notiziario n. 25 . dicembre 2009

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Treviso. Le ville suburbane nelle vecchie cartoline illustrate La parola villa recepisce fin dalla latinità l’idea di area verde, basti pensare alla Villa Adriana di Tivoli. Per quanto nei documenti medievali si trovi usata la parola villa per indicare non solo un borgo rurale (donde le espressioni vil- laggio, villico, ecc.), ma anche gli agglomerati urbani (e la voce francese ville rimane tuttora a indicare la città), nell’accezione corrente col termine villa si intende una dimora signorile, per lo più inserita in un giardino o un parco, oppure situata all’interno di una tenuta agrico- la, come nel caso delle Ville Venete dove i pro- prietari gestivano l’azienda e vi soggiornavano nella stagione estiva (donde l’espressione vil- leggiatura). La caduta della Repubblica di Venezia (1797) rappresenta anche emblematicamente il pas- saggio da una economia agricola a una econo- mia industriale, e fa gravitare nelle città un nuovo fervore di vita, sia con il sorgere di nuovi opifici sia con l’addensarsi della popola- zione. Imago urbis Notiziario della Società Iconografica Trivigiana n° 25 - dicembre 2009 Recapito: presso Studio Buzzavo, viale Luzzatti n. 88 - Treviso 1 Buon divertimento L’etimologia di divertimento è dal latino “divertere”, cioè cambiare strada, interrompere la routine appli- candosi a qualcosa di diverso, ma sempre impegnativo, rispetto a ciò che si fa usualmente. Uno spettaco- lo, un viaggio, un libro, una mostra, sono divertimenti se vi è desiderio di crescere, intenzionalità, parte- cipazione attiva. Tutt’altra cosa è l’intrattenimento, per sua natura leggero, spensierato, disimpegnato, superficiale; in esso assumiamo un ruolo di semplice disponibilità passiva. A favore dell’intrattenimento vi è la constatazione che la nostra vita sotto stress ha bisogno di boccate d’aria, di pause riposanti; contro vi è la constatazione che, cogliendoci stanchi e indifesi, esso può insinuarsi indisturbato nel cervello, con- dizionandolo a nostra insaputa; e sappiamo che, nonostante la sua apparenza innocua, l’intrattenimento non lascia mai il tempo che trova. Agli auguri di Buone Feste da parte mia e del Consiglio Direttivo si aggiungano anche quelli di “buon divertimento” con i programmi proposti dalla Società Iconografica. Francesco Turchetto

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Società Iconografica Trivigiana

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Page 1: Notiziario n. 25 . dicembre 2009

Treviso.

Le ville suburbane nelle vecchie

cartoline illustrate

La parola villa recepisce fin dalla latinità l’ideadi area verde, basti pensare alla Villa Adrianadi Tivoli. Per quanto nei documenti medievalisi trovi usata la parola villa per indicare nonsolo un borgo rurale (donde le espressioni vil-laggio, villico, ecc.), ma anche gli agglomeratiurbani (e la voce francese ville rimane tuttoraa indicare la città), nell’accezione corrente coltermine villa si intende una dimora signorile,per lo più inserita in un giardino o un parco,oppure situata all’interno di una tenuta agrico-la, come nel caso delle Ville Venete dove i pro-prietari gestivano l’azienda e vi soggiornavanonella stagione estiva (donde l’espressione vil-leggiatura).La caduta della Repubblica di Venezia (1797)rappresenta anche emblematicamente il pas-saggio da una economia agricola a una econo-mia industriale, e fa gravitare nelle città unnuovo fervore di vita, sia con il sorgere dinuovi opifici sia con l’addensarsi della popola-zione.

Imago urbisNotiziario della Società Iconografica Trivigiana

n° 25 - dicembre 2009

Recapi to: presso Studio Buzzavo, viale Luzzat t i n . 88 - Treviso

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Buon divertimento

L’etimologia di divertimento è dal latino “divertere”, cioè cambiare strada, interrompere la routine appli-candosi a qualcosa di diverso, ma sempre impegnativo, rispetto a ciò che si fa usualmente. Uno spettaco-lo, un viaggio, un libro, una mostra, sono divertimenti se vi è desiderio di crescere, intenzionalità, parte-cipazione attiva. Tutt’altra cosa è l’intrattenimento, per sua natura leggero, spensierato, disimpegnato,superficiale; in esso assumiamo un ruolo di semplice disponibilità passiva. A favore dell’intrattenimentovi è la constatazione che la nostra vita sotto stress ha bisogno di boccate d’aria, di pause riposanti; controvi è la constatazione che, cogliendoci stanchi e indifesi, esso può insinuarsi indisturbato nel cervello, con-dizionandolo a nostra insaputa; e sappiamo che, nonostante la sua apparenza innocua, l’intrattenimentonon lascia mai il tempo che trova. Agli auguri di Buone Feste da parte mia e del Consiglio Direttivo siaggiungano anche quelli di “buon divertimento” con i programmi proposti dalla Società Iconografica.

Francesco Turchetto

Page 2: Notiziario n. 25 . dicembre 2009

Una nuova aristocrazia economica si fa emer-gente, quando dagli antichi casati patrizi qual-che rampollo intraprende coraggiosamenteun’attività che esula dalla tradizione familiare.Tuttavia la suggestione della dimora prestigio-sa sopravvive nella nuova classe elitaria.Quando le antiche Ville Venete si rivelano ina-deguate per dislocazione troppo lontana dallacittà divenuta ormai termine imprescindibile eassiduo di rapporti, o per dimensioni e oneri dimanutenzione inopportuni, lo spazio percostruire quelle nuove viene individuato nelsuburbio cittadino, a pochi minuti di carrozzadalla città, in un territorio ancora libero da edi-ficazioni e quindi disponibile a consentire ilcoronamento della residenza con un giardinoelegante.L’Ottocento, e in parte anche il Novecento,hanno visto così il sorgere di ville suburbane,abitazioni unifamiliari di pregio architettonicocircondate da giardino, per la più affacciate sustrade di grande comunicazione da poter esse-re notate, talvolta contigue alla azienda indu-striale o commerciale del proprietario.Se in un primo momento le costruzioni hannosentito l’eco delle antiche Ville Venete rileva-bile nelle linearità e simmetria della facciata,nella presenza di gradinate e di timpani (comeVilla Margherita), sono andati successivamen-te affermandosi nuovi moduli architettonicigiocati sulla asimmetria e sbalzo dei volumi

con torrette belvedere e loggette, via via arric-chiti dalle invenzioni della moda floreale,mentre nel giardino hanno avuto fortuna zam-pilli di fontane consentiti dalle nuove risorsetecnologiche che hanno potuto attingere a piùprofonde trivellazioni delle falde e/o all’impie-go di pompe.L’ostentazione del prestigio, finora affidataalla magniloquenza della abitazione, assumenuove formule esibite all’interno di quell’en-tourage borghese del quale sono state espres-sione la vita di società, l’abito di società, il tea-tro di società. E così anche la villa suburbana non avrebbeper lo più portato il nome del casato (comeVilla Barbaro), ma quello di una donna appar-tenente all’intimità della famiglia (come VillaMargherita), tanto da rendere meno intuibilel’identificazione dei fondatori, quando neltempo l’avvicendamento dei proprietari, o laristrutturazione edilizia, per adeguarla ad abi-tazione multifamiliare, o addirittura la demoli-zione per lasciar spazio a un condominio, neavrebbero fatto perdere la memoria.

E’ in arrivo il calendario 2010

per i Soci che rinnoveranno al più presto

la quota sociale!

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Page 3: Notiziario n. 25 . dicembre 2009

Per l’inaugurazione del ricordo diMario Botter

nella piazzetta a lui dedicata(12 dicembre 2009)

Questa piazzetta, che io non so ancora perquale motivo una volta era chiamata “la galli-nella”, costituisce uno spazio di pausa nellaaffrettata corsa veicolare dal centro della cittàverso la periferia.Qui si affacciava una volta il palazzo deiCaminesi, la famiglia che sovrappose la pro-pria signoria alle istituzioni comunali, formal-mente mantenute ma di fatto esautorate, duran-te un trentennio tra Due e Trecento in cui lacittà assistette a sanguinose lotte interne e one-rosi conflitti coi vicini, ma anche a momenti displendore culturale per la presenza di artisti eletterati ospiti dei Caminesi, finché nel 1312una sommossa popolare mise in fugaGuecellone da Camino e saccheggiò e distrus-se il palazzo. Sulle sue rovine a partire dal 1346 i frati del-l’ordine dei Servi di Maria cominciarono acostruire la chiesa e il convento di SantaCaterina dove rimasero fino all’epoca dellesoppressioni decretate nel 1767-68 dallaRepubblica Veneta, che nel 1773 vendette ilcomplesso alle Terziarie di San Francesco diBelfiore. Successivamente, in seguito alle soppressionidecretate dal governo napoleonico nel 1810, ilcomplesso cessò definitivamente l’uso sacro,per venir adibito ad usi militari, che continua-rono fino alla Seconda Guerra Mondiale con ilpressoché totale abbandono dei militari conse-guente alla dissoluzione dell’esercito dell’8settembre 1943. Il bombardamento del 14 maggio 1944 colpì ilchiostro e non fu difficile a Mario Botter infil-trarsi tra le macerie ed esplorare l’ex chiesadivisa da solai e tramezzi, individuando sul-l’interno delle pareti perimetrali, sotto l’into-naco smosso dalle vibrazioni, le tracce di anti-chi affreschi di cui v’era notizia in vecchi scrit-ti. Per sua iniziativa la Soprintendenza aiMonumenti ottenne in tempi brevissimi l’affi-damento del complesso immobiliare da partedel Ministero della Guerra. Fu il primo passoverso la costituzione dell’attuale sede musealein questo luogo già così denso di storia e diarte.E se questa piazzetta è stata meritatamentededicata a Mario Botter, e su un edificio che inessa si affaccia è stato posto un segno perricordarlo, c’è anche un motivo intimo masignificativo: qui, nella gallinella Mario Botter

aveva mosso i primi passi quando ancora ilpavimento era di terra ed erba, perché egli eranato in una delle case con portici che ci stannodinnanzi, il 15 luglio 1896.Il museo, tutti i musei, sono luoghi di conser-vazione, di studio, e di presentazione di undeterminato patrimonio culturale. Ciascunonel proprio contesto ambientale e storico.Questo di Santa Caterina è il museo della città,è il catalogo per capire il patrimonio culturaledi Treviso, che è disseminato dentro le suecase e le sue chiese, lungo le sue strade e i suoicanali: dove la nostra fretta di andare non ciconsente di sostare a osservare; dove l’atten-zione è aggredita da mille stimoli, talvoltabanali quando non volgari; dove l’osservazio-ne è catturata da ripetitive esposizioni di vani-tà che nulla mostrano di quanto la città sa esse-re e produrre. Cino Boccazzi, osservando ilgenere degli articoli più abbondantementeesposti nelle vetrine scriveva che uno stranierocapitato a Treviso non poteva non farsi l’opi-nione di una città che doveva essere popolatada persone nude.Per offrirci il catalogo della città Mario Botteraveva sognato il Museo della Casa Trevigianada insediare a Casa Da Noal, che amorevol-mente restaurò due volte: traendola - unaprima volta negli anni Trenta - dall’anonimatodi un uso dozzinale, e una seconda volta - diecianni dopo - recuperandola dalle rovine delladistruzione bellica.Restauratore: era questo il nome del usomestiere, parola che davvero mi sorprese -tanto era allora inconsueta - quando a scuola lapronunciò il figlio Gabriele, interpellato sul-l’attività paterna dall’insegnante che stavafacendo il giro di tutti i ragazzi della nostraclasse. Era un mestiere imparato dal padreGirolamo (già collaboratore del Bailo nel recu-pero a Santa Margherita delle Storie diSant’Orsola affrescate da Tomaso da Modena):una sapienza tecnica trasmessa col sangue, maanche affinata da una curiosità storica che loaveva fatto indagatore autodidatta per trovarenotizie e riscontri a ipotesi su quelle carte allequali con più dimestichezza accedono gli sto-rici di professione.Aveva imparato a interpellare i segni dell’uo-mo lasciati sulle costruzioni: il comporsi deimattoni nell’innalzare i muri, nel distribuire ipieni e i vuoti sulle pareti, nel tracciare la sago-ma dei fori, nel disegnare gli archi dei portici,nello sbalzare i modiglioni dei barbacani, nelcondurre la corsa delle cornici sotto i tetti; eancora il sobrio innesto della bianca pietrad’Istria in pilastri, capitelli e stipiti, la signori-le partecipazione del legno nelle catinelle dei

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soffitti, la vigorosa presenza dei ferri battuti arendere praticabili le aperture e solide le chiu-sure.Non solo, ma anche le decorazioni dipintesugli intonaci: a imitare un paramento di mat-toni, oppure lastre di marmo, o ancora i dama-schi delle tappezzerie, e finalmente figuredella mitologia classica o scene della vita, finda giovane pazientemente riprodotte in disegniacquerellati perché, dove il restauro non liavesse salvati, la memoria almeno avessepotuto restituirli alla identità urbana.Oltre al restauro, oltre alla documentazionepuntualmente descrittiva e iconograficamentevivace, oltre allo studio di committenze e cir-costanze storiche, l’opera di Botter si è dispie-gata in strenue battaglie per salvare dalla stupi-dità distruggitrice degli ignoranti e degli spe-culatori i segni visibili della cultura locale,quasi non fossero bastate due guerre a infieriresulla città, l’ultima delle quali pareva avessevoluto cancellare dal paesaggio urbano - tra lealtre cose - il Palazzo dei Trecento, la Loggiadei Cavalieri, la Basilica della MadonaGranda, per la mano di Botter rinate dopo che- incurante dei pericoli - aveva recuperati aduno ad uno i mattoni tra le macerie.In una stagione nella quale la gratitudine per ilricevuto viene oscurata dalla pretesa dei dirittiad avere, il segno che oggi viene posto in que-sto luogo, non sarebbe eloquente se non diven-tasse occasione di incitamento ad osservare eamare questa città e ogni luogo che è docu-mento di storia e bellezza. Perché l’opera diMario Botter ha varcato le mura della città:perfino prigioniero durante la Prima GuerraMondiale si rende disponibile per condurrescavi archeologici in Ungheria.E al termine di quella guerra - cominciandodalla Villa di Maser - intraprende una catena direstauri che, pur in anni di grave crisi econo-mica, avrebbe avviato quella diffusa consape-volezza del valore storico e artistico delle VilleVenete, che - dopo la Seconda GuerraMondiale - sarebbe approdata nella efficaceiniziativa di recupero e valorizzazione portataavanti dal suo amico Giuseppe Mazzotti.Un gesto dunque quello di oggi che non costi-tuisce solo il pur dovuto grazie per un donoche viene dal passato, ma anche l’esortazioneincalzante a un impegno culturale per l’avveni-re, individualmente rivolto a ogni passante chepercorre le strade di questa città, come a ogniistituzione che a qualsiasi titolo è coinvoltanella determinazione del futuro di ogni anchepiccola parte del suo patrimonio di civiltà.

Toni Basso

Inizia un altro anno!

Dopo molti anni nei quali la quota sociale è

rimasta invariata, per il prossimo anno 2010 il

Consiglio Direttivo ha deciso di portarla a 25

euro. Un piccolo aumento che ci permetterà di

mantenere l’offerta di incontri per i Soci e la

cittadinanza. La cartolina-tessera per il 2010

riporta l’immagine del campanile della chiesa

di San Martino in una xilografia di Lino

Bianchi Barriviera. Attendiamo proposte, sug-

gerimenti, critiche, offerte di collaborazione da

parte di Soci e simpatizzanti per rendere i

nostri incontri più vari e interessanti. Stiamo

rinnovando il nostro sito internet, purtroppo da

tempo dormiente, per poter raggiungere un

pubblico più vasto e offrire a tutti notizie,

immagini, servizi; questo comporterà un impe-

gno finanziario. Talvolta affiorano proposte di

pubblicazioni, ma il costo impedisce la loro

realizzazione. Le quote sociali infatti sono

l’unica entrata dell’Associazione, eccettuato

un piccolo contributo da parte del Comune di

Treviso. Ci auguriamo pertanto che la quota

sociale sia rinnovata tempestivamente, che i

Soci portino nuovi Soci e che appaia all’oriz-

zonte qualche sponsor.

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