nuda proprietà in comproprietà

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Diploma Accademico di Primo Livello in Pittura Progetto Nuda Proprietà in Comproprietà Relatore Progetto Correlatore Progetto Diplomanda Patrizia Silingardi Prof. Daniele Nalin Valentina Rapetti Anno Accademico 2013/2014

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Tesi progettuale Diploma in pittura di primo livello, Accademia di Belle Arti di Verona Studentessa: Valentina Torboli Rapetti Relatori: Patrizia Silingardi e Daniele Nalin

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Diploma Accademico di Primo Livello in Pittura

Progetto

Nuda Proprietà in Comproprietà

Relatore Progetto

Correlatore ProgettoDiplomanda

Patrizia Silingardi

Prof. Daniele Nalin

Valentina Rapetti

Anno Accademico 2013/2014

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«Il pittore deve creare costantemente un solo unico capolavoro, sé stesso.»Yves Klein

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Nei tre anni in cui ho frequentato quest’accademia mi sono fatta riconoscere per il taglio concettuale delle mie opere, ho affrontato un percorso basato sulla poca manualità e sulla visione filosofica del mondo. Quando ho iniziato ero una persona molto cinica, misantropa e avevo veramente poca fiducia nel genere umano, un po’ alla volta, durante questi anni, ho riacquistato fiducia nelle persone che mi hanno stupito, mi hanno dato nuovamente fiducia e speranza verso un mondo che credevo popolato da idioti.Alla base di questo progetto vi sono le impressioni, non quelle di Monet, ma quelle che ti cambiano la vita. L’opera prevede che io lasci in eredità me stessa e le mie proprietà passate, presenti e future alle persone che hanno, in qualsiasi modo, formato la mia persona. Le persone che ho scelto di portare con me mi hanno in qualche modo resa una persona diversa. Non si tratta di legami di amicizia, ma di sensazioni, di memorie, di momenti che mi hanno cambiata e spero, migliorata.Raggiunta l’età di trent’anni mi sono resa conto di quali sono le mie priorità e le mie scelte di vita. Ho deciso che non farò figli e condurrò una vita dove la mia libertà personale sarà in primo piano e lotterò per rimanere una persona libera; troppe volte mi trovo a discutere con chi afferma che, non avendo figli, non rimarrà nulla di me ed è a tal proposito che ho creato quest’opera, basata su qualcosa da lasciare agli altri, a tutti coloro che hanno contributo al mio essere, alla mia persona. A quelle persone voglio lasciare tutto ciò che sono, me stessa come corpo, ciò che sono stata, mediante i miei ricordi e tutto ciò che ho accumulato negli anni e ciò che sarò, sperando che contribuiscano a portare avanti un ricordo di me mediante l’opera in cui li rendo partecipi. Forse quest’opera è piena di ego perché la paura più grande che ha una persona che decide di non lasciare propri successori a questo mondo è proprio quella di essere dimenticata. Forse sarà così, forse, nonostante quest’opera, verrò dimenticata, ma non si può sempre guardare al futuro con troppe domande, bisogna vivere il presente con tutto ciò che comporta e con le persone che hanno in qualche modo cambiato la tua vita e usare questa vita per migliorare ogni giorno, a piccoli passi, il nostro futuro. Quest’opera è solo e semplicemente, una speranza in un futuro incerto.

Perché

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Partendo dal presupposto che l’individuo, per come lo conosciamo, è l’insieme delle esperienze che vive durante la sua esistenza, il progetto di Nuda Proprietà in Comproprietà si concentra sulle persone che ho conosciuto nei tre anni trascorsi all’Accademia di Belle Arti di Verona e che hanno contribuito a far crescere la mia persona. Il progetto nasce da alcuni presupposti storici molto importanti, analizzando l’arte concettuale degli anni ‘60 si nota come la figura umana vivente entra prepotentemente nel modo di fare arte attraverso usi differenti.Dal finire degli anni ‘50 Ben Vautier firma ogni cosa capiti fra le sue mani, comprese le opere di altri artisti ed il proprio corpo invece Alberto Greco, nel 1965 realizza performance di strada intitolate i Vivo-ditos in cui firmava persone e tracciava con il gesso cerchi intorno a essi per identificarli come opere d’arte viventi. Nel 1968 Oscar Bony prese accordi con una famiglia di operai che accettò di posare su un piedistallo negli orari di apertura della mostra Experiencias 68 presso l’Instituto Torcuato di Tella di Buenos Aires. Sul cartellino di indicazione dell’opera si leggeva

Luis Ricardo Rodriguez, di professione operaio metallurgico, riceve il doppio del salario normale solo per essere messo in mostra con sua moglie e suo figlio per la durata dell’evento.

Nel 1977, Guglielmo Achille Cavellini, in occasione di un’esposizione a Palazzo dei Diamanti a Ferrara, ricopre totalmente di scrittura due modelli viventi, ma è Piero Manzoni ad utilizzare, nel 1961, la propria firma sugli esseri viventi umani attraverso le opere Sculture viventi in cui attesta le persone come proprie creazioni artistiche, e non solo e unicamente attraverso la firma ma anche mediante il rilascio di particolari certificati di autenticità; i certificati venivano staccati da un blocchetto simile a quello degli assegni creato appositamente per Manzoni e riportava la seguente dichiarazione:

Si certifica che .... è stato(a) firmato(a) per mia mano e pertanto è da considerarsi a partire da questa data opera d’arte autentica. Firmato .....

Oscar Bony, La familia obrera, 1968, fotografia a documentazione dell’evento

Alberto Greco, Vivo-ditos, 1962, fotografia a documentazione dell’evento

Guglielmo Achille Cavellini mentre scrive la propria storia su una modella, 1977

Che Cosac’è prima

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I certificati e le dichiarazioni di autenticità sono alla base di tutte l’arte concettuale. Nel 1959 Yves Klein, sviluppando i suoi studi sull’immateriale, inizia a produrre dei certificati che testimoniano l’avvenuta cessione di “zone di sensibiltà pittorica immateriale” in cambio di quantitativi d’oro. La transazione avveniva sulle rive della Senna e vedeva Klein scambiare delle “zone” numerate con determinate quantità d’oro che successivamente lanciava nel fiume.Robert Morris, nel 1963, realizza Litanies, un’opera acquistata, ma non pagata, da un collezionista. Per vendicarsi del torto subito priva di qualsiasi significato estetico e concettuale l’opera venduta attraverso la seconda opera Statement of Aesthetic Withdrawal (Dichiarazione di ritiro estetico), una dichiarazione su carta formalmente legale. Sempre nel ‘63, l’artista Edward Kienholz esegue tableaux scultorei a grandezza naturale assemblando materiali di recupero, ma, vista la mole di lavoro e la dimensione delle opere, prima di affrontare tale spesa di tempo e denaro, rischiando di trovarsi con dell’invenduto, decide di vendere le opere in forma concettuale prima di costruirle attraverso la realizzazione dei Concept Tableau, una targa di metallo con il titolo, la descrizione scritta su carta e incorniciata dell’opera da creare. Mel Ramsden, nel 1967, scimmiotta i certificati d’artista concettuali, come quelli usati da Flavin per autenticare una particolare disposizione di tubi al neon “autentici Dan Flavin”, attraverso l’opera Guaranteed Painting in cui il testo garantisce i contenuti del dipinto corrispondente. Nel 1984, tramite la dichiarazione di autenticità, Joseph Beuys recupera l’artisticità di un veicolo attraverso la fotografia, la dichiarazione di autenticità e l’autorizzazione a un’esposizione veneziana di una bicicletta appoggiata sotto una pensilina, il tutto racchiuso nell’opera Is it about a bicycle.Ma la vita come soggetto di un’arte non più con il fine di produrre oggetti è già teorizzata nell’avanguardia Dada. Tzara è infatti il primo assoluto predicatore dell’opportunità di giungere a una “morte dell’arte” a vantaggio della vita (“La vità è ben più interessante”). Un tale principio può portare alla rinuncia di ogni atto non soltanto artistico, cioè affidato all’uso di tecniche tradizionali, ma anche di ogni pratica estetica.L’utilizzo del corpo prende però origine dalla Body Art che, sviluppatasi negli anni Settanta, si presenta come un paradosso linguistico dell’artista ossessionato dalle potenzialità fisiche. Gli artisti della Body Art infatti inseguono la possibilità conoscitiva dell’essere, affrontando la morte attraverso la vita ed esibendo il rovescio e il segreto, sbloccano le forse produttive dell’inconscio, si scatenano in una drammatizzazione isterica, in conflitto fra desiderio

Piero Manzoni mentre firma le sue Sculture viventi, 1961

Piero Manzoni, Certificato di autenticità, 1961

Edward Kienholz, The Art Show, 1963

Mel Ramsden, Guaranteed Painting, 1967-68

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e difesa, tra licenza e divieto, tra pulsione di vita e pulsione di morte, tra voyeurismo ed esibizionismo, tra flussi sadici e piacere masochistico, tra fantasia nichilista e tendenza liberatoria. La Body Art è la proprietà analitica del corpo assunto come mezzo di espressione artistica a cui si oppone un versante comportamentale più duro, in cui il corpo è vissuto come luogo di azioni sadomaso, come soggetto-oggetto di azioni violente e aggressive. Ma la performance prende il via dalla vita sociale e come sostiene Turner

«la materia base della vita sociale è la performance, la presentazione di sé nella vita quotidiana, il sé è presentato mediante la performance di ruoli, mediante la performance che li infrange, e mediante la dichiarazione a un pubblico della trasformazione di stato salvata o condannata, innalzata o liberata. La performance rappresenta dunque una sorta di autorappresentazione legata ai fenomeni culturali e sociali.»

Lea Vergine ci dice che alla base della Body Art vi è

«la necessità inappagata di un amore che si estenda illimatatamente nel tempo, il bisogno d’essere amati comunque, per quello che si è e per quello che si vorrebbe essere. [...] L’uomo è ossessionato dalla necessità di agire in funzione dell’altro [...] per riportare l’uomo all’autorelazione e alla relazione con gli altri. [...] La determinante diaristica diventa fondamentale: il ricordo, la caccia all’impressione custodita nella memoria, la ricostruzione del decorso temporale proprio degli avvenimenti da rievocare, l’associazione tra immagine-stimolo e immagine-reazione. Registratori, cineprese, macchine fotografiche, misurazioni e tracciati topografici sono i mezzi cui si ricorre per fermare una quantità di piccoli episodi privati. L’artista diventa dunque, il suo oggetto. Meglio, l’artista è tetico di sé ed è tetico dell’oggetto, pone cioè se stesso come oggetto, essendo cosciente di tale processo.»

Il quotidiano porta ad uno stato di angoscia dell’essere-nel-mondo, di dolore per l’impossibilità di mettersi in reale rapporto con esso, di azzardo implicato al nostro esistere precario: ecco, dunque, che si manifesta la reazione da catastrofe, il delirio di protezione.

«Sia che si tratti del corpo altrui sia che si tratti del mio, non ho altro modo di conoscere il corpo umano che viverlo, cioè assumere sul mio conto il dramma che mi attraversa e confondermi con esso»

Maurice Merleau-Ponty

Urs Lüthi abbraccia un’espressività corporea tesa a svelare gli aspetti più reconditi della propria identità. L’artista sceglie di usare il proprio corpo come principale veicolo artistico, passando dall’altra parte dell’obiettivo e divenendo lui stesso soggetto fotografato. Grazie alla

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ricontestualizzazione sostenuta dal medium utilizzato, Lüthi può finalmente essere il sé e i molteplici altri da sé. L’immaginario da cui attingere nuove possibilità identitarie non è frutto unicamente della fervida immaginazione di Lüthi-sognatore: i suoi modelli siamo anche noi, eroi terreni massificati dall’iconografia dei mezzi di comunicazione, i suoi alter ego traducono visivamente i nostri desideri, le nostre ambizioni di bellezza o bruttezza, simpatia e antipatia, verità o irrealtà, i suoi personaggi non riflettono più un sé stesso riconoscibile ma l’intero mondo circostante, non importa in quale forma perché tutti insieme traducono il desiderio di un autore che, con il proprio corpo, manifesta le differenze e le divergenze di un nomadismo identitario conforme alla cultura artistica del tempo.

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1. I proprietari vengono scelti dall’artista e la loro firma viene tatuata sul corpo dell’artista in modo permanente.

2. I proprietari possono non essere a conoscenza della volontà dell’artista e del suo operato ma non possono esonerarsi dalla proprietà.

3. I proprietari non possono vendere, cedere, regalare la proprietà dell’artista.

4. L’artista e le sue proprietà passate, presenti e future divengono di proprietà dei proprietari che l’artista ha scelto solo dopo la morte dell’artista.

5. Le proprietà dell’artista verranno suddivise in parti uguali dai relativi proprietari ancora in vita.

6. Se uno dei proprietari, al momento della morte dell’artista è già deceduto, la proprietà verrà suddivisa tra i proprietari ancora in vita e non tra i successori dei proprietari deceduti.

7. I proprietari si impegnano a comunicare all’artista ogni modifica dei propri recapiti

8. Qualora uno dei proprietari ponesse fine alla vita dell’artista la proprietà in suo possesso verrà suddivisa tra gli altri proprietari. Qualora più proprietari si coalizzassero per porre fine alla vita dell’artista, le loro proprietà verranno suddivise tra i proprietari che non hanno messo fine alla vita dell’artista.

9. L’artista si impegna a non lasciare alcuna forma di debito ai proprietari.

10. Se la morte dell’artista avverrà per omicidio, incidente automobilistico per colpa di un pirata della strada, o qualsivoglia altro modo che faccia supporre l’intervento di un’altra persona colpevole della morte dell’artista, tutte le proprietà rimarranno di proprietà dell’artista finché il colpevole non sarà assicurato alla giustizia.

Comesviluppare il tutto

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Per rendere ufficiale questa “donazione” mi avvalgo della collaborazione di Giulia Bosello che provvederà a tatuarmi ogni firma e dell’avvocatessa Francesca Consolati, che certificherà ogni certificato di proprietà. Il progetto, non avendo fine fino al giorno della mia morte, prevede una quota massima di 100 certificati di proprietà numerati con numeri arabi non in modo sequenziale per evitare contraffazioni, nel momento in cui superassi la quota di 100 proprietari i successivi certificati avranno una tiratura in numeri romani e tutti i certificati, con il numero della loro tiratura e il relativo proprietario, sono registrati presso l’archivio dell’artista. Ogni proprietario riceve il certificato di proprietà e una scatola contenente le schede descrittive in cui viene riportata l’immagine della firma tatuata, le motivazioni del tatuaggio e il contatto del proprietario. Ogni qualvolta l’artista deciderà di aggiungere un proprietario, si farà carico di spedire a tutti i proprietari precedenti la scheda descrittiva del nuovo proprietario e i vari proprietari saranno tenuti a comunicare all’artista tutti gli eventuali cambi di indirizzo e recapito. Ogni scatola contiene le 25 schede descrittive ed è numerata in modo sequenziale con anno di produzione e nome del proprietario a cui verrà consegnata.

DoveTutte le firme troveranno posto sul corpo dell’artista. I proprietari a conoscenza della volontà dell’artista di tatuarsi la propria firma non hanno diritto a scegliere la zona da tatuare.

QuandoL’opera ha inizio nell’anno 2015 e termina esclusivamente il giorno della morte dell’artista. Ogni firma non ha una scadenza temporale e dura per tutta la vita fino al decesso del proprietario.

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Ch iNuda Proprietà in Comproprietà è un détournement situazionista in cui si da risalto alle relazioni interpersonali. L’idea segue il percorso di sviluppo della tesi che l’arte è una fede, in cui non è importante l’oggetto in sé ma conta ciò che si vuole dire, è importante il messaggio, non la sostanza. Nuda Proprietà in Comproprietà vive dei concetti base della performance, ovvero della dematerializzazione che, così prodotta, vanifica e schernisce un sistema artistico che vive sulla riproduzione di oggetti, ossia di merce. Nuda Proprietà in Comproprietà è un evento artistico che mira a produrre sensibilità, umori, inquetudini e non oggetti. Essa rappresenta l’affermazione del soggetto e la vanificazione dell’oggetto. Non vi è più interesse verso la moltiplicazione dei beni oggettuali ma vi è l’attenzione sulla soggettività, sull’essere, sull’esistere in questo mondo. L’opera non può essere esposta in un museo o in una galleria se non attraverso la testimonianza fotografica o la performance dell’artista ancora in vita, ma tutto ciò non rappresenterebbe comunque l’opera, perché l’opera non è né il tatuaggio, né la proprietà, né la fotografia. L’opera è ciò che le persone hanno fatto, detto, sono state nei confronti della sottoscritta e tutto ciò non è “esponibile”. L’opera non può essere venduta in quanto già di proprietà di determinate e scelte persone in forma di nuda proprietà. L’opera distrugge il concetto di oggetto da custodire in quanto l’obiettivo dell’opera d’arte intesa come oggetto ha significato un impegno a sacrificare tanta parte delle proprie ragioni esistenziali, a nasconderle e “sublimarle”, in un certo senso, entro un prodotto staccato, più forte e sicuro della nostra fragile presenza personale. L’opera non rappresenta più ciò che facciamo, ma ciò che siamo, per ritrovare il piacere immediato del vivere, dell’essere e abbandonare così l’idea di cancellazione dell’io per la creazione di un prodotto staccato.Tutte le relazioni interpersonali “incise” sul corpo dell’artista sono accompagnate da un altro tatuaggio: Ceci n’est pas un tatouage che, rinnegando l’arte minore in cui sono inseriti i tatuaggi, eleva il tutto ad una forma di opera d’arte che, però, rinnega sé stessa nel sistema statico dell’arte.

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«L’estendersi delle conoscenze psicoanalitiche ha aperto la via a una migliore comprensione dell’effetto catartico; non ci accontentiamo più della nozione che le emozioni rimosse perdono il loro ascendente sulla vita psichica quando si è trovato loro uno sbocco. Siamo piuttosto propensi a credere che il fenomeno di purificazione descritto da Aristotele consenta all’io di ristabilire un controllo posto in pericolo di esigenze di istintualità censurate. La ricerca di sbocchi serve ad assicurare o a ristabilire questo controllo, e il piacere ottenuto è duplice, perché deriva sia dalla scarica di energia sia dal rafforzamento del controllo. Il mantenimento dell’illusione estetica consente la sicurezza alla quale aspiravamo, e garantisce la libertà dal senso di colpa, dal momento che non è nostra la fantasia cui prestiamo attenzione. Tutto ciò favorisce il nascere di sentimenti che in altre condizioni esiteremmo a permetterci, perché ci riconducono ai nostri personali conflitti. Ci è inoltre permessa un’intensità di reazioni che senza la protezione estetica molti individui si concedono malvolentieri; sappiamo che in parecchi casi questa riluttanza è dovuta alle espressioni educative, che in determinate condizioni culturali tendono a svalutare l’espressione emotiva intensa, ammettendola soltanto se ordinata in schemi e istituzioni: e l’arte offre appunto un’occasione socialmente approvata di intensa reazione emotiva.»

Ernst Kris

I nomi e le descrizioni che seguono sono quelli delle 5 persone con cui inizia il progetto di Nuda Proprietà in Comproprietà e che hanno avuto una particolare influenza e importanza nella crescita artistica e personale dell’artista.

Nessuno ha idee che non siano state direttamente o indirettamente influenzate dalle relazioni sociali che intrattiene, dalla comunità di cui fa parte.

0100101110101101.org

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Mi sarebbe piaciuto nascere a inizio ‘900 per essere contemporanea di Marcel Duchamp ma mi sarei accontentata anche di vivere la nascita dell’arte concettuale, avrei voluto conoscere Gino De Dominicis ma alla fine sono nata nel 1985, troppo giovane anche per Maurizio Cattelan, già troppo celebre per poterne condividere l’ascesa. Ho sempre desiderato incontrare un artista da apprezzare, che crescesse contemporaneamente a me, per poterne vedere gli sviluppi, per vivere ogni sua creazione appena questa vedeva la luce. Nel 2012 ho esposto a Torino in occasione del Premio Nazionale delle Arti e lì ho conosciuto l’opera di Leardo Sciacoviello, nato nel 1979, studente di scultura all’Accademia Albertina di Torino e sono rimasta affascinata. Esponeva l’opera SWEET LIKE ROSES, una statua di papa Ratzinger con la veste bianca sollevata con un getto d’aria come nell’iconica immagine di Marilyn Monroe nel film “Quando la moglie è in vacanza”, l’opera rappresentava la vanità del papa che scieglieva di indossare scarpe di Prada nonostante dicesse quanto importanti erano i valori altruistici della carità verso i poveri. Sono entrata in contatto con Leardo per complimentarmi del suo lavoro e ho scoperto uno degli artisti più umili che si possano incontrare, un ragazzo che ha una formazione publicitaria come la mia e che ha scelto la strada di un’arte spinta verso un concettuale a volte provocatorio esattamente come me, l’unica sostanziale differenza è che lui le opere le realizza con le sue mani, io, essendo incapace, mi svincolo da questa responsabilità affidando sempre più il mio lavoro agli altri. A Torino ho sentito persone che lo accusavano di fare arte con i finanziamenti di qualche privato e poi ho scoperto che Leardo fa un lavoro degradante per finanziare la produzione della sua arte e tutto ciò gli fa onore. Leardo è l’unico artista di cui apprezzo ogni successo senza invidia, anzi gioendone ogni qualvolta avanza di uno scalino nell’ascesa del mondo dell’arte. Mi piacerebbe diventare ricca solo per acquistare ogni sua opera, mi piacerebbe poter arrivare a curare grandi mostre per esporlo ovunque, mi piacerebbe poterlo aiutare nella realizzazione delle sue opere future ma ciò che posso fare ora è solo elogiarne le qualità e pubblicizzarlo con tutti facendolo conoscere il più possibile perché ciò che fa non deve passare inosservato. Nel mio futuro voglio poter dire “io c’ero” l’ho conosciuto, l’ho visto crescere, l’ho visto ottenere il successo che meritava e sono orgogliosa di esserci stata e di aver fatto qualcosa anch’io.Leardo è l’artista che vorrei essere.

Leardo

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Credo sia stato per merito di Gessica se Vittoria Coen mi ha offerto la possibilità di lavorare per lei. Non si tratta di raccomandazioni ma di conseguenze. Se l’Accademia fosse un istituzione capace di affrontare le iniziative che si propone di fare, io, oggi, sarei solo una delle tante studentesse delle Belle Arti disoccupate e con un futuro incerto, ma, nel 2013, vedendo le diffoltà in cui versavano alcuni docenti, mi sono data da fare affinché la IV edizione di First Step riuscisse. Attraverso quell’esperienza e quella successiva ho affinato le mie capacità organizzative. Non mi sembra di essere un mostro di bravura ma alcuni mi definiscono una “macchina da guerra” quando mi propongo di realizzare qualcosa, io so solo che quando mi metto in testa di fare qualcosa so che devo dare il meglio, non mi piace fare le cose con mediocrità, anzi, la mediocrità la odio, odio affrontare un’esame solo con l’obiettivo di superarlo, devo puntare al massimo, se non lo raggiungo va bene comunque, ma se studio, se mi applico, se dico che farò qualcosa, lo faccio al 100% delle mie capacità, soprattutto se è una cosa che mi piace fare, sia che si tratti di un’esame di storia dell’arte o dell’organizzazione di una mostra. Tutto ciò mi è sempre sembrato il minimo, una cosa naturale, soprattutto nel momento in cui mi viene data la possibilità di riprendere gli studi a quasi trent’anni. Non so cosa abbia visto in me Vittoria per assicurarmi una certezza per il futuro, perché quella cosa io ancora non riesco a vederla, ma so che lotterò ogni giorno per guadagnarmi e conservare quella fiducia che mi ha dato. Trovare una persona che crede in te, oggi, è sempre più difficile e per me tutto ciò è una speranza, un lampo di luce per il futuro. Non mi sveglierò domani pensando “e adesso cosa faccio?” perché qualcuno mi ha dato una speranza per costruirmi un futuro. Mi piace l’idea di partire da un’idea per vederla realizzata, mi emoziona dire “mettiamo in piedi una mostra” e vedere, dopo tanto lavoro, un catalogo stampato, le persone che visitano la mostra con soddisfazione, i giornali che ne parlano. Vittoria è una donna che è riuscita a costruirsi una carriera in un mondo di squali e, sinceramente, non ho mai capito come ci sia riuscita. Attraverso il rapporto maturato con lei ho capito che il mondo è pieno di invidie, gelosie, cattiverie da parte di persone che vedono la pagliuzza nei nostri occhi senza accorgersi della trave che sta nel loro sguardo e questa cosa mi spaventa e allo stesso tempo mi da la forza per lottare per eliminare il marciume dal mondo.Vittoria è la determinazione che vorrei avere.

Vittoria

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In questo periodo in Accademia ho ricoperto per due anni il ruolo di rappresentante della conculta degli studenti. Cosa ho imparato con questo ruolo? Che i giovani fanni schifo, che non hanno voglia di sbattersi per cambiare le cose e che hanno sempre bisogno di un leader, anzi, di una baby sitter, per riuscire a combinare qualcosa. In questi anni, attraverso le mie capacità organizzative e trascinatrici sono riuscita a rendere più partecipativi, responsabili e collaborativi alcuni degli studenti con cui avevo un rapporto più stretto, tutti gli altri se ne sono lavati le mani e come è consuetudine in Italia, si sono lamentati se le cose non funzionavano alla perfezione senza mai fare nulla. Non ho scelto di essere rappresentate per aiutare le segretarie nell’arduo compito di stare dietro a tutti gli studenti, ma ho capito, nel mio ruolo di rappresentante, quanto può essere difficile occuparsi di 300 studenti che non hanno ancora capito come funzionano le cose in un istituzione con poco organico. Gessica Sartori non è una segretaria, è una missionaria. Può dire che il suo è solo un lavoro, che bisogna guadagnarsi il pane, ma in uno stato, quello italiano per l’appunto, dove chi si guadagna il pane lo fa facendo il minimo sindacale lei è una mosca bianca che ti ridà fiducia. In questi anni, attraverso la rappresentanza, la collaborazione nella realizzazione di First Step e altre cose fatte mi sono resa conto, in minima parte, di ciò che affronta ogni giorno. Tralasciando ciò che può accadere dentro l’istituzione e dentro i vari uffici, solo avendo a che fare con gli studenti ho capito cosa può sopportare lei ogni giorno. Gessica mi ha involontariamente insegnato una forma di altruismo. Un altruismo che aiuta chi, come te, si da da fare per migliorare le cose e non un altruismo per aiutare quelle persone che non sono in grado di arrangiarsi. Quando vedo Gessica lavorare mi rendo conto che ci sono persone che meritano il lavoro che fanno (o ne meriterebbero uno migliore) e mi rendo conto che invece c’è una generazione che avanza di “bamboccioni” di incapaci, che non sanno prendere in mano la propria vita e migliorarla, che hanno bisogno della “balia”, che non hanno capito che la soluzione per migliorare qualcosa che non funziona non è lamentarsi sempre ma rimboccarsi le maniche e darsi da fare per aiutare con piccoli gesti chi già sta facendo tanto per non far affondare la nave. Gessica è colei che cambia il mondo attraverso i semini che spera diventino piante rigogliose e io voglio darle una mano.

Gessica

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La prima persona che ho conosciuto in quest’Accademia è Elisa Giovanelli. Elisa agli occhi della società moderna appare come un orso, una di quelle persone che difficilmente avvicini per informazioni o per scroccare una sigaretta. Forse la mia frequentazione giovanile in ambienti alternativi, centri sociali e gruppi di tossici mi ha portato ad avvicinarmi subito a lei per chiederle delle informazioni dentro quest’istituzione e quelle informazioni mi hanno aiutata ad affrontare l’Accademia in modo migliore. Parlando con lei ho saputo che provenivamo dalla stessa formazione superiore, dalle stesse amicizie solo con una differenza generazionale di 5 anni. In questi tre anni però, al di là delle amicizie in comune, ho conosciuto la sua forza. Elisa è la persona più forte che si possa incontrare sul proprio percorso. Quando ci si lamenta delle cose brutte che ci accadono, quando si vede tutto nero per un qualsiasi motivo banale, quando sembra che tutte le sfortune si abbattono su di noi, io penso sempre alle persone come Elisa e soprattutto ad Elisa, che non ha avuto alcuno sconto nella sua vita. Penso a quando io ero piccola e mi preoccupavo solo dell’esistenza o meno di Babbo Natale e lei combatteva tra ospedali e cure, penso ai miei genitori, e per quanto il destino mi abbia portato ad averne due viventi ma solo uno veramente presente, lei ha dovuto dire addio ad entrambi nel giro di pochi anni. Attraverso Elisa ho capito che passare la vita a lamentarsi e piangersi addosso per le piccole sfighe quotidiane non serve a nulla, bisogna alzarsi ogni mattina e combattere per terminare al meglio ogni giornata, per viverla pienamente, con tutte le forze fisiche e psicologiche che servono. Non ho mai visto Elisa demoralizzata o triste, o almeno, se lo era, non lo ha mai fatto capire; l’ho sempre vista sorridere, incazzarsi e scherzare e quando la guardo penso a tutto ciò che si porta dentro, a ciò che ha passato, ha visto, ha provato e mi chiedo sempre come riesca a sorridere, a dove trova la forza ogni giorno per andare avanti e combattere. Mi piacerebbe un giorno capire come ci riesce, ma allo stesso tempo so che solo provando ciò che ha provato lei ci si costruisce una corazza indistruttibile con cui affrontare la vita in un modo assolutamente diverso dal normale, combattendo e lottando per trarre da ogni giornata il meglio che si possa avere. Elisa rappresenta la forza che vorrei avere io.

Elisa

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Una delle scelte della mia vita, uno delle poche certezze che ho, è quella che non farò mai figli. Essenzialmente perché non ho voglia di sacrificarmi per tutta la vita dietro a una persona che dipende in tutto e per tutto da te per almeno vent’anni, amo la mia libertà individuale e farò di tutto per tutelarla. Se oggi sono qua a parlare di arte e a fare arte è soprattutto per merito di mia madre, che, come prima cosa, mi ha sopportato quando, nel febbraio del 1985, l’anno che tutti ricordano per il gran freddo, nel giorno più freddo dell’anno, io non ne volevo proprio sapere di lasciare il calduccio del liquido amniotico e le ho fatto passare le pene dell’inferno, nei successivi trent’anni ne ha sopportate di tutti i colori, mi ha visto frequentare tossicodipendenti, abbandonare gli studi, sposarmi, abbandonare il matrimonio, riprendere gli studi senza mai dirmi che stavo sbagliando, senza mai impedirmi nulla, senza mai costringermi a intraprendere studi o lavori e lasciandomi sempre fare le esperienze che mi avrebbero portato ad essere la persona che sono. Non so come ci sia riuscita e non so come abbia fatto a sopportarmi visto che a volte non mi sopporto nemmeno io, ma credo, se mi è permesso dirlo, che sia riuscita a creare una buona persona, con molti difetti e pochi pregi, ed è riuscita a fare tutto da sola. Non voglio diventare una persona come mia madre perché sostanzialmente non voglio diventare madre e avere la responsabilità di allevare una persona e gettarla in questo infausto mondo ma mi è d’obbligo ringraziarla per tutto quello che ha fatto per me e perché se non ci fosse stata lei a generarmi, io, oggi, su cosa la realizzerei la mia opera?Mia madre è il supporto della mia arte

Grazia

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Contratto di compravendita avente ad oggetto la Nuda Proprietà in Comproprietà

Io sottoscritta, Valentina Rapetti, nata a Riva del Garda (TN) il 2 febbraio 1985, codice fiscale RPTVNT85B42H330S, nel pieno delle mie capacità fisiche e mentali, da denominarsi “artista”

PREMESSO CHE

• ilpresenteprogettohaadoggettolacompravenditainnudaproprietàdelcorpoedelleproprietàdell’artista;• ilpresenteprogettohaunaduratalimitataallavitadell’artista,terminandoconseguentementeconlamortedelmedesimo;• ilpresenteprogettoprevedeunaquotamassimadi100(cento)certificatidiproprietàincomproprietà,numeraticonnumeriarabinoninmodoconsequenziale;

• qualorailpresenteprogettodovessesuperarelaquotadi100(cento)proprietariincomproprietà,isuccessivicertificatiavrannounatiraturainnumeriromani;

• tuttiicertificatidicomproprietàemessinell’ambitodelpresenteprogettosarannoregistrati,conilrispettivonumeroditiraturaedindicazionedelproprietario,pressol’archiviodell’artista;

• ogniproprietarioincomproprietàriceveràilcertificatodiproprietàincomproprietàeunascatolacontenenteleschededescrittiveincuivieneriportatal’immaginedellafirmatatuata,lemotivazionideltatuaggioedilcontrattodicompravenditadiproprietàincomproprietà;

• qualoral’artistadecidessediaggiungereunproprietarioincomproprietà,lostessosifaràcaricodispedireatuttiiprecedentiproprietariincomproprietàlaschedadescrittivadelnuovoproprietario;

• tuttiiproprietariincomproprietàsonotenutiacomunicareall’artistatuttiglieventualicambidiindirizzoe/orecapito.

STIPULO QUANTO SEGUE:

1. l’artistaaccettadivendereadunapluralitànondefinitadisoggettilanudaproprietàdelpropriocorpo,fattaeccezioneperilproprioraziocinio,perilcorrispettivodiunasommaforfettariapariadeuro1(uno);

2. gliacquirentiproprietariincomproprietàaccettanodiacquistareincomproprietàlanudaproprietàdelcorpodell’artista,fattaeccezioneperilsuoraziocinio:ogniattodivolontàdell’artistadevepertantoessereaccettatosenzariservaalcunadaiproprietariincomproprietà;

3. iproprietariincomproprietàvengonosceltidall’artistaelalorofirmavienetatuatasulcorpodelmedesimoinmodopermanente;4. isingoliproprietariincomproprietànonpossonovendere,cederee/oregalarelarispettaquotadiproprietàdell’artistaaterzi;5. l’artistaelesueproprietàpassate,presentiefuturedivengonodiproprietàdeiproprietariincomproprietà,sceltipersonalmentedall’artista,

solamentedopolamortedell’artistastesso;6. leproprietàdell’artistaverrannosuddiviseinpartiugualitratuttiiproprietariincomproprietàancorainvita;7. seunodeiproprietariincomproprietàdecedeprimadellamortedell’artista,ildirittodiproprietàincomproprietàèdaconsiderarsiqualeun

dirittopersonalissimo,nontrasmissibileaderedi:pertanto,incasodidecessodiunproprietarioincomproprietàprimadellamortedell’artista,laquotadiproprietàandràadaccrescerelaquotadeglialtriproprietariincomproprietà;

8. qualoraunodeiproprietariincomproprietàponessefinevolontariamenteallavitadell’artista,laquotadiproprietàinsuopossessoverràsuddivisatraglialtriproprietariincomproprietà.Qualorapiùproprietariincomproprietàsicoalizzasseroperporrefineallavitadell’artista,ilorodirittidiproprietàincomproprietàverrannosuddivisitraiproprietariestraneialdelitto;

9. l’artistasiimpegnaanonlasciarealcunaformadidebitoaiproprietariincomproprietà;10.selamortedell’artistaavverràperomicidio,incidenteautomobilisticopercolpadiunpiratadellastrada,oinqualsiasialtramodalitàche

facciasupporrel’interventodiunapersonaresponsabiledellamortedell’artistastesso,tuttiidirittidiproprietàincomproprietàrimarrannodiesclusivaproprietàdell’artista,finchéilcolpevolenonsaràassicuratoallagiustizia;

DICHIARO ALTRESÌ CHE:

perrendereufficialequestoprogetto,l’artistasiavvarràdellacollaborazionediGiuliaBoselloinrelazionealtatuareognifirmaedell’avvocatoFrancescaConsolatiinrelazioneallacertificazionediognidirittodinudaproprietàincomproprietà;ogniscatola(dicuiallepremesse)conterrà25(venticinque)schededescrittiveeleclausolediproprietàesarànumeratainmodosequenzialeconannodiproduzioneenomedelproprietarioacuiverràconsegnata;iproprietariincomproprietàaconoscenzadellavolontàdell’artistaditatuarsilapropriafirmanonhannodirittoasceglierelazonadatatuare;ilpresenteprogettoavràinizionell’anno2015etermineràesclusivamenteilgiornodellamortedell’artista.Ognifirmatatuatasaràatempoindeterminatoedureràpertuttalavitadell’artistaedelproprietarioincomproprietà.

Lì......................................................................

Firmadell’artista

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Perautentica(firmadell’avvocato)

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Firmadell’acquirenteproprietarioincomproprietà

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Perautentica(firmadell’avvocato)

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Page 23: Nuda proprietà in comproprietà

Certificato di

Nuda Proprietà in Comproprietà

dell’artista e dei beni di

Valentina Torboli Rapetti

intestato al/alla comproprietario/a

Page 24: Nuda proprietà in comproprietà

IDENTITARIO: Carissimo Luther, incontrarti è sempre un piacere! Ho pensato di portarti un piccolo regalo per testimoniarti la mia stima: un quadro a olio dipinto da me.

LUTHER: Un quadro dipinto da te? Un tuo quadro? E cosa me ne faccio?

IDENTITARIO: Ma...l’ho fatto io!

LUTHER: Appunto: se l’hai fatto tu, io non so cosa farmene.

IDENTITARIO: Perdonami ma non capisco il tuo risentimento. Pensavo ti facesse piacere avere in casa qualcosa di mio; sono un pittore affermato.

LUTHER: Ascolta, caro: tu mi porti un oggetto di cui ti dichiari Autore, ovvero un qualcosa su cui eserciti artisticamente la tua Autorità. Pensa se un amico mi regalasse un cavallo che risponde solo ai suoi ordini e per il resto se ne sta fermo immobile a ruminare radicchio, non pensi che dovrei risentirmi con quell’amico?

IDENTITARIO: Certamente sì! Ma quando leggi un libro scritto da un’altra persona, quella lettura ti dà piacere.

LUTHER: È vero. E quel libro mi è utile nella misura in cui mi posso servire delle idee in esso contenute a mio piacimento. E io sono utile a quelle idee nella misura in cui permetto loro di riprodursi nel mio e in altri cervelli e di evolversi. E come sai l’evoluzione avviene spesso grazie alla distorsione, al deturnamento di organi. Così quelle idee entreranno a far parte di altre persone e saranno da loro assimilate, in modo che qualcosa di assolutamente estraneo ad esse, di non prodotto da loro, contribuirà a produrre la loro storia.

IDENTITARIO: Certo, noi ci nutriamo di idee e siamo fatti di idee. Ma non sono le idee a crearci: siamo noi a sceglierle.

LUTHER: E chi sarebbe questo qualcuno che le sceglie?

IDENTITARIO: Io, cioè la mia Personalità, che sceglie le idee che le si adattano di più e che le paiono più congeniali.

LUTHER: E chi sarà mai questa tua Personalità, se non l’insieme delle idee che infettano il tuo cervello in questo momento e che, tutte insieme, sono l’humus da cui nasce il Grande Racconto che tu chiami col nome di Io?

IDENTITARIO: Spiegati meglio, Luther, perché mi sento già preda dell’inquietudine.

LUTHER: Ci sono uccelli che costruiscono il loro nido con tutto ciò che gli capita di incontrare e che attira la loro attenzione. Questi uccelli non sanno esattamente cosa stanno facendo, semplicemente lo fanno. Lo stesso si può dire del nostro cervello, che rappresenta, e soprattutto si autorappresenta, una storia costruita come un cut-up di idee, situazioni, persone che ha incontrato. Questa storia, questo testo, siamo noi. Non c’è nessun Autore. Ad ogni occasione sono pronte varie edizioni di quel testo: ma non c’è un Editore che sceglie quale verrà data alle stampe. Una delle idee più potenti che i membri della nostra cultura ospitano è che quel testo sia il prodotto di una Coscienza, di una Volontà.

IDENTITARIO: Ma, allora, di cosa è mai il prodotto?

Il Mito del Sé(un dialogo platonico)

Page 25: Nuda proprietà in comproprietà

LUTHER: Pensa a me. Ho una biografia ben precisa, ma si può dire che essa sia stata prodotta da qualcuno? I miti e le leggende proliferano, si affermano, si diffondono. Chi può dire dove inizia la catena?

IDENTITARIO: Tu non sei certo l’esempio più calzante, poiché sei un condividuo. Ma cosa dirai degli individui come me?

LUTHER: Dirò che essi si ostinano a considerarsi individui perché la società li ha progettati in questo modo, e non saprebbe dove sbattere la testa se non potesse individuare, sempre, il responsabile di un’azione qualsiasi. Dirò che nel buddhismo la Coscienza Individuale (Vijnana) è il terzo Anello (Nidana) di una catena di 12 elementi (Paticca Samuppada) che dall’Ignoranza (Avidia) porta fino al Dolore.

IDENTITARIO: Sostieni delle idee molto pericolose, caro Luther. Se non abbiamo coscienza e non abbiamo un io, se non c’è un Autore dei nostri discorsi, così come delle nostre sofferenze e delle nostre gioie, cosa obietteremo a coloro che ci vogliono opprimere, che vogliono imporre la loro Autorità su di noi? Un mio amico che aveva idee simili alle tue e diceva che i Diritti d’Autore sono un furto, rimase molto male quando un altro scrittore si iscrisse alla S.I.A.E. con i suoi testi...

LUTHER: A chi ci vuole rubare la gioia, risponderemo che la gioia non ha padrone. Non che i padroni di quella gioia siamo noi. I sentimenti non sono qualcosa di materiale e non conoscono i confini dei corpi. Fluiscono tra loro, come l’acqua tra i massi di un torrente. E i massi la modellano, la fanno zampillare in mille modi diversi. Questo è ciò che importa: che ogni cellula del condividuo modifichi i suoi sentimenti in maniera diversa e originale. Non si può essere assolutamente originali rispetto a sé stessi: l’unico modo per esserlo è non considerarsi un Sé.

IDENTITARIO: Tu elogi la schizofrenia, come già fecero tanti sani prima di te. Ma non credo che chi ne è veramente vittima condividerebbe davvero le tue parole.

LUTHER: Sono perfettamente d’accordo con te. Lo schizofrenico è un individuo che, sentendosi minacciato dall’esterno, ritira il suo vero sé in una cella inaccessibile e mostra agli altri una o più maschere, in modo che le cose terribili che sente accadere intorno a lui non lo tocchino realmente. La schizofrenia è il risultato della difesa più accanita del proprio sé da parte di un individuo. Ma la difesa non è l’avere più Sé in uno stesso corpo, bensì più corpi in uno stesso Sé.

IDENTITARIO: Insomma, il Partito Massa...

LUTHER: No, tutt’altro. Perché nel Partito-Massa tutti i corpi devono catalizzare le stesse idee. Nel condividuo i corpi sono altrettanti centri di elaborazione dati, di creazione di idee e sentimenti. Come gli scogli nel torrente, dicevamo... Con la differenza che gli scogli sono passivi, immobili. I corpi invece non attendono l’arrivo delle idee come si trattasse di una grazia celeste, ma causano la corrente come i massi che franano in un lago artificiale.

IDENTITARIO: E cosa bisogna fare per diventare condividui?

LUTHER: Basta rinunciare alla propria identità, con tutti i vantaggi che questo comporta. Tuffati nell’onda dei sentimenti di rabbia e gioia che senti fluire intorno a te, rielaborala, senza apporre il tuo marchio, la tua firma. Perché di un lavoro firmato i tuoi simili non sanno che farsene: è qualcosa di finito, di cui tu hai decretato la fine e a cui nessuno potrà aggiungere nulla di nuovo. La non identità del condividuo va di pari passo con l’incompletezza.

LUTHER: È stata una conversazione molto proficua, caro Luther. E, non da ultimo, mi hai convinto...

LUTHER: Dirai meglio: mi sono convinto!

Blissett L., Totò, Peppino e la guerra psichica 2.0, Torino, Einaudi, 2000, pp. 63-69277

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