprospettica. Queste opere sono anfibie: raccontano di una vita propria (nella creazione di spazi irreali) ma nel contempo sono luoghi dell’anima, sospesi a metà tra il ricordo di immagini già viste, sognate o più semplicemente immaginate. Le “tracimazioni” si concedono al colore squillante: ma la perfe-zione tecnica non è tecnicismo bensì strumen-to dello stile, infatti solo attraverso un com-piuto stile la visione resta candida e lo stupore dello spaesamento nella visione di mondi altri, crea il divertimento. (E.F.)Contatto: [email protected]

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Michele Boffelli, Bergamo“L’Ombra rappresenta la parte interiore più angosciante dell’Uomo, le paure, le ansie, i rimorsi, i rimpianti. Le ombre che vivono dentro di noi, e che di noi stessi si alimentano, hanno acquisito una forza tale da materializ-zarsi e diventare parte del mondo reale. La razionalità le ha bloccate nel loro evolversi, in-trappolandole in una dimensione non definita, in bilico tra pittura e scultura, ma l’Ombra è ora reale, concreta, vera, è entrata nella luce. L’Ombra si presenta nuda, senza sesso e senza età, un manichino ancora privo di sembianze caratterizzanti. È nera, viene dal buio della no-stra anima, ma il lucido che la riveste cattura la luce, la fa sua, la trasforma e la riflette all’os-servatore moltiplicata ed arricchita di tonalità imprevedibili. E gli occhi azzurri coinvolgono suadenti.” (M.B.)Contatto: [email protected]

Walter Patriarca, RomaDa sempre ha alternato la professione di scenografo e costumista a quella di pittore e architetto. Ha presentato oltre 6o mostre in Italia e all’estero e le opere sono presenti nelle collezioni di banche e di note personalità del mondo delle istituzioni, della cultura e dello spettacolo. Opere intensamente misteriose, le-gate ai viaggi che la fantasia simbolica compie per stabilire un collegamento tra intelletto e sentimento, “tra dato conosciuto e ulteriorità pre-sentita” (U. Galimberti). Se l’individuo non si libera dai legacci dell’intuizione fina-lizzata agli scopi, non potrà esprimere quel potenziale cretaivo connesso alla fantasia, definita da Jung funzione intermedia, “ponte” tra verità e interpretazione simbolica, oltre il quale è possibile “aprire” le “scatole del nostro cervello”. Contatto: [email protected]

Alberto Lanzaretti, Thiene (VI)La sua cordialità e solarità si specchia nelle sue opere, frutto di incastri di legno ritagliato, colorato e incollato su tavola. La voglia di cre-are, di esprimere la sua limpida interiorità lo ha portato a sviluppare questa sua particolare forma d’arte. Sono lavori piacevoli, armonici e di complessa esecuzione, sono il risultato di una lunga preparazione che fa risaltare la sua spiccata manualità, l’innata armonia del colore e la galoppante fantasia. La ricerca di valori cromatici puri, geometrici, nitidamente sta-gliati sullo sfondo, fra loro incrastati come in un gioco, rivela la facoltà creativa della mente di procedere istintivamente verso sintesi sem-pre più complesse ed articolate, a dimostrare il valore, spesso trascurato, della manualità di interagire con i sensi e il cervello. (www.lanzarettialberto.it)contatto: [email protected]

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Roberta Serenari, Sasso Marconi (BO)Esprime un’arte pregna di suggestioni oniri-che e di simboli che rimandono all’inconscio creativo e al mistero che è implicito in ogni forma di vocazione e destino umano. “…Padrona di un tratto pittorico di in-dubbio livello qualitativo, ama analizzare in piena luce le forme più disparate di un mondo concreto ma incongruo, popolato da emanazioni dei sogni e dei ricordi del perso-naggio femminile adolescente che lo abita, e che ha ormai imparato a dominare la realtà.L’Alice che vive in questi quadri è forse ancora quella di Lewis Carroll, poichè dalla memoria del suo lontano viaggio infantile è rimasto il gusto di reinterpretare lo spazio in prospettive immaginose di atmosfere sospese e persino metafisiche…” Vittorio Sgarbi.Contatto: [email protected]

Monica Melani, Roma“Sperimento.... la trasmutazione della mate-ria al fine di acquisire ed accrescere consa-pevolezza circa gli elementi fisici e metafisici che interagiscono nel processo creativo, nonchè l’importanza delle scelte nel determi-narne l’orientamento..la mia ricerca ha dato origine ad una tecnica in cui “Predisponen-do il mio interiore all’accoglienza “consape-vole ed impersonale”, lascio cadere gocce di colore su di un foglio pieno d’acqua, quasi fosse uno specchio, con intenzioni e modali-ta’ in grado di creare un contatto, un ponte, fra le multidimensioni”. In equilibrio tra interno/esterno, vuoto e pieno...... “precipi-to” quindi nella materia ciò che è nei piani sottili, a testimonianza dell’esistenza di un principio cosmico che compenetra ed unisce tutte le forme di vita, visibili ed invisibili.contatto:[email protected]

Lamberto Melina, BresciaHa la grande dote di rappresentare la sem-plice realtà o la “semplice presenza” come lui ama definirla, con reminescenze filosofiche esistenzialiste, innervandola di sensi e sim-bologie a mezza via tra conscio e subconscio. L’oscurità, densa e assoluta, da cui emergo-no i suoi soggetti è il mediatore di questa ricchezza semantica che supera di schianto la falsa messinscena dell’arte spazzatura e decorativista che riempie gallerie e fiere.“La tecnica è un importante veicolo di senso che io perfeziono in modo ossessivo col fine dichiarato di renderla vana e superata. Utilizzo la tecnica manuale per ri-creare la natura in senso ontologico, non quindi una ri-copia, ma una decostruzione che rigenera in senso ermeneutico”. (L.M. Pieretti).Contatto: [email protected]

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Gianluca Bernardini, BolognaRaccoglie suggestioni da ogni parte dell’im-maginario collettivo, reinterpretando le nuove icone della contemporaneità. In forma incon-scia dà vita alle istanze della libido di affermar-mi e di apparire, di conoscere e di espandersi sia sul piano materiale che su quello spirituale. L’amalgama è intrigante. L’intreccio di colo-ri, segni, simboli corrisponde a una trama in stile cimematografico e stimola l’osservatore a formulare interpretazioni su vari livelli di comprensione. Lo stile è leggero, persuasivo, ammiccante, ironico, a volte sarcastico, ma, non diversamente da Woody Allen, riesce a comunicare con leggerezza gli aspetti deterio-ri dell’identità umana senza anteporre alcun filtro di natura ideologica, facendo proprio il principio che la verità non si trova in profon-dità, ma è riflessa dalla superficie delle cose.contatto: [email protected]

Laura Bottaro, Vicenza“La pittura è la mia vita e la mia vita è la mia pittura, io guardo attraverso essa nella mia co-scienza e scopro che non è isolata ma appartiene al mondo, come una sorta di specchio, o meglio un numero infinito di frammenti di specchio in cui ognuno può ritrovare se stesso, in una unità che ci lega gli uni agli altri inseparabilmente.Ho studiato con Emilio Vedova, ma le mie vere influenze provengono dalla filosofia orientale e forse da alcuni altri artisti che ho amato come Wols, Giacometti e Hans Hartung.” (L.B.)Al colore si associa spesso il linguaggio simbo-lico generato dalle sensazioni corporee, oppure dalle emozioni del cuore. E’ raro incontrare negli artisti contemporanei un rapporto di concordanza tra “colore e flusso di coscienza”, per analogia non dissimile alla creatività ispirata dalla filosofia zen. Contatto: [email protected]

Isabel Carafi, TriesteItalo-atgentina, riflette una cultura cosmol-polita e cosmogonica, facendo fluttuare le sue creature all’interno di dimensioni temporali parallele. “I soggetti dei suoi lavori mischiano il valore semiotico della caricatura, il gusto per il disegno naif, il culto per l’origine fondamen-talmente africana, lo studio e la riproduzione di corpi interpretati tra il cubismo e l’anima-zione per bambini. In uno spazio creato ad hoc l’artista articola senza soluzione di conti-nuità corpi o maschere di entità primordiali dalla carnagione ebano che come in un catalo-go per giocattoli si snodano creando relazioni geometriche ed emotive. Gli occhi sbarrati, gli arti oblunghi, le labbra scolpite danno vita a creature in bilico tra il bambino, l’elfo sotto l’egida della passione picassiana per la cultura primitiva africana.” (isabelcarafi.it)Contatti: [email protected]

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REDO FABBRI“L’altra pittura”Redo Fabbri approda alla sua prima antologica che è sintesi della sua vita artistica, nell’esposizione de “I Nodari”, in contrà Do Rode, Vicenza, aperta nel mese di marzo 2010.Alla pittura Redo Fabbri si è avvicinato con l’entusiasmo del ricercatore, di chi vuole dare forma alle sue idee, perchè si sente interprete di quella dimensione meravigliosa chiamata vita. Egli nutre una filantropia sincera e irremovibile che lo rende ottimi-sta, più per scelta che per esperienza. Questa non gli ha certo risparmiato le quotidiane fatiche o le inevitabili delusioni, ma queste sono diventate per lui sprone e motivo di elevazione spi-rituale. Cresciuto in Polesine, Taglio di Po, si è nutrito dei valori antichi veneti, dove la libertà dell’uomo è premessa della sua felicità e la natura istintuale convive nell’uomo di buon senso, diventando connaturata al suo libero arbitrio. La cifra del suo repertorio iconografico è l’abbinamento delle figure geometriche con le nature morte domestiche, come l’acino d’uva s’intreccia con l’anello, così la mela e l’arancia emergono dal paniere delle geometrie euclidee, il tutto nel prevalente contrasto cromatico del blu, giallo e rosso.Il breve componimento che apre la brochure della personale di Redo Fabbri sintetizza la sua poetica: auspica l’unità della natura, ma concepisce il distacco e la separazione che contraddistingue il quotidiano vivere. Sin dalla prima volta che cominciò a disegnare scelse come sog-getto lo spazio cosmico e nel tempo si è perfezionato con il piace-re della scoperta, personale ed umana, congiunto al desiderio di “raccontare il passato”, dalle prime scoperte tecnologiche come la ruota o l’architrave, a quelle elaborate dalle civiltà del Mediter-raneo. L’Artista tra le invenzioni topiche predilige quelle dell’ar-chitettura, della navigazione e della musica; le forme dell’arco e degli strumenti musicali tendono ad armonizzarsi nei toni caldi della tavolozza che sospende gli abituali contrasti cromatici delle nature morte. Il silenzio sembra permeare l’immaginario di Redo, su di esso poggia l’intelligenza dell’universo, che la mente può sondare e percepire, senza tempo, dove passato e futuro si confondono e tutto diventa assoluto presente; così i velieri per-corrono rotte cosmiche, tra satelliti e meteore rotanti.La dicotomia connotativa dei temi di Fabbri raggiunge livelli metafisici nella rosa bianca che emerge dalle cassearmoniche ed impone, con la sua assoluta presenza, il candore della purez-za. Tuttavia le chitarre e i violini sono senza corde, l’assenza di musica è una denuncia rimarcata dall’insistente riproposta del soggetto, ma anche desiderio della “parola dolce che moltiplica gli amici” - Ecclesiasticus, VI,5La tela “Immaginare il futuro” è composta da navicelle spaziali in viaggi cosmici, tracciano ideali percorsi d’armonie ancestrali, nel silenzio dell’ infinito. In queste opere cosmiche si percepisce l’equilibrio raggiunto dall’artista, la pacata leggerezza del suo sentire, l’effluvio delicato che emana dal suo spazio interiore, il suo pianeta galeggia nell’aere, senza gravità.Con la navicella del suo “ingegno, che lascia dietro a sè mar sì crudele” Redo acque alza le vele per suggerire una via di pacata serenità e per “produrre una scheggia di felicità”.

A cura di AnnaMaria Ronchin

ARTISTI E GALLERIE

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PAOLO BORTOLI

Paolo Bortoli nasce a Vicenza nel 1965.Interessato da sempre a musica e pittura, nel 2000 decide di approfondire il suo interesse per quest’ultima seguendo un corso di pittura ad olio tenuto da Anna Maria Trevisan, nome noto del panorama artistico vicentino, da questo decisivo evento inizia a dedicarsi con continuità e determinazione alla pratica pittorica proseguendo da autodidatta nella ricerca e sperimentazione. Attratto soprattutto dalla luce, dal colore e dalla capacità di quest’ultimo di trasfigurare il reale, approfondisce la trattazione di diverse tecniche pittoriche: dall’olio all’acrilico, dal gesso-pastello alle tempere ecc… avvalendosi di supporti che variano dalla tela, alla tavola e alla carta. La pittura di Paolo Bortoli grazie ad un’ alta conoscenza e padronanza della tecnica ad olio si pasce d’un intenso rigoglio cromatico espresso talvolta attraverso decisi contrasti, talaltra invece attraverso un ampia tavolozza di tinte e mezzetinte accostate in un diffuso digradare con spontanea ed originale istintività. Un istintività e padronanza espressiva del mezzo pittorico e signico che accanto alla modalità più raccolta e riflessiva dell’operare appena descritto, ritroviamo vigorosa e veloce in altre sue opere, specie nei ritratti di un Friederick Knaups, un personaggio nato dalla fervida immaginazione di Paolo ch’egli ha voluto avviatore della prima guerra mondiale e al quale l’artista ha dato forma e connotazione sia fisica che espressiva. Fa parte del gruppo de “La Soffitta” ed è membro dell’Ucai (Associazione Artisti Cattolici).Ha esposto principalmente in Veneto attraverso mostre personali e collettive. Vive e lavora a Costabissara.

A cura di Marta Longo

OPERE1.”Piacere # 1”, 2008, Acrilico su Tela e Vernice, cm 75x752.”Mi baci”, 2008, Olio, Foglia oro e Vernici su tavola, cm 100x1003.”Friedrick Knaups”, 2009, Tempera e Pastelli ad Olio su Carta, cm 100x115

Contatto:Via Verdi 4536030 CostabissaraVICENZAC_+39.349.13.57.042e-mail: [email protected]

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LUCIANA VENTURINI

Luciana Venturini nasce nel 1949 a San Giovanni Lupatoto, operosa ed estesa cittadina a pochi Km dal ben noto ed ammirato capoluogo scaligero di Verona. Al tutt’oggi vive e lavora presso il paese natio gestendo un centro di Fisiokinesiterapia. Premiata dal successo lavorativo, frutto al contempo di una dirompente e coraggiosa creatività quanto di una intuitività imprenditoriale di derivazione familiare, Luciana decide di provarsi e spingersi in ambiti ancora inesplorati della sua personalità. E’ così che nel 2000, spinta da un desiderio di sperimentazione espressiva, si avvicina alla pratica artistica, seguendo un corso di Pittura presso il Centro Culturale di S.G.Lupatoto intitolato ad Alessandro Galbier, esimio pittore locale. Insignita dalla prof.ssa Patrizia Ceolaro dei rudimenti della Tecnica ad Olio, Luciana si avventura entusiasta e determinata all’interno di una ricerca sulle prime rivolta al paesaggio. Una volta ultimato il corso, proseguirà da autodidatta potendo comunque contare sui preziosi consigli dell’insegnante con la quale continuerà a confrontarsi fino ad una raggiunta e piena autonomia, quella che La porterà ad abbandonare il caro tema figurativo per librarsi e liberarsi in un astratto informale ispirato da una forte pulsione emotiva nonché da una incessante sperimentazione tecnica. Sostanziale in questo decisivo cambio di rotta la visita nel 2007 dei padiglioni della celebre e rinomata rassegna dedicata all’Arte Contemporanea di Verona: ArtVerona. Irrimediabilmente affascinata e conquistata dalla scoperta della potenza e dell’infinita possibilità di espressione che il mezzo pittorico le consegna, ci si abbandona fiduciosa ed appassionata trovando nel gesto espressivo della pittura un compagno schietto e fidato. Così ampie e libere pennellate intrise di colore ad olio la conducono verso un sentire liberato, dandole modo di accedere a parti di sé dalle quali inconsapevolmente fuggiva. La lavorazione finale delle grandi tele, con resine e vernici le riconsegna un’ attitudine gioiosa e giocosa secondo una condizione irrinunciabile ed essenziale di qualunque attività la veda coinvolta.Espone il suo lavoro in mostre personali e collettive.

A cura di Marta Longo

OPERE1.”Nord-Est”, 2009, Olio su Tela su Tela, cm 100x1002.”Nord-Est”_Particolare.3.”Tappeto di Luci”, 2008, Olio su Tela, cm 70x1004.”Congiunzione”, 2009, Olio su Tela, cm 100x100

Contatto:Via Benvenuto Cellini 6b 37057 San Giovanni Lupatoto VERONAC_+39.338.38.90.425/+39.338.38.90.471e-mail:[email protected]

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ELEONORA MUSONI

Eleonora Musoni nasce a Milano nel 1978. Coerentemente con le sue propensioni artistiche si iscrive alla sezione di grafica pubblicitaria presso l’Istituto d’Arte “Paolo Toschi” di Parma diplomandosi nel 1997. Nel 1999 prosegue iscrivendosi all’Accademia di Belle Arti di Bologna. L’urgenza produttiva e il fervore creativo che caratterizzano l’artista, la faranno precocemente propendere verso un’immediata attività espositiva in seguito alla quale interrompe gli studi così da potersi dedicare completamente alla promozione e diffusione della propria ricerca artistica attraverso eventi personali e collettivi allestiti in tutta Italia.La ricerca che Eleonora persegue nelle sue tele affonda la sua origine in un indagine introspettiva tanto di sé stessa quanto dei soggetti che ripropone e rappresenta. I suoi personaggi riproposti in maniera intensamente espressiva attraverso un uso sapiente del chiaroscuro, spinto talvolta alle sue estreme valenze, permettono all’artista di scolpire su tela volti e corpi la cui plasticità forte, risulta sintomatica di una altrettanto forte e vitale tempra interiore. Istintivamente votata al bello, Eleonora rielabora e “reimpasta”, nei soggetti umani che incontrano il suo favore ed interesse, valenze tanto emotive quanto materiche, riconsegnandoci corpi e volti perfetti, sguardi e pose di un intensità profonda talvolta ammiccante e sensuale. I suoi protagonisti sottratti al mondo e allo scorrere del tempo, fissati ed immortalati sulla tela, assurgono a noi come dei d’immortale bellezza.Stabilitasi da diversi anni nel vicentino prosegue la sua ricerca artistica in qualità di pittrice, decoratrice e restauratrice.

Mostre collettive: 2010_”CROMATICOS” organizzata da PROART presso le Sale Imbarcadero del Castello Estense _ Ferrara 2009_”KREA ATTIVA MENTE #2”_ Collettiva di Creativi del Contemporaneo DI_SEGNOLIBERO _ Vicenza 2009_Atelier d’Arte Troise _ Reggio Emilia 2004_“Linea, Segno, Parola”_ Galleria Nove Colonne a cura della Fondazione d’Ars _ Bologna 2003_“I Colori della Notte” _ Banca Popolare di Milano _ Parma 2003 “Artisti in Fiera”_ Parma 2001 “2° Mostra D’arte Contemporanea”_ Chiostri di San Domenico _ Reggio Emilia

Partecipazioni e Selezioni: 2009 “Massenzio Arte”_ 13° Concorso Internazionale _ Roma_ Selezionata 2007 “GENOVARTE ‘07”_ 2° Biennale d’Arte _Genova_Partecipazione 2005 “NOÈ BORDIGNON”_ Concorso internazionale _ Castelfranco Veneto _ Premio Acquisito 2003 “8° EXPOSITION D’ART CONTEMPORAIN”_ EXPO’ ART _Nizza_Partecipazione 2000 “BIG”_ Biennale Internazionale Giovani _Torino_Partecipazione

A cura di Marta Longo

OPERE1.”Theo1”, 2009, Tecnica mista su Tela, cm 100x1202.”Theo2”, 2010, Tecnica mista su Tela, cm 80x120 3.”Theo3”, 2010, Tecnica mista su Tela, cm 80x120

Contatto:Via IV Novembre 2736077 Altavilla Vicentina_VICENZAC_+39.349.74.15.121Web-site: www.eleonoramusoni.com

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