musei minori, narrazione e multimedialità: progetto opustory

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Musei minori, narrazione e multimedialità: Progetto Opustory REPORT DELLA GIORNATA DI STUDIO // 24 Giugno 2015 Sala dell’Opus Sectile - Museo Nazionale dell’Alto Medioevo, Roma a cura di Salvatore Chiarenza, Carla Ingrasciotta, Eva Lupo, Daniele Mittica

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Musei minori, narrazione e multimedialità:Progetto Opustory REPORT DELLA GIORNATA DI STUDIO//24 Giugno 2015Sala dell’Opus Sectile - Museo Nazionale dell’Alto Medioevo, Roma

a cura di Salvatore Chiarenza, Carla Ingrasciotta, Eva Lupo, Daniele Mittica

indice 1.0

2.1.1

Le ragioni di un convegno: cosa possono fare i nuovi media per i piccoli musei?

2.0 Gli interventi

2.1 Sessione mattutina (h.10-13). Benvenuto e saluti istituzionaliEdith Gabrielli: il buon museo è dotato di un progetto grazie al quale svolge la sua funzione sociale

2.1.2 Mirella Serlorenzi: un progetto di rinnovamento per il MAME

2.1.3 Augusto Palombini: comprensione, coinvolgimento ed iden-tità sono gli obiettivi del racconto

2.1.4 Francesco Antinucci: il museo ha senso quando svolge la sua funzione culturale parlando al visitatore Sessione pomeridiana (h.15-17). Fund-raising, social media e progettazione culturale

2.2

2.2.1 Laura Leopardi: il fund-raising può essere un mezzo per assicurare la sostenibilità a lungo termine di un piccolo museo

2.2.2 Nicolette Mandarano: l’esperienza di visita nei musei parte dai social media

2.2.3 Alba Casaramona, Milena Stacca: promuovere il MAME at-traverso i social network

2.2.4 Team Opustory: il progetto “Opustory” per la valorizzazione dell’Opus Sectile di Porta Marina Dibattito e conclusioni 3.0Uno sguardo verso il futuro: quali i possibili sviluppi legati al progetto Opustory?

4.0

Le ragioni di un convegno: cosa possono fare i nuovi media per i piccoli musei? 1.0

IIl 24 giugno 2015 si è tenuta nella sala dell’Opus Sectile di Porta Marina, presso il Museo Nazionale dell’Alto Medioevo, la giornata di studio “‘Musei minori’, narrazione e multimedialità: progetto Opustory”.L’idea è nata da un’iniziativa comune tra l’Istituto per le Tecnologie applicate ai Beni Culturali (ITABC) del CNR e il Museo Nazionale dell’Alto Medioevo (MAME), in collabo-razione con il Polo Museale del Lazio che ha mostrato da subito interesse nei con-fronti di questo evento. Grazie ad una coordinata attività tra Polo Museale e MAME è stato possibile pianificare al meglio alcuni aspetti della giornata di studio, nonchè diffondere attraverso i canali web istituzionali i dettagli dell’evento e il materiale informativo (poster e flyer), senza dimenticare la gentile ospitalità dimostrata nei confronti dei relatori intervenuti e del pubblico di uditori che hanno preso posto nella splendida cornice della sala dell’Opus Sectile del museo appositamente predisposta per questa occasione. Nell’ambito della giornata di studio si è voluto: - proporre una riflessione sui “musei minori” (organismi culturali con un numero di visitatori non proporzionato alla loro importanza storico-culturale), sui problemi che ne impediscono un buon funzionamento e sulle opportunità offerte dalle tecnologie digitali e interattive, dallo storytelling e dai social media per un loro rilancio; - mettere in evidenza il lavoro svolto durante il corso “Interactive Exhibitions: a know how programme”, dedicato ai musei virtuali e alle mostre interattive e portato a ter-mine con lo sviluppo del project work “Opustory”, un percorso dal carattere interattivo e multimediale di valorizzazione dell’Opus Sectile di Porta Marina. Il MAME non è stato scelto a caso: museo poco conosciuto, ubicato in un quartiere periferico ma ad alta densità storico-culturale (EUR), contiene collezioni risalenti al periodo Tardo Antico ed Alto Medioevale ed offre un percorso storico-archeologico di notevole interesse nel panorama romano. Tuttavia esso risulta penalizzato da diffi-coltà logistiche, da un allestimento museale vetusto, dalla mancanza di pluralità linguistica al suo interno e da una cronica carenza di fondi. Un caso da manuale, quindi, delle difficoltà che il museo si trova ad affrontare nell’attuare una strategia di rivalutazione a medio e lungo termine. D’altra parte, il MAME stesso si è reso altamente disponibile ad ospitare diversi eventi culturali come questa Giornata di Studio: in questo modo il Museo conferma di essere un luogo attivo di creazione di cultura, un luogo dove riflettere sulla funzione e sulla missione dei musei, un luogo dove portare avanti la riflessione più aggiornata sulla comunicazione museale.A partire da questi presupposti gli allievi del corso “Interactive exhibitions” hanno scelto il museo come caso di studio di un progetto di valorizzazione e rilancio e pro-prio a partire da uno dei reperti archeologici che rendono il MAME un museo senza pari, l’Opus Sectile di Porta Marina.

Gli interventi 2.0La giornata è stata strutturata in due sessioni, una mattutina (dalle 10 alle 13) e una pomeridiana (dalle 15 alle 17). I contenuti sono stati scelti in base alle tematiche sopra esposte. Si è scelto di partire dallo storytelling digitale e dalla comunicazione nei musei per concentrarsi sul fund-raising e sui social media, analizzando la strategia digitale perseguita dal MAME e concludendo con la presentazione del progetto Opustory. Alla fine di ogni sessione si è dato spazio alle domande del pubblico, avviando un dibattito che ha allargato la portata del discorso con contributi di grande interesse.

Sessione mattutina (h.10-13).Benvenuto e saluti istituzionali 2.1

La giornata di studio si apre con i saluti e il benvenuto del Direttore del MAME, Dott.ssa Mirella Serlorenzi. Durante la sua introduzione il direttore ha riassunto le ragioni che hanno portato all’organizzazione della giornata di studio, sottolineando come l’obiettivo dell’evento - e di progetti come Opustory - risieda nella volontà di fare del museo un luogo attivo di creazione culturale e non un mero contenitore di oggetti.

I relatori della sessione mattutina, e il messaggio di benvenuto del direttore del MAME

Il buon museo è dotato di un progetto grazie al quale svolge la sua funzione sociale 2.1.1

Edith Gabrielli - Direttore del Polo Museale del Lazio

Edith Gabrielli, Direttore del Polo Museale del Lazio, esordisce ricordando come il nostro sia uno dei paesi col più elevato rapporto musei/abitante nel mondo, ed abbia sviluppato una riflessione museologica di alto livello qualitativo. Se tale riflessione ha rappresentato un esempio da seguire nel secondo dopoguerra, a partire dagli anni Ottanta si assiste ad un ripiego: la riflessione museologica più aggiornata viene dai paesi anglosassoni e dalla Francia e stavolta è l’Italia a seguire il lavoro svolto in questi paesi. Il risultato è un ritardo nella riflessione metodologica, ritardo che la recente riforma dei BB.CC. avviata dal Ministro per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo Dario Franceschini, sta cercando di colmare.Il Direttore continua sottolineando come sia importante ampliare il pubblico dei musei, senza discriminazione tra musei maggiori e minori, puntando maggiormente l’attenzione sul ruolo sociale che il museo svolge. Per questo è necessario che i musei agiscano in maniera coordinata per sviluppare un progetto museale, attirare pubblico e acquisire così risorse. I casi di studio presi in esame sono due: il primo riguarda il sistema museale umbro basato sulla creazione di una rete orizzontale dove il visitatore viene indirizzato dal museo visitato ad altri simili sul territorio: modello che ha mostrato alcuni limiti. Al contrario la “rete sferica” del sistema museale piemontese ha avuto ottimi riscontri: musei e realtà molto diverse tra loro, sia pubbliche che private, sono state organizzate in rete. Questo approccio ha permesso di aumentare il numero dei visitatori e di conseguenza le risorse a disposizione.Edith Gabrielli si è poi soffermata sulla definizione “musei minori”, sostenendo che a qualificare l’importanza di un museo è la sua capacità di fungere da “baluardo fisico di educazione alla cittadinanza”. Il museo ha dunque un ruolo sociale da svolgere e in base ad esso deve fondare il suo progetto museale. A tale scopo, in un mondo sempre più “connesso”, la tecnologia può costituire un valido ausilio. D’altro canto, sostiene il direttore, le tecnologie devono essere viste come strumenti al servizio di un progetto museologico, il quale per funzionare deve possedere una propria coerenza interna e un profondo legame con il territorio. Un buon museo, conclude Edith Gabrielli, è allora quello che si fa promotore di un coerente progetto museologi-co e che riesce ad avere un solido ruolo sociale.

Un progetto di rinnovamento per il MAME 2.1.2

Mirella Serlorenzi - Direttore del Museo Nazionale dell’Alto Medioevo

Il direttore del MAME Mirella Serlorenzi, apre la sua relazione leggendo uno stralcio del discorso pronunciato da Bianca Maria Felletti Maj, primo direttore del Museo, durante la giornata inaugurale il 6 aprile del 1967, alla presenza dell'allora Ministro Gui. Sfogliando le foto originali dell'allestimento e dell'arredo, realizzati dall'Architet-to Aldo Grillo nel 1966, vengono ripercorse le ragioni culturali alla base del progetto espositivo che è arrivato quasi invariato fino ai nostri giorni: le motivazioni furono principalmente di carattere storico artistico, legate cioè a comprendere l’evoluzione della cultura artistica tra la fine del mondo antico e il pieno Medioevo.Il nucleo fondante dell'esposizione riguardava i materiali delle due necropoli longo-barde di Nocera Umbra e Castel Trosino. Il Museo ospitò inoltre i marmi degli arredi liturgici delle chiese altomedievali di Roma, i reperti provenienti dalle domuscultae di S. Cornelia e S. Rufina e una pregiata collezione di tessuti copti. Per lunghi anni, il Museo, pur non avendo mai modificato il percorso espositivo, si è concentrato sull'analisi e lo studio dei materiali esposti ed ha rappresentato per la città di Roma il solo luogo deputato a promuovere la ricerca su Roma medievale, mettendo in atto in maniera pionieristica quel rapporto necessario tra museo e territorio.Il direttore racconta le difficoltà del Museo nel corso di questi due anni di direzione, anni assai travagliati in cui si sono susseguite indicazioni differenti e contrastanti, passando dal rischio di chiusura, all’ipotesi di spostamento in un’ala del vicino Museo Pigorini e poi ancora alla proposta di accorpamento alla Crypta Balbi, fino al distacco dalla Soprintendenza di Roma, reso esecutivo dal Decreto del Presidente del Consi-glio dei Ministri 29 agosto 2014, n. 171, e al suo inserimento attuale all’interno del Polo Museale del Lazio. Tutto ciò ha ostacolato una serena progettazione a medio termine e ha minato la possibilità di avere finanziamenti in bilancio. Malgrado queste difficoltà, in questi due anni, si è lavorato ad un ripensamento radicale del Museo dell'Alto Medioevo e ad un nuovo progetto di riallestimento che tenesse conto di nuovi valori che i materiali in esso contenuti possono ancora trasmettere e si è ragionato su come l'apparato espositivo e comunicativo deve evolvere ed essere in linea con le nuove frontiere culturali e tecnologiche così da coinvolgere il maggior numero di persone possibili. Attraverso un'analisi della storia dell'allestimento ven-gono messe in evidenza le tante criticità presenti, l'analisi delle quali ha portato ad illustrare un nuovo progetto espositivo, che vuole contestualizzare attraverso un filo logico legato ai grandi avvenimenti storici succedutisi tra Tardo Antico e Alto-Medio-evo, le diverse sezioni presenti nel museo, oggi prive di qualsiasi collegamento. In particolare Mirella Serlorenzi si sofferma sull'allestimento dell'aula dell’Opus Sectile di Porta Marina inaugurata nel 2006, rimarcando come, al di là del prestigio e della straordinarietà di questa decorazione marmorea, la sua posizione che conclude oggi il percorso espositivo crei nel visitatore un forte disorientamento cronologico.

[segue oltre]

Un progetto di rinnovamento per il MAME 2.1.2

Mirella Serlorenzi - Direttore del Museo Nazionale dell’Alto Medioevo

Comprensione, coinvolgimento eidentità sono gli obiettivi delracconto 2.1.3

Augusto Palombini - Ricercatore CNR ITABC

Con l’intervento della Dott.ssa Mirella Serlorenzi è emerso uno dei temi portanti della giornata di studio, lo storytelling museale. Questa tematica è approfondita dal Dott. Augusto Palombini (CNR ITABC), con il contributo “Narrare il paesaggio: il digital story-telling a supporto della musealizzazione”. L’intervento del Dott. Palombini si focalizza su due aspetti: l’importanza delle narrazioni nel museo e gli aspetti antropologici di pratiche come il crowd-funding. Palombini inizia sottolineando i fattori critici che impediscono un maggiore afflusso dei visitatori nei musei italiani. La mancanza di un brand, di una comunicazione effi-cace, di applicazioni multimediali adeguate alle aspettative del pubblico e di una coerente organizzazione logistica vanificano qualsiasi sforzo di crescita. In tal senso, lo storytelling potrebbe essere uno strumento che permetterebbe al museo di poter raccontare e di raccontarsi. Palombini chiarisce come la narrazione sia una tecnica e non un prodotto. Per questo essa non inficia, come sostengono alcuni, l’attendibilità della ricostruzione storica. Del resto, continua il ricercatore, Manzoni aveva già messo in evidenza l’importanza della ricostruzione narrativa nel racconto della storia e, in ogni caso, il racconto è stato fin dagli albori il mezzo di trasmissione per eccel-lenza delle conoscenze sul passato. E se questo non bastasse, filosofi come Michel Foucault hanno dimostrato che ogni documento prodotto dall’uomo, compreso quello storico in apparenza più obiettivo, è sempre portatore del punto di vista di chi lo scrive.

[segue oltre]

Ripensare, dunque, totalmente il Museo dell’Alto Medioevo, è l’unica possibilità per rendere ancora attraente questo luogo. Il MAME ha ancora tante storie da raccon-tare, storie di immigrazione e integrazione, che dovranno essere dirette ad un pub-blico multietnico cercando quindi di inserire quest’istituzione museale in una vera prospettiva mondiale che abbandoni la visione “romano centrica” che ha caratteriz-zato i nostri studi per un lunghissimo periodo. Il nuovo progetto di musealizzazione, ideato in collaborazione con L. Lorenzetto Bologna e S. Boni, coglie nel segno sia sul piano dei contenuti, che della qualità dell'allestimento, auspicando che possa essere presto realizzato.

Comprensione, coinvolgimento eidentità sono gli obiettivi delracconto 2.1.3

Augusto Palombini - Ricercatore CNR ITABC

Lungi dall’essere mistificazione, la narrazione storica ha un ruolo importantissimo: connette i frammenti del passato e li rende intellegibili alla coscienza contempora-nea. L’importante è distinguere le varie forme di narrazione storica come ha fatto Umberto Eco nelle sue “Postille al Nome della Rosa”. Se sfruttata adeguatamente la narrazione è uno strumento potentissimo e insostituibile per il museo in quanto mezzo di comprensione, coinvolgimento e identificazione.Proprio come strumento di identificazione, la narrazione è altrettanto importante per attività come il crowd-funding. Per condurre una campagna di raccolta fondi effi-cace, secondo Palombini, è essenziale rivolgersi al pubblico del museo facendolo sentire parte dell’iniziativa e facendo leva su strutture archetipiche come il “dono” e lo “scambio” alle quali il crowd-funding può essere ricondotto per creare una reale partecipazione e coinvolgimento.

Il museo ha senso quando svolgela sua funzione culturaleparlando al visitatore 2.1.4

Francesco Antinucci - Ricercatore CNR ISTC

Ma come mettere a punto una strategia comunicativa improntata al racconto? Su quali presupposti basarla? A tali quesiti risponde il Prof. Francesco Antinucci con l’in-tervento “Musei minori: quando essere ‘minori’ può costituire un’opportunità”.Antinucci parte da una domanda: quali e quante opere guardano i visitatori nei musei? La risposta è semplice: pochissime. Da alcune analisi statistiche appare evi-dente infatti come la curva dell’attenzione scemi rapidamente dopo le prime sale, per azzerarsi nelle ultime. Le ricerche, condotte in occasione di una tesi di dottorato da parte di una collaboratrice di Antinucci presso il Museo Nazionale Romano - Terme di Diocleziano, hanno mostrato come, via via che le opere viste aumentano e si giunge alla fine del percorso di visita, la stanchezza del visitatore aumenta e la sua soglia di attenzione si abbassa drasticamente. Da un punto di vista del carico cognitivo il museo con un allestimento di tipo classico, è organizzato in modo enciclopedico e fa di tutto per scoraggiare il visitatore ben intenzionato. Troppe opere, troppo vicine, con troppo testo (spesso scritto male). L’apparato cognitivo del visitatore comune non regge e si arrende a vedere senza guardare. Non c’è da stupirsi: Antinucci mostra come il museo nasca nel ‘700 all’epoca delle classificazioni enciclopediche e tasso-nomiche, quando la sua funzione era quella di fornire un catalogo tipologico ad un pubblico di esperti che già sapevano cosa avevano davanti.

[segue oltre]

Il museo ha senso quando svolgela sua funzione culturaleparlando al visitatore 2.1.4

Francesco Antinucci - Ricercatore CNR ISTC

Questo spirito illuministico mal si addice alle condizioni odierne di fruizione e, di fatto, annulla del tutto una delle funzioni museali più importanti: trasmettere cultu-ra.La soluzione però esiste, sostiene Antinucci: negli apparati informativi si potrebbe ad esempio passare dalla modalità descrittiva alla modalità narrativa, più consona a mantenere alta l’attenzione del lettore, si potrebbero sfruttare gli apparati multime-diali, facendo attenzione a renderli compatibili con le risorse interne del museo, si potrebbe scegliere un’organizzazione differente, con meno opere, unite da un tema e utilizzando la traccia narrativa per rendere più appetibile l’esposizione e la compren-sione. Che questa via sia non solo percorribile ma anche fruttuosa lo dimostrano i casi studio portati da Antinucci e le relative installazioni da lui curate al museo delle Terme di Diocleziano: le opere presentate in forma narrativa, multimediale e nello stesso tempo tematizzata sono ricordate meglio dal visitatore non esperto della ma-teria. In tal senso, un museo minore è avvantaggiato in quanto ha la possibilità di mettere in opera queste strategie in maniera più organica e libera rispetto ai musei più grandi e più visitati. In linea con questo discorso la Dott.ssa Mirella Serlorenzi è intervenuta ricordando come gli interventi progettuali da lei esposti in precedenza, seguano proprio questa direzione comunicativa, con l’obiettivo di sollecitare non solo le capacità cognitive ma anche quelle emozionali dei visitatori rendendo il museo un posto piacevole e confortevole in cui recarsi.

Sessione pomeridiana (h.15-17).Fund-raising, social media eprogettazione culturale 2.2

I lavori riprendono durante la sessione pomeridiana. Se nella mattina si è parlato di narrazioni, nel pomeriggio le tematiche affrontate sono il crowd-funding, il ruolo dei social media nella comunicazione museale, il caso studio della comunicazione social del MAME, la presentazione del progetto Opustory.

Il fund-raising può essere un mezzo per assicuare lasostenibilità a lungo terminedi un piccolo museo 2.2.1

Laura Leopardi - Fund-raiser Amnesty International, Italia

La Dott.ssa Laura Leopardi, fund-raiser per Amnesty International, ha presentato il contributo dal titolo “Pianificazione di processi e strategie di fund-raising per la sostenibilità economica di piccole e medie realtà museali”. L’obiettivo del suo inter-vento è mostrare quali strade possa esplorare un piccolo museo per sostenersi eco-nomicamente quando i fondi pubblici sono carenti o vengono a mancare. In tal senso, i musei potrebbero lavorare (come accade in altre realtà europee) alla stregua di associazioni no profit che da sempre attuano con successo strategie di raccolta fondi per assicurarsi risorse integrative al sostegno delle proprie attività Per avviare una strategia simile, il museo deve rendersi conto che la sua esistenza soddisfa un tipo di bisogno identitario e che il soddisfacimento di questo bisogno deve essere una leva per spingere i donatori ad agire. Per fare questo il museo analizzerà preventivamente se stesso e l’ambiente nel quale opera, dovrà poi dotarsi di una tecnica comunicativa coerente ed infine creerà un “messaggio” personale che lo distingua e allo stesso tempo lo posizioni, rispetto ad altri organismi culturali del suo ecosistema di riferi-mento. Partendo da qui, se adeguatamente attivato il ciclo del fund-raising potrebbe assicurare non solo il finanziamento di iniziative temporanee (mostre, eventi) ma anche il finanziamento a medio-lungo termine delle attività museali permanenti. L’importante è individuare chi potrebbe essere interessato a sostenere il museo e presentare i punti di forza che quest’ultimo ha da offrire, come la capacità di agire sul territorio, di raggiungere un pubblico eterogeneo, di sviluppare relazioni con il pubbli-co a forte impatto emotivo, di unire unicità ed eccellenza del “prodotto” museale. Certo le criticità, come mostra Leopardi, non mancano. Si dovrebbe riadattare la gov-ernance del museo per renderla più rapida e coerente con gli obiettivi; inoltre, si dovrebbero ottenere i riferimenti normativi che attualmente mancano. Infine se un direttore di un museo volesse, ad esempio, avviare una strategia di fund-raising diret-ta, senza enti intermediari, non potrebbe farlo agevolmente in quanto non esistono ad oggi strumenti legali operativi che definiscano quali procedure avviare, con quali figure professionali ed entro quali limiti.

L’esperienza di visita nei museiparte dai social media 2.2.2

Nicolette Mandarano - Docente Università Roma Tre e La Sapienza

I musei dovrebbero parlare anche on-line. Lo spiega la Dott.ssa Nicolette Mandarano, nell’intervento “Ti lascio un feedback. Musei e pubblico in rete” dedicato alle forme di interazione online fra i musei e il loro pubblico. La studiosa mostra come una sempre più larga fetta di persone pianifichi le proprie visite utilizzando i social media. Anzi, un’analisi di siti come il ben noto Tripadvisor (www.tripadvisor.it), piattaforma per eccellenza nell’ambito dei viaggi, fornisce a un direttore di museo preziose informazioni su quello che i visitatori dicono in merito alla struttura da egli gestita. Ascoltare queste "conversazioni" fornirebbe preziose notizie sui punti deboli e forti del museo, mentre parteciparvi attivamente creerebbe un canale diretto con il proprio pubblico. Ma la realtà è affatto diversa, almeno per quanto riguarda i musei romani. Innanzitutto, da un’analisi dei casi di studio quali ad esempio, quello di Palazzo Valentini e della Galleria Borghese, emerge una prima differenza tra i pubblici: non per forza italiani e stranieri desiderano la stessa cosa. Se gli italiani sono più attratti dalla divulgazione, per gli stranieri è più importante avere la possibilità di comprendere i reperti del museo. Ma il problema è un altro: molti musei, anche di una certa importanza, non sono dotati di una reale e definita pianificazione della comunicazione on-line e non gestiscono la propria presenza sulla rete. La presenza sulla rete di un’istituzione culturale dovrebbe invece essere attiva, ben identificata e favorire l’interazione, come mostra la Dott.ssa Mandarano: sarebbe ad esempio opportuno “fare rete” con altri musei, rispondere ai messaggi lasciati dai visitatori ed utenti, in altre parole, mostrare il volto umano dell’istituzione stessa. È questa una delle strade da percorrere per porre le basi di un’esperienza di visita ricca, significativa e ripetuta nel tempo.

Promuovere il MAME attraverso i social media 2.2.3

Milena Stacca - Archeologa e collaboratrice del MAMEAlba Casaramona - Soprintendenza per il Colosseo, il Museo Nazionale Romano, l’Area Archeologica di Roma e collaboratrice del MAME

Come emerge nell’intervento “Dal Museo Nazionale dell’Alto Medioevo al MAME. Comunicare attraverso i social network”, la redazione di una pagina pubblica sulla piattaforma Facebook e del profilo Twitter, curati da Alba Casaramona e Milena Stacca con la collaborazione di Giacomo Alessandro e grazie alla volontà e al suppor-to del direttore del museo Mirella Serlorenzi, hanno rappresentato, in assenza di un sito web dedicato, un canale privilegiato per fornire informazioni sull’istituzione e per costruire un rapporto più immediato con i visitatori reali e potenziali del museo. Attraverso i profili social del museo sono state gettate le basi per una nuova identità “virtuale” del MAME, che ha portato ad avere circa 7000 “like” su Facebook e quasi 3000 “followers” su Twitter. Si è partiti dalla creazione di un logo, simbolo di una nuova identità per il MAME e sono state avviate una serie di iniziative, sia on-line che off-line, tese a valorizzare le collezioni del museo. La partecipazione su Twitter alle due edizioni della “Museum Week” ha fatto da cassa di risonanza mediatica e ha contribuito, a livello nazionale, a creare un network tra i musei attivi sui social. Pur nei limiti delle risorse disponibili si è cercato di pianificare una strategia social per ampliare il bacino di utenza. Sono stati privilegiati i contenuti visivi, l’autenticità di tono, i testi brevi, le risposte veloci e soprattutto i reperti visti da prospettive inedite, per trasformare il MAME in un “museo partecipato”. Le autrici auspicano tuttavia che, in un più ampio quadro di pianificazione a lungo ter-mine di iniziative culturali, i profili social del MAME possano divenire un veicolo per raccontare nuove storie che abbiano il museo come protagonista.

Il progetto “Opustory”per la valorizzazione dell’Opus Sectile diPorta Marina 2.2.4

Salvatore Chiarenza, Daniele Mittica, Eva Lupo - Team Opustory

L’ultimo intervento della giornata è stato caratterizzato dalla presentazione del pro-getto “Opustory” da parte di chi lo ha ideato. Il team ricostruisce le diverse fasi che lo hanno portato alla scelta del Museo Nazionale dell’Alto Medioevo e a concentrarsi sull’Opus Sectile di Porta Marina. Partendo da un’analisi del contesto, dei punti critici e forti, delle minacce e delle opportunità, ma anche tenendo presenti alcune delle conversazioni on-line che riguardano il MAME (es. giudizi su Tripadvisor, ecc.), il team ha definito dapprima i temi sui quali sarebbe stato necessario intervenire. La fase successiva è stata quella di definire le applicazioni e i contenuti su cui con-centrarsi. Fatti i dovuti sopralluoghi al museo e al Sito Archeologico di Ostia Antica, si è cercato di proporre una soluzione capace di soddisfare tutte le esigenze del visita-tore e di comunicare al meglio il Museo. Attraverso una presentazione animata, il team ha illustrato e giustificato le proprie scelte progettuali, mostrando anche contenuti multimediali capaci di veicolare al meglio la vision del progetto. L’intervento si è concluso con un video che ha presenta-to i retroscena della composizione del progetto.

“Sectilius”, il character del progetto(dis. A. Vadalà)

Alcuni dei concept delle applicazioni presentate

Touchscreen nella zona d’ingresso alla sala dell’Opus Sectile

Percorso tattile

Proiezione spettacolare di una scena ambientata in antico nella sala della domus

Touchscreen con applicazione ludico-educativa(”marble-puzzle”)

Applicazione di interazione naturaleper visita virtuale della domus

Dibattito e conclusioni 3.0Durante la sessione mattutina, l’intervento di Francesco Antinucci ha generato da parte di un membro del pubblico un quesito rispetto a quale fosse il rapporto fra le applicazioni multimediali e l’interazione delle guide tradizionali (umane). Antinucci sottolinea come, in base alle ricerche sul campo, non è importante chi o cosa presenti le informazioni ma in quale modo: alla forma narrativa è ancora una volta opposta la forma descrittiva. Se una guida o un’audioguida si limitano ad usare una forma descrittiva, come purtroppo accade spesso, il visitatore ricorderà molto meno quello che ha sentito. Antinucci precisa che l’interazione con le applicazioni multimediali va sempre testata sul campo e calibrata sulle caratteristiche del pubbli-co usuale del museo. Stessa cosa vale, aggiunge il Dott. Palombini, anche per la cosiddetta “interazione naturale” che, sebbene non faccia uso di strumenti di inter-mediazione, ha bisogno di un periodo di "addestramento". Infatti chi si trova a utiliz-zare questo tipo di interfacce basate sui gesti, deve spesso sfidare l’imbarazzo di doversi muovere in un contesto in cui si trova spesso circondato da sconosciuti, con il risultato che potrebbe rinunciare a interagire con l’applicazione pur di non doversi esporre.Alla fine della sessione pomeridiana, l’esposizione del progetto Opustory ha destato curiosità e suscitato domande. Si segnalano gli interventi di Mirella Serlorenzi, che ha ribadito come nei progetti come Opustory si debba tenere sempre in mente come la tecnologia sia un mezzo e mai un fine: questa non deve in nessun caso oscurare le collezioni del museo ma permettere al visitatore di scegliere cosa guardare; Nicolette Mandarano si è interrogata sulla mancanza di un’applicazione mobile, mancanza dovuta, secondo i membri del team, a motivi di ordine tecnico, economico e burocra-tico; Eva Pietroni, ricercatrice del CNR ITABC, è intervenuta sulla domanda di Nico-lette Mandarano sottolineando come l’esperienza museale sia basata su numerosi livelli di approfondimento e non si possa affidare tutto il lavoro di informazione alla tecnologia di cui ognuno dispone, ma come sia importante fornire diversi livelli di “lettura” grazie alle tecnologie all’interno del museo. Molto spesso infatti, sostiene Eva Pietroni, problemi strutturali, come la mancanza di connessione wi-fi, non per-mettono lo sviluppo e la messa in opera di applicazioni di questo tipo. La Dott.ssa Leopardi è intervenuta chiedendo quali strategie di fund-raising fossero state previste e il team Opustory ha sottolineato come una parte del progetto avrebbe dovuto essere finanziata mediante l’impiego di piattaforme online di crowd-funding già accreditate come, ad esempio, Eppela (www.eppela.com).

[segue oltre]

Dibattito e conclusioni 3.0Davanti alla richiesta di Alfiero Brizi, co-founder della startup Arsity (www.arsity.com), che verteva sull’uso di applicazioni partecipative all’interno del museo nell’ambito del progetto Opustory, il team ha sottolineato come ad oggi non siano state previste delle reali “soluzioni partecipative”, anche se non si esclude che in futuro potrebbero svilupparsi attività correlate e volte a questo tipo di obiettivo. Di grande interesse sono poi stati gli interventi di Fabio Pagano, funzionario del MIBACT che, in riferi-mento alla sua esperienza di Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Cividale del Friuli (UD), uno dei tanti piccoli musei italiani, ha sottolineato l’importanza dell’in-serimento di una figura come quella del social media manager all’interno dei musei.Conclude la sessione di approfondimento e la Giornata di Studio, Mirella Serlorenzi, ricordando come una eccessiva presenza tecnologica non sia sempre sinonimo di qualità ma è sempre necessario alternare le diverse forme espositive e creare un effetto a sorpresa coinvolgente. La curiosità del visitatore deve essere dunque con-tinuamente stimolata, equilibrando elementi diversi che catturino la sua attenzione. Nel corso della giornata di studio è stato dunque possibile discutere su alcune tematiche centrali per la definizione di una strategia di valorizzazione dei piccoli musei, che possono essere riassunte in una serie di punti chiave:

1. In primo luogo l’importanza di quella che si potrebbe definire “l’usabilità del museo”: per svolgere pienamente la sua funzione culturale un museo deve essere “cucito addosso” al visitatore, alle sue capacità cognitive e ai suoi bisogni. 2. L’utilità delle applicazioni multimediali, purché fungano da mezzo e non da fine: la tecnologia può venire infatti in aiuto nel creare un’esperienza di visita entusiasmante e fruttuosa. Tuttavia è necessario tenere presente che essa è un mezzo di comunica-zione dei contenuti e non il fine stesso dell’esistenza del museo.3. L’importanza dei social media: l’esperienza di visita spesso comincia sui social media e un loro utilizzo attivo all’interno del museo non può che favorirne il buon fun-zionamento, contribuendo a creare un rapporto diretto e umano con il suo pubblico.4. Il museo deve dotarsi di un’identità: per agire bene sui social network il museo deve adottare una strategia di comunicazione ben pianificata che gli permetta di costruirsi un’identità e di agire come soggetto collettivo, rappresentando così un interlocutore per la società. 5. Il fund-raising come mezzo di sostenibilità. Una volta che il museo sa come rivol-gersi al proprio pubblico e come coinvolgerlo, esso può pensare a costruire strategie di fund-raising che potrebbero renderlo indipendente da finanziamenti istituzionali e gli permetterebbero di portare avanti sia le attività permanenti che quelle tempora-nee.

Uno sguardo verso il futuro: qualii possibili sviluppi legato al progetto Opustory? 4.0

Nel complesso, la Giornata di Studio ha visto un’ottima risposta da parte del pubblico presente. Si è registrata inoltre un’attiva partecipazione on-line, e nello speficico sugli account Facebook e Twitter dell’evento. In dettaglio, sull’account Twitter di Opustory sono state registrate più di 2100 visualizzazioni solamente il giorno dell’evento, mentre la pagina Facebook ha raggiunto in poco più di un mese il numero di 222 “like”.

Facebook insights: grafico con la crescita dei “like” dall’avvio della pagina

Facebook insights: grafico con i tipi di postvisualizzati e la media del coinvolgimento

degli stessi da parte degli utenti

Twitter analytics: riepilogo generale del profilo degli ultimi 28 giorni

Twitter analytics: tweet più popolare pubbicato sul profilo ufficiale

Twitter analytics: riepilogo generale del profilo nel periodo di Giugno

4.0La Giornata di Studio ha permesso inoltre al team Opustory di ricevere un primo feed-back sulle scelte progettuali da parte di un pubblico di addetti alla comunicazione e valorizzazione museale. Questo inoltre ha generato una discussione rispetto all’elaborazione di una strategia di comunicazione on-line sui canali social (Facebook e Twitter in particolare) con l’obiettivo di diffondere ulteriormente il progetto, il back-stage ed il work in progress. L’esperienza del team Opustory, che ha lavorato ad un concept inerente una forma di “integrazione multimediale” dell’attuale allestimento museale della sala dell’Opus Sectile di Porta Marina, ha portato all’elaborazione di una proposta di riqualificazione del percorso di visita degli spazi presi in esame; parallelamente sono state ipotizzate possibili strategie di finanziamento (crowd-funding), nell’ottica di una “sostenibilità” parziale e/o totale del progetto medesimo. Sarebbe interessante allo stesso modo portare avanti una serie di iniziative che con-sentano di mantenere vivo il rapporto con il pubblico, ad esempio attraverso la crea-zione di un blog dedicato al panorama delle applicazioni multimediali per la cultura e la valorizzazione museale, o ancora attraverso la progettazione di laboratori tematici da svolgersi presso gli istituti scolastici. Tali interventi non possono essere a loro volta slegati da un progetto culturale più ampio e da un ripensamento globale di tutto il museo che dovrà essere necessaria-mente svolto in collaborazione e sinergia con il Ministero e la direzione del museo.La Giornata di Studio ha potuto dimostrare come l’interesse e il dibattito nel panora-ma culturale sia quanto mai vivo e acceso, confermato dalla buona riuscita di questo evento nel quale i diversi “attori” coinvolti (le professionalità del Polo Museale, del MAME, nonchè i diversi relatori) si sono potuti confrontare in modo ampiamente positivo e costruttivo.In ultima analisi, la folta presenza del pubblico partecipante, molto gradita dagli stessi organizzatori e coordinatori dell’evento, ha dato ulteriore prova di quanto l’in-teresse per questi temi, possa fungere da elemento trainante per la realizzazione, si auspica in un prossimo futuro, di sempre nuovi e diversificati progetti di promozione e valorizzazione nel settore dei Beni Culturali nel nostro paese.

Uno sguardo verso il futuro: qualii possibili sviluppi legato al progetto Opustory?

Immagini della giornata di studio

credits: CNR ITABC

Musei minori, narrazione e multimedialità:Progetto Opustory

REPORT DELLA GIORNATA DI STUDIO

24 Giugno 2015Sala dell’Opus Sectile

Museo dell’Alto MedioevoRoma

PUSTORYO

Salvatore Chiarenza ([email protected])Carla Ingrasciotta ([email protected])

Eva Lupo ([email protected])Daniele Mittica ([email protected])

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