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Page 1: Organizzazione della Mostra - Tuscia · squadrati di una forma geometrica stabile, ma esibi- scono come cicatrici i segni di uno squasso, di uno slit- tamento di piani, di un cataclisma
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Comune diCivita Castellana

Organizzazione della Mostra

Girolamo Fabrizio società cooperativa

Presidente Cristina Bugiotti

Vicepresidente Silvia Valentini

Gestore dei servizi culturali, didattici e turistici

presso:

Museo della Ceramica della Tuscia di Viterbo

via Cavour 67, tel.0761 223674/ 346136

m. 338 1334438

www.museodellaceramicadellatuscia.it

e-mail: [email protected]

Museo della Ceramica “Casimiro Marcantoni”

di Civita Castellana (VT)

e Ufficio Turistico di Civita Castellana (VT)

via Gramsci 3

tel. 0761 5902364 – 346 6183436

e-mail: [email protected]

Immagini

Fabio Santinelli "Face 2 Face Studio"

Manuela Giusto

Zeno Colantoni

Ufficio Stampa

Sabino De Nichilo - Roma

Cristina Bugiotti, Silvia Valentini e

Valentina Capoccioni - Viterbo

Uno speciale ringraziamento alla

Fondazione Carivit che ha reso possibile

la realizzazione della mostra

Orari di apertura dei musei

Museo della Ceramica della Tuscia di Viterbo

giugno: dal giovedì alla domenica 10-13 / 15.30-18.30

luglio e agosto: dal venerdì alla domenica 10-13 / 15.30-18.30

chiuso dall’1 al 15 agosto

settembre: dal giovedì alla domenica 10-13 / 15.30-18.30

Museo della Ceramica “Casimiro Marcantoni” di Civita Castellana (VT)

settembre e ottobre: martedì 9-13 - giovedì 9-13 / 15.30-18.30 - sabato e domenica 10-13 / 15-18.30

novembre, dicembre e gennaio: martedì 9-13 - giovedì 9-13 / 14.30-17.30 - sabato e domenica 10-13 / 14-17.30

AddendiSculture di Riccardo Monachesi

Museo della Ceramica della Tuscia di Viterbo

17 giugno – 10 settembre 2017

Museo della Ceramica “Casimiro Marcantoni” di Civita Castellana (VT)

23 settembre 2017 – 7 gennaio 2018

a cura di Francesco Paolo Del Re con un testo critico di Enrico Parlato

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Conto di terra e smisurata pazienzadi costrutti in disequilibrio

Di Francesco Paolo Del Re

Gli addendi sono i termini di un’addizione. Una mostra èla somma delle singole opere scelte per articolare un di-scorso di senso o dissenso, un percorso espositivoche si fa un’esperienza di fruizione. L’arte stessa è unprocesso di continua addizione e si può definire ad-dendo di questa somma in divenire, quindi, anche ogninuova mostra che si assomma alle precedenti. Nel disegno più ampio del percorso della ricerca di unartista, ogni tappa espositiva s’inserisce come una tes-sera di mosaico, ponendosi in dialogo con il passato e ilfuturo della sua sperimentazione e con il contesto cultu-rale all’interno del quale è inserito. In questo senso, la ri-flessione che ispira il titolo della mostra “Addendi” diRiccardo Monachesi immagina il lavoro artistico propriocome un fare processuale, inserito in un universo di re-lazioni.Smisurata pazienza di costrutti in disequilibrio, dunque,per una nuova personale di Monachesi che in questocatalogo lascia traccia e testimonianza di sé; un nuovoaddendo appunto, a distanza di tre anni dalla grandemostra organizzata all’interno del Museo delle Mura diPorta San Sebastiano a Roma.

Stavolta nelle due sedi del Museo della Ceramica dellaTuscia di Viterbo e nel Museo della Ceramica “CasimiroMarcantoni” di Civita Castellana, in un lasso di tempocompreso tra il 17 giugno 2017 e il 7 gennaio 2018, sipresenta un’ulteriore mostra-addendo, per valorizzare lepeculiarità della scultura di Riccardo Monachesi, artistache fa dell’addizione di elementi modulari e della varia-zione all’interno di un principio seriale uno dei suoi puntidi forza, con l’intento di trasformare il lavoro plastico inpiù ampie installazioni che si confrontano attivamentecon lo spazio espositivo.

L’arte di Riccardo Monachesi si radica nel Novecento econ i suoi maestri interloquisce in modo discreto e intel-ligente, senza scordarsi del presente su cui si alterna ilpasso e della strada ancora da fare, delle direzioni edelle dimensioni possibili da abitare. Monachesi fa scultura essendo prima di tutto un archi-tetto ed esercita il gioco dello spazio e dei volumi mani-polando la stessa materia che impasta il mondo, la terrache si fa ceramica. La ceramica la chiama per nome –con il nome dei suoi maestri e di tutti quelli che in qua-rant’anni ha incontrato per strada, i colleghi artisti, i criticie i giornalisti che hanno scritto del suo lavoro, i galleristie i collezionisti con cui si è misurato, le maestranze chel’hanno aiutato a realizzarlo. Una materia umile e nobile,antica e ipercontemporanea, da rispettare e da pla-smare con la passione di un amante. Rompendo con-suetudini e schemi precostituiti, nell’esaltazionedell’incidente, dell’imprevisto, dell’indeterminato, a voltepersino dell’improbabile. Riccardo Monachesi si puòpermettere di guardare negli occhi e di interpellare inmodo colloquiale e amichevole la ceramica da qua-rant’anni e questa mostra è qui a ricordarcelo.

“Addendi” raccoglie un’antologia delle sculture in cera-mica realizzate dall’artista, con particolare attenzione allaproduzione degli ultimi anni e con una significativa incur-sione nella produzione precedente. Il cuore della mostraè costituito da alcune nuove sculture, come per esem-pio quelle della serie “TerraeMota”, quasi completa-mente inedita. Sono cinque case di grandi dimensioni ecolori diversi ottenuti dall’impiego di crete differente-mente pigmentate, che non si precisano nei contornisquadrati di una forma geometrica stabile, ma esibi-scono come cicatrici i segni di uno squasso, di uno slit-tamento di piani, di un cataclisma che storce le lineedritte e rende irregolari le superfici. «Ho iniziato a lavorarea questo progetto nel 2015 durante una residenza inCile, su invito dell’Istituto Italiano di Cultura di Santiagodel Cile», spiega Monachesi. «Nel corso del mio sog-giorno cileno si è verificato un terribile terremoto e, apartire dall’osservazione della devastazione prodotta da

questo cataclisma, ho iniziato a riflettere sul tema dellacasa franata e squassata. Un lavoro che ho deciso diproseguire anche al mio ritorno in Italia: i terribili terremotidell’Umbria e delle Marche del 2016 mi hanno infatticonvinto della necessità di riflettere con gli strumentidella mia arte sul tema della fragilità della costruzioneumana».

Accanto a queste sculture di impegno civile, tra le opererecenti si annoverano anche lavori di respiro più intimo eprivato, come “Persino le briciole”, una grande installa-zione a parete del 2015 che scandisce accenti e pausedel verso di una poesia. I singoli elementi che articolanol’enunciato poetico si apparentano alle lucide superficismaltate della serie “DiSassi”, sempre installate a paretein una rilettura contemporanea del bassorilievo. La serieè rappresentata in mostra dalla grande formella “Bluprofondo”, del 2015, e dalla “Composizione 4” dellostesso anno, che segna i quattro vertici di un quadratocon tre quadrati più piccoli blu e uno rosso. Che sianosemplici superfici blu animate dall’acquea inafferrabilitàdella materia pittorica che le veste, oppure canyon dipieghe e curvature di tattile plasticità in accordo alla car-nalità del colore e della lavorazione, tutti i “DiSassi” diMonachesi insistono su un disequilibrio del piano, inun’inclinazione della bugna che mina l’aspettativa di per-cezione e supera i vincoli della forma-quadro in unamultidimensionalità relazionale capace di interpellare lospettatore in modo persuasivo e inaspettato.

Intimo e allo stesso tempo quasi monumentale è invecel’incontro di due opere diverse tra loro per forma e per ti-pologia, ideali ritratti delle figlie dell’artista Tullia e Bianca.Si tratta rispettivamente della vasa (declinazione femmi-nile del più banale vaso) intitolata “Pensandola”, del2010, e dello “Pneuma” grigio e arancione, dello stessoanno. In queste due opere, il discorso sulla carnosità esulla carnalità della creta si fa profondo e tangibile. Nelprimo caso, la base e la bocca a mandorla della vasasimboleggiano una femminilità capiente e carica delportato simbolico della sua presenza strutturale. Nel

caso dello “Pneuma”, invece, scultura antropomorfa cheaggroviglia l’ipotesi costruttiva del vaso, la forma pro-fonda e sottesa allude a una crasi di porzioni di corpo,una scapola, un’anca, una colonna vertebrale. Da unaparte troviamo la lastra come principio costruttivo dellaforma che si dà nuda, fiera della giustapposizione che lasostanzia e la sostiene all’incrocio di terre e di pelli di-verse - dall’altra si può ammirare la premura del colom-bino che, nel moto di un arrotolarsi su se stessopotenzialmente infinito, canta la canzone del tempo chepassa e del sentimento nel suo patire.

Antropomorfi sono anche i tre “Vasi-libro” (1991) pre-senti in mostra, le cui sagome rimandano a busti e torsidi archeologica e arcana enigmaticità. E poi ci sono i“Cubi”, una delle serie più fortunate e apprezzate dellaproduzione di Riccardo Monachesi, che si è dedicato avere e proprie variazioni sul tema per un decennio, apartire da uno stesso calco ossessivamente interrogatocome un oracolo muto, per vaticini mai pacificati. Per idue appuntamenti espositivi nella Tuscia, sedici modulicubici concorrono a formare un’installazione distribuitasu tre livelli, giocata sull’emozione del colore e sull’im-previsto della forma che esalta la dissomiglianza nella ri-petizione.

Non è tutto. In un ideale abbraccio che supera il tempo,dagli archivi dell’artista riemerge poi un lavoro degli anniOttanta: la serie “Tangram” del 1985, composta di settepezzi, che già Paolo Portoghesi scelse per le paginedella rivista “Eupalino” da lui diretta. In “Tangram”, l’eser-cizio sulla lastra si fa elegante e quasi concettuale, as-sumendo in sé elementi grafici e tipografici chemarcano una distanza netta rispetto ai lavori successivi.Preziosa testimonianza di un percorso di ricerca tenace,coerente e di grande rigore formale, la serie “Tangram”viene esposta al pubblico per la prima volta dopo mol-tissimo tempo, per raccontare otto lustri di impegno diRiccardo Monachesi al servizio della scultura. Dentro laforma e oltre la materia. Per un conto di terra che maitorna ma sempre appassiona.

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Biografia dell’artista

Nato e cresciuto a Roma, nel 1977 sono arri-

vato nello studio di Nino Caruso ai Coronari. La

folgorazione fu immediata e totale, ho iniziato a

fare ceramica e da allora non ho più smesso.

La scultura e la scultura in ceramica è stato ed

è la forma migliore d’arte che potessi mai sce-

gliere per cercare di trasmettere quello che altri

media non mi avrebbero potuto dare. Non

credo molto all’ispirazione ottocentesca che ti

coglie con un raptus violento, ma sicuramente

ammetto che fare arte è un mix di costante ap-

plicazione ad alcune suggestioni che ti coinvol-

gono per un breve periodo o per tutta la vita.

Nel frattempo sono diventato architetto e fug-

gendo da qualsiasi tentazione di “design” ho

scoperto che l’unica possibilità che mi interessi

progettare è l’emozione che metto nel mio la-

voro. Mi piace partecipare a mostre collettive a

tema e personali, se anch’esse hanno un tema;

mi piace adattare la mia poetica a suggestioni

date da altri o coglierne di private. Nel 1981 ho

iniziato ad esporre i miei lavori in galleria, con

una mostra sul Barocco a Calcata presentata

da Paolo Portoghesi ed a confrontarmi con “il

pubblico” e la critica. Nel 1994 una mostra allo

Studio Bocchi, presentata da Walter Veltroni,

ha completamente “sdoganato” la ceramica

quale materia legata al mondo dell’artigiano per

ritornare a materia d’arte. Seguono poi una nu-

trita serie di personali e collettive tra le quali: nel

2009 una personale presso l’Istituto Italiano di

Cultura a Vienna, nel 2011 la Galleria Nazionale

di Arte Moderna ha acquisito e collocato

presso il Museo Boncompagni Ludovisi, 20 ce-

ramiche realizzate a quattro mani con Elisa

Montessori, nel 2014 una personale “Terrae-

Mota” per Il Comune di Roma presso il Museo

delle Mura e nel 2015 una collettiva presso la

Galleria Nazionale di Arte Moderna sullo stato

della scultura in ceramica nel XXI secolo. Sem-

pre nel 2015 ho realizzato un’opera “site spe-

cific” per il Museo Archeologico Luigi Bernabò

Brea a Lipari ed altri due lavori nell’Ambasciata

Italiana di Santiago del Cile, come risultato di

una residenza d’artista.

Riccardo Monachesi

Roma, via Federico Zuccari 2A,

www.riccardomonachesi.com

Fogli di creta

Con fedele dedizione Riccardo Monachesi manipola

ormai da decenni la metamorfica e proteiforme creta,

plastica forma pietrificata dal calore del fuoco. “Pietra

liquida” - per riprendere il titolo di una bella mostra

tenutasi lo scorso anno a Vulci - di cui Monachesi

esplora la duplice natura: quella di materiale umile,

in senso letterale, oppure trasfigurato in forme com-

plesse, animate da brillanti invetriature.

Nel primo caso, Monachesi ne sottolinea la materia-

lità austera e domestica, memore delle nature morte

di Morandi. L’intreccio esistenziale di una poetica an-

corata alla quotidianità del vivere è qui ribadito dalle

cromie brune e grigie generate dagli ossidi, dove il

vivente sedimenta nel fossile, senza mai esserne del

tutto sopraffatto. A volte ne promana un’aura archeo-

logica, che ricorda le stipi votive di antichi santuari:

oggetti domestici, frammenti anatomici, piccoli simu-

lacri evocano, come musiche fossili, antiche pre-

ghiere e desideri di cui ignoriamo l’esito. Anche per

Monachesi la creta diventa il luogo nel quale sedi-

mentano umane passioni: quelle sotterranee che in

modo impercettibile la psiche trasmette alle mani

dell’artefice, oppure quelle schiettamente ricercate

in maniera lucida e consapevole. Oggetti comuni o

che sembrano tali - anche se a ben guardare non lo

sono - si animano, diventano simulacri umani, ma-

schili e femminili, in un impalpabile equilibrio di forme

mimeticamente dichiarate oppure sottilmente allu-

sive, ma sempre legate ad archetipi che le rendono

familiari. Antiche memorie che toccano la coscienza,

anche se non riusciamo ad afferrarne il bandolo.

Se l’organico costituisce il filo conduttore della ri-

cerca di Monachesi, la serie dei cubi - forme geo-

metriche regolari disposte con rigore cartesiano -

sembrano contraddire tale ispirazione. Le invetriature

dai colori saturi, sono un controcanto felice nel quale

l’estro magmatico di Leoncillo si infiltra e distoglie il

nostro dai suoi propositi: la creta si trasforma in

astratto piano geometrico, in fogli che definiscono

forme regolari che vorrebbero essere rigorose, ma

poi cedono felicemente al caso. Ogni cubo collas-

sando a modo suo assume una sua identità e la na-

tura prende la sua rivincita. Così come negli alfabeti

- tessere seriali dove la variabile segnica suggerisce

un linguaggio cifrato - le linee colorate sembrano va-

ticini in una lingua perduta tutta da decrittare.

In Pneuma prevalgono di nuovo forme dichiarata-

mente organiche - come scrive Monachesi - ispirate

ai tronchi secolari di alberi tropicali contemplati in un

orto botanico. Il soffio creatore si riprende la sua ri-

vincita: la creta si anima, proteiforme prende vita.

Come in un sortilegio in queste forme, così dichia-

ratamente ispirate al mondo vegetale, riscopriamo il

potere creativo della macchia, dalla quale - come

scriveva Leonardo - l’occhio coglie una forma nella

quale, con sorpresa, talvolta ci rispecchiamo.

Enrico Parlato

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Installazione

(elementi variabili)

Creta semi-refrattaria,ossidi e smalti

Cubi 2003 - 2014

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Cubi2013-2014

Installazione (elementi variabili)

creta semi-refrattaria, ossidi e smalti

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per sì no le brì cio le rac còl go di te

Per-sì-no le brì-cio-le rac-còl-go di te2015

installazione (12 elementi)

lastre semi-refrattarie e smalto

persino le briciole raccolgo di te

per non lasciare intentata nessuna strada

e nessun seme incolto

del nostro annodato abitare,

senza radici e senza un nome

che non sia fiato tessuto

nella frana silenziosa della sera

Roma, 20 settembre 2012

Poesia tratta dal libro "Il tempo del raccolto"

di Francesco Paolo Del Re

(SECOP Edizioni, Corato (BA), 2015)

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Composizione 42015-2016

installazione (4 elementi)

lastre semi-refrattarie e smaltoTangram1985

installazione (7 elementi)

lastre refrattarie e ossidi

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Blu profondo2015

cm 43 x 43 x 18

lastra semi-refrattaria e smalto

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TerraeMota2015-2017

installazione (5 elementi)

lastre semi-refrattarie, smalto e oro a fogliaLegami2017

installazione (2 elementi)

lastre semi-refrattarie

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TerraeMota2015-2017

installazione (5 elementi)

lastre semi-refrattarie, smalto e oro a foglia

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Vaso libro1991

installazione (3 elementi)

lastre semi-refrattariePneuma 2010

Creta semi-refrattaria

lavorata a colombino e smalti

h cm 52

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Pensandola – Tullia2010

cm 48 x 46 x 22

lastra semi-refrattaria e oro a foglia

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