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N N A A P P O O L L O O G G I I A A Periodico internettiano gratuito su Napoli antica e moderna Nr. 1 www.napologia.net Luglio 2007

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NAPOLOGIA NUMERO UNO napologia.net nr.1/07 “Attenzio’ (bum)… Battaglio’ (bum)… E’ asciuto pazzo ‘o padrone’! (bum, bum, bum). Ogge: sette luglio doimilaesette - ve potisseve pure juoca’ ‘no bello tierno: sette, sette e sette - ‘noccpo a intenette, ‘o cchiu’ bello sito ‘e Napule s’arrapette (bum, bum, bum)…” Cosi’ per i vicoli di Napoli ‘o pazzariello, con indosso la sua divisa da generale borbonico dai mille colori sgargianti, l’immancabile feluca coloratissima e il lungo bastone dorato dal pomo sferico, avrebbe reclamizzato la nascita di Napologia.net .

Napule Napule Napule Napule Napule Napule Napule Napule Napule

Sempre Napoli! con tutti i siti dedicati a Napoli che gia’ esistono su internet, c’era bisogno anche di questo? Secondo me si. Innanzitutto perche’ sento il bisogno di offrire un mio personale omaggio alla citta’ che amo, e non soltanto perche’ ci sono nato, ma soprattutto perche’ oggettivamente e’ una citta’ inesauribile, della quale mai abbastanza si scrivera’, si parlera’ e si cantera’. Nei suoi 2500 anni di storia, tutti ha conosciuto: i greci, che la fondarono e dei quali mai ha peso la radice, i romani dell’impero che l’amarono e la rispettarono e poi: goti, bizantini, turchi, normanni, svevi, francesi, spagnoli, austriaci, tedeschi, e oggi pure: cinesi, africani, polacchi, pachistani, russi... come una zoccola con tutti e’ stata, da tutti ha preso e soprattutto, a tutti ha dato. Napoli ha una sua lingua, completa, complessa e articolata, capace di descrivere tutte le sfumature e i sentimenti dell’animo umano, “lengua ‘e rre’ e’ stata!”, e in questa lingua si sono sviluppati: letteratura, poesia, teatro e canzoni che sono specificamente ed inequivocabilmente napoletane. Esiste la pittura napoletana, la cucina napoletana e perfino la camorra napoletana. E’ stata un ducato autonomo, e piu’ volte capitale di un regno: Angioini, Aragonesi e soprattutto Borboni, in particolare Ferdinando IV di Borbone non e’ stato un re napoletano, ma un napoletano re. In tanti hanno fatto razzie e rapine ai suoi danni, in tanti hanno cercato di dominarla, ma Napoli ha sempre affascinato e conquistato i suoi “dominatori”, e quando troppo schifosi erano il loro sentimenti, ha reagito senza mai piegarsi. Il popolo napoletano e’ l’unico al mondo che per

ben due volte ha avuto la forza di rifiutare la barbarie della “santa” inquisizione, che MAI ha messo piede a Napoli, il popolo di Napoli e’ stato l’UNICO a liberarsi, con le sole proprie forze, dall’occupazione tedesca nel 1943. per salvare i propri giovani - i propri figli - dalla deportazione. Frotte di stranieri, nel corso dei secoli, si sono innamorati di lei, e molti vi si sono stabiliti, a cominciare da Pubblio Virgilio Marone, autore dell’Eneide e “patrono pagano” della Napoli medievale, e Nerone, Tiberio, Ottaviano, via, via fino ai giorni nostri, il foggiano Renzo Arbore. Nessuna citta’ al mondo ha la spiccatissima personalita’ che ha Napoli, secondo me soltanto Parigi e New York possono esservi paragonate, ma comunque ad una discreta distanza: Non esiste la “canzone parigina”, oppure la “cucina newyorkese”, o la “camorra

romana”, ne’ il “teatro pechinese”… Solo Napoli ha tutto questo e soprattutto, come direbbe Pulcinella: “schitto Napule ‘a tene accussi’ bbella! “ WWW.NAPOLOGIA.NET e’ un sito personale dallo spiccato orientamento fotografico, che tratta principalmente di Napoli antica e moderna, sotto tutti gli aspetti possibili: storia, societa’, costume, cultura, arte, gastronomia, ecc… ma raccoglie anche riflessioni personali sugli argomenti piu’ disparati, richieste, proposte, consigli… e quant’altro si renda opportuno o necessario; gli unici limiti sono quelli imposti dalla fantasia e dalle possibilita’ materiali.

1) Museo di S.Martino, lapide commemorativa del rifiuto opposto da Napoli alla “santa” inquisizione. foto di: 'o frate 'e Sarchiapone

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Alla sua realizzazione e manutenzione collaboreranno con me, a titolo puramente gratuito, spesso rimettendoci le spese di tasca propria, amici e parenti in vena di dire la loro, nella piu’ ampia liberta’ d’espressione e nella piu’ completa autonomia. Il sito comprendera’ sezioni tipicamente “internettiane”, come: ”Agora’”, “Bacheca” oppure “Galleria”, dove gli elementi possono risiedere poche ore oppure interi anni e possono venir sostituiti o eliminati indipendentemente gli uni dagli altri. Ma la sezione da che da il nome all’intero sito e che ne costituisce il cuore: “Napologia”, ha una struttura simile ad un periodico della carta stampata: ha una propria copertina, raccoglie una serie piu’ o meno nutrita di articoli, ed ogni “uscita” sostituisce integralmente la precedente dando luogo ad un vero e proprio “nuovo numero”. Ogni “nuova uscita” coincidera’ sempre con il 7 del mese ma, data la ristrettezza di mezzi con cui quest’iniziativa nasce, per il momento la sua periodicita’ sara’ molto variabile: uno, due, tre mesi… dipendera’ dalla disponibilita’ di tempo e di risorse che noi potremo di volta in volta profondere in questa iniziativa. I “numeri arretrati” saranno disponibili direttamente sul sito o richiedibili via e-mail, in funzione dello spazio sul server. Essi saranno: copiabili, stampabili e distribuibili GRATUITAMENTE da chiunque lo desideri, ma MAI, IN NESSUN CASO saranno ammesse manipolazioni e/o modifiche. Altra sezione molto importante del sito e’ AGORA’: un area che conterra’ riflessioni, proposte, iniziative e consigli riguardanti la societa’ e le norme che dovrebbero regolare la nostra vita “civile”. Poiche’ personalmente provo un sincero e profondo disgusto per le logiche di mercato e la schiavitu’ del profitto, in un’epoca in cui perfino la salute dei cittadini e’ affidata alle ASL (AZIENDE sanitarie locali) io preferisco sfidare queste “logiche” economiche e rinunciare alla possibilita’ di intascare introiti pubblicitari, canoni, abbonamenti, corrispettivi di vendita e quant’altro del genere e per questo ho deciso di affidare il sostentamento economico del sito principalmente a piccole offerte volontarie da parte di chiunque desideri contribuire. Realizzare un servizio per Napologia puo’ costare dieci euro ma potrebbe costarne anche due o tremila, se apprezzerete la nostra iniziativa ed il nostro impegno aiutateci a mantenere e far crescere questo sito. Sempre in un’ottica di recupero delle spese di mantenimento nasce la sezione GALLERIA in cui verranno esposte (in piccolo formato) immagini fotografiche realizzate da me e da coloro che con me collaborano; chiunque desideri contribuire al mantenimento del sito potra’ acquistare la stampa formato 20x30, con firma autografa dell’autore, delle immagini che preferisce. Lo stesso discorso vale per le immagini che correderanno i servizi di Napologia, anche di esse sara’ possibile acquistane una copia formato 20x30 con la firma dell’autore. Il sito accogliera’ anche della “pubblicita’”, e anche questa non sara’ soggetta alle logiche di mercato, innanzitutto Napologia pubblicizzera’ soltanto cio’ che io o i miei collaboratori riterremo valido e degno di essere reclamizzato, inoltre il “corrispettivo” ad essa legato sara’ costituito da una offerta libera, o spesso anche “pe’ ssenza niente”, semplicemente perche’ apprezzando particolarmente un determinato prodotto o una determinata azienda, ci fara’ piacere sottoporla alla Vosta attenzione. Sarchiapone

(Sarchaipone: Personaggio ridicolo napoletano delle commedie del ‘600: ghiottone, stupido, pauroso, dal corpo deforme)

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PEZZETTI DI NAPOLI PER 1000 LIRE napologia.net nr.1/07 Ogni napoletano, fin dalla piu’ tenera eta’, sente dentro di se di essere nato in una citta’ speciale; non perche’ gli venga inculcato dai genitori o dai parenti; anzi i napoletani sono generalmente i piu’ aspri critici nei confronti della loro citta’, e spesso ne parlano male e a torto, nel tentativo di “darsi un tono piu’ signorile”. Che questa citta’ sia speciale, si sente nell’aria, nei suoni delle sue strade, nell’inflessione della sua lingua, nelle movenze della sua gente, nel profumo di detersivo, col quale le vasciaiole tengono costantemente lindo il loro basso, misto alla puzza della munnezza sparsa nei vicoli. Poi crescendo il napoletano capisce anche con la ragione, oltre che con lo spirito, di essere nato effettivamente in un angolo di mondo unico al mondo, e non puo’ fare a meno di amarlo e detestarlo, in un’alternanza di sentimenti appassionati e violenti che solo Napoli e’ in grado di suscitare. Ogni napoletano sa di essere italiano, sa di essere europeo ma sente di essere innanzitutto napoletano.

La Newton Compton Editori srl e Romualdo Marrone, con la loro collana “Napoli Tascabile” hanno il grande merito di aver fatto conoscere ad una moltitudine di napoletani tanti aspetti della citta’ di cui sentono cosi’ fortemente l’appartenenza. Si tratta di libricini molto economici, sempre molto condensati, a volte semplici, didascalici, aneddotici, qualche volta anche saccenti e “pallosi”, ma sempre interessantissimi. Attraverso le loro pagine tanti hanno conosciuto meglio Napoli e soprattutto hanno compreso meglio certi aspetti del proprio essere, mettendo a fuoco le radici della propria identita’. Altri - me compreso - hanno sentito esplodere un “appetito intellettuale” che altrimenti sarebbe rimasto latente ed insoddisfatto. La collana, uscita a meta’ degli anni ’90 al prezzo di 1000 lire a volumetto, comprende: 01 Breve storia di Napoli 40 I vicere’ spagnoli di Napoli 02 La donna nei detti napoletani 41 Il varieta’ a Napoli

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03 Le fontane di Napoli 42 I briganti napoletani 04 Grotte e caverne di Napoli 43 I grandi musei napoletani 05 I castelli di Napoli 44 Eduardo 06 La canzone napoletana 45 Proverbi napoletani 07 Matilde Serao 46 Ferdinando II di Borbone 08 Napoli greca e romana 47 Terme e sorgenti di Napoli 09 Le piazze di Napoli 48 I palazzi napoletani del rinascimento 10 Santa Lucia 49 Breve storia del regno di Napoli 11 Masaniello 50 La pizza 12 I posteggiatori napoletani 51 Il presepe napoletano 13 Breve storia del grande Napoli 52 I chiostri di Napoli 14 Canzoni napoletane 53 Il carnevale napoletano 15 I mestieri di Napoli 54 La Repubblica napoletana del 1799 16 I Caffe storici di Napoli 55 I vicoli di Napoli 17 Napoli normanno-sveva 56 Storia dei maccheroni 18 Le chiese gotiche di Napoli 57 Napoli ducale 19 I giardini storici di Napoli 58 Massimo Troisi 20 Taverne famose napoletane 59 Il Palazzo Reale di Napoli 21 Leggende napoletane 60 I luoghi di S.Gennaro 22 Il gioco del lotto a Napoli 61 Cento ricette di maccheroni 23 Napoli entro le mura 62 Salvatore Di Giacomo 24 Napoli nel cinema 63 Teatri di Napoli 25 Porte, portali e roste di Napoli 64 Le isole di Napoli 26 Napoli angioina 65 Gli ambulanti napoletani 27 La cucina napoletana 66 La regina Giovanna II 28 Le catacombe di Napoli 67 Le donne di Napoli 29 Napoli esoterica 68 Vittorio De Sica 30 Pulcinella 69 Le Quattro Giornate di Napoli 31 Modi di dire napoletani 70 Le edicole sacre di Napoli 32 Napoli fuori le mura 71 I Campi Flegrei 33 Da Toto’ a Troisi 72 I palazzi di via Toledo 34 Lazzari e scugnizzi 73 La tarantella 35 Le statue di Napoli 74 Il quartiere S.Ferdinando 36 Ferdinando IV di Borbone 75 Eleonora Pimentel Fonseca 37 Napoli aragonese 76 Luisa Sanfelice 38 Il ventre di Napoli 77 Le ville di Napoli 39 Il Vesuvio 78 Il quartiere San Lorenzo

Per il momento questi libricini sono ancora reperibili, al prezzo di 1,50 euro, in molte edicole del centro cittadino e soprattutto sulla bancarella che sta all’angolo orientale dell’universita’, tra il corso Umberto I e via A.Tari. Testo e foto di: Sarchiapone

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VIA CARLO DE MARCO napologia.net n.1/07

La prima volta che ho imboccato via Carlo De Marco, spintovi da ragioni di lavoro, sono rimasto senza fiato: piu’ che percorrere una strada mi sembrava di essermi tuffato in un’epoca. Pochi passi erano stati sufficienti per portarmi indietro di settant’anni, ad un epoca in cui non ero ancora nato, ma che conoscevo dai racconti di nonni, zii, genitori: persone la cui giovinezza sbocciava proprio in quegli anni; gli anni dal ’20 al ’40, gli anni del ventennio fascista. Il tracciato di via Carlo De Marco si snoda breve, irto e sinuoso da piazza Gianbattista

Vico, alle spalle del Borbonico Albergo dei Poveri, su, su fino al Rione I.N.C.I.S. . La magia di questa strada risiede nel fatto che la quasi totalita’ delle costruzioni che vi si affacciano sono in spiccatissimo stile “fascista”. Ville, villini cittadini e grandi costruzioni condominiali si susseguono uno dietro l’altro, tutti ben tenuti, tutti ben curati e tutti, o quasi, esibiscono con orgoglio il loro stile architettonico caratteristico dell’epoca fascista. Percorrere a piedi via Carlo De Marco significa fare una passeggiata nel tempo, lentamente, senza fretta, indugiando sulle immagini che la strada prodigamente offre al viandante: la domestica che, baciata da un sole vivace e brillante, al balcone del secondo piano di una palazzina sbatte candidi cuscini rigovernando la camera dei “padroni”; oppure la vecchia, che seduta dietro una finestra dalle gelosie semichiuse, in una cucina sprofondata nella penombra, sembra scrutare i rari passanti, ma i cui occhi persi nel vuoto lasciano intuire vivide immagini di

fantasmi che il tempo non e’ riuscito a cancellare; e il balconcino aperto, le cui tende ricamate, ondeggiando nella brezza, lasciano intravedere il legno di un mobilio semplice ed austero: un salotto, sulla tavola troneggia una coppa di cristallo colma di caramelle da regalare ai nipotini in visita e la foto incorniciata d’argento sul buffet, ostenta l’immagine felice di una coppia di sposi il giorno delle nozze. Ma dura, brutale, si percepisce la mancanza di qualcosa… qualcosa che completi la suggestione, che renda reale e palpabile quell’atmosfera… sarebbe cosi’ naturale sentire librarsi nell’aria, dal balconcino di quel salotto, il suono tondo ed ovattato di una radio a valvole: “Se potessi avere mille lire al mese… una casettina in periferia… una mogliettina tanto giovane e carina… sarebbe la felicita’!”. Cosi’ recitava una vecchia e

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popolarissima canzone di quell’epoca, espressione di un’Italia semplice, intelligente e concreta, un’Italia in ristrettezze economiche, dai desideri sani e concreti. MILLE LIRE AL MESE, per avere la serenita’ che deriva dalla sicurezza di poter mettere tutti i giorni un piatto in tavola, e perche’ no magari poter andare al cinematografo una volta alla settimana; UNA CASETTINA DI PERIFERIA: la roccia su cui poter edificare la propria vita, un posto per poter crescere i figli e invecchiare insieme alla compagna della propria vita, in cui ricevere gli amici con cui conversare e confrontarsi bevendo un bicchierino di rosolio; UNA MOGLIETTINA TANTO GIOVANE E CARINA, ed e’ importante che sia “tanto giovane e carina” non servizievole e premurosa come una brava serva, ma tenera e carina perche’ e’ lei la compagna di un’itera vita, la persona insieme a cui affrontare il peso della quotidianita’, troppo spesso fatta di stanchezza, preoccupazioni, rinunce, difficolta’, angherie... Deve essere lei il riferimento sicuro, il motivo dell’esistenza, lo stimolo a superare le tempeste della vita. I desideri piccoloborghesi di un’italietta ammaestrata dalla propaganda di regime? Si, qualcuno superficiale e cretino puo’ interpretarli in questo modo. Secondo me invece essi rappresentano gli autentici bisogni dell’uomo, in qualsiasi epoca, sotto qualsiasi latitudine e di qualsiasi credo religioso: Serenita’, Pace, Affetti ed un moderato benessere economico. Quel tanto che basta per permettersi di coltivare il proprio spirito ed il proprio intelletto. Di questo avevano bisogno i miei nonni nell’Italia di allora, di questo ho bisogno io oggi, di questo avevano bisogno i padri di famiglia palestinesi che ai primi di novembre 2006 hanno visto la propria “mogliettina tanto giovane e carina” singhiozzare e disperarsi, sanguinante, china su cio’ che restava dei loro figli, fatti a pezzi dai missili israeliani lanciati per sbaglio.

Testo e Foto di: Sarchiapone

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CARMELA tratto da: “I racconti delle fontane di Napoli” napologia.net nr.1/07

“Ma quanto si’ scucciante Carme’! E mo’ me fanno male ‘e piede, e mo’ nu’ssento bbuono e cantanti, e mo’ tengo genio e ‘nu ggelato, e mo’ chesto e mo’ chello, me staie proprio affliggenno! ‘Sta festa e Piererotta m’a staie ‘nguaianno uno piezzo!” – “Ma che ce pozzo fa io si ‘a cazetta se ne sta scennenno? Ma pecche’ me tratti accussi’ malamente? Che t’aggio fatto? ‘a quando song’ asciuta incinta nu’ me guarde cchiu’, nu’ me parle cchiu’, ogni cosa che io faccio te da fastidio, te fa incazza’ …Nemmanco ‘a notte me cirche ’cchiu’. Ma pecche’? ‘o’ssaccio che mo’, essendo incita so’ cchiu’ brutta, ma pare ca’te faccio proprio schifo!” stringendosi al fianco del marito, lo prende a braccetto e con l’altra mano gli accarezza la spalla: “Pecche’ faie accussi’?” Lui stizzito, un po’ a disaggio: “Va, va… va areto a ‘chella funtana e acconciate ‘sta cazetta, va.”, lei sorpresa, quasi indignata: “E tu… non me accumpagne?” - “No, io te aspetto cca’, volgio vede’ ‘sta macchietta, va f’ambresso, va.”. Carmela, amareggiata si avvia, sola, verso la fontana di Santa Lucia, in Villa

Comunale. Cammina facendosi largo tra la folla festante di quella Piedigrotta 1963, ha un groppo alla gola e tanta voglia di piangere. E’ incinta, si sente brutta, il marito la evita e la tratta come se l’accusasse di qualcosa. Sua sorella Antonietta sospetta che lui abbia un’altra, ma Carmela, nel suo candore, non puo’ crederlo e rimprovera la sorella perche’ e’ “malapensante” e finisce per dare la colpa a se stessa, al suo stato che la imbruttisce. Accompagnata da questi pensieri Carmela raggiunge la fontana, e guardandosi intorno con aria circospetta, come chi si appresta a commettere un furto, sparisce dietro quei marmi scolpiti; ancora sguardi furtivi a destra, a sinistra… poi ancora a destra… le sembra di aver sentito un rumore… stretta tra la vegetazione rigogliosa dei giardinetti ed il retro della fontana, rapidamente, con movimenti nervosi si alza la gonna fino a scoprire tutte le

sue splendide cosce ed una piccola porzione di mutandine nere, sempre frettolosamente, guardandosi attorno, si sistema la calza destra; ma la gonna, stretta, tutta ammassata attorno ai fianchi le impedisce di agganciare l’elastico del reggicalze; scoraggiata, sempre guardandosi attorno, lentamente si riabbassa la gonna lungo i fianchi, si guarda ancora intorno, porta le mani ai bottoncini posteriori che la tengono chiusa e dopo una breve pausa d’indecisione, scrutando il folto dei cespugli col cuore in gola, li sbottona rapidamente e sfilatasi la gonna l’appoggia ad un ramo alla sua sinistra; finalmente puo’risistemarsi e agganciare la calza. Allunga la mano per riprendere

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la gonna ma non c’e’ piu’, trasalendo la cerca con lo sguardo, i suoi occhi sbarrati perlustrano istericamente tutto intorno, ma della gonna non c’e’ traccia. Improvvisamente dai cespugli, una voce maschile, calda, profonda, come quella di chi fuma troppo, ironicamente le fa: “Signuri’… avete perso qualchecosa?” Carmela si volta di scatto, uno sconosciuto: sui sessant’anni: fine, eleganza modesta ma ben curata, con grigi baffetti da seduttore, la guarda fisso sorridendo e facendo dondolare la sua gonna appesa all’indice della mano destra. Carmela accenna un grido di spavento e di stupore, la mano sinistra davanti alla bocca e la destra a nascondere il triangolino di pizzo nero che svetta sulla sommita’ delle sue cosce, ed esclama: “Che facite lla?, nun ve mettite scuorno e guarda?” - “Ehh Ehh Ehh, no signo’, siete troppo bella. Se non ve guardasse m’avessa mettere scuorno!” - “Site proprio scostumato! Chiudite ll‘occhie. No’ me guardate cchiu’. E dateme ‘sta gonna se no me metto a alluccare.” - “E alluccate signo’, accussi’ correno tutte quante ‘cca e rimmaneno pure lloro incantati” - “Mannaggia!...” Carmela si guarda intorno come a cercare aiuto, la mano destra sempre sul ventre, ed il braccio sinistro, in un gesto istintivo, quanto inutile, a nascondere il seno, gia’ ben celato dalla camicetta celeste;

“Dateme ‘sta gonna. Site proprio ‘nu scellerato! Ah!” e allunga la mano come a voler afferrare l’indumento, ma lui svelto l’allontana; “Mi dispiace sigo’, ma vedete, io faccio il pittore e alla bellezza nun saccio resistere.” “Ma quale bellezza? Non ‘o ‘vedite che songo incinta?” rimarca, sperando d’intimorire lo sconosciuto: “Voi state sfrocoliando una signora in stato interessante! E’ meglio che lo sapete questo.” - “Overo? Non ci pare proprio signo’, tanti auguri. Comunque voi siete le sette bellezze!” - “Ma che dicite? Mio marito non me… ma veramente fate? Veramente vi sembro bella?” - “Bella signo’? Voi siete bellissima! Una dea rocioliata giu’ dal monte Olimpo.” Carmela sente il proprio imbarazzo trasformarsi in calda e voluttuosa vanita’. Allora non e’ diventata cosi’ brutta come crede? Sente la sua femminilita’ repressa e svilita esploderle dentro improvvisa e dirompente, “Non vi sembro brutta? ...Chiatta?...” - “Signo’ ma che dicite? Ma chi v’ha miso ‘n’capa ‘sti fessarie?” Carmela senza molta decisione: “Si, ma mo’ dateme ‘sta gonna.” - “No signo’, mi dispiace; la gonna ve la do’… ma vi devo pregare ‘e me fa vede’ qualche autra cusarella.” Carmela, in uno scatto di simulata indignazione: “Ma voi siete pazzo! Nemmeno mio marito mi ha mai vista nuda!” - “Non dicevo nuda signo’; qualche cusarella… Ma se voi volete… nuda a me mi facesse piu’ piacere.” - “Sto depravato! Dateme ‘sta gonna.” Lo sconosciuto canticchiando: “E levete ‘a cammesella… ‘gnor no, ‘gnor no, ‘gnor no, e levate ‘a cammesella…” - “Ma voi chi siete? Che volete? Pecche’ m’avessa fa guarda’ a vuie?” - “Sono un pittore, un umile cultore della bellezza. E la vostra signo’, ha trafitto il mio spirito artistico.” - “E ‘ggia’! Lo spirito artistico. Ve piacesse ‘e me fa’ ‘nu bello ritratto he?” - “Ehhhh! signo’…” - “Scio’ lla’, lo saccio io che ritratto ve piacesse ‘e fa’.” - “No, no signo, io ve

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facesse veramente ‘nu bello ritratto. Voi come vi mettete, vi mettete, sempre bellissima siete.” - “E va be’, ma questo non e’ possibile e non sara’ mai possibile. E mo’ dateme ‘sta gonna, che se viene mio marito passammo ‘no guaio tutt’e’dduie.” Lui con un sospiro di rassegnazione le porge la gonna “Avete ragione, non ve voglio fa passa’ nisciuno guaio, p’ammore ‘e Ddio! Prego signo’, a voi” - “Ah! Finalmente!” - “Ehhhh! Sicuro non sarraggio capace ‘e piglia’ suonno stanotte.” - “E mi dispiace per voi.” - “Vi lascio alla vostra intimita’, e vogliate scusare questo umile esteta folgorato dalla vostra bellezza.” Lo sconosciuto fa per andarsene, ma Carmela lo ferma: “Aspettate!” Lui si volta e la guarda interrogativo, lei esitando: “Aspettate…” Carmela sente per quello sconosciuto una forma di gratitudine, lui con la sua sincera ed appassionata ammirazione le ha ridato quella fiducia in se stessa che il marito aveva distrutto; si sente come un naufrago che una mano forte e risoluta trae in salvo dalle onde. In un moto di riconoscenza, porgendogli la gonna gli fa’: “Mantenete.” Lui perplesso prende la gonna e lei, lentamente, ancora un po’ esitante, in un turbine intenso d’imbarazzo, eccitazione e timore si accarezza lentamente i seni. I due si guardano, lui deglutisce e continua a fissarla, lei sente lo stomaco preso nella morsa dell’emozione, fa un profondo respiro, e lenta comincia a sbottonarsi la camicetta; non sente piu’ i suoni della festa, il vociare della folla, i cantanti, le trombette; ha come la sensazione che la fontana da un lato e la vegetazione dall’altro, costituiscano i confini

dell’intero universo, come se il mondo non esistesse al di la di essi, come se il tempo non esistesse piu’. I due, l’uno di fronte all’altro, si fissano a vicenda. Lei percepisce netta, quasi materiale, l’emozione di lui, sente che quello sconosciuto che le sta davanti e’ completamente perso in lei, soggiogato dal suo corpo, dalla sua persona, da tutto il suo essere. Si scioglie i lunghissimi capelli neri e nota un lampo negli occhi di lui; apre i lembi della camicetta, lui la guarda; lentamente se la sfila e la porge a lui; poi con le mani dietro la schiena, con il petto proteso in avanti, verso di lui, sgancia i fermi del reggiseno, col respiro corto, indugia un attimo, i due si guardano negli occhi, lui la fissa come chi attende l’epilogo di un evento straordinario, lei dolcemente lascia cadere il reggiseno, e

il pizzo scivolando le accarezza i capezzoli turgidi, gonfi, svettanti. Languida, con gli occhi velati dall’eccitazione, porta le mani a coppa sotto ai seni, inclina dolcemente la testa verso destra e schiudendo leggermente le labbra, spinge il petto in avanti, come ad offrirlo a lui. Lui la fissa muto, estasiato, con la bocca semiaperta. Completamente preso dalla forza di quello spettacolo della natura. Testo e foto di: Sarchiapone.

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A ‘O MARITO napologia.net n.1/07

‘Sta palla ‘e ‘nzogna ca me so’ spusata me fa passa’ ‘sti guaie sera e matina; vedite ‘a DDio addo’ me songo iettata me tratta chisto peggio ‘e ‘na mappina ! ‘A figliulella so’ stata ‘na bellezza, tu, figlio ‘e ‘ntrocchia, te diciste ‘nnammurato ‘nu vaso ‘nfronte, ‘nu suonno, ‘na carezza E ampressa ampressa cu’ me te si’ ‘nzurato. Addio durcezza, oi ni’, tu m’e’ ‘nguaiata: ddoie figli, ‘a malaciorta, ‘na vita ‘e ‘pucundria, poco lavoro, ‘a machina scassata… ma che veniste a ffa’ da parta mia ! Patrizia Barbera

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VENTICINQUE/CINQUE napologia.net Nr.1/07 Si tratta di un escursione molto impegnativa e non eccessivamente panoramica, ma dotata di un proprio fascino singolare. In teoria si tratta di arrampicarsi lungo una ripidissima parete costituita da sassi spigolosi, a volte taglienti, che franano in continuazione sotto i piedi e le MANI di chi ci si avventura.

Il suo nome: 25/5, deriva dal fatto che si dice ci vogliano 25 minuti per salire e soltanto 5 per scendere in quanto la discesa del tratto piu’ elevato va necessariamente fatta “scivolando” seduti sui sassi; sarebbe impossibile, data la pendenza e l’incoerenza del fondo, pretendere di scendere passo passo, ci si ritroverebbe a “scivolare” sulla pancia. In realta’ ci vogliono ben piu’ di 25 minuti per salire e soprattutto il percorso di trasferimento dalla carrabile alla salita e viceversa, puo’ richiedere anche alcune ore, specialmente se - come e’

successo a noi - ci si perde attraversando la fittissima boscaglia di pini selvatici e rovi che e’ necessario superare per giungere ai piedi della salita vera e propria, ma una notevole parte del fascino di questa escursione sta proprio nel percorso di avvicinamento. Rivolti verso il Monte Somma, si lascia la carrabile asfaltata che porta al cratere del Vesuvio (vedi schema allegato) e ci si avvia zampettando con attenzione su una distesa di sassi piroclastici ricoperti da un particolarissimo muschio grigio che pare cresca soltanto da queste parti. Attenzione perche’ le pietre sono aguzze e taglienti, quindi richiedono scarpe all’altezza della situazione e bisogna muoversi con cautela perche’ le conseguenze di una caduta potrebbero essere assai spiacevoli Superata la prima fascia di “rocce muschiate” ci si addentra in una foresta di pini selvatici che in certi periodi dell’anno (noi ci siamo stati il 02/11/2004) si presenta estremamente fitta ed intricata, in certi punti quasi inaccessibile e a tratti ricorda paesaggi danteschi. Guardandosi intorno non si vedono altro che

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alberi, cespugli e rami fitti fitti, vecchissimi, contorti e rinsecchiti; alcuni alberi caduti per chi sa quale maledizione giacciono distesi sul tappeto di aghi di pino oppure sospesi a meta’, trattenuti dai rami di alberi giovani che con una folla di rami vigorosi hanno spento a mezz’aria la caduta dell’albero piu’ vecchio.

A differenza dalla foresta dantesca la luce qui regna sovrana, e’ difficilissimo scorgere un vero e proprio raggio di sole ma in compenso tutta la foresta e’ come inondata di luce calda e morbida (1/30 sec. f 2 con 100ASA). Attraversare questa fascia boscosa puo’ richiedere anche un’ora, non solo per la sua larghezza ma anche perche’ e’ facile perdere un po’ l’orientamento e percorrerla in diagonale senza rendersene conto. Da la dentro non si riesce a vedere niente altro che bosco, bosco, bosco, ne’ il cratere del Vesuvio, ne’ il cocuzzolo del Monte Somma. Piu’ si aguzza la vista per scorgere qualcosa nella fitta boscaglia, piu’ se ne avverte l’impenetrabilita’ e si capisce perche’ da tempo immemorabile il bosco sia la sede ideale per gli eremiti, i briganti, i fuorilegge e gli amanti in fuga; basterebbe allontanarsi 50 metri dal gruppo per rendersi del tutto invisibili e difficilmente si riuscirebbe a ritrovare i compagni.

Quasi all’improvviso la foresta lascia il posto ad una enorme distesa di “rocce muschiate” sul cui sfondo si stagliano la cima del Monte Somma e la meta del nostro viaggio. Silenziosa ed austera, la 25/5, simile ad un’immobile cascata di pietre vulcaniche, sembra starsene li’ aspra, indifferente a noi ed al nostro peregrinare. Le rocce piroclastiche coperte da muschio grigio, simili a quelle del tratto iniziale, qui

fanno un effetto molto piu’ suggestivo: l’ampiezza del letto di rocce, la luce che vi si distende rendendo il muschio argenteo, e qualche sperduto alberello qua’ e la’, danno al paesaggio circostante un aspetto irreale; qualcosa di lunare, infernale e fiabesco si sprigiona da quelle rocce frustate dal sole. Inevitabile pensare alle notti di luna piena, inevitabile immaginare quello scenario reso ancora piu’ irreale e suggestivo dalla tenue ed argentea luce lunare; come sara’ quella distesa di rocce ? come apparira’ la foresta

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appena superata, in quelle notti? il fruscio morbido e pesante del volo di un gufo, il richiamo degli uccelli notturni, il crepitio di rametti spezzati stimolerebbero in me paure recondite ed ancestrali ? o la grassa e piena sensazione di appartenere a qualcosa di antico e d’immenso ? Giunti ai piedi della salita la prima cosa che colpisce e’ la presenza di una sorta di sbarramento naturale fatto di massi lavici di discrete dimensioni.

Siamo costretti ad arrampicarci uno po’ come si fa sugli scogli al mare e finalmente siamo alla base della 25/5; in realta’ salendo si scopre che le pietre si distribuiscono lungo la salita in base alle loro dimensioni: le piu’ grosse alla base

e via via che si sale le piu’ piccole, fino a diventare vera e propria ghiaietta in cima, cio’ si spiega col fatto che le piu’ pesanti tendono a rotolare giu’, anzi piu’ sono pesanti e piu’ in basso si arresta la loro caduta, mentre le piu’ leggere rotolano giu’ solo di poco o addirittura restano dove si trovano. Nella foresta le spine dei rovi, sul letto di “pietre muschiate” il rischio di cadere sui loro bordi taglienti, qui il rischio e’ quello di far rotolare pietre consistenti sulla testa dei compagni d’escursione piu’ in basso. Io ho visto una pietra tagliente, grossa piu’ di una noce di cocco, volare giu’ a trenta centimetri dall’orecchio di un compagno d’escursione; il modo migliore di affrontare la salita e’ di disporsi affiancati, tutti piu’ o meno alla stessa quota, distanziandosi il piu’ possibile compatibilmente con la larghezza

della “cascata piroclastica” ed il numero di escursionisti; in ogni caso e’ bene evitare forti dislivelli tra una persona e l’altra: se uno avvia il rotolamento di una pietra e questa subito colpisce il compagno sottostante fara’ molto meno danno della stessa pietra dopo una lunga sequenza di salti e voli, come quella che stava per colpire il componente del nostro gruppo. Superata la prima meta’ della salita le cose cambiano radicalmente e molti, me compreso, preferiscono terminare li la propria ascensione. Le pietre si fanno decisamente piu’ piccole e friabili, ogni movimento deve essere lento e studiato, il solo girare bruscamente la testa puo’ far scivolare anche un metro piu’ in basso e quel che e’ peggio far rotolare sui piedi e sulle mani le pietre

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immediatamente circostanti; il modo migliore per proseguire (forse l’unico) e’ quello di tenersi verso i bordi della “cascata” in modo da potersi afferrare ai numerosi e robusti cespugli che la costeggiano. In questo tratto non ha piu’ importanza lo stare alla stessa quota in quanto le pietre che si possono far cadere verso i compagni piu’ in basso sono del tutto innocue date le loro esigue dimensioni, il problema sarebbe se a venir giu’ non fossero le pietrine ma proprio uno degli escursionisti. Intendiamoci: non esiste neanche lontanamente il rischio di precipitare come se si scalasse una parete rocciosa, piu’ che altro il rischio e’ quello di scivolare sulle pietre per diversi metri, distesi sulla pancia, nella peggiore delle ipotesi il danno maggiore potrebbe farlo qualche pietra un po’ piu’ grossa che rotolando giu’ insieme al malcapitato potrebbe colpire lui o uno piu’ in basso. Ovviamente arrivare fino alla sommita’ della “cascata” offre una maggior soddisfazione, un angolo visuale diverso, e sicuramente una vertigine in piu’: deve essere molto emozionante, arrivati in cima, voltarsi (molto lentamente) e guardare dall’alto l’intera 25/5, appollaiati su poche pietruzze frananti che non stanno mai ferme, e sapere che l’unico modo per tornare in dietro sara’ quello di “precipitare” giu’ sfiorando il fondo ghiaioso col proprio fondoschiena. Pare che questa tecnica di discesa sia molto emozionante ma per niente pericolosa, anche se non e’ difficile rimetterci il fondo dei pantaloni, come e’ successo a uno del nostro gruppo; pero’ dicono che ne valga la pena. Terminata la parte alta della discesa con la tecnica della scivolata, il rimanente 60% o 70% della discesa va fatto lentamente con piu’ attenzione della salita, alternando la

posizione a quattro zampe a pancia in giu’ con quella a quattro zampe a pancia in alto, che permette di vedere dove si va e quindi di scegliere meglio il percorso di discesa. Ma prima di tornare, anche se si e’ scelto di non arrivare fino in cima, bisogna necessariamente voltarsi per un lungo sguardo al panorama: il cratere, il letto della colata lavica col suo caratteristico muschio grigio, la stessa “cascata” della 25/5. Un panorama

dominato dalla pietra lavica, frutto di tante eruzioni, quasi tutte molto violente, quasi tutte portatrici di distruzione e di morte, la mente vola subito all’antica Pompei: il calore, la polvere, tanta polvere dovunque, il sudore, gli odori acri e dolciastri che rapidi si susseguono, le grida, il terrore, la disperazione e l’orrore di sentirsi fragili, inermi e impotenti dinanzi alla propria imminente ed ineluttabile fine. Adesso tutto e’ tranquillo, tutto tace, e’ fermo, ovattato; un insetto vola tra i cespugli qui a fianco tracciando volute nella brezza ancora tiepida di un inverno che si avvicina. Foto e testo di: Sarchiapone

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SCHEDA della 25/5 napologia.net Nr.1/07 Partendo in automobile dalla capitale Borbonica (Napoli):

1) A3 Na-Sa uscita Ercolano. 2) Imboccare la prima a sinistra, passando sotto al ponte dell’A3. 3) Seguire la strada (e’ in salita) 4) Dinanzi alla sede dell’Acqua Minerale Vesuvio svoltare a sinistra e seguire la strada imboccando il vicoletto sulla

destra 5) Giunti all’incrocio con via B.Cozzolino proseguire dritto verso il Vesuvio. 6) Quasi subito si presenta un bivio: tenere la destra e proseguire la salita, la strada in questo tratto e’ asfaltata

mediamente stretta e sinuosa si arrampica sulle pendici del Vesuvio. Ad un certo punto, dopo una stretta curva a destra la pavimentazione diventa in cubetti lavici e la pendenza aumenta un po’.

7) Si sbuca in uno slargo con un bivio ed un monumento in pietr alvica, proseguire dritto salendo. (la strada di destra scende verso Torre del Greco).

8) Seguire la strada che con curve e tornanti panoramici porta alla stradina dell’Osservatorio Sismografico, proseguire lungo la strada che si arrampica sul Vesuvio.

9) Giunti a “Quota 1000” si presenta un bivio, proseguire a sinistra verso il cratere del Vesuvio. (La strada a destra porta alla vecchia stazione della seggiovia ormai abbandonata ma da cui si gode di un bellissimo panorama sul Golfo di Napoli, Castellammare e Capri).

10) Dopo poche centinaia di metri sulla sinistra e’ possibile scorgere la “cascata” della 25/5 che attende i prossimi “eroi”.