non più mille

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’11 Maggio 1860 Giuseppe Garibaldi alla guida di mille volontari sbarcò a Marsala, estrema punta della Sicilia Occidentale, per dare inizio al processo che portò, nel giro di un anno, alla proclamazione dell’Unità d’Italia. Da quella data a Marsala va avanti un tormentone lungo un secolo e mezzo: come, quando, in che modo, con quali soldi realizzare un degno monumento per ricordare quell’epica impresa. Questa inchiesta racconta tutti i tentativi andati a vuoto, le bugie, i soldi spariti, gli scandali e le omissioni in una piccola vicenda di cronaca locale (la mancata realizzazione di un monumento) che è straordinaria metafora del nostro Paese e della sua incapacità a celebrare gli eroi: una non – storia della storia d’Italia.

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Giacomo Antonella FrancescoDI GIROLAMO GENNA TIMO

NON PIÙ MILLE

Lo sbarco di Garibaldi a Marsala: storia di un monumento mancato,

di una memoria negata.

Introduzione di Roberto Alajmo

Prefazione di Nino Amadore

coppola editore

Page 4: Non più Mille

Copertina di Salvatore CaliaStampa: Tipografia SERISTAMPA - Palermo

Patrocinio del Comune di Marsala

e della Fondazione Italia 150

ISBN 978-88-87432-97-8 © 2010, coppola editore

Via Giudecca, 15 - 91100 Trapaniwww.coppolaeditore.com

[email protected]

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Sarò forse detto

non amator della patria

se veglio e confesso i vizi di lei?

Cesare Balbo, 1844

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Prefazione

Da anni il dibattito sui media sembra essere dominato dallefacili previsioni sulla morte del giornalismo di inchiesta. Ungiorno sì e l’altro pure gli esperti di cose della comunicazione,seduti in una comoda poltrona, pronosticano la fine del gior-nalismo di inchiesta, anzi no: del giornalismo tout court. Eamen.

Sarebbe opportuno che questi signori facessero un bel viag-gio e non per visitare la Columbia University tempio di gior-nalismo americano. Basterebbe, per esempio, visitare la picco-la redazione di Marsala.it, giornale online siciliano di cui è di-rettore Giacomo Di Girolamo per rendersi conto che non soloesiste ancora del buon giornalismo in giro per l’Italia ma esisteanche ottimo giornalismo di inchiesta.

Il libro che vi apprestate a leggere è appunto la dimostra-zione del come sia possibile fare ottima informazione d’ap-profondimento, rispondere ai legittimi dubbi dei cittadini, dareun senso e una logica a una grande incompiuta compiendo,scusatemi l’arditezza linguistica, un’impresa che negli ultimicinquant’anni nessuno aveva provato a compiere.

Giacomo Di Girolamo, Antonella Genna, Francesco Timohanno scandagliato il mare alla ricerca di documenti sulla sto-ria della mancata realizzazione di un monumento. Non un mo-numento qualsiasi ma quello che doveva servire a ricordarel’origine stessa dell’Italia contemporanea, del nostro paese co-sì come lo conosciamo: unico e unito nelle sue molteplici dif-ferenze. Un monumento identitario dedicato a Garibaldi e allosbarco dell’Eroe dei due mondi a Marsala, nel trapanese.

L’occasione, certo, viene data ai tre cronisti dalle cele-brazioni del 150° anniversario dello sbarco dei Mille. Ma èun’occasione che risponde a una precisa richiesta che proviene

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dalla società se si considera la gran mole di materiale che i let-tori di Marsala.it e gli ascoltatori della radio hanno fornito aitre giornalisti.

Può sembrare, ovviamente, pura retorica ma questa storiadel monumento allo sbarco dei Mille o a Garibaldi è prepoten-temente una metafora dell’essere italiani: non è nemmeno lacronaca di un’incompiuta ma la storia stessa di una compiutastoria di abulia e disinteresse storico, politico e sociale. Perchéla proposta di fare un monumento viene lanciata nel CivicoConsiglio il 9 giugno del 1860, meno di un mese dopo lo sbar-co: ma la decisione viene rinviata a tempi migliori per man-canza di risorse finanziarie.

A seguire ci sono le storie di incarichi dati e non pagati, diricorrenze mancate, di promesse e illusioni. Fino ad arrivarealla posa della prima pietra da parte di un garibaldino con-vinto, anzi del più convinto tra i sostenitori di Garibaldi: l’al-lora presidente del consiglio Bettino Craxi che qui a Marsalaposa la prima pietra il 14 giugno 1986.

È interessante questo viaggio nelle carte che fanno i tregiornalisti perché dà il dettaglio delle lungaggini, delle ipo-crisie, delle falsità che la coscienza collettiva ma soprattutto isingoli protagonisti della vita pubblica sono capaci di co-struire pur di giustificare l’incapacità a concludere un’operache i cittadini, per orgoglio e senso di appartenenza allo stato,aspettano da 150 anni.

Nino Amadore

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ISTRUZIONI PER L’USO, INDICAZIONI, POSOLOGIA

Questa è un’inchiesta. Nel senso proprio, autentico del ter-mine. Ed è un’inchiesta piccola, ma fatta con tutti i crismi. Cisono fatica, sudore, c’è tanta polvere rimossa. C’è tanta atten-zione. Ci sono documenti trovati negli archivi e nelle biblio-teche, parecchie lettere. Ci sono cose di tutti i tipi: accadute,scritte, dette. E ancora: cose legiferate, promesse non man-tenute, cose sognate.

Questa piccola inchiesta parla dei tentativi mai andati abuon fine di costruire, a Marsala, un Monumento in memoriadi Giuseppe Garibaldi e dei mille “picciotti” che sbarcarono incittà l’11 maggio 1860, compiendo l’impresa per eccellenza:l’irresistibile marcia verso l’Unità d’Italia.

Come mai tutto questo interesse? Anche nelle più piccoleredazioni, ci sono argomenti che sono ricorrenti, temi che ven-gono trattati con cadenza quasi periodica, perché suscitano og-ni volta curiosità e attenzione, perché si tratta di casi simboliciche incrociano molti destini, perché parlano di una comunitàpiù di quanto questa immagini. E l’eterno “costruendo” Mo-numento ai Mille di Marsala è uno di questi. Come mai ci sonomonumenti a Garibaldi in tutto il mondo e non a Marsala?

L’Unità d’Italia dovrebbe essere ricordata nella città dellosbarco di Garibaldi più e meglio di qualsiasi altra parte delPaese. E invece il Monumento a Garibaldi e ai Mille non è sta-to mai costruito. E nel luogo dove dovrebbe sorgere c’è la ver-gogna di una imponente costruzione bloccata perché abusiva.

Ecco, su quel Monumento in redazione abbiamo detto escritto molte volte. Sugli scempi, il degrado, l’incuria. Ci sia-mo accorti però, ad un certo punto, che era necessario ag-giungere altro.

Ce lo chiedevano i nostri radioascoltatori, ce lo suggeri-vano i nostri lettori. Ce lo imponeva il calendario.

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1860-2010: 150 anni non si festeggiano spesso. Uno puòdecidere se passarli a organizzare marce, cocktail, mono-grafie. Noi invece abbiamo sentito il grido, anzi no, il vagito,della nostra piccola inchiesta. E ci siamo detti: diamo dignitàa questa memoria negata, cominciamo a capire cosa c’è dietroquesto monumento mai realizzato, dietro la sua non-storia.Cominciamo a sciogliere i nodi.

Abbiamo lanciato un appello tramite www.marsala.it eRmc 101 per dire ai naviganti all’ascolto: chi sa qualcosa suquesta storia, parli.

È stata una vertigine.Siamo stati inondati di carte, fotografie, perizie, copertine

storiche, memorie, lettere. Una piccola inchiesta è diventataun grande esercizio di memoria collettivo in cui tante personehanno cercato di dare la loro tessera del puzzle.

E abbiamo scoperto che, in 150 anni, ci sono stati almenotre tentativi di costruire il Monumento ai Mille a Marsala, tuttie tre arenati. Abbiamo scoperto la storia di un secondo sbarcoe le cartoline che ritraevano una versione di monumento mairealizzata. Abbiamo scoperto un fiume di soldi sprecati, le ma-gagne della burocrazia, gli agguati della politica.

Abbiamo messo in rassegna tutto questo materiale. Ne èvenuta fuori questa piccola inchiesta, che comincia nel 1860 efinisce oggi.

Questa piccola inchiesta racconta di un monumento, dun-que. Che doveva essere fatto già il giorno dopo lo storico epi-sodio che voleva immortalare, e che invece ancora non esiste.

Questa piccola inchiesta racconta di una città, Marsala,gomito di Sicilia, dalla quale, proprio per la sua posizione geo-grafica ci si aspetterebbe chissà che cosa: la Sicilia fa una rin-corsa, uno slancio, si tende come un elastico, e concentra quasecoli di storia e di storie. E invece…

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Questa piccola inchiesta racconta anche dell’Italia, Paesesenza “religione civile”. Detta in estrema sintesi, non abbiamotempo per avere memoria. E chissà allora chi, un giorno, si ri-corderà di noi.

La nostra è, appunto, una piccola ancora di salvezza per unpezzetto di memoria. Come si salva la memoria? Con la regoladelle quattro P: rendendo questa storia Pubblica, Popolare, Pe-netrante, Plausibile.

Per il resto, non c’è morale, non c’è alcun intento pedago-gico. Ma se proprio dovessimo cercare un insegnamento, nonpuò che essere questo: il presente spiega il passato e costruisceil futuro.

È una piccola inchiesta. Però di un giornalismo residente,più che resistente. Ad altezza d’uomo. Fatto guardando negliocchi la città, i suoi abissi. E mettendo in fila cosa quel-l’abisso, quello sguardo, ci ha restituito.

Giacomo Di GirolamoAntonella GennaFrancesco Timo

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14Cose scritte: dalla relazione di Don Pietro Ulloa,

Procuratore Generale a Trapani, 1838

“Non vi è impiegato in Sicilia che non si sia prostrato alcenno di un prepotente e che non abbia pensato di trarre pro-fitto dal suo ufficio. Questa generale corruzione ha fatto ri-correre il popolo a rimedi oltremodo strani e pericolosi. Vi hain molti paesi delle Fratellanze, senza riunione, senz’altro le-game che quello della dipendenza da un capo, che qui è unpossidente, là un arciprete. Una cassa comune sovviene ai bi-sogni, ora di far esonerare un funzionario, ora di conquistarlo,ora di proteggere un funzionario, ora di incolpare un innocente[…].

In questo umbelico di Sicilia si vendono gli uffici pubblici,si corrompe la giustizia, si fomenta l’ignoranza”.

24 Cose scritte: dal giornale torinese L’opinione,

10 maggio 1860

“Si è in angosciosa ansietà intorno alla spedizione di Ga-ribaldi, della quale è ormai inutile il tacere dacchè non solo èconosciuta in paese ma è eziandio già stata annunziata da’giornali esteri. […] Dove sia diretto il Generale Garibaldi nonsi sa di sicuro. Il telegrafo sottomarino del Mediterraneo nonha sinora trasmessa alcuna notizia in proposito. La novelladella partenza di Garibaldi ha prodotto grande sensazione aParigi ed a Londra, a Vienna ed a Berlino. Essa ha qui accesigli animi, e si è certi che migliaia e migliaia di giovani sa-rebbero pronti a rispondere alla chiamata del condottiere dellaspedizione”.

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34Cose scritte: dal Giornale di bordo del “Piemonte”

in viaggio verso le coste siciliane, 10 maggio 1860

“Ore 12.30 ant. - Il generale Garibaldi fa chiamare Castiglianella sua cabina di coperta per conferire sul luogo dello sbarcodella spedizione. Castiglia prendendo seco un piano idro-grafico delle coste siciliane lo spiega sotto gli occhi del Gene-rale. Questi con un compasso scorrendo la costa meridionalesi ferma a Porto Palo, marina di Menfi. Questo Porto Palo nonè che un piccolo seno di pochissimo fondo ove possono sola-mente entrare piccoli legni. […]

Per sbarcare più che 1000 uomini colle sole imbarcazionidei due vapori, occorrerebbe tutto il giorno, ed anche una buo-na parte dei seguenti: in tutto questo tempo vi potrebbe esseresorpresa da navi nemiche che indubbiamente sono in corri-spondenza dei semafori delle coste siciliane”.

Si preferisce allora Marsala: “perché porto ove possono en-trare i due vapori; perché potrà celermente seguirsi servendosio per amore o per forza delle imbarcazioni dei bastimentiparecchi che ordinariamente trovansi in quel porto; salvo chetrovandosi delle truppe nemiche, s’andrebbe a fare lo sbarcoin un altro luogo della stessa costa meridionale dell’isola”.

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44Cose scritte: lo sbarco dei Mille

visto da un contemporaneo.

Una scena mirabile nell’ora della siesta

Ecco come racconta lo sbarco dei Mille a Marsala, nellasua Storia Guida del 1902, il Cav. Antonino Alagna Spanò:

“Era una giornata splendida di primavera, bella comespesso accade in questo limpido orizzonte, che baciato da duemari, con tiepido calore ristora e sollieva.

Secondo i costumi di allora, era l’ora della siesta, in cuiquasi tutti i cittadini trovavansi al riposo. Le strade quasi de-serte, la città tranquilla, furon pochi fortunati che poteronoammirare il memorando avvenimento.

E dovette essere una gratissima sorpresa ed una scena mi-rabile, per quei fortunati, molto più che essa miracolosamentesi svolse in pochissimo tempo. […]

D’un subito, in fondo al mare del Boeo, apparvero i due va-poretti della spedizione, che scanzata la crociera, come saette,corsero il breve tratto di mare e pervennero nel porto: uno, ilPiemonte, restò alla bocca del molo e l’altro, il Lombardo, in-cagliò nelle secche, tra la scogliera e lo stabilimento enologicoWoodhouse.

Subito apparvero brulicanti sulla tolda i valorosi argonautidalle camicie rosse, con grido Viva l’Italia, Viva Vittorio Ema-nuele. […]

Coll’aiuto dei cittadini, vengono a terra e trionfanti entranoin città esultanti e commossi. E subito il bombardamento deiBorbonici alla città, la repressione del telegrafo, il presidioalle porte della città, la riunione del decurionato che dichiaròdecaduti i Borboni ed invitò Garibaldi ad assumere la ditta-tura: mentre a tutti si provvedeva l’occorrente e per l’al-loggiamento in private famiglie, destinando al Generale, la ca-

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sa nel Cassere appartenente al Conte Sarzana Fici. E l’indo-mani all’alba, il popolo tutto accorse a vedere quella schiera dieroi, colle camicie rosse, colla provvista di pane nelle baionet-te, coi carri di trasporto e munizioni, in colonna serrata partirealla volta di Salemi.

Ed il Generale mosse con la cavalla donatagli dal SignorSebastiano Giacalone, alla quale impose il nome Marsala, chefu sempre con lui, sino al suo ritiro a Caprera.

Rifocillatisi i volontari nella contrada Buttagana, a 15 chi-lometri da Marsala, nella casa di proprietà di Alagna Antoninomassaro, ebbero gratuito il vino e quanto si trovò di formaggioed altro”.

Cartolina del ’900 raffigurante il luogo dello sbarco

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54Cose scritte: “… indi chiese una carta geografica

della Sicilia; non ce n’era …”

Dalle memorie di Andrea Di Girolamo, Decurione della Città di Marsala:

“Marsala in quel momento era immersa in un malinconicosilenzio quando due vaporetti fur visti a tutta macchina mon-tare dal Capo Boeo come due frecce scoccate, erano il “Pie-monte” ed il “Lombardo”; il primo fatti i saluti di rito alla ban-diera inglese infilò la bocca del porto gettando l’ancora in vi-cinanza del molo; l’altro per essere di più grossa portata nonpotendo seguire il Piemonte nel percorso canale andò a in-cagliare nei banchi maschierati di arena e fango intesi co-munemente “striscioni”. Sul ponte di quei vaporetti, bru-licavano i volontari dalle camicie rosse, colle armi in pugno,impazienti di scendere a terra. I pochi marinai che trovansisulla rada, furono sorpresi dall’inaspettato arrivo di quei legnifantasmi. Scossi però dal magico grido “Viva l’Italia, VivaVittorio Emanuele” […] fu tutta una discesa a precipizio; untrabalzo di colli e di armi; una febbrile attività; una ansia, unatrepidazione generale. […]

I garibaldini erano stanchi, affaticati, morti di fame e disonno; occorrevano di urgenza viveri ed alloggi; in assenzadel Sindaco e degli Eletti si ritenne necessario riunire il De-curionato ad una straordinaria seduta. Poco dopo entrava ilGenerale avvolto nel suo Puncho che salutando spiegò bre-vemente l’oggetto della riunione. Indi chiese una carta geo-grafica della Sicilia; non ce ne era: solo pendeva da una paretedel gabinetto una carta topografica dell’agro marsalese, lavoroa penna dell’ingegnere alunno Errico Anselmi. Dovette far dinecessità virtù”.

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Cose immaginate: anni ’60 (dell’Ottocento)

11 maggio 1860. Ettore Pocorrobba, usciere comunale, stadormendo seduto dentro la portineria municipale. La sua stan-chezza non dipende dal lavoro, che sostanzialmente si traducein due operazioni: salutare e ossequiare. Saluti per la gente co-mune che si addentra al Municipio mentre gli ossequi sono ri-servati a politici e possidenti. Deve recuperare il sonno per-duto. Il sole era ancora acerbo quando il Sindaco lo sveglia perriscuotere un favore: essere accompagnato nella residenza e-stiva. Pocorrobba non è un cocchiere part-time ma usa ricono-scenza verso colui che lo ha stabilizzato economicamente.Borbotta, bestemmia e si veste. Non è la prima volta che ac-compagna il Sindaco nelle sue scorribande campagnole, ilproblema è la strada. Ettore non riesce a compiere due azionifisiche nello stesso tempo, se guida non può salutare o osse-quiare. La cosa lo innervosisce.

Ettore Pocorrobba dorme che neanche le bombe lo sve-gliano. Colpa della sua miopia uditiva. Non percepisce i rumo-ri lontani ma è sensibile anche al fruscio più leggero, purchésia prossimo alla portineria. Lo svegliano i passi di FrancescoCrispi e dei suoi accompagnatori. L’usciere ha il saluto in can-na, poi nota la pistola, carica l’ossequio ma viene subito fer-mato.

«Saluti. Mi indichi l’ufficio del Sindaco».«Il Sindaco è fuori stanza per impegni istituzionali... (cor-

nuto, aspettava visite e mi ha svegliato alle 5 per non farsi in-cocciare... minchia poi questo è armato....)».

«Mi conduca dal vice Sindaco!».«Se non c’è il Sindaco non c’è neanche il vice, cosi è... ».«Siamo venuti per prendere la città, mi chiami i Decurioni!».«Forse non ci siamo capiti. Lo sa che ore sono?».

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Pocorobba esce dalla portineria, supera il portico, strizzal’occhio a Crispi e chiama un collega con tono concitato: «Sa-ladino! Saladì! Qua c’è un amico mio... (strizza nuovamentel’occhio) che cerca i Decurioni! Tu li hai visti oggi? Saladì?».

Salvatore Saladino, portinaio del Sindaco, replica imme-diatamente con una tipica risposta di negazione onomatopeica,“nzù”. Una risposta a mezza bocca che Pocorrobba, Crispi e isuoi non hanno potuto sentire.

64Cose dette: pomeriggio dell’11 maggio 1860

La città è deserta. Poche persone cercano di individuareGaribaldi nel mucchio ma non lo riconoscono.

Lui va al carcere per liberare i prigionieri politici. Le guar-die scappano via. Un tale, che è imprigionato da undici anni,lo chiama disperatamente. “Poveretto - lo consola Garibaldi -abbiate un po’ di pazienza e sarò da voi”.

“Benedetto voi chiunque siate, Dio vi dia la gloria d’ab-battere questi tiranni infami” - risponde il carcerato.

Uno degli uomini che accompagnano il Generale esclama:“Vecchio, l’uomo che ti ha parlato è Giuseppe Garibaldi!”.

La procedura di occupazione prosegue con la custodia dellecasse pubbliche e dell’ufficio postale. Infine al Municipio, perprenderne possesso. Ma Crispi non trova nessuno...

Tra i Mille c’è un giovane poeta ligure, Giuseppe CesareAbba. È commosso. Marsala per lui rappresenta “la terra pro-messa, la terra da liberare”. Nota come su molte case sven-tolino tante bandiere. Peccato che le bandiere siano di altre na-zioni, per lo più inglesi, come le famiglie proprietarie deglistabilimenti vinicoli. “Che vuol dire questo?” si chiede il gio-vane garibaldino. Scrive nel suo diario: “La città non ha an-cora capito nulla”.

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74Cose accadute: il secondo sbarco

Se consideriamo Garibaldi come Neil Armstrong, il primouomo sbarcato sulla luna, Carmelo Agnetta lo possiamo equi-parare a Buzz Aldrin, l’uomo che passeggiò sulla luna 19 mi-nuti dopo Armstrong, e del quale nessuno si ricorda.

Carmelo Agnetta sbarca a Marsala il 2 giugno 1860 al co-mando del rimorchiatore “Utile”, un vaporetto a ruote, ado-perato fino ad allora nel porto di Genova.

È uno sbarco di cui nessuno si ricorda, uno sbarco di ser-vizio. 60 uomini, 1000 fucili e 100.000 cartucce.

Agnetta non indossa una camicia rossa, ma un fez, souvenirdi una sua avventura militare in Egitto.

Per lui nessun busto, nessuna colonna. Mannaggia.A Palermo fu schiaffeggiato da Bixio. Qualche mese dopo

lo sfidò a duello e gli rese inutilizzabile la mano destra.

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84Cose accadute: Garibaldi è sbarcato.

Facciamogli un monumento

La storia del non-monumento comincia quasi insieme allosbarco. Meno di un mese dopo, il 9 giugno 1860, in ConsiglioCivico, il consigliere Curatolo propone di innalzare un monu-mento celebrativo dello sbarco dei Mille ma, in mancanza dirisorse finanziarie, si decide di rimandare l’iniziativa a tempimigliori.

8 anni dopo, nel 1868, fa il suo ingresso in città il più lon-gevo e fortunato, almeno fino ad ora, dei tentativi di rendereomaggio all’Eroe dei due Mondi.

Si tratta dell’unica opera integra, celebrativa dello sbarco,che attualmente Marsala possiede: il busto di Garibaldi a PortaNuova. Alla base del busto si legge:

Contro i centomila in arme

miracolo d’ardimento

plaudente Europa

per restituire Italia una

con animo pari al voto

qui

tra il fuoco di flotta nemica

Mille e Garibaldi sbarcarono

11 maggio 1860

Fin da allora però, era chiaro che tutti si attendevano unmonumento ben più imponente.

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Il busto di Garibaldi a Porta Nuova

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94Cose accadute: la Colonna Commemorativa, 1893

Il 19 luglio 1893, a più di trenta anni dallo sbarco di Ga-ribaldi, nasce il secondo tentativo di commemorazione della ge-sta di Garibaldi: viene inaugurata, al porto di Marsala, una co-lonna sormontata da una Vittoria alata, progettata dall’architettoGiuseppe Damiani Almeyda. È momentanea. Deve fare da“segnaposto” al futuro grandioso Monumento ai Mille.

L’inaugurazione del piccolo monumento è travagliata. De-ve essere pronto l’11 maggio ma subisce notevoli ritardi e laconsegna è posticipata al 19 luglio.

Nel suo discorso d’inaugurazione, l’Onorevole Abele Da-miani dichiara: “La nostra rappresentanza comunale, sicura diinterpretare il desiderio di queste popolazioni, volle indicarecon una colonna il posto ove dovrà sorgere un Monumento na-zionale che il patriottismo degli italiani dovrà innalzare a glo-ria di Garibaldi e de’ Mille”.

Nelle sue intenzioni la colonna deve indicare “a’ passanti ilpiù grande ardimento che siasi mai offerto e la più grande for-tuna raggiunta nel nome della patria e della libertà”.

Il tempo e le intemperie distruggeranno la colonna, troppoalta ed esile per resistere allo scirocco. Oggi ne rimane solo ilbasamento, dove si legge a stento, ormai quasi del tutto can-cellato:

MARSALAMEMORE E FIERA

A PERENNE RICORDODEL LUOGO IN CUI

SBARCARONOI MILLE E

DUCE GARIBALDIIN ATTESA DI PIU’ DEGNO MONUMENTO

11 MAGGIO 1893

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La colonna commemorativa del 1893

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104Cose accadute: la legge per il Monumento,

l’incarico a Ximenes che non verrà mai pagato…

Sono quasi passati 50 anni dallo sbarco e, in città, si rico-mincia a parlare della necessità di realizzare un monumentoche ricordi degnamente il ruolo di Marsala nell’Unità d’Italia.

Nel 1906 viene costituito persino un comitato cittadino conquesto scopo, anche perché nel frattempo lo Stato ha finan-ziato la realizzazione di un monumento a Quarto.

Nel 1910 finalmente qualcosa si muove. L’onorevole Vin-cenzo Pipitone presenta alla Camera dei Deputati una propostadi legge per la costruzione di un Monumento ai Mille a Marsa-la: “In questo momento io sento di adempiere semplicementead un dovere verso la mia città natale, che ha conservato unculto speciale per il memorabile avvenimento, che segnò l’ini-zio della Unità e dell’indipendenza della Patria, ad un dovereverso la memoria di quegli eroi, i quali, con il loro sacrificio,resero possibile ciò che fu desiderio di tanti secoli, di tantipoeti, di tanti martiri”.

E così il deputato Pipitone fa approvare dal Parlamento,con la legge n. 456 del 7 luglio 1910, un contributo di 50.000lire, quale “concorso dello Stato per la realizzazione di un Mo-numento ai Mille, in Marsala”. Oggi corrisponderebbero a cir-ca 187 mila euro.

Viene bandito un concorso e lo vince uno scultore paler-mitano molto in voga in quegli anni e grande appassionatodell’epopea garibaldina: Ettore Ximenes (1855 - 1926). Xime-nes non è nuovo a questo genere di opere monumentali. A Ro-ma realizza il “Gruppo Marmoreo del Diritto” al Vittoriano ela Quadriga al Palazzo di Giustizia. A Parma, il “Monumentoa Verdi”. Tra il 1911 e il 1926 Ximenes ha eseguito anche nu-merose opere all’estero, acquisendo grande fama a livello in-ternazionale. Sua, ad esempio, la statua di Dante a Phila-

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delphia. Più volte ha ritratto Garibaldi: anche se poco noti algrande pubblico, i suoi vari busti sono sparsi in tutta Italia. Nel1887 realizza il Monumento a Garibaldi a Pesaro e, nel 1895,quello per Piazza Cairoli, a Milano.

Per Marsala, Ximenes progetta un grande cippo, una speciedi colonna quadrata con, ai lati, fregi e varie sculture evoca-tive. Come la colonna del 1893, anche questo sarà posizionatoal porto, nel luogo dello sbarco.

A Ximenes viene affidata anche la direzione dei lavori, dacompletare entro il 1912. Ma l’opera non vedrà mai la luce.Sarà realizzato solo il basamento in granito. Il Comune incas-sa le 50.000 lire ma Ximenes non verrà mai pagato.

A Quarto, invece, il monumento viene commissionato alloscultore Eugenio Baroni ed eretto nel 1915.

È inaugurato il 5 maggio con un discorso commemorativodi Gabriele D’Annunzio.

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114Cose accadute. I festeggiamenti per i cinquanta anni

dallo sbarco dei Mille, l’11 maggio 1910

I 50 anni dallo sbarco dei Mille sono festeggiati a Marsalacon una rievocazione a cura del Touring Club. I superstiti dellaspedizione del 1860, una novantina in tutto, sono condotti daGenova a Marsala. Come 50 anni prima, ancora in giubbe ros-se ma con la barba bianca a segnare il tempo trascorso, i gari-baldini attraversano Porta Garibaldi, trovando ad accoglierli,con fiori, bandiere ed applausi, una folla festante che riempiestrade e balconi.

All’evento, “La Domenica del Corriere”, supplemento illu-strato del Corriere della Sera, dedica una copertina nella qualecampeggia un’illustrazione dei festeggiamenti realizzata daAchille Beltrame.

All’interno, un articolo racconta del nuovo sbarco dei redu-ci “per quella stessa Porta Garibaldi che li aveva visti cin-quant’anni prima tutti giovani baldi e ardenti di patriottismo.Quanta commozione, quante lacrime, quanti ricordi cari e do-lorosi! Ecco, di fianco alla porta di Marsala, le stesse case, glistessi poggioli dai quali la gente erasi affacciata nel 1860,pavida e stupita per vedere l’ingresso dei componenti la sacralegione!”.

In occasione del cinquantenario, a Palermo viene inveceinaugurato, alla presenza dei Sovrani, un monumento ad operadello scultore Antonio Ugo e dell’architetto Basile. Davanti adun’esedra (incavo semicircolare, aperto, con colonnato), si er-ge un obelisco sui cui Ugo scolpisce due bassorilievi simbo-lici. Al centro, un gruppo rappresentante l’Italia cinge alla vitae attira a sé la Sicilia.

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Copertina de La Domenica del Corriere

del 5 giugno 1910

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124Cose scritte: dal diario di Battista Tassara

Della spedizione dei Mille fa parte anche lo scultore geno-vese Battista Tassara. Ritorna a Marsala il 25 maggio 1910.Appunta nel suo diario:

“Marsala non ha ancora innalzato un Monumento ai Milleche qui sbarcarono in quel lontano 11 Maggio 1860. Pazienza.Essi non vennero in Sicilia per la gloria ma per un grandeideale scrissero la più bella pagina del Risorgimento italiano.Il migliore monumento che si possa innalzare a tutte le camicerosse non sta nel marmo o nel bronzo bensì nel ricordarle spo-glie da ogni scoria umana e tramandarle alle generazioni ven-ture in una luce di amore e di grandezza. Al forestiero che vie-ne cercando al porto o in qualche altro sito il Monumento aiMille diciamo: “Il Monumento ce l’abbiamo nel cuore!”.

134Cose scritte: “L’arte non è mestiere e speculazione”, 1911

Questo il commento del senatore Vincenzo Pipitone dopol’assegnazione a Ximenes dell’incarico di realizzazione delMonumento ai Mille a seguito del concorso internazionale:

“Il comitato cittadino può essere lieto e superbo del ri-sultato… Esso ha avuto ancora la fortuna di constatare in que-sta circostanza, l’abnegazione, il disinteresse, il decoro dei no-stri artisti, per i quali l’arte non è mestiere e speculazione, mafuoco sacro, apostolato e sacerdozio, mezzo di onorare se stes-si, in patria e ogni più nobile idea”.

E parlando ancora degli “artisti” osserva “come nessuno diessi si sia preoccupato del guadagno”.

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144Cose accadute: un monumento solo in cartolina, 1912

Cosa accade in quegli anni non è chiaro. Fatto sta che le cro-nache parlano di “baruffe, zuffe, contese e risse” che impe-discono la realizzazione del monumento.

Il progetto di Ximenes resta sulla carta… e in cartolina.Infatti il progetto del monumento viene immortalato in una

pomposa cartolina illustrata che, come tutte le cartoline, fa unpo’ il giro del mondo.In molti verranno a Marsala per visitare il monumento di Xi-menes che non esiste. Il fenomeno continuerà fino agli anni’50. Il monumento diventerà una sorta di mostro di Loch Nesssiciliano, tutti giurano di averlo visto, ma non esiste. Scriverànel 1960 uno sconsolato cronista marsalese: “Si verifica spes-so, infatti, che arrivano dei turisti i quali chiedono, ansiosi, divisitare il monumento dello sbarco di Garibaldi (monumentoche allora doveva sorgere nella zona del porto) e qualcuno esi-bisce la “famosa cartolina” oppure la fotografia riportata da

La cartolina del bozzetto dello scultore Ettore Ximenes

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qualche guida turistica del tempo. L’accompagnatore arrossi-sce, e secondo il grado sociale e quello culturale - tornando adarrossire di santa vergogna - improvvisa una fandonia, per giu-stificare che il monumento dello storico sbarco non esiste”.

154Cose scritte: “… biondo e bello come un nume,

circonfuso di luce e di gloria”

Le Cento Città d’Italia illustrate è una serie di fascicoli cheesce nel 1922. Costo, una lira. Sono fascicoli di 20 pagine(comprese le copertine). Ogni fascicolo, con 50 e più illu-strazioni, descrive una città o una regione. La compilazione diogni fascicolo è affidata ad apprezzati e competenti scrittori. Ilfascicolo 248° è dedicato a Marsala:

“L’11 Maggio 1860, biondo e bello come un nume, circon-fuso di luce e di gloria, vi sbarca Garibaldi: fiamme rosse sonosulla terra, inni di giovinezza salgono ai cieli, a gloria suonanole campane di tutte le chiese benedicenti il tricolore e la nuovaprimavera d’Italia. Nel porto Bixio grida: “Affondate la na-ve!” e Garibaldi proclama dalla Loggia: “La Sicilia insegneràancora una volta come si libera un Paese dagli oppressori collapotente volontà di un popolo unito”.

Nel fascicolo viene riportato anche il bozzetto del progettodi Ximenes, con la didascalia:Il Monumento ai Mille nel luogo

dello sbarco.

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164Cose accadute: Benito Mussolini a Marsala

Mussolini visita Marsala l’8 maggio 1924. Arriva alle 7:30. Alpalazzo comunale riceve il saluto del Commissario Regio.Nella piazza del Comune, da un palco eretto davanti la Catte-drale, assiste alla cerimonia per lo scambio delle bandiere frai Presidenti delle Associazioni Nazionali dei Combattenti e deiMutilati di Guerra. Bacia “religiosamente” i vessilli. E parla,lieto di essere al “limite estremo della Patria italiana”. “È or-mai irrimediabilmente sepolto quel periodo di vergogna in cuiera considerato delitto innalzare i simboli della Patria” di-chiara Mussolini. Sulla piazza del porto di Marsala, i blocchidi marmo di quello che avrebbe dovuto essere il Monumentoai Mille progettato da Ximenes vengono occultati con dei teli,per essere nascosti alla vista del Duce, che però garantisce ilsuo impegno per la costruzione di un Monumento a Garibaldie ai Mille: “Sessant’anni fa, e proprio in questi giorni, spun-tavano sull’orizzonte di Marsala i navigli dei garibaldini re-canti un grande carico di speranze e di gloria. Erano pochi,eppure furono sufficienti per la trionfale marcia fino alla ca-pitale del Regno delle Due Sicilie. Oggi per tutta l’Italia passaun fremito invincibile di passione e di fede ed ovunque si di-sperdono le vestigia di un passato nefasto”.

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Cose immaginate: anni ’20

Dialogo tra due persone che assistono al discorso di Mussolini

«Bravo, bravo. Questo ci voleva! Per secoli ci hanno dettoche ci meritavamo soltanto Festa, Farina e Forca... finalmenteè arrivata la F giusta. Il Fascismo!».

«Hai ragione. Ogni uomo è uomo di se stesso, ma lui li rap-presenta tutti, è il futuro! Hai sentito cosa ha detto sullo sbarcodei Mille? Scommetto che entro un anno fa costruire un mo-numento! Parla sempre di grandi opere, magari fa pure il pon-te sullo Stretto, così la patria diventa veramente unita».

«Tranquillo! Sai come lo chiamano i suoi collaboratori piùstretti?».

«Come lo chiamano?».«Duce! Hai capito? Duce, dolce! Pare rigido ma sarà sicu-

ramente una persona con cui si può ragionare!».«Ma sicuro che Duce non è siciliano... mi pare strano, sarà

latino...».«Perché sei ignorante! Qual è il parlamento più antico?

Quello siciliano. Lui che lavoro fa? Il Primo Ministro del Par-lamento Nazionale. In segno di rispetto per la Sicilia si fa chia-mare così! Da qui è partito il cammino dell’unità nazionale.Solo che noi non ci pensiamo mai. A lui non sfugge nulla.Manco i ladri gli sfuggono. Hai visto come funziona la po-lizia? Tra un po’ potremo dormire con le porte aperte, che ne-anche l’aria fredda entrerà in inverno».

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