notiziario 2009-11
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ASSOCIAZIONE FAMIGLIE ADOTTIVE PRO ICYC
ONLUS
Associazione Famiglie Adottive Pro I.C.Y.C. - ONLUSEnte Autorizzato per le Adozioni Internazionali
Piazza Campitelli, 9 - 00186 RomaTel. e Fax 06.68806528 - E-Mail: [email protected]
Internet: www.adozionefamiglieicyc.org
sono tanti i motivi per cui ricorderemo a lungo il convegno di Trevi: l’anniversario dei 20 anni, la grande
partecipazione di famiglie, l’ingresso dei ragazzi in pianta stabile nell’Associazione, l’aria di festa che si
respirava, la cordialità e la simpatia degli ospiti cileni, gli incontri sempre utili con i professionisti.
Lo ricorderemo per i tanti, preziosi momenti di questo nostro stare insieme: ritrovare gli amici, parlare,
scherzare, chiedere un consiglio, confessare una preoccupazione, vedere i nostri ragazzi sempre più
maturi e attenti e i nostri bambini sempre pieni di esuberante vitalità, riflettere sul nostro essere genitori,
accogliere con commozione le spoglie di San Giovanni Leonardi per il IV centenario della sua morte.
Storie, affetti, emozioni che rendono la nostra esperienza unica.
Sappiamo bene che il percorso adottivo non è sempre facile, che ci sono momenti duri in cui temiamo
di non farcela, ma questi incontri ci danno una nuova forza, sentiamo di non essere soli, di far parte noi
e i nostri figli di una famiglia più grande.
Ed io voglio ringraziare di cuore quanti hanno collaborato nell’organizzazione: il Consiglio Direttivo, i
referenti regionali, i responsabili dei vari progetti, i nostri operatori e tutti voi amici che avete partecipato
con l’affetto di sempre.
Un grazie particolare agli ospiti venuti dal Cile: Nelson Barrios Orostegui Sindaco di Quinta de Tilcoco,
Maria Fernanda Galleguillos Pizarro rappresentante del Sename, Padre Memo e Lya Hald componenti
della Fondazione Icyc, Gianni Casoni referente in Cile del nostro Ente, Guillermo Galindo Troncoso
rappresentante dell’Associazione cilena Arcoiris.
A loro un arrivederci in Cile per il prossimo anno, in occasione della ricorrenza dei 40 anni della
fondazione dell’Istituto di Quinta.
E infine un pensiero affettuoso per Padre Francesco Petrillo che ci segue sempre e ci sostiene con
grande amicizia.
Il nuovo anno si preannuncia carico di impegni, soprattutto per il nuovo Consiglio Direttivo appena
eletto, ma anche pieno di soddisfazioni perchè presto accoglieremo in Italia i primi bambini adottati
attraverso la nostra Associazione. È questo il motivo per cui Padre Alceste ha lavorato per tutta la sua
vita ed è questo il motivo per cui 20 anni fa siamo nati.
Gianni Palombi
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Cari amici
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La mattina del 28 agosto, nell’incon-
tro con i genitori e le nuove coppie,
prima di passare alla relazione della
dr.ssa Borghetti, ho introdotto i lavori
evidenziando l’apparente contraddi-
zione del tema “post adozione” per il
neonato Ente che ancora non ha con-
cretizzato nessuna adozione ma
indubbiamente appropriato per la
“maggiorenne” Associazione pro
ICYC al suo ventesimo anno di atti-
vità a sostegno delle coppie.
Abbiamo deciso di parlare di post-
adozione per evidenziare l’importanza
di costruire il rapporto genitori/figli
in tutto il percorso adottivo avendo
presenti i molti momenti di proble-
maticità che in questo rapporto pos-
sono determinarsi.
È indubbio che non si può in un solo
incontro affrontare tutti gli aspetti,
ma l’obiettivo era quello di approfon-
dire alcuni elementi significativi del
percorso adottivo visto anche nell’ot-
tica di sussidiarietà, degli aiuti da
dare ai minori in stato di abbandono
ed a rischio giuridico.
È importante essere consapevoli del
concetto di sussidiarietà, cioè del
fatto che l’adozione internazionale,
quale noi sosteniamo, deve essere
l’ultimo tentativo che si espleta per
sostenere un bambino che non ha
una famiglia. Quale Associazione e
quale Ente il nostro compito è quello
di aiutare i paesi di origine a cercare
tutti i modi possibili per dare una
famiglia al bambino nel suo paese:
reinserimento → affido →adozione
nazionale e solo come ultima risorsa
per permettere al bambino di proget-
tare un futuro migliore l’adozione
internazionale.
Due sono i motti di Padre Alceste che
ho voluto sottolineare, il primo “Il
bambino è oggi, da oggi è indispen-
sabile dare una famiglia al bambino”
(e non un bambino ad una famiglia),
e il secondo “Il genitore deve abbas-
sarsi all’altezza del bambino” farsi
cioè guidare rispettando i suoi tempi
di crescita e inserimento.
È, e deve sempre essere il bambino il
fulcro del nostro agire, è lui che i
genitori devono accompagnare nella
crescita.
Questo è vero per ogni genitore,
Adozione… e poi? Il saluto dell’Assessore
alle Politiche Sociali del Comune di Trevi
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adottivo e non, ma per noi è più vero
perché significa accettare totalmente
questo bambino che viene da lontano
con una sua cultura, un suo modo di
esprimersi e di comportarsi e soprat-
tutto con un suo vissuto, parola
densa di significato sulla quale spes-
so non ci soffermiamo abbastanza.
E’ bene essere consapevoli che
anche il bambino ci adotta e deve
riuscire ad accettarci. Tutto questo
può avvenire soltanto con il rispetto
reciproco. Rispetto quindi che vuol
dire accettazione piena dell’altro che
è diverso da noi perchè viene da un
altro paese, perchè crescendo nella
ricerca di sé passa attraverso il biso-
gno di riscoprire la propria terra, la
cultura dei propri antenati, i sapori e
gli odori dell’ambiente naturale.
Quando si torna in Italia, la famiglia
è sola, spesso i servizi sono assenti
o non riescono a sostenere tutte le
situazioni, anche gli Enti, tutti con-
centrati nel pre-adozione, nel prepa-
rare la coppia prima dell’incontro
con il figlio, spesso non sono pre-
senti nel momento in cui il rapporto
con questo figlio deve costruirsi,
deve mettere le radici per crescere.
Ci si sente spesso spaventati, inade-
guati, si pensa di non essere accetta-
ti dal bambino e, a volte, viene la
La Dott.ssa Maria Fernanda Galleguillos Pizzarro, rappresentante del Sename, e Gianni Palombi
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tentazione di gettare la spugna.
Per questo motivo, come Ente/Associazione,
ci siamo posti il problema del “post
adozione” e di come aiutare una cor-
retta integrazione del minore nella
nuova famiglia .
Durante il convegno si è cercato di
dare una risposta a quanti chiedono
proposte concrete per il post adozione
con particolare attenzione al periodo
pre e adolescenziale dei nostri figli. Si
è sottolineata l’importanza di avere
disponibile una rete di relazioni com-
posta dagli operatori dell’Ente, dai ser-
vizi sociali nazionali e dalle coppie
con i loro figli. Proprio le coppie che
hanno già adottato, “coppie tutor”,
possono, nei momenti di difficoltà,
costituire un ponte tra la famiglia, i
servizi sociali e/o i professionisti.
Un altro modo per sostenere la
nuova famiglia è dare maggiore voce
ai ragazzi della nostra Associazione
che vogliono entrare come parte atti-
va in progetti, anche per essere
“ragazzi tutor” dei nuovi arrivati e
delle coppie stesse.
Consapevoli che non è sufficiente
essere genitori adottivi “anziani”“ per
essere di aiuto come “tutor” ad altre
coppie, stiamo organizzando incontri
e corsi formativi per chi volesse met-
tersi a disposizione degli altri in un
rapporto di mutuo aiuto.
Dopo la relazione della dottoressa
(psicologa, psicoterapeuta ) Giuditta
Borghetti che ha illustrato efficace-
mente i punti focali dell’adozione
come “un progetto in divenire, di un
unico grande percorso, di un cam-
mino, il cui filo conduttore è la
costruzione di nuovi legami affettivi”,
si è aperto il dibattito tra i presenti.
Sono state evidenziate le grandi diffi-
coltà nell’inserimento scolastico, il
rapporto conflittuale con la scuola e
gli insegnanti e l’impreparazione della
scuola ad accogliere i nostri figli.
Gli interventi si sono caratterizzati per
la loro sincerità, molti genitori hanno
dimostrato una grande capacità di
analisi con una introspezione perso-
nale approfondita e notevole com-
prensione dei problemi di inserimen-
to scolastico e sociale che i figli devo-
no affrontare quotidianamente .
A fine riunione ho ritenuto doveroso
prendere l’impegno come Associazione
di approfondire questo tema specifico e
cercare i modi più opportuni per sensi-
bilizzare il mondo scolastico all’acco-
glienza dei nostri figli.
Enrico Paucchi
L’Umbria ci ha ospitati, Assisi era vicinissima; pace, fra-tellanza, accoglienza, diversità, amore per i colori
che uniscono il cielo e la terra, da sempre sim-boli comuni a tutti i popoli...
Come i colori dell’arcobaleno, pur essendodiversi, insieme creano un’armonia tale dadare vita alla purezza del bianco, cosi tuttii popoli uniti per il bene comune possonolasciare un futuro migliore per i loro figli.Con questi simboli si sono realizzati piat-ti e piastrelle per gli ospiti e i partecipanti
al nostro 20° convegno, per sottolineareche non puo esserci comprensione e accetta-
zione piena del vissuto dei nostri figli se in noinon è presente l’accettazione e l’accoglienza del
diverso, di chi ha un’altra storia e altre radici culturali.
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“Adozione...e poi?” In realtà l’adozio-
ne è un progetto in divenire, quindi
più che parlare di post-adozione,
preferisco parlare di momenti diversi
di un unico grande percorso, di un
cammino, il cui filo conduttore è la
costruzione di nuovi legami affettivi.
Tale percorso inizia nella “mente” di
due persone, di una coppia e nella
loro voglia di genitorialità e si con-
cretizza nell’incontro con “quel”
bambino o “quella” bambina ed è qui
che ha inizio il “poi”. L’incontro è un
momento estremamente delicato nel
cammino dell’adozione. È il momen-
to in cui la realtà, fatta di sensazioni
ed emozioni prende il posto delle
fantasie, dei sogni, delle aspettative
e raccoglie in sé le potenzialità per
un positivo attaccamento e per il
riconoscimento reciproco, di sé
come genitori e del bambino come
figlio. È bene, però, tenere a mente
che conoscenza non equivale ad
attaccamento; non sono sufficienti la
voglia, il bisogno dell’altro per per-
cepirsi autenticamente e profonda-
mente genitore e figlio, ma l’attacca-
mento è un processo che, in tutte le
sue fasi necessita di gradualità, inte-
sa come un tempo adeguato di tran-
sizione per ogni cambiamento, (ad
es. la diversità delle abitudini di vita
dall’istituto alla nuova famiglia) e
continuità, intesa come la possibilità
di costruire “ponti” fra il vissuto pre-
cedente e quello futuro. La coppia ed
il bambino vivono questa fase in
modo molto diverso ed avere questo
Un progettoin divenire
La Dott.ssa Giuditta Borghetti interviene al Convegno
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ben presente può aiutare i genitori a
costruire le basi per un buon attacca-
mento.
I genitori arrivano all’incontro con il
bambino dopo un lungo percorso di
elaborazione, riflessione, che li ha
portati ad una scelta consapevole;
provano paura ed incertezza, ma
soprattutto gioia e spesso, dopo
tanta attesa, sentono un forte biso-
gno di “normalità”, di iniziare questa
nuova vita insieme. Questo bisogno,
comprensibile e legittimo, ha in sé
però un rischio grande, quello di non
rispettare i tempi del bambino, che al
contrario ha bisogno di gradualità e
continuità. In questo momento il
bambino ha davanti a sé un compito
estremamente complesso, deve
separasi da ciò che è familiare e
quindi rassicurante ed adattarsi a
nuove figure di riferimento; è domi-
nato dall’ambivalenza perché da una
parte sente il desiderio e l’interesse
verso di lui, ma dall’altra deve
abbandonare ciò che è noto per
qualcosa di sconosciuto e si sa che
anche le situazioni più difficili e
deprivanti innescano meccanismi di
sicurezza, proprio in quanto situazio-
ni conosciute.
È fondamentale, quindi, che i genitori
sostengano il bambino in questo pro-
cesso di separazione e per fare ciò
può essere utile raccogliere più infor-
mazioni possibili, sulla sua vita di
“prima”, sull’Istituto, informazioni che
possano aiutarlo a costruire ricordi e
facilitino un racconto realistico del-
l’incontro. (L. Paradiso, 1999).
L’arrivo del bambino comporta, inevi-
tabilmente, una nuova organizzazione
della famiglia e dà l’avvio ad una fase
estremamente complessa del percor-
so: quella dell’inserimento.
I genitori devono fare i conti con la
perdita della dimensione di coppia,
con una riorganizzazione dei propri
tempi e spazi ed al contempo devono
confrontarsi con la gestione del
nuovo ruolo, quello di genitore. Il
bambino, oltre a vivere una fase di
grande disorientamento, in quanto
sono cambiati tutti i suoi riferimenti,
esprime, più con il comportamento
che con il linguaggio, il bisogno di
sentirsi ascoltato ed accolto nelle
sue difficoltà. Diventa fondamentale,
quindi, per i genitori, soprattutto in
questa fase, chiedersi sempre cosa
ci sia dietro un determinato compor-
tamento, aiutarlo a sperimentare
relazioni “esclusive” con le figure di
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attaccamento, per aiutarlo nella
costruzione di quel senso di fiducia
che sta alla base di un buon legame
di attaccamento.
La nuova famiglia adottiva si trova a
dover fare i conti con due ordini
diversi di “compiti”. Da una parte i
normali “compiti evolutivi” di ogni
famiglia, biologica o adottiva che sia;
dall’altra ha di fronte compiti specifi-
ci, quali: il confronto e la gestione
della diversità, l’elaborazione e rico-
struzione della storia familiare, (ossia
il tema dell’abbandono), il manteni-
mento della continuità nella disconti-
nuità. (M. Chistolini, 2003)
Nella storia della famiglia adottiva que-
sti due ordini diversi di compiti saran-
no più o meno in primo piano a
seconda dei momenti e delle “fasi” di
vita della famiglia stessa, come in un
gioco percettivo di “figura-sfondo”,
per il quale talvolta in primo piano sarà
la parola “famiglia” e quindi la quoti-
dianità e i “compiti” di tutte le famiglie;
talvolta invece ad essere in primo
piano sarà la parola “adottiva”, con il
portato di complessità e ricchezza che
questo vuol dire.
Parlare di famiglia adottiva significa,
inevitabilmente, fare i conti con la
dimensione della diversità, che si
declina in tanti aspetti diversi, (diversi-
tà di origine, somatica, etnica, cultura-
le) ed il contesto relazionale della fami-
glia si gioca proprio sull’integrazione
di tali diversità. (L. Paradiso, 1999)
Compito fondamentale di tutti i geni-
tori, ed in particolare dei genitori adot-
tivi è quello di trasmettere tranquillità
in relazione alla diversità, attraverso,
ad esempio, l’accoglienza e l’attribu-
zione di stima e valore delle parti per-
cepite come “diverse” dal bambino,
perché per ogni bambino l’accettazio-
ne delle caratteristiche personali è
data dal confronto con gli altri e dai
rimandi che adulti e “pari” danno.
Sul piano della relazione, quando le
nostre diversità sono rifiutate, evitate,
dall’altro “significativo” si attua il
meccanismo dell’assimilazione (“...se
vuoi essere amato devi essere uguale
a me”), che genera, inevitabilmente il
conflitto. Quando, invece, le diversità
sono eccessivamente rimarcate si
attua il meccanismo dell’estraniazio-
ne, (“...sei troppo diverso da, me, non
ti riconosco”), che produce isola-
mento. Al contrario, riconoscere le
diversità dell’altro, accoglierle,
rispettarle e renderle un elemento
della storia familiare, produce inte-
grazione. (L. Paradiso, 1999)
La diversità con cui, inevitabilmente
e necessariamente ogni famiglia
adottiva dovrà fare i conti è la diver-
sità di origine; adozione è, infatti,
l’incontro di storie iniziate in contesti
relazionali, sociali, culturali differen-
ti ed inoltre, il bambino avrà sempre
dentro di sé una doppia appartenen-
za: quella biologica e quella adottiva.
(L. Paradiso, 1999)
L’integrazione di queste due apparte-
nenze è condizione fondamentale
affinché il bambino possa provare a
dare un senso a quanto accaduto,
possa confrontarsi con la sua storia
e quindi riesca a costruire un senso
del Sé, che sia integrato e non fram-
mentario. Per fare ciò è necessario
che abbia accesso alla sua storia,
che significa avere accesso a quella
verità “narrabile”, (D. Guidi, 1997), o
ancora meglio a quella verità
“sostanziale”, (M. Chistolini), che
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chiarisca al bambino che chi aveva
titolo per occuparsi di lui, i suoi
genitori biologici, non lo ha fatto
perché non aveva quella stabilità
psicologica, quelle risorse emotive,
affettive ed educative necessarie per
farlo e ciò dipende dal contesto in
cui si è cresciuti, dalle esperienze
che si sono fatte, dai vissuti che si
hanno. (M. Chistolini, 2003)
Capire, per il bambino è più impor-
tante di sapere, le informazioni sono
importanti, ma non sufficienti, ciò
che conta è la possibilità di elaborare
sia cognitivamente, che affettivamen-
te, la propria storia, il proprio vissuto
e compito dei genitori è quello di
stare accanto al proprio figlio in que-
sto processo, non solo come spetta-
tori passivi, ma stimolandolo, seppur
con sensibilità e cautela, a riflettere.
(M. Chistolini, 2003)
Giuditta BorghettiPsicologa-psicoterapeuta
Bibliografia • Chistolini M., (1999), “Meglio
non avere fretta”, in L’Albero
Verde, CIAI, Milano.
• Chistolini M., (a cura di) (2006),
“Scuola e Adozione. Linee guida e
strumenti per operatori, insegnan-
ti, genitori”, FrancoAngeli, Milano
• Chistolini M., (2003), “Le informa-
zioni nell’adozione”, Minorigiustizia,
n. 3, 2003
• Paradiso L., (1999), “Prepararsi
all’adozione. Le Informazioni, le
leggi, il percorso formativo per-
sonale e di coppia per adottare
un bambino”, edizione UNCOPLI
Minori, Milano.
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Sono certamente ricordi indelebili
che lasceranno il segno per sempre.
Elias è “precipitato” nella nostra
famiglia quando aveva 6 anni e
mezzo; subito è sembrato un bambi-
no esuberante e vivace, ma altrettan-
to affettuoso e felice.
Io l’ho soprannominato “Taz”, il
Diavolo della Tasmania, quel perso-
naggio dei cartoni animati che gira
come una trottola e mangia in conti-
nuazione.
La sua voracità infatti era un’altra
caratteristica che emergeva prepo-
tentemente.
A proposito di questo, c’è un piccolo
aneddoto legato all’indimenticabile
Padre Alceste (che il bambino ha
conosciuto, ma noi purtroppo no):
quando Elias aveva più o meno 4
anni e si presentava bello cicciotello,
il Padre lo aveva categoricamente
messo a dieta. Elias ci ha raccontato
che vagava nelle cucine, inutilmente
si aggrappava alle “Tie” e piangendo
disperatamente diceva: “Tengo
ambre, tengo ambre!”.
Forse sarà stato anche un pochino
arrabbiato con Padre Pier, ma con
commozione ricordo ancora la
nostra ultima sera all’Hogar. Elias
prendendoci per mano, ci portò alla
tomba del Padre e inginocchiatosi
chiuse gli occhi e pregò in silenzio.
Poco dopo, uscendo ci disse in spa-
gnolo: “Ho ringraziato Padre Pier
perché mi ha aiutato a trovare una
mamma e un papà”. Quella sera c’era
la luna piena in cielo, così bella e
così diversa da quella che si vede nel
nostro emisfero, e sembrava sorride-
re di tanta dolcezza…
Il mio post adozione
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Il giorno dopo eravamo a Santiago,
era Venerdì Santo quel giorno…
volevo andare un po’ in Chiesa, ma
forse ho insistito troppo. Elias prima
si è seduto sulla panca, poi ci si è
coricato, poi ha iniziato a contorcersi,
poi si è alzato e come se niente fosse
è andato a fare Tarzan appeso alle
enormi acquasantiere poste all’in-
gresso della cattedrale; non pago si è
anche arrampicato al portone d’in-
gresso che cigolava rumorosamente
attirando troppa attenzione… Allora
abbiamo capito che forse era il caso
di andar via e rinunciare all’ascolto
del racconto della Passione perché
già la stavamo vivendo!
Al nostro arrivo in Italia iniziò la
nostra nuova vita in tre; una vera e
propria rivoluzione!
La sveglia tre volte a notte per fargli
fare la pipì che, qualche volta, gli
scappava prima che quella suonasse;
le stelline rosse nel calendario per
ogni giorno che si trovava il letto
asciutto, le favole da raccontare che
non erano comprese, ma servivano
solo per tenere la mamma lì e sentire
la sua voce; il bagno nella vasca dalla
quale non voleva più alzarsi finché
non gli venivano le labbra viola
(mentre oggi non vuol più entrare
nemmeno in doccia); le “note” delle
maestre che collezionava ogni giorno
per la sua vivacità… e tante altre pic-
cole e grandi rivoluzioni quotidiane
che hanno segnato questi quattro
anni volati così in fretta!
Mi ricordo il primo Convegno delle
famiglie insieme ad Elias: scappava
da tutte le parti per andare a giocare,
giustamente, ed era inutile rincorrer-
lo e richiamarlo. Mi avvicinai ad
Adam chiedendogli per favore di
tenerlo d’occhio e lui mi disse che
Elias gli ricordava tanto se stesso
quando aveva la sua età. Allora io,
ammirando la sua attuale calma e
responsabilità, gli chiesi: “Davvero
anche tu eri così? E a quanti anni hai
iniziato a calmarti?”. Lui, pacifico mi
rispose: “A undici anni”. Elias ne
aveva appena 7… ciò inequivocabil-
mente significava altri 4 lunghi anni
di ansia e panico!
Oggi Elias ha 11 anni e forse Adam
faceva solo un discorso molto molto
relativo…
Ma insieme allo stato di ansia che
probabilmente è un fatto congenito
in me, ci sono stati e ci sono tanti
altri momenti di assoluta gioia ed è
una gioia di cui sono molto gelosa e
che quasi mi fa sentire “egoistica-
mente” una mamma unica e diversa.
Le gioie delle mamme adottive, così
come i dolori, sono esperienze dav-
vero uniche.
Non ci sono stati i dolori del parto, è
vero, né i pianti a notte fonda per le
poppate, ma la lacerazione mia, ben-
ché non fosse nella carne, l’ho senti-
ta nel profondo dell’anima.
Ogni volta che mi sono sentita una
mamma inadeguata, ogni volta che
avrei voluto scappare, ogni volta che
ho soffocato i singhiozzi e le lacrime
nel silenzio, io sentivo (e ancora oggi
sento) la lacerazione nell’anima…
Ma poi basta un suo sorriso, un
abbraccio, e tutto passa…
E allora comprendo che tutta la pena
vissuta e ancora da vivere, vale per
quell’unico, meraviglioso momento in
cui i suoi occhi restano fissi nei miei.
Giusy Rombi
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IntroduzioneL’intervento-laboratorio svolto con il
gruppo di ragazzi adottati si è svilup-
pato seguendo le tematiche del post
adozione e dei relativi disagi in fami-
glia, nel gruppo dei pari, a scuola,
della riflessione sull’identità: conflit-
ti e difficoltà sì ma anche proposte,
punti di vista e supporto alla pari
(peer education) nel gruppo.
Proprio la gestione del gruppo è
risultata di fondamentale importanza:
più che i contenuti(che sono emersi
spontaneamente), è stato fondamen-
tale instaurare un clima collaborativo
di fiducia, sostegno e rispetto tra i
ragazzi e tra ragazzi e formatore.
Indispensabili sono state le espe-
rienze e le tecniche di cooperative
learning e team building acquisite
negli anni come insegnante, pedago-
gista e mediatore dei conflitti.
L’incontroL’ incontro con i ragazzi è partito pra-
ticamente subito, allorché ho inizia-
to ad osservarli la sera prima del
momento di formazione; mi sono
sentito come un estraneo timida-
mente esaminato mentre mi trovavo
a cena tra di loro accanto alla colle-
ga psicologa. Educatamente ci
hanno fatto accomodare e si sono
presentati: immediatamente ho avuto
Mediazione e comunicazione interculturalenelle relazioni e conflitti dei ragazzi adottati
Incontro-laboratoriocon i ragazzi adottati
Giulio D’Addio e alcuni ragazzi pro Icyc
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il forte sentimento di trovarmi all’in-
terno di un gruppo frammentato,
chiuso e carismatico, attraversato da
dinamiche represse da far emergere;
ho avvertito il loro timore di scoprir-
si e, contemporaneamente, l’urgente
desiderio di aprire il loro vissuto a
me ed ai loro coetanei, adrenalina
che di li a poco, li avrebbe portati ad
aprirsi spontaneamente ad un rac-
conto di aneddoti riguardanti Padre
Alceste, disagi e traumi ancora forti.
Non essendo ancora pronti ad espri-
mere i sentimenti su un livello
comunicativo empatico e in un set-
ting appropriato, ho assorbito quello
che i ragazzi mi hanno raccontato, ho
a malincuore declinato l’ invito al
pub con loro, e ho fatto tesoro dei
vissuti e delle informazioni raccolte
per l’incontro strutturato del giorno
seguente.
La mattina l’incontro è partito con un
sentore di scetticismo, sfiducia e
moderata disponibilità. Purtroppo
una decina di ragazzi hanno deciso
di non partecipare non presentando-
si o uscendo dall’aula prima che si
inaugurasse l’incontro. I ragazzi mi
hanno da subito comunicato, anche
senza aprire bocca, il loro desiderio
di sentirsi ascoltati; così ho pensato
di modificare il programma inverten-
do alcune attività ed interventi: sono
col tempo emersi i sentimenti indivi-
duali attraverso un primo dialogo
dinamico tra presentazioni, pareri,
desideri ed aspettative.
Abbiamo parlato della comunicazio-
ne, abbiamo posto attenzione alla
riflessione meta comunicativa,
seguendo le regole del linguaggio
assertivo e della comunicazione
empatica positiva(comunicazione
non violenta). Ai ragazzi è stato pre-
sentato, in un primo livello base, un
modello di comunicazione alternati-
vo nel quale si sono personalmente
messi alla prova, attraverso le attivi-
tà ludiche come quella del gioco del
girasole e con discussioni nelle
quali senza quasi rendersene conto,
il gruppo si sforzava di usare gli
strumenti appena scoperti.
I ragazzi hanno recepito l’importan-
za dell’ascolto nella comunicazione,
l’ascolto vero e profondo; hanno evi-
denziato i disturbi connessi a questo
tipo di comunicazione come il giudi-
zio, le esperienze personali e l’inter-
pretazione, la qualità dell’ascolto ed
infine l’intromissione all’interno di
una situazione di dialogo empatico
profondo.
Ho presentato loro questa nuova
prospettiva come un utile strumento
per migliorare la comunicazione con
genitori, amici, fidanzati/te, profes-
sori: un “ trucchetto ” che se usato a
dovere evita il giudizio facendo tutta-
via recepire il nostro messaggio
come importante, non fornisce agli
altri la possibilità di sentirsi giudica-
ti e poiché parliamo di quello che
sentiamo nessuno ci potrà a sua
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volta giudicare (questa modalità
necessita tuttavia di un secondo
livello di formazione ed una speri-
mentazione costante da parte di
chiunque, risulta faticosa anche per
gli esperti).
Non sono mancati momenti di ten-
sione, rabbia e frustrazione. Siamo
riusciti a sfruttare queste situazioni a
nostro vantaggio (tutelando i vissuti
profondi dei ragazzi): l’intervento
inaspettato di una persona estranea
al gruppo dei ragazzi, oltre al mal-
contento del gruppo stesso che stava
condividendo sentimenti con rispet-
to e fiducia, ha fatto emergere pen-
sieri, intenzioni e riflessioni molto
forti che hanno contribuito a legare
ulteriormente gli individui tra loro.
Cosa ancor più importante ha dato
loro un senso di responsabilità e
rispetto che non si aspettavano
venisse fuori in questa circostanza,
si sono auto candidati come parte
attiva del progetto di adozione col
sentimento comune di dare ognuno a
modo suo qualcosa in cambio della
luce che ha lasciato in loro Padre
Alceste e pro ICYC. I ragazzi hanno
iniziato a riconoscersi come un
gruppo condividendo gli stessi valo-
ri di rispetto e fiducia reciproca.
A questo punto ho deciso per un
momento di pausa e riflessione per-
sonale, per poi riprendere successi-
vamente con maggiore serenità ed
affrontare la tematica dei disagi subi-
ti attraverso l’iter del post adozione.
L’ultima parte dell’ incontro si è svi-
luppata sull’argomentazione centrale
del convegno: ho invitato i ragazzi a
dividersi in gruppi e preparare una
drammatizzazione teatrale seguendo
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delle tracce da me preparate in pre-
cedenza. La funzione di queste tracce
era quella di far emergere in gran
numero più disagi del post adozione
in diversi ambienti (scuola, casa,
fuori per la città) e in rapporto a più
persone e situazioni (con i genitori,
con compagni ed insegnanti). Una
volta preparate e recitate le scenette
in tre gruppi, attraverso un confronto
tra attori e spettatori sono state bril-
lantemente riportate e sintetizzate le
situazioni di maggior disagio per
ogni scenetta che sono emerse sotto
forma ludica ma che si portano
ancora addosso diversi ragazzi come
• l’accettazione sociale;
• il giudizio/pregiudizio personale
e degli altri;
• l’ identità multipla italiano/cileno
con l’accettazione o il rifiuto di
una delle due culture a seconda
del caso.
Abbiamo parlato a lungo di queste
tre tematiche che gli stessi ragazzi
hanno identificato come maggiori
possibili disagi del post-adozione,
portando in diversi casi la propria
esperienza personale in regalo al
gruppo, gruppo che l’ha custodita
con cura e premura confrontandosi e
rispettandosi vicendevolmente.
Molto più tempo sarebbe servito a
questa fase, ma l’incontro si avviava
ormai alla conclusione.
ConclusioniTirando le somme i ragazzi hanno
voluto sottolineare l’importanza dei
tre punti precedenti, hanno espresso
il desiderio di esser riconosciuti
come parti attive e nuove risorse per
gli adottati più giovani, poiché hanno
vissuto spesso gli stessi disagi qual-
che anno prima, hanno voce in capi-
tolo e voglia di fare. Molti i commen-
ti positivi nel giro finale di interventi
sulla mattinata di formazione, i ragaz-
zi hanno riportato che “ si sono sen-
titi finalmente ascoltati, dato ciò, si è
potuto partire per lavorare insieme”.
Personalmente credo molto in un
percorso parallelo ma in più direzio-
ni, che possa nel tempo dare identi-
tà, fiducia e profonda conoscenza di
se stessi ai ragazzi del gruppo che ho
avuto il piacere di incontrare, consa-
pevolezza delle delicate dinamiche
che vivono, ma anche vorrei che in
un futuro abbiano la possibilità ed il
coraggio di lavorare sui propri con-
flitti, per poi poter un domani esser
una spalla amica in più per i ragazzi
giovani, per i genitori più freschi o
più preoccupati. I ragazzi che ho
conosciuto hanno la disponibilità, le
potenzialità e la gioia per fare questo
percorso insieme …. insieme anche
a quelli che hanno saltato l’incontro
quest’anno (vi aspettavo io, ora vi
aspettano anche Luis Marcello Ivan
Maribel Rosamel Vianca Stefany e gli
altri,coraggio!).
Per confronti chiacchierate e consu-
lenze con ragazzi o genitori già
conosciuti e non, vi lascio con gran-
de piacere la mia mail e il mio cellu-
lare (disponibile la sera ).
Grazie di cuore al sig. Gianni Palombi
e al sig. Maurizio Corte.
Buon Viaggio, dove è importante e fa crescere il
percorso, non solo l’arrivo.
Giulio D’Addio [email protected]
3286669150
16
“Marcello, guarda un po’ la sala da
pranzo, non c’è quasi più nessuno; ti
ricordi quando c’era il Padre come
era piena fino all’ultimo? La domeni-
ca arrivavano tutti per vederlo e per
mangiare un dolce insieme a lui e
abbracciarselo tutto; ora la domenica
è diventata la giornata dove tutti
scappano…”
Noi ragazzi eravamo pressoché al
completo, nell’aria si sentiva quella
fastidiosa malinconia che anticipa i
saluti con i loro arrivederci, i nostri
sguardi si incrociavano, interrotti
solamente dal movimento frenetico di
un vassoio ansioso di portare via
piatti e bicchieri sporchi.
C’era voglia e bisogno di dirsi anco-
ra molte cose, forse troppe ed ecco
arrivare il consueto silenzio imbaraz-
zante ed imbarazzato spezzato dalla
riflessione ad alta voce di come era
diverso quando c’era lui.
Inutile ma si torna e si tornerà sempre
ad un unico e costante pensiero,
Padre Pier ma che hai combinato, te
ne sei andato?!
La sua grandezza è visibile nel fatto
che ognuno di noi, a proprio modo,
vive questa mancanza; anche il con-
vegno di Trevi non poteva non essere
caratterizzato da questo fattore.
Forme, colori e rumori scorrevano
molto velocemente ed io con lo
sguardo oltre il finestrino del treno
ricapitolavo questi 20 anni di incontri
e allo stesso tempo non potevo non
pensare a come ero cresciuto anche
io assieme e grazie ad essi; comin-
ciando col stare seduto nel seggioli-
no in macchina, proseguendo con
un’altra auto ma senza seggiolino mi
sono trovato io al volante con amico
o fidanzata e adesso con i miei geni-
tori mi trovavo in un vagone di treno
Protagonisti consapevolidi un cambiamento
inevitabile
È il momento dei ragazzi
17
per un’altra emozionante esperienza.
Quanti saremo? Chissà se le coppie
in attesa e chi per molto tempo non
ho visto saranno presenti? 20 anni è
incredibile…
..E tutto ha inizio naturalmente in
piscina con i primi saluti, i tuffi e gli
schizzi di chi non riesce a trattenere
la propria gioia ed esuberanza nel
rincontrarsi dopo un anno.
L’interno dell’hotel pare vuoto ma in
realtà tante persone sono già al lavo-
ro per accogliere altre famiglie, nuovi
bambini e coppie in attesa che sono
da sempre protagonisti del primo
giorno.
Anche quest’anno i futuri genitori
hanno dimostrato consapevolezza del
loro “status” portando il solito impe-
gno condito di tenacia e fiducia nel
buon esito del loro cammino; Gianni
ha spiegato a loro e a tutti i presenti
il percorso e le tappe conquistate in
questi anni dall’Icyc e dal consiglio
direttivo, dimostrando che l’operato
che portiamo avanti da anni è costan-
temente in progresso e si arricchisce
di nuove nomine ed incarichi.
Mentre alle parole del presidente
fanno seguito interventi di psicologi,
funzionari del SE.NA.ME. e coppie
desiderose di sapere di più, ho le
prime avvisaglie che qualcosa sta
mutando, gli incontri porta a porta di
Padre Alceste si sono evoluti fino a
divenire convegni, eventi annuali, le
responsabilità del consiglio direttivo
sono aumentate a pari passo con la
loro esperienza, l’essere diventato un
ente autorizzato ha fatto maturare la
posizione di tutti noi portando
responsabilità che hanno scosso
quello stato in cui eravamo caduti
con la scomparsa del Padre.
Poi il convegno è tornato ai suoi
momenti spensierati, al gioco, allo
svago e alla felicità di poter stare
insieme e raccontare di tutto e di più
con naturalezza senza che la “pausa”
di un anno abbia fatto sentire il pro-
prio peso.
Il tempo corre e già mi ritrovo seduto
in una stanza con gli altri ragazzi
pronto per il lavoro di gruppo del
sabato mattina che ogni anno è pre-
ceduto da molta diffidenza e dubbi
sull’effettiva importanza per noi e ai
fini della nostra associazione.
In fondo noi siamo i ragazzi del
Padre, i suoi figli, ci conosciamo e
non servono parole per esprimere il
nostro amore, la gratitudine e il
costante pensiero per colui che ci
chiamava “angeli”.
Tra di noi poche volte nominiamo il
suo nome, figuriamoci adesso arriva
lo specialista di turno con il suo per-
corso di studio e la sua teoria appli-
cata e applicabile (non a noi) che ci
vuole studiare, prova a farci parlare,
scrivere, disegnare, ballare o chissà
cos’altro: intanto alla fine gli spie-
ghiamo da dove veniamo, chi era
l’uomo che ha dato vita a tutto ciò, lo
impressioniamo e il lavoro da pre-
sentare al pomeriggio è completo.
Quest’anno c’è stato un cambiamento
anche in questo perché abbiamo
capito l’importanza di parlare di noi,
tra noi, di tenere viva ed evidenziare
la nostra particolarità di sentirci più
18
che fratelli; ma cosa è successo?
Abbiamo lavorato con un ragazzo che
si è presentato sin dal venerdì sera
come uno di noi, come uno che vole-
va conoscerci come associazione ma
che all’opportunità lavorativa ha
aggiunto un ingrediente fondamenta-
le: Giulio, questo il suo nome, davan-
ti alla parola Icyc non si è fermato a
chiedersi cos’è ma ha proseguito
chiedendosi perché.
Ci presentiamo e ci segue sedendosi al
tavolo come si fa tra amici di vecchia
data, chiacchiera del più e del meno,
incomincia a conoscerci come persone
e come ragazzi provenienti da Quinta.
Vedo in lui reale interesse nell’ascol-
tare i nostri ricordi, nell’assaporare le
nostre sfaccettature, nell’essere
assorbito dall’atmosfera magica dei
convegni: sembra quasi dimenticarsi
che tuttavia all’interno del program-
ma ha un ruolo e deve svolgerlo.
Possiede fascino per cui cattura l’at-
tenzione delle ragazze, ha età, cari-
sma e sicurezza necessarie per entra-
re in confidenza con noi maschi; in
pochissimo tempo può assistere ad
una delle rare aperture del nostro
mondo verso uno che fino a poco
prima era a tutti gli effetti uno scono-
sciuto, si instaura un rapporto che
aiuta entrambe le parti e che ci porte-
rà ad un buon lavoro di gruppo.
Tra un sorriso e un bicchiere di birra
c’è il tempo per qualche aneddoto
personale e alcune riflessioni molto
interessanti sul nostro essere cileni e
adottati.
Giulio è sempre lì con noi e i suoi
occhi brillano e registrano immagini
e parole che non scorderà.
Si fanno le 4 di mattina eppure il gior-
no dopo siamo presenti, sia che ad
attenderci ci sia il discorso in sala con-
vegni o la partita al campo di calcio.
Questo accade perché siamo diventati
grandi, la nostra età è pressoché quella
dell’associazione, sentiamo la respon-
19
sabilità verso coloro che verranno
anche se a volte ci pare strano dover
già assumere cariche o impegni che
fino a ieri guardavamo come lontani.
Siamo uniti e lo saremo sempre impe-
gnandoci ad allargare questa grande
famiglia, porteremo il nostro appoggio
e la nostra esperienza a chi dovrà
lasciare e a chi dovrà subentrare in
incarichi fondamentali per la vita
dell’Icyc, faremo in modo che nessuno
facente parte dell’associazione urli con
dignità ed orgoglio “mi sento solo!”.
Sta cambiando tutto molto veloce-
mente, nella vita di tutti i giorni (lau-
ree, lavoro, figli, matrimonio..) e
parallelamente la vita dell’opera di
Padre Alceste ci chiede di aver tempo
e forza anche quando sembra impos-
sibile o eccessivamente dispendioso.
Pertanto continuiamo con le nostre
poesie, i nostri racconti, ma facciamo
anche sì che tutta l’intensità e l’impe-
gno con cui esprimiamo le nostre
emozioni si ripropongano in ogni
nostra iniziativa all’interno dell’asso-
ciazione (convegni annuali e incontri
regionali, forum o gruppo su facebo-
ok, suggerimenti e disponibilità ad
eventuali responsabilità riguardanti
l’ente e, perché no, coerenza ed
inventiva nel far conoscere sempre
più la nostra realtà).
Senza Padre Alceste il lavoro è molto
più duro e continuo, dobbiamo esse-
re protagonisti al convegno e durante
l’anno (emblematico il fatto che il
consiglio direttivo discuteva, si con-
frontava e quindi lavorava non appe-
na le ultime persone salutavano il
ventesimo convegno), protagonisti di
un cambiamento inevitabile ma fon-
damentale.
P.S: Padre, una cosa non cambierà
mai, in ogni parte del mondo e a tutte
le età saremo sempre i tuoi angeli.
Marcello Rocchi
Partita di calcio Italia-Cile (papà contro figli) 6-6
Partita di pallavolo
Italia-Cile (mamme
contro figlie) 2-3
20
Il convegno di quest'anno a Trevi (in
Umbria) è stato bello e per certi
aspetti molto coinvolgente. Mi riferi-
sco all'incontro fra i ragazzi del Cile
e Giulio D’Addio, pedagogista ed
esperto di mediazione interculturale.
All’incontro dedicato a noi giovani
c’erano quasi tutti i ragazzi “grandi”,
dei ragazzi sotto la fascia d’età dei 18
anni abbiamo partecipato sino alla
fine solo io e un altro. Alcuni ragaz-
zi, infatti, hanno partecipato solo alla
prima parte dell’incontro. Il tema
della discussione è stato sin dall'ini-
zio Padre Alceste. Sono uscite delle
parole stupende sul Padre, commo-
venti e che venivano dal cuore.
Questo mi ha fatto riscoprire la figu-
ra del Padre per il quale all’inizio non
sentivo un grande trasporto, avendo-
lo conosciuto solo un anno, anche
se dentro me l'ho sempre ringraziato
per quello che mi ha donato. Non me
lo ricordavo così come l’hanno
descritto i giovani che l'hanno cono-
sciuto meglio, forse anche perché in
questi 6 anni in Italia ne ho parlato
veramente poco.
Dopo, Giulio ci ha dato una traccia di
storie di ragazzi che dopo essere arri-
vati in Italia hanno dovuto subire una
serie di prese in giro da parte dei coe-
tanei. Ragazzi che si dovevano
ambientare nel nuovo Paese, costretti
a fare i conti con la nostalgia e la soli-
tudine e con la voglia di negare le
proprie origini e il proprio passato.
Tutte storie che molti di noi hanno
subito sulla loro pelle. A me per fortu-
Un incontro utileStefani con gli amici
21
na non è successo che mi insultasse-
ro perché ero la più grande della clas-
se, ma qualcuno mi ha preso in giro
per il colore della pelle e per il fatto di
essere cilena. Il primo e il secondo
fatto mi sono successi alle medie,
precisamente in terza. Non mi sono
affatto abbattuta per una sciocchezza
simile. Avevo più di un asso nella
manica e uno di questo l’ho giocato.
Un giorno ad educazione fisica ho
fatto notare a tutti che il mio colore
della pelle era identico al bulletto
della classe, al nipote dell’ex sindaco
di Verona, a uno nato e cresciuto in
Italia e a una ragazza che era presa in
giro perché non vestiva alla moda.
Quegli insulti non sono più usciti
dalle loro bocche. Dopo però sono
stata presa in giro perché non ero
nata in Italia ma in un paese “extra-
comunitario”. E io risposi così: “
Grazie per avermelo fatto notare,
come se non ci fossi arrivata. Sarà
pure come dici tu sfortuna mia di
non essere nata in questo paese, ma
bisogna vedere l’altra faccia di que-
sta sfortuna. Non sono italiana di
nascita, ma ho la cittadinanza; poi
sono nata in Cile, quindi sono a tutti
gli affetti una cittadina cilena, e lo
sono tuttora, e sai perché? Perché ho
la fortuna di avere la cittadinanza
anche cilena, oltre a quella italiana, e
credo che questa fortuna tu non ce
l’abbia, dico giusto o sbaglio? Perciò
è meglio che prima di fare uno dei
tuoi soliti interventi schiocchi, usi la
tua testa in modo più sano, e che la
tua intelligenza venga a galla.
Sono sicura che tu ce l’hai, altrimen-
ti se ti va di insultare ancora, infor-
mati su certe cose per non fare la
solita figura dello scemo davanti a
tutti i tuoi compagni perché poi quel-
lo preso in giro sarai tu, non io”.
Da lì in poi non sono più stata presa
in giro. Anzi. Io in Italia mi trovo
benissimo proprio perché mi sono
fatta amicizie con persone italiane
che mi hanno accettata così com’ero.
Quindi io mi sono posta una doman-
da per tutti quei ragazzi che conti-
nuano a lamentarsi e a dire che in
Italia si trovano male e che vorrebbe-
ro ritornare in Cile: “Ma voi che dite
buh Italia, W Cile, avete mai provato
a coltivare amicizie con persone del
posto, ragazzi italiani e non solo
come noi, di origine straniera?
Perché se non lo avete fatto, è inuti-
le che vi lamentiate. Se non vi trova-
te bene qua non è per colpa dei
ragazzi o dell’Italia che fa schifo, ma
vostra, perché non vi siete messi di
buona volontà nel riuscire in questo
compito. Certo, un compito per nien-
te facile, ma alla fine pensi a quanto
hai faticato e ti ritrovi con un enorme
sorriso perché sei felice di essere
riuscito a diventare uno del gruppo,
e non uno di quelli della “banda
degli stranieri” mal visti da tutti.
Perché fai male a te stesso, ma anche
ai tuoi genitori che vedono in te una
persona trascurata, e per giunta non
felice della vita che ti stai creando.
Quindi devi essere anche tu quello
che deve dire: “Non è questo il tipo
di vita che mi sono immaginato, non
sono questi gli amici giusti per me,
Voglio essere qualcuno e fare qual-
cosa”.
Perché solo così si può aiutare il
prossimo. E come dice mia madre:
”Se non ti crei una cultura, non studi
e non diventi una donna emancipata
che sa farsi rispettare, come potrai
mai aiutare, magari anche solo, la
tua famiglia in Cile? Studiando non ti
farai mettere i piedi in testa da perso-
ne che non ti vorranno bene nella
vita e che cercheranno in qualche
modo di farti stare male e ti insulte-
ranno. Se studi saprai difenderti e
riconoscere le persone giuste da
quelle sbagliate”. Questo è stato l'ar-
gomento principale del nostro
incontro e mi è stato di grande aiuto.
Che dire? Un grazie a tutti i ragazzi e
le ragazze. Anche a quelli che non
c'erano all’incontro e con cui ho pas-
sato delle splendide ore a Trevi.
Stefani Paola Corte Cellore
22
Il Convegno di Trevi del 28-29-30
agosto 2009 imperniato sul tema del
post-adozione dal titolo “Adozione e
poi?” è stato l’occasione per incon-
trare i referenti regionali e riflettere
insieme sulla funzione delle coppie
tutor e sui percorsi da intraprendere
in futuro.
Nella mattina del 29 agosto i parteci-
panti si sono divisi in tre gruppi: i
ragazzi più grandi si sono riuniti,
guidati da un conduttore-pedagogi-
sta, le coppie in attesa e le famiglie
nel gruppo condotto da una psicolo-
ga, sul tema del post-adozione.
Il resto (formato da 15 partecipanti,
referenti-tutor per le Regioni: Calabria,
Veneto, Campania, Lombardia, Emilia
Romagna, Lazio, Sardegna, Toscana,
Marche) ha partecipato all’incontro
guidato dalla scrivente, psicolga e psi-
coterapeuta dell’Ente ProICYC, coa-
diuvata dall’assistente sociale dello
stesso Ente, Dott.ssa Federica Tavanti.
Quest’ultima è stata la memoria del
gruppo “registrando” gli interventi e
le riflessioni dei partecipanti, conser-
vando così traccia di quanto detto.
Inoltre, ha partecipato, a questa ses-
sione di lavoro, la Dott.ssa Elvira
Da dove iniziamo?L’importanza della coppia tutor
Io ho sempre trovato la parola
per tutti i miei pensieri, tranne uno;
e quest’uno mi sfida, come se
volesse la mia mano disegnare
il sole per le razze delle tenebre.
Da dove cominciare?
E.Dickinson, Poesie
Intervento della Dott.ssa Marcella Bove
23
Parasileno, psicologa-psicoterapeu-
ta, gruppoanalista, che ha fornito il
suo prezioso contributo.
È stata la prima volta che incontrava-
mo, in questa forma, la maggior parte
di loro e, data la ristrettezza del tempo
a nostra disposizione si è discusso, in
particolare, su alcuni temi specifici:
• Cosa vuol dire essere tutor?
• Cosa fa il tutor?
A proposito del primo tema, le risposte
fornite da ogni partecipante, sono state:
Condividere un’esperienza - Essere un
gradino più su - Avere una visione diver-
sa - Supportare tutta la fase adottiva -
Essere un punto di riferimento - Aiutare
a riflettere - Sostegno e forza - Suggerire
soluzioni utili - Tutor verso i ragazzi -
Comunicazione - Formazione - Auto-
formazione - Esserci - Incoraggiamento.
Qualcuno ritiene il tutor una persona
che ha maturato un’esperienza,
(avendo già sperimentato la genito-
rialità) che si trova “un gradino più
su” nella conoscenza delle problema-
tiche legate al tema dell’essere geni-
tori (avendole già vissute). Altre per-
sone trovano importante il ruolo del
tutor in quanto supporta la famiglia in
tutto il percorso adottivo, prima e
dopo l’adozione. Altri ancora vedono
il tutor come colui che aiuta a riflette-
re sulle proprie responsabilità, una
volta iniziata l’esperienza, che dialoga
e comunica con la coppia/famiglia.
Per molti l’attività di tutoring dovreb-
be essere svolta anche a favore dei
ragazzi, che potrebbero trarre da que-
sta esperienza un “rispecchiamento
positivo” utile per la loro vita.
Altri mettono in evidenza come il
tutor incoraggi, laddove esistano dif-
ficoltà di relazionarsi per “chiusure
mentali” e stimoli a mostrare corag-
gio, mettendosi in gioco.
Per alcuni è importante il tema della
comunicazione.
Dunque il tutor è “un punto di riferi-
mento”, qualcuno a cui rivolgersi,
capace di indossare “altri occhiali”
per offrire una visione diversa con cui
guardare la realtà circostante.
Nell’incontro si è discusso intorno al
tema della PAURA: si è detto “quando
si ha paura non si può teorizzare,
bisogna farsi coraggio, perché la
paura è come un vestito”. Altri hanno
aggiunto “insieme ci si può aiutare,
soprattutto nei momenti di difficoltà”.
Credo di poter dire, alla luce di quan-
24
to finora esposto, che siamo partiti da
un “fare concreto” declinato nello
scrivere su alcuni fogli i propri nomi,
i recapiti telefonici, per andare poi a
esprimere le proprie opinioni sui tanti
temi di cui ci siamo occupati per arri-
vare a un “fare diverso”, più profondo,
ovvero riflettere insieme e, poi, da
soli, sui significati di pensieri ed
emozioni (es. la paura), gesti e com-
portamenti nel tentativo di valorizzare
“l’agire simbolico”, come base per il
lavoro di attribuzione di significati.
È nell’agire che gli individui proietta-
no sé stessi ed è dal loro agire che
emergono significati talvolta scono-
sciuti agli stessi.
Se “fare insieme” vuol dire costruire
scenari relazionali, non basta sempli-
cemente pensare o desiderare di fare:
bisogna ridare valore all’agire come
mezzo privilegiato di ricerca ed
espressione creativa della personalità
di ciascuno. Come diceva Winnicott
“il cercare può venire soltanto da un
funzionare sconnesso, informe o
forse dal giocare rudimentale, come
se avesse luogo in una zona neutra”.
Ritengo che lavorare in gruppo, può
essere un ritrovarsi in una “zona neu-
tra” dove sperimentare sé stessi, nei
propri pensieri e nel proprio agire
concreto e simbolico.
Le riflessioni del gruppo sul secondo
tema “Cosa fa il tutor”, sono state:
sostiene - fa conoscere - consiglia -
mette a disposizione la sua esperien-
za - incoraggia chi si deve avvicinare
all’adozione e consiglia, dopo l’avve-
nuta adozione - segue un protocollo
- propone un punto di vista diverso o
alternativo - informa - ascolta - con-
divide - comunica la propria espe-
rienza - promuove contatti - favorisce
relazioni tra le famiglie adottive.
Secondo alcuni il tutor sostiene, per
altri, ascolta, consiglia, fornisce
risposte pratiche e affettive, scam-
biandosi cure e attenzioni.
Alla luce dei cambiamenti avvenuti
nella società moderna, i partecipanti
al gruppo ritengono che “per aiutare,
bisogna condividere” e che l’attività
del tutor dovrebbe svolgersi attraver-
so un protocollo, dettato da chi è
esperto, ovvero da un professionista.
La partecipazione ai Convegni è
senza dubbio formativa, rappresenta
l’occasione per conoscere, ricaricar-
si, confrontarsi, stringere amicizie.
È importante avere una formazione ad
hoc, attraverso il ricorso a figure
competenti che aiutino le coppie
tutor a sviluppare la capacità di dare
un aiuto che non sia “a caso”, che
consenta alla coppia tutor di accom-
pagnare la coppia nel periodo che
precede l’adozione e, la famiglia,
dopo aver adottato. Si tratta, infatti, di
un tempo lungo, pieno di eventi, un
tempo ricco e proficuo per confron-
tarsi, disapprendere e apprendere.
Una caratteristica fondamentale che il
tutor deve avere é la pazienza, ci
vuole forza fisica e mentale per dare
un aiuto valido.
Alla domanda emersa “dove trovo la
forza?” la risposta è: parlando con le
altre famiglie adottive e biologiche,
leggendo, comunicando, formandosi.
Inoltre il tutor informa, mette in con-
tatto la coppia/famiglia con la rete di
Servizi conosciuti, presenti nel terri-
torio, dovrebbe creare una rete pro-
muovendo contatti con le famiglie
adottive per “arrivare prima” ad aiuta-
re la famiglia, evitando, il più possi-
25
bile, laddove vi siano problemi, che
si possa verificare un “danno irrecu-
perabile”.
L’autoformazione è fondamentale per
aiutare, per esserci, mettendosi a
disposizione della coppia e della nuova
famiglia e fornendo agli altri la propria
esperienza. Le coppie tutor devono
“prestarsi, essere disponibili per una
formazione continua” perché “non ci si
può fermare al particolare ma bisogna
passare al generale “occorre qualcosa
che duri nel tempo”.
Lasciare parlare le coppie, farle sfo-
gare (nel periodo dell’attesa di un
abbinamento, per es.) partendo dal
fatto che le coppie tutor non sanno
più degli altri, hanno solo più infor-
mazioni, una ricchezza in più ma
occorre sapere dove arrivare, dove
bisogna fermarsi senza fare danni: il
professionista può aiutare in questo.
Occorre fare un passo avanti attraver-
so news-letter, e-mail, condividendo
i temi nel forum, acquisendo una
maggiore visibilità, se possibile, con
incontri più frequenti. Importante ela-
borare degli schemi/scalette con
l’aiuto degli operatori per essere poi
pronti a rispondere ai bisogni delle
coppie/famiglie.
Alla luce di quanto emerso ritengo
che, nel corso di questa prima espe-
rienza, si è avviata una discussione
sulla formazione del tutor.
Dalla riflessione sul primo tema,
relativo alla domanda-stimolo fornita
dal conduttore“ ”Cosa vuol dire esse-
re tutor?” emerge una figura di tutor,
che facilita, motiva, accompagna e,
talvolta, se occorre, indica una strada
alternativa, attraverso le sue idee ed
esperienze.
Il materiale prodotto dal gruppo dei
referenti regionali, che si sono impe-
gnati in modo attivo e partecipe, mi
pare un contributo importante.
L’Associazione, preso atto di quanto
espresso dai partecipanti, si impe-
gnerà a mettere a punto un progetto
che risponda a questi bisogni ed esi-
genze.
Dott.ssa Marcella [email protected]
Gli amici cileni: Padre Memo, Lya Hald con il marito Reinaldo e l’Avv. Gianni Casoni
26
Finalmente!
Ammetto, è proprio quello che ho
pensato quando ho saputo che si
sarebbe tenuto un incontro dei refe-
renti regionali durante il convegno
annuale. Il primo da quando siamo
diventati Ente autorizzato.
E poi il tema scelto mi è sembrato
particolarmente attuale ed anche
strategico: “I referenti regionali
discutono sulla figura della coppia
tutor”. Una splendida occasione per
confrontare le idee e le esperienze di
ciascuno di noi.
I referenti regionali nella nostra
associazione svolgono già oggi un
delicato ruolo di cerniera tra il diret-
tivo dell’associazione e il territorio
con le sue famiglie. E proprio da
questa consapevolezza, e con la forza
delle storie personali di ciascuno di
noi e delle famiglie che conosciamo,
che siamo partiti per mettere in
comune le nostre idee su quale
dovrà essere il ruolo delle famiglie
tutor nel lavoro dell’Ente.
Si è parlato molto e in modo molto
approfondito, sono emerse molte
idee e molti bisogni. Ne vorrei ricor-
dare alcuni anche se molto, molto
sinteticamente:
• i referenti regionali e le coppie
tutor dovranno avere a disposi-
zione delle “linee guida” a cui
fare riferimento nel lavoro con le
famiglie - famiglie in attesa e
famiglie che hanno adottato - per
rendere omogeneo e coerente sul
territorio il supporto che viene
fornito;
• i referenti regionali e le coppie
tutor hanno bisogno di formazio-
ne specifica e continua sul ruolo,
sulle linee guida, sulle modalità
di gestione dei problemi…
Incontri annuali di formazione,
ma anche aggiornamenti periodi-
ci specifici dal direttivo, dal-
l’equipe professionale che segue
le coppie, dalla sede centrale;
• Il supporto delle famiglie tutor
Verso nuoveavventure…
27
dovrà essere rivolto alle famiglie:
alle coppie di genitori, ma anche
ai ragazzi (i nostri sono abba-
stanza “grandi” da poter deside-
rare o anche solo gradire un rap-
porto a tu per tu con altri ragazzi
più grandi che hanno vissuto
prima di loro le loro stesse espe-
rienze);
• I referenti regionali hanno neces-
sità di mettersi “in rete” , da subi-
to, per scambiarsi idee, espe-
rienze concrete, spunti di rifles-
sione e … ottimismo!
• La sede di Roma e l’equipe pro-
fessionale dovranno avere un
ruolo centrale: fornire linee
guida (partendo proprio dalla
sintesi di quanto emerso durante
la riunione con i referenti),
aggiornamenti periodici, forma-
zione annuale e soprattutto
dovranno prendere in carico i
casi più complessi e fornire con-
sigli su come affrontare situazio-
ni di difficoltà non gestibili dalla
singola famiglia tutor;
• Il direttivo potrebbe indicare un
referente per i rapporti con i refe-
renti regionali e con le famiglie
tutor proprio per semplificare e
coordinare l’assistenza alle fami-
glie ed il lavoro di referenti e
famiglie tutor sul territorio;
• I referenti regionali dovranno col-
laborare con le famiglie tutor per
supportarle, incoraggiarle e aiu-
tarle a gestire le varie situazioni
in una logica di costruzione di
una “rete” sul territorio tra le varie
famiglie dell’associazione che
decidono di volta in volta di met-
tersi in gioco al servizio degli
altri.
Cos’altro dire?
Siamo stati molto bene insieme e
non vediamo l’ora di risentirci, rive-
derci e iniziare a scambiarci informa-
zioni, idee ed esperienze.
Siamo stati felici di aver potuto
apprezzare il comune impegno per
rafforzare l’associazione sul territorio
e per fornire quel supporto, quell’as-
sistenza alle famiglie - nelle fasi di
attesa e di post adozione – che ren-
dono particolarmente attraente la
nostra associazione per quanti si
avvicinano a noi.
Una mattinata di particolare intensità
e di grande concretezza.
E adesso siamo pronti a partire per
una nuova avventura.
Paola Cutaia
Il 29 agosto, durante il Convegno di Trevi, si sono svolte le elezioni delnuovo Consiglio Direttivo che guiderà l’Associazione per i prossimi tre anni. I consiglieri Anna Sorci e Roberto Zanolini avevano deciso, per motivi per-sonali, di non rinnovare la loro candidatura, al loro posto sono stati elettiMassimo Scodavolpe e Francesco Schiavello.Il nuovo Consiglio Direttivo risulta quindi costituito da Gianni Palombi,Enrico Paucchi, Maria Rita Bonafede, Luca Federici, Caterina Spezzigu,Massimo Scodavolpe e Francesco Schiavello.Nella stessa giornata sono stati eletti i Revisori dei Conti nelle perso-ne di Daniela De Fortuna, Domenica Laurenzana, Marco Cocucci.A tutti il ringraziamento per la disponibilità e l’augurio di proseguire illavoro intrapreso con determinazione consapevoli dei nuovi più gran-di impegni che ci attendono.
Durante il primo Consiglio Direttivo, convocato a Roma il 10 otto-bre, Gianni Palombi e Enrico Paucchi sono stati confermati rispet-tivamente Presidente e Vice Presidente dell’Associazione.
Rinnovatoil ConsiglioDirettivo
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Il 2009 è stato l’anno in cui abbiamo iniziato il nostro cam-
mino di Ente Autorizzato.
Il 28 febbraio/1 marzo è stato organizzato a Roma il primo
corso propedeutico all’adozione internazionale durante il
quale i nostri operatori hanno incontrato 7 coppie, interes-
sate alla metodologia e alla procedura della nostra struttura.
Attualmente sono 8 le coppie che ci hanno conferito il
mandato. Due hanno già i documenti in Cile, le altre cin-
que stanno terminando la preparazione e legalizzazione
dei loro documenti. Ad esse si è aggiunta una coppia che
si sta preparando ad accogliere la sorellina di 7 anni del
loro bambino adottato due anni fa e che ora ha nove anni.
Per i primi mesi del nuovo anno organizzeremo il secon-
do corso e, nello stesso periodo, aprirà la sede in Umbria,
ora solo sportello informativo.
Per la fine dell’anno sarà inoltre pronta la nostra Carta dei
servizi, strumento essenziale per far conoscere a tutti la
metodologia e la particolarità del nostro Ente.
Attivitàdell’Ente
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La nostra organizzazioneASSOCIAZIONE FAMIGLIE ADOTTIVE PRO ICYC ONLUS
ASSEMBLEA DEI SOCI
CONSIGLIO DIRETTIVO
PRESIDENTEGIOVANNI PALOMBI
VICE PRESIDENTE: ENRICO PAUCCHICONSIGLIERE: MARIA RITA BONAFEDECONSIGLIERE: LUCA FEDERICICONSIGLIERE: FRANCESCO SCHIAVELLOCONSIGLIERE: MASSIMO SCODAVOLPECONSIGLIERE: CATERINA SPEZZIGU
REVISORI DEI CONTIMARCO COCUCCIDOMENICA LAURENZANADANIELA SPOLAOR
COMMISSIONE ENTESARA AZZALIROBERTA CELLOREPAOLA CUTAIA
REFERENTI ASSOCIAZIONE
LOMBARDIA LOREDANA CALDIEROVITO FUCILLIFRANCESCO SCHIAVELLODOMENICO RAMUNNOROBERTO ZANOLINI
PIEMONTE FRANCESCO CAPEZIO
LIGURIA MARILENA PROTO
VENETO MICHELE BENASSUTIMAURIZIO CORTEMAURIZIO LUGATO
EMILIA ROMAGNA ANNA DEL PRETEROMANA ZAVATTA
MARCHE LUCIANO BERTUCCIOLIMICHELE D’ANNARENZINO SACCOMANDI
TOSCANA E SARDEGNA PAOLO BONCRISTIANOCARLO CARRARESICATERINA SPEZZIGU
ABRUZZO ANNAMARIA ESPOSITO
LAZIO PAOLA CUTAIADOLORES FERRARIANNA SORCI
UMBRIA ENRICO PAUCCHI
CAMPANIA GIUSEPPE LA SALA
CALABRIA ROCCO MAMONEGIOVANNA MUSICO’
OPERATORI ENTE
ROMAAVVOCATO CLAUDIO BASILIPSICOLOGA MARCELLA BOVEASSISTENTE SOC. FEDERICA TAVANTIRESP. UFFICIO ELENA CAVASSA
BETTONA (PG)AVVOCATO MARCO PAOLIPSICOLOGA SIMONA FELICETTIASSISTENTE SOC. MARTA ROCCHIPEDAGOGA MONICA MATTONELLI
RESPONSABILE NAZIONALE SADMASSIMO SCODAVOLPE
PUGLIA ROSARIA FAVATA’PIEMONTE FRANCESCO CAPEZIOLIGURIA FILIPPO DE MICHELI
MARIA T. DE MICHELIEMILIA ROMAGNA ANNA DEL PRETECALABRIA ANNA VITALE
DON MICHELE FONTANALOMBARDIA LOREDANA CALDIERO
GIOVANNI MONTALBETTITOSCANA YOANS DI GRIGOLI
RAPPRESENTANTI RAGAZZIALAN GAMBONIMARIBEL PROTOMARCELLO ROCCHI
Dopo il gemellaggio dell’ aprile 2008
in Cile tra Tuscania e Quinta de
Tilcoco, le due città più care a Padre
Alceste, il primo settembre il
Sindaco di Quinta, Nelson BarriosOrestegui, venuto in Italia per par-
tecipare al nostro convegno, ha
ricambiato la visita e ha incontrato a
Tuscania il Sindaco della città
Massimo Natali. L’incontro si è
svolto nella casa comunale alla pre-
senza di altri Amministratori, di
Padre Guillermo Arceu, Presidente
della Fondazione ICYC, del nostro
Presidente Gianni Palombi e di alcu-
ni amici di Padre Alceste. È stata una
cerimonia semplice ma molto senti-
ta. Dopo lo scambio dei doni è stata
ricordata dai presenti la figura di
Padre Alceste e il particolare legame
che unisce le due città ed è stata riaf-
fermata la volontà delle due ammini-
strazioni di coltivare rapporti di ami-
cizia e di scambio.
Nel pomeriggio una visita guidata
nell’antica città etrusca poi la messa
nella Chiesa di Santa Maria della
Rosa in Largo Padre Alceste
Piergiovanni.
GemellaggioTuscania - Quinta de Tilcoco
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Sono nata in Cile il 2 agosto 1988, ho vissuto finoall’età di 7 anni in un istituto. La mia vita è cambiataquando mi è stata data la possibilità di avere una nuovafamiglia. Rispetto a tutti gli altri bambini, io all’età di 4anni avevo già capito come era fatta la vita. La mia nuova famiglia mi ha dato quella stabilità esicurezza di cui ha bisogno un bambino. Ho cercato di rimuovere la mia vita precedente, ma misono resa conto che anche quella mia prima vita mi hainsegnato che la vita è preziosa e va vissuta nel modomigliore possibile. Sui miei genitori biologici non so niente. Prima davo lacolpa a mia madre del mio abbandono, ora invece misono resa conto che c’è sempre un motivo alle cose eniente viene per niente, forse ha deciso di abbandonar-mi per darmi una seconda possibilità per essere felice.
Pensieri nel tempo1969In quest’anno sei nata, a sedici anni sei diventata grande. A diciannove sei diventata madre e in quell'anno non ti sei resa conto di avermi persa per sempre.
Lei La prima volta che ti ho visto mi sembravi un’altra, quando ti ho rivisto eri lei, lei che non ho mai visto, lei che ha preferito farsi una vita da solapiuttosto che stare con me. Lei che mi ha lasciata, lei che non si è girata neanche un attimoper vedere se faceva la cosa giusta, lei che non ci ha pensato due volteprima di lasciarmi lì, lei che non mi ha mai cercata, lei che ora non riesco a chiamaremamma. Lei che non si è preoccupatadi cosa avrebbe pensato sua figlia di lei.
Per Te A te che ci sei sempre stata, a te che mi hai amata e che ti sei fatta amare, a te che non hai mai chiesto niente in cambio ma solo di essere amata, a te che hai solo dato l’amore ed è a te che io ora chiamo mamma.
Alla ricercadel perdonoOra, ora sono grande, sono in grado di capire perché ti sei dovuta allontanare da noi. Solo ora, che sono più grande ho potutocapire il tuo dolore, la tua sofferenza, ti chiedo scusa se ti ho giudicata, se a volte avrei preferito non avere una madre, ora so che se ti sei dovutaallontanare da noi era per una cosa seria.Ora che sono grande e so di te, non voglio chiudere la porta con te fuori,voglio lasciarla aperta, la speranza, è che un giorno ti possa incontrare.
Ora io ho 20 anni e tu 40 e siamo cresciute, anche se lontane, da 19 anni ti penso e non faccio altro.Di te non ricordo niente, non so come sia fatto il tuo viso. Non so niente ma so che mi amavi e lo hai dimostrato in due circostanze.La prima è stata quando mi hai riconosciuta come figlia e la seconda quando hai volutoconcedere a me e a mio fratello una possibilità per essere amati. Per questo ti ringrazio perché sarai comunque sempre mia madre,comunque vadano le cose.
T.V.B. Ti stringo la mano, immagino che sia la tua, quella che ho sempre sognato di poter tenere.Cerco di immaginarmi il tuo viso, ti immagino bella, molto bella e ti continuo ad immaginare perchè è l'unica cosa che posso fare.
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Bre
vi
Incontro a BettonaIl 4 luglio scorso si è tenuta a Bettona la seconda plenaria del nostro Ente.
Ha aperto i lavori il Presidente Gianni Palombi alla presenza di tutte le
operatrici delle sedi di Roma e Bettona e di alcuni componenti del
Consiglio Direttivo.
Si è parlato dell’organizzazione delle sedi e soprattutto della metodologia
da seguire per operare al meglio nel sostenere e accompagnare le coppie
prima e dopo l’adozione.
Sedie numeri Sede Centrale dell’AssociazionePiazza Campitelli, 9 - 00186 Roma
Orario Ufficio: lunedì, mercoledì,
venerdì dalle ore 16,00 alle ore 20,00
Tel / fax 0668806528email: [email protected] Sportello informativo di Bettona (PG)Tel. 320.4984243
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Bre
vi
Progetto Nigeria 2009
Il 2009 era iniziato con un impegno
preso dalla nostra Associazione a fian-
co della EsseGiElle cooperazione inter-
nazionale onlus, per la costruzione di
un frantoio per la spremitura di olio di
palma a Uzo Ngwoma, periferia di
Owerri, in Nigeria dove ha sede la
Comunità dell’Ordine della Madre di
Dio. Il progetto comprendeva la costru-
zione di locali con un magazzino di
stoccaggio delle bacche, l’acquisto di
una pressa, di uno sterilizzatore e di
altre attrezzature necessarie alla spre-
mitura e la formazione tecnica di opera-
tori agricoli.
A meno di un anno dall’inizio dei lavori
l’obiettivo è stato raggiunto, il progetto
è terminato per la gioia degli abitanti
della zona.
L’olio di palma è infatti un prodotto indi-
spensabile per il loro sostentamento.
Vogliamo ringraziare la EsseGiElle e le
persone che hanno contribuito alla
realizzazione di quest’opera.
Devolvi il 5 per mille all’Associazione FAMIGLIE ADOTTIVE PRO ICYC onlus
COD.FISC. 97181810587firmando il primo riquadro del Modello 730-1 bis “Sostegno del volontariato…” ed inserendo il nostro codice fiscale
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Bre
vi
Per associarsiVersare l’importo di euro 35,00 aAssociazione Famiglie Adottive pro Icyc Onluscc postale 17179045 Causale: Quota associativa anno 2010
Per contributi all’AssociazioneAssociazione Famiglie Adottive pro Icyc Onlus cc postale n. 17179045IBAN: IT76G0760103200000017179045Associazione Famiglie Adottive pro Icyc Onlus cc n. 35459IBAN: IT18P0832703202000000035459Banca di Credito Cooperativo di Roma Ag. 2 Via Casilina, 1888/L-00132 Roma
Carissimi amici,le testimonianze su Padre Alcestegiunte fino ad ora non sono tante(una quindicina) però sono tutte bel-lissime. Piene di significato e gratitu-dine, raccontano l’incontro personalecon questa persona straordinaria chenon solo ci ha permesso di adottarema, magari “maltrattandoci” un po’,ha commosso la nostra vita.Sto pensando di chiudere la raccolta
a gennaio e puntare all’ambiziosoprogetto di pubblicare il libro per ilprossimo Convegno 2010.Lancio un ultimo appello: mandatemial più presto la vostra personale testi-monianza!Capisco che sedersi, recuperare fattiaccaduti e mettersi a scrivere non èfacile dentro una vita che ci chiedeinnumerevoli impegni e responsabi-lità. Sono però convinto che la fatica
di questo esercizio è utile perché,prima che essere per altri una testi-monianza, è una maggiore presa dicoscienza per sé (memoria).Grazie per quello che riuscirete a fare.
Francesco [email protected]
fax 02/700.50.10.96via Mameli 44 - 20129 Milano
Raccontiamo Padre Alceste
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Ciao NazzarenoL’appuntamento era per il convegno a Trevi, per festeggiare
insieme i nostri 20 anni. Invece il 6 luglio Nazzareno
Piergiovanni è morto, improvvisamente. Ne siamo rimasti
tutti addolorati.
Neno, come lo chiamava Padre Alceste, era un uomo buono
e gentile, un vero signore. Seguiva con la sua consueta
discrezione tutte le nostre iniziative e ogni volta non finiva
mai di ringraziarci e immancabilmente si commuoveva: “Con
il vostro impegno e la vostra attività mantenete vivo il ricor-
do di mio fratello e di tutto ciò che ha fatto, ve ne sono grato”.
Grazie a te Neno per la tua vicinanza, per le tue parole di
stima, per il tuo esserci sempre.
Siamo vicini alla tua famiglia con grande affetto.
Sentite condoglianzeagli amici Renato Musicò per la morte della mamma,
a Stefania Randisi e Laura Selli per la morte dei rispettivi papà.
RingraziamentiSi ringraziano per il contributo
Centro Missionario Tuscania Banca di Credito Cooperativo di Roma Comunità di S.Pier di Canne Gasparini NicolaSoci e sostenitori del SADSi ringraziano per la collaborazione
durante il Convegno di Trevi
Bernardino Proietti e Silvia Sommarivache hanno tradotto per i nostri ospiti cileni
Lucia Mencarelli, Lucia Catarinucci e Francesca Salemmi che hanno intrattenuto
i bambini più piccoli.
Da sinistra Franco Piergiovanni, Gianni Palombi e Nazzareno Piergiovanni B
revi
Lombardia Roberto Zanolini 335/327078Francesco Schiavello 027610436Vito Fucilli 333/9456633Loredana Caldiero 339/2159267Domenico Ramunno 339/5090285
Piemonte Francesco Capezio 3355272243
0117410596
Liguria Proto Marilena 010/5220178
Veneto Maurizio Corte 339/1188733Michele Benassuti 045/6305145Daniela De Fortuna 3384318731Maurizio Lugato 3381817825
Emilia Romagna Romana Zavatta 0541 /656285Anna Del Prete 348/0311198
Marche Luciano Bertuccioli 0721/282056Renzino Saccomandi 0721/282166Michele D’Anna 335/7657437
Toscana Caterina Spezzigu 335/8410913& Sardegna Paolo Boncristiano 335/7696908
Carlo Carraresi 338/2371883
Abruzzo Annamaria Esposito 0861841151
Lazio Anna Sorci 338/4266556Dolores Ferrari 349/0639770Paola Cutaia 338/9795049
Umbria Enrico Paucchi 333/9831127
Campania Giuseppe La Sala 338/9047194
Calabria Giovanna Musicò 338/3683014Rocco Mamone 338/5210326
Referenti dell’Associazione nelle varie Regioni italianeLa nostra Associazione è diventata una realtà molto importante su tutto il territorio nazionale. Sono molte le coppie che si rivol-gono a noi per avere informazioni, consigli e sostegno nel loro percorso, prima e dopo l’adozione. Per facilitare colloqui e incontriabbiamo pensato di indicare dei referenti dell’Associazione, residenti nelle diverse Regioni.
B E N V E N U T I
Kevin e BryanGenitori: Carlo Carraresi e Lucia Provvedi
CristhoperGenitori: Sergio Borgianni e Cristina Di Marco