non consento no ped · la cincia allegra, la cincia-rella, il rampichino, il pic-chio rosso e del...

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Non consento eco.bergamo 9 Novembre 2016 La Pedemontana distrugge l’ultimo verde dell’Isola Tre polmoni di naturalità minacciati dalla nuova autostrada: i parchi dell’Adda e del Brembo, il pregiato bosco dell’Itala. Il neo presidente Di Pietro vuole costruire anche il tratto finale dell’infrastruttura, inutile e dannoso per una delle zone più compromesse. Rinaldo Mangili La nomina dell’ex mini- stro Antonio Di Pietro a pre- sidente della società che de- ve realizzare l’autostrada Pedemontana ha riportato in primo piano il dibattito sull’utilità o meno del tratto tana, infatti, distrugge uno degli ultimi corridoi verdi della zona dell’Isola berga- masca, già pesantemente urbanizzata e inquinata. La nuova autostrada passereb- be inoltre sopra una delle aree più pregiate del parco CONTINUA A PAGINA 10 bergamasco previsto per la nuova arteria, oltre che della sua fattibilità finanziaria. In una visita a Bergamo il 12 ottobre, l’ex magistrato di Mani pulite ha sostenuto che se non la si costruisce tutta, la Pedemontana non ha senso. Su questa rivista abbiamo già dimostrato (aprile 2016) che oggi si può arrivare da Berga- mo all’aeroporto di Malpensa (meta finale della Pedemon- tana) in circa un’ora e che, se il tratto fino a Vimercate appa- re utile, certamente quello da Vimercate a Osio Sotto non solo è inutile e costoso, ma an- che dannoso. Il progetto della Pedemon- NOPED SULL’ADDA Dove sorgerà il gigantesco ponte di 1 km efJfznfTvwEDVr0CpBFbkHWouRJ2Fpv4tp/rZ4NIzF0=

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Non consento eco.bergamo 9Novembre 2016

La Pedemontana distruggel’ultimo verde dell’Isola

Tre polmoni di naturalità minacciati dalla nuova autostrada: i parchi dell’Adda e del

Brembo, il pregiato bosco dell’Itala. Il neo presidente Di Pietro vuole costruire anche

il tratto finale dell’infrastruttura, inutile e dannoso per una delle zone più compromesse.

Rinaldo Mangili

La nomina dell’ex mini-stro Antonio Di Pietro a pre-sidente della società che de-ve realizzare l’autostrada Pedemontana ha riportatoin primo piano il dibattitosull’utilità o meno del tratto

tana, infatti, distrugge uno degli ultimi corridoi verdi della zona dell’Isola berga-masca, già pesantementeurbanizzata e inquinata. La nuova autostrada passereb-be inoltre sopra una dellearee più pregiate del parco

CONTINUA A PAGINA 10

bergamasco previsto per la nuova arteria, oltre che dellasua fattibilità finanziaria.

In una visita a Bergamo il 12ottobre, l’ex magistrato di Mani pulite ha sostenuto che se non la si costruisce tutta, laPedemontana non ha senso.Su questa rivista abbiamo già dimostrato (aprile 2016) che

oggi si può arrivare da Berga-mo all’aeroporto di Malpensa (meta finale della Pedemon-tana) in circa un’ora e che, se iltratto fino a Vimercate appa-re utile, certamente quello daVimercate a Osio Sotto non solo è inutile e costoso, ma an-che dannoso.

Il progetto della Pedemon-

NO PED

SULL’ADDA

Dove sorgerà

il gigantesco

ponte di 1 km

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10eco.bergamo

Non consentoNovembre 2016

dell’Adda con un ponte gi-gantesco, lungo circa 1 chilo-metro, con un impatto am-bientale devastante.

Particolarmente invasivoil pezzo che interessa il terri-torio comunale di Osio Sottoove, oltre ad altre infra-strutture viarie già presenti,è prevista la sovrapposizio-ne di opere come la realizza-zione del piazzale della sta-zione finale, svincoli, rotato-rie, sottopassi, corsie di col-legamento con la A4 e con laprovinciale 184.

L’impatto ambientale

Già nello studio per la valu-tazione di impatto ambien-tale è previsto, anche a causadei cantieri, che vi siano fortiimpatti sull’ecosistema nei suoi diversi aspetti: inquina-mento idrico (scarichi delle acque di prima pioggia), at-mosferico (qualità dell’ariaper le polveri), rumore.

Non appare poi così scon-tato trovare soluzioni posi-tive quando si debba rico-struire un ambiente alterato(rimboschire aree disbosca-te, ripristinare la vegetazio-ne per proteggere l’avifauna ormai fuggita, ricostituire una connessione ecologica delle aree separate dal pas-saggio della Pedemontana). L’infrastruttura e le opere connesse (tra l’altro nelle vi-cinanze dell’area industrialedi Osio Sotto) andranno ad alterare “contesti consoli-dati” anche di pregio attra-verso il consumo di suolo agricolo (sono previsti 146espropri per acquisire 120 mila metri quadrati di terre-no) e lo stravolgimento del paesaggio che, in quella zo-na, è rappresentato da un’area boscata nota come il“Bosco dell’Itala”. Situatoimmediatamente ad ovest dell’area industriale di OsioSotto ed a sud dell’A4, dellasuperficie di 3,66 ettari, vi sisono sviluppate specie au-toctone come il Frassino

SEGUE DA PAGINA 9

maggiore ed il Cerro, ma an-che Tiglio, Carpino bianco eRobinia con sottobosco di specie arbustive come il Cre-spino, il Corniolo, il Bianco-spino e lo Spino Cervino.

Il Piano di indirizzo foresta-le della Provincia di Bergamo ha riconosciuto il Bosco del-l’Itala come “bosco di eccel-lenza” definendolo “Ambito boscato costituente elemento

BOSCO DELL’ITALA Accanto a questo parco a Osio Sotto si svilupperanno svincoli , rotonde, sottopassi

di rilevanza paesaggistica lo-cale”. L’area è caratterizzatada animali in movimento, sispostano in continuazionenelle zone circostanti. Vi si trovano rettili come il Ra-marro occidentale, il Saetto-ne ed il Biacco, tra gli uccellila Cincia allegra, la Cincia-rella, il Rampichino, il Pic-chio rosso e del Picchio mu-ratore, il Torcicollo; tra imammiferi il Moscardino, il Ghiro, il Riccio e, sporadica-mente, la Volpe.

Il Plis del Brembo

L’area interessata dai lavoriè inoltre inserita nel Plis (Parco locale di interesse so-vraccomunale) del “Basso Corso del Fiume Brembo”, di 994 ettari, definito “Oasi naturale da riportare ai suoiaspetti originari e da tramu-tare come scudo di fronte al-l’alta densità abitativa ed in-dustriale della zona est ed ovest del basso corso del fiu-me Brembo”.

Del parco dell’Adda abbia-mo già parlato. Ma qualcunoha tenuto conto di tutto ciòquando è stato dato il placet all’opera?

CICOGNA NERA Un avvistamento pregiato nel Parco dell’Adda

Particolarmente invasivo il pezzo che interessa il territorio comunale di Osio Sotto, già saturo

Le aree naturali sono state preservate fino ad oggi come scudo verde, ma dopo saranno spezzate

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Ecoimprese eco.bergamo 15Novembre 2016

IL MODELLO TENARIS PER IL RECUPERO

Il ritorno di piante e floracome modello di bonifica

Il caso del ripristino dell’area ex discarica di

impianti industriali come Piombino. Sono stati

investiti 8 milioni e ora è un esempio virtuoso.

MENO FANGHI

Torneranno

a crescere

giunchi e piante

medicinali

Dopo oltre vent’anni giunchi, tife, stiance e piante rare torneranno a crescere lungo la costa del Golfo di Piombino in località Ischia di Crociano, poco fuori Livorno:qui, in un’area costellata di tanti impianti industriali co-me quello di Piombino, il ri-pristino della flora e della bio-diversità locale è diventato il cuore pulsante del progetto di rinaturalizzazione e svi-luppo delle specie botaniche originali messo in attuazione da Tenaris nelle aree prece-dentemente occupate dalla discarica fanghi e inerti all’in-terno dello stabilimento di

cubi di fanghi, ora depositati definitivamente in una nuo-va discarica isolata dall’am-biente circostante tramite «capping» in polietilene ad alta densità e cinturazione perimetrale con diaframma plastico.

Il ripristino originale

Via inerti e fanghi, quindi, perlasciare spazio a un’area «neutra» di oltre 23mila me-tri quadrati destinata a ospi-tare le specie vegetali origina-li della costa, come spiega Fa-bio Praolini, responsabile Ambiente di TenarisDalmi-ne: «Vogliamo ripristinare l’assetto botanico originale e renderlo simile a quello delle aree naturali circostanti, con l’intenzione di favorire lo svi-

CONTINUA A PAGINA 16

Piombino. Un progetto di bo-nifica e di recupero diventato punto di riferimento e modelloda esportare in altre aree, esempio virtuoso di una inno-vativa modalità di recupero di territori da risanare.

Interventi innovativi

Le due discariche di Piombino,in disuso dai primi anni Ottan-ta e già censite nel piano pro-vinciale delle Bonifiche dei siti inquinati della Provincia di Li-vorno, sono state al centro di un doppio intervento di bonifi-ca di cui Tenaris si è fatta caricocon un investimento di oltre 8 milioni di euro e che si è conclu-

so nei mesi scorsi. Dopo la ri-mozione e lo smaltimento dei rifiuti dall’area inerti, dove si erano accumulati oltre 23.000 metri cubi di materiali refrat-tari, scorie e altri scarti indu-striali, gli investimenti e le buo-ne prassi di responsabilità so-ciale messe in pista dal gruppo siderurgico hanno infatti por-tato ad aprile di quest’anno al completamento dei lavori di messa in sicurezza dell’area fanghi dell’impianto di zinca-tura: 85.000 metri quadrati li-berati di oltre 110.000 metri

FABIO

PRAOLINI

Environmental

Manager

di Tenaris

Dalmine

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16 eco.bergamo EcoimpreseNovembre 2016

luppo delle specie autoctone.La realizzazione del proget-to di rinaturalizzazione ha già ottenuto l’approvazione definitiva da parte del mini-stero dell’Ambiente e con-sentirà di creare due areeumide con acqua dolce e di incrementare la biodiversità della vegetazione. Ma non solo: le connessioni ecologi-che con le aree naturali pro-tette circostanti favoriranno l’ecosistema e l’insediamen-to e il mantenimento delle specie animali caratteristi-che della zona».

Il progetto, che si conclude-rà nel 2019, consentirà di in-crementare ancor di più i be-nefici ambientali ottenuticon la bonifica: «Oltre ad eli-minare un significativo ri-schio ambientale, legato a unpassato industriale che non rappresenta i valori di Tena-risDalmine - conclude Prao-lini - realizzeremo due aree naturali che consentirannodi migliorare la qualità eco-logica dell’intera area in cui èsituato lo stabilimento e di cui potranno beneficiare sia idipendenti sia la popolazio-ne residente».

SEGUE DA PAGINA 15

La realizzazione del progetto di rinaturalizzazioneha ottenuto l’approvazione del ministero dell’Ambiente

La bonifica consentiràdi creare due aree umide con acqua dolce e aumentarela biodiversità della zona

Liberata l’area da inertie fanghi si è recuperato un’area «neutra» di oltre 23mila metri quadrati

I PROSSIMI PASSI DEL PROGETTO

IN PRIMAVERA LA PIANTUMAZIONE

Con le prime operazioni di

integrazione del suolo il

progetto di rinaturalizzazione

ha mosso i suoi primi passi in

queste settimane. Il prossimo

step avverrà in primavera

quando prenderanno il via le

attività di piantumazione

delle specie autoctone prove-

nienti dai vivai della zona e di

alcune essenze rare coltivate a

partire da sementi raccolte

all’interno dello stabilimento

di Piombino. Tutte le fasi del

progetto saranno monitorate

per verificare l’attecchimento,

la sopravvivenza , la diffusio-

ne della vegetazione e per

garantire lo sviluppo e un’uni-

forme rivegetazione.

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28 eco.bergamo EcodidatticaNovembre 2016

Re ledLA TECNOLOGIA CHE FA RISPARMIARE DI PIÙ

Bandite ormai le vecchie lampadine a incandescenza: trasformavano in luce solo

il 10 per cento dell’energia. Possono essere vendute solo quelle in magazzino da prima

del settembre 2012. Tra due anni stop alla distribuzione delle alogene in classe C e D.

Ancora due anni di «vita»per le lampadine alogene in classe energetica C e D. Nei mesi scorsi, infatti, la Com-missione tecnica dell’Unio-ne europea sulla direttiva Ecodesign, chiamata a Bru-xelles per ratificare la deci-sione di mettere al bando dasettembre 2016 le lampadi-ne di classe C e inferiori, ha deciso invece per una proro-ga di due anni. Lo stop alle vecchie lampadine alogene slitterebbe quindi al 2018.

Risparmi per 780 milioni

Il futuro delle lampadine èquindi tutto nel led, per una scelta che premia il rispar-mio energetico: secondo sti-me dello European Environ-mental Bureau, formato da 140 organizzazioni tra cui Legambiente, la messa al bando delle lampadine alo-gene in classe C e inferioriporterà a 6,6 miliardi di eurodi risparmi in bolletta, 780 milioni di euro solo per l’Ita-lia.

Il tempo per adeguarsi

«La decisione di prorogare di due anni la messa al bando

delle lampadine alogene con-sentirà ai produttori e ai ven-ditori di adeguare la produ-zione di lampadine con attac-chi diversi - spiega Fabio Paga-no, responsabile tecnico diAssil, l’Associazione Naziona-le Produttori Illuminazione aderente ad Anie-Confindu-stria -. Ogni tipologia di appa-recchio di illuminazione, dai faretti all’applique, dalle pian-tane ai lampadari, è infatti progettata per accogliere del-le lampadine specifiche con tipologie di attacco diverse tracui G4, G9, GU5.3 e questi dueanni di tempo serviranno pro-prio a far aumentare sul mer-cato la varietà di lampadine inclasse B o superiori».

Le bulbo dell’800

Se lo stop delle alogene meno performanti è quindi relativa-mente lontano, sono già 7 anniinvece che la CommissioneEuropea, con il Regolamento (CE) n. 244/2009, ha determi-nato la messa al bando gra-duale delle tradizionali lam-padine a incandescenza. Una tecnologia sviluppata nel 1800 che comporta un’effi-cienza luminosa di circa 13 lu-

men/watt, ormai superata dalpunto di vista energetico per-ché trasformano in luce solo una quantità compresa tra il 5% ed il 10% dell’energia im-piegata. La quota rimanente viene dispersa sotto forma di calore.

Per questo l’Unione Euro-pea decise di mandare in pen-sione le vecchie lampadine a incandescenza affinché fosse-

ro gradualmente sostituite dalle nuove lampadine più ef-ficienti. La proscrizione, or-ganizzata in 4 fasi successive, ha portato all’eliminazionedagli scaffali delle lampadine a incandescenza di diverse po-tenze, con la sola eccezione di quelle per usi specifici (frigo, forno, etc.). Si è cominciato nel 2009 con le lampadine a incandescenza maggiori o

COME SI MISURANO LE PRESTAZIONI DELLE LAMPADINE

POCHI WATT E MOLTI LUMEN VUOL DIRE MAGGIOR EFFICIENZA

Il lumen (lm) è l’unità di

misura del flusso luminoso di

una lampadina.

Solo per fare qualche esem-

pio: una vecchia lampadina a

incandescenza da 100W

emetteva circa 1400 lm. Una

da 60W, invece, emetteva

circa 740 lumen.

L’efficienza energetica delle

lampadine si determina in

base all’efficacia luminosa,

che si calcola mettendo in

relazione la luce emessa

(lumen) con la potenza

elettrica assorbita (Watt).

Lumen (lm) = unità di misura

del flusso luminoso di una

lampadina, ovvero della

quantità di luce emessa.

Watt (W) = unità di misura

della potenza assorbita dalla

lampadina.

Pertanto, l’unità di misura

dell’efficacia luminosa delle

lampadine è lm/W: maggiore

è la quantità di lumen emessi

per ogni Watt consumato,

maggiore è l’efficienza

energetica della lampadina.

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Ecodidattica eco.bergamo 29Novembre 2016

Fonte: Test di relamping-Barcella Elettroforniture

Cambiamo luce: le tre tipologie a confronto

Alogene Fluorescenti compatte Led

IMPIANTO ATTUALE

Quante LAMPADE sono installate attualmente 3 3 3

Quanti WATT consuma ogni lampada 60 20 60

Quante ORE al giorno funzionano le lampade 6 6 6

Quanti GIORNI a settimana funzionano le lampade 7 7 7

ORE annue di funzionamento 2.184 2.184 2.184

Consumo annuale in KILOWATTORA 393 131 393

Quanti EURO costa un Kilowattora* € 0,30 € 0,30 € 0,30

Spesa annua EURO € 118 € 39 € 118

NUOVO IMPIANTO

Quante NUOVE LAMPADE saranno installate 3 3 3

Quanti EURO costa ogni nuova lampada € 4,00 € 13,00 € 8,00

Quanti WATT consuma ogni nuova lampada 15 14 10

Quante ORE durano le nuove lampade 10.000 25.000 25.000

ORE giornaliere funzionamento 6 6 6

GIORNI settimanali di funzionamento 7 7 7

ORE annue di funzionamento 2.184 2.184 2.184

Consumo annuale in KILOWATTORA 98 92 66

Costo EURO per Kilowattora* € 0,30 € 0,30 € 0,30

Spesa annua EURO € 29 € 28 € 20

Risparmio annuo EURO € 88 € 12 € 98

ANNI per ammortizzare il costo impianto nuove lampade **0 3 **0

ANNI durata impianto 5 11 11

Risparmio netto complessivo per la durata delle lampade 393 96 1.101

60

2.184

393

€ 0,30

* costo indicativo, dipende dalla tariffa applicata

dal proprio fornitore** bastano pochi mesi

per coprire il costo delle lampade

uguali a 100 watt e qualsiasi ti-po di lampadina opale, bianca,non chiara, per arrivare al 1° settembre 2012 per quelle maggiori o uguali a 6 watt.

Multe salate

«Le lampadine ancora in ven-dita nei negozi o presso i di-stributori possono esserecommercializzate fino ad esaurimento scorte ma solo se si tratta di scorte di magaz-zino con data di immissionesul mercato antecedente al settembre 2012 - conclude Pagano -. Il venditore checommercializza lampadine di questo tipo, ormai prive del marchio CE, rischia infatti sanzioni amministrative mol-to salate».

Con il Regolamento dell’Unio-

ne europea, numero

874/2012, dal 1° settembre

2013 sulla confezione delle

lampadine è riportata la

nuova etichetta energetica, a

colori o in versione monocro-

matica, fatto salvo per i

prodotti già immessi sul

mercato prima di tale data.

Nell’etichetta si indicano le

classi di efficienza della

lampadina, che vanno da A++

(altamente efficiente) a E

(poco efficiente).

Rispetto alla classificazione

precedente, con classi da A a

espresso in kWh/1000h.

Questo nuovo elemento

consentirà di acquisire

consapevolezza circa l’effetti-

vo peso dei consumi energeti-

ci delle diverse tipologie di

lampadine e confrontare i

diversi prodotti anche in

termini di consumo energeti-

co, con una maggiore perce-

zione dei consumi in bolletta.

La nuova etichetta energetica

sarà estesa anche a lampadi-

ne che in precedenza ne erano

esentate come, ad esempio, le

alogene a bassa tensione e le

lampadine direzionali.

G, la nuova etichetta mette in

evidenza il miglioramento in

termini di efficienza energeti-

ca delle nuove tecnologie

disponibili. La classificazione

energetica indica esclusiva-

mente il livello qualitativo di

conversione dell’energia

consumata dalla lampadina,

ovvero se l’energia è utilizza-

ta in maniera efficiente o

meno, ma non fornisce un

dato quantitativo di consu-

mo.

È stato perciò introdotto il

dato relativo al consumo

annuo ponderato di energia

SULLE ETICHETTE I COSTRUTTORI DEVONO OBBLIGATORIAMENTE INDICARE LA CATEGORIA

LE MIGLIORI SONO QUELLE CON LA CLASSE A++

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36 eco.bergamo SoprasottoNovembre 2016

TERRENO ANTICOMilioni di anni per formarela pellicola che porta la vita

Nei pochi centimetri di terra che avvolgono il pianeta si

conservano tutte le sostanze essenziali per gli organismi,

quindi anche per l’uomo. L’influsso del clima: per produrne 1 cm,

alle nostre latitudini sono necessari anche quattro secoli.

Roberta Salvi

Da una manciata di cen-timetri dipende la vita delnostro pianeta. Lo stratopiù esterno del globo, la cro-sta terrestre, ha uno spesso-re massimo di 100 km, la di-stanza da Bergamo a Vero-na. Il suolo è come la pelli-cola che la avvolge e rappre-senta la porzione più super-ficiale con uno spessore ve-ramente esiguo: da 30 cm apochi metri.

Risorsa non rinnovabile

Questa sottilissima pellico-la non è sempre esistita, si èformata nei secoli. La Terraprimigenia era una sterilemassa rocciosa; grazie allento e inesorabile processodi erosione e sgretolamentodelle rocce si crearono zonericoperte da frammenti edetriti. In seguito, questosuolo primitivo si arricchìdi materia organica prove-niente dalla decomposizio-ne dei primi organismi vi-venti.

Questo incredibile miscu-glio di materiale organico e

inorganico è dunque il fruttoprezioso, e non scontato, diun processo di milioni di anniche lo rende una risorsa nonrinnovabile, su scala umana.Infatti, per accumulare unaquantità di sostanza organi-ca che rende un suolo fertilesono necessari circa 3000anni.

Strati di biodiversità

Osservando il terreno frana-to si nota che il suolo è forma-to da strati sovrapposti bendistinguibili per diverso co-lore, compattezza, granulo-metria e biodiversità. Questasuccessione di strati è dettaprofilo del suolo.

La lettiera è lo strato più su-perficiale formato da restiorganici non ancora decom-posti. Lo strato organico: dicolore bruno scuro, è morbi-do e friabile perché ricco dihumus. È percorso dalle ra-dici delle piante e brulica divita (funghi, batteri, piccoli animali).

Vi è poi lo strato minerale:di colore chiaro è costituito,verso l’alto, da sabbia e argillae verso il basso da frammentidi roccia più grossolani.

Si arriva infine alla rocciamadre, non ancora alterata.

Il tempo e il clima

Il tempo e i diversi climi in-fluenzano i processi di for-mazione del suolo: disgrega-zione e alterazione delle roc-ce e decomposizione dellamateria organica. Alle nostrelatitudini per produrre 1 cmdi suolo sono necessari dai200 ai 400 anni, al contrario,in un clima più caldo comequello tropicale, la stessa quantità di suolo si può pro-durre in circa 200 anni. Il cli-ma influenza anche la tipolo-gia di alterazione chimicadella roccia madre, della so-stanza organica e la composi-zione finale del suolo. A climidiversi, quindi, corrispondo-no suoli diversi.

Studiando la struttura delsuolo è dunque possibile chesi trovino strati antichi for-mati in condizioni ambienta-li diverse da quelle attuali.Ecco quindi come il profilo diun suolo nasconde la storiadei cambiamenti ambientalie climatici che un territorioha subito nella storia geologi-ca della Terra.

ROCCE E MORENE

BERGAMOTRA TROPICIE GHIACCIAI

Nella cartina qui a fianco

i diversi colori rappresenta-

no i differenti suoli e paesag-

gi bergamaschi. I rilevi

montuosi si sono originati

nella fase di sollevamento

della catena alpina. In

marrone le Alpi Orobie le

vette più alte (Pizzo Coca

3050 m), formate da rocce

antichissime.

In verde, le Prealpi formate

da calcari e dolomie, origina-

tesi in mari tropicali (Presola-

na 2521 m). In questi ambienti

la formazione del suolo varia

a secondo dell’esposizione e

della pendenza dei versanti.

In blu i fondovalle montani

costituiti da depositi recenti

di detriti di falda e di attività

alluvionali. In viola i residui

delle morene, cioè i detriti

lasciati da antichi ghiacciai, i

meglio conservati si trovano

nell’Isola Bergamasca.

In giallo la pianura, che ha

avuto origine in concomitan-

za con i fenomeni di glacia-

zione e disgelo; da nord a sud i

suoli si fanno meno ghiaiosi.

In azzurro i suoli recenti delle

valli fluviali, nelle aree

alluvionali si trovano suoli

giovani e poco differenziati

dal materiale di partenza.

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Soprasotto eco.bergamo 37Novembre 2016

Alpi Orobie, rocce cristalline

Prealpi Orobie, rocce carbonatiche

Fondovalle montani

Anfi teatri morenici/terrazzi

Pianura

Valli fl uviali

Rilievi isolati

Fiumi e laghi

Legenda

Periodo di formazione

La storia del suolo bergamasco

Da 430.000 milioni a 10.000 anni fa

Da 200 milioni di anni fa

Da 1,7 milioni di anni fa

Da 10.000 anni fa

Da 2,5 milioni di anni fa

Da 300 milioni di anni fa

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38eco.bergamo

Parchi & riserveNovembre 2016

ZONE SPECIALIPicchi neri, abeti e larici il patrimonio naturaledi Valtorta e Valmoresca

Parte dall’Alta Val Brembana il nostro viaggio tra i siti

di interesse comunitario. Sotto il passo San Marco una

ricchezza unica, tra flora e fauna, che va conosciuta,

anche per poter essere maggiormente tutelata.

Rinaldo Mangili

È la casa del fiore esclu-sivo delle Orobie, la Salva-strella orobica, che botani-camente si chiama “Sangui-sorba dodecandra Moretti”: è il Sic (Sito di interesse co-munitario) di Valtorta e Val-moresca, che d’ora in poi chiameremo con il nuovo nome, e cioè Zsc (Zona spe-ciale di Conservazione).

Saliamo quindi tra le bel-lezze dell’Alta Val Brembana(parte occidentale), per uno dei siti più interessanti, defi-nito “un esempio di qualità ambientale naturale”. Si estende su una superficie di 1682 ettari, l’Ente gestore è il Parco delle Orobie berga-masche. Comprende parte

dei territori di Cusio, Averara,Santa Brigida e Mezzoldo. Ad Averara c’è l’ultima stazione disosta della Via Mercatorum prima della salita verso il cen-tro Europa, mentre sotto ilPasso San Marco la casa Can-toniera, voluta dalla Serenissi-ma a fine ’500, testimonia l’at-tenzione di Venezia per que-sta remota valle bergamasca.

La Zona speciale è caratte-rizzata dalla presenza di pic-coli laghi (laghetti di Pontera-nica ed il bacino artificiale delLago di Val Mora) ed è solcatadal torrente Val Mora che con-fluisce nel Fiume Brembo di Mezzoldo ad Olmo al Brembo.Sul suo territorio è presente una grande quantità di specie animali e vegetali e di habitat grazie soprattutto al notevole dislivello (dai 738 metri di

Valmoresca ai 1.985 del Passo S.Marco fino ai 2.370 metri del Monte Ponteranica). At-traverso il Piano di gestione e il Formulario standard sono stati classificati ben 11 habitatdi interesse comunitario .

Habitat e specie floristiche

Quello delle “Foreste monta-ne ed alpine” è l’habitat più diffuso (29,2% di copertura) formate soprattutto da boschidi Abete rosso, misti anche ad Abete bianco e Larice. L’habi-tat “Formazioni erbose a Nar-dus” (27,1%) è costituito da praterie secondarie derivanti da decespugliamenti e pascolicon presenza di Nardo cervi-no (Nardus stricta) soprattut-to nella parte alta del sito. E

CONTINUA A PAGINA 40

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Parchi & riserve eco.bergamo 39Novembre 2016

AVERARA In alto il lago di Valmoresca; in basso la Salvastrella orobica

CONOSCIAMO LA FLORA DELLA ZSC

LA SALVASTRELLA OROBICA, IL FIORE ESCLUSIVO DELLE OROBIE

«Le piante endemiche, per la loro

esclusività geografica, possono essere

considerate come la bandiera vivente

di una piccola patria».

Così Renato Ferlinghetti in un interes-

sante opuscolo, edito nel 2011 per il

Parco delle Orobie Bergamasche,

introduceva la descrizione della

Salvestrella orobica, un endemismo

esclusivo del versante bergamasco e

valtellinese. Il prof. Ferlinghetti

racconta anche la storia, molto curiosa,

della scoperta di questa pianta, fatta

nel 1829 da Giuseppe Filippo Massara,

un medico valtellinese appassionato

di botanica. Massara aveva raccolto la

pianta sul versante valtellinese ed

aveva tentato (allora era pressoché

sconosciuta agli studiosi botanici) di

classificarla richiedendo pareri a

diversi illustri botanici dell’epoca,

esperti di flora alpina, fra i quali

Giuseppe Moretti, botanico e respon-

sabile dell’Orto botanico di Pavia.

Mentre il dottor Massara si accingeva a

descrivere e comunicare ufficialmen-

te la scoperta della nuova pianta tutta

valtellinese, il prof. Moretti lo prece-

dette, e pubblicò su Riviste scientifi-

che, nel 1833, la sua descrizione

scippandone il nome al vero scopri-

tore chiamandola botanicamente

“Sanguisorba dodecandra Moretti”.

La pianta è una rosacea vistosa (può

raggiungere anche 1 metro di

altezza) ben riconoscibile per le

foglie di un verde tenue sulle quali

svetta un’infiorescenza cilindrica,

pendula, soffice e piumosa. Il

termine “dodecandra” è dovuto alla

presenza, nel fiore, di 12 stami che

sono gli organi sessuali maschili

produttori del polline. Nell’areale

esclusivo bergamasco (testata della

Valle Brembana, dal Passo S. Marco

alla Val Mora ed a Carona e Branzi,

testata della Valle Seriana e lungo il

crinale della Valle di Scalve nella

Valle del Vò) la Salvastrella orobica

privilegia suoli acidi su substrato

siliceo e si sviluppa oltre il limite della

vegetazione forestale vicino ai

cespuglieti di Ontano verde, ma è

presente anche sulle ripe dei torren-

ti, sulle sponde dei laghetti alpini ed

ai margini dei pascoli.

VALBREMBANA

Il picchio nero

(Drycopus

martius)

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40eco.bergamo

Parchi & riserveNovembre 2016

114

101

109

109

101

161

Lago di Ponteranica

Lago di Pescegallo

Lago di Valmora

135

110

133 113

Va

l M

ora

ValmorescaCaprile Inferiore

P.so del Verrobbio (2026 m)

Rif. Ca’ San Marco (1838 m)

P.so San Marco

AveraraCusio

Ornica

M.te Faino

M.te Ponteranica

M.te Valletto

M.te Verrobbio

P.zo delle Segade

M.te Mincucco

Valtorta e Valmaresca (Zona speciale di Conservazione)

CARTINA DEL LA ZSC . A destra, dall’alto: il picchio nero, il fagiano di monte, la pernice bianca

FLORA. Sassifraga stellata (in

alto) e Nardus Stricta

CONOSCIAMO LA FAUNA DELLA ZSC

GALLO FORCELLO E PERNICESPECIALIZZATI IN CORTEGGIAMENTO

Tetraonidi: in zoologia sono una

sottofamiglia dell’ordine dei

Galliformi. Il nome indica i

quattro artigli delle zampe,

palmati come i tarsi. Vivono tra i

1000 e 3000 metri e si caratte-

rizzano per le attività canore

durante il periodo degli amori. I

maschi si radunano in luoghi

aperti, dette “arene” dove si

esibiscono in canti, soffi, danze

e battaglie.

Tra questi ricordiamo il Fagiano

di monte (Tetrao tetrix) o Gallo

forcello, che vive nella zona di

transizione tra il bosco e le

praterie alpine. Maschio e

femmina si distinguono per

dimensioni e colorazione del

piumaggio e la coda forcuta.

La Pernice bianca (Lagopus

mutus) ha un piumaggio

bianco d’inverno, mentre è

grigiastro d’estate. Vive in

zone detritiche e nei macereti,

in gruppo in autunno forman-

do stormi dette “brigate”. Nel

periodo degli amori i maschi

attirano le femmine con

spettacolari parate. Francoli-

no di monte (Bonasia bonasia)

è il più piccolo dei tetraonidi, e

vive nei boschi di conifere e

boschi misti, mentre il più

grande è il Gallo cedrone

(Tetrao urogallis).

ancora l’habitat “Faggeti”(10,1%) costituito da boschi misti di latifoglie (Faggio, Acero montano, Frassino maggiore e sottobosco di Mirtillo nero). Nelle aree marginali dei pascoli e vici-no alle malghe abbandonate si sviluppano cespuglieti conRododendro irsuto, Gineproe Mirtillo nero.

Nella parte medio-alta delbacino del Torrente Val Mo-ra, nell’habitat “Bordure planiziali di megaforbie-le”(5,9%) sono poi presenti specie igrofile, anche ende-miche (quando cioè sonoesclusive di un dato territo-rio), come la Salvastrella orobica (Sanguisorba dode-candra Moretti), mentre nell’habitat “Torbiere ditransizione ed instabili” so-no state osservate, tra le al-tre, la Viola palustre (esem-pio di specie di torbiera dellacatena orobica) e la Sassifra-ga stellata.

Le specie faunistiche

Tra le specie animali di inte-resse comunitario oltre al-l’Aquila reale, troviamo la Poiana, l’Astore, lo Sparvie-re, l’Allocco e la Rondine montana ed altri rapaci. So-no nidificanti e sedentari i tetraonidi, il Francolino di Monte (Bonasia Bonasia) schivo e di difficile osserva-zione stazionante nei boschiricchi di cespugli ed ai mar-gini di pascoli e radure, il Fa-giano di Monte o Gallo for-cello (Tetrao tetrix) a quote più elevate ed inoltre la Co-turnice (Alectoris graeca). Di interesse biogeograficoanche la Pernice bianca (La-gopus mutus) specie di alto valore naturalistico (ma ne-gli ultimi anni in diminuzio-ne numerica) ed il Picchio nero (Dryocopus martius). Tra gli anfibi sono presenti la Salamandra pezzata, la Rana temporaria, e tra i ret-tili il Biacco ed il Colubro li-scio.

SEGUE DA PAGINA 38

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