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NOI SIAMO LA POLIZIA LOCALE Riccione 11 Gennaio 2019 – Hotel Mediterraneo Sessione “SICUREZZA URBANA, SAFETY E SECURITY” Decreto Sicurezza: le ordinanze del Sindaco e il DASPO URBANO Relatore: dott. Carmine BUCCIERO Vice Comandante del Corpo della Polizia Municipale Città di Sorrento Consulente Tecnico in Infortunistica Stradale del Tribunale e Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torre Annunziata Docente della Scuola Regionale di Polizia Locale della Campania in collaborazione con

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NOI SIAMO LA POLIZIA LOCALERiccione 11 Gennaio 2019 – Hotel Mediterraneo

Sessione “SICUREZZA URBANA, SAFETY E SECURITY”

Decreto Sicurezza: le ordinanze del Sindaco e il DASPO URBANO

Relatore: dott. Car mine BUCCI E R OVice Comandante del Corpo della Polizia Municipale Città di Sorrento

Consulente Tecnico in Infortunistica Stradale del Tribunale e Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torre Annunziata

Docente della Scuola Regionale di Polizia Locale della Campania

in collaborazione con

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IL POTERE DI ORDINANZA DEL SINDACO

Vicenda anomala, quella delle ordinanze del sindaco: dai sospetti di illegittimità costituzionale, a strumento di politiche sociali, sino ad una nuova centralità nell’attuale dibattito sulla sicurezza nelle città.

In una prima fase del periodo repubblicano, varie opinioni avevano avanzato dubbi sul fatto che il potere di adottare ordinanze contingibili e urgenti fosse compatibile con i principi affermati dalla Costituzione.

Dubbi risolti in senso positivo da una giurisprudenza costituzionale che – a partire da una delle prime sentenze della Consulta, la n.8 del 1956 – si era limitata a richiedere il rispetto di alcune condizioni, quali l’efficacia limitata nel tempo, la motivazione adeguata, il rispetto dei efficacia limitata nel tempo, la motivazione adeguata, il rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamentoprincipi fondamentali dell’ordinamento.

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Il legislatore, dal canto suo, in ogni tappa dei suoi interventi (dalla legge 142 del 1990 al testo unico del 2000) ha inteso confermare i caratteri fondamentali dell’istituto; distinguendo con nettezza le ipotesi in cui ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco quale rappresentante della comunità locale (in caso di “emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale”: art.50), da quelle in cui egli opera in veste di ufficiale di governo, “al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini”; caso in cui – precisa espressamente la norma, riprendendo i criteri affermati dalla giurisprudenza – le ordinanze devono essere adottate “con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico” (art.54).

IL POTERE DI ORDINANZA DEL SINDACO

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Del resto, dopo l’introduzione nell’ordinamento italiano dell’elezione diretta dei sindaci, questi – caricati di nuove responsabilità, visibilità, aspettative, ma dotati di poteri sostanzialmente inalterati – hanno fatto riferimento ai poteri di ordinanza sia per rivendicarne una estensione in grado di meglio corrispondere alle attuali esigenze, sia per farne applicazioni innovative.

Nella prassi, si è assistito così ad una evoluzione che, soprattutto in anni recenti, ha portato a sviluppare un’ampia gamma di sperimentazioni ed esperienze.

IL POTERE DI ORDINANZA DEL SINDACO

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In particolare è bene precisare che la crescita di interesse per il tema della sicurezza nel dibattito sul governo delle città ha indotto “progressivamente” il legislatore italiano a rafforzare gli strumenti di amministrazione locale, per consentire (delegare) una più immediata risposta alle richieste dei cittadini.

IL SINDACO: Tutore della Sicurezza Urbana?

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“Parlare” di sicurezza significa però riferirsi a diversi ordini di problemi: oggettivi e soggettivi.

Tra i primi si collocano il verificarsi di reati (le aggressioni, le diverse tipologie di furti o di rapine), i fenomeni riconducibili a comportamenti incivili ed il degrado urbano.

Altrettanto importanti sono però i sentimenti soggettivi, ovvero ciò che i cittadini “percepiscono” rispetto alla propria (in)sicurezza, individuale e collettiva.

La sicurezza reale e percepita

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La Sicurezza Urbana: una novità?

In questo quadro di precedenti e di esigenze, il d.l. 23 maggio 2008, n.92, conv. In l. 24 luglio 2008, n.125, ha ridisegnato le attribuzioni del sindaco nelle funzioni di competenza statale (riscrivendo l’art. 54 del testo unico), in particolare per conferirgli poteri di ordinanza in nuovi ambiti.

Lo scopo della riforma dell'epoca era quello di potenziare gli strumenti del Sindaco nel contrasto ai fenomeni di devianza e criminalità e nella gestione, a livello locale, delle insicurezze della popolazione, sempre più legate a comportamenti di inciviltà e disordine.

Tale ampliamento dei poteri da esercitare a mezzo ordinanze “anche” contingibili ed urgenti suscitò reazioni contrastanti:

E' stato accolto con favore da quanti ritenevano che venisse in tal modo concesso ai sindaci uno strumento idoneo a rispondere in modo efficace alla domanda di sicurezza dei cittadini.

Critiche furono invece espresse sia per la definizione troppo ampia e generica di sicurezza urbana (nel cui ambito possono rientrare tutte le problematiche sociali che si verificano in un territorio) e per la conseguente attribuzione al sindaco di un’eccessiva discrezionalità, sia per il difficile coordinamento tra diritto penale e diritto amministrativo - nel cui ambito rientrano le ordinanze - e per le implicazioni della riforma sulle competenze della polizia locale.

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Le ordinanze sindacali dal 2008 ad oggi

All’indomani della riforma del 2008, numerose ordinanze sono state emanate in diversi comuni per far fronte in particolare all’insicurezza derivante dall’esercizio della prostituzione, fenomeno particolarmente visibile e causa di preoccupazione e lamentele da parte dei cittadini.

In precedenza alcuni sindaci avevano previsto delle sanzioni per i clienti attraverso ordinanze poste a tutela della circolazione stradale.

Come previsto dal decreto ministeriale del 5 agosto 2008, infatti, il sindaco - a tutela della sicurezza urbana - può contrastare e prevenire non soltanto «le situazioni urbane di degrado o di isolamento che favoriscono l’insorgere di fenomeni criminosi, quali (…) lo sfruttamento della prostituzione» (art.1) ma anche «i comportamenti che, come la prostituzione su strada (…) possono offendere la pubblica decenza» e turbare l’utilizzo degli spazi pubblici (art.2, lettera e).

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Altri temi attenzionati dai Sindaci con atti a volte amministrativamente e giuridicamente “creativi” sono e sono stati:

1) Il contrasto all'accattonaggio, ai cd. Punkabestia ed artisti di strada;2) Il contrasto ai lavavetri ed alla vendita e somministrazione su suolo pubblico;3) Il contrasto agli assembramenti notturni e relativi schiamazzi innanzi ad esercizi commerciali ed artigiani alimentari (negozi etnici, ecc.);4) la difesa del comune senso del pudore con discipline su abbigliamento consentito in determinati luoghi...5) regole e obblighi vari e variegati che hanno accomunato pur nelle loro differenze i comuni da nord a sud con i cd. Sindaci – sceriffi ed operatori di polizia locale tramutati in censori di vizi e virtù urbane.

Le ordinanze sindacali dal 2008 ad oggi

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Città “Stato”: la Corte Costituzionale dice NO! La scelta di quali comportamenti debbano essere vietati in quanto pericolosi per la coesione sociale e la convivenza civile posta in capo al primo cittadino, al quale la legge riconosce quindi un ampio potere discrezionale (l’emanazione delle ordinanze, infatti, non richiede l’approvazione del consiglio comunale ma solo una preventiva comunicazione al prefetto) venne giudicata però illegittima dalla Corte costituzionale che, con sentenza n.115 del 2011, ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 54 comma 4 TUEL - per violazione degli artt. 3, 23 e 97 della Costituzione - nella parte in cui consentiva l’emanazione di ordinanze “anche” contingibili ed urgenti. La sentenza della Corte costituzionale ha quindi ridimensionato e non di poco le novità che erano state introdotte nel 2008.

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La Corte costituzionale con la sentenza n.115 del 7 aprile 2011 ha accolto la questione di legittimità sulla base del fatto che “le ordinanze sindacali ordinarie incidono per la natura delle loro finalità (incolumità e sicurezza urbana) e per i loro destinatari (le persone presenti in un dato territorio), sulla sfera generale di libertà dei singoli e delle comunità amministrate, ponendo prescrizioni di comportamento, divieti, obblighi di fare e di non fare, che, pur indirizzati alla tutela di beni pubblici importanti, impongono comunque, in maggiore o minore misura, restrizioni ai soggetti considerati”.

Corte Costituzionale Sent. 115/11

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E' chiaro inoltre che l’esercizio del potere di ordinanza nei settori afferenti al degrado urbano, al decoro e alla vivibilità urbana, presenta problemi:

● Difficilmente in tali settori l’adozione di questo tipo di ordinanze rispetta, per sua natura, i requisiti della contingibilità e dell’urgenza.

● Il decoro-degrado urbano, così come la vivibilità urbana, sono aspetti che dovrebbero essere gestiti in modo strutturale e continuativo: l’ordinanza contingibile ed urgente è l’antitesi di un provvedimento (o di più provvedimenti) a medio-lungo termine, essendo stata pensata per far fronte a situazioni emergenziali improvvise.

...Conseguentemente...

Erano in ogni caso emerse criticità, dovute all’eccessiva genericità delle formule: vivibilità urbana, degrado del territorio, decoro urbanovivibilità urbana, degrado del territorio, decoro urbano, etc.

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Appare evidente come non possa esistere, di per sé, una situazione di degrado urbano “emergenziale”.

Posto che il decoro e la pulizia delle aree urbane decade nel corso di un periodo di tempo prolungato, si può pensare a situazioni limite (es. manifestazioni politiche che sfociano in atti di guerriglia urbana, festival musicali o agro-alimentari di particolare seguito, assembramento di migliaia di tifosi per un evento sportivo, etc.) ma, in ogni caso, si tratta di situazioni non certamente improvvise ed imprevedibili, bensì note da tempo, che lasciano ampio margine temporale per poter provvedere in modo difforme dall’ordinanza contingibile ed urgente.

Ulteriori considerazioni:

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LA SICUREZZA URBANA

Finalmente il decreto legge sulla sicurezza n. 14 del 20.02.2017 e la successiva Legge di conversione n.48 del 18.04.2017 ha definito la “sicurezza urbana”, delineando quali siano gli interessi per tutelare i quali sono ammesse misure specifiche di competenza dei sindaci, da attuarsi sia attraverso il potere di ordinanza previsto dagli articoli 50 e 54 del TUEL, in sinergia con il Ministero dell’Interno (Prefetto) e nel rispetto di apposite linee-guida da adottarsi in seguito ad accordo sancito in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali.

Tale Conferenza NON vede al suo interno l’intervento delle Regioni e delle Provincie autonome, ma solo dei rappresentanti degli enti locali.

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La definizione di “sicurezza urbana” in particolare è inserita nell’art. 4 dalla legge di conversione (n.48 del 18.04.2017), che dispone:

“Ai fini del presente decreto, si intende per sicurezza urbana il bene pubblico che afferisce alla vivibilità e al decoro delle città, da perseguire anche attraverso interventi di riqualificazione, anche urbanistica, sociale e culturale, e recupero delle aree o dei siti degradati, l'eliminazione dei fattori di marginalità e di esclusione sociale, la prevenzione della criminalità, in particolare di tipo predatorio, la promozione della cultura del rispetto della legalità e l'affermazione di più elevati livelli di coesione sociale e convivenza civile, cui concorrono prioritariamente, anche con interventi integrati, lo Stato, le Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali, nel rispetto delle rispettive competenze e funzioni.”

LA DEFINIZIONE DI SICUREZZA URBANA

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Il concetto di sicurezza integrata

Una ulteriore parte fondamentale del decreto legge sulla sicurezza n. 14 del 20.02.2017 e della successiva Legge di conversione n.48 del 18.04.2017 è inoltre l’art. 1 comma secondo che definisce invece la sicurezza integrata come:

“l’insieme degli interventi assicurati dallo Stato, dalle Regioni, dalle Provincie autonome di Trento e Bolzano e dagli enti locali […] al fine di concorrere, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze e responsabilità, alla promozione e all’attuazione di un sistema unitario e integrato per il benessere delle comunità territoriali”.

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L'art. 118 Costituzione

La definizione presenta un importante richiamo al ruolo degli enti locali.

Il comma 1 fa espresso riferimento all’articolo 118 Cost. manifestando l’intenzione precisa di evitare qualsiasi equivoco interpretativo, che potrebbe sorgere in relazione alla statuizione presente all’art. 117 secondo comma lettera h) - potestà statale in tema di ordine pubblico e sicurezza.

Rappresenta infatti l’incipit di una decisa svolta nel rapporto tra Stato ed enti locali in tema di ordine e sicurezza pubblica: pur essendo gli attori in gioco solitamente collocati in posizione verticale con precise gerarchie.

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IL POTERE DI ORDINANZA OGGI

11 GENNAIO 2019

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Nel novero di interventi in tema di “sicurezza” il decreto prevede, fra l'altro, l'utilizzo dei dispositivi elettronici per particolari fattispecie di reato, come maltrattamenti e stalking, ed introduce prescrizioni in materia di contratti di noleggio di autoveicoli per la prevenzione dei fatti di terrorismo.

Viene introdotta una particolare disposizione diretta a consentire che anche gli agenti di Polizia municipale possano utilizzare, in via sperimentale, armi comuni ad impulso elettrico.

Sono altresì inasprite le pene per i casi di occupazioni arbitrarie di immobili nei confronti dei promotori od organizzatori dell'invasione.

Decreto Sicurezza Salvini Decreto Legge, 04/10/2018 n° 113, G.U. 03/12/2018

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IL POTERE DI ORDINANZA DEL SINDACO: oggi

Le disposizioni contenute nel Testo unico degli enti locali nel testo vigente oggi – D. Lgs. n. 267 del 2000 – attribuiscono al Sindaco il potere di emanare ordinanze.

L’ART. 50, in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale, prevede infatti che il Sindaco possa adottare ordinanze, nella qualità di rappresentante della comunità locale.

Il decreto legge n. 14 del 2017 (c.d. Decreto Minniti), convertito con legge n. 48 del 2017, ha ampliato l’ambito di intervento del Sindaco, sempre nella veste di rappresentante della comunità locale, anche agli interventi volti a “. ..superare ..superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell’ambiente e del situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell’ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e del con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti, anche con interventi in materia di orari di vendita, riposo dei residenti, anche con interventi in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcolichesuperalcoliche”.

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Liberalizzazione dei giorni e orari di apertura degli esercizi commerciali e di somministrazione

la Corte costituzionale ha evidenziato come non sia preclusa al sindaco la possibilità di esercitare, ai sensi dell’art. 50, comma 7, del Tuel, il proprio potere di inibizione delle attività per comprovate esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, oltre che del diritto dei terzi al rispetto della quiete pubblica, in caso di accertata lesione di interessi pubblici quali quelli in tema di sicurezza, libertà, dignità umana, utilità sociale, salute. (sentenza Consulta 220/2014).

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Inserimento del comma 7-bis nell’art. 50 D. Lgs. n. 267/2000

E' stato introdotto nel 2017 il comma «7-bis. Il Sindaco, al fine di assicurare il soddisfacimento delle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti nonché dell'ambiente e del patrimonio culturale in determinate aree delle città interessate da afflusso particolarmente rilevante di persone, anche in relazione allo svolgimento di specifici eventi, nel rispetto dell’articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, può disporre, per un periodo comunque non superiore a trenta giorni, con ordinanza non contingibile e urgente, limitazioni in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche.».

Il nuovo comma 7 bis.1 introdotto dal D.L. 113/18 prevede che l’inosservanza delle ordinanze emanate dal Sindaco ai sensi del comma 7 bis sia punita con la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da € 500,00 a € 5.000,00.

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...Chiusura dell'attività

Qualora la violazione suddetta sia stata commessa per due volte in un anno, si applicano le disposizioni di cui all’art.12 c.1 del D.L. 20 febbraio 2017 n.14 convertito, con modificazioni, dalla L. 18 aprile 2017 n.48, anche se il responsabile ha proceduto al pagamento della sanzione in misura ridotta, ai sensi dell’art.16 della L. 24 novembre 1981 n. 689 ovvero:

Può essere disposta inoltre dal Questore l'applicazione della misura della sospensione dell'attività per un massimo di 15 giorni, ai sensi dell'articolo 100 T.U.L.P.S.

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L'Art. 54 comma 4 conferisce invece al Sindaco il potere di adottare ordinanze contingibili e urgenti, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica, ossia l’integrità fisica della popolazione, e la sicurezza urbana.

Tale potere è attribuito al Sindaco in qualità di ufficiale del Governo, con la conseguente soggezione al potere di vigilanza prefettizio-ministeriale.

IL POTERE DI ORDINANZA art. 54 T.U.E.L.

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Attuale formulazione dell'art 54 comma 4-bis

«4-bis. I provvedimenti adottati ai sensi del comma 4 concernenti l’incolumità pubblica sono diretti a tutelare l’integrità fisica della popolazione, quelli concernenti la sicurezza urbana sono diretti a prevenire e contrastare l'insorgere di fenomeni criminosi o di illegalità, quali lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, la tratta di persone, l'accattonaggio con impiego di minori e disabili, ovvero riguardano fenomeni di abusivismo, quale l'illecita occupazione di spazi pubblici, o di violenza, anche legati all'abuso di alcool o all'uso di sostanze stupefacenti.»

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I presupposti essenziali…

Il presupposto oggettivo che presiede all’adozione delle ordinanze di necessità è rappresentato invece dalla contingibilità e urgenza di provvedere in merito ad una fattispecie concreta, non altrimenti fronteggiabile con gli ordinari rimedi predisposti dall’ordinamento.

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…La contingibilità

La contingibilità è rappresentata dall’imprevedibilità dell’evento “dannoso” da affrontare che rende vano / impossibile ricorrere con efficacia agli ordinari strumenti apprestati dall’ordinamento.

La giurisprudenza ha inteso l’imprevedibilità non in senso assoluto, ma in senso relativo, non rilevando l’accidentalità in senso stretto dell’evento, quanto l’intensità con cui lo stesso si manifesta e il suo livello di gravità; quindi anche in presenza di situazioni di pericolo note da tempo non è inibito il ricorso al potere di ordinanza, se la necessità di intervenire si manifesta successivamente e non sussista altro rimedio efficace per eliminare il danno o limitarne gli effetti.

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L’urgenza…

L’urgenza si configura allorquando emerga la necessità di intervenire con immediatezza e senza possibilità di differimento dell’intervento, a causa di un effettivo e irreparabile pericolo per l’incolumità pubblica, non altrimenti eliminabile.

L’urgenza va verificata nel caso concreto ed è rimessa alla valutazione discrezionale dell’Autorità procedente.

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La deroga alla tipicità

In presenza di entrambi i presupposti è possibile derogare al principio di tipicità degli atti amministrativi.

L’atipicità e la residualità del potere di ordinanza hanno però quale contraltare la provvisorietà e la temporaneità degli effetti del provvedimento.

Tuttavia in alcuni frangenti gli effetti dell’ordinanza possano avere il carattere della irreversibilità, scaturente proprio dall’efficacia della misura adottata, considerato che una conseguenza attesa dell’ordinanza di urgenza non è soltanto quella di fronteggiare temporaneamente il pericolo, ma quella di eliminarlo/prevenirlo definitivamente.

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Il D.L. 14/17 – Decreto Minniti ha sancito inoltre la nascita del DASPO!

Che integra il potere di ordinanza con una nuova misura cogente...ed è stato “sviluppato” ulteriormente

dal D.L. 113/18 – Decreto Salvini

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Daspo sportivo

Conoscevamo fino al 2017 infatti solo il Daspo sportivo ovvero il divieto di accesso alle manifestazioni sportive.

Il provvedimento viene emesso dal Questore e la sua durata va da uno a cinque anni, in base alle modifiche del cosiddetto Decreto Pisanu varato nel febbraio 2007 dopo gli scontri di Catania, che hanno causato la morte dell'Ispettore di Polizia Filippo Raciti e modificato ampliandone la sfera di applicazione agli autori di tutta una serie di reati già ricompresi nel codice antimafia dal D.L. 113/18 art. 22.

Può essere accompagnato dall'obbligo di presentazione a un ufficio di polizia in concomitanza temporale delle manifestazioni vietate. Viene sempre notificato all'interessato; nel caso in cui ad esso si affianchi anche la prescrizione della firma, è comunicato anche alla Procura della Repubblica presso il Tribunale competente. Entro 48 ore dalla notifica ne deve seguire la convalida da parte del GIP presso il medesimo Tribunale, solo per la parte attenente la firma. il Questore può autorizzare l'interessato, in caso di gravi e documentate esigenze, a comunicare per iscritto il luogo in cui questi possa recarsi per apporre le firme d'obbligo in concomitanza delle manifestazioni sportive.

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Daspo urbano

La misura, contenuta nell’art. 9 e nell’art. 10 del D.L. 14/17 che ha introdotto nel nostro ordinamento il provvedimento di allontanamento ed il divieto di accesso, è stata ribattezzata complessivamente, non solo dai media, come:

destando perplessità ed aprendo discussioni sia in ambito politico sia da parte degli “attori” chiamati ad applicarla... anche e soprattutto oggi che con il D.L. 113/18 – Decreto Salvini – è stato ulteriormente rafforzato.

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L’art. 9 comma 1, nella formulazione emendata dal D.L. 113/18, statuisce che:

“1. Fatto salvo quanto previsto dalla vigente normativa a tutela delle aree interne delle infrastrutture, fisse e mobili, ferroviarie, aeroportuali, marittime e di trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano, e delle relative pertinenze, chiunque ponga in essere condotte che impediscono l’accessibilità e la fruizione delle predette infrastrutture, in violazione dei divieti di stazionamento o di occupazione di spazi ivi previsti, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 100 a euro 300.

Contestualmente all’accertamento della condotta illecita, al trasgressore viene ordinato, nelle forme e con le modalità di cui all’articolo 10, l’allontanamento dal luogo in cui è stato commesso il fatto”.

Daspo urbano: cosa è?

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L’art. 9 comma 3 statuisce che “i regolamenti di polizia urbana possono individuare aree urbane su cui insistono musei, aree e parchi archeologici, complessi monumentali o altri istituti e luoghi della cultura interessati da consistenti flussi turistici, ovvero adibiti a verde pubblico alle quali si applicano le disposizioni di cui ai commi 1 e 2.”-

Il Decreto Sicurezza 2018 (D.L. 113/18) integra tale previsione in modo estensivo includendo: presidi sanitari, aree a destinate e fiere e pubblici spettacoli.

Viene quindi potenzialmente “tutelato” ogni luogo che si caratterizzi per l'intensa frequentazione da parte del pubblico e la rilevante funzione sociale.

Daspo urbano locale:

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Luoghi particolari in violazione dei divieti di occupazione e stazionamento impedendo l’accessibilità e fruizione dei luoghi predetti :

Occupare o stazionare in questi luoghi in violazione di ordinanze impedendo l’accessibilità e fruizione delle predette infrastrutture.

Occupare o stazionare in questi luoghi in violazione del regolamento di polizia urbana, impedendo l’accessibilità e fruizione dei luoghi predetti. 

Luoghi particolari (essere presenti in questi luoghi) in stato di ubriachezza, compiendo atti contrari alla pubblica decenza, esercitando il commercio abusivo, esercitando l'attività di parcheggiatore o guardiamacchine abusivo

Il Daspo urbano locale: ricorre...

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Art. 10 Divieto di accesso 1. L'ordine di allontanamento di cui all'articolo 9, comma 1, secondo periodo e comma 2, è rivolto per iscritto dall'organo accertatore, individuato ai sensi dell'articolo 13 della legge 24 novembre 1981, n. 689. In esso e' specificato che ne cessa l'efficacia trascorse quarantotto ore dall'accertamento del fatto e che la sua violazione è soggetta alla sanzione amministrativa pecuniaria applicata ai sensi dell'articolo 9, comma 1, aumentata del doppioaumentata del doppio..

Copia del provvedimento è trasmessa con immediatezza al questore competente per territorio con contestuale segnalazione ai competenti servizi socio-sanitari, ove ne ricorrano le condizioni.

Le sanzioni: allontamento immediato e...

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Le sanzioni: la reiterazione....

2. Nei casi di reiterazione delle condotte di cui all'articolo 9, commi 1 e 2, il questore, qualora dalla condotta tenuta possa derivare pericolo per la sicurezza, può disporre, con provvedimento motivato, per un periodo non superiore a sei mesi (*), il divieto di accesso ad una o più' delle aree di cui all'articolo 9, espressamente specificate nel provvedimento, individuando, altresì', modalità applicative del divieto compatibili con le esigenze di mobilita', salute e lavoro del destinatario dell'atto.

3. La durata del divieto non può comunque essere inferiore a sei mesi(*), né superiore a due anni, qualora le condotte di cui all'articolo 9, commi 1 e 2, risultino commesse da soggetto condannato, con sentenza definitiva o confermata in grado di appello, nel corso degli ultimi cinque anni per reati contro la persona o il patrimonio. Qualora il responsabile sia soggetto minorenne, il questore ne dà notizia al procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni.

(*)L’art. 21 del D.L. 113/2018 modifica i commi 2 e 3 dell’articolo 10 D.L. n. 14/2017, raddoppiando da 6 a 12 mesi il limite minimo della durata del cd. Daspo Urbano.

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4. In relazione al provvedimento di cui al comma 3 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 6, commi 2-bis, 3 e 4, della legge 13 dicembre 1989, n. 401. 5. In sede di condanna per reati contro la persona o il patrimonio commessi nei luoghi o nelle aree di cui all'articolo 9, la concessione della sospensione condizionale della pena può' essere subordinata all'imposizione del divieto di accedere a luoghi o aree specificamente individuati.

6. Ai fini dell'applicazione del presente articolo e dell'articolo 9, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Ministro dell'interno determina i criteri generali volti a favorire il rafforzamento della cooperazione, informativa ed operativa, tra le Forze di polizia, di cui all'articolo 16 della legge 1° aprile 1981, n. 121, e i Corpi e servizi di polizia municipale, nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

.....siamo in attesa!.....siamo in attesa!

Il Divieto di accesso e la cooperazione fra

FF.PP. e Polizie Locali

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L’autorità competente per tali “violazioni” è il Sindaco del territorio ove le stesse siano state accertate tramite gli organi di polizia locale (e statale).

In realtà, tale statuizione appare decisamente differente dal modello del DASPO sportivo, per cui non si ritiene del tutto corretta quindi l’assimilazione di quanto ivi contenuto alla definizione di “DASPO”.

Al Sindaco è riconosciuto sostanzialmente il potere di adottare una misura di prevenzione (?), benché della durata massima di quarantotto ore, connessa ad una violazione amministrativa (!).

Trattandosi di una misura di prevenzione, il Sindaco eserciterà un potere in qualità di ufficiale di Governo nello svolgimento delle funzioni di pubblica sicurezza.

...ricapitolando:

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Copia del “provvedimento di allontanamento” deve essere trasmessa al Questore competente per territorio, in quanto il tale atto costituisce il presupposto affinché il Questore possa adottare un provvedimento motivato di divieto d’accesso.

Questo viene emesso qualora vengano reiterate le condotte sanzionate nell’art. 9 comma 1 e 2 e solo allorché il Questore ritenga che dalla condotta in oggetto possa derivare pericolo per la pubblica sicurezza.

Daspo urbano e poi...divieto di accesso!

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La misura del divieto di accesso è, altresì, indicata nell’art. 13, riferendosi ad un settore specifico della sicurezza urbana: quello della vendita e cessione di sostanze stupefacenti e psicotrope.

A differenza di quanto previsto nell’art. 10, il divieto di accesso o stazionamento a determinati locali pubblici, aperti al pubblico o in specifici pubblici esercizi, può essere comminato dal Questore solo nei confronti di coloro i quali abbiano riportato negli ultimi tre anni una condanna, definitiva o confermata in appello, per reati di spaccio commessi all’interno o nei pressi dei suddetti luoghi.

Il Questore può, altresì, comminare a tali soggetti una serie di prescrizioni personali ulteriori: si tratta di prescrizioni analoghe a quelle previste dalla legge sulle misure di prevenzione, come ad esempio il divieto di allontanarsi dal comune di residenza.

Divieto di Accesso disposto dal Questore

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L’art. 21 introduce un nuovo art.13 bis nel D.L.14/2017 che, fatte salve le ipotesi dell’art.13 D.L.14/2017 (DASPO per cessione stupefacenti presso scuole o pp.ee.) affida al Questore, per motivi di sicurezza, la possibilità di disporre il divieto di accesso a locali e esercizi pubblici o locali di pubblico intrattenimento a persone condannate con sentenza definitiva o anche solo confermata in appello nell’ultimo triennio: a) per reati commessi nel corso di gravi disordini in pubblici esercizi o in locali di pubblico intrattenimento;b) per reati contro la persona e il patrimonio (esclusi quelli colposi); c) per produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 73, DPR 309/1990). Tale divieto può essere limitato a specifiche fasce orarie e non può durare meno di sei mesi e più di due anni. Oggetto del provvedimento potranno essere anche minorenni purché maggiori di 14 anni, previa notifica a chi esercita la responsabilità genitoriale. Ulteriore prescrizione da seguire nel corso di tale misura potrà riguardare l’obbligo – di cui non è indicata la durata - di presentazione presso gli uffici di polizia, anche più volte e in orari specifici. Per completezza si accenna inoltre che in materia di prevenzione delle illegalità all’interno dei pubblici esercizi sono previsti, ad opera dell’art. 21bis, accordi tra le organizzazioni maggiormente rappresentative dei pubblici esercizi e il Prefetto, per l’attuazione volontaria da parte degli esercenti di una serie di misure di prevenzione, da specificare ad opera di future linee guida ministeriali ed il cui adempimento sarà valutato dai Questori in sede di provvedimenti si sospensione o revoca delle licenze dei pp.ee.

DASPO URBANO disposto dal Questore

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In caso di reiterazione (di cui all’art. 8 bis L. 689/1981) di una delle violazioni dell’art. 9 commi 1 e 2 del D.L.14/2017 conv. da Legge 48/2017, il Questore, ai sensi dell’art. 10, emette un provvedimento di divieto di accesso alle aree di cui all’art. 9 (cosiddetto DASPO Urbano), che si differenzia per durata a seconda che:

1) il soggetto non abbia precedenti: il provvedimento durerà al massimo 12 mesi (*)

2) il soggetto sia stato condannato con sentenza definitiva negli ultimi 5 anni per reati contro la persona o il patrimonio: il provvedimento avrà dai 12 mesi ad due anni di durata (**).

Questi due commi sono stati modificati dalla Legge 132/2018 di conversione del D.L. 113/2018, che ha aggiunto una sanzione penale se tali provvedimenti sono violati, ovviamente con diversa gravità: - arresto da 6 mesi ad un anno per violazione provvedimento Questore art.10 c.2 (*) - arresto da 1 a 2 anni per violazione provvedimento Questore art.10 c.3 (**).

Inosservanza DASPO URBANO: violazione penale

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Nei giorni successivi all’approvazione del “decreto Minniti”, si sono registrate diverse applicazioni del provvedimento di allontanamento ex art. 9.

Il conseguente proliferare di ordinanze sindacali e modifiche “estemporanee” ai regolamenti di polizia urbana, che ne è seguito e che avrà nuova linfa a seguito del “decreto Salvini” richiede qualche ulteriore riflessione.

Daspo urbano: dubbi e criticità operative

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Divieto di accessoIn relazione al divieto di accesso, si profilano due

differenti ordini di problemi:

a) la natura “amministrativa” della misura:Il divieto di accesso, come già ricordato, richiama al comma 4 l’applicazione, per quanto possibile, della

legge n. 481/1989, ove è contenuta la misura del DASPO sportivo.

Tale misura è stata considerata di tipo amministrativo e non penale, benché fondata su un’informativa di reato: in sostanza, si tratta di una misura di prevenzione atipica.

b) le concrete modalità applicative.

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Le ordinanze sindacali Daspo

Per quanto attiene al provvedimento di allontanamento sindacale, bisogna preliminarmente evidenziare la presenza di statuizioni generiche, emerse nei testi delle ordinanze anche se riferibili talvolta, semplicemente, alla scarsa capacità redazionale dei sindaci in materia.

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Un profilo critico attiene di certo alla locuzione che era contenuta nel decreto Minniti al primo comma dell’art. 9, il quale sancisce che “chiunque ponga in essere condotte che limitano la libera accessibilità e fruizione[…]”.

Tale statuizione appariva fin troppo generica, poiché non venivano compiutamente specificate quali fossero e come dovessero estrinsecarsi le condotte alla base del provvedimento di allontanamento.

A titolo di esempio, la condotta del contravventore deve essere “attiva” (es. chi, in stato di ebrezza, molesti ed impedisca ad altri di poter accedere in un luogo), oppure può essere anche solo “passiva” (es. un homeless che, di fatto, giacendo in determinati luoghi come una stazione ferroviaria, ne limiti l’accesso o la fruizione).

Daspo urbano: criticità

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Di questa criticità si è avveduto (parzialmente) il legislatore, che ha sostituito con il D.L. 113/18 la locuzione “che limitino” con “che impediscono”.

La nuova formula pare decisamente meno generica: non è tanto il modus operandi dell’agente ciò che deve essere rilevato, quanto il risultato della sua condotta; compito sicuramente più agevole, posto che il predicato “impedire l’accesso a” non pare avere margini di (eccessiva) discrezionalità interpretativa a differenza del predicato “limitare l’accesso”.

Daspo urbano: criticità

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Ancora una volta, quindi si è in presenza di situazioni rimesse, nei fatti, alla libera

decisione (se non arbitrio) dell’operatore di polizia urbana.

Resta la congiunzione “e” seguita dalla parola “fruizione”: palesandosi che quindi debbano accertarsi sia l'impedimento all'accesso che la

materiale impossibilità derivata di “utilizzo” dell'infrastruttura.

Daspo urbano: criticità

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E' proprio l’assimilabilità del divieto di accesso al DASPO sportivo a produrre, in re ipsa, però dubbi di legittimità costituzionale: numerosi sono stati i ricorsi al Giudice delle leggi che, però, non ha ritenuto ad oggi fondate le critiche di legittimità costituzionale del DASPO.

Tali critiche, in ogni caso, continuano a manifestarsi nella dottrina.

Anche volendo condividere l’impostazione della giurisprudenza, secondo cui il DASPO andrebbe a ledere la libertà di circolazione ex art. 16 Cost. e non la libertà personale ex art. 13 Cost. resterebbero comunque immutate le perplessità di ordine costituzionale legate alla natura stessa delle misure di prevenzione di cui il DASPO è parte.

Daspo e legittimità costituzionale

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Per quanto attiene la concreta applicazione della misura in esame, suscita perplessità l’aspetto legato all’effettiva conoscenza del provvedimento da parte del destinatario.

Infatti, il comma 2 dell’art. 10, menzionando “modalità applicative del divieto compatibili con le esigenze di mobilità, salute e lavoro del destinatario dell’atto” sembra riferirsi a soggetti facilmente conoscibili ed individuabili, tramite parametri come il lavoro svolto ed eventuali problematiche di salute passate, presenti o di tipo cronico.

A ben vedere, però, risulta evidente come i destinatari di provvedimenti come l’allontanamento sindacale e, conseguentemente, il divieto di accesso siano generalmente soggetti ai margini della società: homeless, tossicodipendenti, immigrati clandestini, mendicanti, “sbandati” in genere, etc.

(in)Efficacia del DASPO...

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(in)Efficacia del DASPO...

In taluni casi risulta difficile anche l’accertamento dell’identità personale dichiarata, si pensi ad esempio a:

migranti “giovani” non accompagnati, che possono liberamente dichiarare di essere minori o mentire sulla loro identità;

soggetti che abusano di sostanze psicotrope, stupefacenti e di alcool, che possono trovarsi non in condizioni di lucidità tale da fornire generalità corrette (specie in assenza di documenti).

La conseguenza sarà quella di rendere sostanzialmente inefficace il La conseguenza sarà quella di rendere sostanzialmente inefficace il provvedimento. provvedimento.

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Pur soprassedendo sulle problematiche legate all’identificazione del soggetto e all’individuazione del suo domicilio, della dimora o della residenza, che sono un “macigno” per gli operatori di polizia locale chiamati ad intervenire, rimangono criticità applicative ulteriori.

Si pensi ad un provvedimento notificato ad un senzatetto: il contenuto sarà quello dell’obbligo di non accedere più ai luoghi richiamati; il rispetto del divieto appare quantomeno difficile, specie in considerazione del fatto che, probabilmente, il destinatario vive in quelle aree (es. le stazioni ferroviarie) e non ha altri luoghi ove poter stare.

Risulta evidente, in modo analogo a quanto accade per il fenomeno del teppismo sportivo, che il solo provvedimento di divieto privo di norme di “supporto” di tipo socio-assistenziale è intrinsecamente inefficace.

(in)Efficacia del Daspo

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Da ultimo, va rilevato che, nell’ambito del teppismo sportivo, “la prassi amministrativa e giurisprudenziale evidenzia una diffusa e quanto mai preoccupante superficialità da parte delle autorità competenti nell’adozione delle misure anti violenza, con la conseguenza che la valutazione rischia di tradursi in mero arbitrio […]. I vizi riscontrati evidenziano una certa approssimazione da parte delle autorità competenti nell’esame dei singoli casi; dalla superficialità in argomento, vi è il pericolo, che la carenza e/o l’insufficienza dell’istruttoria, possa determinare pericolosi automatismi nell’adozione di provvedimenti.

(in)Efficacia del Daspo

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L'ordine di allontanamento risulta poco efficace per l'eccessiva generalità della fattispecie e la mancata applicabilità ai minorenni.

Inoltre l'eventuale intervento del questore, in caso di soggetto particolarmente negligente, risulta appesantito dall'applicazione concreta di un istituto come la recidiva amministrativa che non ha mai funzionato.

L'applicazione della novella richiede l'adozione di linee guida finalizzate a formalizzare i patti per la sicurezza tra prefettura e singoli comuni.

IN SINTESI: (in)Efficacia ad oggi del Daspo

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In attesa della realizzazione di questi strumenti il ministero ha voluto specificare che alcuni istituti sono già operativi. Oltre al comitato metropolitano, che affiancherà di fatto il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, di particolare interesse operativo risultano le misure di tutela del decoro urbano in particolari luoghi.

Resta il fatto che spetta agli operatori di polizia (locale) intimare al soggetto “fastidioso” l'allontanamento per 48 ore dalle zone disciplinate dalla legge o individuate dal regolamento comunale, inviando copia del verbale al questore per l'adozione da parte sua (entro quanto tempo??) dell'eventuale conseguente divieto di accesso.

IN SINTESI: (in)Efficacia ad oggi del Daspo

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ACCATTONAGGIO: fra DASPO e reato

E' stato introdotto il reato di esercizio molesto dell'accattonaggio (art.21-quater DL n. 113/2018) L’art.21 quater introduce nel Codice Penale il nuovo art.669 bis sul reato di esercizio molesto dell’accattonaggio. Esso si va a collocare prima dell’abrogato art. 670 C.P., inerente il reato di mendicità, del quale ricalca esattamente il secondo comma, punendo penalmente :

chiunque esercita l'accattonaggio con modalità vessatorie o simulando deformità o malattie o attraverso il ricorso a mezzi fraudolenti per destare l'altrui pietà. Tale fattispecie ricorre solo salvo che il fatto non costituisca più grave reato (es. art.600-octies per chi impiega minori nell’accattonaggio o art.544 ter per chi fa accattonaggio con animali).

Si ricorda che la Sentenza della Corte Cost. n.519/1995 in verità aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.670 comma 1 “salvando” il comma 2 che tutelava il senso comune di solidarietà, turbato dall’impiego di mezzi fraudolenti.

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ACCATTONAGGIO: fra DASPO e reato

Il nuovo articolo 669-bis C.P. prevede inoltre il sequestro delle cose che sono servite o sono state destinate a commettere l'illecito o che ne costituiscono il provento.

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ACCATTONAGGIO: che fare?

Impiego di minori nell’accattonaggio – Organizzazione dell’accattonaggio (art.21-quinquies DL n. 113/2018)

L’articolo 21-quinquies implementa la disciplina del reato di impiego di minori nell’accattonaggio inserendo nell’articolo 600-octies C.P. un nuovo comma che punisce con la pena della reclusione da uno a tre anni “chiunque organizzi l’altrui accattonaggio, se ne avvalga o lo chiunque organizzi l’altrui accattonaggio, se ne avvalga o lo favorisca a fini di profittofavorisca a fini di profitto”.

La previsione in questione sembrerebbe volta a sanzionare tutte quelle forme di “gestione imprenditoriale”, sistematica e continuativa dell’attività di accattonaggio, ma non fa riferimento al solo accattonaggio minorile.

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I PARCHEGGIATORI

L’art.21 sexies D.L. 113/18 modifica il comma 15 bis dell’art. 7 C.d.S. riguardante l’esercizio ora definito non abusivo bensì senza autorizzazione dell’attività di parcheggiatore.

I violazione la sanzione pecuniaria da 771,00 a 3.101,00 euro con sequestro degli introiti ed allontamento dal luogo.

II violazione ovvero l'impiego di minori è qualificata quale reato con l'arresto da sei mesi ad un anno e l'ammenda da 2.000 a 7000 euro oltre al sequestro degli introiti ed allontanamento dal luogo.

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L’ACCESSO ALLE BANCHE DATI DELLA POLIZIA

Accesso allo SDI per il personale di Polizia Municipale (art. 18 D.L. n. 113/2018).La norma dispone che fermo restando quanto disposto dall’art. 16quater DL n. 8/1993 convertito

con modificazioni dalla Legge n. 68/1993 (accesso alla banca dati veicoli rubati) il personale di Polizia Municipale dei Comuni con almeno 100.000 abitanti, addetto al servizio di polizia stradale e in possesso della qualifica di agente di PS, quando procede al controllo ed alla identificazione delle persone accede, in deroga all’art. 9 Legge n. 121/1981, allo SDI al fine di verificare eventuali provvedimenti di ricerca o di rintraccio a carico delle persone controllate.

Entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto dovrà essere emanato specifico decreto del Ministro dell’Interno con le misure attuative della disposizione suddetta anche in relazione al numero di operatori di ciascun Comune che potranno essere abilitati ala consultazione dei dati suddetti.

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GRAZIE PER L'ATTENZIONE e.... OTTIMISMO SEMPRE!

Car mine BUCCIE R O

EMAIL: [email protected]