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1 Natura Il peccato di lesa naura V’era a Capri, - scrive Curzio Malaparte - nella parte più selvaggia, più solitaria, più drammatica, in quella parte tutta volta a mezzogiorno e ad oriente, dove l’Isola da umana diventa feroce, dove la natura si esprime con una forza incomparabile, e crudele, un promontorio di straordinaria purezza di linee, avventato in mare come un artiglio di roccia. [1] 1 - La casa Malaparte a Capri (da Lotus, 60, 1988, p. 17). Nessun luogo, in Italia, ha tale ampiezza di orizzonte, tale profondità di sentimento. È un luogo, certo, solo adatto per uomini forti, per liberi spiriti. Ché facile è lasciarsi dominare dalla natura, diventarne lo schiavo, lasciarsi stritolare da quelle fauci delicate e violente, farsi ingoiare in quella natura come Jona nella balena. Mi apparve chiaro, fin dal primo momento, che non solo la linea della casa, la sua architettura, ma i materiali con cui l’avrei costruita, avrebbero dovuto essere intonati con quella natura selvaggia e delicata. Non mattoni, non cemento, ma pietra, soltanto pietra, e di quella del luogo, di cui è fatta la roccia, il monte. 1 1 “Una casa tra greco e scirocco”, da ronchi.iei.pi.cnr.it/malaparte_it.html.

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Natura

Il peccato di lesa nauraV’era a Capri, - scrive Curzio Malaparte - nella parte più selvaggia, più solitaria,

più drammatica, in quella parte tutta volta a mezzogiorno e ad oriente, dove l’Isolada umana diventa feroce, dove la natura si esprime con una forza incomparabile, ecrudele, un promontorio di straordinaria purezza di linee, avventato in mare comeun artiglio di roccia. [1]

1 - La casa Malaparte a Capri (da Lotus, 60, 1988, p. 17).

Nessun luogo, in Italia, ha tale ampiezza di orizzonte, tale profondità disentimento. È un luogo, certo, solo adatto per uomini forti, per liberi spiriti. Chéfacile è lasciarsi dominare dalla natura, diventarne lo schiavo, lasciarsi stritolare daquelle fauci delicate e violente, farsi ingoiare in quella natura come Jona nellabalena. Mi apparve chiaro, fin dal primo momento, che non solo la linea della casa,la sua architettura, ma i materiali con cui l’avrei costruita, avrebbero dovuto essereintonati con quella natura selvaggia e delicata. Non mattoni, non cemento, mapietra, soltanto pietra, e di quella del luogo, di cui è fatta la roccia, il monte.1

1 “Una casa tra greco e scirocco”, da ronchi.iei.pi.cnr.it/malaparte_it.html.

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Malaparte scriveva alla fine degli anni ‘30 quando, grazie alle protezioni politichedi cui godeva, su quel bellissimo sperone roccioso, capo Massullo, aveva progettatoe costruito in deroga alle norme vigenti una casa che venne immediatamenteannoverata fra i capolavori dell’architettura moderna.

Ebbene, proprio di quella casa, con tutti gli obbrobri che affliggono le costeitaliane, un tal Francesco Durante ha avuto il coraggio di chiedere, dalle colonne delMattino di Napoli, la demolizione.2 Il motivo della richiesta? Che la natura è un beneassoluto, alla cui trasformazione ci si deve opporre pregiudizialmente,intransigentemente, senza se e senza ma. E se qualcuno s’è permesso di alterarla,va ripristinato lo stato antecedente, costi quel che costi (nel nostro caso la perditad’un validissimo prodotto dell’ingegno architettonico). Non c’è nulla di razionale inuna tale richiesta: c’è solo la convinzione viscerale, fideistica, detta o sottintesa,che la natura vada bene così com’è in quanto ‘creata’ da un’entità soprannaturale.Noi miseri mortali non possiamo che apportarvi dei peggioramenti e venire diconseguenza inevitabilmente puniti.

La natura è nata?La parola stessa che usiamo, ‘natura’, che in latino vuol dire ‘nata’, dà per

scontato che il tutto, il mondo, tutto quel che è ‘eco’ (dal greco oikos: casa,ambiente) con tutto quel che è ‘bio’ (dal greco bios: vita), sia nato da uno o piùgenitori ‘divini’ (un Padre single, nelle religioni maschiliste come l’islamica, l’ebraicae la cristiana).

L’ingegnosa e affascinante idea risale ai lontani tempi in cui, come dice White,l’uomo si proietta inconsciamente nel mondo esterno, descrivendolo einterpretandolo in funzione dei propri processi psichici. L’universo è così vivificato epopolato di spiriti che sentono e si comportano come gli uomini. Hanno desidericome loro, mostrano preferenze per certi cibi e certe bevande, sono suscettibili allagelosia e all’adulazione, combattono e fanno all’amore. Uno spirito crea il mondo,un altro porta la pioggia, un terzo manda la selvaggina e fa crescere le messi …Così l’uomo crea il mondo a sua immagine”3 (>imitazione).

Naturalmente se ‘qualcuno’ è stato in grado di creare il mondo - così ragionavanoi nostri antenati - dev’essere molto, ma molto più intelligente, potente, saggio,longevo, ecc. di noi. E sarà pure orgoglioso di quel che ha fatto, poco propenso asopportare che glielo si modifichi, pronto a punirci se lo facciamo. Di qui originanotante storie mitiche, fra cui quelle di Prometeo e di Caino su cui mi soffermerò orabrevemente.

Prometeo ruba a Zeus il fuoco (quello reale, ma anche quello metaforico dellaconoscenza) per donarlo agli uomini, che ci fonderanno i metalli, ci forgeranno gliutensili, insomma trasformeranno più agevolmente la natura a proprio vantaggio.Zeus punisce Prometeo con un atroce supplizio: lo incatena al Caucaso e gli farodere il fegato da un’aquila [2, 3]. Solo di giorno, però, in modo che di notte glipossa ricrescere, perpetuando il tormento (fra parentesi la storia dimostra che igreci già conoscevano le straordinarie capacità ricostruttive dell’organo).

2 Gli ha risposto per le rime Giovanni Klaus Koenig con “Una lettera in difesa dell’architettura. Casa

Malaparte è da demolire? E perché non il Partenone?” (su Modo 102, 1987, p. 37), prevedendo tempineri per l’architettura a causa della consistente corrente di pensiero, genericamente chiamata verde,mascherata da progressista ma in realtà reazionaria, che vedrebbe volentieri distrutta ogni architetturamoderna emergente in nome di un’assurda valutazione dell’impatto ambientale. Con lo stessoragionamento per prima cosa si dovrebbe distruggere la cupola di Brunelleschi che, come scrisse LeonBattista Alberti, “copre con la sua ombra i popoli della Toscana tutta”. Altro che casa Malaparte: losky–line della Firenze medievale ne uscì irrimediabilmente alterato… Casa Malaparte è considerata oraun bene da tutelare quanto il luogo su cui sorge. Se non ci fosse questa progressiva assimilazione allanatura delle opere dell’uomo, dovremo demolire praticamente tutto quel che ci circonda.

3 Leslie A. White, La scienza della cultura, Sansoni, Firenze 1969, p. 86.

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2 – Il supplizio di Prometeo in una pittura vasale greca (da A. B. Mishulina, Historia drevnievo mira,Moskva 1940, p. 81).

3 - Il supplizio di Prometeo in un dipinto di Elsie Russell (da www.parnasse.com/prometheus.jpg).

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Ritroviamo il fuoco trasformatore nella storia di Caino, che è fabbro (qayn, inarabo4) prima ancora che agricoltore, per costruirsi gli strumenti con cui arare,ferire, la terra. Suo fratello Abele è pastore: non modifica la natura, l’asseconda, vadietro al gregge quasi pecora fra le pecore.5 Per questo, ritengo, va a lui lapreferenza divina: dice la Genesi che quando Caino fece un’offerta di frutti dellaterra all’Eterno, e Abele offerse anch’egli i primogeniti del suo gregge … l’Eternoguardò con favore Abele e la sua offerta, ma non guardò con favore Caino el’offerta sua (IV, 3–5). La palese ingiustizia fa andare in bestia Caino, il qualeuccide il povero Abele [4, 5] e viene condannato - e ti pareva! - a smettere conl’agricoltura e a tornar nomade: quando coltiverai il suolo, esso non ti darà più isuoi prodotti, e tu sarai vagabondo e fuggiasco sulla terra (IV, 12).6

Le due storie fin qui parrebbero dar ragione a chi paventa punizioni inevitabili perchi osa modificare la natura. Ma se andiamo avanti vedremo che si concludono inmodo tutt’affatto diverso. Prometeo viene liberato da Eracle (Ercole), resoimmortale da Chirone e assunto all’Olimpo, dove aiuta perfino Zeus - comevediamo scolpito nel frontone del Partenone - a partorire, dalla testa, Atena(Minerva), dea della sapienza e protettrice delle arti, dei mestieri, dell’agricoltura edelle città; la quale gl’insegnerà fra l’altro l’architettura, in seguito da lui trasmessa- recidivo! - a noi poveri mortali.7

Caino non accetta il castigo (è troppo grande perch’io lo possa sopportare, IV,13) e Dio glielo riduce alquanto, prendendolo addirittura sotto la sua protezione:chiunque ucciderà Caino sarà punito sette volte più di lui (IV,15). Poi si guardabene dal vagabondare, anzi fonda una città, la prima in assoluto, chiamandolaorgogliosamente col nome del figlio Henoc (che significa ‘dedicazione’). Rimane indefinitiva quel che voleva essere: un agricoltore, uno stanziale, un cittadino. Ilpassaggio dal nomadismo alla stanzialità, dalla pastorizia all’agricoltura, e poi dallacampagna alla città, se si vuole dal naturale al sempre meno naturale, èirreversibile.8 E se nell’Antico Testamento il pastore predomina ancorasull’agricoltore, e il cibo animale su quello vegetale, nel Nuovo le parti s’invertono:il cibo prodotto col lavoro della terra assume un valore simbolico prioritario, tant’è

4 Marcello Fagiolo (a cura di), Natura e artificio, Officina, Roma 1979, p. 7. Secondo altri autori Caino

significherebbe “colui che è stabile, fermo” e Abele “colui che va di qua e di là”.5 In Buono da mangiare (Einaudi, Torino 1990) Marvin Harris spiega su base scientifica perché si

allevavano pecore e altri ruminanti – capre e bovini, prescrive il Levitico – anziché maiali, le bestie digran lunga più efficienti nel convertire in carne i vegetali che mangiano. Basti dire che ne convertonoben il 35% rispetto al 13% degli ovini e al 6,5% dei bovini. Un porcellino può aumentare di circa mezzochilo ogni chilo e mezzo/due chili e mezzo di cibo, mentre un vitellino deve mangiare almeno cinque chiliper aumentare di mezzo. Inoltre i maiali sono molto più rapidi: una vacca abbisogna di nove mesi perpartorire un solo vitello … ha bisogno di altri quattro mesi per raggiungere i duecento chili circa. Sonoinvece sufficienti meno di quattro mesi dalla fecondazione perché una scrofa possa partorire otto e anchepiù porcellini che, dopo sei mesi, peseranno piú di duecento chili l’uno (p. 60).

Purtroppo per raggiungere tali formidabili prestazioni - spiega Harris alle pp. 65–67 - il maiale devemangiare gli stessi vegetali che mangiamo noi: frumento, mais, patate, soia; mentre invece i ruminanti,grazie al loro apparato digestivo, sono in grado di mangiare arbusti, sterpi, stoppie, paglia, foglie che perl’alto contenuto di cellulosa noi non digeriremmo. Il maiale è immondo nel clima mediorientale caldo esemi arido perché non essendo in grado di sudare (“sudare come un maiale” è una dizione impropria) sirotola nel fango per disperdere il calore corporeo. Infine fornisce esclusivamente carne, mentre unruminante ci dà molte altre cose - latte, letame per concimare i campi, trazione per ararli, fibre e feltroper abiti, cuoio per scarpe e finimenti -, facendo pendere nettamente la bilancia a suo favore, anche aprescindere da improbabaili simpatie ‘divine’.

6 La spiccata predilezione di Dio per i nomadi spiega forse perché in paradiso Adamo avesse ungiardino ma non una casa, la cui possibile forma ha per secoli perseguitato molti costruttori e architetti,più di quanto la pianta del giardino, così enigmaticamente descritto, coi suoi quattro fiumi, abbia ispiratodecoratori, tessitori, fabbricanti di tappeti e giardinieri (Joseph Rykwert, La casa di Adamo in Paradiso,Mondadori, Milano 1977, p. 15).

7 Robert Graves, I miti greci, Longanesi, Milano 1993 9a, p. 128.8 Si veda in proposito l’interessante voce “Domesticamento”, di Jacques Barrau, nella Enciclopedia,

Einaudi, Torino 1978, pp. 49-71.

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vero che nella cena con gli apostoli Cristo distribuisce pane d’orzo9 e vino,chiamandoli suo corpo e suo sangue.

4 - L’uccisione di Abele rappresentata (in alto a destra) su di una formella in bronzo di StefanoLagerino, XII sec., inchiodata sul portale di San Zeno a Verona (dawww.thais.it/scultura/image/sch00453.htm).

5 - William Blake, “Il corpo di Abele trovato da Adamo ed Eva”, 1825 circa, acquarello su legno, cm32 x 43 (da www.ibiblio.org/wm/paint/auth/blake).

9 Tra le piante coltivate, i cereali sono stati particolarmente importanti. Taylor li ha chiamati “il

grande motore della civiltà”. Tutte le grandi civiltà dell’antichità nacquero con la coltivazione dei cereali;nessuna grande cultura è stata mai conquistata indipendentemente da quest’evento (L. A. White, cit., p.335).

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La natura, tutt’altro che perfetta, è migliorabilePerfino le due antiche e affascinanti storie, di Prometeo e di Caino, sono in

definitiva più ‘possibiliste’ di tanti ecologisti odierni: ci dicono che trasformare lanatura può avere sì degli inconvenienti, ma è inevitabile; e alla fin fine il bilanciosarà positivo (si verrà perfino perdonati, bontà loro, dalle ‘superiori autorità’).10 Esono storie inventate da persone che credevano fermamente che il mondo fossestato ‘creato’ da qualcuno…

Oggi sono in molti a non crederlo più. Non ci crede un laico come Russell, quandoafferma che la storia biblica della creazione non è migliore della teoria indù secondocui il mondo poggia sopra un elefante, e l’elefante sopra una tartaruga. Alladomanda: “E la tartaruga dove poggia?” l’indù rispose: “Vogliamo cambiarediscorso?” Non c’è dunque motivo per sostenere che il mondo debba proprio avereuna causa e un’origine. Potrebbe anche essere sempre esistito.11 Ma non ci credepiù neppure un teologo, va be’, protestante, Giovanni Miegge. Pure a lui riescedifficile, per non dire impossibile, conciliare l’idea di un Dio perfettissimo,onnipotente, onnisciente e buono, con lo stato presente del mondo, o meglio con lostato del mondo come lo conosciamo fin dalle sue origini: quella massa di esseriche si sviluppano nello spazio e nel tempo senza significato accertabile,quell’enorme spreco di energie e di tentativi sbagliati nella produzione di speciemostruose, nella lotta di tutti contro tutti, nella carneficina universale che sembraessere la legge dell’evoluzione su questa nostra terra.12

Come pensarla diversamente quando sappiamo che una volta spento il Solel’intera Terra si trasformerà in un deserto gelato, su cui nessuna forma di vita saràpiù possibile, e che nel frattempo i nostri organi resteranno poco affidabili, la nostravita troppo breve, repellenti tranne che per le loro mamme gli scarafaggi (per nonparlare del virus dell’AIDS, la specie vivente oggi - fortunatamente - più a rischio diestinzione: altro che i panda!), perfino assai ‘commerciali’ i colori di certi tramonti?[6].

6 - Un tramonto “bello: ma commerciale” (disegno di Jong, da Evergreen, luglio 1970, ripubbl. inCasabella, 463/464, 1980, p. 114).

10 Non possiamo che rallegrarcene dato che con quei due personaggi, come dice un po’

enfaticamente Marcello Fagiolo (Natura e artificio, cit., pp. 8, 9), alla fissità senza tempo, al rifugioprimario nella Natura si contrappone l’inizio della Storia attiva dell’uomo, segnata dalla volontà dirisollevarsi e dall’ansia di salvezza attraverso le opere … Caino è letteralmente il fabbro del suo destinoe del destino del mondo. È l’homo faber dal quale discendono non a caso i protagonisti dello sviluppotecnologico dell’umanità, fra i quali amiamo annoverarci pure noi architetti.

11 Bertrand Russell, Perché non sono cristiano, Longanesi, Milano 1959, p. 15.12 Cit. da Umberto Galimberti, “Come si spiega l’origine del male”, in Repubblica, 5/6/2000.

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Di fronte a un tale scenario, come stupirsi di quell’orror che primo / control’empia natura / spinse i mortali in socïal catena, di cui parla Leopardi? Comecredere ancora alla favola di una natura sempre e solo “divina maestra”? Ma se leistessa è poco soddisfatta delle sue opere! (vedete com’è facile caderenell’antropomorfismo: le attribuisco dei sentimenti). E difatti continua atrasformarle: spegne le stelle, erode le Dolomiti e la rupe di Orvieto, fa nascerenuove specie vegetali e animali e ne condanna altre all’estinzione. Quelle chesopravvivono ci riescono anche grazie alla loro capacità di trasformare l’ambiente aproprio vantaggio. Gli animali, costruendosi dei ripari (>imitazione), in quanto,afferma Hancocks, come gli uomini, sono in grado di adattarsi solo a una gammalimitata di variazioni climatiche … La necessità d’un riparo è la prima causa delcostruire. Lo scimpanzé che con una foglia si protegge la testa dal sole, così comel’uomo moderno addormentato in giardino col giornale domenicale sulla testa,riecheggiano l’antico inizio dell’architettura. Nel regno animale la costruzione diripari è altrettanto varia quanto lo sono le speci e gli habitat. Si tratta di strutturespesso sorprendentemente sofisticate, che giocano diversi ruoli nella vita deglianimali. I risultati più spettacolari dal punto di vista della tecniche costruttive sonoraggiunti dagli insetti, specialmente quelli sociali (formiche, api, vespe e termiti),che costruiscono nidi di notevoli dimensioni per proteggere se stessi e le propriescorte di cibo.13

Oltre a dotarsi di abitazioni, molti animali ‘superiori’ fan uso di strumenti: lescimmie usano sassi per rompere le noci, rametti per tirar fuori gl’insetti daiformicai, bastoni nodosi per minacciare gli avversari.

Non è da stupirsi se l’uomo, evolutosi da paleoscimmie antropoidi - come hadovuto ammettere suo malgrado e con un secolo di ritardo la stessa Chiesa14 - finda subito ha modificato quel che gli stava attorno. Un comportamentoperfettamente naturale, nel senso che è la sua stessa natura a spingerlo a lottareper la sopravvivenza, con tutti gli strumenti che riesce a costruire. Ogni prodottodell’uomo - dice Amsterdamsky -, gli arnesi con cui lavora, il linguaggio con cuicomunica, le istituzioni cui dà vita, è almeno indirettamente un prodotto dellanatura … tutto ciò che l’uomo ha inventato è naturale conseguenza della natura chegli è propria. L’uomo è per sua natura un essere culturale, constata oggi KonradLorenz, il che significa che per sua natura deve produrre cultura e trasformarsisotto l’influsso di questa. Sembrerebbe che, da quando la teoria dell’evoluzione hadato un fondamento all’idea di origine naturale del genere umano, la posizioneesposta sopra non possa essere messa ragionevolmente in discussione.15

Se tutto ciò che l’uomo fa è ‘naturale’, se la natura - compresa la nostra - non è ilprodotto d’una creazione divina e pertanto non siamo soggetti ad alcun ‘superiore’divieto di trasformarla, se dal nostro punto di vista è tutt’altro che perfetta e

13 David Hancocks, Animals and architecture, Hugh Evelyn Ltd., London 1971, p. 11.14 Fin da quel 24 novembre 1859, giorno in cui uscì l’Origine delle specie andando esaurita prima di

sera, le gerarchie ecclesiastiche tentaro in tutti i modi di osteggiare la teoria darwiniana che smentivaplatealmente la Bibbia. Il vescovo Wilberforce di Oxford scrisse ad es. che il cristianesimo era del tuttoinconciliabile con il concetto degradante dell’origine bruta di colui che è stato creato ad immagine di Dio.Più spiritosa la moglie del vescovo Worcester: Discendere dalle scimmie! Speriamo non sia vero; ma secosì fosse, preghiamo che almeno non lo si venga a sapere…

Dobbiamo attendere fino al 1950 perché la Chiesa cominci a mettere in dubbio la creazione raffigurataper secoli nelle immagini sacre: un dio con la barba, vestito di un tunicone, che con la mano alzata comeuna bacchetta magica evoca tutte le specie viventi e poi con il fango fa un bel pupazzo chiamato Adamo.È Pio XII, nell’enciclica Humani Generis, il primo papa a riconoscere che la teoria di Darwin è un’ipotesiseria: ma non certa, per carità. Passa un altro mezzo secolo e nell’ottobre del ‘96 papa Wojtyla fa unulteriore passo: in un messaggio alla Pontificia Accademia delle Scienze dichiara che nuove conoscenzeconducono a riconoscere nella teoria dell’evoluzione più che un’ipotesi, ribadendo però subito che se ilcorpo umano ha origine dalla materia vivente ad esso preesistente, l’anima spirituale è creataimmediatamente da Dio… (Marco Politi, “Wojtyla a Darwin: qua la mano”, in Repubblica, 24/10/96).

15 Stefan Amsterdamsky, “Naturale/artificiale”, in AA. VV., Enciclopedia, Einaudi, Torino 1977–84,vol. 9, p. 799.

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desideriamo migliorarla, allora il problema diventa quello di stabilire i limiti oltre iquali non ci conviene spingerci. Limiti che in democrazia non possono dipendere chedal consenso, dal parere della maggioranza: un sistema imperfetto, lo sappiamo, celo diciamo tutti i giorni, ma che è il meno peggio inventato fin’ora.

Per cui un ecologista, un bioarchitetto, o chiunque desideri porre dei limiti alletrasformazioni ammissibili, deve necessariamente cercare di convincere lamaggioranza a pensarla come lui. Lo può fare, si sa, fomentando quei timori/terroriirrazionali di matrice religiosa da cui ho preso le distanze nelle pagine precedenti. Olo può fare - ed è questa la linea che preferisco - su basi razionali, dimostrando chenon ci conviene sprecare le risorse, non ci conviene inquinare il mare in cuipeschiamo il pesce o facciamo il bagno, non ci conviene abitare in case fatte dimateriali che non giovano alla nostra salute fisica e, perché no, mentale, non ciconviene mangiare verdure farcite di pesticidi, non ci conviene consumare energienon rinnovabili se ne abbiamo di rinnovabili, ecc. E tutti quei “non ci conviene” lidobbiamo corroborare con ricerche serie, scientifiche, controllabili.

Caduto il tabù religioso, non c’è alcun criterio certo, né tanto meno definitivo, perdistinguere le trasformazioni ammissibili dalle altre: ammissibili saranno quelleconsiderate convenzionalmente tali dal modello culturale vigente in quel momento ein quella zona del mondo. Modello, si sa, artificiale quanto le trasformazioni di cuigiudica l’ammissibilità…

(aggiorn. 29 0ttobre 2004)