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OCIAZIONE SCIENTIFl€: MOZIONE AGGIORNAMENTO ME ICO

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OCIAZIONE SCIENTIFl€:

MOZIONE AGGIORNAMENTO ME ICO

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IL TRATTAMENTO DELLE VARICI DEGLIARTI INFERIORI MEDIANTE C.H.I.V.A. 2.

NOSTRA ESPERIENZAdi Leone Vincenzo e Misuri Daniele

ASL 10 Firen;:.e - Ospedale S. Maria NuovaU.O. di Chirurgia Generale (Primario: DOli. S. Cardini)

IntroduzioneLe varici della grande safena o di sue

collaterali costituiscono l'affezione più fre-quente per la quale si eseguono interventiflebologici sugli arti inferiori.

Si calcola che in Europa circa l' l % degliuomini adulti ed il 4-5% delle donne soffra-no di alterazioni venose degli arti inferiori.

L'intervento tutt'ora più eseguito è lostripping della grande safena che si associaall'interruzione della safena interna e dellesue collaterali al livello dello sbocco in venafemorale (crossectomia safeno- femorale),alla eventuale legatura e sezione delle perfo-ranti di gamba e alla asportazione delle col-laterali varicose(flebectomia).

Quest'approccio, cosiddetto ablativo, èormai diffuso da molti anni con risultati con-siderati buoni, come desumibile dalla lette-ratura che ne dimostra la sua superiorità al-meno per quanto concerne l'incidenza di va-rici recidive (I).

Negli ultimi anni però, grazie ai notevo-li miglioramenti nel campo della diagnosticanon invasi va,è divenuto possibile uno studioanche emodinamico della malattia che haportato all'acquisizione di nuovi concettiulla fisiopatologia dell'insufficienza veno-a. Ciò ha consentito una tipizzazione più

urata della malattia varicosa e di con se-= nzaono state prospettate soluzioni tera-

e \ariabili in rapporto al tipo, all'en-.' e. tensione della patologia varico-

J e -o J i tito ad un progressivo ridi-men ionamemo delle tecniche di tipo ablati-vo pa ando dallo tripping lungo (asporta-

zione di tutta la safena dallo sbocco in venafemorale fino al malleolo interno) allo strip-ping corto (in cui si asporta solo la safena in-terna di coscia fin sotto il ginocchio).

Tale tecnica meno demolitiva presenta iseguenti indiscussi vantaggi di:- Preservare il segmento distale di vena per

consentire un eventuale suo futuro utilizzoquale by-passo

- Ridurre l'incidenza di nevralgie del nervosafeno che al livello della gamba decorrein prossimità della vena.

- Ridurre incidenza di ematomi e pigmenta-zioni inestetiche al livello di gamba.

Rientrano in questa tendenza alla minoreablazione anche la ricerca delle perforanti ela loro legatura, che non viene più conside-rata essenziale.

I motivi fisiopatologici alla base di talecambiamento sono legati alla constatazione,dimostrata con l'ecodoppler, che la safenasotto il ginocchio raramente è refluente e re-sponsabile di varici e che le perforanti digamba nella maggior parte dei casi (in pre-senza di un circolo venoso profondo norma-le) non sono solitamente incontinenti o, se losono, il gradiente pressorio rimane fisiologi-co. Ulteriori passi in direzione di una mag-gior conservatività del trattamento sono sta-ti gli studi che hanno dimostrato come la in-terruzione della safena interna e delle suecollaterali al livello dello sbocco in vena fe-morale (crossectomia) associata alla flebec-tomia periferica, avesse dei risultati pari al-lo stripping (2).

Accanto a tali dati vanno inoltre consi-derate valutazioni di ordine economico che

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Il trattamento delle varici degli arti inferiori mediante CH./. V.A. 2. nostra esperienza

hanno stimolato alla ricerca d'interventisempre meno invasivi, da eseguirsi preferi-bilmente in anestesia locale, possibilmentein ambulatorio e che portino ad una rapidaguarigione e ripresa dell'attività lavorativa.Come ulteriore considerazione, occorre te-ner conto dell' utilizzazione della safenaquale sostituto arterioso nelle rivascolariz-zazioni miocardiche e periferiche.

L'insieme di tali dati porta inevitabil-mente a considerare, qualora possibile, unaterapia chirurgica che conservi il patrimoniosafenico dell'arto inferiore.

La teoria CHIVA ("Cure Conservatriceet Hémodynamique de l'Insuffisance Vei-neuse en Ambulatiore"; Franceschi, 1988)costituisce al momento la risposta a tale ne-cessità conciliando, secondo i suoi propu-gnatori, il rispetto del patrimonio venoso,'l'invasività chirurgica ridotta, e l'efficaciaterapeutica sia sotto l'aspetto del migliora-mento estetico che della sintomatologia rife-ribile all'insufficienza venosa (4,5).

Secondo la teoria CHIVA, lo studio emo-dinamico della circolazione venosa degli ar-ti inferiori in presenza di una sindrome vari-cosa individua vari tipi di shunt veno-veno-so e per ciascuno, in base alla cartografiamediante ecocolordoppler, propone un de-terminato intervento chirurgico (5,6).

Nel periodo 11l/98 - 31112/00 abbiamoselezionato tra i pazienti trattati per varicidegli arti inferiori, un particolare pattern

emodinamico che, a nostro giudizio è parti-colarmente adatto a ad un approccio di tipoconservativo-emodinamico. Si tratta, rife-rendosi alla classificazione di Franceschi eBailly, di shunt veno-venosi del III tipo (fig.I),in cui il reflusso safenico è determinatodall'effetto aspirativo di una collaterale vari-cosa della safena interna, che a sua volta siscarica nel circolo profondo mediante unaperforante di rientro.

Questo tipo di situazione riconoscibilecon lo studio ecodoppler è trattabile con unintervento che conserva la safena e la giun-zione safenofemorale e che consiste sempli-cemente nella deconnessione della collatera-le varicosa dall'asse safenico e nell'eventua-le sua ablazione mediante flebectomia(CHIVA 2) (fig. 2).

In questo lavoro riportiamo l'esperienzaeffettuata su 50 pazienti che presentavanouna situazione varicosa di questo tipo indi-candone le caratteristiche emodinamiche ele modalità di identificazione, il tipo di in-tervento e i risultati ottenuti.

Materiali e metodiDal gennaio 1998 al dicembre 2000 ab-

biamo trattato presso la divisione di Chirur-gia Generale dell' Ospedale S. Maria Nuovadi Firenze 448 pazienti con patologia vari-cosa degli arti inferiori; 50 pazienti che pre-sentavano varici di collaterali della grande

RlRl

SHUNT III

R 1 = sistema ven080 profondoR 2 = sistema ven080 superficiale

(safene)R 3 = collaterale •• fenica aopra-

fascialep = perfora me di rientro

fig. 1

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R~

P

R2

CHIVA 2 : 10 TEMPO

R 1 = sistema ven080 profondoR 2 = sistema ven080 superficiale

(safene)R 3 = collaterale •• fenica soprs-

fascialep = perforame di rientro

fig. 2

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11trattamento delle varici degli arti inferiori mediante C H.I. v.A. 2. nostra esperienza

safena sono stati studiati con ecocolordop-pier e selezionati in base alle seguenti ca-ratteristiche:- Crosse safeno-femorale con diametro di

0,5-0,8 cm in ortostatismo.- Presenza di reflusso alla manovra di com-

pressione-decompressione e assente allamanovra di Valsalva.

- Reflusso presente su tutto l'asse safenico,che si scarica sulla collaterale varicosa chepresenta un rientro nel circolo profondo at-traverso una perforante (cosiddetta perfo-rante di rientro.)

- L'esclusione della collaterale varicosa, me-diante digitopressione annulla il reflussoalla crosse safeno-femorale e lungo l'assesafenico.

Questi pazienti sono stati sottoposti adintervento chirurgico di CHIVA 2: in aneste-sia locale in regime di day-surgery si è ese-guita deconnessione della collaterale dal-l'asse safenico (deconnessione R2-R3 sec.Franceschi e Bailly) e flebectomia della va-rice secondo la tecnica standard di Muller.

Dopo l'intervento è stata applicato un ben-daggio elastico rimosso in 7° giornata posto-peratoria contemporaneamente alla rimozionedelle suture cutanee. Una calza di I classe èstata consigliata per il mese successivo.

Dopo circa 30-40 giorni il paziente è sta-to nuovamente visitato e sono stati registratii seguenti dati: sintomatologia soggettiva,evidenza di varici residue o recidive, altera-zioni cutanee (pigmentazioni, teleangecta-sie, cicatrici inestetiche), modificazioniemodinamiche all' ecocolordoppler (dimen-sioni della crosse, presenza di reflusso).

Un ulteriore valutazione è stata fatta a 6mesi dall' intervento.

RisultatiDei 448 pazienti operati per varici degli

arti inferiori solo 50 (llJ6%) sono stati in-dividuati come canditati a questo tipo di chi-rurgia

Si trattava di 41 femmine e di 9 maschi.L'età media era di 53,3 anni. Le varici erano

localizzate alla coscia, alla gamba o in en-trambe le regioni.

Il reflusso era in ogni caso evocabile so-lo con la manovra di compressione-decom-pressione e nella fase diastolica durante lemanovre dinamiche (prova di Paranà).

Il circolo profondo era in ogni caso nor-male.

Alterazioni trofiche cutanee erano pre-senti in 5 pazienti (pari al 10% dei casi) e sitrattava di discromie e assottigliamento cu-taneo. In nessun paziente era presente un u]-cus cruris. La sintomatologia prevalente erainestetismo in tutti i casi; sensazione di pe-santezza, bruciore o prurito era presente nel-la metà dei casi; edema serotino solo inquattro casi.

L'intervento è stato condotto sempre inanestesia locale (soluzione di ropivacaina7,5 %) con una durata media di 30 minuti.Non si sono avute complicazioni operatoriené nell' immediato postoperatorio. La dimis-sione è avvenuta per ogni paziente dopo cir-ca 4 ore e non vi è mai stata la necessità perun ricovero ordinario.

Alla visita di controllo i pazienti nonhanno riferito nessun problema particolaresolo in 3 casi è stata riferita un irritazionecutanea legata al bendaggio elastico. In l ca-so si è osservato modesto ematoma al livel-lo di incisione chirurgica guarito senza ne-cessità di drenaggio.

Le incisioni cutanee sono tutte guariteper prima intenzione. Una modesta soffusio-ne ecchimotica si è osservata in 3 pazienti.

Un solo paziente ha fatto uso nei giornidopo l'operazione di analgesici e tutti hannoripreso la normale attività anche lavorativa.In generale tutti i pazienti hanno dimostratouna favorevole accettazione dell'interventosenza lamentare disturbi particolari.

AI controllo dopo 30 giorni non si sonoosservate varici residue né varici recidive. Indue pazienti si sono notate varici reticolarigià presenti prima dell'intervento. La cica-trici si presentavano modestamente pigmen-tate in 3 casi in due dei quali era presente un

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modesto matting pericicatriziale. Nei casi incui era presente la discromia cutanea vi eral'evidenza di un modesto schiarimento dellapelle. In generale il risultato estetico appari-va buono e confermato da un notevole gradodi soddisfazione da parte del paziente. l datiecografici dimostravano in tutti i pazientiuna scomparsa del reflusso, un modesto de-flusso alla crosse è stato segnalato in 3 pa-zienti.

Il diametro della crosse era in tutti i pa-zienti inferiore agli 0.6 cm in ortostatismo .

Il controllo a 6 mesi ha confermato i da-ti precedenti.

Nelle pazienti con presenza di alterazio-ni discromiche della cute (alla caviglia) si ènotato un miglioramento. Le pazienti convarici reticolari sono state trattate con scle-roterapia (polidecanolo 0,5%) con scompar-sa delle varici.

DiscussioneSe fino a IO anni fa l'indicazione chirur-

gica al trattamento delle varici della grandesafena era obbligatoriamente orientata versouna chirurga ablativa, considerata tanto piùefficace quanto più radicale, oggi, accanto aquesta opzione, si è fatta strada la chirurgiaconservativa della safena e la chirurgia emo-dinamica. Lo studio morfologico ed emodi-namico con ecocolordoppler ha senza dub-bio esercitato un forte impulso allo sviluppodi tali opzioni individuando le caratteristi-che anatomiche delle safene e, in parte, hahiarito l· emodinamica degli assi venosi

delloarto inferiore.Le terapie chirurgiche agiscono, o alme-

no hanno la prete a di agire. a livello pato-geneti o della malattia varicosa (trattamentodei reflu i. trattamenro degli shunt veno-venosi ecc.). AI momento però non si cono-scono terapie di tipo etiologico in quantonessun decisivo pa so in a\·anti i è fatto perindividuare con e attezza le noxe etiologi-che della malattia varico a. In que t"ottica,l'attenzione rivolta dagli studi (quasi sempreretrospettivi) sulla incidenza delle recidive

dopo questo o l'altro intervento al fine di va-lidarne la maggior efficacia ha un significa-to molto relativo. In nessun caso infatti, si èattuato una terapia etiologica e di conse-guenza permanendo la causa ci sarà sempreda aspettarsi una recidiva. Inoltre, conside-rare la recidiva come il pattern per indivi-duare l'efficacia di un intervento non apparecorretto per almeno due ragioni. La prima èrelativa alla non chiara definizione di recidi-va varicosa che può facilmente sconfinarenel concetto di varice residua ed essere va-lutata con occhio diverso a seconda dell'os-servatore (chirurgo, paziente, terzo osserva-tore). La distanza nel tempo con cui tali re-cidive compaiono (secondo Hobbs sonomassime dopo 6 -lO anni da un intervento distripping (7)) rendono difficile un adeguatofollow up rendendo impossibile una correttavalutazione statistica.

In secondo luogo, qual'è il peso della pre-sunta recidiva sulla complessiva valutazionedi un intervento per varici della grande safe-na? La pratica quotidiana insegna che variesono le situazioni; a seconda dell'osservatoresi tenderà infatti a porre in risalto alcuniaspetti: le variazioni della sintomatologiasoggettiva, le modificazioni in termini diestetismo, le variazioni dei reflussi ecc .. Èchiaro quindi che, a seconda del paziente,della sua età, delle sue condizioni generali, ilvalore di ciascuno di tali parametri avrà unpeso diverso. In un anziano, in cui la corre-zione chirurgica del circolo superficiale portao facilita la chiusura di un'ulcera f1ebostatica,la comparsa di una nuova varice o la presen-za di una varice residua avrà nella valutazio-ne dell'intervento un ruolo sicuramente di-verso dal caso di una giovane signora opera-ta, in assenza di sintomatologia clinica soloper migliorare la situazione estetica.

L'aggressività chirurgica, assieme al ri-sparmio del patrimonio safenico sono altrielementi su cui si accende il dibattito tra fau-tori della chirurgia conservativa - emodina-mica e coloro che propugnano la chirurgiaablativa.

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"Noi eseguiamo la CHIVA delle safeneperché meno invasiva dello stripping" vienespesso affermato nei vari congressi flebolo-gici. Ma è altrettanto vero che esistono tec-niche ed accorgimenti anestesiologici chepermettono di eseguire uno stripping in ane-stesia locale ed in regime di day surgery.

Paragonabili appaiono anche i dati rela-tivi alle complicanze: 4% di trombosi safe-nica su 247 casi trattati con Chi va, nessunacomplicanza maggiore ma solo un 3% di in-fezioni della ferita inguinale in una serie di720 interventi di stripping. Senza voler ulte-riormente approfondire i motivi che sono al-la base della controversia che contrappone ifautori della chirurgia di exeresi dai sosteni-tori della chirurgia conservativa bisogna am-mettere che la metodica CHI VA appare for-temente emodinamista dipendente, varia inogni singolo paziente e non si adatta ad unamentalità chirurgica che tende a semplifica-re e uniformare le procedure. Tuttavia, sipossono facilmente identificare dei casi incui la situazione emodinamica risulta di fa-cile identificazione e il cui trattamento risul-ta semplice ed efficace.

Tale situazione è quella dello shunt ve-no-venosa di III tipo.

Si tratta di varici di collaterali della gran-de safena che si possono localizzare sia sul-la coscia che sulla gamba. Il pattern emodi-namico si caratterizza da una crosse safeno-femorale che presenta un reflusso alla ma-novra di compressione-decompressione edassente alla manovra di Valsalva. Il reflussoè registrabile sul decorso della grande safe-na fino alla collaterale varicosa che si pre-senta anch' essa refluente e che presenta unrientro nel circolo profondo mediante unavena perforante (perforante di rientro). Altrodato caratteristico è il fatto che se la collate-rale viene esclusa mediante digito pressione,scompare (o si attenua in maniera importan-te) il refl usso alla crosse .

Questa situazione nella teoria di France-schi e Baylli viene indicata appunto comeshunt veno-venoso del III tipo.

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L'intervento chirurgico in questo casonon deve fare altro che ricreare la situazionesimulata dalla digitopressione della collate-rale. Occorre deconnettere la collaterale me-diante la sua legatura e sezione in corrispon-denza dell'origine dalla safena. L'esecuzio-ne di una flebectomia complementare garan-tisce oltre alla normalizzazione emodinami-ca una normalizzazione estetica con imme-diata scomparsa delle varicosità.

Quest'approccio ci è sembrato semplice,di facile identificazione ecografica e senzauna stretta dipendenza dall'operatore ecoco-lordoppler in quanto può, una volta identifi-cata la collaterale drenante, essere verificatoanche con un semplice doppler c.w.

Inoltre, la facilità nell'esecuzione tecni-ca dell'intervento, la sua scarsa invasività egli ottimi risultati sia in termini di risoluzio-ne della sintomatologia che di miglioramen-to estetico ci sembrano validi motivi pertrattare questo tipo di varici evitando sia lacrossectomia che lo stripping.

I casi trattati sono pochi in confronto al-la casistica generale. Questo non significache i casi con queste caratteristiche siano ra-ri. In realtà la frequenza degli shunt veno-venosi del III tipo sembrerebbe aggirarsi at-torno al 60% delle reti varicose. Tuttavia ab-biamo limitato il trattamento a quei casi incui vi era una totale scomparsa del reflussodopo esclusione della collaterale e quando ilcalibro della crosse era inferiore a 0.8 cm.

Un problema di enorme interesse, chepurtroppo non trova spiegazione dai dati danoi raccolti, sia per l'esiguità della casisticasia per il breve follow-up, è legato alla dura-ta della stabilizzazione anatomica e funzio-nale ottenuta con l'intervento.

In altri termini la domanda che dobbia-mo porci è per quanto tempo la crosse rima-ne continente ed è possibile il riformarsi direcidive varicose?

La teoria di Franceschi, dopo un inter-vento di deconnessione R2-R3 prevede va-rie eventualità a seconda della persistenzadel reflusso safenico alla crosse o per il for-

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Il trattamento delle varici degli arti inferiori mediante CH.!. V.A. 2. nostra esperienza

marsi di perforanti di rientro centrate sul-l'asse safenico o per lo svilupparsi di nuovecollaterali drenanti. Per ogni eventualità lateoria prevede un secondo tempo chirurgicoche può essere l'effettuazione di una cros-sectomia (senza sezione delle collaterali) odancora il trattamento della collaterale dre-nante (fig. 3).

RI

CHIVA 2: 2°TEMPO

R 1 = sistema venoso profondoR 2 = sistema venoso superficiale

(safene)R 3 = collsterale asfenica sopra·

fascialep = perforante di rientro

fi9·3

Questo secondo tempo è effettuato incirca il 65% dei casi. Solo dopo questo ulti-mo gesto chirurgico si può valutare l'effica-cia della cura. Tenendo conto di tali consi-derazioni e valutando clinicamente i loro ri-sultati su un totale di 150 pazienti, si rilevauna guarigione nel 60% dei casi, un insuc-cesso (inteso come riformazione completadella rete varicosa) nell' l % dei casi (6).Nella nostra casistica al momento non ab-biamo effettuato nessun secondo tempo inquanto, non si è avuta la ricomparsa di vari-ci. È da sottolineare come nei nostri pazien-ti la deconnessione e la flebectomia dellacollaterale abbia portato alla scomparsa delreflusso alla crosse.

Il nodo principale del problema sembraproprio essere questo: per evitare lo strip-ping e la crossectomia occorre che il primotempo della chi va 2 porti ad una scomparsadel reflusso alla crosse. Inoltre, da un puntodi vista teorico quest' osservazione ci porta ateorizzare una ipotesi patogenetica della sin-drome varicosa che non vede più il reflussodella crosse come il primum movens pato-

genetico. L'origine della sindrome varicosasarebbe da ricercarsi alla periferia, dove unacollaterale safenica esercita un effetto aspi-rativo che determina a livello di crosse unreflusso (reflusso da compressione decom-pressione). Il sovraccarico emodinamico de-termina successivamente una dilatazionedella vena ed una alterazione delle pareti edelle valvola terminale safenofemorale; aquesto punto il reflusso diviene Valsalva po-sitivo e solo in questo momento avrebbe uneffetto emodinamico tale da sovraccaricarel'asse safenico e le sue collaterali rendendo-le varicose (13).

L'effetto aspirativo della collaterale tro-va una spiegazione fisica tenendo contodell"'Effetto Venturi".

È noto infatti che in presenza di due con-dotti paralleli comunicanti tra di loro in cuiscorre un fluido, se la velocità di scorrimen-to è diversa, si viene a creare tra i due ungradiente pressorio per il quale il condotto incui il fluido scorre più veloce svolge un'a-zione di aspirazione nei confronti di quelloin cui il fluido scorre più lentamente. Seconsideriamo il circolo profondo come ilcondotto ad alto flusso e il circolo safenico abasso flusso e la collaterale con perforantesul circolo profondo come la comunicazionetra i due sistemi si comprende come questapossa esercitare un effetto aspirativo sul si-stema safenico (13).

Inoltre, occorre considerare un ulteriorefenomeno fisico. In un sistema biologicocome l'asse safenico il determinarsi di unreflusso ed un eventuale dilatazione parie-tale porta alla trasformazione del flusso dalaminare a turbolento. Il flusso turbolentocomporta un enorme dispendio energeticoche applicato alla parete vasale ne determi-na alterazioni che portano in ultima istanzaalla formazione di varici e alterazioni val-volari. Una conferma sperimentale di talefenomeno è stata ottenuta da Crotty (l5)che ha dimostrato, nel cane, un rapporto di-retto tra flusso turbolento e formazioni divarici.

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Il trattamento delle varici degli arti inferiori mediante CH.I. V.A. 2. nostra esperienza

ConclusioniL'approccio emodinamico alla terapia

chirurgica delle varici della grande safena ri-sulta nella nostra esperienza estremamenteutile nella terapia di quelle sindromi varico-se in cui si creano shunt veno-venosi di IIItipo. In questi casi, di facile identificazioneemodinamica, si può evitare la crossectomiae si risparmia il patrimonio safenico otte-nendo dei buoni risultati sia dal punto di vi-sta clinico che estetico. La garanzia del ri-sultato ci sembra essere legata dall'utilizza-re questa metodica per safene in cui la cros-se non presenti un reflusso positivo alla ma-novra di Valsalva e alla completa scomparsadel reflusso (durante la manovra di com-pressione-decompressione) dopo esclusionedigitale della collaterale refluente.

Quest'approccio non ci sembra comun-que utilizzabile in ogni forma di varici doveanche la chirurgia ablativa trova ancor oggiun largo spazio in quanto unisce le doti diuno strumento di semplice acquisizione tec-nica, di relativa invasività con accettabili ri-sultati clinici.

Senza dubbio, lo studio emodinamicocon ecocolordoppler ha chiarito alcuni ele-menti d'emodinamica venosa dell'arto infe-riore ed offre spunti interessanti per un ap-profondimento dell' etiopatogenesi della sin-drome varicosa. In particolare, l'importanzaconferita alla periferia dell'albera varicosopuò essere considerata come una "rivoluzio-ne Copernicana "in quanto ridimensiona ilruolo svolto dai punti di reflusso delle cras-se sottolineando l'importanza dei punti dirientra nel circolo venoso profondo.

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