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OPUSCOLO INFORMATIVO DEI LAVORATORI (ai sensi degli artt. 36 e 37 del D.Lgs. 81/08 e s.m.i.) LA GESTIONE DEGLI INCENDI E DELLE EMERGENZE a cura del RESPONSABILE DEL SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE del Centro ENEA di Brindisi tel. +39 0831 201216 – fax +39 0831201251 e-mail: [email protected] Edizione marzo 2010 Pubblicazione destinata ad uso interno Versione 1 del 15 marzo 2010 Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile SPP CR Brindisi

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OPUSCOLO INFORMATIVO DEI LAVORATORI (ai sensi degli artt. 36 e 37 del D.Lgs. 81/08 e s.m.i.)

LA GESTIONE DEGLI INCENDI

E DELLE EMERGENZE

a cura del RESPONSABILE DEL SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE

del Centro ENEA di Brindisi tel. +39 0831 201216 – fax +39 0831201251

e-mail: [email protected]

Edizione marzo 2010

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LA GESTIONE DEGLI INCENDI E DELLE EMERGENZE 1

I N D I C E

1 Il fuoco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 1.1 Il fuoco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 1.2 Il combustibile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 1.3 Il comburente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 1.4 La temperatura di infiammabilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 1.5 I prodotti della combustione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 1.6 La combustione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

2 La protezione delle vie respiratorie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

3 La classificazione dei fuochi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8 3.1 La classificazione dei fuochi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8 3.2 I fuochi di classe “A” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 3.3 I fuochi di classe “B” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 3.4 I fuochi di classe “C” . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 3.5 I fuochi di classe “D” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 3.6 I fuochi di natura elettrica (“E”) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 3.7 I fuochi di classe “F” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

4 I mezzi di estinzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12 4.1 I mezzi di estinzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12 4.2 Le caratteristiche degli estintori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15 4.3 L’azione e l’utilizzo degli estintori. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 4.4 La resistenza al fuoco delle cose o delle strutture . . . . . . . . . 21

5 Le uscite di sicurezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22

6 Cosa è una emergenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24 6.1 Cosa è una emergenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24 6.2 Cosa occorre fare se si verifica una emergenza . . . . . . . . . . . 25 6.3 Cosa è il piano di emergenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26 6.4 Contenuti della struttura fissa del piano di emergenza . . . . . . . 27 6.5 Chi sono i responsabili del funzionamento del piano . . . . . . . . 28 6.6 I contenuti del settore operativo del piano . . . . . . . . . . . . . . . . 29 6.7 L’intervento sull’emergenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30 6.8 Lo sfollamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30

7 La segnaletica di sicurezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32 7.1 I cartelli di salvataggio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35 7.2 I cartelli di divieto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36 7.3 I cartelli di avvertimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37 7.4 I cartelli di prescrizione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37 7.5 I cartelli per le attrezzature antincendio . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38 7.6 Le etichette di pericolo per le merci in trasporto . . . . . . . . . . . 39 7.7 I simboli e le indicazioni di pericolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40

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LA GESTIONE DEGLI INCENDI E DELLE EMERGENZE 2

Premessa Il D.Lgs. 81/08 e s.m.i. prevede, tra gli obblighi del datore di lavoro, anche quello relativo all’informazione e dei lavoratori (Titolo I – Capo III – Sez. IV – art. 36). Tale informazione riguarda, tra l’altro, anche le procedure da eseguire in caso di emergenza. Per questo motivo, nell’ambito degli obiettivi di sicurezza antincendio e delle relative misure da adottare in caso di necessità per affrontare correttamente la lotta antincendio ed un eventuale evacuazione dei lavoratori dal loro posto di lavoro, si è ritenuto utile predisporre un sintetico testo che comprenda le informazioni fondamentali che tutti i lavoratori indistintamente debbono conoscere in materia antincendio e/o in caso di emergenza. Infatti, benché ogni situazione di emergenza sia diversa dalle altre, esistono degli aspetti ripetitivi comuni a tutti i tipi di emergenza, da quella più semplice (incidente di un singolo sul lavoro, un principio d’incendio del cestino dei rifiuti, ecc…), a quelle più complesse (scoppi, crolli, terremoti, nubi tossiche ecc…) che comportano l’evacuazione totale dai luoghi di lavoro. Anche un piccolo sinistro si può trasformare in una tragedia se non si conoscono i concetti fondamentali di cosa sia un’emergenza, come ci si comporta, come si evitano i fenomeni di panico.

E’ opportuno pertanto che ogni lavoratore tenga bene a mente le semplici nozioni riportate in questo opuscolo, che possono anche essere verificate con apposite esercitazioni predisposte periodicamente. Nessun piano di emergenza, nessuna evacuazione dei lavoratori dai luoghi in cui avviene un sinistro, sia esso notevole (alluvioni, terremoti, esplosioni ecc…) o di minore entità, potrà mai avere successo senza la partecipazione attiva ed esauriente dei lavoratori, che dovranno saper a loro volta, saper conoscere ed affrontare i momenti di panico che ogni uomo avverte quando si trova impreparato di fronte ad eventi sconosciuti ed imprevisti.

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LA GESTIONE DEGLI INCENDI E DELLE EMERGENZE 3

1 Il fuoco 1.1 Il fuoco Il fuoco è la manifestazione visibile di una reazione chimica (combustione) che avviene tra due sostanze diverse (combustibile e comburente) con emissione di energia sensibile (calore e luce). Le conseguenze di una combustione sono la trasformazione delle sostanze reagenti in altre (prodotti di combustione) nonché l’emissione di un sensibile quantitativo di energia sotto forma di calore ad elevata temperatura. 1.2 Il combustibile

Il combustibile è la sostanza in grado di bruciare. In condizioni normali di ambiente esso può essere allo stato solido (carbone, legno, carta ecc…), liquido (alcool, benzina, gasolio ecc…) o gassoso (metano, idrogeno, propano ecc…). Perché la reazione chimica abbia luogo, di norma il combustibile deve trovarsi allo stato gassoso. Fanno eccezione il carbonio (sotto forma di carbone) e pochi altri elementi metallici come il magnesio. Il legno, per esempio distilla per effetto del calore della sua fiamma stessa, tutti i suoi prodotti volatili lasciando da ultimo il carbone che arde come brace senza fiamma trattandosi di combustione diretta di un solido.

1.3 Il comburente Il comburente è la sostanza che permette al combustibile di bruciare. Generalmente si tratta dell’ossigeno contenuto nell’aria allo stato di gas.

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LA GESTIONE DEGLI INCENDI E DELLE EMERGENZE 4

1.4 La temperatura di infiammabilità La temperatura di infiammabilità è, per tutti i combustibili che partecipano alla reazione emettitori di gas, la minima temperatura alla quale il combustibile emette vapori in quantità tale da formare con il comburente una miscela incendiabile. Per altri tipi di combustibile che reagiscono direttamente allo stato solido (carbone, metalli ecc…) tale temperatura si individua al corrispondente livello in cui la superficie del combustibile stesso è in grado di interagire con l’ossigeno dell’aria. 1.5 I prodotti della combustione

La combustione dà come risultato il fuoco (che fornisce grandi quantità di energia sotto forma di calore ad elevata temperatura con emissione di luce) ed una serie di prodotti secondari che, nella combustione dei più comuni materiali infiammabili, risultano essere:

� ANIDRIDE CARBONICA (CO2) per la combustione completa (abbondanza di ossigeno)

� OSSIDO DI CARBONIO (CO) per effetto di combustione incompleta (carenza di ossigeno)

� VAPORE ACQUEO (H2O)

� ANIDRIDE SOLFOROSA E SOLFORICA (SO2 ed SO3) in presenza di combustibili contenenti zolfo

� CENERI

costituite da prodotti vari mescolati in genere con materiali incombusti; una parte si disperde nell’aria sotto forma di aerosol con effetti a volte visibili e configurati come fumo.

Il fenomeno della combustione può rappresentarsi con l’immagine di un triangolo i cui lati sono rispettivamente il combustibile, il comburente ed il calore (la temperatura).

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LA GESTIONE DEGLI INCENDI E DELLE EMERGENZE 5

1.6 La combustione 2 La protezione delle vie respiratorie La combustione oltre a dimostrarsi pericolosa per la salute a causa della energia prodotta, produce effetti collaterali, altrettanto gravi, a causa dei prodotti di risulta che genera. Questi gas si mescolano con l’aria ed ove non sufficientemente evacuati, ne abbassano il contenuto percentuale dell’ossigeno libero, portando a rischio la sopravvivenza umana. Oltre a ciò vi è la concreta possibilità che la combustione, solitamente per deficienza dell’apporto di ossigeno alla reazione, generi gas di distillazione dovuto alla alta temperatura, o a gas parzialmente ossidati (monossido di carbonio) che si rilevano tossici sino alla mortalità per l’uomo. Da qui scaturisce la necessità di attrezzature protettive per la respirazione che si inseriscono anche per situazioni meno rischiose come la presenza di sospesi in aria quali le polveri e gli aerosol (liquidi finemente nebulizzati).

Infiamm. Accensione Combustione

%

CO2 H2O (vapore)

ecc…

+ + +

Sos

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LA GESTIONE DEGLI INCENDI E DELLE EMERGENZE 6

L’attrezzatura più semplice è la maschera filtrante da applicarsi su bocca e naso. Non fornisce alcuna protezione dalla eventuale deficienza di ossigeno e serve esclusivamente a proteggere le vie respiratorie dall’invasione delle polveri che comunque non abbiano dimensioni inferiori a 400 m (micron). Non ha alcuna efficacia sui gas.

La maschera a filtro supera l’inconveniente del filtraggio delle polveri e/o aerosoli molto fini, nonché dell’incapacità di agire sui gas, tuttavia manca della protezione agli occhi che in un qualsiasi ambiente inquinato risultano sempre aggrediti per la loro particolare delicatezza organica. La funzione di tale maschera è quella di aspirare aria attraverso il filtro che viene applicato all’attacco indicato dalla freccia rossa, dotato di valvola a senso unico di passaggio, e di espellerla dalle uscite frontali o laterali dotate anch’esse di valvola (freccia verde).

PROTEZIONE DELLE VIE RESPIRATORIE

ARIA AMBIENTE (O2 > 17%)

Deficienza di ossigeno (O2 < 17%) Presenza di inquinanti

Autorespiratori o apparecchi con apporto di aria fresca da linea

Apparecchiature filtranti

Filtri per combinazioni di gas, vapori ed aerosoli

Filtri per gas e/o vapori Filtri per aerosoli

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LA GESTIONE DEGLI INCENDI E DELLE EMERGENZE 7

La maschera completa (a pieno facciale) è dotata di un particolare circuito dell’aria atto a impedire l’appannamento della parte trasparente facciale. L’aria entra (freccia rossa) attraverso il/i filtro/i applicati, attraverso la prima valvola di non ritorno e fuoriesce per l’interno dalle aperture forate (evidenziate in verde) poste al di sotto del trasparente. Questo accorgimento permette di lambire con aria fresca, ancora priva dell’umidità di rilascio della respirazione, il visore rendendolo immune da appannamenti indesiderati. Successivamente entra nell’apparato respiratorio e viene espulsa nel senso evidenziato dalla freccia blu, dotato di valvola di passaggio a senso unico. Il filtro esercita comunque una resistenza al passaggio dell’aria per cui è controindicato per lavori pesanti che provocano affanno. La tabella seguente illustra i filtri normalmente in uso e le specifiche di utilizzazione.

��Vapori organici

A P. EB. > 65 °C idem +

polveri, fumi, aerosoli

85A1, 37A2, 237A2, 39A2, 239A2 marrone

35Vr/PhF, 85A1P1, 39A3P3, 239A2P3 marrone riga bianca

��Gas, acidi inorganici (es. HCN, Cl2, H2S)

idem + polveri, fumi, aerosoli

37B2, 237B2, 39B2, 239B2 grigio

39B2P3, 239B2P3 grigio riga bianca

��Anidride solforosa

(ed altri acidi ecc. HCl) idem +

polveri, fumi, aerosoli

37E2, 237E2, 39E2, 239E2 giallo

237EP2, 39EP3 giallo riga bianca

��Ammoniaca

(anche ammine) idem +

polveri, fumi, aerosoli

85K1, 37K2, 237K2, 39K2 verde

85K1P3, 37K2P3, 237K2P3 verde riga bianca

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LA GESTIONE DEGLI INCENDI E DELLE EMERGENZE 8

Gli autorespiratori sono il punto di arrivo della massima capacità di autonomia di operazione all’interno di zone fortemente inquinate da tossici (siano essi gas, aerosoli, o polveri). Gli autorespiratori ad aria (presenti nella nostra sede), rendono possibile il completo isolamento dell'operatore dall'atmosfera circostante ed assicurano la piena protezione anche nelle più severe condizioni d'impiego, grazie alla costante presenza di una lieve sovrapressione che rende impossibile l'ingresso nella maschera dell'aria esterna inquinata. Esso è composto da un riduttore di pressione, di tipo compensato, che sfrutta un principio di compensazione attiva della spinta per la chiusura della valvola principale. Lo stesso consente una portata a sfogo libero di oltre 1000 litri/minuto (si ricorda che il consumo medio di un operatore è di circa 40 litri/minuto sotto medio sforzo). Il riduttore di pressione è dotato di una uscita ad alta pressione per il manometro e di una a media pressione per erogatore e segnalatore acustico. Il segnalatore acustico è direttamente montato nel corpo riduttore. Il segnalatore acustico è di tipo bistadio, è cioè pilotato dall'alta pressione ed azionato dalla media pressione. Il segnalatore acustico sarà correttamente in funzione fino al valore di taratura, mentre il fischio cesserà al superamento dello stesso. 3 La classificazione dei fuochi 3.1 La classificazione dei fuochi Ai fini della individuazione circa la natura caratteristica di un fuoco si è elaborata la tabella di pagina seguente secondo la recente revisione della norma EN2 (2005) e la EN3 - 7:

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LA GESTIONE DEGLI INCENDI E DELLE EMERGENZE 9

CLASSE

NATURA DEL FUOCO

A Fuochi di materie solide, generalmente di natura organica, la cui combustione avviene normalmente con produzione di braci che ardono allo stato solido (carbone)

B Fuochi di liquidi o di solidi che possono liquefarsi (ad esempio cera, paraffina ecc…)

C Fuochi di gas

D Fuochi di metalli (ad es. magnesio, alluminio ecc…)

E Fuochi di natura elettrica

F Fuochi da mezzi di cottura (oli e grassi vegetali o animali)

Classificazione dei fuochi secondo la EN2 2005 e la EN3-7 3.2 I fuochi di classe “A” I fuochi di classe “A” si rappresentano con il cartello di seguito riportato. Il D.M. 20/12/1982 ne riporta le caratteristiche al fine di etichettare gli estintori idonei allo spegnimento di fuochi di questa categoria. Il fuoco di classe “A” si caratterizza da reazione di combustibile solido ovvero dotato di forma e volume proprio. La combustione si manifesta con la consumazione del combustibile spesso luminescente come brace e con bassa emissione di fiamma.� Questa è infatti la manifestazione tipica della combustione dei gas e per quanto concerne l’argomento in atto è generata dalle emissioni di vapori distillati per il calore dal solido in combustione che li contiene. L’azione estinguente pertanto si può esercitare con sostanze che possono anche depositarsi sul combustibile che è in grado di sostenere l’estinguente senza inghiottirlo e/o affondarlo al suo interno. L’azione di separazione dell’ossigeno dall’aria è pertanto relativamente semplice ed il combustibile non si sparge per la scorrevolezza propria dei liquidi.

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LA GESTIONE DEGLI INCENDI E DELLE EMERGENZE 10

3.3 I fuochi di classe “B” I fuochi di classe “B” si rappresentano con il cartello riportato di seguito. Il D.M. 20/12/1982 ne riporta le caratteristiche al fine di etichettare gli estintori idonei allo spegnimento di fuochi di questa categoria. Caratteristica peculiare di tale tipo di combustibile è quella di possedere si un volume proprio ma non una forma propria.� Appare evidente come sia necessaria l’azione contenitiva di un tale tipo di combustibile, identificabile nelle sue più peculiari caratteristiche nella comune benzina. Un buon estinguente, per questo tipo di fuoco, deve,oltre all’azione di raffreddamento, esercitare una azione di soffocamento individuabile nella separazione tra combustibile e comburente. Nel caso di liquidi tutti gli estinguenti che vengono inghiottiti dal pelo liquido, poiché a densità maggiore (più pesanti), non possono esercitare nessuna capacità in tal senso. E’ il caso dell’acqua sulla benzina. 3.4 I fuochi di classe “C” I fuochi di classe “C” si rappresentano con il cartello riportato di seguito. Il D.M. 20/12/1982 ne riporta le caratteristiche al fine di etichettare gli estintori idonei allo spegnimento di fuochi di questa categoria.

Caratteristica peculiare di tale tipo di combustibile è quella di non possedere né forma né volume proprio.� I gas combustibili sono molto pericolosi se miscelati in aria per la possibilità di generare esplosioni. L’azione estinguente si esercita mediante azione di raffreddamento, di separazione e di inertizzazione della miscela gas-aria. Infatti al di fuori di ben precise percentuali di miscelazione il gas combustibile non brucia.

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LA GESTIONE DEGLI INCENDI E DELLE EMERGENZE 11

3.5 I fuochi di classe “D” I fuochi di classe “D” il cui simbolo grafico è riportato in pagina, si riferiscono a particolarissimi tipi di reazione di solidi, per lo più metalli, che hanno la caratteristica di interagire, anche violentemente, con i comuni mezzi di spegnimento, in particolare con l’acqua. I più comuni elementi combustibili che danno luogo a questa categoria di combustioni sono i metalli alcalini terrosi leggeri quali il magnesio, il manganese e l’alluminio (quest’ultimo solo in polvere fine), i metalli alcalini quali il sodio, il potassio e il litio, nonché vengono classificati fuochi di questa categoria anche le reazioni dei perossidi, dei clorati e dei perclorati.� Tale classificazione è redatta secondo la norma Euro standard EN2. 3.6 I fuochi di natura elettrica I fuochi di natura elettrica sono rappresentati con il cartello riportato in pagina, e gli estintori così caratterizzati sono abilitati a tale tipo di intervento.

Tuttavia va esplicitamente chiarito che la normativa EN2 non contempla tale classificazione e simbologia di fuoco. A tale categoria di fuochi si intendono appartenere tutte le apparecchiature elettriche, ed i loro sistemi di servizio che, anche nel corso della combustione, potrebbero trovarsi sotto tensione. La dicitura, anche se non garantita da esplicita norma fornisce un elemento utile per valutare i limiti di un estintore, anche in riferimento alla tensione dichiarata.

N.B. Il pittogramma della classe di fuoco E è stato sostituito dalle diciture: "Non utilizzare su apparecchiature elettriche sotto tensione" "Adatto all’uso su apparecchiature elettriche sotto tensione fino a 1000 V ad una distanza di un metro"

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LA GESTIONE DEGLI INCENDI E DELLE EMERGENZE 12

3.7 I fuochi di classe “F” I fuochi della nova classe “F”, cosi come introdotta dalla EN2: 2005, il cui simbolo grafico è riportato di fianco, si riferiscono ai fuochi che si sviluppano in presenza di oli, grassi animali o vegetali quali mezzi di cottura e più in generale dipendenti dalle apparecchiature di cottura stessa. 4 I mezzi di estinzione 4.1 I mezzi di estinzione

Le principali attrezzature per lo spegnimento degli incendi sono realizzate da tubature flessibili avvolte che collegano tubazioni con acqua in pressione ed erogatori capaci di lanciare l’acqua a distanza e perciò chiamati “lance” da incendio. Nella immagine viene illustrato un “naspo” costituito da un tubo arrotolato su un apposito raccoglitore con la lancia di erogazione alla estremità.

AVVERTENZE E LIMITAZIONI NELL’UTILIZZO DELL’ACQUA

� L’acqua è un buon conduttore di elettricità e pertanto non può essere usata

in presenza di apparecchiature sotto tensione; � L’acqua non può essere usata contro i fuochi di classe “C” (gas); � L’acqua non può essere usata contro i fuochi di classe “D” (metalli); � L’acqua non può essere usata contro i fuochi di classe “E” (elettrici); � L’acqua non può essere usata contro i fuochi di classe “F” (mezzi di cottura); � L’acqua non trova impiego in ambienti a temperatura inferiore a 0 °C. Le attrezzature antincendio debbono essere accessibili e senza alcun elemento di arredo o di servizio che possa in qualche modo renderne più difficile l’accesso. Altri strumenti per aggredire l’incendio sono gli estintori che possono essere caricati con vari agenti estinguenti come schiuma, polvere, anidride carbonica, alogenati ecc… Adesso vediamo in dettaglio tutti i principali agenti estinguenti:

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LA GESTIONE DEGLI INCENDI E DELLE EMERGENZE 13

ACQUA La sua azione si esplica attraverso:

� azione meccanica di abbattimento della fiamma; � abbassamento della temperatura del combustibile per assorbimento di

calore; � riduzione della concentrazione dell'ossigeno per sua sostituzione con il

vapore acqueo; � diluizione di sostanze infiammabili.

È consigliato l’impiego dell’acqua per:

� fuochi di classe A (legno, carta, tessuti ed altri materiali che danno origine a braci)

È vietato l'impiego dell'acqua per: � impianti elettrici sotto tensione � sostanze reagenti con essa in modo

violento ed esplosivo (sodio e potassio) o con produzione di sostanze tossiche o corrosive (cloro, fluoro);

� apparecchiature delicate e documenti

� liquidi infiammabili con densità inferiore (che galleggiano sull’acqua come la benzina o l’olio)

SCHIUME Le schiume sono agenti estinguenti costituiti da una soluzione in acqua di uno schiumogeno opportunamente areata. Si presentano come un aggregato di bolle di gas (aria o CO2). La capacità estinguente delle schiume si esplica attraverso:

� la separazione del combustibile dal comburente (ossigeno dell'aria);

� la diluizione del comburente, dovuta a sviluppo di vapore acqueo ed in alcuni casi di CO2;

� raffreddamento.

È consigliato l’impiego delle schiume per:

� fuochi di classe A (legno, carta, tessuti ed altri materiali che danno origine a braci);

� fuochi di classe B (liquidi infiammabili quali benzina o olio).

È vietato l'impiego delle schiume per: � impianti elettrici sotto tensione � sostanze reagenti con esse in modo

violento ed esplosivo (sodio e potassio) o con produzione di sostanze tossiche o corrosive (cloro, fluoro);

� apparecchiature delicate e documenti.

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LA GESTIONE DEGLI INCENDI E DELLE EMERGENZE 14

ANIDRIDE CARBONICA (CO2) L'azione estinguente dell'anidride carbonica si esplica tramite soffocamento per riduzione della concentrazione d'ossigeno nell'aria e tramite raffreddamento dell’incendio. La CO2 viene utilizzata sia come carica di estintori, sia in impianti fissi per la protezione di locali.

È consigliato l’impiego della CO2 per:

� impianti elettrici sotto tensione; � fuochi di classe A, B, C

(rispettivamente carta / legno / gomma, benzina / oli / metano).

È vietato l'impiego della CO2 per: � apparecchiature sensibili alle

brusche variazioni di temperatura; � materiali contenenti l'ossigeno

necessario per la combustione (nitrati, perossidi ecc.);

� fuochi di classe D (fuochi di metalli quali sodio, potassio, magnesio, titanio, zirconio).

La CO2 in alte concentrazioni risulta nociva all’organismo, causandone il soffocamento: dopo avere estinto l’incendio è opportuno aerare i locali prima di soggiornarvi. POLVERI Le polveri sono agenti estinguenti costituiti da particelle solide finemente suddivise. Lo spegnimento si esplica tramite:

� azione meccanica di abbattimento della fiamma; � riduzione della concentrazione di ossigeno con produzione di anidride

carbonica e vapore acqueo; � inibizione della combustione per azione di contatto

Le polveri hanno tossicità modesta e, salvo nel caso di materiali o apparecchiature particolarmente delicati, non trovano in genere controindicazioni; sono usate essenzialmente come carica di estintori e, in misura limitata, in impianti fissi di tipo localizzato.

A seconda della loro composizione le polveri possono essere utilizzate per tutte le classi di incendio, sebbene siano in genere differenziate tra polveri ABC e polveri D, a seconda della classe verso cui sono mirate. Nella pagina seguente viene riportata una tabella riepilogativa che associa ad ogni tipo di estinguente l’idoneità o meno di utilizzo con le diverse classi di fuoco.

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LA GESTIONE DEGLI INCENDI E DELLE EMERGENZE 15

Classe di fuoco

A B C D F

Tipo di estinguente

legno, carta plastica

liquidi infiammabili

gas infiammabili

metalli leggeri

apparecchiature

elettriche olii da cucina

e grassi vegetali

Acqua si no no no * si no Alogenati // si (!) si no si no CO2 limitato si (!) si no si no Polvere si si (!) si *** si si no Schiuma si si no no * si ** si NOTE: * con ugello spray

** schiuma a solfato di potassio // buono su fuochi entro 1 o 2 minuti senza presenza di brace

*** polveri speciali al cloro e boro (!) dopo lo spegnimento chiudere subito la valvola di intercettazione del gas per evitare rischi di esplosioni

Tabella riepilogativa 4.2 Le caratteristiche degli estintori Gli estintori oltre a diversificarsi per tipo e qualità di estinguente sono caratterizzati da diverse taglie dimensionali. I portatili variano da un contenuto minimo di 500 grammi di estinguente a 10 kg. Per maggiori prestazioni vengono realizzate apparecchiature, poste su ruote, capaci di 25, 50 e 100 kg. La teoria insegna e la pratica conferma che lo spegnimento dell’incendio è proporzionale soprattutto alla potenza dell’intervento. Una “secchiata” d’acqua riesce a fermare la combustione di un braciere più che 200 litri versati goccia a goccia. L’azione di un estintore di grande potenzialità si rileva pertanto molto più efficace di molteplici piccoli interventi di portatili incapaci di portare a termine in modo completo e decisivo l’estinzione del focolaio.

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LA GESTIONE DEGLI INCENDI E DELLE EMERGENZE 16

Un estintore è in genere costituito dai seguenti componenti :

A) Uno o più serbatoi, atti a contenere l'agente estinguente, il propellente o ambedue;

B) Una valvola, atta ad intercettare e/o regolare il flusso dell'agente estinguente;

C) Una manichetta, ossia un tubo flessibile che consente il facile indirizzamento dell'agente estinguente nelle direzioni opportune (questa può mancare negli estintori di piccola taglia, fino a 3 kg);

D) Un agente estinguente che, spruzzato o sparso o comunque posto a contatto del fuoco, interagisce con questo spengendolo o limitandolo;

E) Un propellente, gas atto all'espulsione dell'agente estinguente.

La valvola è in linea di massima è composta da: 4a un corpo, normalmente in ottone stampato, alluminio fuso o resine tecniche ad alta resistenza; 4b un pulsante di azionamento; 4c una maniglia 4d un manometro (o altro indicatore di pressione); 4e una sicura per evitare azionamenti non intenzionali.

E' importante sapere riconoscere le parti di un estintore per poi saperlo usare in caso di emergenza. Tre sono le operazioni principali da compiere quando si devono usare gli estintori:

• Togliere lo spinotto di sicurezza; • Impugnare il tubo flessibile; • Premere la leva e dirigere il getto

alla base delle fiamme.

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LA GESTIONE DEGLI INCENDI E DELLE EMERGENZE 17

4.3 L’azione e l’utilizzo degli estintori La valutazione della capacità totale di un estintore va quindi commisurata alle reali possibilità di azione che esso può fornire. La relazione che lega un ambiente da proteggere con l’estintore va definita in due direttrici: A tipo appropriato di estinguente alle particolari possibilità di combustione

che si possono verificare secondo ipotesi di maggior rischio;

B capacità di erogazione commisurata alla entità credibile del danno ovvero allo step di intervento che si vuole aggredire in coesistenza di altre forme di azione repressiva dell’incendio.

La tabella seguente chiarisce meglio la scelta dell’estinguente a seconda di alcuni tipi di ambienti o situazioni di lavoro mentre per il secondo punto (B), la valutazione viene fatta sulla base di ipotesi di sviluppo dell’incendio e dei tempi di intervento.

ACQUA

SCHIUMA con espansione

POLVERE

ATTIVITA’

frazio- nata

nebuliz- zata

bassa

media

alta

normale

speciale

ALO

GE

NA

TI

CO2

Apparechiature elettriche

����

����

����

Archivi ���� ���� Autorimesse ���� ���� ���� ���� ���� Benzina ���� ���� ���� ���� ���� ���� ���� Biblioteche ���� ���� Depositi di alcool ���� ���� ���� ���� Forni industriali ���� ���� ���� GPL deposito ���� ���� GPL distribuzione ���� ���� ���� ���� Gasolio ���� ���� ���� ���� ���� ���� ���� Legna e carbone ���� ���� ���� ���� ���� Magnesio e metal- li combinati

����

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LA GESTIONE DEGLI INCENDI E DELLE EMERGENZE 18

ACQUA

SCHIUMA con espansione

POLVERE

ATTIVITA’

frazio- nata

nebuliz- zata

bassa

media

alta

normale

speciale

ALO

GE

NA

TI

CO2

Metalli aeronautici ���� ���� Metano ���� ���� Motori elettrici ���� ���� Olii lubrificanti ���� ���� ���� ���� ���� ���� ���� Resine sintetiche ���� ���� ���� Ricarica batterie ���� ���� ���� Tessuti ���� ���� ���� ���� ���� Tipografie ���� ���� Vernici e solventi ���� ���� ���� ���� ���� ���� ���� Zucchero prodotti e deposito

����

����

����

����

4.3.1 L’efficienza degli estintori Perché l’estintore si dimostri efficace è anche necessario porre attenzione alle modalità di impiego. 4.3.2 Spegnimento di un liquido infiammabile La quantità di agente estinguente contenuta è limitata e la sua capacità, ottima allo stato della tecnica moderna, non è miracolosa. Occorre che al massimo del contenuto, e meglio se la totalità, sia indirizzata al cuore della combustione senza realizzare quelle azioni meccaniche pericolose nello svolgimento della azione. La figura 1 rappresenta un intervento per lo spegnimento di un liquido infiammabile quale la benzina, il kerosene o altro. Figura 1

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LA GESTIONE DEGLI INCENDI E DELLE EMERGENZE 19

L’azione dell’estinguente va indirizzata verso il focolaio con la direzionalità sotto indicata ponendosi ad una distanza di erogazione tale che l’effetto dinamico della scarica trascini la direzione della fiamma tagliandone l’afflusso dell’ossigeno. Occorre peraltro fare molta attenzione a non colpire direttamente e violentemente il pelo libero per il possibile sconvolgimento e spargimento del combustibile incendiato oltre i bordi del contenitore.

Se tale situazione venisse creata otterremo forse l’estensione dell’incendio

anziché la restrizione 4.3.3 Spegnimento dei combustibili solidi Nel caso di combustibili solidi il comportamento sarà diverso (v. figura 2), non sussistendo la possibilità di aumentare con troppa facilità le parti in combustione. L’angolo di impatto ne risulta notevolmente accentuato per migliorare la penetrazione della polvere estinguente all’interno della zona di reazione. Occorrerà comunque riconoscere a priori, e con un tentativo iniziale se non si ha la certezza della “pezzatura” e della sua relativa densità di quanto sta bruciando. Figura 2 L’estintore è uno strumento caricato con pressione interna e la sua azione ha sempre un impatto dinamico che potrebbe esercitare sia nei liquidi che nei solidi effetti di proiezione di parti calde e/o infiammate che potrebbero comunque generare la nascita di ulteriori piccoli focolai capaci di vanificare l’azione di estinzione in atto. 4.3.4 Spegnimento in operazioni complesse A volte l’azione richiesta potrebbe risultare più complessa (v. figura 3) e la direzione del getto del materiale estinguente richiede continue variazioni per raffreddar zone diverse tutte concorrenti alla generazione dell’incendio.

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LA GESTIONE DEGLI INCENDI E DELLE EMERGENZE 20

Figura 3 In questi casi solo l’esperienza ed una costante pratica esercitata possono suggerire la migliore condotta da seguire per valorizzare al massimo le caratteristiche dell’estintore in utilizzo.

A T T E N Z I O N E Il focolaio appena estinto non va mai abbandonato se non dopo un periodo di tempo tale che il suo riaccendersi sia impossibile (v. figura 4). Figura 4 Va verificata sempre l’intera zona incendiata smassando le ceneri e tutte le parti parzialmente combuste per verificare con assoluta certezza che il fuoco è spento. E’ essenziale vigilare ed attendere l’evolversi di ogni situazione poiché la nostra sensibilità si esercita solo sulle apparenze, mentre il calore potrebbe rimanere conservato a lungo all’interno della massa apparente spenta. Gli estintori se lasciati a terra possono costituire un pericolo.

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E’ opportuna la massima attenzione e cura verso questi validi strumenti da difesa dal fuoco mantenendoli sempre appesi nel loro gancio e segnalati dai cartelli. 4.4 La resistenza al fuoco delle cose o delle strutture Per separare con strutture di difesa un locale dall’altro ed avere delle circostanze di riferimento per verificare l’efficienza delle separazioni, il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco ha definito i criteri di misura che assicurano la resistenza al fuoco delle strutture.

La Resistenza al fuoco è pertanto:

“la capacità di una struttura (es. porte, solaio, pareti ecc…) a resistere alla sollecitazione termica di un incendio campione per un periodo di tempo definito.”

Gli intervalli di tempo stabiliti sono: 15, 30, 45, 60, 90, 120 e 180 minuti primi.

Le classifiche di resistenza sono: “R”, “E” ed “I” che rappresentano, indicano e definiscono:

��

rappresenta la stabilità ossia l’attitudine a mantenere le proprie capacità meccaniche sotto l’azione termica di uno sviluppo di incendio conforme alla curva standard e per il tempo in minuti dichiarato.

��

indica la capacità dell’elemento strutturale di impedire, ed al tempo stesso non produrre, il passaggio di fiamme, vapori e gas caldi oltre il lato non esposto all’incendio per un tempo non superiore all’indicazione in minuti.

��

definisce poi la prerogativa di impedire, nel tempo non superiore all’indicazione in minuti primi, il passaggio di calore anche sotto forma di irraggiamento; questo parametro rappresenta l’innalzamento della temperatura della faccia non esposta.

esempi � dire che una porta è REI 120 significa avere la certezza di

resistenza , impermeabilità e barriera al calore per 120 minuti.

� dire che una parete in muratura è R 180 significa che la struttura rimane indenne alla esposizione dell’incendio per 180 minuti ma non garantisce dalla possibilità del passaggio di fumi e del calore attraverso essa.

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5 Le uscite di sicurezza L’incolumità delle persone rimane l’obiettivo primario di ogni attività che ne comporti la permanenza in luoghi chiusi o comunque definiti e circoscritti. Molte possono essere le ragioni del pericolo che vanno oltre l’incendio stesso. Il valore illimitato della vita impone così la necessità di considerare la fuga come un atto di civiltà. La via di fuga si chiama “Uscita di Sicurezza”. Come si calcola la larghezza di una uscita di sicurezza: Una uscita di sicurezza deve essere abbastanza larga per consentire l’esodo delle persone presenti in un locale in un tempo ragionevole. Poichè il calcolo del tempo di esodo è una questione complessa, mentre le norme di questo tipo devono essere applicabili senza troppe difficoltà, le norme sulla sicurezza dei luoghi di lavoro sono estremamente semplici. Infatti, l’ex art. 33 del decreto legislativo 626 del 1994 (che è ancora vigente anche se il decreto è stato sostituito dal D.Lgs 81/08) stabilisce i limiti: a) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati

siano fino a 25 (venticinque), il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 0,80 (è ovvio pensare che in una tale situazione non si vengano a crear situazioni di ressa per cui non è necessario assicurare che l’anta della porta debba aprirsi ruotando verso l’esterno. E’ sufficiente assicurare una facile apertura priva di serramenti capaci di effettuare blocco come serrature magari con chiave inserita da una sola parte);

b) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi

occupati siano in numero compreso tra 26 e 50 (ventisei e cinquanta), il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 1,20 che si apra nel verso dell’esodo (occorre tenere presente l’effetto ressa generato dal numero di presenti che contemporaneamente tendono ad uscire);

80 cm

120 cm

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LA GESTIONE DEGLI INCENDI E DELLE EMERGENZE 23

c) quando in uno stesso locale i lavoratori

normalmente ivi occupati siano in numero compreso tra 51 e 100 (cinquantuno e cento), il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 1,20 e di una porta avente larghezza minima di m 0,80, che si aprano entrambe nel verso dell’esodo;

d) quando in uno stesso locale

i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero superiore a 100 (cento), in aggiunta alle porte previste alla lettera c) il locale deve essere dotato di almeno una porta che si apra nel verso dell’esodo avente larghezza minima di m 1,20 per ogni cinquanta lavoratori normalmente ivi occupati o frazione compresa tra dieci e cinquanta calcolati limitatamente all’eccedenza rispetto a cento.

Cosa deve fare il datore di lavoro: I casi sono due: se esiste una norma sull’attività (teatro, cinema, ospedale, scuola ecc.) di solito è abbastanza chiara su questo punto, e non dovrebbero esserci difficoltà di interpretazione. Nel caso più comune, cioè quando non ci sono norme specifiche per il luogo di lavoro, si deve considerare il numero massimo di persone che possono essere presenti nel locale. Fino a 25 persone la porta può essere larga 80 cm. Al di sopra delle 25 persone serve una porta da 1,20 m. Sopra le 50 persone le porte devono essere almeno due (almeno 80 e 120 cm l’una) e così via. Si deve aggiungere che quando sono necessarie almeno due porte, queste dovrebbero essere possibilmente contrapposte, come è indicato nel decreto 10 marzo 1998, per consentire l’esodo anche se una di queste è inutilizzabile. Le vie di esodo non debbono mai essere intralciate da ostacoli che ne riducano in modo sensibile il passaggio o che costituiscano impedimento al normale deflusso delle persone. La sezione di passaggio di una porta di sicurezza sino al luogo sicuro deve rimanere costante.

120 cm

��

120 cm 120 cm 80 cm

80 cm

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LA GESTIONE DEGLI INCENDI E DELLE EMERGENZE 24

I percorsi di uscita peraltro sono sempre segnalati con appositi cartelli verdi con figure in bianco, che ne indicano sia la strada da seguire fino al luogo sicuro, sia la posizione delle porte di passaggio. 6 Cosa è una emergenza

Premessa: Per una corretta gestione dell’emergenza in azienda il datore di lavoro deve: � designare una o più persone incaricate alla gestione dei vari momenti

dell’emergenza; � predisporre un sistema di allarmi in modo che tutti i lavoratori vengano

immediatamente informati del pericolo; � predisporre un piano di emergenza semplice e chiaro completo anche

di planimetrie che riportano la localizzazione delle attrezzature di difesa e delle vie di esodo.

6.1 Cosa è una emergenza L’emergenza è un fatto, una situazione, una circostanza diversa da tutti gli avvenimenti che normalmente si presentano ad ogni lavoratore. Per dare un esempio l’arco elettrico di un interruttore che si apre sarà, entro gli ovvi limiti di sicurezza, usuale per l’elettricista, un anomalia per un impiegato che potrebbe trasformarsi in stato di allarme. Un emergenza costringe quanti la osservano e quanti per disgrazia eventualmente la subiscono, a mettere in atto misure di reazione a quanto accade, diretta alla riduzione dei danni possibili e alla salvaguardia delle persone. E’ chiaro che tali azioni sono straordinarie, nel senso che non appaiono nella consuetudine del lavoro. L’emergenza condiziona soggetti al lavoro, presenti o anche spettatori, ad essere attenti e consapevoli che i limiti della sicurezza propria o altrui o delle cose, stanno per essere o sono superati e che occorre agire per impedire il diffondersi del danno.

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6.2 Cosa occorre fare se si verifica una emergenza Essendo l’emergenza un fatto imprevisto, per la sua stessa natura coglie di sorpresa tutti i presenti. L’azione più istintiva è sempre la fuga ma questa potrebbe rivelarsi la scelta peggiore. Solo l’esistenza di un piano d’azione programmato consente di agire con una serie di scelte che il soggetto o i soggetti consapevoli dell’emergenza in atto potranno valutare rapidamente per promuovere contromisure adeguate alla risoluzione degli imprevisti con il minimo danno per se e per gli altri. Ad esempio, fuggire sconsideratamente per un cestino della carta andato a fuoco significa, probabilmente, far procedere l’incendio a tutto il fabbricato con danni ingenti alle strutture e forse anche alle persone. Procedere invece con

contromisure semplici, azionando un estintore debitamente segnalato e facilmente raggiungibile, avvisando la centrale operativa dell’accaduto, e determinando l’intervento degli addetti qualificati, significa limitare il danno alla sola distruzione del cestino e forse, se le cose sono andate male, alla affumicata della vernice del tavolo. Per mantenere corretto il comportamento di ciascun lavoratore è necessario studiare un piano che tenga conto dei possibili incidenti che possono derivare da un particolare ambiente lavorativo (un laboratorio piuttosto che un ufficio) per le sue specifiche caratteristiche di ambiente, dei materiali presenti, degli impianti e del ciclo lavorativo.

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6.3 Cosa è il piano di emergenza E’ solo una indicazione sui comportamenti che vanno assunti da ogni lavoratore o soggetto, presente al luogo ove si verifica l’emergenza, nel mente si va a verificare il fatto anomalo fuori dall’ordinario e le sue possibili conseguenze. Il piano deve essere chiaro, semplice, ed a conoscenza di tutti gli interessati per gli specifici livelli di competenza.

Esempio: in un supermercato i cartelli indicanti le uscite sono parte integrante del piano e servono ad informare i clienti, i cartelli delle apparecchiature di emergenza (allarmi, estintori, idranti, cassetta di pronto soccorso ecc…) servono a mantenere aggiornati gli operatore generici (commesse e/o magazzinieri), gli addetti alla manutenzione avranno specifiche istruzioni relative ad interventi di sezionamento di energia elettrica, intercettazione di combustibile per le caldaie, ed altro….. Questo esempio serve per individuare in modo appropriato le competenze di tutti gli eventuali presenti di una emergenza che dovranno agire in modo appropriato per ogni specifico livello di responsabilità. Il piano di emergenza si divide in due parti fondamentali: A – una struttura fissa che ne rappresenta l’ossatura composta da:

� una localizzazione delle attrezzature di difesa;

� i percorsi di esodo per l’abbandono della zona di emergenza;

� una prospetto numerico, ove possibile, delle persone presenti per settore;

� un organigramma, completo di incarichi, degli addetti all’emergenza.

B – un protocollo di istruzioni che fissa le procedure da attuare per tutti gli

eventuali presenti, che contiene indicazioni:

� su come deve essere lanciato un avviso di allarme;

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� sulle azioni di ciascun addetto a compiti attivi nella emergenza;

� sulla gestione esterna dell’allarme.

6.4 Contenuti della struttura fissa del piano di emergenza Ogni piano deve avere delle schede illustrative su cui devono essere riportate tutti i simboli corrispondenti alle attrezzature di difesa e soccorso esistenti al fine di permettere a tutti i presenti di localizzare anche tutte “le attrezzature di difesa e le vie di esodo” (v. esempio sotto riportato).

Estintore Cassetta medica I simboli impiegati servono anche a indicare i percorsi da seguire in caso di necessità di uscita verso l’esterno o verso luoghi sicuri. Questi simboli vengono riportati sulle planimetrie che rappresentano il luogo di lavoro e rendono immediatamen- te comprensibile il loro posizionamento e le possibili vie di uscita. Lo schema, esposto a tutti i frequentatori della zona interessata ripro- pone costantemente e con semplicità come e dove occorre indirizzarsi per raggiungere l’al- larme, l’estintore, l’idra- nte, il pronto soccorso, nonché la direzione di uscita più affidabile per ogni punto.

Vie di esodo

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6.5 Chi sono i responsabili del funzionamento del piano La previsione di azioni coordinate ha la necessità di affidare i compiti essenziali e primari a persone in grado di assicurarne il funzionamento. Ogni lavoratore deve conoscere con certezza:

� è incaricato di ricevere l’allarme per poi diffonderlo in modo programmato all’intera struttura ed all’esterno per eventuali richieste di aiuto (il centralino telefonico con il suo personale viene normalmente deputato a questo compito a volte è incaricata la portineria ecc…);

� ha il compito di azionare i dispositivi

di difesa (sistemi antincendio, attrezzature di pronto soccorso ed altro);

� è incaricato di intervenire per

togliere la corrente elettrica, il gas ed altro nella zona interessata dalla emergenza (gli addetti alle manutenzioni sono quelli che normalmente ne vengono incaricati);

� ha il compito di aprire le porte e

guidare tutti i presenti verso la zona sicura;

� aiuta i disabili; � per ultimo controlla e si assicura che

nessuno sia rimasto all’interno della zona evacuata.

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6.6 I contenuti del settore operativo del piano Allarme: ogni emergenza nasce per cause accidentali ed impreviste ma si manifesta sempre per l’intervento umano che si definisce “allarme”. Chi lancia l’allarme: è un compito che spetta ad ogni persona presente al manifestarsi di un fatto anomalo giudicabile pericoloso. E’ importante mantenere la calma e cercare di valutare rapidamente e con molta attenzione la possibile dimensione dell’evento per fornire informazioni corrette nella comunicazione di allarme. Chiunque venga a conoscenza di un fatto anomalo di origine interna o esterna (presenza di fumo, spargimento di liquidi, spargimento di sostanze infiammabili, odori persistenti e fortemente diversi da tutte le condizioni usuali, linee elettriche in surriscaldamento, fughe di gas, cedimenti strutturali, scosse telluriche ecc…) è tenuto a dare l’allarme nelle modalità precisate nel piano (telefonando al numero telefonico interno 000 0000000) segnalando:

� la natura dell’emergenza; � il luogo da cui si stà parlando; � la presenza eventuale di infortunati; � le proprie generalità.

Deve poi avvertire immediatamente le persone che, a suo giudizio, possono o potrebbero essere coinvolte dagli sviluppi dell’evento. Il comportamento della persona che attiva questa procedura deve mantenersi calmo e riflessivo per il buon esito di questa prima fase del piano, da cui può dipendere la rapidità e l’efficienza stessa di tutta la manovra successiva. Ciascun lavoratore deve conoscere con vera sincerità i limiti delle proprie capacità e comportarsi entro i limiti delle proprie possibilità. E’

preferibile chiedere aiuto sull’iniziativa ad un'altra persona anziché operare in modo affrettato ed impreciso rischiando di compromettere il buon esito dell’azione.

Alcuni soggetti potrebbero incontrare difficoltà emotiva a comunicare un messaggio di allarme. In questo caso possono servirsi di un collega vicino,a cui segnalare l’insorgere dell’evento.

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6.7 L’intervento sull’emergenza Il personale non compreso nella squadra degli addetti alla gestione delle emergenze, può attivarsi per tentare un intervento per il contenimento e la riduzione del pericolo. L’azione, altamente meritoria, deve tuttavia essere preceduta da una onesta e sincera valutazione delle proprie capacità operative e soprattutto deve svolgersi senza pregiudizio alcuno della incolumità propria ed altrui. Per esempio in caso di piccoli focolai di incendio, in attesa dell’intervento degli addetti, si può cercare di spegnere le fiamme con gli estintori di dotazione alla zona interessata, seguendo sempre ed attentamente le norme per il loro utilizzo. Non tutti potrebbero avere la capacità di avvicinarsi al fuoco. L’azione dell’estintore va lasciata ad un soggetto meno emotivo e più esperto. Chi, giustamente, per la propria sensibilità decide di allontanarsi, lo faccia assumendo il maggior numero di notizie utili dal centro di allarme come la tipologia dell’incidente (scoppio, incendio, allagamento ecc…), dimensioni dell’incidente, persone presenti e persone coinvolte, valutazioni sullo sviluppo probabile. Ordine di sfollamento: quando la valutazione dell’allarme suggerisce l’abbandono dei luoghi oggetto dell’emergenza (la dimensione relativa può essere definita in una zona, un reparto, un laboratorio o l’intero stabile). Le modalità di emanazione di questo ordine sono definite nel piano ed in forma specifica per ogni azienda. Le modalità di questa delicatissima ed importantissima procedura debbono essere comunicate ad ogni dipendente in forma certa ed esplicita. Ogni dipendente deve possedere la certa cognizione di come viene emanato l’ordine di sfollamento. 6.8 Lo sfollamento In esecuzione all’ordine di sfollamento tutto il personale, esclusi gli addetti alla gestione dell’emergenza i cui incarichi specifici sono descritti nel piano, deve dirigersi verso le uscite di sicurezza del settore occupato come indicato nelle planimetrie di piano.

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Durante lo sfollamento occorre: � lasciare il proprio posto di

lavoro curando di mettere tutte le attrezzature in uso i condizione di sicurezza fermando i macchinari, scon- nettendo l’energia elettrica, ed interrompendo l’alimentazione di eventuali combustibili;

� abbandonare la zona senza indugi, ordinatamente e con calma (senza correre), e senza creare allarmismi e confusione;

� non si debbono portare al seguito ombrelli, bastoni, borse o pacchi voluminosi, ingom- branti o pesanti;

� non tornare indietro per nessun motivo;

� non ostruire gli accessi dello stabile permanendo in pros- simità di esse dopo l’uscita;

� tornare ordinatamente dopo un periodo sufficiente, stabilito nel piano ed a conoscenza di tutti, presso precisi punti di raccolta per procedere ad un appello nominale di tutti i presenti e ricevere eventuali istruzioni;

� in presenza di fumo o fiamme è opportuno coprirsi la bocca ed il naso con fazzoletti, pos- sibilmente molto umidi, per filtrare quanto più possibile l’aria respirata che sarà tanto più respirabile quanto più ci si tiene abbassati;

� in presenza di calore proteggersi anche sul capo con indumenti pesanti di lana o cotone possibilmente bagnati evitando tessuti sintetici.

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7 La segnaletica di sicurezza La segnaletica di sicurezza è regolamentata dal Decreto Legislativo n. 493 del 14 agosto 1996 - Attuazione della direttiva 92/58/CEE. Questo Decreto ha abrogato il DPR 524/82 e la tabella A del DPR 547/55. Obblighi per i datori di lavoro:

� fare ricorso alla segnaletica di sicurezza per vietare comportamenti pericolosi, avvertire dei pericoli esistenti, prescrivere comportamenti sicuri, fornire indicazioni relative alle uscite di sicurezza e ai mezzi di soccorso e altre informazioni in materia di sicurezza;

� informare e formare i lavoratori e i rappresentanti per la sicurezza; � seguire le norme di buona tecnica, per le ipotesi non considerate dal

decreto. Obblighi per i lavoratori

� non modificare o rimuovere, senza autorizzazione, i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo.

Secondo quanto dettato dal D.lgs. 493/96 è bene sottolineare come la segnaletica non risulta essere costituita solamente da cartelli, ma da un complesso di strumenti, canali comunicativi e modalità di interazione che si inseriscono nel sistema di gestione aziendale della sicurezza. Pertanto, le finalità comunicative che stanno a fondamento della segnaletica possono essere identificate nelle diverse tipologie di segnali e negli strumenti di seguito riportati.

SEGNALI - Segnale di SALVATAGGIO O DI SOCCORSO utile a fornire indicazioni

relative alle uscite di sicurezza o ai mezzi di soccorso o di salvataggio - Segnale di DIVIETO avente la funzione di vietare un comportamento che

potrebbe far correre o causare un pericolo - Segnale di AVVERTIMENTO il cui scopo risulta essere quello di avvertire

circa l'esistenza di un rischio o pericolo - Segnale di PRESCRIZIONE il cui compito è quello di prescrivere un

determinato comportamento - Segnale di INFORMAZIONE recante indicazioni diverse.

STRUMENTI - Il cartello fornisce una determinata indicazione a visibilità garantita da

illuminazione di intensità sufficiente mediante combinazione di forma geometrica, colori, simbolo o pittogramma ossia di immagini impiegate su un cartello o su di una superficie luminosa. Nella cartellonistica di sicurezza il colore e la forma del cartello definiscono in modo univoco il messaggio.

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LA GESTIONE DEGLI INCENDI E DELLE EMERGENZE 33

Per ciò che riguarda i colori: - il ROSSO è associato al concetto di divieto pertanto, proibisce comportamenti

a rischio, si riferisce poi ai presidi ed anche al materiale antincendio cioèall'identificazione ed all'ubicazione di quest'ultimo;

- il GIALLO avverte della presenza di un pericolo invitando così alla cautela; - l'AZZURRO è associato al concetto di obbligo o prescrizione; - il VERDE è associato al concetto di salvataggio, soccorso, sicurezza. Mentre, per quanto concerne le diverse forme geometriche e dimensioni si distinguono: - forma ROTONDA con colorazione rossa per i cartelli di divieto - forma TRIANGOLARE con colorazione gialla per i cartelli di avvertimento - forma ROTONDA con colorazione azzurra per i cartelli il cui scopo risulta

essere la prescrizione - forma RETTANGOLARE o QUADRATA per i cartelli di salvataggio e di

soccorso con colorazione verde mentre per l'antincendio la colorazione risulta essere rossa.

- Il segnale luminoso può essere illuminato dall'interno o dal retro e ha

caratteristiche di forma, colori e pittogrammi simili a quello dei cartelli semplici. La luce emessa da un segnale deve produrre un contrasto luminoso adeguato al suo ambiente, senza provocare abbagliamento per intensità o cattiva visibilità per intensità insufficiente. La superficie luminosa che emette il segnale può essere di colore uniforme o recare un simbolo su sfondo determinato. Un segnale luminoso intermittente sarà impiegato per indicare, rispetto a quello continuo, un livello più elevato di pericolo o una maggiore urgenza dell’intervento o dell’azione richiesta o imposta.

- Il segnale acustico viene emesso e diffuso da un apposito dispositivo senza

impiego di voce umana o di sintesi vocale. Il segnale acustico deve avere un livello sonoro nettamente superiore al rumore di fondo, in modo da essere udibile, senza tuttavia essere eccessivo o doloroso; deve essere facilmente riconoscibile in rapporto alla durata degli impulsi e alla separazione fra impulsi e serie di impulsi, e distinguersi nettamente, da una parte, da un altro segnale acustico e, dall’altra, dai rumori di fondo. Nei casi in cui un dispositivo può emettere un segnale acustico con frequenza costante e variabile, la frequenza variabile andrà impiegata per segnalare, in rapporto alla frequenza costante, un livello più elevato di pericolo o una maggiore urgenza dell’intervento o dell’azione sollecitata o prescritta. Il suono di un segnale acustico di sgombero deve essere continuo.

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LA GESTIONE DEGLI INCENDI E DELLE EMERGENZE 34

- La comunicazione verbale che si serve della voce umana o di una sintesi

vocale. Quando la comunicazione si instaura fra un parlante e uno o più ascoltatori, deve essere in forma di testi brevi, di frasi, di parole, eventualmente in codice. I messaggi verbali devono essere il più possibile brevi, semplici e chiari; le persone interessate devono conoscere bene il linguaggio utilizzato, fatto spesso di parole chiave.

- Il segnale gestuale consiste in un movimento o in una particolare posizione

delle braccia o delle mani per guidare persone che effettuano manovre. Il segnale deve essere preciso, semplice, ampio, facile da eseguire e da comprendere e nettamente distinto da un altro segnale gestuale. Il segnalatore deve essere in condizione di seguire con gli occhi la totalità delle manovre, senza essere esposto a rischi a causa di esse; deve rivolgere la propria attenzione esclusivamente al comando delle manovre e alla sicurezza dei lavoratori che si trovano nelle vicinanze. Se non sono soddisfatte queste condizioni occorrerà prevedere uno o più “segnalatori ausiliari”. Quando l’operatore non può eseguire con le dovute garanzie di sicurezza gli ordini ricevuti, deve sospendere la manovra in corso e chiedere nuove istruzioni. Per questo il segnalatore deve essere ben visibile e indossare o impugnare uno o più elementi di riconoscimento adatti, come giubbotto, casco, manicotti, bracciali, palette. Questi elementi di riconoscimento devono essere di colore vivo, preferibilmente unico, e riservato al solo segnalatore.

CARTELLONISTICA DI SUPPORTO

Nei luoghi di lavoro, accanto ai cartelli e ai segnali obbligatori per legge, possono essere presenti anche cartelli di "supporto" al fine di creare una maggiore e ulteriore coscienza prevenzionistica e condurre comportamenti prudenti. Tali messaggi invitano generalmente all'uso dei DPI, all'ordine e alla pulizia del luogo di lavoro, possono essere anche grafici e tabelle indicanti l'andamento infortunistico aziendale con l'intento di stimolare e sollecitare la collaborazione all'esecuzione delle attività nelle migliori condizioni di sicurezza.

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7.1 I cartelli di salvataggio

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7.2 I cartelli di divieto

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7.3 I cartelli di avvertimento 7.4 I cartelli di prescrizione

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7.5 I cartelli perle prescrizioni antincendio

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7.6 Le etichette di pericolo per le merci in trasporto

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7.7 I simboli e le indicazioni di pericolo