musica per le foreste - studio homo radix · non è lanciato in aria dal becco di un rondone in...

49
TIZIANO FRATUS MUSICA PER LE FORESTE Poesie in forma di seme

Upload: duongtruc

Post on 01-Jul-2018

213 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

TIZIANO FRATUS

MUSICA PER LE FORESTE

Poesie in forma di seme

Questo luogo e io, anche se lontani,

abbiamo perso le foglie insieme, anno dopo anno

Czeslaw Milosz

Signore, loro non sanno che noi siamo

ciò che siamo in grado di essere

curando le nostre ferite con erbe

raccolte sui pendii verdeggianti,

questi pendii vicino, non altri

George Seferis

Primo seme

Il seme di Dio

Il seme cade nella terra,

si muove quando ancora

non è niente, genera la vita

che non c’è. Dio l’ha inventato

perché non è riuscito a farsi albero,

troppi impegni per radicarsi sottoforma

di pietra.

Il seme è Dio che

non sa restare immobile

Secondo seme

Il seme del tuono

Mentre

le tempeste

bussano alle porte della città

tu mi lavi i piedi in un catino di lacrime.

Le hai versate in una settimana di penitenza,

mentre ero in viaggio all’estero.

Mi manchi ripetevi al telefono.

E piangevi. Io restavo in silenzio,

come un passero che ha perso il nido,

indeciso se scomparire dal mondo

o se tornare di corsa, mandando tutto

al diavolo. Ti sentivo ripulire le lacrime,

la stoffa che sfrega sulla faccia, le labbra

che si asciugano sembrano ventose

che si staccano da un vetro.

Ora piangi di nuovo, perché siamo qui,

insieme, tagliati dai lampi che rompono

il buio nel quale ti piace affogare la casa.

Sento la tua lingua, il tuo calore.

Guardandoti meglio

rivedo il volto

di mia madre,

che sta lì

a fissarmi,

come a

rimpro

ve

ra

re

questa

silente

quiete

Terzo seme

Il seme del cammino degli alberi-elefante

Diceva

un saggio

che parlava

molto lentamente:

Gli elefanti sono alberi che camminano.

Ho chiuso gli occhi e visto la savana polverosa,

i grandi baobab che sono stati tombe di re prima

di diventare uffici postali per gli inglesi. Ho sentito

la loro voce crescere dal sottosuolo,

sbocciare fra le mani,

diventare un cuore

rosso di speranza

Quarto seme

Il seme del pastore

Sedevi a lato strada, le capre di vario colore sparse

come semi lungo la strada, ci siamo dovuti fermare,

studiando le corna una ad una per non investirle.

Ci hai guardato dietro i tuoi occhi di scorzadura,

due lune nere piantate lì da prima della crisi,

prima di Karamanlis e dei gemelli-dittatori,

prima di Minosse, di Giasone e Achille.

Che fossimo in un’autovettura

a quattro ruote

o in un calesse trainato da un cavallo bianco

era lo stesso fastidio. Mi piacerebbe sedermi

lì e chiederti quali sono i tuoi sogni, i sogni credo

di un ragazzo che è pastore, di un’anima grande

come una capocchia di mondo

Quinto seme

Il seme dell’appagamento

Tu che calpesti la terra

col tuo peso seminando dubbi e misteri,

domande senza risposta, critiche incendiarie,

hai mai assaggiato il seme dell’appagamento?

Non cresce sulle fronde più alte, non matura nei frutti

sui rami, non è dipinto dai poeti che attraversano

la campagna con la sola scarpa sinistra. Non è

levigato dalle mani ruvide dei minusieri in

un ciocco di noce,

non è lanciato in aria dal becco

di un rondone in arrivo dalle terre d’oltremare.

Non devi guardare

lontano, oltre i confini, oltre le paranoie che allevi

tenendole a bada con funi robuste e hai paura di lasciar andare.

Socchiudi gli occhi, ascolta quel mare che soffia dentro,

alza le mani della mente,

il seme dell’appagamento fiorisce nel tuo silenzio:

è un colpo di spugna, è una grammatica minimale,

è uno schiocco di labbra.

Apri le ali e vola via: i semi sono figli legittimi degli angeli

Sesto seme

Semenzaio

Il seme del giorno e il seme della notte,

il seme della nebbia e il seme del sole,

il seme del canto e il seme della memoria,

il seme del salto e il seme della misura,

il seme della fantasia e il seme della rabbia,

il seme della volontà e il seme della musica,

il seme del ricatto e il seme dell’orgoglio,

il seme del colore bianco e il seme senza colore,

il seme della vita e il seme dell’oblio,

il seme della gentilezza e il seme dell’amore,

il seme del pentimento e il seme del perdono,

il seme del potere e il seme del fulgore,

il seme della catastrofe e il seme del bosco,

il seme di tutti i semi si trova nelle mani di coloro

che sanno vivere senza limiti, senza barriere,

bocche pronte a tutto, come di bambino

Settimo seme

I tuoi semi sparsi

Ho raccolto coi denti

i tuoi semi sparsi sul e dentro

il ventre, li ho contati uno ad uno,

posandoli in fila indiana. La tua terra è dissepolta,

il tuo campo spaccato come da sole rovente, affondato da una ragnatela

di ombre. Sono il ragno del tuo tempo, ti aspetto in silenzio,

in un angolo, la mia chiesa percepisce

anche il più flebile dei venti

Ottavo seme

Il seme d’oro

Spezzi il pane

orante del giorno,

circondato dagli spiriti

gentili che di luce ti hanno vestita,

con le loro parole, un gesto, una minima

attenzione, una carezza al volto,

un soffio vibrato nei capelli,

un desiderio inespresso

che ha lasciato

un’impronta

sulla pelle

Nono seme

Il seme del pensiero

Santa Lucia divina madre della Luce

ricordati nelle tue litanie

dei disegnatori

di radici

come noi, abbi pietà

delle nostre anime in legno,

riscalda il seme che pulsa al posto

del cuore, noi siamo null’altro che un pensiero

di nascita e rinascita. La mente dell’umanità non dorme mai

Decimo seme

Il seme dell’odio

O seme dell’odio che sei entrato

dagli occhi e ora circoli accelerato e affocato

nel sangue ustionando organi e seminando scompiglio

nella valle delle comodità, placa la tua furia molesta, la tua voglia

di distruzione libera, quella fame di buriasca, quella forza diavolesca che vorrebbe

ardere ogni mondo e ogni spazio, ogni Dio spoglio d’autunno e ogni chiesa sepolta dalla neve.

Sole dei soli, Luna inversa, Giove poderoso e Saturno in collisione, precipita

in questo mio centro boschivo, fatti radice che riposa sotto la terra,

concentra gli zuccheri, preparati alla nuova stagione,

sarà una primavera gioiosa con fiori che pendono

dai monti, gli orsi torneranno a danzare,

i lupi e le volpi si sposeranno

arruffando il pelo,

e gli uomini,

quei pochi

rimasti,

ti adoreranno per il tuo splendore cieco, come si fa ad una statua vivente, iniziare

un nuovo tempo può rivelarsi più gratificante che distruggere per il puro gusto

di fiammeggiare. L’espressionismo non è l’unica via da percorrere su un palcoscenico

Undicesimo seme

Il seme che cancella ogni deserto

Le tue mani di padre scelgono le ghiande, le studiano e le scartano

con un gesto da minatore. Un meridiano si apre come un lampo sulla guancia,

pulsa come una ferita da taglio, uno sgherro impresso dalla vendetta.

Il vino scorre lucido in fondo agli occhi. La tua pietà si chiama

solitudine, tua moglie sfinisce l’aria del tramonto

con il richiamo antico degli indiani.

Domani pianterai

una foresta

dove riposa

il deserto

Dodicesimo seme

La legge dell’amore universale fra i semi

Ogni seme sa che odiare è tempo perso.

È un sacrilegio odiare un altro seme

o un pezzo di terra o un filo d’erba

perché non corrisponde alle antiche

misure auree, è come odiare la terra

perché ruota su se stessa,

perché gira intorno al sole,

o i grilli perché cantano

per farsi aria

Tredicesimo seme

I semi della democrazia

Scarseggiano i semi tondi della democrazia,

marciscono facilmente, si lasciano divorare dalle bocche

di tenebra, basse difese e facilità d’ibridazione.

Il contadino va la domenica mattina in chiesa

a pregare la Madonna del Sacro Raccolto,

non avendo denari lascia monete di fango

ai piedi, o dobloni intagliati

in un ciocco di pioppo.

Tornerò a scambiarli

quando il raccolto

sarà maturo,

promette con la mano

sul cuore, impegno l’anima dei miei figli.

Come ogni parto della terra il contadino sa che la pace

è meglio della guerra, non si va al fronte a farsi massacrare,

si può continuare a faticare sotto un cappello di paglia

Quattordicesimo seme

Senza semi

Cos’è una campagna senza semi?

Cos’è una città senza semi?

Cos’è un mare senza semi?

Cos’è un cielo senza semi?

Spazio profondo, un viaggio

senza destinazione,

una nota senz’aria

Quindicesimo seme

Semi alati

Anche ai semi piace volare

poco prima che la sera si componga

in un rituale al cianuro:

corvi o gazze,

nocciolaie

o passeri,

cinciallegre

o coturnici,

l’esercito

dei traghettatori

si dissemina a ventaglio.

Mangiami sussurrano mangiami,

portami ai freschi, prima che una ruota

mi sfasci, prima che uno scarpone mi sfaldi.

Portami lontano, fammi vedere il mondo degli emigrati,

espatriami. I semi non hanno obbligo di firma, come

i gatti abitano più case nella stessa vita

Sedicesimo seme

I semi dei giorni dispari e i semi dei giorni pari

Lunedì, mercoledì, venerdì e domenica.

I semi sbocciati nei giorni dispari conoscono

la grammatica della gentilezza, sono affabili,

più educati dei semi nati nei giorni pari,

in minoranza perenne, tre a quattro,

risultato a sfavore. Guerriglia vietcong,

ordigni inaspettati, ponti che crollano,

aerei schiantati contro alberi di pesco,

formicai arsi e orti tempestati

da legioni corsare di talpe nere.

I semi fioriti nei giorni dispari

manifestano la calma eterea

degli arcangeli, sanno che la storia

è dalla loro parte, pazientano,

non replicano, attendono condizioni

favorevoli, prima di darsi da fare

e innalzare un nuovo strato

di verdi colonnari.

Mai perdere

la fiducia

in un giorno

migliore

Diciassettesimo seme

Il seme d’una casa

Dove cresce il seme d’una casa?

Nella testa dell’architetto?

Nelle braccia degli operai?

Nelle caviglie di chi la abita?

Nelle pupille di chi la ammira?

Geografi e scienziati ne discutono

da decenni, divisi in fazioni che talvolta

si fanno violente, ne abbattono

di continuo, per sezionare

travi e capitelli, balconi e cantine.

La soluzione parrebbe

lontana

dal presentarsi

Diciottesimo seme

Facile rima con semi

Non c’è

riposo per i semi

del perdono, non c’è

sollievo per i tuoni

dell’astioso

Diciannovesimo seme

Semi velenosi

I semi velenosi sono macchine da corsa,

scocche lucenti, rotolano distanti, non hanno tempo

da perdere. Si camuffano all’occorrenza in sassi e caramelle,

ricolorano, annebbiano e ipnotizzano.

Li puoi scambiare per perle e farne

girocolli, utilissimi in caso

di amanti invadenti,

d’avvocati insistenti

o politici possessivi

Ma:

non si pescano

in mare

Ventesimo seme

I semi del taglio

I semi del taglio si sbucciano

con le unghie, sono rasoi

pittati di malinconia,

nel bene e nel male

facilitano l’intelligenza,

aumentano le abilità selettive,

ne sono dipendenti giocatori

di scacchi, macellai e toreadores.

Erano banditi al tempo

della guerra, servivano

agli ufficiali al fronte,

i soldati li ricevevano

per lettera dalle mogli

e dalle madri. Un taglio

al giorno toglie

il medico

di torno

Ventunesimo seme

Il seme del disordine

I semi del disordine assomigliano

a rondelle di ninja ma alate. Ruotano in

senso contrario. Si cuociono alla brace, come

le caldarroste. Mangiandoli i capelli si annodano,

i settentrioni si confondono coi meridioni, la mano destra

con la sinistra.

Sono semi da terrazzo

Ventiduesimo seme

Il seme dell’amore animale

Il seme dell’amore è rosso come il cuore d’un passero,

va spezzato e polverizzato, sciolto in acqua

e bevuto nel ghiaccio. Facile da acquistare,

facile da assumere ma difficile da evitare.

Popolare fra i ragazzi il sabato sera,

tipica pasticca naturale da discoteca.

Dimenticato in coloro che superano

i trent’anni. Chi ne ha esperienza

sa che l’amore è uno scoppio,

è un lampo che ti abbaglia,

la fatica viene dopo, la carta di identità

si appesantisce, le unghie si allungano,

i piedi si atterrano. Ciò che è facile non è mai salutare

Ventitreesimo seme

Il paradosso del Dio dei Semi

I semi sono valigie

piene

di

pensieri

Ventiquattresimo seme

Ogni seme ha dentro un viaggio

I semi sono viaggi che hanno la meta

pronta in partenza: ti puoi mettere

comodo, è come andare a scuola

con teletrasporto

Venticinquesimo seme

I semi di passiflora

Imboccare un seme di passiflora assicura lunga vita ai penitenti:

i vostri peccati non saranno mendati ma le vostre pene

saranno alleviate, così recita il saggio della montagna,

dopo quaranta giorni di meditazione.

Qualche problema si presenta

al risveglio, quando le lenzuola

sono invase da nuove piante,

foglie a forma di cuore,

liane che nel sonno

hanno strangolato

il portatore

dei peccati. La giustizia

è una funzione a sommatoria

zero

Ventiseiesimo seme

Il seme caro a Icaro

Il seme del volo era caro a Icaro,

figlio di Dedalo e di tutte le complicazioni

della civiltà minoica. Offusca la cautela,

accelera i battiti e rende impazienti,

potenzia l’autostima e galvanizza il gusto

estetico per le camicie californiane.

Fa danzare anche se in coda

al supermercato.

Non a caso è compagno d’avventura di spericolati

che carambolano con gli sci giù da montagne ghiacciate,

abitanti di tute alari e campioni d’arrampicata libera.

E’ il seme giusto di coloro che cercano

il rischio ad ogni costo

Ventisettesimo seme

Il seme bianco

Ragazze che sparano bolle di sapone mentre ballano.

Tatuatori che incidono versi di Baudelaire su schiene sudate.

Lingue che succhiano avidamente tutto l’amore che la vita sa spremere.

Il seme bianco spalanca le porte del paradiso,

sono porte a schiocco, uniscono i mondi,

fanno della creta una storia da modellare

su misura, respiro

dopo

respiro

Ventottesimo seme

Semi d’acqua

Il seme dell’acqua

si scioglie al primo sguardo,

non c’è bisogno di toccarlo, di schiacciarlo

o di fissarlo a lungo.

La forza

del pensiero

non serve

a nulla.

E’ sufficiente

un lampo

riflesso

e lo stato

solido

lascia

spazio

al mare

d’acqua

dolce

Ventinovesimo seme

Semi in bianco e nero

I semi in bianco e nero

sono composti di triacetato,

come la pellicola dei vecchi film

americani, di un Mamma Roma,

di un Paisà, di un Ladri di biciclette.

Ne vanno ghiotti i corvi neri,

intellettuali di sinistra,

dei bei tempi anteriori a

Palmiro Togliatti.

Materia organica

infiammabile

Trentesimo seme

Semi che hanno salvato il mondo

I semi

sono barche

oceaniche che viaggiano

senza bandiera, solcano le distanze

senza contare lo scorrere del tempo,

fecondano altri continenti,

aprono le stanze segrete

dell’immaginazione.

Noè salvò gli

animali e l’umanità

su una noce

di cocco

Trentunesimo seme

I semi dei poeti

Dei semi dei poeti non ne esiste

uno uguale agli altri, talvolta

crescono sotto i castagni,

talvolta sotto i pini,

altre volte in orti abbandonati.

Anche le forme mutano, da seme

a seme. Non serve ingurgitarli

per iniziare a comporre versi:

quella è una malattia venerea,

lo hanno scoperto i russi

viaggiando nello spazio.

Nessuno ricorda

l’origine

del

nome

Trentaduesimo seme

Il seme del giorno dopo

Il seme del giorno dopo è una finestra che si apre sul mare,

un vento pieno di vene che si battezza nel profumo agrodolce

d’un limone appena schiacciato con le dita.

La verità sta nelle cose non dette

che non hanno bisogno

di essere dette

o notate

Trentatreesimo seme

Il seme del sospetto

Il seme del sospetto

ha le facce tutte uguali,

non si distingue il sopra

dal sotto, l’oriente dall’occidente.

Cresce nel deserto o fra i sassi, non dà

garanzia di annualità. Può restare inattivo per anni,

far spuntare nuove chiese ortodosse,

rinascere o tacere per decenni.

Non muore mai.

Anche il più piccolo

pregiudizio è una

montagna

da scalare

Trentaquattresimo seme

I semi del piombo

I semi

del piombo

sono sferici e si

adattano al caricatore d’una

calibro 38. Maturano nei campi

ad alto contenuto metallifero, fra maggio

e giugno. Basta sbucciarli, inserirli,

puntare e fare fuoco. I poliziotti

sanno per esperienza che farsi

sparare addosso non è quel

che si potrebbe definire

un’attività salutare

Trentacinquesimo seme

Semi dei ricordi di bambino

Semi

a sbuffo che il vento

solleva e trascina lontano, oltre i tetti delle fattorie.

Certe mattine all’alba sembra che nevichi col sole.

Campi rigati fino al confine sul fiume.

Torri d’acquedotto e sotto occhi

a mosaico e mani a ragnatela.

Porte scheggiate e culle in legno che dondolano.

La musica delle betulle che frusciano e oscillano.

I gatti giocano all’invisibilità

Trentaseiesimo seme

Il seme detto del “Big Bang”

Qualsiasi scrittore

che viva sufficientemente

a lungo sulla superfice terrestre,

prima o poi, vorrebbe esplodere come

una supernova. Che tutti, ma

proprio tutti dissetassero

la sete di conoscenza

nella sua sorgente,

come animali

d’un bosco

Trentasettesimo seme

Il seme del bacio

Porta la forma

uncinata di un ago da pesca,

e punge in cima il dito di chi ci gioca.

Gli innamorati se lo scambiano a San Valentino,

da bocca a bocca, pronti anche alla più severa delle

punizioni corporali. Anzi: desiderandola. A turno lunghe

e spinose liane fluttueranno dai polsi e dalle caviglie,

si legheranno obbligando gli amanti a baciarsi

per ore ed ore, appassionatamente e

alfine spossatamente.

Ancora e poi

ancora

Trentottesimo seme

I semi dell’estate

Fioriscono sulla pelle

e si raccolgono con le labbra.

Dolci e leggeri, si sciolgono in bocca

come bacche di corbezzolo mature, a novembre.

Una canzone dei Dire Straits, le corde della chitarra

si allungano in un deserto schiacciato dalla canicola. Un

gatto che anno dopo anno invecchia sulle tue ginocchia.

Una partita di calcio al campetto dietro il cimitero,

sudati, stremati, a petto nudo, fermi sul 3 a 3.

In estate la felicità è un gioco

svelto di mani

Trentanovesimo seme

Il seme della fatica

Preghi

per non sentirti solo,

come un filo d’erba che cigola

al soffio del vento o per l’arrivo d’una nuvola.

La voce completa quel tu,

scritto è così piccolo, minuscolo,

quasi pronto a scomparire, a farsi bianco

sotto una coltre

di neve.

Il mare scorre dentro,

è una marea in disordine,

ne percepisci l’odore

di cera. Il silenzio

costa

fa

ti

ca

Quarantesimo seme

Il seme d’un pensiero notturno

Il

respiro

della montagna

cala sopra la casa,

le tende scosse in dentro:

nuda davanti allo specchio, i

capelli dipinti sulle spalle, gambe dritte,

si massaggia i seni lentamente, prima a occhi

spalancati, poi li socchiude. Aveva visto

un seno così largo soltanto indosso

a sua madre, che di figli ne aveva

sfornati sette, non due.

La rivede ora

sul petto,

due

misure

superiori alla

ragazza che è stata.

Il sudore solca il ventre, si

piace di più da quando s’è fatta

donna. A quest’ora della notte ama

il gusto del latte tiepido. Sorride pensando

a cosa avrebbe pensato il marito,

vedendola fare quel che lui

segretamente sognava

di fare

Quarantunesimo seme

Seme del tenersi per mano

Vorrei

io tenerti

soltanto per mano,

senza dire nulla, io

& te, noi due ora, in un

eterno presente storico senza

bisogno di scorte di cibo,

collezioni di stampe rare

o di stanze d’ossigeno.

Il nutrimento sta nei nostri

occhi ti avrei detto, io,

tenendo la tua mano

nella mia. Ti avrei

sorriso, soltanto

sorriso, io

a te

Quarantaduesimo seme

Il seme dell’amicizia

Non dovrei bere

con gli amici per

non distogliere il

cammino verso

l’illuminazione.

È segnato dritto

davanti a me: passa

in quella grotta, devia

nella foresta di abeti,

folgora negli occhi

neri del cervo e in

quelli grigi della

volpe. Ma come

si fa: vi voglio

troppo bene

Quarantatreesimo seme

Il seme dei vent’anni

Guardi nella luce

impreziosita del pomeriggio

inoltrato la stessa stanza che avevi

odiato a vent’anni, oggi che di anni ne hai

maturato il doppio. C’è

un buco nel mezzo, dentro di te. E’ largo su per giù

proprio vent’anni. Guardi il letto, guardi la sveglia col gallo

meccanico, guardi l’armadio con i fiori dorati dalle dita di tua

madre, guardi le tende che sprofondano oltre le steppe. Ma

è poi questa la tua vera vita? Non ne esisterà un’altra

che non percepisci, altrove? Magari in un’altra

città, lontano, un altro te stesso che vive e si

diverte e ha i figli che tu qui non hai saputo

generare, lavora con profitto e abita una

stanza simile? Poi fiorisce nella luce

quella domanda che hai timore di

proferire, talvolta basta tacere:

ci saranno ancora altri

vent’anni da

superare?

Quarantaquattresimo seme

Il seme dell’età promettente

Non c’è

poi molto

di cui sorprendersi:

la vita che resta è

la più promettente

Quarantacinquesimo seme

Il seme della notte

Che il buio continui

a partorire nelle ombre

degli alberi

Quarantaseiesimo seme

Il seme degli Dei del vento

Vi

addormenterete

fra le carezze degli Dei

del vento, placidi come gondole

nelle tiepide acque notturne che invadono

Venezia. Le loro mani vi stringeranno, le loro

labbra vi sorrideranno, le loro immaginazioni vi

scombussoleranno, le loro incertezze

vi accompagneranno nelle ore

della buonanotte. Voi

sarete tutti illuminati,

sarete la pienezza

del mondo senza

bisogno di

spendere

u n a

sola

par

ol

a

Quarantasettesimo seme

Il seme del ritorno

Tutti

ricordano il ritorno

delle libellule. Hanno ricominciato

a saettare negli orti e nei giardini, a seguire

i bambini che tornavano a casa da scuola, lungo

i sentieri sterrati delle frazioni lontane dal centro. Si

posavano sulle spalle dei fedeli usciti dalla Santa Messa,

riposavano il volo soffiato sulle tombe dei defunti al cimitero,

sotto lo sguardo divertito delle vedove, riparate da scialli scuri, lisciando

i capelli imbiancati dal tempo che avevano seminato alle loro spalle.

Nessuno ricordava quando se n’erano andate, il giorno o l’anno.

Guarda quei riflessi bluastri! E g-guarda quelle ali rosse!

E’ una festa, una festa del popolo, senza santi.

Curioso come il desiderio operi

quando si smette di nutrirlo