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Comunicare cattive notizie (nel percorso della persona con malattia oncologica) Daniele Govi Corso di formazione specifica in Medicina Generale 2012 Reggio Emilia

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Comunicare cattive notizie

(nel percorso della persona

con malattia oncologica)

Daniele Govi

Corso di formazione specifica in

Medicina Generale 2012

Reggio Emilia

Perchè comunicare cattive notizie

al malato oncologico:

• Perchè è un compito ineludibile nella pratica clinica del

medico.

• Perchè è un obbligo giuridico, deontologico ed etico.

• Perché facilita il processo di adattamento alla malattia.

Il comunicare una diagnosi di cancro, o una prognosi

infausta, magari a breve termine, o il dovere di

ammettere la progressione della malattia e l’inefficacia

dei trattamenti, possono costituire per qualsiasi medico

un compito difficile, complesso e denso di

coinvolgimenti emotivi, di cui spesso si farebbe

volentieri a meno e che, qualche volta, appare del tutto

rifiutato, anche se é da ognuno teorizzato il diritto del

malato all’informazione e alla scelta consapevole.

Senza nulla togliere alle dolorose difficoltà del

medico (di chi comunica), il procedere lungo questo

ragionamento ci conduce, di fatto, fino al paradosso

di invertire le posizioni tra chi deve curare e chi ha

necessità di cure, tra chi deve soltanto comunicare

l’evento infausto e chi, invece, si trova a viverlo per

davvero ed a proprie spese.

Codice di Deontologia Medica – 2006

Capo IV: Informazione e consenso

Art.33 – Informazione al cittadino:“Le informazioni riguardanti prognosi gravi o infauste o tali da poter procurare preoccupazione e sofferenza alla persona, devono essere fornite con prudenza, usando terminologie non traumatizzanti e senza escludere elementi di speranza. La documentata volontà della persona assistita di non essere informata o di delegare ad altro soggetto l’informazione deve essere rispettata”.

Art.34 - Informazione a terzi: “…presuppone il consenso esplicitamente

espresso dal paziente,…”.

Art.35 - Acquisizione del consenso: “Il consenso, espresso in forma scritta…è

integrativo e non sostitutivo del processo

informativo di cui all’art.33…”.

Ma siamo certi che i pazienti desiderino sapere la verità?

• I dati di letteratura, nel complesso, confermano che la maggior parte dei pazienti (dal 70 al 90%) desidera ricevere informazioni oneste e veritiere su diagnosi, prognosi, effetti collaterali dei trattamenti.

• In particolare è piuttosto elevata la percentuale di coloro che vogliono sapere se sono affetti o meno da un cancro.

• Esiste una quota minore - ma non per questo trascurabile - di pazienti che non vuole essere informata o che esprime bisogni comunicativi differenziati.

Il fatto che la gran parte dei pazienti affetti da cancro

voglia conoscere le “cattive notizie” che li riguardano

diviene tuttavia irrilevante se i medici non sono

d’accordo nel comunicarle o se, di fatto, non lo fanno

o sottostimano il numero dei loro malati che desidera

ricevere questo tipo di informazioni.

• L’esame della letteratura evidenzia che le attitudini e le linee di condotta dei medici nel comunicare cattive notizie variano da paese a paese, in rapporto a diversi fattori quali il tipo di formazione e di specializzazione, la cultura, i valori, la religione, le diverse modalitàassistenziali ed assicurative.

• Uno studio internazionale (Holland 1987) ha evidenziato che mentre in alcuni paesi (Austria, Danimarca, Finlandia, Nuova Zelanda, Norvegia, Olanda, Svezia e Svizzera) la maggior parte degli oncologi (>80%) rivelava la diagnosi, in altri (Africa, Francia, Giappone, Italia, Panama, Portogallo, Spagna e Ungheria) soltanto una quota ridotta (<40%) lo faceva.

• Tuttavia in tutti i paesi la maggioranza dei medici comunicava la diagnosi ai familiari.

…il 73% dei familiari rifiuta di

informare, ma il 65% degli stessi

vorrebbe essere informato.

(Indagine realizzata in Spagna)

Negli Stati Uniti, negli anni cinquanta e sessanta, circa

il 90% dei medici dichiarava che in caso di diagnosi di

cancro preferiva non informare il paziente ed a tale

proposito venivano pubblicati anche metodi per

eludere le domande del malato.

Da anni è noto un radicale cambiamento.

Novack (1979) ha rilevato che mentre nel 1961 il 90%

dei medici americani preferiva non comunicare tale

diagnosi, nel 1971 soltanto il 3% di essi nascondeva la

verità.

In Italia (1999)…

…soltanto il 26% ed il 47% di 2088 pazienti con una

malattia oncologica disseminata era consapevole,

rispettivamente, della difficoltà di guarigione e della

gravità della patologia.

The Italian Group for Evaluation of Outcomes in Oncology (IGEO), Ann Oncol, 1999.

E’ evidente una maggior attitudine da parte

dei medici ad informare i pazienti adulti

(relativamente giovani) piuttosto che quelli

anziani.

Caruso e coll., 2000

Il malato desidera sapere?

• Il 64.7 % desidera essere informato dei risultati dopo

ogni singolo esame.

• Il 26.6 % desidera essere informato dei risultati a

percorso diagnostico completato.

Marco L. Bellani

Università dell’Insubria (Varese) – Facoltà di Medicina

Psicologia Clinica e Psico-Oncologia

Il malato desidera sapere?

• Il 53.0 % desidera essere informato per primo.

• Il 2.2 % desidera che sia informato per primo un suo

parente.

• L’ 1.3 % non vorrebbe conoscere né l’esito degli

accertamenti né la diagnosi.

Marco L. Bellani

Università dell’Insubria (Varese) – Facoltà di Medicina

Psicologia Clinica e Psico-Oncologia

Il malato desidera sapere?

• Il 77.9 % desidera essere informato dallo specialista

che fa la diagnosi.

• Il 22.1 % desidera essere informato dal MMG.

• Il 13 % desidera essere informato dallo specialista che

farà la terapia.

Marco L. Bellani

Università dell’Insubria (Varese) – Facoltà di Medicina

Psicologia Clinica e Psico-Oncologia

Il malato desidera sapere?

• Il 71.1 % desidera essere informato della diagnosi

insieme con una persona di sua fiducia.

• Il 26.2 % desidera essere l’unico ad essere informato

della diagnosi.

• Il 2.5 % non vorrebbe conoscere la diagnosi.

Marco L. Bellani

Università dell’Insubria (Varese) – Facoltà di Medicina

Psicologia Clinica e Psico-Oncologia

Il malato desidera sapere?

• L’88.4 % desidera essere informato in ogni caso sulla

natura della malattia, le possibilità di guarigione e le

terapie proposte.

• Il 10.3 % vincola l’essere informato a concrete

possibilità di guarigione.

Marco L. Bellani

Università dell’Insubria (Varese) – Facoltà di Medicina

Psicologia Clinica e Psico-Oncologia

Dalla nostra esperienza in Hospice, possiamo

stimare, con buona approssimazione, che, pur con

“completezze” diverse, circa il 60% delle persone

ammalate accolte in struttura risultano consapevoli

della diagnosi, mentre solo il 30% della prognosi

infausta (le persone anziane risultano, mediamente,

meno consapevoli).

Consapevolezza di diagnosi e prognosi

dei pazienti deceduti che hanno necessitato di SPT

56%

24%

10%11%

24%

38%

24%

14%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

SI NO Parziale "Non so"

diagnosi

prognosi

Anno 2009

Anno 2009

Anno 2009

Il malato desidera sapere?

• Il bisogno di informazione non èuniforme.

• Le informazioni devono essere personalizzate.

Cosa intendiamo per “cattiva notizia”?

Perché dare cattive notizie è un compito difficile?

Cos’è una “cattiva notizia”?

Una notizia è cattiva quando modifica drasticamente

ed in modo negativo la visione che il paziente ha del

proprio futuro ed il suo impatto devastante dipende da

quanto la persona già conosce o sospetta circa il

proprio avvenire, ovvero dal divario tra le sue

aspettative e la realtà in cui vive.

Calman’s gap

…l’ampiezza del “gap” (del divario tra realtà e

aspettative) risulta direttamente proporzionale alla

prevedibile sofferenza della persona

realtà

aspettative del paziente

Perché è difficile per il medico

comunicare cattive notizie?

• Perché si va oltre l’ideale di cura e guarigione

• Perché si genera dolore e si teme di ferire irreparabilmente (le cattive notizie hanno potenziali distruttivi)

• Perché si facilita l’identificazione (quindi la reciprocitàdel dolore), attivando meccanismi di difesa

• Perché ci si sente in difficoltà nell’esprimere e gestire le emozioni (ci si sente professionalmente impreparati)

• Perché si teme di dover dire “non so”

• Perché si mette a repentaglio la propria immagine di inviolabilità (ci si può sentire accusati)

• Perché si ha paura personale della malattia, della morte

“How to break bad news”

(Buckman, 1992)

…il comportamento non ha un suo opposto.

…l’attività o l’inattività, le parole o i silenzi

hanno tutti valore di messaggio.

…non esiste

la “non-comunicazione”

…non esiste

la “non-comunicazione”

Non è possibile non comunicare…

Elementi della comunicazioneElementi della comunicazione

60%

gestualità

30%

tono della voce

10%contenuto

cosa

come

relazione

Bellini et al., 1992

Come i medici comunicano:

• Dicono tutto e subito, a volte anche verità non richieste.

• Tacciono la gravità della malattia con la convinzione che il malato non possa capire o non voglia parlarne.

• Si sottraggono al disagio di sgradevoli comunicazioni e all’angoscia dell’ascolto; danno informazioni limitate e deformate.

• Informano solo i parenti, colludendo in una “alleanza del silenzio” ai danni del malato.

• Tentano con sofferto disagio di mediare tra “il dire” e “il non dire” improvvisando secondo il buon senso e la personale esperienza, non confrontata con altri .

Un “protocollo” (metodo) articolato per

comunicare cattive notizie al malato di cancro è

quello di Baile, Buckman e coll. (2000), denominato

SPIKES (acronimo formato dalle lettere iniziali dei

sei passi fondamentali che lo compongono).

Sei passi

• 1) S = Setting up (preparare il colloquio)

• 2) P = Perception (capire quanto il paziente sa)

• 3) I = Invitation (capire quanto il paziente vuole sapere e

ricevere l’invito ad essere informato)

• 4) K = Knowledge (dare le informazioni)

• 5) E = Emotions (rispondere alle emozioni del paziente)

• 6) S = Strategy and Summary (pianificare e riassumere)

1) S = Setting up (preparare il colloquio)

Obiettivi:

• Prepararsi per il colloquio

• Mettere il paziente a proprio agio

• Facilitare lo scambio di informazioni

• Facilitare la relazione

• Dobbiamo avere sufficientemente chiaro chi si incontra

e perché (riflettere anticipatamente)

• Disporre del tempo necessario

• Disporre di un luogo adatto: stanza appartata (studio),

porta chiusa, telefono “staccato”, posti a sedere

• Chiederci e chiedere al paziente se gradisce la presenza di

un familiare

• Mantenere il contatto visivo (attenzione consapevole alla

propria e altrui comunicazione non verbale)

• Definire il nostro ruolo

• Apriamo il colloquio (con una frase d’approccio

facilitante)

Come va oggi ?

Si sente abbastanza bene per parlare un po’?

2) P = Perception (capire quanto il paziente sa)

Obiettivi:

• Valutare le discrepanze nell’informazione

• Valutare la negazione e le dissimulazioni

• Costruire la relazione

• Comprendere le aspettative e le

preoccupazioni del paziente

• Usiamo domande preferibilmente aperte

“Come è inziata la sua storia di malattia?”

“Mi può dire cosa le è stato detto?”

• Rispecchiamo, riassumiamo, chiariamo...riutilizziamo

le parole del paziente per facilitare e ben

comprendere il suo racconto... (“Se ho ben capito lei mi

ha detto che...é così?...quali altre cose per lei importanti che mi

vuole dire?...”)

• Correggiamo informazioni sbagliate e

fraintendimenti (con parole semplici, disegni...)

• Affrontiamo e rispettiamo la negazione

“Non mi è stato detto niente...”

(quale emozione suscita in noi questa risposta? Non

confrontiamo subito il paziente con la verità; non

pensiamo che già non la possa conoscere; non

pensiamo che un paziente istruito comprenda meglio

la diagnosi)

• Cerchiamo di cogliere il significato di eventuali

aspettative irrealistiche del paziente

3) I = Invitation (capire quanto il paziente vuole

sapere e ricevere l’invito ad essere informato)

Obiettivi:

• Valutare quante informazioni desidera

ricevere il paziente e quando comunicarle

• Riconoscere che il bisogno di informazioni da

parte del paziente può cambiare nel tempo

• Invitare il paziente a comunicare quanto desidera sapere

“Ha già ricevuto sufficienti informazioni o c’è ancora qualcosa che

vorrebbe sapere o capire meglio?”

“Pensa di avere bisogno di altre notizie sulla sua malattia o vuole

che parliamo della cura?”

• Rispettare il diritto del paziente a non voler “sapere

tutto”, dare supporto, dare risposte ad eventuali sue

domande

4) K = Knowledge (dare le informazioni)

Obiettivi:

• Preparare il paziente a ricevere la cattiva notizia

• Informare

• Accertarsi che il paziente abbia compreso

• Accompagnare il paziente verso la comprensione del

problema, preannunciando i temi di cui si parla (diagnosi,

prognosi, terapia)

• Linguaggio comprensibile (allinearsi al paziente)

• “Sondare il terreno”

“Purtroppo la situazione sembra essere più seria di quanto…”

• Dare informazioni a piccole dosi

• Accertarsi che il paziente stia seguendo e comprenda,

chiarendo le informazioni, ripetendo e verificando

regolarmente

5) E = Emotions (rispondere alle emozioni del

paziente)

Obiettivi:

• Riconoscere le reazioni emotive del paziente,

rispondendo in modo empatico e

legittimandole

• Riconoscere le proprie reazioni emotive

• Lasciare al paziente la possibilità di riprendersi

• Aspettarsi reazioni emotive e preparasi a gestirle

(“sentirsi dentro”)

• Rispettare e comprendere i tempi e i modi della

reazione emotiva del paziente (in particolare, il

silenzio...)

• Disporre di fazzolettini di carta

• Reagire empaticamente a reazioni come il pianto, la

rabbia, l’incredulità, l’ansia, la paura, lo shock...

• Chiarire le emozioni di cui non si è sicuri

• Legittimare i vissuti del paziente

• Evitare rassicurazioni intempestive, contradittorie,

minimizzanti…

• Rispettare i tempi emotivi e cognitivi della persona

per procedere con il passo successivo

6) S = Strategy and Summary (pianificare e

riassumere)

Obiettivi:

• Stabilire un piano di cura chiaro e condiviso

per il futuro

• Chiusura del colloquio

• Discutere, pianificare e concordare con il paziente una

strategia d’azione che prenda in considerazione le

possibilità di intervento ed i risultati attesi

• Lasciare spazio ad eventuali ulteriori domande

• Valutare quanto la persona ha effettivamente compreso

(aspettative/realtà)

• Riassumere quanto detto (evidenziando e rafforzando

le risorse disponibili)

• Salutare fissando un successivo appuntamento (e

concordando modalità di contatto anticipato, se

eventualmente necessario).

La comunicazione

• Gergo medico

• Domande chiuse

• Domande con risposta

• Domande multiple

• Domande con focus su sintomi fisici

• Premature rassicurazioni e minimizzazioni

…è inibita da: …è favorita da:

• Domande aperte

• Domande con focus su sintomi psicologici

• Empatia e silenzio

• Rispecchiamento, chiarificazione, facilitazione

• Formulazione di potesi, riassunto