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Guido Milano

EnErgia nuclEarEfissione, fusione, sicurezza e ambiente

Copyright © MMXARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133/A–B00173 Roma

(06) 93781065

isbn 978–88–548–3728–7

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: Ecig, Genova 2008

II edizione: gennaio 2011

Indice

Prefazione p. 9 Capitolo 1: Richiami di Fisica Atomica p. 13 Par. 1.1 Atomo, nucleo e particelle subatomiche p. 13 Par. 1.2 Ioni e plasma p. 19 Par. 1.3 Interazioni nucleari, elettriche e gravitazionali p. 20 Par. 1.4 Energia di legame nucleare p. 24 Par. 1.5 Radiazioni e decadimenti radioattivi p. 29 Par. 1.6 Elementi e isotopi utili per le tecnologie nucleari p. 38 Il Deuterio e il Trizio p. 38 L’Uranio p. 42 I processi di arricchimento dell’Uranio p. 44 Il Plutonio p. 54 Il Torio p. 56 Par. 1.7 Interazioni neutroni-nucleo p. 58 Assorbimento con cattura p. 59 Assorbimento con fissione p. 61 Scattering p. 64 Par. 1.8 Dati, costanti, esercizi ed approfondimenti p. 65 Dati e costanti p. 65 Classificazione delle particelle materiali p. 66 Attinidi, Transattinidi e Transuranici p. 67

Energia di legame nucleare p. 70 Esercizi p. 71

Rappresentazione di un atomo di Idrogeno p. 77 Catena dei decadimenti dell’Uranio 238 p. 79 Catena dei decadimenti del Torio 232 p. 80 Datazione di sostanze con il Carbonio 14 p. 81 La radiazione Cerenkov p. 83 Par. 1.9 Bibliografia Capitolo 1 p. 87 Capitolo 2: La fissione nucleare p. 89 Par. 2.1 Interazione neutrone nucleo p. 89 Penetrazione dei neutroni in un mezzo p. 89 Sezione d’urto macroscopica e microscopica p. 91 Libero cammino medio p. 97 Andamento sezioni d’urto microscopiche p. 99 Tabelle sezioni d’urto p. 107 Grafici sezioni d’urto microscopiche p. 108 Flusso neutronico e velocità di reazione p.

p. 113

Flusso neutronico termico 116

6

Par. 2.2 Il rallentamento dei neutroni p. 119 Spettro energetico di fissione dei neutroni p. 119 Modello semplificato di urto elastico p. 120 Decremento di energia del neutrone ad ogni urto p. 126 Decremento logaritmico medio di energia p. 132 Potere di rallentamento e rapporto di moderazione p. 135 Par. 2.3 Bilancio neutronico in un reattore p. 136 Fattore di moltiplicazione effettivo p. 136 Considerazioni sul fattore di moltipl. effettivo p. 143 Reattività p. 145 Fattore di moltiplicazione per il mezzo infinito p. 146 Par. 2.4 La diffusione dei neutroni p. 147 Legge della diffusione di Fick p. 147 Libero cammino medio di trasporto p. 152 Equazione generale della diffusione p. 154 Condizioni iniziali e al contorno p. 158 Diffusione dei neutroni in un rerattore veloce p. 161 Buckling geometrico e Buckling materiale p. 171 Condizioni di criticità del reattore p. 171 Lunghezza di migrazione p. 176 Tempi di rallentamento e di diffusione p. 177 Legame tra i fattori keff e k p. 179 Diffusione dei neutroni in un reattore termico p. 181 Modello della diffusione ad un gruppo modificato p. 184 Par. 2.5 Principali elementi del core di un reattore p. 188 Barre di combustibile p. 190 Barre di controllo p. 191 Effettiva distribuzione del flusso neutronico p. 194 Riflettore p. 195 Schermi biologici p. 198 Par. 2.6 Tipologia dei principali reattori nucleari p. 199 Il reattore PWR p. 200 Il reattore BWR p. 203 Il reattore RBMK p. 206 Il reattore CANDU p. 209 Il reattore FBR p. 214 Il reattore AGR p. 219 Par. 2.7 Prospettive future dei reattori nucleari a fissione p. 220 Reattori innovativi ad acqua leggera p. 223 Reattori innovativi ad acqua pesante p. 225 Reattori innovativi refrigerati a gas p. 226 Reattori innovativi veloci p. 227 Cenno ai reattori della quarta generazione p. 228

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7

Par. 2.8 Esercizi ed approfondimenti p. 230 Richiami di analisi differenziale p. 230 Urto elastico di due corpi in due dimensioni p. 235 Il certificato di nascita dell’era nucleare p. 237 Esercizi p. 238 I reattori fossili di Oklo p. 291 La produzione di Idrogeno con i reattori nucleari p. 294 Alcuni incidenti di criticità p. 296 L’incidente della centrale di Three Mile Island p. 300 L’incidente della centrale di Chernobyl p. 302 Referendum abrogativo sul nucleare in Italia p. 311

Par. 2.9 Bibliografia Capitolo 2 p. 313 Capitolo 3: La fusione nucleare p. 317 Par. 3.1 Introduzione alla fusione nucleare p. 317 Generalità p. 317 La fusione nucleare nel Sole p. 322 Reazioni candidate per la fusione “terrestre” p. 323 Parametri per la scelta ottimale dei reagenti p. 325 Reazione Deuterio-Trizio e Deuterio-Deuterio p. 332 Par. 3.2 Condizioni limite per l’ignizione p. 333 Prodotto triplo e condizione di Lawson p. 333 Prodotto triplo e condizione di Lawson p. 335 Par. 3.2 Reattori per la fusione nucleare p. 337 Tipologia dei reattori a fusione p. 337 La fusione a confinamento magnetico p. 338 Bilancio energetico per un reattore Tokamak p. 340 Il reattore JET p. 342 Il reattore ITER p. 348 Progressi nei reattori a fusione p. 350 La fusione a confinamento inerziale p. 352

Par. 3.3 La fusione fredda p. 361 La fusione fredda catalizzata dai muoni p. 361 La fusione a bolle p. 364 La fusione fredda catalizzata dal Palladio p. 365 Par. 3.4 Esercizi ed approfondimenti p. 371 La distribuzione statistica di Maxwell-Boltzmann p. 371 Esercizi p. 379 Effetto tunnel quantistico p. 387 Il teorema della palla pelosa p. 389 Come realizzare la fusione nucleare in cantina p. 390 Il progetto del reattore a fusione italiano p. 393 Par. 3.5 Bibliografia Capitolo 3 p. 395

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8

Capitolo 4: Radioattività naturale ed artificiale p.

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399

Par. 4.1 Misure e dosimetria p. 399 Par. 4.2 Effetti delle radiazioni nucleari sull’uomo p. 403

Effetti deterministici p. 406 Effetti stocastici p. 409

Par. 4.3 La radioattività ambientale p. 412 La radiazione cosmica e terrestre p. 412 Il Rado p. 414 Il Potassio 40 p. 422 Dose media efficace annuale assorbita p. 423 Normativa sui limiti di dose di radiazioni ionizzanti p. 428 La filosofia ALARA nella protezione alle radiazioni p. 430

Par. 4.4 Impatto ambientale dei rifiuti radioattivi p. 434 Considerazioni generali p. 434 Rifiuti del combustibile nucleare p. 435 Trattamento e deposito del combustibile esaurito p. 437 Il deposito USA di Yucca Mountain p. 443 I depositi di scorie radioattive in Europa p. 445 Il deposito di scorie radioattive in Italia p. 447 Scorie generate dalla fusione nucleare p. 450 Par. 4.5 Esercizi ed approfondimenti p. 453 Valutazione della dose equivalente effettiva p. 453 Esempi di dosi assorbite nella vita quotidiana p. 455 Effetto hormesis p. 455 Miniere di Uranio in Italia p. 455 Concentrazione di Rado nel Cuneese p. 461 Misura delle radiazioni: Il tubo Geiger-Müller p. 464 Radiazione Indoor nella Facoltà di Ingegneria p. 467 La nuova barriera Synrok p. 471 Principi etici dell’IAEA per i rifiuti radioattivi p. 473 Par. 4.6 Bibliografia Capitolo 4 p. 474

Prefazione

Questo testo è stato scritto principalmente allo scopo di fornire una guida per la preparazione di una parte dei programmi di esame dei corsi di Energetica 1 e di Energetica 2, svolti nell’ambito del Corso di Studio di Ingegneria Meccanica dell’Università di Genova.

Tuttavia, lo sviluppo discorsivo degli argomenti, il costante riferimento alle evidenze sperimentali ed il tentativo di esplorare alcuni temi di fisica nucleare in modo semplice e con frequenti analogie con discipline più intuitive quali la meccanica classica, ne rendono possibile la lettura anche da parte di chi, senza una specifica preparazione, desiderasse avvicinarsi alle principali tematiche nucleari. Molti degli argomenti trattati sono di grande attualità, come ad esempio: i processi di arricchimento dell’Uranio e di produzione del Plutonio che, perseguiti recentemente da alcune nazioni, con innegabili scopi militari, potrebbero dar luogo a forti turbative nei rapporti internazionali; lo sviluppo impetuoso di programmi di costruzione di reattori a fissione, da parte di alcune nazioni asiatiche in forte crescita economica quali la Cina, l’India, la Corea del Sud ed il Giappone, per far fronte ai consumi di energia elettrica in aumento esponenziale; l’evoluzione dei parametri di progetto dei nuovi reattori a fissione della terza e quarta generazione, previsti entro il 2030, che privilegiano, da un lato, la sicurezza di funzionamento totale passiva e, dall’altro, l’economia di costruzione e di gestione, inclusi i costi di dismissione della centrale al termine della sua vita operativa e della custodia delle scorie radioattive; l’inizio, nel 2006, della costruzione del primo reattore di potenza a fusione nucleare da 400 MWt, di cui è prevista l’operatività intorno al 2016, e che, se giungerà a buon fine, potrà finalmente costituire un banco di prova certo per lo sviluppo futuro di questa importante fonte energetica; i tentativi da parte di alcuni ricercatori di ottenere la fusione controllata in modo molto più semplice ed economico di quella termonucleare, tentativi non riconosciuti, finora, dalla scienza ufficiale; la delicata questione del trattamento e della custodia definitiva dei residui radioattivi generati dal ciclo di lavorazione del combustibile uranifero, uno dei problemi centrali per i rapporti di convivenza della popolazione con il nucleare, rapporti talvolta esasperati immotivatamente da alcuni gruppi politici e da associazioni ambientaliste; il problema della radioattività naturale presente nell’ambiente dove l’uomo vive e lavora e che, in Italia, può presentare livelli di pericolosità molto maggiori di quelli prodotti dalla vicinanza di centrali nucleari.

Negli anni successivi agli incidenti nelle centrali di Three Mile Island e di Chernobil, vi è stata una sensibile flessione dell’attività nucleare nel mondo, dal punto di vista della costruzione di centrali, degli investimenti nella ricerca e, in Italia, anche della didattica. L’inarrestabile aumento del costo del petrolio, il poderoso sviluppo economico e industriale di nazioni densamente popolate come la Cina e l’India e la consapevolezza di aver ricondotto i parametri progettuali dei reattori a fissione a condizioni di sicurezza pienamente soddisfacenti, ha determinato, da qualche anno, una vigorosa inversione di tendenza.

10 Prefazione

Nel prossimo futuro a breve, medio e lungo termine, lo sfruttamento dell’energia nucleare avrà sicuramente un notevole sviluppo, da cui trarranno profitto i principali creatori di tecnologia nucleare e cioè: gli Stati Uniti, la Russia, la Francia, il Giappone, la Germania, l’Inghilterra e il Canada.

A causa del referendum abrogativo del 1987, l’Italia ha perso, da tempo, il contatto con il gruppo delle nazioni all’avanguardia in questo settore e rischia di avere poche opportunità di partecipare a quello che qualcuno ha definito un rinascimento nucleare.

Per cercare di non perdere anche la capacità di assimilare l’evoluzione tecnologica altrui, il buon senso suggerisce, tra le altre cose, non solo di mantenere attivi ed efficienti i corsi di laurea in Ingegneria Nucleare ma anche di non escludere le discipline nucleari dal bagaglio culturale del settore, molto più vasto, dell’ingegneria industriale, come peraltro è sempre stato nella tradizione delle Facoltà di Ingegneria italiane. In particolare, nell’ingegneria industriale, il settore meccanico e quello elettrico presentano significative affinità culturali con le discipline nucleari impiantistiche. Questo testo vuole essere un piccolo contributo alla reintroduzione ed alla diffusione dell’energetica nucleare nel settore dell’ingegneria industriale.

Oltre agli svantaggi di un possibile declino tecnologico, il rifiuto delle centrali nucleari rende, oggettivamente, ancora più drammatico per l’Italia il problema dell’approvvigionamento delle fonti energetiche primarie e della produzione di energia elettrica, cronicamente deficitaria in questi ultimi venti anni. D’altra parte, cercare di compensare il deficit di produzione interna comprando direttamente energia elettrica dagli stati confinanti, lasciando l’inquinamento oltre confine, ma a costi assai remunerativi per i produttori e gravosi per i compratori, non si può considerare una strategia ottimale sotto tutti gli aspetti.

Di fatto, risulta problematico, per l’industria nazionale, sostenere la concorrenza con le industrie di quelle stesse nazioni che producono surplus di energia elettrica e che la possono vendere, all’interno dei loro confini, a tariffe molto inferiori. Questo naturalmente non significa minimizzare i problemi seri, ancora aperti dell’impiantistica nucleare, né tanto meno sorvolare sui pericoli e sugli effetti di possibili usi impropri o del rischio di incidenti che, per quanti sforzi si possano fare, non potrà mai essere completamente eliminato.

L’approccio seguito in questi appunti è quello di cercare di esporre, quanto più oggettivamente e onestamente possibile, i fatti, considerando i problemi ed i rischi del settore nucleare con la stessa attenzione e serietà con cui dovrebbero essere affrontati anche quelli insiti nelle altre tecnologie energetiche e industriali, spesso sconosciuti o quanto meno minimizzati dall’opinione pubblica.

Il Capitolo 1 di questo testo riguarda alcuni semplici richiami di Fisica Atomica, ritenuti indispensabili per poter introdurre e definire la terminologia specifica delle discipline nucleari ed anche per fornire un minimo bagaglio di nozioni utili per la comprensione della fissione e della fusione nucleare, sviluppate nei successivi capitoli.

11

Per semplicità non si fa ricorso alla fisica quantistica e di molti argomenti e fenomeni vengono presentati i risultati di misure e di osservazioni sperimentali, senza lo sviluppo di modelli teorici. Il lettore interessato ad approfondire determinati argomenti, è naturalmente invitato a leggere testi specializzati di fisica atomica e quantistica, disponibili in grande quantità nella bibliografia del settore.

Nel Capitolo 2, viene studiata la fissione nucleare, con una prima parte dedicata alla teoria dell’urto, del rallentamento e della diffusione dei neutroni in un mezzo omogeneo ed una seconda parte dedicata ad una sintetica descrizione costruttiva e funzionale dei principali reattori nucleari a fissione attualmente esistenti e di quelli innovativi previsti per la terza e quarta generazione. La prima parte del Capitolo 2 segue, essenzialmente, la presentazione degli argomenti come riportata nell’ottimo testo “Introduzione ai Principi di Ingegneria Nucleare ed all’Analisi dei Reattori Nucleari, Vol. 1- Statica del Reattore”, del Prof. Paolo Ameglio, già docente di Teoria e Tecnica del Reattore presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Genova, di cui lo scrivente conserva un ricordo indelebile come docente e come persona dotata di sensibilità e di profonda onestà intellettuale.

Nel Capitolo 3, si fornisce una panoramica, necessariamente limitata e semplificata, dell’affascinante mondo della fusione nucleare controllata, che sembra inesorabilmente destinata a costituire il principale motore energetico del futuro remoto per l’umanità, così come da sempre lo è stato e lo sarà per quasi tutto l’universo che ci circonda. Oltre alla fusione a confinamento magnetico e inerziale, si fa anche cenno ad alcuni intriganti metodi proposti per ottenere la fusione nucleare con semplici apparecchiature di laboratorio. I risultati, come nel caso della fusione fredda catalizzata dal Palladio o della sono-luminiscenza, sono ancora contrastanti, e, per ora, non sono stati riconosciuti dalla scienza ufficiale, ma i tentativi continuano ad essere tenacemente perseguiti da sperimentatori seri, e sono finanziati da enti pubblici e privati e quindi meritano di essere citati.

Nel Capitolo 4, si affrontano i delicati problemi di convivenza dell’uomo con la radioattività naturale ed artificiale presente nell’ambiente, con particolare riferimento alla situazione del territorio italiano che, con una certa sorpresa, pur essendo totalmente assente da più di venti anni ogni attività nucleare di qualche rilievo, esibisce un valore medio di dose effettiva equivalente assorbita dagli abitanti tra i più alti del mondo.

Ogni Capitolo termina con un paragrafo dedicato ad esercizi applicativi numerici ed alla trattazione di alcuni temi specifici o di semplici curiosità, attinenti gli argomenti trattati nel capitolo stesso. Lo scopo è quello di fornire stimoli al lettore per approfondire la materia e per meglio capirne le applicazioni ed i riferimenti con le altre discipline scientifiche.

Prefazione

12

Prefazione alla seconda edizione

In generale, sono state apportate numerose correzioni al testo, nell’intento di migliorare la chiarezza espositiva ed eliminare alcune ripetizioni. Inoltre, i dati di molte tabelle sono stati aggiornati con valori più recenti disponibili in letteratura. La struttura dei quattro capitoli è rimasta essenzialmente invariata ma molti argomenti sono stati ampliati ed alcuni aggiunti ex novo.

In particolare: - nel Cap. 1 sono state riordinate le proprietà degli isotopi utili per la

fissione e la fusione nucleare e la descrizione della fissione è stata ampliata; - nel Cap. 2 l’effetto Doppler sulle catture neutroniche radioattive è stato

approfondito; sono state inserite precisazioni sulla definizione e sul significato di flusso neutronico termico; la teoria della diffusione neutronica ad un gruppo è stata applicata, dapprima, al caso dei reattori veloci e poi a quello dei reattori termici, includendo anche alcuni schemi di distribuzione qualitativa del flusso neutronico veloce e termico; è stato altresì introdotto il legame tra i due fattori di moltiplicazione e ed è stata aggiunta la teoria della diffusione ad un gruppo modificata; sono stati inseriti ulteriori dettagli sull’incidente occorso al reattore RBMK di Chernobyl. Negli approfondimenti del Cap. 2 sono stati aggiunti: la trattazione semplificata della variazione assiale di temperatura nelle barre di combustibile e nel refrigerante ed un esempio di progetto di massima della refrigerazione del core di un reattore veloce LMFBR con Sodio o con Piombo liquido.

- nel Cap. 3 sono state riposizionate nel testo alcune figure; i richiami sulla teoria cinetica di Maxwell-Boltzmann sono stati ampliati ed esposti più organicamente e sono stati riesaminati alcuni esercizi.

- nel Cap. 4 le stime delle dosi medie individuali di radiazioni per le popolazioni di alcune nazioni sono state aggiornate ed è stata introdotta la metodologia ALARA nella protezione alle radiazioni.

Prefazione

CAPITOLO 1 RICHIAMI DI FISICA ATOMICA

In questo capitolo vengono presentati alcuni richiami di fisica atomica utili per la comprensione degli aspetti di energetica nucleare trattati nel testo. In particolare vengono considerati e brevemente discussi i seguenti argomenti: principali caratteristiche e proprietà degli atomi e delle particelle subatomiche; interazioni nucleari, elettriche e gravitazionali; energia di legame nucleare e relative implicazioni sulla fissione e sulla fusione; tipologia delle radiazioni e dei decadimenti radioattivi; proprietà e metodi di produzione dei principali elementi ed isotopi impiegati nelle tecnologie nucleari quali, il Deuterio, il Trizio, l’Uranio, il Plutonio ed il Torio. Sono inoltre brevemente considerate le principali interazioni neutrone-nucleo. Una serie di semplici esercizi applicativi ed alcuni approfondimenti su specifici argomenti, contribuiscono a familiarizzare il lettore con la terminologia e le problematiche nucleari. Molti dei fenomeni e dei processi considerati in questo capitolo vengono interpretati, semplicemente e qualitativamente, senza ricorso a cognizioni di fisica quantistica. A quest’ultima è rimandato il lettore desideroso di un’analisi sistematica e quantitativa della fisica nucleare. 1.1- Atomo, nucleo e particelle subatomiche

Tutta la materia che ci circonda è costituita da microscopiche particelle chiamate atomi, dalla parola greca composta ’ µ ς che significa: α = non , óµ = taglio e quindi, particella che non si può dividere. A loro volta gli atomi sono composti da tre tipi principali di particelle subatomiche che sono: i neutroni che non hanno alcuna carica elettrica, i protoni che hanno carica elettrica positiva e gli elettroni che hanno carica elettrica negativa. Neutroni e protoni, chiamati anche nucleoni, costituiscono il nucleo centrale dell’atomo, mentre gli elettroni, di massa molto più piccola, sono in continuo movimento e costituiscono una sorta di nuvola elettronica attorno al nucleo.

Figura 1.1. Rappresentazione (non in scala) di un atomo di Elio 4. Il nucleo è costituito da due neutroni e due protoni con una nuvola elettronica in cui orbitano due elettroni .

14 Capitolo 1

Ad esempio, un atomo di Elio 4, con simbolo , ha un nucleo costituito da due neutroni e due protoni ed una nuvola elettronica in cui orbitano due elettroni. Il modello semplicistico di un atomo di è rappresentato in Fig. 1.1.

Convenzionalmente, quando si vogliono evidenziare le caratteristiche atomiche di un elemento chimico avente simbolo generico X si suole scrivere:

, dove il pedice Z è chiamato numero atomico e rappresenta il numero di protoni presenti nel nucleo, mentre l’apice A è chiamato numero di massa atomica ed è la somma del numero di neutroni e di protoni. Il numero di massa atomica A è rappresentativo della massa totale dell’atomo, essendo la massa degli elettroni molto più piccola e quindi trascurabile.

Il protone, dal greco πρ τον che vuol dire primo, costituente primario, ha una carica elettrica positiva pari a 1.602·10-19 coulomb ed una massa pari a 1.67265·10-27 kg. I protoni, se non subiscono interazioni con altre particelle, sono molto stabili, con un valore minimo stimato del tempo di emivita pari a 1035 anni (l’universo osservabile ha un’età di circa 1.4·1010 anni). Si noti che, per una generica quantità di un elemento instabile, soggetto cioè ad un decadimento spontaneo, il tempo di emivita è il tempo richiesto, per quella quantità, a ridursi alla metà del suo valore iniziale.

Il neutrone non ha carica elettrica, da cui il nome, ed ha una massa leggermente più elevata del protone, pari a 1.67495 10-27 kg . Spesso, invece di esprimere la massa delle particelle in kg, in fisica nucleare si usa l’unità di massa atomica. L’unità di massa atomica ha come simbolo u, meno frequentemente amu (atomic mass unit), ed è pari ad un dodicesimo della massa di un atomo di Carbonio 12, con simbolo , considerato in quiete ed al livello energetico di base. La corrispondenza tra unità di massa atomica u ed il kg è la seguente:

Espressa in unità di massa atomica, la massa di un protone e di un neutrone risulta quindi:

(1.1.1)

I neutroni liberi, e cioè non legati ai protoni in un nucleo atomico, sono instabili ed hanno un tempo di emivita di 885 secondi circa. I neutroni liberi possono essere generati soltanto come prodotto di decadimento di alcuni radionuclidi, ovvero in seguito alla fissione di nuclei, che può essere spontanea o può avvenire, a sua volta, per opera di urti con altri neutroni.

I neutroni liberi decadono in protoni, emettendo un elettrone , indicato spesso come radiazione , ed un anti-neutrino-elettrone , secondo il seguente schema di trasformazione:

(1.1.2)

Richiami di Fisica Atomica 15

Il neutrino-elettrone è una particella elementare priva di carica elettrica, con uno spin frazionario ed una massa finita ma estremamente più piccola rispetto alle altre particelle subatomiche. Con la parola spin viene indicato il momento angolare intrinseco di una particella microscopica. Si tratta di un fenomeno puramente quantistico e non vi è alcuna corrispondenza con il momento angolare di un oggetto che ruota secondo la fisica classica. Lo spin è una caratteristica intrinseca della particella, ed essendo quantizzata, può variare soltanto con valori discreti. Ad esempio lo spin di un elettrone ha il valore:

dove h è la costante di Planck (h=6.626·10-34 J·s ) e è la costante di Planck ridotta: .

Anche il neutrino-elettrone ha uno spin frazionario pari ad . Secondo il modello standard, che cerca di fornire una classificazione sistematica delle forze e delle particelle della fisica nucleare, vi sono altri due tipi di neutrini il neutrino-muone ed il neutrino-tau. Entrambe sono particelle prive di carica elettrica e con massa sempre evanescente ma un po’ più grande di quella del neutrino-elettrone.

Elettroni, muoni, particelle tau, neutrini-elettroni, neutrini-muoni e neutrini-tau appartengono tutti alla famiglia dei leptoni e sono caratterizzati dall’avere uno spin frazionario pari a . Date le caratteristiche di massa evanescente e di carica elettrica nulla i tre tipi di neutrini possono interagire solo con le forze gravitazionali deboli. Essi sono quindi molto difficili da intercettare e da misurare ma sono presenti nell’universo, nelle stelle ed anche in prossimità di un reattore nucleare, in grande quantità.

Per quanto riguarda il prefisso anti vi è da notare che per ogni tipo di particella elementare vi è una corrispondente anti-particella avente la stessa massa e spin ma altri numeri quantici additivi invertiti di segno. La carica elettrica è una proprietà quantica additiva mentre non lo è né la massa né lo spin. Ad esempio, il positrone è l’anti-elettrone. Il positrone ha la stessa massa e spin dell’elettrone ma ha una carica elettrica di segno opposto e quindi positiva. L’anti-protone ha la stessa massa e spin del protone ma ha carica elettrica negativa. Un anti-neutrone ha la stessa massa e spin del neutrone ed è anch’esso privo di carica elettrica, ma è composto da anti-quark anziché da quark come il neutrone. Se una anti-particella (antimateria) viene in contatto con la corrispondente particella (materia), le due annichiliscono con produzione di energia e di altre particelle e anti-particelle.

Un’altra proprietà quantica additiva è la cosiddetta elicità dello spin e cioè la proiezione del momento angolare intrinseco della particella nella direzione del movimento. Gli antineutrini hanno la stessa massa e spin dei neutrini ma hanno una elicità destrorsa (positiva) mentre i neutrini sinistrorsa (negativa).

Ogni elemento chimico è unicamente determinato dal numero atomico Z e cioè dal numero di protoni presenti nel suo nucleo atomico.

16 Capitolo 1

Tuttavia, un atomo di uno stesso elemento chimico può avere un numero di neutroni presenti nel nucleo differente, mentre quello dei protoni è sempre lo stesso, per quella specie chimica. Atomi aventi lo stesso numero di protoni ma diverso numero di neutroni si chiamano isotopi, dal greco ’ che vuol dire stesso e ς che vuol dire luogo e cioè sono localizzati nella stessa posizione della tavola periodica degli elementi, perché hanno le stesse caratteristiche chimiche. Si chiamano invece isotoni, i nuclidi che hanno lo stesso numero di neutroni e un numero diverso di protoni. Anche il termine isotono ha un etimo greco: ’ stesso, ν ς tensione, tono, ma, in questo caso, la sua origine è dovuta alla sostituzione della lettera p (protone) di isotopo con la lettera n (neutrone) di isotono.

Gli isotopi di uno stesso elemento hanno le stesse caratteristiche chimiche, ma possono avere diverse caratteristiche nucleari. Ad esempio il Trizio è un isotopo dell’Idrogeno ed entrambi hanno quindi le stesse caratteristiche chimiche. Tuttavia il Trizio ha un nucleo instabile ed è destinato a decadere nel tempo, mentre l’Idrogeno è un elemento assai stabile, dal punto di vista nucleare.

Vi sono poi gli isomeri nucleari , dal greco ’ stesso e ρ ς parte, composizione. Gli isomeri nucleari hanno tutti la stessa composizione del nucleo (uguale numero di protoni e di neutroni) ma si trovano in uno stato metastabile di equilibrio, causato dall’eccitazione di uno o più protoni o di neutroni o di entrambi. Un isomero nucleare si trova ad un livello energetico superiore a quello dello stesso nucleo non eccitato, chiamato livello zero (ground level). Prima o poi, il nucleo eccitato di un isomero nucleare rilascerà spontaneamente l’energia in eccesso e si porterà al livello energetico zero.

L’elettrone, dal greco ’ λεκτρον, che vuol dire ambra, poiché anticamente l’elettricità elettrostatica veniva generata strofinando l’ambra con tessuti di fibra animale, ha una carica elettrica negativa, pari a -1.602 10-19 coulomb, di uguale intensità, ma di segno contrario a quella del protone, ed una massa pari a

kg . Risulta quindi approssimativamente:

Si suole dire che, in un atomo, l’elettrone orbita attorno al nucleo ma non si

tratta di un movimento rotatorio nel senso classico del termine. L’elettrone manifesta la sua esistenza nella regione di spazio che circonda il

nucleo, con maggiore probabilità di trovarsi nei suoi orbitali designati, descritti dalla funzione d’onda, soluzione dell’equazione di Schrödinger (Cfr. Par. 1.8).

Una suggestiva analogia che si presta per rappresentare la casualità del movimento dell’elettrone in un atomo è quella di una lucciola (l’elettrone) in una stanza scura in cui è presente una piccola sorgente di luce centrale (il nucleo dell’atomo). La lucciola, sempre in movimento, può apparire con intermittenza ovunque ma, con più elevata probabilità, la sua presenza si potrà riscontrare in prossimità della sorgente di luce centrale.

Richiami di Fisica Atomica 17

Naturalmente l’analogia è solo qualitativa perché la velocità di spostamento dell’elettrone (~2.4·106 m/s) è molto maggiore di quella della lucciola e percorre spazi molto più piccoli attorno al nucleo centrale.

Si è riusciti a determinare con grande accuratezza la massa dell’atomo e delle particelle che lo costituiscono, ma ci si può porre anche il problema della dimensione di un atomo. La dimensione di un atomo non è semplice da valutare, perché la nuvola elettronica che ne costituisce l’involucro esterno non ha un contorno ben definito. Per atomi che possono formare cristalli solidi la distanza tra due nuclei adiacenti può fornire una stima della dimensione dell’atomo stesso. Per atomi che non formano cristalli, esistono altri metodi per la determinazione delle dimensioni, tra cui anche quello teorico. Si stima che la dimensione di un atomo di Idrogeno sia approssimativamente 1.2·10-10 m. Pertanto l’ordine di grandezza della dimensione di un atomo di Idrogeno è ~1 Å (Ångström) ovvero 10-10 m. L’atomo di Idrogeno è il più semplice possibile, perché ha il nucleo costituito da un protone con una nuvola elettronica in cui è presente un solo elettrone. (Cfr. Fig. 1.2). L’ordine di grandezza della dimensione del protone, che, come si è visto, costituisce il nucleo di un atomo di Idrogeno, è ~10-15 m.

Il rapporto tra la dimensione dell’atomo di idrogeno e quella del suo nucleo risulta pertanto:

Figura 1.2. Rappresentazione (non in scala) di un atomo di Idrogeno. Il nucleo è costituito da un protone con un elettrone orbitante attorno ad esso. Per una rappresentazione più realistica dell’atomo di Idrogeno si veda la Fig. 1.23.

Il rapporto tra il volume occupato dall’atomo di idrogeno e quello del suo nucleo vale:

La materia è dunque concentrata nel nucleo e l’atomo è un sistema

essenzialmente vuoto. In proporzione, se il nucleo avesse un diametro di 1 cm, gli elettroni si troverebbero ad una distanza di 105 cm e cioè ad un 1 km.

Atomi di altri elementi possono avere dimensioni diverse da quella dell’Idrogeno, ma la variazione di dimensione per tutti gli atomi è comunque compresa in un fattore quattro÷cinque.

18 Capitolo 1

Ciò è dovuto al fatto che elementi più pesanti dell’Idrogeno, che hanno nel nucleo un elevato numero di protoni, attraggono in modo molto più energico gli elettroni verso il centro, limitando in tal modo lo spazio occupato dalla nuvola elettronica, anche quando essa è costituita da un numero elevato di elettroni distribuiti nei vari orbitali.

Figura 1.3. Rappresentazione (non in scala) del sole e dell’orbita terrestre.

La dimensione (il raggio) del sole è pari a circa 7·108 m, mentre la sua distanza media dalla terra è di circa 1.5·1011 m, come schematizzato in Fig.1.3. Il rapporto tra la distanza media sole-terra e la dimensione del sole è pari a circa:

Dal confronto tra i rapporti dimensionali atomici e del sistema solare si può concludere che un atomo, nonostante le dimensioni microscopiche, non si può certo considerare costituito da materia compatta, anzi è molto più vuoto di quanto lo sia, in proporzione, il sistema solare. Di fatto, se si riuscissero a compattare tra di loro neutroni e protoni eliminando lo spazio occupato dalle nuvole elettroniche, come avviene in alcuni tipi di stelle collassate, ad esempio, le cosiddette stelle a neutroni, la densità della materia sarebbe fantasticamente elevata, dell’ordine di 1011 kg/cm3 ed un millimetro cubo di questa materia super densa avrebbe una massa di 100 milioni di kg circa, creando non pochi problemi a chi ne volesse misurare la densità.

Poiché su scala nucleare e sub-nucleare le forze gravitazionali sono del tutto trascurabili, i neutroni liberi si muovono, come tutte le masse non soggette a forze, con moto inerziale rettilineo uniforme, ed interagiscono con i nuclei soltanto quando li urtano, con effetti che verranno esaminati in dettaglio nel Cap.2. Inoltre, i neutroni liberi, essendo privi di carica elettrica non sono soggetti ad azioni a distanza, come avviene invece per i protoni e gli elettroni, sottoposti alle forze elettriche di Coulomb, e si possono muovere liberamente nei grandi spazi vuoti attorno ai nuclei, e ciò anche nella materia più compatta allo stato solido. I neutroni liberi, in movimento all’interno dei materiali, possono essere considerati come un gas neutronico soggetto, per certi aspetti, alle stesse leggi dei gas tradizionali, come ad esempio, alla legge di diffusione di Fick ed alla legge di distribuzione statistica delle velocità di Maxwell.

Sole

Orbita terrestre

Distanza media Sole-Terra ~1.5·1011 m

Raggio solare ~7·108 m

Terra

Richiami di Fisica Atomica 19

1.2 Ioni e plasma

Ogni atomo che si trova in condizioni neutre ha un numero di elettroni nei vari orbitali sempre uguale a quello dei protoni presenti nel suo nucleo. Le cariche elettriche, in questo modo, sono equilibrate. Se invece gli elettroni sono in difetto od in eccesso rispetto ai protoni del nucleo, le cariche elettriche non sono più equilibrate e l’atomo viene chiamato ione. Lo ione consiste quindi in un atomo che presenta un valore di carica elettrica netta diverso da zero.

In particolare, un atomo che ha acquistato uno o più elettroni, in eccesso rispetto a quelli di equilibrio, si chiama anione ed ha una carica elettrica netta negativa, mentre quello che ha perso uno o più elettroni si chiama catione ed ha una carica elettrica netta positiva. Nella notazione degli atomi ioni, si indica convenzionalmente con un apice il segno della carica elettrica acquisita dall’atomo insieme al numero degli elettroni persi o acquisiti. Così, ad esempio,

significa che, applicando una determinata energia di ionizzazione, o di legame atomico, sono stati estratti 3 elettroni da un atomo di Uranio neutro, facendogli acquisire una carica elettrica netta positiva. Altri esempi di ioni sono:

, , , . Mentre è relativamente semplice ottenere ioni positivi non è facile creare ioni negativi e cioè aggiungere elettroni rispetto a quelli presenti nell’atomo neutro. Questo perché all’inizio del processo di inserimento di elettroni aggiuntivi, questi non possono essere collegati al nucleo dalle interazioni elettriche di Coulomb, perché l’atomo è elettricamente neutro. Si possono quindi utilizzare solo le interazioni dovute alla polarizzazione.

Se in un ambiente saturo di Idrogeno viene fatta scoccare una scintilla elettrica, si crea un gas fatto di protoni e di elettroni, e cioè da ioni , atomi di idrogeno privati dell’unico elettrone orbitante e da elettroni.

Figura 1.4. Visualizzazione (non in scala), a livello atomico, dell’Idrogeno allo stato di gas (a) e di plasma (b). Nello stato di gas, attorno al nucleo, composto da un protone, orbita un elettrone e l’atomo di Idrogeno si trova nelle condizioni di neutralità elettrica. Nello stato di plasma i nuclei sono svincolati dagli elettroni che però tendono a conservarsi in numero uguale ai protoni.

○- ○-

○-

○-

○-

○-

○- ○-

○- ○-

○-

○-

○-

○-

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○-

○-

○- ○-

○-

+

+

+

+ +

+

+ + +

+

+

+

+ +

+ +

+

+

(b)

gas plasma

(a)

○-

○-

○- ○-

○-

○-

+

+

+

+

○-

○-

○-

+ +

+

+ +

+

+

+

20 Capitolo 1

Un gas ionizzato viene chiamato plasma. La parola ionizzato significa che almeno un elettrone è stato estratto da una frazione significativa degli atomi o delle molecole costituenti il gas. Il termine plasma sembra sia stato coniato da un chimico americano nel 1928 per la rassomiglianza visiva tra alcuni tipi di gas ionizzato ed il plasma sanguigno. Nonostante il plasma venga comunemente assimilato ad un gas, per le sue particolari caratteristiche, alcune delle quali molto diverse da quelle dei gas tradizionali, esso è da considerarsi come un vero e proprio quarto stato della materia che si aggiunge quindi agli altri tre: solido, liquido e aeriforme. Il plasma è costituito da ioni con carica elettrica positiva e da elettroni con carica elettrica negativa. Pur non essendo vincolati alla struttura atomica, gli elettroni sono, in genere, presenti in numero sufficiente da rendere il plasma complessivamente equilibrato, dal punto di vista delle cariche elettriche.

In Fig. 1.4 è visualizzato, qualitativamente e a livello di struttura microscopica, l’Idrogeno nello stato di gas e di plasma. Tra le caratteristiche principali del plasma vi è quella che, per il fatto che è costituito da particelle dotate di carica elettrica, è un buon conduttore elettrico ed interagisce fortemente con i campi elettromagnetici. Altre importanti caratteristiche di un plasma, atte a definirne lo stato, sono: la temperatura, la densità ed il potenziale elettrico.

Nonostante possa sembrare strano, nell’Universo, grazie alle migliaia di miliardi di stelle in esso presenti, la materia si trova, per più del 99 %, allo stato di plasma. Anzi, se si include il gas intergalattico, che si può considerare anch’esso plasma a bassissima densità (~1 ione/cm3), si raggiunge la percentuale del 99.99%. Si può pertanto affermare, a buon diritto, che il plasma è lo stato normale della materia nell’universo. Nel sistema solare, sempre grazie al Sole, la materia è allo stato di plasma per il 99 %, mentre in Giove, che è il pianeta più grande, è praticamente concentrata la rimanente frazione di materia (1%) che non si trova allo stato di plasma. Sulla Terra, il plasma è prodotto artificialmente in molteplici applicazioni come ad esempio: negli schermi video per la televisione, nelle lampade a fluorescenza a basso consumo, nelle applicazioni dell’energia nucleare a fusione, come si vedrà meglio nel successivo Cap. 3, negli archi elettrici ed in alcuni tipi di torce impiegate nella saldatura, nei gas di scarico dei motori dei razzi, nella regione circostante gli schermi termici protettivi delle navicelle spaziali durante il rientro nell’atmosfera terrestre, etc. 1.3- Interazioni nucleari, elettriche e gravitazionali

Ogni fenomeno osservato in fisica può essere spiegato mediante alcuni tipi di interazioni fondamentali tra particelle. Nella fisica tradizionale, sono state individuate quattro tipi di interazioni fondamentali: la forza nucleare forte, la forza nucleare debole, l’elettromagnetismo e la gravità.

Nel corso degli anni, lo sforzo di molti fisici si è indirizzato nel tentare di unificare i vari tipi di interazione. Ad esempio, l’elettromagnetismo e la forza nucleare debole sono stati considerati come due aspetti di una stessa interazione, chiamata forza elettro-debole.

Richiami di Fisica Atomica 21

Successivamente la forza elettro-debole e la forza nucleare forte sono state combinate insieme nella cosiddetta grande teoria unificata. Come armonizzare infine la quarta interazione, la gravità, con le prime tre è tuttora oggetto di intenso studio e la disciplina corrispondente che si occupa di questo problema viene chiamata gravità quantica.

Le forze nucleari forti sono quelle che tengono insieme i neutroni ed i protoni nel nucleo degli atomi, nonostante le forze repulsive elettriche esercitate tra i protoni (la forza gravitazionale di attrazione tra i nucleoni è del tutto trascurabile, essendo più debole di un fattore 1036 di quella repulsiva elettrica). Una importante proprietà della forza nucleare forte è che essa non dipende dalla carica elettrica dei nucleoni. Pertanto le forze nucleari esercitate tra le coppie protone-protone, protone-neutrone e neutrone-neutrone hanno la stessa intensità.

Oggi si pensa che le forze nucleari non siano esercitate direttamente tra nucleoni, ma vengano veicolate da particelle sub-nucleari, chiamate quark, che sono uno dei due costituenti primari della materia. In particolare, chi conferisce ai quark la capacità di interagire con le forze nucleari forti sono altre particelle elementari, chiamate gluoni. I quark (e gli anti-quark), dotati di spin frazionario e di carica elettrica anch’essa frazionaria, non possono esistere individualmente ma sono perennemente confinati all’interno delle particelle subatomiche di cui sono i costituenti primari, come i neutroni, i protoni ed i mesoni

Gli altri costituenti primari della materia sono i leptoni. Ai leptoni appartengono le particelle subnucleari leggere, che hanno, come i quark, uno spin frazionario, ma non sono soggette alla forza nucleare forte e cioè: gli elettroni, i muoni e i tauoni, i neutrini elettroni, i neutrini muoni e i neutrini tauoni, complessivamente 6 particelle con le relative 6 anti-particelle. Per una classificazione più completa delle particelle materiali si veda il Par. 1.8.

Alla distanza tipica di separazione tra nucleoni di ~ , la forza nucleare forte esercita una enorme intensità attrattiva. A distanze di separazione più piccole tra nucleoni, la forza nucleare cambia segno e diventa altamente repulsiva mentre per distanze maggiori di tende a ridursi rapidamente a zero, essendo il suo valore inversamente proporzionale alla settima potenza della distanza. In conclusione, la forza nucleare forte è una forza attrattiva, con una intensità estremamente elevata, ma con un raggio di azione molto piccolo. La forza elettrica repulsiva esercitata tra i protoni di un nucleo atomico, di intensità assai inferiore a quella nucleare forte, presenta tuttavia un raggio di azione molto più elevato, essa infatti si riduce con il quadrato della distanza anziché con la settima potenza. Ad una distanza maggiore di , la forza elettrica repulsiva diventa l’unica forza significativa che agisce tra i protoni in un nucleo.

In conclusione, le forze elettriche hanno un’intensità relativa assai inferiore alle forze nucleari forti ma, rispetto ad esse, hanno un raggio d’azione molto più grande, che può essere considerato infinito. Come risulta dallo schema di Fig.1.5, le forze nucleari forti di attrazione agiscono, essenzialmente, solo tra coppie di nucleoni adiacenti, dato che, per distanze superiori a m, l’intensità di tali forze si riduce praticamente a zero.

22 Capitolo 1

Figura 1.5. Ordini di grandezza delle dimensioni e delle distanze tra nucleoni in un nucleo atomico. I nucleoni vengono in genere rappresentati come piccole sfere con la superficie liscia ma l’uno e l’altro attributo sono tutt’altro che dimostrati.

Per contro, le forze elettriche repulsive, che agiscono solo tra protoni, avendo un raggio d’azione molto più elevato, interessano tutti i protoni presenti nel nucleo. Le forze elettriche ed elettromagnetiche sono le responsabili di quasi tutti i fenomeni che abbiamo modo di osservare nella vita quotidiana, ad eccezione della gravità. Di fatto, tutte le interazioni tra atomi e molecole possono essere ricondotte alle forze elettriche, che agiscono sui protoni e sugli elettroni presenti all’interno degli atomi ed aventi carica elettrica rispettivamente positiva e negativa. Ad esempio, la impenetrabilità dei corpi ed il fatto che, toccando gli oggetti, li possiamo spingere o tirare dipende dalle forze intermolecolari di natura elettrica, esercitate tra le molecole del nostro corpo e quelle degli altri oggetti.

Inoltre, tutti i fenomeni e le trasformazioni chimiche dipendono dalle interazioni di natura elettrica degli elettroni presenti nei vari orbitali degli atomi. Secondo la moderna teoria quantica dell’elettro-magnetismo, le interazioni tra particelle dotate di carica elettrica sarebbero dovute ad uno scambio di fotoni. Anche la luce è costituita da onde elettromagnetiche che si propagano nel vuoto e nei mezzi trasparenti e quindi tutti i fenomeni ottici sono dovuti, in ultima analisi, ad interazioni elettromagnetiche.

Le forze nucleari deboli, sono le responsabili di alcuni fenomeni che avvengono su scala nucleare, come, ad esempio, il decadimento β, di cui si parlerà in seguito.

Per quanto riguarda la gravità, fino ai primi del ‘900 si pensava che potesse essere considerata come l’interazione tra masse e campi gravitazionali generati dalle masse stesse. Veniva infatti assegnata alla massa di un corpo la capacità di generare un campo gravitazionale che si irradiava nello spazio ed interagiva con le altre masse (modello di Newton).

~10-15 m

>2.5·10-15 m

~2.5·10-15 m

P

N P

N N

P

P

P P

N

N

N N

Richiami di Fisica Atomica 23

Tabella 1.1 Ordini di grandezza delle forze per le quattro interazioni fondamentali

Tipo di interazione Intensità relativa

Dipendenza dalla distanza

Raggio di azione

Forza nucleare forte 1038

Forza elettromagnetica 1036 infinito

Forza nucleare debole 1025 da a

Gravità 100 infinito

La teoria generale della relatività, proposta da Einstein nel 1915, spiega invece la gravità come un fenomeno di curvatura dello spazio-tempo locale. In termini molto schematici, il movimento della terra attorno al sole non viene più attribuito all’effetto sulla terra del campo gravitazionale esercitato a distanza dal sole. La terra non è in grado di percepire la presenza del sole o di altri oggetti massivi ancora più lontani e viceversa. Secondo la relatività generale di Einstein, la massa solare, che è la massa significativa più vicina alla terra, modifica la geometria dello spazio-tempo circostante e la terra ha semplicemente un moto che obbedisce alle leggi della curvatura locale dello spazio-tempo che essa attraversa, senza bisogno di conoscere, istante per istante, posizione e massa di altri corpi celesti.

La forza gravitazionale, è di gran lunga, la più debole tra tutte le forze fondamentali, ma il suo raggio d’azione è molto elevato e può essere considerato infinitamente grande. Come già notato, su scala subnucleare e nucleare, la forza gravitazionale ha effetti del tutto trascurabili. Tuttavia, proprio per il fatto che il suo raggio d’azione è molto grande, e che dipende solo dalla massa dei corpi, la gravità è praticamente l’unica forza responsabile dei fenomeni che avvengono su grande scala, come le orbite dei pianeti intorno al sole, la struttura ed il moto delle galassie, l’espansione dell’universo, etc.

Nella Tab. 1.1 compare una sintesi degli ordini di grandezza dell’intensità relativa delle quattro forze fondamentali, posta convenzionalmente unitaria quella gravitazionale, della loro dipendenza con la distanza e del raggio d’azione.

24 Capitolo 1

1.4- Energia di legame nucleare

In generale, per energia di legame si intende l’energia richiesta per disaggregare un sistema composito, legato da determinate forze, in parti separate. Un sistema stabile, composto da più parti legate tra di loro, ha un’energia potenziale inferiore alla somma delle energie potenziali delle singole parti che lo costituiscono. Ed è per questo motivo che un sistema composito si mantiene unito e per separarne le diverse parti occorre fornire energia. A livello di nucleo, l’energia di legame è dovuta alle forze nucleari forti, e rappresenta l’energia richiesta per separare il nucleo di un atomo nei singoli nucleoni che lo compongono. A livello atomico, l’energia di legame è dovuta invece alle interazioni elettromagnetiche tra elettroni e protoni e rappresenta l’energia necessaria per estrarre gli elettroni che orbitano attorno al nucleo dell’atomo (Cfr. Par. 1.2).

Un sistema stabile, collegato insieme, si trova ad un livello energetico inferiore a quello delle sue singole parti considerate separatamente. Ne consegue che, per il principio di equivalenza massa-energia di Einstein, la massa di un sistema composito deve essere inferiore alla somma delle masse dei suoi singoli componenti. L’energia di legame nucleare può essere quindi calcolata valutando la differenza tra la massa di un nucleo e la somma delle masse dei neutroni e dei protoni che compongono quel nucleo. Tale differenza di massa �m, chiamata anche difetto di massa, consente di calcolare l’energia di legame nucleare per ogni nucleo, applicando l’equazione di Einstein nella forma:

(1.4.1) dove è la velocità della luce nel vuoto: =2.9979 108 m/s.

Pertanto, l’energia liberata od assorbita in un processo di fissione o di fusione nucleare è la differenza tra l’energia di legame dei nuclei reagenti e quella degli elementi generati dalla fissione o dalla fusione.

Ad esempio, un atomo di Deuterio è costituito da un neutrone ed un protone. Le masse dei singoli costituenti sono dunque:

Il nucleo di un atomo di Deuterio ha una massa: . La

differenza di massa risulta:

Richiami di Fisica Atomica 25

L’energia di legame nucleare del Deuterio vale:

È consuetudine esprimere le energie liberate od assorbite nelle reazioni nucleari in elletronvolt con il simbolo eV o suoi multipli keV, MeV, GeV, etc.. L’elettronvolt è una unità di misura energetica molto piccola e rappresenta l’energia che acquisisce un elettrone per effetto dell’accelerazione che subisce quando è posto in un campo elettrostatico con un potenziale di un volt. Si ha:

(1.4.2)

L’Energia di legame nucleare del Deuterio, espressa in elettronvolt, risulta allora:

(1.4.3)

L’energia specifica di legame nucleare, per unità di nucleone, di un atomo di Deuterio vale:

(1.4.4)

Si noti che l’energia di legame nucleare è di gran lunga più grande

dell’energia di legame atomica od elettronica. Ad esempio, per estrarre l’elettrone da un atomo di Deuterio, occorre fornire un’energia pari a circa 14 eV, che è centomila volte inferiore all’energia necessaria per estrarre un nucleone dal nucleo di Deuterio, pari a 1.112 MeV. Questo perché le forze (nucleari) che tengono insieme i nucleoni nel nucleo sono molto più intense delle forze (elettriche) che tengono insieme gli elettroni al nucleo. Con lo stesso criterio si possono valutare le energie specifiche di legame nucleare per tutti gli elementi e gli isotopi noti.

Nella successiva Fig. 1.6 è rappresentata l’energia specifica di legame nucleare per unità di nucleone, in funzione del numero di massa atomico A e cioè del numero totale di nucleoni presenti nel nucleo.

Per gli atomi leggeri, dal Deuterio al Magnesio, si osserva un aumento dell’energia specifica di legame nucleare all’aumentare del numero di massa atomico. Vi è poi una estesa regione stazionaria o di saturazione, tra il Magnesio e lo Xeno, e, successivamente, l’energia specifica di legame nucleare diminuisce all’aumentare del numero di massa atomica A per gli atomi più pesanti.

Il Ferro ha la maggiore energia di legame per unità di nucleone ed è pertanto l’elemento con il nucleo più stabile, per disaggregare il quale occorre fornire un’energia specifica più elevata. Il comportamento a massimo della curva di Fig. 1.6 può essere compreso, intuitivamente, con le seguenti considerazioni.

26 Capitolo 1

Figura 1.6. Energia di legame nucleare per unità di nucleone E/A, in funzione del numero di massa atomico A.

Il nucleo di un atomo è costituito da neutroni e protoni. I protoni esercitano

tra di loro forze repulsive elettriche, la cui intensità è inversamente proporzionale al quadrato della distanza, ma tutti i protoni, presenti nel nucleo, interagiscono elettricamente tra di loro. Le forze nucleari, sono molto più intense di quelle repulsive elettriche e mantengono unito il nucleo, tuttavia esse hanno un raggio d’azione molto piccolo ed agiscono quasi esclusivamente tra coppie di nucleoni adiacenti.

Schematizzando, in prima approssimazione, un nucleo come una sfera composta da tanti nucleoni, per quelli interni alla sfera, le forze nucleari hanno modo di agire su tutti i lati, mentre per quelli sulla sua superficie, agiscono prevalentemente da una parte, quella interna. Inoltre, aumentando il numero di nucleoni presenti nel nucleo, il rapporto tra la superficie della sfera ed il suo volume diminuisce con la legge:

(1.4.5)

Combinando tra di loro i vari effetti considerati in precedenza, si può dire

che i nuclei degli atomi leggeri, con pochi nucleoni, hanno un rapporto Ssfera/Vsfera del nucleo relativamente elevato. In questa situazione, le forze nucleari attrattive sono svantaggiate dalla geometria del nucleo e quest’ultimo presenta un’energia di legame relativamente bassa.

1 10 100 A 1000

24Mg

1H

56Fe

4He

2D

7Li

10B 6Li

Fissione 9Be

12C 16O

238U

132Xe

4He

10 8 6 4 2 0

E/A MeV Fusione

3He 3T

Richiami di Fisica Atomica 27

Al crescere del numero di nucleoni, diminuisce il rapporto Ssfera/Vsfera , la mutua interazione delle forze nucleari diventa più efficace per la geometria, l’energia di legame aumenta e si va verso i nuclei più stabili, con la comparsa di una regione stazionaria o satura della curva abbastanza estesa, che va dal Magnesio allo Xeno. Aumentando ancora il numero di nucleoni, le forze repulsive elettriche esercitate tra tutti i protoni presenti nel nucleo, tendono a rendere i nuclei più pesanti instabili, con una corrispondente diminuzione dell’energia di legame.

Vi sono alcune eccezioni a questo comportamento generale, di cui una, notevole, è rappresentata dall’Elio 4. I nuclei nei quali vi è un numero di nucleoni pari ai seguenti numeri (chiamati numeri magici) 2, 8, 20, 28, 50, 82, 126 sono più stabili di quelli con numeri di massa maggiore ad essi vicini. Si noti che i numeri magici valgono per neutroni e protoni individualmente, cosicché, se in un nucleo vi è un numero magico di neutroni ed anche di protoni si dice che quello è un nucleo doppiamente magico e presenta un più elevato valore di energia di legame. L’Elio 4, come si è visto, ha un nucleo costituito da due neutroni e due protoni ed è quindi un nucleo doppiamente magico, con un’energia specifica di legame maggiore di alcuni nuclei successivi più massivi, come ad esempio il Litio, il Berillio e il Boro. Altri atomi che presentano un nucleo doppiamente magico sono: l’Ossigeno 16 con 8 protoni e 8 neutroni, il Calcio 20 con 20 protoni e 20 neutroni, etc.

Come conseguenza della curva a massimo di Fig. 1.6, in generale, la fusione di nuclei più leggeri del Ferro produce energia, mentre la fusione di nuclei più pesanti del Ferro richiede energia. Per contro, la fissione di nuclei più pesanti del Ferro, come ad esempio, l’Uranio ed il Plutonio, produce energia, mentre la fissione di nuclei più leggeri del Ferro richiede energia. Ad esempio, consideriamo la reazione di fusione nucleare tra Deuterio e Trizio in Elio 4:

(1.4.6)

Il Deuterio ed il Trizio, fondendo insieme, creano l’Elio 4, il cui nucleo ha un’energia di legame molto più elevata e quindi un’energia potenziale molto inferiore. I prodotti della fusione avranno allora una massa inferiore a quella iniziale e verrà generata grande quantità di energia durante la fusione stessa.

Infatti, le masse nucleari dei reagenti e dei prodotti della fusione sono rispettivamente:

Deuterio, Trizio, Elio 4, Neutrone,

Il difetto di massa vale:

28 Capitolo 1

Da cui, per l’equazione di equivalenza massa-energia si ha:

(1.4.7)

Dell’energia complessivamente generata dalla fusione del Deuterio con il Trizio, 3.5 MeV sono disponibili sotto forma di energia cinetica dell’atomo di Elio 4 e 14.1 MeV sotto forma di energia cinetica del neutrone liberato durante la fusione stessa. A seguito di successivi urti con i nuclei presenti nelle vicinanze, l’energia cinetica dei prodotti della fusione si degrada rapidamente in energia termica e cioè in calore, che può essere captato e convertito in energia meccanica o elettrica, mediante l’impiego di cicli motori tradizionali.

Parlando di difetto di massa e di trasformazione del difetto di massa in energia, si può incorrere in una inesattezza. Con riferimento al processo di fusione Deuterio-Trizio esaminato in precedenza, si sente dire, talvolta, che il difetto di massa, dovuto all’energia di legame nucleare, è scomparso in energia. In realtà il difetto di massa dovuto all’energia di legame nucleare non è scomparso, ma si è trasformato in calore sensibile e in radiazioni, che hanno un equivalente in massa esattamente uguale al difetto di massa e quindi, la massa totale del sistema, prima e dopo la fusione, si conserva rigorosamente e nulla scompare. Solo quando il calore o la radiazione generata vengono rimossi o si irradiano lontano dal sistema che li ha generati, si ha un trasferimento di massa in un altro luogo e si manifesta la perdita di massa del sistema contenente i nuclei cenere per un uguale ammontare.

Figura 1.7. Analisi della fusione Deuterio-Trizio con riferimento alla trasformazione del difetto di massa in energia ed al suo trasferimento all’esterno del sistema.

Con riferimento alla Fig. 1.7, prima della fusione, la massa totale del sistema è pari alla somma delle masse dei nuclei di Deuterio e di Trizio (a). Immediatamente dopo la fusione, non vi è stata ancora perdita di massa del sistema ma solo una trasformazione del difetto di massa in energia e la massa totale del sistema si è rigorosamente conservata (b). Solo quando il calore e la radiazione generata vengono rimossi dal sistema e sono trasferiti all’esterno, si manifesta la perdita di massa del sistema stesso.

+ +

sistema sistema

Spazio esterno al sistema

sistema

(a) (b) (c)

energia

+ +

Confine del sistema

Richiami di Fisica Atomica 29

1.5- Radiazioni e decadimenti radioattivi

Con il termine decadimento radioattivo si intende l’insieme di vari processi con cui i nuclei di atomi instabili, chiamati anche radionuclidi, emettono spontaneamente ed in maniera inarrestabile particelle subatomiche o radiazioni. L’unità di misura del decadimento radioattivo è il becquerel con simbolo Bq. Se il materiale radioattivo è interessato ad un evento di decadimento al secondo si dice che ha un’attività radioattiva di 1 Bq.

Poiché i materiali radioattivi contengono, in genere, un numero molto elevato di atomi instabili, il becquerel è un’unità di misura minimale di radioattività, e vengono comunemente usati multipli come il megabecquerel o il gigabecquerel. Il curie, con simbolo Ci, è un particolare multiplo del becquerel:

1 Ci = Bq=37 GBq (1.5.1) e corrisponde approssimativamente alla attività di emissione radioattiva di un grammo di Radio 226, materiale studiato dai pionieri della radiologia, i coniugi Curie per l’appunto. Il ha un tempo di emivita di 1602 anni e decade nel Rado 222, che è un gas a sua volta radioattivo, con un tempo di emivita di 3.8 giorni circa. Il gas Rado, se respirato, è molto pericoloso per la salute dell’uomo ed essendo più pesante dell’aria, si può accumulare nelle abitazioni, soprattutto nelle parti basse e poco ventilate (scantinati, garage, etc), senza che se ne abbia alcuna percezione, perché assolutamente inodore, incolore (a temperatura ambiente) ed innocuo, dal punto di vista della tossicità chimica, ma molto pericoloso per le radiazioni. Si stima che il Rado possa essere la causa di 20000 morti all’anno per tumore al polmone nella sola Unione Europea.

Come si è visto in precedenza, le forze che agiscono nel nucleo di un atomo sono di vario tipo: le forze nucleari forti, che tengono uniti i nucleoni, le forze di natura elettrica repulsiva che agiscono tra i protoni e, con minore intensità ed importanza, le forze nucleari deboli e gravitazionali, queste ultime del tutto trascurabili.

Nei nuclei degli atomi stabili, la configurazione nucleare e atomica non muta il suo stato nel tempo. Vi sono invece alcuni nuclei instabili, nei quali, una piccola perturbazione può produrre una modifica spontanea del nucleo, facendogli assumere una configurazione con minore energia potenziale (e minore massa totale) e quindi più stabile. Nel corso di tale modifica di configurazione, possono essere emesse particelle e/o radiazioni elettromagnetiche che costituiscono la radioattività del radionuclide.

Molto diffusa e intuitiva è l’analogia con l’instabilità dei castelli di carte o di sabbia. L’attrito tra le carte o tra i grani di sabbia è in grado di sostenere la costruzione, ma, è sufficiente un piccolo disturbo, che il castello collassa rapidamente per opera della gravità. Per far avvenire questo collasso occorre una certa energia di attivazione. Nel caso del castello di carte o di sabbia, l’energia di attivazione deve essere fornita dall’esterno, come un piccolo soffio o urto.

30 Capitolo 1

Nel caso invece di un nucleo atomico instabile, il disturbo, in grado di provocarne il collasso, è sempre presente, potenzialmente, al suo interno, ed è dovuto alle cosiddette fluttuazioni quantiche. Di fatto, le particelle che compongono il nucleo, non sono mai a riposo, ma sono in un continuo stato di agitazione. Il nucleo può destabilizzarsi se la sua configurazione raggiunge, casualmente, uno stato di maggiore uniformità di distribuzione di energia, a cui corrisponde un livello di energia potenziale e, quindi, di massa totale, inferiore.

Ad eccezione del caso di una pura emissione di onde elettromagnetiche, la trasformazione che consegue ad un decadimento radioattivo modifica la struttura del nucleo o dell’atomo. Essa consiste quindi in una vera e propria reazione nucleare, in contrasto con una reazione chimica, che riguarda una pura interazione degli elettroni degli atomi, senza alcuna modifica della struttura del nucleo. Non viene considerato decadimento radioattivo (spontaneo) il caso in cui è richiesta un’energia di attivazione esterna, come ad esempio l’urto di un neutrone con il nucleo. Il decadimento spontaneo di un singolo nucleo instabile è un evento puramente casuale ed è quindi impossibile prevedere quando esso avverrà e, ad ogni istante, si avrà una uguale probabilità che l’evento si verifichi. Tuttavia, se si considera un campione di materiale radioattivo costituito da una grande quantità di nuclei instabili dello stesso tipo, si può certamente affermare che il numero degli eventi di decadimento attesi, in un intervallo elementare di tempo dt, è proporzionale al numero di atomi instabili presenti:

(1.5.2)

dove è il numero di atomi attuale di un determinato elemento instabile e λ è il coefficiente di proporzionalità per quell’elemento, assunto, per semplicità costante. Il segno negativo è conseguenza del fatto che il numero attuale di radionuclidi N(t) deve diminuire ad ogni decadimento e quindi la variazione dN(t) deve essere negativa. Indicando con il numero di atomi inizialmente presenti all’istante t=0, dalla (1.5.2), separando le variabili si ottiene:

e quindi, passando dai logaritmi agli esponenziali:

(1.5.3)

che si può scrivere anche:

(1.5.4)

avendo indicato con la costante di tempo del sistema.