organizzazioni non governative (ong) e soggetti privati ... · cheema, col. abdulqadir nur hassan,...
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CENTRO ALTI STUDI
PER LA DIFESA
CENTRO MILITARE
DI STUDI STRATEGICI
Gruppo di lavoro 71ª sessione di Studio
dell’Istituto Alti Studi per la Difesa
“Organizzazioni Non Governative (ONG) e
soggetti privati coinvolti quali attori nelle
relazioni diplomatiche internazionali: attualità,
percezione, effetti nel medio termine”
(Codice AP-SMM-03)
Il Centro Militare di Studi Strategici (Ce.Mi.S.S.), costituito nel 1987 e situato presso Palazzo
Salviati a Roma, è diretto da un Generale di Divisione (Direttore), o Ufficiale di grado
equivalente, ed è strutturato su due Dipartimenti (Monitoraggio Strategico - Ricerche) ed un
Ufficio Relazioni Esterne. Le attività sono regolate dal Decreto del Ministro della Difesa del
21 dicembre 2012.
Il Ce.Mi.S.S. svolge attività di studio e ricerca a carattere strategico-politico-militare, per le
esigenze del Ministero della Difesa, contribuendo allo sviluppo della cultura e della
conoscenza, a favore della collettività nazionale.
Le attività condotte dal Ce.Mi.S.S. sono dirette allo studio di fenomeni di natura politica,
economica, sociale, culturale, militare e dell'effetto dell'introduzione di nuove tecnologie,
ovvero dei fenomeni che determinano apprezzabili cambiamenti dello scenario di sicurezza.
Il livello di analisi è prioritariamente quello strategico.
Per lo svolgimento delle attività di studio e ricerca, il Ce.Mi.S.S. impegna:
a) di personale militare e civile del Ministero della Difesa, in possesso di idonea esperienza
e qualifica professionale, all'uopo assegnato al Centro, anche mediante distacchi
temporanei, sulla base di quanto disposto annualmente dal Capo di Stato Maggiore dalla
Difesa, d'intesa con il Segretario Generale della Difesa/Direttore Nazionale degli
Armamenti per l'impiego del personale civile;
b) collaboratori non appartenenti all'amministrazione pubblica, (selezionati in conformità alle
vigenti disposizioni fra gli esperti di comprovata specializzazione).
Per lo sviluppo della cultura e della conoscenza di temi di interesse della Difesa, il
Ce.Mi.S.S. instaura collaborazioni con le Università, gli istituti o Centri di Ricerca, italiani o
esteri e rende pubblici gli studi di maggiore interesse.
Il Ministro della Difesa, sentiti il Capo di Stato Maggiore dalla Difesa, d'intesa con il
Segretario Generale della Difesa/Direttore Nazionale degli Armamenti, per gli argomenti di
rispettivo interesse, emana le direttive in merito alle attività di ricerca strategica, stabilendo
le lenee guida per l'attività di analisi e di collaborazione con le istituzioni omologhe e
definendo i temi di studio da assegnare al Ce.Mi.S.S..
I ricercatori sono lasciati completamente liberi di esprimere il proprio pensiero sugli
argomenti trattati, il contenuto degli studi pubblicati riflette esclusivamente il pensiero dei
singoli autori, e non quello del Ministero della Difesa né delle eventuali Istituzioni militari e/o
civili alle quali i Ricercatori stessi appartengono.
3
(Codice AP-SMM-03)
CENTRO ALTI STUDI
PER LA DIFESA
CENTRO MILITARE
DI STUDI STRATEGICI
V^ Sezione – 71° Corso di Studi IASD 2019-2020
“Organizzazioni Non Governative (ONG) e
soggetti privati coinvolti quali attori nelle
relazioni diplomatiche internazionali: attualità,
percezione, effetti nel medio termine”
Titolo
4
Organizzazioni Non Governative (ONG) e soggetti privati
coinvolti quali attori nelle relazioni diplomatiche
internazionali: attualità, percezione, effetti nel medio
termine
NOTA DI SALVAGUARDIA
Quanto contenuto in questo volume riflette esclusivamente il pensiero dell’autore, e non
quello del Ministero della Difesa né delle eventuali Istituzioni militari e/o civili alle quali
l’autore stesso appartiene.
NOTE
Le analisi sono sviluppate utilizzando informazioni disponibili su fonti aperte.
Questo volume è stato curato dal Centro Militare di Studi Strategici
Direttore
Gen. D.A. Stefano Vito SALAMIDA
Vice Direttore - Capo Dipartimento Ricerche Col. c. (li.) s.SM Andrea CARRINO
Progetto grafico
Massimo Bilotta - Roberto Bagnato
Autori
Col. Michele TIRICO, Col. Francesco TANDA, Dott. Antonio NAPPO, Dott. Paolo SALVATO, Ing. Donato RUCCIA, Col. Elton RESO, Brig. Gen. Asad Ur Rehman Afzal CHEEMA, Col. Abdulqadir Nur HASSAN, CV Juan Alvaro PALACIOS, Col. Francesco Donato RIZZO.
Stampato dalla tipografia del Centro Alti Studi per la Difesa
Centro Militare di Studi Strategici
Dipartimento Ricerche
Palazzo Salviati
Piazza della Rovere, 83 - 00165 – Roma
tel. 06 4691 3203 - fax 06 6879779
e-mail: [email protected]
chiusa a aprile 2020
ISBN 978-88-31203-41-8
5
CENTRO ALTI STUDI PER LA DIFESA
ISTITUTO ALTI STUDI PER LA DIFESA
71ª SESSIONE DI STUDIO
Anno Accademico 2019 - 2020
LAVORO DI GRUPPO – Vª SEZIONE
A cura di:
1. Col. Michele TIRICO
2. Col. Francesco TANDA
3. Dott. Antonio NAPPO
4. Dott. Paolo SALVATO
5. Ing. Donato RUCCIA
6. Col. Elton RESO
7. Brig. Gen. Asad Ur Rehman Afzal CHEEMA
8. Col. Abdulqadir Nur HASSAN
9. CV Juan Alvaro PALACIOS
10. Col. Francesco Donato RIZZO
Direttore Coadiutore:
Min. Plen. Fabrizio ROMANO
“Organizzazioni Non Governative (ONG) e soggetti privati coinvolti quali attori nelle
relazioni diplomatiche internazionali: attualità, percezione, effetti nel medio termine”
6
INDICE
1. SOMMARIO 9
ABSTRACT 14
2. COS’E UNA ONG 19
2.1 Definizione e brevi cenni storici 19
2.2 Caratteristiche e classificazioni delle ONG internazionali 20
2.3 ONG e loro settori di intervento 21
3. LO STATUS GIURIDICO DELLE ONG NEL DIRITTO INTERNAZIONALE 23
3.1 La visione tradizionale dei soggetti giuridici nel diritto internazionale 23
3.2 Le ONG come soggetti della comunità internazionale 25
3.3 Le ONG destinatarie di diritti e obblighi sul piano internazionale 29
3.3.1. I diritti delle ONG in ambito internazionale 29
3.3.2. Gli obblighi delle ONG in ambito internazionale 30
3.3.2.1 I doveri e le responsabilità delle Organizzazioni non governative che collaborano
con Organizzazioni internazionali 31
3.3.2.2 I Codici di Condotta 32
3.4 Relazioni tra le ONG e le Organizzazioni internazionali 33
3.4.1 Nazioni Unite 35
3.4.2 Consiglio d’Europa 36
3.4.3 Comunità Europea 37
4. IL LEGAME TRA LOCALE E GLOBALE 39
4.1 Le ONG e la globalizzazione 40
4.2 Nazionalismo e internazionalismo 41
4.3 Processi e dinamiche partecipative nella relazione tra ONG e comunità locale 43
5. IL CRESCENTE RUOLO OPERATIVO E POLITICO DELLE ONG NEI NUOVI
CONFLITTI 46
5.1 Il fallimento di un governo 46
5.2 Ingegneria sociale 46
5.3 Contrasto e cooperazione tra le organizzazioni non governative e le
organizzazioni internazionali 47
5.3.1 Circostanze Normali 48
5.3.2 Situazioni Di Emergenza 49
5.4 Oggi le ONG sono considerate uno degli strumenti preferiti per l'ingegneria
sociale 49
7
5.5 Il diverso coinvolgimento delle ONG nelle attività delle organizzazioni
internazionali 55
6. ONG NELLA GEOGRAFIA POLITICA (COME SOLUZIONE O COME PROBLEMA) 57
6.1 Potenziali risvolti sulla stabilità politica nazionali 61
6.2 Influenze sulle strategie di sviluppo dei paesi 66
6.3 Influenze per l’utilizzo di risorse nazionali e della Difesa 74
7. CASI STUDI 79
7.1 Il ruolo delle ONG durante la Primavera Araba (Egitto e Tunisia) 79
7.2 Il ruolo delle ONG durante le rivoluzioni arancione 84
7.3 La Comunità di Sant’Egidio 91
7.3.1 La Comunità 91
7.3.2 La diplomazia “alternativa e complementare” alla base dei successi internazionali della
Comunità 94
7.3.3 Le principali iniziative di Pace e mediazione internazionale 98
7.3.4 La Pace in SUD 100
8. CONCLUSIONI 103
ALLEGATO “A”: ESAME DI ALCUNI TRATTATI INTERNAZIONALI CHE
ATTRIBUISCONO SPECIFICI DIRITTI E DOVERI ALLE ORGANIZZAZIONI NON
GOVERNATIVE IN QUANTO TALI 108
1. Il Patto per i diritti civili e politici (ICCPR) 108
2. La Convenzione per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale
(CERD) 109
3. La Convenzione per l’Eliminazione di ogni Forma di Discriminazione contro le
Donne (CEDAW) 110
4. La Convenzione contro la Tortura e gli altri Trattamenti o Punizioni Crudeli,
Inumani o Degradanti (CAT) 111
5. La Convenzione per i Diritti del Fanciullo (CRC) 112
6. La Dichiarazione sui diritti e le responsabilità degli individui, gruppi ed organi di
società per promuovere e proteggere i diritti mani e le libertà fondamentali
universalmente riconosciuti 113
7. La Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e la Salvaguardia delle Libertà
Fondamentali 114
8. La Convenzione Americana dei Diritti dell’Uomo 115
9. La Carta Africana dei Diritti dell’Uomo e dei Popoli 115
8
10. La Convenzione sulla diversità biologica 117
11. La Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici 118
BIGLIOGRAFIA 119
SITOGRAFIA 120
NOTA SUL Ce.Mi.S.S. 125
9
SOMMARIO
Le Organizzazioni Non Governative (ONG) sono uno degli elementi più importanti nelle
relazioni internazionali. Questo loro successo è dovuto principalmente ad una struttura
organizzativa ed amministrativa molto più agile e perciò facilmente adattabile di quella
delle Organizzazioni Governative o di altri organismi internazionali pubblici. Nella
letteratura scientifica e istituzionale il termine ONG fa riferimento a specifici gruppi di
interesse della società civile, caratterizzati da una struttura organizzativa formale, no
profit e indipendenti rispetto ai governi nazionali.
Le ONG si muovono quindi nell’ambito internazionale nel quale, tuttavia, non sono
considerati soggetti di diritto internazionale, poiché in esso solo gli Stati e le
Organizzazioni Internazionali sono, per definizione, soggetti di diritto.
In ogni caso, questa esclusione delle ONG internazionali dall’ambito dei soggetti del
diritto internazionale non toglie che le stesse abbiano acquisito nel tempo un ruolo di
primaria rilevanza nel tessuto delle relazioni internazionali. Nel corso degli anni, infatti,
si è assistito ad un sensibile aumento dei casi in cui alle ONG sono stati attribuiti dagli
Stati compiti connessi al funzionamento di taluni trattati internazionali e,
conseguentemente, queste organizzazioni hanno assunto un ruolo attivo e
sostanzialmente autonomo all’interno del sistema internazionale. In tal senso,
pertanto, la comunità internazionale, intesa come insieme di soggetti con personalità
giuridica, all’interno degli stessi trattati internazioni ha voluto individuare alcuni diritti
peculiari che sono oggi riconosciuti a queste organizzazioni e, soprattutto, sono
specificati anche doveri ed obblighi che esse devono seguire.
Nella letteratura scientifica e istituzionale il termine ONG fa riferimento a specifici
gruppi di interesse della società civile, caratterizzati da una struttura organizzativa
formale, no profit e indipendenti rispetto ai governi nazionali. Tuttavia, non esiste una
definizione unitaria che cristallizzi il significato di ONG e il termine resta vago e
suscettibile di interpretazioni. Secondo le Nazioni Unite, ad esempio, una ONG è
“qualunque tipo di gruppo no-profit di cittadini organizzato a livello locale, nazionale o
internazionale”. In questo modo non viene esclusa la possibilità di associazione e
accordo con i governi nazionali, facendo sorgere dei dubbi rispetto alla loro
indipendenza.
Il cambiamento dell'economia da fordista a globale ha influenzato e modificato anche
la politica, che ha dovuto convivere con un ridimensionamento del potere centralizzato
a vantaggio di movimenti pluralisti, segnati anche dalla presenza di protagonisti non
governativi.
10
Il livello nazionale ha perso potere a beneficio di un livello superiore, quello globale, e
di un livello inferiore, quello locale. Tale condizione permette l’accrescimento di figure
come quelle delle ONG, che tendono a moltiplicarsi in strutture internazionali,
cercando il ruolo di attori che influenzano la politica.
La globalizzazione aiuta le ONG a superare le frontiere nazionali, facendo aumentare
l’attenzione su alcuni argomenti di comune interesse: povertà, migrazione, la
discriminazione delle donne e delle minoranze.
L’utilizzo dei sistemi informatici, come il web, accrescono le relazioni tra movimenti
sociali di diversi paesi.
Inoltre la globalizzazione, si sta legando all'internazionalismo, superando il pensiero di
una visione nazionalistica, spingendo per un’integrazione dei governi nazionali con
tutte quelle strutture indipendenti dalla visione nazionale (organizzazioni internazionali
governative e non governative).
Le ONG hanno affermato anche una politica caratterizzata da attività decentrate,
partendo dalle esigenze locali per arrivare ad ambiti internazionali.
Il fenomeno delle ONG non è una novità in senso stretto. Il loro ruolo si è rinnovato in
una fase storica caratterizzata dalla crisi dello Stato centrale che ha cominciato a
manifestare serie difficoltà nel soddisfare i bisogni basilari dei cittadini. Sono riuscite a
coesistere con altri attori del complesso scenario internazionale sviluppando una
dialettica con i Governi, gruppi interni agli Stati, altri “fenomeni” organizzati non
classificabili come ONG (Amazon, Facebook, …) fino a riempire ed occupare gli spazi
che si sono resi disponibili. La loro agilità e plasticità le rendono attori che si
autoimpongono nelle dinamiche internazionali e dai quali non si può più prescindere.
Sono politematiche e possono essere interpretate in vari modi perché diversi sono i
ruoli che ricoprono. I loro modelli di riferimento possono quindi essere declinati in più
ambiti, da quello della protezione dei diritti umani alla difesa dell’ambiente, dalla ricerca
di nuove fonti di energia pulita al supporto di movimenti di protesta o rivoluzionari,
obbedendo più o meno a Stati, gruppi di potere e/o finanziatori.
Possono divenire concorrenti se non addirittura contrari alle dinamiche governative
anche se gli Stati non sempre subiscono il ruolo delle ONG, a volte se ne possono
servire per rendere più efficace il loro potere.
Crisi di portata globale come la pandemia da COVID-19 ancora in atto potrebbero
mettere a dura prova anche il loro futuro, probabilmente porteranno ad una
rivisitazione del loro livello di intervento attualmente presente su scala planetaria,
11
internazionale, regionale e locale e renderanno più difficile l’intercettazione di
finanziamenti. Le ONG saranno sicuramente chiamate a confermare la loro “rilevanza”.
Nel presente lavoro sono state trattati anche alcuni casi studio sia di origine
internazionale (le Rivoluzioni Colorate e la Primavera Araba) sia di origine nazionale
(la Comunità Sant’Egidio).
Dalla fine del 2003 e fino alla metà del 2005, la Georgia, l’Ucraina ed infine il
Kirghizistan sono stati teatro di proteste che sono terminate solamente con la caduta
dei regimi alla guida di questi Stati. Tali eventi, definiti Rivoluzioni Colorate, sono
avvenuti senza l’utilizzo della forza, tranne alcune eccezioni minori, né da parte dei
manifestanti, né da parte delle autorità, e ciò ha rappresentato una notevole novità
rispetto al passato.
L’Ucraina, una nazione totalmente slava, è considerata quasi unanimemente la culla
di quella cultura. Nonostante ciò, le sue relazioni con la Russia, l’altro gigante della
tradizione slava, sono sempre state profondamente complesse anche in relazione
all’importanza fondamentale dell’Ucraina nel sistema agricolo, minerario ed industriale
dell’Unione Sovietica.
Un ruolo preminente negli eventi ucraini è stato giocato dall'ONG di giovani attivisti
PORA, in realtà costituita da due organizzazioni, una delle quali rimase
deliberatamente non organizzata. In ucraino il termine ‘Pora' significa “E l'ora”, ed è
anche il significato contrario del titolo dell'inno patriottico ucraino “Ne pora” (“Adesso
non è l'ora”).
PORA basò la sua strategia soprattutto su un libro di Gene Sharp, From Dictatorhip to
Democracy: A Conceptual Framework for liberation (1993), soprannominato il
“Clausewitz della guerra non violent”, cercando di individuare i punti deboli del regime
ucraino.
PORA mise in atto delle tattiche “situazioniste” per deridere le autorità e disfare la
paura della repressione: lo slogan “Uccidi la tv all'interno di te stesso”, cortei
carnevaleschi per le strade, il blocco dei bus che trasportavano i “votanti di
professione” durante il giorno delle votazioni, ha contribuito allo sviluppo di un network
indipendente per monitorare e analizzare i risultati elettorali.
Ma al contrario del 2004, proteste che sono terminate solamente con la caduta del
regime nella guida di questo paese senza l’utilizzo della forza, né da parte dei
manifestanti, né da parte delle autorità, nell’autunno 2013 fino al febbraio di 2014, in
Ucraina scoppia la protesta che passerà alla storia come Euromaidan (proteste
12
sanguinose, soprattutto nel febbraio 2014), nome che deriva dalla locazione originaria
dei movimenti di dissenso, la piazza Maidan di Kiev
Sin dall’inizio delle manifestazioni fu essenziale il ruolo delle ONG interne e quelle
esterne presenti sul suolo ucraino: le organizzazioni riuscirono a stimolare la società
civile del paese, creando reti e network sociali in grado di unire le diverse fazioni filo-
occidentali, facendo presa su giovani e studenti e massimizzando i risultati di chi
tentava di dirigere le proteste.
Il caso della rivoluzione arancione in Ucraina nel 2004 e 2013-2014, mostra che le
ONG da una parte rappresentano un sostegno vitale per incrementare la democrazia,
il dialogo civico e la partecipazione dell’opinione pubblica all’interno della politica,
dall’altra, però, esse possono essere strumenti di destabilizzazione molto potenti.
In questo scenario così complesso e non completamente stabile, però, ci sono esempi
positivi di ONG, quali quella della Comunità di Sant’Egidio, capaci di implementare un
approccio differente ed altamente efficace e capaci di “andare oltre paure e pregiudizi,
per accogliere la ricchezza che ciascuno può offrire e favorire una crescita sociale e
culturale di un intero territorio.”
Nell’elaborato si fornirà una rapida descrizione di come opera tale realtà (nata come
movimento studentesco incentrato principalmente su iniziative a favore degli
emarginati nei quartieri popolari della periferia romana) che ha rapidamente iniziato ad
agire oltre la dimensione locale e si è trasformato in soggetto internazionale, con uno
statuto giuridico di diritto pubblico (sia civile che ecclesiastico), “indipendente e
autorevole, riconosciuto e apprezzato da diverse organizzazioni internazionali”.
Si evidenzierà, inoltre, l’atipicità e peculiarità nel modo con cui la Comunità romana si
impegna attraverso un metodo diplomatico peculiare (alternativo e complementare)
che si fonda sulla:
centralità del fattore umano,
la comprensione delle diverse realtà che si affrontano (con un occhio “empatico”
dall’interno),
la volontà di attuare interventi mirati al cambiamento senza preconcetti né
condizionamenti,
la flessibilità e capacità di attuare approcci diversi per le varie specifiche situazioni,
l’adozione di una rete di relazioni con persone chiavi in loco e c/o le istituzioni
nazionali ed internazionali,
13
la definizione all’interno dei negoziati di meccanismi chiari, certi e dettagliati che
evitino interpretazioni erronee o dubbie e che tutelino, in particolare modo, la parte
che si crede sconfitta,
l’attuazione di azioni di natura culturale sempre in grado di garantire un rispetto
sostanziale delle diversità,
l’indipendenza della sede di Roma che rende la Comunità un “honest broker” priva
d’interessi di parte.
14
ABSTRACT
Non-governmental organizations (NGOs) are one of the most important structures in
the international relations. Mainly, their success is due to a much astute and therefore
easily adaptable organizational and administrative structure than any Governmental
Organizations or other international public bodies. In the scientific and institutional
literature the term NGOs refers to specific interest groups of the civil society,
characterized by a formal organizational structure, non-profit and independent from
national governments.
Therefore, NGOs move within the international sphere in which, however, they are not
considered subjects of rights, in fact only States and International Organizations are,
by definition, subjects of international law. However, international NGOs have acquired
a role of primary importance within international relations despite the exclusion of them
from the sphere of international law. In fact, in this period there has been a significant
increase of the number of NGOs that have been tasked by the States to perform in
specific fields related to the functioning of some international treaties. Therefore, these
organizations took an active and substantially autonomous role within the international
system.
In this respect, the international community, set of subjects with legal status, decided
to identify some peculiar rights for this kind of organizations within the international
treaties. In the meantime, specified duties and obligations that NGOs must follow have
been identified as well.
The change in the economy from Fordistic boom to global also influenced and changed
politics, which had to live with a downsizing of centralized power in favour of pluralist
movements, characterized by the presence of non-governmental protagonists.
The national level has lost power, advantaging a higher level, the global one, and a
lower level, the local one.
15
This condition allows the growth of figures such as those of NGOs, which tend to
multiply in international structures, in search of the role of actors that influence politics.
Globalization helps NGOs to overcome national borders, increasing attention on some
topics of common interest: poverty, migration, discrimination against women and
minorities.
The use of IT systems, such as the web, increases the relationships between social
movements in different countries.
Furthermore, globalization is linking itself to internationalism, overcoming the thought
of a nationalistic vision, pushing for the integration of national governments with all
those structures independent of the national vision (international governmental and
non-governmental organizations).
NGOs have also affirmed a policy characterized by decentralized activities, starting
from local needs to reach international spheres.
The phenomenon of NGOs is not new. Their role was renewed in a historical phase
characterized by the crisis of the central state which began to show serious difficulties
in satisfying the basic needs of citizens. They managed to coexist with other actors in
the complex international scenario by developing a discussion with governments,
groups within the states, other organized "phenomena" that cannot be classified as
NGOs (Amazon, Facebook, ...) to fill and occupy the spaces that have become
available. Their agility and plasticity make them actors who impose themselves in
international dynamics and which can no longer be ignored. They cover a lot of
subjects and can be interpreted in various ways because they have different roles.
Their reference models can therefore be expressed in several areas, from that of
protecting human rights to defending the environment, from the search for new sources
of clean energy to the support of protest or revolutionary movements, obeying more or
less to states, power groups and / or financiers.
They can become competitors or even opposed to government dynamics even if
States do not always suffer the role of NGOs, sometimes they can use them to make
their power more effective.
Global crises such as the COVID-19 pandemic still in progress could also put a stress
on their future, they will probably lead to a review of their level of intervention currently
present on a global, international, regional and local scale and will make it more difficult
to interception of finances. NGOs will certainly be called upon to confirm their
"relevance".
16
In this document, some case studies have also been discussed, cases with
international origin (the Colored Revolutions and the Arab Spring) and national origin
(the Sant’Egidio Community).
From the end of 2003 until the middle of 2005, Georgia, Ukraine and lastly Kyrgyzstan,
have been involved in a series of protests that ended solely after the fall of the regimes
who previously lead these states. These events, called The Coloured Revolutions,
occurred without the use of eminent force, neither by the demonstrators nor by the
authorities, with the exception of some minor events, and this represented a significant
novelty compared to the past.
Ukraine, a totally Slavic nation, is considered almost unanimously the cradle of that
culture. Despite this, its relations with Russia, the other giant of the Slavic tradition,
have always been deeply complex, when related to the fundamental importance of
Ukraine in the agricultural, mining and industrial system of the Soviet Union.
A prominent role in the Ukrainian political events was played by PORA, a NGO of
young activists, who was made up by two entities, one of which remained deliberately
unorganized. In Ukrainian the term 'Pora' means "It's time", and it is also the opposite
meaning of the Ukrainian patriotic anthem title "Ne pora" ("It’s not the time").
PORA based its strategy primarily on a book by Gene Sharp, From Dictatorship to
Democracy: A Conceptual Framework for liberation (1993), nicknamed the "Clausewitz
of nonviolent war", trying to identify the weaknesses of the Ukrainian regime.
PORA put in place "situational" tactics to mock the authorities and dispel the fear of
repression with the slogan "Kill the TV inside you", carnival parades on the streets, the
blockade of buses that carried the "voters of profession” during the day of the elections,
and by doing so, it contributed to the development of an independent network to
monitor and analyze election results.
But different to what happened in 2004, with the protests that ended only with the fall
of the regime of the leadership without the use of force, neither by the demonstrators,
nor by the authorities, in the autumn of the year 2013 until February 2014, in Ukraine,
several protests erupted, the ones who will go down in history with the name of
Euromaidan (bloody protests, especially in February 2014). This name derived from
the original location of these dissent movements that took place at the Maidan square
in Kiev.
From the beginning of the demonstrations, the role of internal and external NGOs
present on Ukrainian soil was essential: the organizations managed to stimulate the
civil society of the country, creating social networks and other networks capable of
17
uniting the various pro-western factions, enhancing the role of young people and
students and maximizing the results of those who attempted to direct protests.
The case of the orange revolution in Ukraine in 2004 and 2013-2014, shows that the
NGOs, on one hand represent a vital support for increasing democracy, civic dialogue
and public participation in the political affairs, but on the other hand, however, they can
be used as a very powerful destabilization tool.
In this complex scenario, there are positive examples of NGOs, such as the Community
of Sant'Egidio, able to implement a different and highly effective approach. The
Community of Sant’Egidio was capable of "going beyond fears and prejudices, to
accommodate the wealth that each can offer and encourage a social and cultural
growth of an entire territory."
This paper will provide a quick description of how this reality operate. Born as a catholic
student movement focused mainly on initiatives in favour of the marginalized in the
popular neighbourhoods of the Roman suburbs, it quickly began to act beyond the
local dimension and became an international subject, with a legal statute of public law
(both civil and ecclesiastical), "independent and authoritative, recognized and
appreciated by various international organizations".
The paper will also highlight the atypical nature and peculiarities in the way the Roman
community operates through a peculiar (alternative and complementary) diplomatic
method based on:
Centrality of the human factor,
Understanding of the different realities that face each other (with an "empathic" eye
from the inside),
Ability to act without preconceptions or influences,
Flexibility and ability to implement different approaches for the various specific
situations,
Leverage on a network of relationships with key people on site and c / or national
and international institutions,
Definition within the negotiations of clear, certain and detailed mechanisms that
avoid erroneous or dubious interpretations and that protect, in particular, the part
that is believed to be defeated,
Implement cultural actions always able to guarantee a substantial respect for
diversity
Independence of the Rome office which makes the Community an "honest broker"
with no partial interest.
18
19
1. COS’E UNA ONG
2.1 Definizione e brevi cenni storici
Secondo le Nazioni Unite un’organizzazione non governativa (ONG) è “qualsiasi
gruppo di cittadini volontari senza scopo di lucro che si pone in natura nazionale o
internazionale, locale, altruista e gestito da persone con un interesse comune”1.
Secondo Binder-Aviles, le ONG sono entità indipendenti dal potere pubblico il cui
scopo è quello di promuovere l’interesse pubblico; vale a dire, servono al pubblico e
non a gruppi o individui2.
Essendo il fine ultimo delle ONG rivolto al bene pubblico, è chiaro che esse devono
rispondere all’opinione pubblica; cioè, rispondere a finanziatori, soci, partner, persone
che servono la comunità in cui opera e altre organizzazioni non governative, a seconda
dei casi.
A questo punto, la diversità delle aspettative dei vari stackeholders è evidente. Ad
esempio, i finanziatori si aspettano che le risorse investite siano utilizzate per il loro
scopo, che siano ben gestite e che, soprattutto, siano utilizzate per raggiungere gli
obiettivi di ciascun progetto; chi lavora all’interno delle ONG ha legittime aspettative
da dipendente; le persone che usufruiscono delle attività delle ornanizzaioni non
governative aspettano che le loro esigenze siano soddisfatte tempestivamente e
compiutamente; i partner che cooperano nell’azione si aspettano un’attività onesta ed
impegnata; la comunità in cui opera l’ONG attende un impatto positivo sulla società; le
altre ONG hanno comprensibilmente aspettative di cooperazione e di non ingerenza.
Normalmente una ONG ha una missione (impegno pubblico per i compiti che svolge e
perché li svolge), obiettivi (risultati tangibili che migliorano le condizioni di vita delle
persone che servono, con scadenze), governance e best practice (direzione e
supervisione della società basata sui valori ed eseguita da un consiglio nominato a
tale scopo), responsabilità fiscale (adeguata amministrazione dei contributi ricevuti).
L’espressione “organizzazione non governative” iniziò ad essere utilizzata alla fine
della seconda guerra mondiale, sebbene nel XVII secolo esistessero già
organizzazioni di questo tipo orientate alla ricerca del bene sociale, come la società
1 La definizione “qualsiasi organizzazione internazionale che non è fondata su un trattato
internazionale” era inizialmente contenuta nella Risoluzione Nº 288 B (X) del Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC) del 27 febbraio 1950, che fu sostituita dalla Risoluzione ECOSOC n. 296 (XLIV) di 25 maggio 1968”.
2 Hilary Binder-Avilés. Che cos'è una ONG. Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America, Ufficio dei Programmi di Informazione Internazionale. Washington D.C., 2012.
20
canadese “Sœurs de la Congrégation de Notre-Dame” fondata a Montreal nel 1653
dedicata prevalentemente all’istruzione ed educazione cristiana della gioventù e ad
altre opere assistenza e promozione sociale per le parte della società più vulnerabile,
o la “British and Foreign Anti-Slavery Society”, fondata a Londra nel 1823 per abolire
la schiavitù nell’Impero britannico.
La Carta delle Nazioni Unite, firmata il 26 giugno 1945, utilizza l’espressione
“Organizzazione Non Governativa” nel capitolo X, articolo 71, in cui si afferma che il
Consiglio Economico e Sociale può “prendere le disposizioni adeguate per tenere
consultazioni con le organizzazioni non governative che si occupano di questioni di
competenza del Consiglio”. Tuttavia, la definizione di tali organizzazioni, come tale, è
stabilita nella Risoluzione ECOSOC n. 288 (B) X del 27 febbraio 1950, come
precedentemente indicato.
Attualmente ci sono circa centomila ONG in tutto il mondo.
2.2 Caratteristiche e classificazioni delle ONG internazionali
La natura delle ONG internazionali, che non è soggetta alla gestione politica di un
Governo e non risponde ai progetti di uno Stato, ne rende difficile una precisa
classificazione ma si possono citare cinque denominatori comuni ad ogni
organizzazione:
a. carattere non governativo: proviene da iniziative private e non da un accordo tra
governi;
b. struttura organizzativa permanente che fornisce stabilità e non una durata
temporanea;
c. carattere internazionale conferito dall’obiettivo internazionale che perseguono o dal
carattere internazionale dei suoi membri;
d. carattere senza scopo di lucro, poiché le loro azioni non perseguono un vantaggio
aziendale, personale o di gruppo, ma le loro risorse sono orientate a finanziare i
progetti o le attività pianificate o in esecuzione;
e. carattere volontario: le sue risorse umane, finanziarie e materiali provengono da
contributi volontari.
Inoltre, si potrebbero citare anche le seguenti caratteristiche comuni nelle ONG3:
a. contribuiscono alla divulgazione della scienza, della cultura e del pensiero,
attraverso lo scambio di idee durante congressi o forum internazionali;
3 Adattato dalla tesi di dottorato di Enriqueta Serrano Caballero “Le ONG come attori nelle
relazioni internazionali". Università Complutense di Madrid. Madrid, 1999.
21
b. i membri hanno generalmente una motivazione altruistica e solidale;
c. sono costituiti come agenzie di cooperazione e di canalizzazione di risorse, come
quelli relativi alla protezione dei diritti umani;
d. mantengono generalmente una struttura semplice e flessibile;
e. il loro pensiero organizzativo è caratterizzato da innovazione e proattività;
f. hanno la capacità di mobilitare l’opinione pubblica, sia per creare una corrente
d’opinione sia per fornire fondi attraverso raccolte e campagne di sensibilizzazione;
g. alcune svolgono le loro attività in aree remote, senza una presenza statuale,
favorendo una maggiore conoscenza dei problemi della comunità che si impegnano
ad aiutare attraverso il contatto diretto sul terreno;
h. aiutano a identificare le esigenze di una determinata comunità al fine di ottenere
supporto per programmi e progetti per le popolazioni vulnerabili.
Le ONG sono, quindi, contraddistinte da due punti focali: l’indipendenza dai governi e
l’assenza di scopo di lucro. I loro compiti principali sono, solitamente, far pervenire
risorse e perseguire scopi sociali e collettivi di diverso tipo, al fine di curare le istanze
politico-sociali dei propri membri, spesso trascurate dai governi, supportando la
salvaguardia dei diritti umani e dell’ambiente. Esse non sono affiliate formalmente ad
alcun partito politico o punto di vista che non siano i diritti umani, la pace, l’ecologia, la
tolleranza, ecc.. Le ONG impiegano procedimenti diversi tra loro per raggiungere i fini
per i quali vengono create: alcune agiscono primariamente come gruppi di pressione
politica, altre conducono programmi mirati al conseguimento di tali scopi (ad esempio,
una ONG preoccupata di alleviare la povertà che fornisce aiuti alimentari ai bisognosi).
Peculiarità di queste organizzazioni è un forte impulso idealistico, finalizzato
all’obiettivo di contribuire allo sviluppo globale dei paesi socialmente ed
economicamente più sottosviluppati; esse rientrano nel circuito della democrazia
partecipata, dal momento che coinvolgono masse idealmente motivate in progetti non
strettamente politicizzati.
2.3 ONG e loro settori di intervento
Qualunque sia il tipo, una ONG è generalmente orientata allo sviluppo di funzioni
raggruppate in:
a. consulenza, informazione e formazione in ambienti di rilevanza internazionale.
b. supervisione dei compiti delle organizzazioni pubbliche, nazionali e internazionali,
nonché del settore privato.
22
c. incidenza sulle attività degli Stati, delle organizzazioni intergovernative, della
società civile e sui cittadini.
d. aiuti umanitari, prevenzione dei conflitti, cooperazione per il sviluppo e fornitura di
alcuni servizi sociali pubblici.
I settori di intervento sono diversi e si riferiscono alla cultura, allo sport, all’educazione,
alla ricerca, alla salute, ai servizi sociali, all'ambiente, allo sviluppo della comunità, al
garantire una dimora, ai diritti civili, ai diritti umani, a scopi filantropici, alle attività
internazionali, alle associazioni professionali, ecc.
La classificazione delle ONG avviene quindi in base all’obiettivo principale che
intendono perseguire:
‒ BINGO: sono su larga scala internazionale ed operano su più territori, come la
Croce Rossa, che promuove l’assistenza sanitaria e sociale;
‒ ENGO: sono ambientali, come il World Wide Fund for Nature (WWF), la più
importante organizzazione mondiale per la conservazione della natura;
‒ GONGO: sono organizzate da governi (stridono, quindi, con la definizione generale
data). Si tratta, comunque, di organizzazioni create dai governi per promuovere
alcune specifiche operazioni, come la Red Cross Society of China, impegnata
nell’aiuto alle vittime di conflitto e di assistenza sanitaria in caso di disastri;
‒ INGO: sono internazionali, come l’Oxford Committee for Famine Relief (OXFAM),
confederazione internazionale di ONG che si dedicano alla riduzione della povertà
globale attraverso aiuti umanitari e progetti di sviluppo;
‒ QUANGO: sono quasi-autonome, nel senso che potrebbero avere tra i loro membri
degli esponenti di governo, come l’International Organization for Standardization
(ISO), organizzazione a livello mondiale per la definizione di norme tecniche.
‒ RINGO: sono religiose ed internazionali, come la Catholic Relief Services, che
interviene in zone di povertà e di emergenza.
23
2. LO STATUS GIURIDICO DELLE ONG NEL DIRITTO
INTERNAZIONALE
3.1 La visione tradizionale dei soggetti giuridici nel diritto internazionale
Il diritto internazionale, nella sua visione tradizionale, è basato sulla definizione di
quell’insieme di norme e principi che disciplina le relazioni tra gli Stati e che questi
ultimi ritengono vincolante nei loro rapporti reciproci. Pertanto, in linea con questa
visione, soltanto agli Stati è stata riconosciuta la “personalità giuridica” sul piano
internazionale. In seguito, anche alla Società delle Nazioni4 venne riconosciuta
personalità giuridica definita “sui generis”, essendo essa un’organizzazione che aveva
come membri gli Stati, ovvero soggetti con personalità giuridica, con diritti ed obblighi
internazionali distinti da quelli dei componenti dell’organizzazione stessa. Le persone
fisiche, infatti, non erano considerate come soggetti di diritto internazionale e non
potevano essere destinatarie di posizioni giuridiche soggettive, in quanto solo tra gli
Stati o tra gli Stati e la Società delle Nazioni tale insieme di norme poteva creare diritti
e obblighi. Purtuttavia, già dall’inizio dell’attività di questa organizzazione
internazionale, si intravedevano alcuni segni di apertura a questo tipo di visione. Nel
19285 la Corte Permanente di Giustizia Internazionale stabilì che “an international
agreement, cannot, as such, create direct rights and obligations for private individuals.
But it cannot be disputed that the very object of an international agreement, according
to the intention of the contracting Parties, may be the adoption by the Parties of some
definite rules creating individual rights and obligations and enforceable by the national
courts (...) The intention of the Parties, which is to be ascertained from the contents of
the Agreement, taking into consideration the manner in which the Agreement has been
applied, is decisive“; ovvero qualora sussista l’intenzione degli Stati di conferire diritti
e obblighi sul piano internazionale agli individui, il diritto internazionale non pone
nessun ostacolo oggettivo in tal senso. Non si può contestare, quindi, soprattutto alla
luce dei numerosi trattati stipulati, che l’oggetto stesso di un accordo internazionale
possa essere l’adozione di alcune norme definite che creano diritti e obblighi individuali
4 La Lega delle Nazioni o Società delle Nazioni era una Organizzazione intergovernativa istituita,
per iniziativa delle potenze vincitrici della Prima Guerra Mondiale, il 28 giugno 1919 con l’approvazione del suo Statuto (Covenant of the League of Nations) incorporato nei trattati di pace di Versailles, Saint-Germain, Neuilly e Trianon.
5 Permanent Court of Justice, Jurisdiction of the Courts of Danzig (Pecuniary Claims of Danzig Railway Officials who have Passed into the Polish Service, against the Polish Railways Administration), Advisory Opinion, 3 marzo 1928, in Permanent Court of International Justice Series B, n. 15.
24
ed esecutivi da parte dei Tribunali nazionali, secondo l’intenzione delle parti contraenti,
che risulta, pertanto, decisiva nel disciplinare la sfera dei diritti in capo all’individuo.
Ancora oggi, tuttavia, gli individui, e le Organizzazioni non Governative (ONG), non
sono considerati soggetti di diritto internazionale poiché in esso solo gli Stati e le
Organizzazioni Internazionali (OI) sono, per definizione, soggetti di diritto.
La circostanza che alcune ONG siano qualificabili come internazionali non significa,
tuttavia, che esse possano essere ricomprese nel novero dei soggetti del diritto
internazionale. La tesi secondo la quale l’esistenza di alcune norme internazionali
(come l’art. 71 della Carta delle Nazioni Unite) aventi ad oggetto le organizzazioni non
governative internazionali avrebbero comportato l’acquisizione da parte di esse della
personalità internazionale, non risulta confortata né dalla dottrina né dalla prassi. Non
potrebbe del resto essere altrimenti, se è vero che soggettività internazionale significa
titolarità di situazioni giuridiche soggettive contemplate da norme internazionali. Da
tale punto di vista la situazione delle ONG nel diritto internazionale è identica a quella
degli individui in genere, che non rientrano nel novero dei soggetti internazionali.
Mancano, infatti, i presupposti de facto per poter considerare gli individui (intesi come
persone fisiche e persone giuridiche) come enti dotati della personalità internazionale.
Ciò comporta che, nella attuale fase storica del diritto internazionale, le ONG
internazionali costituiscono, in talune ipotesi, mero oggetto di norme internazionali.
Ciò nonostante, mentre la posizione degli individui nel diritto internazionale è ben
definita, quella delle ONG è in evoluzione ed esse iniziano ad acquisire una importanza
sempre maggiore in ambito internazionale. In particolare, le ONG, che hanno una
lunga tradizione in tutti i Paesi occidentali, hanno avuto uno sviluppo molto intenso e
significativo dopo la II Guerra Mondiale. Oggi esse rappresentano un esteso
movimento civile mondiale, che mobilita decine di migliaia di volontari con legami ideali
e organizzativi abbastanza ben definiti. E necessario, però, precisare che in ciascun
Paese e in ciascuna cultura c’è una grande varietà delle forme specifiche. Il movimento
delle ONG di cooperazione internazionale, preso nel suo complesso, oggi rappresenta
uno degli interpreti principali nel campo degli aiuti internazionali, dello studio e
dell’attuazione di politiche per lo sviluppo e, sempre più spesso, esse partecipano
all’elaborazione della normativa internazionale e, conseguentemente, hanno iniziato
ad ottenere un rilevante ruolo consultivo nell’ambito delle istituzioni internazionali. Ad
esempio, le ONG sono spesso ascoltate in qualità di amicus curiae6 nei procedimenti
6 Con l’espressione amicus curiae si intende il soggetto che si affianca alla Corte di un tribunale
per collaborare con essa, informandola ed assistendola nella risoluzione di qualsiasi problema
25
di risoluzione delle controversie gestiti dagli organi dell’Organizzazione Mondiale del
Commercio (OMC).
3.2 Le ONG come soggetti della comunità internazionale
La Risoluzione delle Nazioni Unite 1996/31 ha definito Organizzazione Non
Governativa quella non costituita da una entità pubblica o da un accordo
intergovernativo, anche se essa accetta membri designati dalle autorità pubbliche, a
condizione che la presenza di tali membri non pregiudichi la sua libertà di
espressione7.
Nell’ambito del diritto internazionale, le ONG sono state esplicitamente menzionate per
la prima volta nell’art. 71 della Carta delle Nazioni Unite8, nel quale, a sostegno della
validità del supporto offerto dalle menzionate organizzazioni in ambito specialistico, si
dispone che: Il Consiglio Economico e Sociale può prendere opportuni accordi per
consultare le organizzazioni non governative interessate alle questioni che rientrino
nella sua competenza. Tali accordi possono essere presi con organizzazioni
internazionali e, se del caso, con organizzazioni nazionali, previa consultazione con il
Membro delle Nazioni Unite interessato.
Successivamente, l’Economic and Social Council (ECOSOC) nel dicembre 1950 ha
adottato la Risoluzione 288 B (X) in merito alle regole sulla consultazione delle ONG,
con successive modifiche quali la n. 1296 (XLIV) del 1968 e la n. 31 del 19969. In
particolare, quest’ultima contiene i nuovi requisiti che le ONG devono possedere per
ottenere lo status consultivo quali ad esempio:
‒ essere in attività da almeno 2 anni ed essere ufficialmente riconosciuta dal governo;
‒ esercitare la propria attività nell’ambito di competenza dell’ECOSOC e dei suoi
organi sussidiari;
‒ sostenere l’azione delle Nazioni Unite;
‒ avere fini e obiettivi compatibili con i fini e i principi della Carta delle Nazioni Unite;
‒ avere un carattere rappresentativo e di riconosciuto rilievo internazionale;
che abbia rilevanza per la corretta decisione della lite sottoposta al suo giudizio (Enciclopedia giuridica TRECCANI).
7 MASCIA M. Lo status consultivo alle Nazioni Unite, embrione di democrazia internazionale https://unipd-centrodirittiumani.it/it/schede/Lo-status-consultivo-alle-Nazioni-Unite-embrione-di-democrazia-internazionale/144.
8 Charter of the United Nations and Statute of the International Court of Justice, 26 giugno 1945, San Francisco, art. 71.
9 http://csonet.org/content/documents/199631.pdf
26
‒ avere uno statuto democratico, un segretariato permanente e un bilancio
trasparente;
‒ avere la legittimazione a rappresentare i propri membri;
‒ attingere le proprie risorse finanziarie principalmente dagli associati e dalle
associazioni nazionali affiliate.
Pertanto, l’organizzazione non governativa che raccoglie i requisiti sopra specificati,
attraverso l’iscrizione all’anagrafe dell’ONU, acquisisce l’attribuzione dello status
consultivo. La conseguenza del riconoscimento di tale status consultivo è, di fatto, la
creazione di una sorta di “soggettività internazionale funzionale” in capo alla stessa
ONG. Quindi, ancorché le ONG non siano dotate di personalità giuridica
internazionale, in quanto sono istituite con strumento di diritto interno, esse operano
nel sistema internazionale in modo attivo, facendosi portatrici degli interessi di una
sorta di società civile transnazionale in via di formazione. Inoltre, il riconoscimento
dello status consultivo fa sì che le ONG possano accedere alla documentazione
dell’ECOSOC, avere accesso alle riunioni dell’organizzazione e dei suoi organi e alla
conoscenza dei suoi programmi. Di fondamentale importanza, inoltre, è il fatto che dal
raggiungimento dello status deriva anche l’accesso a finanziamenti e cofinanziamenti
delle Nazioni Unite. E importante osservare come questo status sia valido anche
internamente, cioè le stesse ONG hanno status consultivo all’interno delle varie
agenzie specializzate, nonché in alcune organizzazioni internazionali regionali, come
per esempio il Consiglio d’Europa.
Inoltre, a seguito della menzionata Risoluzione 1996/31 si è superata la
differenziazione tra ONG internazionali e nazionali, concedendo anche a queste ultime
lo status consultivo con accesso diretto. Per di più, grazie al principio dell’equilibrio
geografico, è stato introdotto un parametro oggettivo di assegnazione dello status
riconosciuto alle ONG operanti nelle diverse aree del mondo, tenendo in maggiore
considerazione soprattutto a quelle in via di sviluppo, per promuovere azioni sul
territorio. Questo status consultivo è declinato in 3 livelli: General, Special e Roster
status.
Il General consultative status riguarda le ONG che operano per la maggior parte nelle
aree di cui si occupano ECOSOC e i suoi corpi sussidiari. Si tratta di un numero molto
elevato di ONG data la estensione geografica e il grande raggio delle attività.
Lo Special consultative status riguarda invece le ONG che, per la loro competenza e
per lo specifico campo d’azione, hanno una stretta compartecipazione con gli ambiti
dell’ECOSOC. Sono chiaramente in numero inferiore rispetto alle ONG con General
27
consultative status ma sono altresì di creazione più recente.
Infine, le ONG che non rientrano in nessuna delle fattispecie già previste vengono
inserite all’interno del Roster consultative status. Quest’ultima categoria ricomprende
anche le ONG che hanno già acquisito uno status formale con altri organi delle Nazioni
Unite in quanto in possesso di un livello di specializzazione molto tecnico che potrebbe
essere definito “di nicchia”.
Il Segretariato dovrà, ovviamente, approvare la richiesta di partecipazione alle
assemblee o ad ogni altra attività della comunità internazionale. Una volta accolta la
domanda, le ONG autorizzate potranno aderire alla vita internazionale.
L’espansione delle richieste di adesione da parte delle ONG è una caratteristica di
ultimi due decenni, infatti, nonostante questo tipo di associazionismo privato non un
fenomeno nuovo, il numero, le dimensioni, la specificità e la velocità con cui queste
organizzazioni si stanno proponendo non è comparabile a quanto accadeva nei tempi
passati. Molteplici cause hanno condotto allo sviluppo del fenomeno di
associazionismo non governativo, tra le quali la crescita degli spazi riconosciuti a
queste entità all’interno delle istituzioni internazionali. I rapporti sempre più frequenti
che si sono instaurati tra le Organizzazioni Internazionali e le ONG è stato determinato
da fattori sia interni che esterni a tali organismi per effetto del fenomeno della
cosiddetta mondializzazione o globalizzazione10. Sempre con maggiore vigore si è
avvertito un deficit democratico, cioè una difficoltà degli individui di sentirsi
rappresentati dalle istituzioni statali. La società ha, inoltre, vissuto una crescente
differenziazione e lo Stato ha avuto grande difficoltà a dare voce a tutti i
raggruppamenti presenti. Sono state impiegate, quindi, organizzazioni che riuscissero
ad occuparsi degli interessi dei diversi gruppi, cercando di dare una risposta alle loro
richieste. Ovviamente queste organizzazioni non hanno la capacità e l’arroganza di
sostituirsi allo Stato. Infatti, la sovranità di quest’ultimo non è indubbiamente
scomparsa, rimanendo esso stesso il fondamentale centro del potere, il titolare della
forza militare e il principale coordinatore della società civile. Tuttavia, il potere sovrano
è sottoposto ad un processo di erosione a causa della presenza nel panorama
internazionale di soggetti in grado di esercitare una certa influenza e un potere che è
stato etichettato come “soft power”. Le ONG, a questo punto, hanno avuto una più
grande capacità di far conoscere la loro attività e di diffondere le loro idee ed iniziative,
10 Termine che indica il processo che ha portato all’integrazione dei mercati nei diversi Paesi del
mondo, a seguito della caduta dei sistemi ad economia socialista, nonché la tendenza di certi fenomeni sociali e culturali ad estendersi su scala mondiale a partire dagli ultimi due decenni del sec. XX,.
28
richiamando l’attenzione di un numero crescente di soggetti e di sponsor11.
Nell’ambito del diritto europeo, le ONG, visti i forti valori sociali e di solidarietà che le
animano, trovano spazio e funzioni determinanti anche all’interno degli organi
dell’Unione Europea, soprattutto nel Consiglio d’Europa12. Il riconoscimento del ruolo
consultivo, che assomiglia a quello precedentemente descritto a livello internazionale,
venne disposto per la prima volta nella Risoluzione 30F/1951, adottata dal Comitato
dei Ministri13 con il titolo “Relations with International Organisations, both
Intergovernmental and non-governmental”. Grazie a questa Risoluzione, il Comitato
poteva concludere accordi sia con le OI che con le ONG operanti nei medesimi settori
del Consiglio d’Europa, sebbene nella risoluzione i termini di tale facoltà appaiono
assai vaghi.
Nel 1975 lo stesso Comitato dei Ministri ha sottoscritto la Risoluzione 35/1972,
denominata “Relations between the Council of Europe and international non-
governmental organisations”, che dà indicazioni più precise sulle relazioni con le ONG.
Di fatto, vengono rafforzati i doveri delle organizzazioni che acquistano lo “status
consultivo” e così si declinano doveri vincolanti in capo alle organizzazioni non
governative, quali ad esempio:
‒ l’impegno allo scambio delle informazioni rilevanti;
‒ la massima pubblicizzazione presso i soggetti con cui si intrattengono rapporti
istituzionali delle attività svolte dal Consiglio;
‒ la redazione di rapporti periodici relativi ai progressi compiuti nei rispettivi settori di
appartenenza.
E appropriato notare che nella risoluzione è contenuta una menzione specifica sul
rispetto dei principi sopra indicati: il segretario Generale, in caso di mancato rispetto
degli obblighi, può decretare l’esclusione dalla lista di ONG con status consultivo. La
stessa risoluzione riporta infatti che ogni organizzazione già presente sulla lista potrà
essere eliminata dal Segretario Generale, se esso riterrà che la stessa abbia disatteso
gli obblighi previsti. Di contro, le ONG godono di una serie di diritti, quali:
11 WEBBER E., Il ruolo delle organizzazioni non governative nei trattati per i diritti dell’uomo (Tesi
di laurea), Università degli Studi di Trento, http://files.studiperlapace.it/spp_zfiles/docs/20060423143824.pdf
12 E un’organizzazione internazionale il cui scopo è promuovere la democrazia, i diritti umani, l’identità culturale europea e la ricerca di soluzioni ai problemi sociali in Europa. Il Consiglio d'Europa fu fondato il 5 maggio 1949 con il Trattato di Londra.
13 Risoluzione statutaria (51) 30 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa adottata dal Comitato dei Ministri il 3 maggio 1951, nel corso della sua 8^ sessione.
29
‒ inviare memorandum al Segretario Generale che, se lo ritiene opportuno, potrà
inviarli ad una commissione dell’Assemblea Consultiva o ad una commissione di
esperti;
‒ essere invitate in una commissione dell’Assemblea per esprimere le proprie
valutazioni su un argomento all’ordine del giorno;
‒ ricevere documenti pubblici e inviare dei rappresentanti, senza diritto di intervento,
alle sedute pubbliche dell’Assemblea.
In ogni caso, si rappresenta che l’esclusione delle ONG internazionali dall’ambito dei
soggetti del diritto internazionale non toglie che le stesse abbiano acquisito un ruolo di
primaria rilevanza nel tessuto delle relazioni internazionali.
Si evidenzia, infatti, un sensibile aumento dei casi in cui le ONG internazionali si
vedono attribuire dagli Stati compiti connessi al funzionamento di taluni trattati
internazionali.
Se, pertanto, allo stato attuale non si può affermare in senso giuridico che le ONG
siano soggetti del diritto internazionale, non può essere sottaciuto che nessun ostacolo
formale si frappone ad una evoluzione in senso diverso; inoltre, le ONG hanno assunto
un ruolo attivo e sostanzialmente autonomo all'interno del sistema internazionale. Il
multilateralismo dell’ordine internazionale, la globalità dei temi da affrontare,
l’interdipendenza degli ambienti istituzionali hanno comportato la devoluzione alle OI
di ambiti di competenza sempre più penetranti dando luogo a forme di governo del
sistema internazionale (global governace) agente attraverso gli strumenti normativi
della soft law.
Pertanto, occorre allora chiedersi se sia poi auspicabile una evoluzione che porti al
riconoscimento formale dello status di soggetto del diritto internazionale alle ONG
internazionali, oppure se risulti preferibile, per le stesse ONG, continuare a svolgere le
proprie funzioni attraversando orizzontalmente le sovranità statali, ma senza frapporsi
ad esse. In quanto strumenti dell’associazionismo privato, le ONG contribuiscono,
infatti, ad accrescere la partecipazione popolare alle relazioni internazionali e a
sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale su importanti temi che, in taluni casi, gli
Stati tradizionali tendono ad eludere.
3.3 Le ONG destinatarie di diritti e obblighi sul piano internazionale
3.3.1. I diritti delle ONG in ambito internazionale
Dall’analisi dei trattati internazionali è possibile individuare due tipi di norme riferibili
30
alle ONG:
‒ norme che tutelano la posizione del singolo individuo all’interno dell’organizzazione;
‒ disposizioni che attribuiscono diritti e obblighi alle Organizzazioni non governative
in quanto tali.
Nella nostra disanima, ci si è concentrati su quest’ultima categoria andando ad
analizzare alcuni trattati internazionali afferenti principalmente la promozione dei diritti
umani e delle libertà fondamentali, che maggiormente interessano l’attività delle ONG
allo studio, ma anche facendo attenzione a quelli che cercano di regolare le attività
degli Stati nell’ambito della tutela dell’ambiente e della lotta ai cambiamenti climatici.
In tale ultimi campi, infatti, negli ultimi anni si assiste ad una grande proliferazione di
ONG che con la loro attività stanno influenzando l’agenda politica degli Stati.
Dall’esame di alcuni di questi trattati internazionali è evidente come la comunità
internazionale, intesa come insieme di soggetti con personalità giuridica, abbia
individuato alcuni diritti peculiari che sono oggi riconosciuti alle Organizzazioni non
governative nel diritto internazionale.
Per quanto riguarda i doveri e le responsabilità delle organizzazioni non governative,
così come per i diritti, è necessario analizzare ogni singolo trattato per definire gli
obblighi che i singoli e le organizzazioni sviluppano verso la comunità internazionale
ove operano. In estrema sintesi, gli obblighi delle ONG, al pari di quelli in capo
all’individuo, derivano implicitamente dai vincoli alle libertà sancite dai documenti
internazionali nei confronti di tali entità e, in particolare, le libertà inerenti alle ONG
sono sottoposte ai limiti relativi all’ordine e alla sicurezza pubblica, alla salute, alla
morale, ai diritti o libertà altrui.
Nell’allegato “A” è riportata l’analisi dei trattati internazionali presi in considerazione ai
fini della presente ricerca.
3.3.2. Gli obblighi delle ONG in ambito internazionale
Nel corso degli anni le Organizzazioni non governative hanno acquisito un’importanza
sempre maggiore, tanto che la crescita del loro ruolo e della loro influenza nel
panorama internazionale ha intensificato il dibattito relativo agli obblighi internazionali
che queste entità devono rispettare. Le “human responsibilities” sono state per lungo
tempo trascurate in quanto le responsabilità degli individui, essendo un settore
riservato alla legge di ciascuno Stato, non avrebbero potuto essere disciplinate a livello
internazionale. Nel 2001 il Consiglio Economico e Sociale con una risoluzione
autorizzò la Sottocommissione per la promozione e protezione dei diritti dell’uomo a
31
nominare Miguel Alfonso Martinez come speciale relatore (Special Rapporteur)
incaricato di condurre uno studio sulla questione delle “human responsibilities”14.
L’esito di questo studio, presentato nel marzo 2003, sintetizza un quadro della
situazione attuale relativa agli obblighi internazionali posti in capo ad attori non statali
e un progetto di Dichiarazione sulle responsabilità individuali e sociali indirizzate
prevalentemente agli individui e agli Stati. Tuttavia, si evidenzia che tale studio non
tiene in considerazione l’opinione delle ONG, le quali non sono state interpellate in
quanto non hanno mai compilato il questionario predisposto per la rilevazione del loro
punto di vista. Così, nell’aprile 2005, venne dato nuovamente a Miguel Alfonso
Martinez il compito di approntare un’ulteriore stesura del progetto di Dichiarazione,
tenendo in debito conto le considerazioni che erano state fornite dagli Stati, dalle
Organizzazioni Internazionali ed anche delle Organizzazioni non governative. Fatto
salvo questo recente sviluppo, che peraltro pare interessare più gli individui che le
Organizzazioni non governative, ci sono pochi strumenti internazionali che formulano
degli obblighi per gli attori non statali. In molti casi sono le stesse Organizzazioni non
governative a tentare di rafforzare la propria responsabilità ed il proprio ruolo
elaborando strumenti volontari per l’identificazione dei propri obblighi attraverso dei
Codici di Condotta.
3.3.2.1 I doveri e le responsabilità delle Organizzazioni non governative che
collaborano con Organizzazioni internazionali
I diversi strumenti normativi regionali ed internazionali che disciplinano la
cooperazione tra le ONG e le OI, sono costituiti da una serie di norme e disposizioni
relative al comportamento che le ONG devono porre in essere dopo aver ottenuto lo
status consultivo. Le ONG che operativamente cooperano con le OI volontariamente
accettano l’obbligo di astenersi dal compiere qualsiasi azione che, di fatto,
precluderebbe loro la possibilità di qualsiasi ulteriore forma di collaborazione. La citata
risoluzione 1996/31 che regola lo status consultivo delle ONG con il Consiglio
Economico e Sociale, specifica, al paragrafo riguardante la sospensione e la revoca,
che le varie ONG hanno l’obbligo di uniformarsi ai principi relativi alla natura delle
relazioni consultive stabilite con il Consiglio15. Le ONG non devono intraprendere atti
contrari ai principi e agli scopi della Carta delle Nazioni Unite, inclusi gli atti
14 Economic and Social Council, E/DEC/2001/285, Human Rights and Human Responsibilities,
24 luglio 2001. 15 Economic and Social Council, Resolution E/RES/1996/31, Consultative relationship between
the United Nations and non-governmental organizations, 25 luglio 1996, par. 55.
32
politicamente motivati o privi di motivazione contro gli Stati membri delle Nazioni Unite
incompatibili con tali scopi e principi. Qualora venga appurato tramite prove certe il
coinvolgimento dell’organizzazione in procedimenti riguardanti crimini internazionali,
come ad esempio traffico di droga, commercio di armi o riciclaggio di denaro lo status
consultivo può essere revocato.
Oltre alle relazioni consultive, esistono altre forme di collaborazione tra le ONG e le OI
che si sviluppano su un piano prettamente operativo e riguardano nella maggior parte
dei casi il settore umanitario16. Per regolamentare questi rapporti le ONG e le OI
producono dei “Memoranda of Understanding” (MOUs) oppure stipulano degli accordi
quadro con i quali sia le ONG ma anche le OI dichiarano di rispettare determinati
obblighi che hanno natura contrattuale. Generalmente questi documenti mancano di
specifiche previsioni riguardanti la legge applicabile e in alcuni casi si riferiscono
soltanto a principi giuridici di carattere generale. A titolo di esempio è possibile citare il
Memorandum of Understanding adoperato dal World Food Programme per
regolamentare le relazioni con le ONG, ha il compito di individuare il quadro generale
per il raggiungimento degli obiettivi ai quali mira tale cooperazione. I compiti che le
organizzazioni impegnati in tale programma si obbligano ad assolvere sono
generalmente di natura pratica e riguardano il trasporto, lo stoccaggio, il monitoraggio
e la distribuzione finale sul territorio dei generi alimentari consegnati dal WFP. Vi è
inoltre un obbligo di rendicontazione da parte delle ONG riguardo agli aspetti finanziari
ed operativi, sia durante lo svolgimento delle operazioni, sia al termine della
collaborazione. Obbligo ulteriore per le ONG cooperanti con il WFP si estrinseca nel
rispetto delle disposizioni del Codice di Condotta per la Croce Rossa, la Mezza Luna
Rossa ed altre ONG che operano in situazioni di emergenza umanitaria. Per ciò che
attiene la natura giuridica del Memorandum e quindi delle obbligazioni in esso stabilite,
si ritiene, in generale, che esso non sia giuridicamente vincolante.
3.3.2.2 I Codici di Condotta
Il termine “Codice di Condotta” individua strumenti generalmente utilizzati per dettare
delle norme di comportamento che possono essere poste in essere da soggetti diversi.
Nelle relazioni internazionali il termine acquistò una certa popolarità negli anni Settanta
per identificare strumenti utilizzati per disciplinare relazioni commerciali transnazionali,
poste in essere da Stati o Organizzazioni Internazionali, oppure da compagnie private
16 Numerose ONG sono oggi coinvolte nell’implementazione di progetti dell’UNICEF, FAO,
UNHCR, WFP ecc..
33
o Organizzazioni non governative. Si sottolinea che il fenomeno dei Codici di Condotta
interessa direttamente anche le ONG. Infatti, nel tentativo di accrescere la propria
legittimazione e credibilità molte organizzazioni creano degli standard congiunti di
autoregolamentazione. Un esempio in tal senso è rappresentato dal Codice di
Condotta per la Croce Rossa e la Mezza Luna Rossa siglato da molte ONG che
operano nel settore umanitario al fine di garantire la massima indipendenza, efficienza
e capacità di influenza nelle emergenze che queste organizzazioni sono chiamate ad
fronteggiare17. L’elevata importanza di questo strumento sembra essere accentuata
dal richiamo delle disposizioni in esso contenute nell’ambito di specifici Memoranda of
Understanding siglati tra ONG e OI. Come accennato, il MOU utilizzato dal World Food
Programme, afferma che le ONG che svolgono operazioni di emergenza in
collaborazione con quest’organo devono rispettare le misure contenute nel Codice di
Condotta per la Croce Rossa, la Mezza Luna Rossa e altre ONG impegnate in
emergenze umanitarie. Sebbene si tratti di un’utile strumento normativo si evidenzia
che in esso non si prevede la costituzione di un organismo preposto a controllare il
rispetto delle disposizioni contenute o a predisporre sanzioni nei confronti dei
trasgressori.
3.4 Relazioni tra le ONG e le Organizzazioni internazionali
Le Organizzazioni internazionali non governative sono composte da individui, gruppi,
enti, associazioni, appartenenti a Stati diversi che su base volontaria mediante la
realizzazione di una struttura istituzionalizzata, di tipo permanente, operano sul piano
internazionale per conseguire un fine non lucrativo18. Il carattere internazionale
assunto dalle ONG deriva dallo sviluppo di un’attività associativa, con la
partecipazione di persone aventi diverse nazionalità (siano esse fisiche o giuridiche),
che si impegnano nella creazione di una struttura stabile, determinata anche
dall’attività finalizzata a un’utilità transnazionale e non limitata a uno Stato specifico,
senza che abbia rilievo la catalogazione sul piano interno19.
17 Code of Conduct for the International Red Cross and Red Crescent Movement and NGOs in
Disaster Relief, 26th International Conference of the Red Cross and Red Crescent, Ginevra 3-7 dicembre 1995.
18 CASTELLANETA M., Lo status delle ONG nel diritto internazionale, Studio 05.07.07.41/UE, https://www.notariato.it/sites/default/files/41.pdf.
19 Come sottolineato nel rapporto del 2003, adottato dal Consiglio d’Europa, relativo ai principi fondamentali sullo status delle ONG, esse, che non sono guidate nella propria attività dalle pubbliche autorità, possono essere definite, sul piano interno, in diversi modi. Le stesse prendono infatti il nome di associazioni, fondazioni, società no-profit, etc., rendendo quindi
34
Se da un lato le organizzazioni internazionali intergovernative, come ad esempio le
Nazioni Unite, sono costituite, mediate la stipula di un accordo, da Stati, con fini
universali (come evidenziato dal preambolo della Carta delle Nazioni Unite) o
particolari (come l’Organizzazione mondiale del commercio), dall’altro le ONG
operano, quasi sempre, in un settore determinato. Esse possiedono una struttura, che
prevede una sede principale ubicata in uno Stato ben determinato che, mediante
diversi organi, svolge un’attività nell’interesse di soggetti o associazioni che si trovano
in diversi Stati, uniti dall’interesse per il conseguimento di un obiettivo peculiare
dell’organizzazione. Se la costituzione di un’organizzazione composta da Stati avviene
per il tramite di un accordo internazionale, le ONG sono fondate nel rispetto delle forme
proprie del diritto interno dello Stato scelto dai fondatori quale sede istitutiva.
Al pari di un notevole incremento delle organizzazioni intergovernative, anche le
organizzazioni non governative, negli ultimi anni, sono aumentate, sotto il profilo
numerico, e hanno “intersecato” la propria attività con quella delle OI, che presentano
un collegamento con il settore di competenza delle varie ONG. Queste ultime, visto il
crescente ruolo che rivestono all’interno delle organizzazioni intergovernative hanno
assunto un ruolo progressivamente sempre più determinante in settori, considerata la
diversità degli obiettivi, quali quello economico, ambientale e giuridico con un’attività
propulsiva, consultiva, di partecipazione alle negoziazioni internazionali, giungendo
persino a rivestire una funzione di controllo nell’esecuzione degli impegni assunti dagli
Stati a seguito della ratifica di trattati internazionali20.
Il ruolo rivestito dalle ONG nelle organizzazioni internazionali è quindi regolato dagli
Statuti dei diversi enti intergovernativi che possono permettere lo svolgimento di
funzioni ad essi delegate oltre che attribuire un ruolo consultivo su particolari
tematiche. Inoltre, le ONG possono partecipare in qualità di osservatori a conferenze
internazionali, a sedute nell’ambito delle organizzazioni internazionali, e possono
ricevere anche l’incarico di produrre testi preliminari di convenzioni e, pertanto,
svolgere un ruolo propulsivo nelle sviluppo di progetti di trattati internazionali.
Per verificare quale ruolo possa assumere una ONG, fatta salva la sua soggettività
internazionale nelle varie organizzazioni internazionali, è necessario, vista l’assenza
di regole generali e universalmente valide, esaminare gli Statuti istitutivi delle varie
organizzazioni internazionali.
necessaria una qualificazione non in base al nomen, ma sui requisiti sostanziali che, ad esempio, portano all’esclusione dei partiti politici.
20 CASTELLANETA M., Op. cit. https://www.notariato.it/sites/default/files/41.pdf.
35
3.4.1 Nazioni Unite
Come già evidenziato lo Statuto delle Nazioni Unite all’art. 31 stabilisce che il Consiglio
economico e sociale può stipulare opportuni accordi per consultare le ONG interessate
alle questioni che ricadano nella sua competenza riconoscendo in tal modo uno status
a tali organizzazioni pur senza fornire nessuna specifica definizione nell’ambito delle
disposizioni contenute nella Carta. Negli atti successivi, adottati per dettagliare le
caratteristiche delle organizzazioni non governative, come ad esempio, la risoluzione
1296 del 23 maggio 1968 contenente le Disposizioni per la consultazione delle ONG,
successivamente modificata dalla risoluzione n. 31 del 25 luglio 1996, sono stati definiti
i requisiti necessari per l’inquadramento di un’associazione in una ONG, che di fatto
coincidono con quelli descritti nei precedenti paragrafi, chiedendo, in aggiunta, una
finalità, per quanto riguarda gli obiettivi, analoga a quella del Consiglio economico e
sociale (ovvero l’impegno nell’ambito del settore economico, sociale, giuridico,
culturale, ambientale, dei diritti umani etc.). In particolare, le organizzazioni non
governative devono impegnarsi a promuovere l’operato delle Nazioni Unite ed avere
una diffusione in diversi Stati. Come evidenziato nel testo della risoluzione 1996/31, il
Consiglio pone particolare attenzione alle organizzazioni costituite da esperti che
possono essere di supporto alle attività svolte dal Consiglio. Ciascuna ONG deve
altresì indicare la propria sede istituzionale e depositare una copia del proprio Statuto
presso l’ufficio del Segretario Generale. Inoltre, è necessario che la maggior parte delle
sue entrate provengano dai propri membri e da contributi volontari. Nell’ambito della
struttura delle Nazioni Unite, i rapporti con le organizzazioni non governative sono
basati sulla stesura di un accordo tra l’organizzazione intergovernativa e le varie ONG.
Ad esempio, per ottenere lo status consultivo ciascuna ONG deve presentare
un’apposita richiesta alla specifica sezione ONG ubicata presso il Dipartimento degli
affari economici e sociali. Solo a seguito di specifica richiesta, la prefata sezione invia
un apposito questionario da compilare che viene poi sottoposto alla valutazione del
Comitato delle ONG, e successivamente alla decisione finale del citato Consiglio
economico e sociale. Va evidenziato che le ONG, oltre a rivestire un ruolo consultivo,
possono anche essere affiliate al Dipartimento delle informazioni pubbliche (DPI) a
patto che le stesse supportino e rispettino i principi contenuti nella Carta delle Nazioni
Unite e rispettino una serie di requisiti iniziali, in particolare occorre che queste:
‒ siano in possesso di una funzione compatibile con i principi della Carta;
‒ fondino il proprio agire sulla base di finalità no-profit;
36
‒ siano riconosciute a livello internazionale;
‒ abbiano gli strumenti per realizzare gli obiettivi fissati e svolgano in modo
continuativo da almeno tre anni la propria attività;
‒ presentino un bilancio annuale certificato e siano in possesso di uno statuto e una
struttura trasparente.
Inoltre, per ottenere lo status di ONG associata queste organizzazioni devono spedire
una lettera ufficiale al DPI, che contenga una descrizione dell’ente e delle attività che
questi svolge. In generale, questa prima parte della procedura dura da tre a sei mesi.
Successivamente, completata la fase istruttoria, il DPI Committee (il quale si riunisce
due volte l’anno) delibera sull’attribuzione dello status di “ONG associata”. Ciascuna
ONG deve poi designare i rappresentanti presso le Nazioni Unite che, a premessa
dell’effettivo impiego, seguiranno un programma di orientamento sul sistema dell’ONU.
Le ONG peraltro possono essere anche accreditate a partecipare a specifiche
conferenze sui temi che sono alla base dei loro interessi principali e ciò viene concesso
al fine di garantire loro quel ruolo di effettiva condivisione delle attività preparatorie
degli atti internazionali. Per essere accreditate le ONG devono presentare una
specifica richiesta al Segretario della Conferenza che deve effettuare una prima
valutazione di tutte le istanze ricevute. Infine, una volta accreditate, le varie
organizzazioni possono operare attivamente e presentare documenti sul tema oggetto
della conferenza.
3.4.2 Consiglio d’Europa
Come detto, la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali, in ottemperanza ad un emendamento introdotto dal Comitato dei Ministri
nel 1951, autorizza tale Comitato, a nome del Consiglio d’Europa, a stringere accordi,
soprattutto con finalità consultive, con le organizzazioni non governative che si
interessano di materie di precipua competenza del citato Consiglio. Successivamente
il 24 aprile 1986, a Strasburgo, il Consiglio d’Europa ha adottato una specifica
Convenzione europea nella quale si prevede il riconoscimento della personalità
giuridica delle organizzazioni internazionali non governative, dalla quale è possibile
dedurre le caratteristiche essenziali che una ONG deve avere21. Come espressamente
21 Tale Convenzione, entrata in vigore il 1° gennaio 1991, chiarisce, all’art. 1, che le ONG, ai
sensi della Convenzione, devono avere un obiettivo non lucrativo di interesse internazionale, essere costituite con un atto al quale è applicabile il diritto interno di uno Stato Parte, esercitare un’effettiva attività in almeno due Stati, avere una sede sul territorio di una parte alla Convenzione.
37
evidenziato nel rapporto esplicativo, non sono richieste particolari procedure per la
classificazione di una ONG, ma è necessario, come condizione minima, che
l’organizzazione non sia costituita a fini lucrativi (ovvero non deve mirare al beneficio
economico dei suoi membri) e che la stessa non si adoperi l’esercizio di prerogative
proprie dei poteri pubblici. Per contro, il riconoscimento della personalità giuridica della
ONG in uno degli Stati contraenti consente l’attribuzione automatica della suddetta
personalità in tutti gli altri Stati.
Il Consiglio d’Europa garantisce altresì alle ONG la possibilità di ottenere lo “status di
partecipante” alle attività condotte dal Consiglio, previa compilazione del application
form e l’accertamento di alcuni requisiti. Ciascuna ONG nella richiesta di ammissione,
oltre a indicare l’obiettivo perseguito e l’ambito geografico in cui opera, deve anche
designare le aree di possibile cooperazione con il Consiglio d’Europa, tra le quali, oltre
al settore della salvaguardia dei diritti umani, sono incluse le attività riguardanti
l’adozione di misure antiriciclaggio, la valutazione e l’implementazione dell’efficienza
della giustizia e l’attività di law making. Nel tempo la funzione delle ONG all’interno del
Consiglio d’Europa si è rafforzata, ciò può essere anche dedotto dal cambiamento
dello status da consultivo a partecipante22. Infatti, la ONG può essere impiegata nelle
diverse attività dagli organi del Comitato dei Ministri, e dai Comitati di esperti solo
quando ha ottenuto tale status. Infatti, dopo tale riconoscimento le organizzazioni non
governative vengono riunite per settori all’interno del Liaison Committee23.
In tale ambito le ONG possono produrre e inviare dossier, partecipare alle sedute e
essere accolte in qualità di osservatori a particolari lavori dei Comitati, ricevere i
documenti dell’Assemblea parlamentare. Di contro, tra i principali obblighi delle
organizzazioni, vi è quello di trasmettere al Segretario Generale, ogni quattro anni, un
rapporto con l’elenco dettagliato delle attività a cui esse hanno preso parte e le azioni
poste in essere per assicurare il rispetto degli atti adottati nell’ambito del Consiglio
d’Europa.
3.4.3 Comunità Europea
In via preliminare si evidenzia che il ruolo delle organizzazioni non governative non è
regolamentato all’interno della Comunità da nessuna specifica disposizione
nell’ambito del Trattato CE. Tuttavia, nel tempo le ONG hanno intensificato i contatti
con le istituzioni europee. In particolare, sia la Commissione europea sia le specifiche
22 Con la risoluzione (2003) il Comitato dei Ministri ha adottato le regole per una partnership tra
Consiglio d’Europa e ONG nazionali, con le quali il Consiglio può concludere accordi. 23 Si tratta di un organo di collegamento tra le ONG e il Consiglio d’Europa, costituito da
venticinque membri, che si riunisce quattro volte l’anno.
38
Direzioni generali hanno sviluppato, soprattutto nel corso di diverse conferenze,
svariati legami con le ONG. La Commissione europea nel 2000 elaborò uno studio,
intitolato “The Commission and Non-Governmental Organisations: Building a Stronger
Partnership” dove si evidenzia che i legami con le organizzazioni non governative
possono istituirsi e rafforzarsi invitando le stesse a prendere parte ai comitati consultivi
istituiti nell’ambito dei formali processi di consultazione che hanno luogo nella
Commissione. Ciò detto è importante evidenziare che, a differenza di quanto avvenuto
in seno alle Nazioni Unite e al Consiglio d’Europa, la Commissione europea non ha
dato luogo alla creazione di un formale status consultivo per le organizzazioni non
governative, non prevedendo, di fatto, nessuna procedura formale di accreditamento.
Al riguardo è importante sottolineare che nel Trattato che accoglie una Costituzione
per l’Europa, all’art. III-327 si precisa che l’Unione può intraprendere ogni utile forma
di cooperazione con gli organi delle Nazioni Unite e che la stessa assicura i
collegamenti che ritiene più opportuni con altre organizzazioni internazionali, non
facendo nessuna specifica menzione alle ONG e, pertanto, le prefata espressione
contenuta all’interno del Trattato sembra riferirsi esclusivamente alle organizzazioni
intergovernative.
39
4. IL LEGAME TRA LOCALE E GLOBALE
Le trasformazioni che hanno caratterizzato gli ultimi trent'anni, contraddistinti dalla
nascita di nuovi mezzi di comunicazione e dallo sviluppo di economie flessibili, hanno
partecipato ad una enfatizzazione di due piani della vita economica e politica: quello
locale e quello globale.
Durante il periodo fordista i sistemi di produzione e l’economia erano legati al proprio
luogo di appartenenza quindi al proprio ambito nazionale. Successivamente, le
produzioni ed i flussi commerciali/economici hanno trovato nuovi ambiti in cui operare,
svincolandosi dalla visione nazionalista e caratterizzandosi da una forte indipendenza
di movimento.
Il cambiamento dell'economia ha influenzato e modificato anche quello politico, che ha
dovuto convivere con un ridimensionamento del potere centralizzato a vantaggio di
movimenti pluralisti, segnati anche dalla presenza di protagonisti non governativi.
Vi è quindi un gioco di parole che vuole sintetizzare questi cambiamenti: globale e
locale si uniscono per formare glocalizzazione, atta ad indicare i predetti mutamenti
sociali, economici e politici. Van der Heiden e Terhorst24, indicano che:
«I processi di governo nazionali top-down sono stati trasformati in processi di
governance multi-livello, che comprendono il livello nazionale ma vanno oltre ad esso,
e sono di tipo sia top-down, sia bottom-up».
L’importanza del livello nazionale si è ridotta a vantaggio di un livello superiore, quello
globale, e di un livello inferiore, quello locale.
Questo quindi può generare che in aree locali come città, ove vi è ad esempio una
forte propensione alla cura del sociale ed al rispetto dei diritti umani, ci sia la nascita
di movimenti il cui scopo è quello di interessare protagonisti politici, così da inserire
nell’agenda politica internazionale problemi di rilevanza umanitaria. Amministrare
grandi città, come ad esempio sono le capitali d’Europa, non comporta più solo la
gestione dei servizi per i cittadini ma anche sviluppare azioni e strategie di carattere
nazionale ed internazionale.
L’enfatizzazione dei piani locali e quelli globali ha avuto anche un grosso riscontro dal
punto di vista dell’economia: questi hanno potuto relazionarsi, traendo vantaggi l’uno
dall’altro. Piccole e medie impresi locali, grazie alla glocalizzazione, hanno potuto
24 Varietà di glocalizzazione: le strategie internazionali orientate in senso economico, 2007.
40
trovare nuovi mercati internazionali e quindi nuovi clienti. Le grandi aziende, prima
vincolate a ben determinate aree geografiche e città, hanno potuto ampliare il loro
campo di azione, delocalizzando le business unit e le proprie funzioni; ormai è comune
avere all’interno di una società le produzioni che si trovano in nazioni diverse da dove
si trova la ricerca e sviluppo o l’ufficio acquisti.
In un contesto in cui il globale ed il locale convivono, interagiscono tra loro ed a volte
si contrastano, si è sviluppata anche una delle vision più comune per diverse ONG: "
Pensare globale e agire locale" (Think global, act local)25. Questa è alla base delle
attività della cooperazione internazionale decentrata: l‘azione di cooperazione
internazionale allo sviluppo realizzata da Enti locali con Istituzioni locali omologhe dei
Paesi con i quali si coopera, al fine di creare relazioni di partenariato territoriale.
Quindi la presenza di un interesse comune è alla base di una cooperazione che implica
una successiva collaborazione tra protagonisti pubblici e privati in cui le ONG
costruiscono il loro ruolo per creare azioni atte a consolidare la cooperazione.
4.1 Le ONG e la globalizzazione
Nel contesto politico il livello stato-nazione è sicuramente molto importante ma ora i
sistemi politici hanno sempre più stratificazioni, ove quelle a livello regionale e locale
ricoprono sempre più un ruolo rilevante. In questo contesto s’inseriscono figure come
quelle delle ONG, improntate su movimenti di carattere sociale, quale ad esempio i
diritti umani ed i movimenti ecologisti. Questi hanno iniziato a moltiplicarsi in strutture
internazionali ricavandosi il ruolo di attori importanti che influenzano la politica grazie
ad un approccio sempre più bottom-up: movimenti locali che influenzano la politica
internazionale26.
In un mondo sempre più globale crescono le questioni che superano le frontiere
nazionali: povertà, migrazione, la discriminazione delle donne e delle minoranze.
Queste sono problematiche globali la cui soluzione richiede una collaborazione ampia
tra le nazioni di tutto il mondo.
La globalizzazione porta ad una crescita esponenziale delle persone interessate a
queste problematiche, che cercano modi per aggregarsi, anche se lontani fisicamente,
in movimenti collettivi. Inoltre, la globalizzazione tende a creare interessi per tematiche
25 La cooperazione internazionale decentrata: agire locale, pensare globale
https://www.labsus.org/2017/03/la-cooperazione-internazionale-decentrata-agire-locale-pensare-globale/, 21 Marzo 2020
. 26 Donatella della Porta e Hanspeter Kriesi, Movimenti Sociali e Globalizzazione
41
che si possono trovare anche lontane dal proprio ambito, creando grossi gruppi
internazionali di solidarietà, così da eventualmente trovare anche possibilità di aiuti
economici che potrebbero non avere nel loro contesto locale.
Infatti spesso le ONG hanno canali informali di apertura con organizzazioni di
movimento sociale, a volte supportandoli con risorse concrete (ad esempio con
finanziamenti) e simboliche (in termini di riconoscimento). I movimenti sociali
ricambiano dando alle ONG risorse di lavoro a basso costo, informazioni e vie di
accesso agli ambiti locali.
La globalizzazione accresce, inoltre, le affinità e l’omogeneità tra movimenti sociali di
diversi paesi grazie a mezzi formali ed informali che promuovono lo scambio di
informazioni.
I movimenti si scambiano idee, aumentando le similitudini, diminuendo la loro identità
nazionale e la trasformano in sovranazionale, allontanata dalla visione locale. Si
possono così creare comuni strutture organizzative per la mobilitazione o per
campagne internazionali di protesta. La globalizzazione tende comunque anche a
trasformare le ONG: sono costrette ad identificare delle prassi consolidate per i loro
processi interni, spostando quindi spesso la loro opera di pressione dalle piazze alle
sedi delle organizzazioni internazionali. La necessità di essere riconosciute e la
gestione di finanziamenti crescenti comportano l'adozione di statuti interni, basati su
regole formali, di solito molto distanti dal modus operandi dei movimenti che sono alla
loro base. Anche le attività operative in situazioni internazionali tendono a favorire la
razionalità rispetto alla spontaneità, diventando più pragmatiche rispetto agli ideali
delle rivoluzioni globali.
Nonostante questi cambiamenti, spesso molte ONG non hanno rinunciano comunque
ad utilizzare dimostrazioni o azioni non convenzionali e raramente con di forza, come
ad esempio atti ostili contro Stati o società private.
4.2 Nazionalismo e internazionalismo
L'internazionalismo è un movimento e un'ideologia politica, nata nel XIX secolo, che
punta ad una forte cooperazione tra le popolazioni di diverse nazioni, così che tutti ne
traggano benefici dal punto di vista sia economico sia politico.
Successivamente, dal movimento originale sono nate altre teorie tra le quali quella
denominata “l’internazionalismo proletario” 27. Questo si basa sul socialismo utopistico
27 Internazionalismo, http://www.treccani.it/enciclopedia/internazionalismo, 25 Marzo 2020
42
e quindi sui concetti riportati del Manifesto del Partito Comunista di Karl Marx e
Friedrich Engels edito nel 1848, in cui si raccomanda alla classe operaia di muoversi
verso una solidarietà comune in supporto dei lavoratori degli altri paesi invece che
seguire una visione solo nazionale. La metodologia suggerita è attraverso una
rivoluzione internazionale con carattere globale.
Secondo il Marxismo, tale rivoluzione non dovrebbe svilupparsi quindi nazione contro
nazione ma classe operaia delle varie nazioni contro la borghesia, incolpata di
opprimere i lavoratori operai. Tutto questo prevede una forte solidarietà tra la classe
operaia, superando il concetto di appartenenza nazionale e quindi all’estinzione del
concetto delle stesse nazioni e dello Stato. Tale internazionalismo considera quindi le
nazioni e quindi il nazionalismo come un intralcio allo sviluppo della civiltà umana.
Nel nostro tempo, l'internazionalismo si può considerare legato alla globalizzazione,
che supera il concetto di una visione nazionalistica. I mercati mondiali sono integrati
tra loro grazie a connessioni sempre più forti e presenti, così da legarli dal punto di
vista produttivo, tecnico e quindi economico.
Sicuramente tali connessioni economiche comportano anche un forte legame che
deve crearsi anche dal punto di vista politico.
Questo crea un forte contrasto tra le correnti politiche dell’internazionalismo, inteso
come globalizzazione politica, e quelle nazionalistiche, che trovano come grande
esponente sul piano mondiali l’attuale Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Egli
ha sempre sottolineato che uno dei suoi cavalli di battaglia è la difesa degli interessi
nazionali contro il globalismo.
La globalizzazione politica spinge per un’integrazione dei governi nazionali con tutte
quelle strutture indipendenti dalla visione nazionale, ossia organizzazioni
internazionali governative e non governative (ONG), che traggono forza ed adesioni
anche dalle organizzazioni locali. Queste sono normalmente unite dalla visione di
lottare contro problemi sociali e ambientali, come il cambiamento climatico, che non
hanno confini o nazioni d’appartenenza e che quindi hanno necessità di una politica
coordinata a livello internazionale al fine di gestire le emergenze.
La visione sovranazionale ritiene che l’organizzazione in nazioni è superata da
un’organizzazione che dovrebbe essere rimpiazzata da un potere politico attivo a
livello globale. Il globalismo persegue questa finalità anche grazie ad organizzazioni
formali come l’ONU ed il Fondo Monetario Internazionale, che ad esempio deriva dalla
constatazione che le economie sono interdipendenti tra loro e che la loro stabilità
finanziaria ha ripercussioni positive sulla crescita economica mondiale.
43
Questa visione in antitesi tra nazionalismo ed internazionalismo fu trattata anche da
Lugi Sturzio già nel 1946, che in una trattato scrisse28:
«Solo ora può nascere l’internazione; cioè una società organica fra le nazioni, e quindi
solo oggi può svilupparsi nei popoli una nuova coscienza sociale, la coscienza
internazionale. Quelli che erano sentimenti cristiani o umanitari o sociali, quelli che
erano ideali di concordia e di pace, quelli che erano desideri di un avvicendamento e
un affratellamento fra i popoli, valori morali già diffusi nel mondo, oggi si ostentano in
forma concreta verso un organismo nascente, e quindi si riflettono sulla nostra
coscienza come un apprezzamento e un giudizio di valore. È veramente o no, una
nuova realtà questa, alla quale noi partecipiamo come viventi in essa e di esse
costruttori? Coloro che credono che l’internazione danneggi e sopprima la nazione, la
temono, la odiano, la combattono, coloro che credono che l’internazione sviluppi e
completi la nazione, la sostengono e l’amano. Ecco delle varie attribuzioni di valore
che indicano una vita, perché sono date non ad un fantasma, ma ad una realtà:
l’internazione è oggi una realtà.»
Il presente ed il futuro saranno sempre più legati alla globalizzazione, che orami è
presente nella vita e nel tessuto industriale e quindi nell’economia mondiale. Un
obbiettivo che potrebbe essere perseguito sarà trovare il giusto equilibrio tra visioni
nazionalistiche e internazionalistiche, forse anche grazie alla visione locale, che sta
ricavando il proprio spazio politico ed economico.
4.3 Processi e dinamiche partecipative nella relazione tra ONG e comunità locale
Le ONG hanno affermato una politica caratterizzata da attività di solito di piccola entità,
normalmente autosufficienti così da potersi sostenere nel tempo, e basate su una
logica bottom-up (“dal basso verso l’alto”) ossia sull’identificazione di un intervento a
partire dalle esigenze locali con una visione al globale. Queste quindi puntano su
cooperazioni decentrate che sono attività di cooperazione allo sviluppo svolte dai
singoli enti locali (di solito uno nel Sud ed uno nel Nord) che si coordinano tra loro per
la definizione e la realizzazione di un progetto di sviluppo locale. Si tratta di una forma
di cooperazione che punta al coinvolgimento della società civile, tanto quella del “Nord”
28 Luigi Sturzo, Nazionalismo e Internazionalismo, 1946.
44
quanto quella del “Sud”, in tutte le fasi del progetto, partendo dalla definizione siano
all’esecuzione.
La cooperazione decentrata, prevedendo la partecipazione diretta degli individui, sia
quelli dei Paesi donatori che quelli dei Paesi beneficiati, riconosce l’esistenza di una
molteplicità di soggetti dello sviluppo.
La cooperazione decentrata è pensata a partire dalle esigenze locali e progettata
attraverso un’integrazione delle competenze locali e delle competenze dell’ente del
paese industrializzato che promuove l’intervento.
La cooperazione decentrata è stata introdotta nelle disposizioni generali della IV°
Convenzione di Lomè29 (ACP-UE), firmata nel 1989, che stabilisce un accordo di
cooperazione tra Europa e Paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico, esteso nel 1992
anche ai Paesi in via di sviluppo dell’America Latina e dell’Asia (ALA-UE).
Tale cooperazione si è affermata anche in ambito europeo, ove è stata definita una
linea finanziaria specifica destinata alla promozione della cooperazione decentrata
attraverso il finanziamento di azioni di mobilitazione e di informazione ed attraverso il
finanziamento di azioni-pilota.
Mediante la cooperazione decentrata, la Commissione Europea ha voluto promuovere
i programmi provenienti anche da molte ONG.
Dagli anni ‘90, inoltre, gli Organismi Internazionali di Sviluppo delle Nazioni Unite si
sono dimostrati molto interessati a sperimentare programmi di cooperazione
decentrata e la stessa Banca Mondiale si è dichiarata favorevole a promuovere
politiche d’intervento decentrate.
Nei programmi di cooperazione decentrata ogni attore coinvolto svolge il proprio ruolo
in base alle proprie capacità e competenze.
Le ONG agiscono localmente prendendo parte alla pianificazione degli interventi, alla
loro attuazione ed alla costituzione di gruppi di lavoro nelle comunità locali, offrendogli
i proprio strumenti di organizzazione più strutturata (anche al fine di riuscire ad ottenere
fondi economici), una vetrina nazionale/internazionale e contatti con altre realtà locali
in un’ottica internazionale. Ad esempio in Italia, l’Associazione ONG Italiane si propone
come principali obiettivi i seguenti:
a. rappresentare i propri soci negli ambiti dove agiscono unitariamente;
29 Trattati-Relazioni esterne della UE,
https://www.camera.it/cartellecomuni/leg14/RapportoAttivitaCommissioni/testi/03/03_cap01_sch03.htm
45
b. promuovere lo scambio e l’informazione tra i soci al fine di favorire processi di
collaborazione e sinergia;
c. favorire l’accesso e la fruibilità di servizi di utilità per i soci;
d. promuovere e realizzare campagne di particolare rilevanza a livello nazionale ed
internazionale;
e. favorire l’elaborazione e la diffusione di standard di qualità etici ed operativi,
promuovendone l’utilizzo da parte dei soci.
In ambito europeo, nel 1994 è stata elaborata la Carta di Elewitt30 (Carta delle ONG di
sviluppo), che comprende principi generali che devono guidare le ONG nel loro
operato.
Per quanto riguarda il supporto economico agli enti locali, la Carta di Elewitt fa
riferimento anche alle attività di raccolta fondi, ricordando che le ONG devono
controllare ogni attività di raccolta fondi che viene realizzata in loro nome, perché
corrispondano alle attese e non comportino manipolazioni dei messaggi che si
vogliono trasmettere.
Inoltre Le ONG, secondo le disposizioni legislative degli Stati europei di appartenenza,
sono organizzazioni indipendenti nel perseguire i loro obiettivi di sviluppo, libere dal
controllo politico statale e da altre influenze esterne; per tale motivo, devono sempre
presidiare i loro partner locali, verificando che non ci siano conflitti d’interesse.
30 Carta di sviluppo delle ONG, https://www.cosv.org/wp-content/uploads/2014/06/Carta-
delle-ongs-di-sviluppo
46
5. IL CRESCENTE RUOLO OPERATIVO E POLITICO DELLE ONG NEI
NUOVI CONFLITTI
5.1 Il fallimento di un governo
I conflitti moderni sono multi-spettro, da conflitti violenti di fascia alta a conflitti di fascia
bassa con gli obiettivi politici duraturi. I mezzi possono variare per ottenere un fine
duraturo e dovrebbero essere in linea con la strategia di sicurezza nazionale. Le ONG
capiscono molto il continuum completo dei conflitti da una fascia bassa alla fascia alta,
così come i moderni conflitti ibridi, sinonimo di guerra di quinta generazione. Invece
non sarebbe sbagliato dire che con la crescente complessità dei conflitti moderni, il
ruolo e la portata del lavoro o gli obiettivi politici e operativi perseguiti hanno un ruolo
significativamente migliorato delle ONG nel mondo di oggi in cui la percezione è più
forte della realtà.
5.2 Ingegneria sociale
Negli ultimi anni si è assistito a una proliferazione di organizzazioni non governative
(ONG) con la missione di contribuire a risolvere vari problemi sociali e ambientali, ma
l'efficacia di queste organizzazioni nello svolgimento dei loro obiettivi dichiarati è
raramente valutata o esaminata criticamente. Abbiamo assistito specificamente a
un'esplosione di INGOs / ONG nella seconda metà del XX secolo. Lo stimolo fu
l'ascesa dell'ideologia neoliberale, alla fine sancita negli anni Reagan-Thatcher.
Il capitalismo predatore e il cosiddetto libero mercato erano la risposta; il governo
aveva bisogno di essere hands-off per quanto riguarda tutte le nozioni di fornitura
pubblica (assistenza sanitaria, istruzione, il lotto). Anche gli aiuti alle nazioni in via di
sviluppo hanno cominciato ad essere sempre più incanalati attraverso le ONG
piuttosto che attraverso gli organi governativi (tra il 1975 e il 1985 l'importo degli aiuti
alle ONG è aumentato del 1.400 per cento). Oggi, 30 nuove ONG si formano ogni
giorno in Gran Bretagna e ci sono 1,5 milioni solo negli Stati Uniti. Il 90% delle ONG
attualmente esistenti è stato avviato dal 1975.31
Con la frammentazione della sinistra sotto l'attacco neoliberale, gran parte dell'energia
che avrebbe potuto andare a combattere il potere è andato a formare le ONG, che
31 New Internationalist, “NGOS - DO THEY HELP?” December 1, 2014,
https://newint.org/features/2014/12/01/ngos-keynote (accessed on 9 March 2020).
47
sono diventati contenitori di un idealismo residuo ancora desolato dall'assalto.
Arundhati Roy descrive la trasformazione raggiunta:
“Armati con i loro miliardi, queste ONG hanno guadato il mondo, trasformando
potenziali rivoluzionari in attivisti stipendiati, finanziando artisti, intellettuali e registi,
attirandoli dolcemente lontano dal confronto radicale. È quasi come se maggiore fosse
la devastazione causata dal neoliberismo, maggiore è lo scoppio delle ONG” 32
5.3 Contrasto e cooperazione tra le organizzazioni non governative e le organizzazioni
internazionali
L'elevata mobilità del personale impiegato nelle Organizzazioni Internazionali e nei
Governi degli Stati costituisce una sfida per la sostenibilità dei programmi delle ONG.
Questi, infatti, richiedono un impegno stabile che deve essere continuamente
rinnovato con il nuovo personale che si alterna nelle posizioni decisionali delle OI o nei
vari Ministeri degli Stati al fine di mantenere il consenso sui singoli programmi
perseguiti delle ONG ed arrivare agli obiettivi prefissati. Nel merito, Feiny Sentosa,
Vice Direttore Tecnico di INOVASI ha affermato che “Il nuovo personale del governo
potrebbe non avere necessariamente le stesse priorità e agenda dei loro predecessori.
Quando ciò accade, le ONG devono rimodulare il programma che hanno
implementato”. Pertanto, l’atteggiamento di alcune ONG, a volte, può diventare molto
critico per l’operato del Governo in carica, anche in altri ambiti d’azione oltre a quello
specifico di interesse dell’organizzazione, mettendone in luce difficoltà o eventuali
fallimenti.
In generale, una struttura gerarchica efficace è ancora un prerequisito essenziale per
la realizzazione di soluzioni efficaci, anche se il modo di organizzazione adottato
dovrebbe essere in funzione della particolare soluzione necessaria. Ma molto spesso
si assiste al fatto che più efficaci sono le ONG, tanto più la struttura governativa o
ministeriale appare debole e, conseguentemente, aumentano le critiche all’inefficienza
del Governo che, in taluni casi, può condurre a delle vere e proprie mancanze delle
stesse organizzazioni governative.
In tale quadro, purtroppo, anche gli aiuti stranieri al Governo in difficoltà possono
rappresentare un peggioramento della situazione piuttosto che la soluzione. Tali aiuti,
infatti, possono assumere l’aspetto di un atteggiamento paternalistico che mina il ruolo
32 Ibid.
48
e l’autonomia del Governo locale, per quanto la sua funzione possa essere inadeguata
o addirittura inesistente. Non si deve dimenticare, inoltre, che alcune ONG e le grandi
agenzie internazionali, come quelle delle Nazioni Unite, hanno una disponibilità
finanziaria a volte superiore a quella degli Stati in cui operano e che porta a falsare il
mercato del lavoro locale in termini di salario per il personale da impiegare nelle
strutture in loco. Nel merito, gli stipendi degli enti locali non possono competere con
quelli offerti dalle organizzazioni internazionali o dalle ONG che attirano professionisti
locali e, di fatto, li sottraggono alle strutture governative esistenti che probabilmente
ne avrebbero più bisogno.
5.3.1 Circostanze Normali
Negli ultimi anni stiamo assistendo ad una crescita esponenziale delle ONG, sia
internazionali che a carattere locale, e questo, di fatto, sarebbe giustificato se questa
proliferazione venisse accompagnata dalla constatazione che il mondo sta diventando
ogni giorno un mondo più giusto. Pertanto, da questa discrasia scaturisce una legittima
domanda: le ONG possono essere davvero considerate una forza che si sforza
instancabilmente per la giustizia sociale e per gli emarginati, di compensazione tra i
Governi e la popolazione? La riduzione della povertà può essere un obiettivo retorico,
come viene sostenuto dai critici, ma in pratica, effettivamente, si sa veramente poco
sugli obiettivi che l’attività delle ONG hanno potuto raggiungere nella società e,
soprattutto, quanto questi siano duraturi.
Comunque, questo numero sempre maggiore di organizzazioni senza scopo di lucro
che si diffondono in tutto il mondo, intenti a “costruire capacità”, “ridurre la povertà” e
garantire che le “voci dei più emarginati” siano ascoltate, rivelano sicuramente una
drammatica realtà costituita da troppe persone che hanno sofferto per troppo tempo.
Questa “marea” umana può aver generato la necessità di questo tipo di
associazionismo che ha il suo fine ultimo nel porre fine a queste sofferenze.
Per tali ragioni, normalmente, c'è anche una grande aspettativa verso le attività delle
ONG, in esse viene spesso riposta la speranza per la risoluzione dei problemi che i
Governi non riescono ad affrontare. Purtuttavia, appare sempre più chiaro che queste
organizzazioni variano notevolmente nel loro livello di competenza e professionalità.
Molte di loro sono inefficaci e in alcuni casi possono persino esacerbare i problemi che
hanno deciso di risolvere. Infatti, le attività di alcune di queste organizzazioni si basano
su ipotesi errate su come la società civile dovrebbe correggere i problemi della stessa
società e su come le istituzioni intermedie che si interpongono tra il singolo individuo
49
e il Governo debbano modificare il loro modo di agire al fine di essere efficaci ed
efficienti.
Alcune di queste ONG, pertanto, pur non essendo causa del problema che si vuole
affrontare e risolvere, con la loro gestione inefficace possono essere una criticità
ancora più grande del problema stesso. Per svolgere il loro lavoro, infatti, le ONG
devono affrontare consistenti spese generali che diventano tanto più rilevanti quanto
più grande è la struttura che devono sostenere, utilizzando per l’esistenza stessa
dell’organizzazione i fondi che teoricamente
dovrebbero finanziare gli aiuti. Conseguentemente,
questo sistema ha fatto sì che molte ONG, di fatto,
hanno funzionato come organizzazioni parassitarie
che hanno consumato finanziamenti pubblici senza
alcun beneficio pubblico evidente.
5.3.2 Situazioni Di Emergenza
Quando si tratta di assistenza umanitaria di emergenza, alcune ONG specializzate
sono il primo approdo. La critica spesso rincorre la duplicazione degli sforzi, la cattiva
gestione della situazione o il non essere abbastanza consultivo negli sforzi di
ricostruzione. Ma nessuna assistenza è l'opzione peggiore in questo caso.
Le ONG diventano un veicolo / strumento di scelta per innescare o accelerare il ritmo
dell'ingegneria sociale, accentuando le linee di faglia della società e proiettando
cambiamenti etnici e demografici sotto un ombrello generale di uno scenario di guerra
ibrida, anche a volte nascosta sotto copertura di un massiccio sforzo di soccorso. Le
ONG non sono più viste come gli agenti irreprensibili della benevolenza. Pertanto,
molti dei movimenti popolari più radicali di vera origine nazionale di base oggi rifiutano
qualsiasi finanziamento da parte delle ONG e sono disposti a formare alleanze solo
quando le ONG potrebbero davvero contribuire a diffondere il loro messaggio senza
alcuna distorsione. Finché un'organizzazione ha la fiducia pubblica, può prosperare
bene, ma una volta che si discostano dalla loro missione, le persone perdono la loro
fede in loro, il che si traduce nella loro rovina.
5.4 Oggi le ONG sono considerate uno degli strumenti preferiti per L'ingegneria
sociale
L'ingegneria sociale può essere definita come l'uso della pianificazione centralizzata
nel tentativo di gestire il cambiamento sociale e regolare lo sviluppo e il comportamento
50
futuri di una società. Attraverso un'ingegneria sociale di successo, gli hacker umani,
fin dall'inizio del tempo, hanno capito modi di sfruttamento del processo decisionale e
ottenere di prendere un'azione non nell’interesse generale. La natura e le emozioni
umane sono l'arma segreta dell'ingegneria sociale malevola.
È interessante notare che sia i progettisti che le vittime dell'ingegneria sociale possono
essere cittadini locali appartenenti allo stesso Stato, nonché estranei / stranieri con
diverse cittadinanze appartenenti a diverse parti del mondo. I principali progettisti in
grado di avventurarsi in impresa di ingegneria sociale attraverso INGOs / ONG
possono essere suddivisi / studiati principalmente in tre categorie:
• Un paese ricco di risorse in grado di finanziare INGOs e ONG nazionali direttamente
o indirettamente per proiettare determinati temi / narrazioni, raccogliere intelligenza
strategica, gestire la percezione, innescare / controllare il dibattito nazionale su
questioni di sicurezza nazionale e identità ideologica o culturale.
“Si sostiene che sfruttando la loro relazione incorporata nello Sato, lavorando
all'interno e attraverso strutture burocratiche, manipolando i collegamenti strutturali
disponibili, nonché definendo strategie per i canali formali e informali dell'attivismo, le
ONG stanno cercando di ritagliarsi più spazio per se stesse per manovrare in azioni
critiche.”
Selettivamente INGOs / ONG che utilizzano tangenti e tangenti sono stati trovati in
qualità di ambasciatori del marchio e promotori di una multinazionale o di un'impresa
nazionale interessati a raccogliere benefici economici per la creazione di una
Domanda per i suoi prodotti e spingendo fuori i suoi rivali economici attraverso un
ingegnoso ingegneria sociale e campagne dannose o programmi di sensibilizzazione
del pubblico.
Una multinazionale o un'impresa nazionale interessata a raccogliere benefici
economici per creare una domanda per i suoi prodotti e respingere i suoi rivali
economici attraverso un'ingegnosa ingegneria sociale e campagne ostili o programmi
di sensibilizzazione pubblica inconsapevolmente o consapevolmente sponsorizzati
anche da locali o INGO e a volte dal Governo, coinvolto involontariamente o
volontariamente con tangenti.
Un consorzio di paesi o un'alleanza strategica interessata alla trasformazione non
violenta e graduale che mira all'élite, alla società, alle istituzioni statali e al sistema
politico per raccogliere dividendi geo-politici, geo-economici, sociali o demografici a
51
lungo termine dalla società o dallo Stato vittima. Le ONG pur diventando uno strumento
di cultura aziendale o di una guerra di quinta generazione, per cui possono progettare
dibattiti o tabù altamente controversi nel dibattito pubblico, che possono essere
totalmente non essenziali o non più una priorità, come mettere in discussione il ruolo
della Chiesa Cattolica a Roma, perseguendo l'agenda divisiva delle riforme sociali e/o
politiche.
Le ONG diventano uno strumento di intelligence strategica per la raccolta di
informazioni di prima mano su una comunità specifica, compresi i suoi punti di forza
come la fondazione ideologica e l'interdipendenza delle unità federative, che
cementano l'integrità territoriale e gli eroi comuni, la cultura e la musica, ecc. Accanto
all'intelligence si raccolgono anche le vulnerabilità potenzialmente sfruttabili e da
perseguire successivamente per il raggiungimento di obiettivi specifici da parte di altri
elementi del potere nazionale (EoNP). Alcune delle vulnerabilità comunemente
sfruttabili per l'ingegneria sociale viste come fattori chiave per INGOs (sfruttate dalle
ONG) in diversi paesi sono:
l'ingiustizia sociale percepita che fiorisce su cattive condizioni socio-economiche
delle masse.
Le linee di faglia sociale, etnico, settario, regionale, comunale, linguistica, o
culturale.
Totale assenza o quasi di mandato da parte dello Stato o situazioni di legge e di
ordine scadenti.
Scarsa capacità intellettuale di un determinato Paese o Società di uscire con una
narrazione contraria ai temi INGOs (perché un'idea può essere affrontata o
uccisa solo attraverso un'idea superiore e con l'uso di armi o pistole).
Sfruttare le carenze del sistema di istruzione di base. In assenza di qualsiasi
istruzione standard globale, le ONG generalmente ricorrono alla stampa dei
propri libri e dettano il programma.
Social media non controllati e assenza di regolamentazione per la protezione
cibernetica offrono spazi illimitati per proiettare temi specifici.
Totale assenza o quasi di un mandato dello stato, inefficienza delle agenzie di
law enforcement ed una debole rete di contro spionaggio.
Alcune delle aree operative più comuni (titolo ombrello per INGOs / ONG) o presunte
intenzioni (apparentemente nobili, compassionevoli e benigne) con massiccio appello
popolare sono:
52
Difendere le risorse umane in particolare i diritti delle donne e la protezione dei
bambini. Raccogliere il sostegno della comunità internazionale per un'agenda
specifica proiettando temi / narrazioni femministe. Proiezione effettiva o percepita
di discriminazione / disuguaglianza di genere. Le ONG occidentali possono
essere più rapide a condannare gli abusi dei diritti umani nel resto del mondo
piuttosto che nel loro paese di origine. Human Rights Watch è stato messo sotto
accusa per la sua porta girevole con il governo degli Stati Uniti: nel 2009 il suo
direttore della difesa Tom Malinowski, che in precedenza aveva prestato servizio
come assistente speciale di Bill Clinton ed autore dei discorsi di Madeleine
Albright, ha persino giustificato il coinvolgimento nella CIA seppur "in circostanze
limitate".33
Democrazia, libertà, libertà di parola e giornalismo.
Sviluppo rurale delle aree remote e programma di riduzione della povertà.
Rafforzamento delle capacità dei dipartimenti governativi e promozione delle
riforme politiche, giudiziarie, ed in particolare di sicurezza e sociali.
Lotta contro il cambiamento climatico e il riscaldamento globale.
Assistenza sanitaria e istruzione di base e primaria.
Igiene di base e servizi igienico-sanitari.
Programma di assistenza ai rifugiati e ai migranti.
Alcuni degli obiettivi nascosti / mascherati che rientrano nel campo dell'ingegneria
sociale perseguiti da INGO / ONG come parte della strategia di guerra ibrida globale
perseguita utilizzando INGO come strumento / veicolo preferito per vincere i dialetti
della volontà (Carl von Clausewitz ha definito la guerra come lo scontro di volontà
opposte) in un modo apparentemente benigno come parte di una strategia
complessiva articolata in modo completo sono:
Accentuazione dei dissensi sociali nella società favorendo la comunità
relativamente emarginata per lottare per le ingiustizie percepite, creando caos,
rivolta, rivoluzioni/ primavere
Mirare alle radici ideologiche della società per una gestione della percezione
desiderata.
Ingegneria politica ed l’utilizzo del “rentier character” dell’elite politica (spesso
corrotta e pronta a ricercare tangenti). Tali ONG promuovono la propria agenda,
anche se è contraria agli interessi nazionali vitali del paese ospitante. Per tale
33 Ibid.
53
motivo, le ONG non dovrebbero essere politicizzate, ma in realtà tutto ciò che
fanno, operando all'interno di sistemi di potere altamente distorti, non può che
essere politico. E pur “sporcandosi le mani”, il risultato finale è un ambiente
politico diviso, una diffusa disarmonia popolare ed una polarizzazione della
società.
Alimentare temi specifici e generare dibattiti sociali destinati ad indirizzare il
processo di pensiero della Società secondo una prefissata agenda.
Creare dissensi tra la popolazione e le istituzioni di sicurezza nazionale, creando
confusione, divisione e disarmonia con narrative differenti spesso in contrasto
con le linee politiche dei governi locali e le istituzioni statali che agiscono su
un’architettura di sicurezza nazionale al fine di rovesciarne il regime secondo il
principio che
“Il meglio del meglio non è vincere cento battaglie su cento bensì sottomettere il
nemico senza combattere.” 34
Alterare nelle fondamenta il mindset nazionale ed il processo di pensiero della
Società e agire sulle le percezioni popolari per delineare coloro che sono gli amici
e nemici, i fallimenti e i successi, gli eroi ed i malfattori, i buoni ed i cattivi, l’ethos
sociale etc.
Promuovere una cittadinanza cosmopolita e valori specifici “orientati al fine”
benché contrari agli ideali nazionalisti.
Promuovere la “compravendita” intellettuale reclutando l’élite intellettuale ed i
media nazionali (giornalisti e personaggi famosi) per scrivere e proiettare quelli
che dovranno esser considerati “nuovi eroi ed icone” attraverso la creazione di
nuove narrative.
Alterare nella sua essenza la natura ed il carattere della governance presente,
andando ben oltre la “benevolenza del donatore”, agendo come mezzo di
fornitura di aiuti (altamente politicizzati e spesso dannosi) alla luce del fatto che
l'Occidente non può disegnare una riforma globale (imposta dall'esterno)
applicabile a tutti i paesi poveri abile a creare leggi benevole e buone istituzioni
34 Sun Tzu Quotes, goodreads, (accessed March 23, 2020);
https://www.goodreads.com/quotes/334175-to-win-one-hundred-victories-in-one-hundred-battles-is.
54
che garantiscano il funzionamento dei mercati economici e la retta gestione
politica.
La libertà incontrollata e non regolamentata delle INGOs / ONG, dunque, è in grado di
produrre, per un determinato periodo di tempo, una trasformazione sociale compiuta
in cui la maggioranza della popolazione segue le narrative indicate dalle organizzazioni
e producono i seguenti risultati:
L’innesco di un grande disordine sociale e l’implosione della società. In
circostanze estreme ciò può causare una guerra civile tra coloro che sono stati
“convertiti” dalle ONG e chi cerca di mantenere la propria cultura, i propri valori e
le proprie tradizioni. Per far si che l'ingegneria sociale sia efficace, infatti, chi
riceve l’aiuto dovrebbe adottare un stile di vita, seguire credenze e diventare
parte di movimenti capaci di renderlo socialmente attivo nella modalità e secondo
i programmi dettati dalle ONG, anche se, a volte, non in linea con la cultura locale.
La focalizzazione degli interessi vs l’istruzione primaria e secondaria, la completa
trasformazione dell'identità culturale capace di inculcare idee radicalmente
diverse (come desiderato dai gestori, dagli sponsor e dai manager delle INGOs)..
In breve, molti INGOs / ONG possono essere definiti eserciti mercenari che, “fedeli al
proprio padrone”, usano mezzi non violenti atti a cambiare l'identità collettiva di una
società con l'aiuto dell’élite locale e degli opinion makers nazionali. Nel processo
vengono create molte icone auto-proiettate e vengono scagliati discutibili temi e
narrative contro quelle icone localmente riconosciute, che tentano di resistere
all'agenda delle ONG ed a cui le ONG rispondono con operazioni mirate e specifici
progetti abili a realizzare un numero quanto più elevato possibile di outcome e risultati.
Le ONG, inoltre, arruolano nelle proprie fila ben identificate tipologie di persone (a volte
non benviste nè gradite alle istituzioni locali) e per questo motivo i Governi le
considerano una forma indesiderata di interferenza straniera e si muovono per
limitarne l’azione e l’operato con tutti i mezzi, anche esponendo i funders ad azioni
legali e politiche normalmente inattese.
Ironia della sorte, nella maggior parte dei casi i persecutori o lo staff delle ONG sono
convinti della nobiltà e della purezza della propria causa e considerano se stessi dei
“giusti” che si adoperano per portare a termine la propria missione. La realtà,
purtroppo, è che sono pochi quelli che comprendono davvero l'intento strategico dei
loro “padroni” ed i fini, reali, a cui essi tendono.
55
5.5 Il diverso coinvolgimento delle ONG nelle attività delle organizzazioni
internazionali
Il criterio distintivo fondamentale che differenzia le organizzazioni internazionali
governative da quelle non governative risiede nella loro composizione: membri delle
prime devono essere soggetti di diritto internazionale e dunque stati o altre
organizzazioni intergovernative; membri delle seconde sono invece singoli individui o
enti. Come si è evidenziato nei capitoli precedenti, le ONG sono associazioni private
senza fini di lucro e la loro dimensione internazionale risiede nella loro operatività in
almeno tre Stati diversi, dove svolgono attività di sensibilizzazione, informazione e
solidarietà su tematiche di rilevanza internazionale. Tra le ONG che svolgono i citati
ruoli emergono Amnesty International, il WWF, Greenpeace International, Emergency.
In ambito politico internazionale esse svolgono un ruolo di rappresentanza di particolari
istanze della società civile e di mobilitazione dell'opinione pubblica mondiale sulle
stesse. Questa loro funzione è stata recepita dall' articolo 71 del capitolo X della Carta
delle Nazioni Unite, che prevede e regola forme di consultazione delle ONG sulle
questioni di competenza del Consiglio economico e sociale dell'ONU35.
In merito alla cooperazione tra INGOs con le ONG, negli ultimi anni c’è stata una
progressiva apertura alle ONG dei meccanismi di monitoraggio del rispetto delle norme
internazionali. Questo si è verificato principalmente nei settori della tutela dei diritti
umani e della protezione dell'ambiente, nei quali le ONG hanno favorito, attraverso il
loro contributo alla funzione di controllo e promozione del diritto internazionale,
l'osservanza degli obblighi sovranazionali da parte degli Stati. Tale contributo si può
esplicitare in maniera diretta con ricorsi dinnanzi agli organismi internazionali di controllo
e attività di indagine e documentazione sulle violazioni in atto, in maniera indiretta
fornendo rapporti periodici ai comitati incaricati del controllo sull'attuazione dei trattati,
e, in ultimo, in maniera autonoma, raccogliendo dati rilevanti sulla condotta degli Stati e
in caso di non-compliance attivare il meccanismo di "naming and shaming"36.
Il potere di attivare direttamente i meccanismi di controllo delle norme internazionali è,
nella maggior parte dei casi, possibile attraverso il ricorso a procedure di non
compliance, previste in alcuni trattati relativi soprattutto a temi di diritto dell'ambiente. In
35 Akira IRIYAMA, “MYTH AND REALITY: PUBLIC SECTOR AND NGOs,” Keynote speech,
http://www.iam.or.jp/asia-pacific_panel/pdfdownloads/delhi02-keynote1.pdf (accessed March 22, 2020).
36 Michelle D’arcy, “When international NGOs try to “help” local ones and fail,” African Arguments May 22, 2019; https://africanarguments.org/2019/05/22/when-international-ngos-try-to-help-local-ones-and-fail/
56
tale contesto, le ONG, previa dimostrazione del possesso di competenze specifiche,
mirano a far fronte a casi di non adempimento, ad accertare i motivi che abbiano
condotto a tale situazione e raccomandano misure utili per farvi fronte. Particolarmente
significativo è risultato il ruolo conferito al "pubblico", e di conseguenza alle
organizzazioni non governative, dalla Convenzione sull'accesso all'informazione, sulla
partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia
ambientale (Ärhus, 25 giugno 1998). Essa è stata la prima ad assegnare esplicitamente
agli attori non statali il potere di attivare procedure di adempimento.
57
6. ONG NELLA GEOGRAFIA POLITICA (COME SOLUZIONE O COME
PROBLEMA)
L’inserimento delle ONG nella geografia politica attuale sembra essere la sintesi tra la
definizione originaria di ONG e il novellato ruolo postmoderno nell’ambito delle
relazioni internazionali.
La parabola del ruolo delle ONG sembra essersi compiuta dal momento in cui si è
messo in discussione il concetto di sovranità degli Stati ed è stato rivisitato il paradigma
del potere.
In origine le ONG sono state inquadrate come associazioni private senza scopo di
lucro, aventi come obiettivo la realizzazione di progetti solidali, spesso finalizzati alla
cooperazione internazionale allo sviluppo37. Questo è stato l’iniziale biglietto da visita
per potersi inserire in un sistema internazionale articolato e complesso.
Da ruolo etico e propositivo, mirato all’equità sociale ed economica e allo sviluppo delle
aree più arretrate del pianeta, si è passati ad interventi gradualmente più invasivi, i cui
scopi fondamentali sono stati di denuncia di pratiche contrarie ai diritti umani. Ciò è
avvenuto in un momento storico particolare caratterizzato dal profondo cambiamento
dello scenario politico internazionale.
La caduta del Muro di Berlino ha dato vita ad una sorta di nuova teoria del potere
postmoderno. In questo contesto le ONG si sono inserite nel panorama geopolitico
presentandosi come nuovo e interessante fenomeno associativo.
La crisi e trasformazione degli Stati così come erano concepiti fino agli anni ottanta
hanno modificato il paradigma del potere che fino a quel momento coincideva
esclusivamente con lo Stato. Si è creata di fatto una frattura spazio temporale
all’interno della quale le ONG si sono inserite appropriandosi di alcune prerogative
statuali. Gli Stati hanno man mano perso presenza sui territori e con questa hanno
gradualmente perso i legami e la fiducia dei cittadini relativamente al soddisfacimento
dei loro bisogni basilari, come l’educazione, la sanità, l’agricoltura, l’economia,
l’apparato industriale, i trasporti, la gestione stessa delle crisi e delle emergenze. Le
ONG si sono gradualmente appropriate di ampi spazi dai quali l’organizzazione statale
si è defilata per l’impossibilità di reggere il peso e la velocità del cambiamento, ormai
vecchi nelle loro strutture, appesantiti da statici apparati da Guerra Fredda. Nuovi
37 Vedi Capitoli 2 e 2.1.
http://www.treccani.it/enciclopedia/ong/ https://www.passionenonprofit.it/cosa-e-una-ong/ https://it.wikipedia.org/wiki/Organizzazione_non_governativa https://www.volontariperlosviluppo.it/organizzazioni-non-governative/
58
concetti di efficacia, efficienza ed economicità hanno asfaltato la presenza-assenza
del vecchio Stato che non si è messo in discussione perché non ha colto subito la
necessità del cambiamento. Il punto di forza delle ONG è da individuare proprio nel
loro essere snelle, veloci, globali, tematiche, invasive, dirette al cuore e alle menti delle
popolazioni rimaste senza guida.
È stato pertanto superato il carattere assoluto della sovranità degli Stati. Si è passati
dalla cultura Stato-centrica inserita in un sistema di rapporti di natura internazionale
(blocchi a volte contrapposti in diversi ambiti, dalla difesa all’economia, dalla cultura
alla politica) alla valorizzazione di processi e sistemi di cooperazione dove diventano
peculiari (e a volte pericolose) le interazioni sistematiche tra donatore e donatario. Il
sistema di aiuti e donazioni esisteva già prima ma prevaleva il rispetto del principio di
non ingerenza (il sistema doveva rimanere invariato e i riferimenti preservati), tant’è
che si donava senza intervenire direttamente nelle modalità di impiego delle risorse
donate (vedasi per esempio gli interventi umanitari in zone terremotate fino agli anni
ottanta).
Negli anni Novanta le ONG sono entrate sistemicamente nel tessuto statale e culturale
degli Stati in crisi e quindi nella sovranità stessa degli Stati donatari, assurgendo a ruoli
del tutto nuovi per quei tempi suscitando iniziali reazioni di curiosità più che di
preoccupazione e chiusura a difesa delle prerogative statali. Alcuni fenomeni corruttivi
portati in luce negli apparati statali hanno posto poi una questione morale che ha
definitivamente minato le fondamenta stesse degli Stati dell’epoca.
Le ONG sono riuscite quindi ad arrivare al cuore delle popolazioni, sovvertendo
completamente il sistema di governance territoriale non più in mano allo Stato centrale
ma addirittura gestito dal basso. Lo Stato ha perso anche l’occasione di esercitare un
ruolo di intermediatore venendo di fatto saltato dai nuovi attori della politica
internazionale, capaci di agire direttamente sui processi di base delle comunità
coinvolte, inserendosi poi gradualmente nei processi di sviluppo delle stesse andando
ben oltre l’iniziale mandato di sussistenza.
Presenti ormai nel tessuto economico e culturale delle popolazioni, le ONG hanno
sentito la necessità di un ulteriore salto di qualità. Hanno cercato una sorta di
riconoscimento esterno e superiore di natura giuridica al fine di dare spazio reale e
senza più dubbi al loro nuovo ruolo. Essere snelle, veloci, tematiche, efficienti, efficaci
ed economiche non bastava, occorreva poter spingere su singole peculiarità
adattandosi all’esigenza per rendere più incisiva la presenza. Ecco allora che il “tutto
e subito” è stato ritenuto il modo per fare quel salto evolutivo auspicato. Le ONG si
59
sono concentrate principalmente sul paradigma dell’efficienza38, facendo propri i criteri
dettati dalle agenzie internazionali dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Pertanto,
obbedendo ad una sorta di principio dei vasi comunicanti, venuto meno il ruolo dello
Stato-centrico, si è deciso di esportare il modello vincente, quello Occidentale, nei
Paesi in via di sviluppo o nei Paesi orfani del vecchio sistema a blocchi contrapposti.
Le ONG hanno quindi iniziato ad adottare standard concettuali e operativi tipici delle
agenzie internazionali, intercettando finanziamenti internazionali e guadagnando così
credito all’esterno.
Il nuovo ruolo delle ONG è stato quindi esportato e riconosciuto dal sistema
internazionale a tal punto che gli Stati oggetto dell’aiuto o degli interventi si sono dovuti
necessariamente adeguare ai nuovi obiettivi di governance che di lì a poco ha
riguardato tutti gli aspetti interni, dalla separazione dei poteri alla libertà di stampa,
dalla gestione delle forze armate ispirata ad un controllo democratico alla trasparenza
dell’apparato pubblico, dalla democrazia rappresentativa al rispetto dei diritti umani.
Ha avuto pertanto inizio la nuova fase, quella genericamente riconosciuta come
“l’esportazione dei modelli della democrazia occidentale”39. Ciò è ampiamente
giustificabile dal momento che le ONG più potenti, così come le Agenzie Internazionali
alle quali si ispiravano, avevano sede nei paesi più ricchi, normalmente occidentali e
potevano pertanto ispirarsi ai modelli politico-culturali ivi dominanti e che potevano
spesso riferirsi a centri di interesse e di potere interni a quegli stati stessi. Proprio la
vicinanza ai centri di potere interni agli stati occidentali ed evidentemente la
dipendenza dai relativi finanziamenti, ha permesso alle ONG che si proiettavano verso
e all’interno dei paesi in via di sviluppo, di rielaborare lo spazio politico di origine
traslando il generico modello occidentale verso il particolare modello vincente presente
nella mente dei pochi e potenti.
Quindi, riepilogando, la cornice in cui si sono presentate le ONG con un ruolo rinnovato
e che le pone come nuovi soggetti formalmente riconosciuti della politica
internazionale vede:
38 Spazi e poteri: Geografia politica, geografia economica, geopolitica di Paolo Sellari, Claudio
Cerreti, Matteo Marconi, edizione digitale settembre 2019, capitolo 8.4 Cooperazione non governativa ed efficacia: principi, pratiche e condizioni abilitanti di Alice Bazzano,
Paolo Landoni, Poliscript 2011 - Politecnico di Milano, Prima edizione: novembre 2011, capitolo 2
39 http://letterainternazionale.it/testi-di-archivio/si-puo-esportare-la-democrazia/ https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2003/06/25/quando-gli-usa-vogliono-esportare-la-democrazia.html?refresh_ce
60
La collocazione storica coincidente con il crollo del Muro di Berlino e la crisi dello
Stato centrale non più in grado di soddisfare i bisogni basilari dei cittadini;
L’accresciuta presenza delle Organizzazioni Internazionali quali soggetti
sovranazionali che si sono trovate di fronte alla crisi e trasformazione degli Stati
moderni;
L’atteggiamento delle ONG sempre più simile a quello delle Agenzie Internazionali;
La capacità delle ONG di essere snelle, veloci, incisive, tematiche, dirette,
espressione di centri di potere, abili a intercettare finanziamenti da diverse fonti e ad
utilizzare le più moderne tecnologie;
Il nuovo ruolo delle ONG che arrivano alle popolazioni, saltano gli Stati e si
interfacciano con le Organizzazioni Internazionali.
Questo generico modello di riferimento può essere declinato in più ambiti, da quello
economico a quello politico, da quello della protezione dei diritti umani alla difesa
dell’ambiente, dalla gestione delle risorse naturali vitali al supporto a movimenti di
protesta o rivoluzionari. Le ONG, libere dai limiti e vincoli statuali, capaci di coinvolgere
globalmente su questioni politicamente o moralmente sensibili, grazie alla moderna
tecnologia, riescono ad aggregare vaste correnti di opinione e contemporaneamente
a proiettarsi ovunque anche in presenza di problematiche relative a ristrette comunità.
Gli spazi si amplificano o si restringono fino ad annullarsi a seconda delle istanze che
portano avanti e del target di riferimento40.
Ovviamente la dinamica ONG – Stati può essere bidirezionale. Come si è detto le più
potenti ONG hanno sede in grandi Stati in genere occidentali e possono rispondere a
gruppi di potere.
Gli Stati non subiscono sempre il ruolo delle ONG, ma a volte se ne possono servire
per rendere più efficace il loro potere. Torna quindi il paradigma dell’efficacia ma
questa volta è lo Stato a prevalere, soprattutto in funzione del meccanismo di
finanziamento delle ONG stesse. Infatti il cambiamento del ruolo delle ONG ha fatto si
che esse diventassero delle organizzazioni articolate e complesse al pari degli altri
soggetti internazionali, con strutture burocratiche a volte pesanti da sostenere
economicamente. È inevitabile che la dinamica del finanziamento possa scalfire
l’indipendenza delle ONG dai governi finanziatori (invertendo la dinamica della
dipendenza donatore-donatario).
40 Cooperazione non governativa ed efficacia: principi, pratiche e condizioni abilitanti di Alice
Bazzano, Paolo Landoni, Poliscript 2011 - Politecnico di Milano, Prima edizione: novembre 2011, capitolo 3
61
L’utilizzo delle ONG per fini interni allo Stato è un moltiplicatore dell’efficienza
governativa rispetto ad altri attori statali, una sorta di riproduzione del potere all’interno
dello Stato stesso, ovvero un fattore di legittimazione del potere e di controllo della
popolazione. Questo ha luogo all’interno di Potenze “poco democratiche” e anche, ma
non necessariamente, in regimi dittatoriali.
Quando l’utilizzo è per fini esterni, allora si ha una proiezione di potenza
all’esterno, fenomeno che si è avuto in occasione delle rivoluzioni colorate nel
tentativo di rovesciare i governi al potere a vantaggio dei movimenti esterofili41.
Non sempre i tentativi in tal senso hanno portato ad un successo, ma quando
hanno avuto la meglio hanno segnato la storia di Stati importanti come la
Georgia (2003), l’Ucraina (2004 e 2014)42. Una sorta di prova generale si tenne in
Serbia nel 2000. Alcune ONG si sono impegnate nella diffusione dei valori
democratici e la difesa e rispetto dei diritti umani (c.d. esportazione della
democrazia) fino a far cadere l’ordine costituito arrivando persino a svolgere poi
un ruolo politico. È probabile in questo caso che la regia risiedesse presso
governi o centri di potere occidentali.
6.1 Potenziali risvolti sulla stabilità politica nazionali
Durante e dopo la Guerra in Kosovo i vertici militari Statunitensi presso la base NATO
di Bagnoli si impegnarono in una potente e insistente campagna comunicativa a
giustificazione dell’intervento nel cuore dell’Europa (il messaggio era …. “potevamo
noi democrazie occidentali rimanere inerti di fronte alle atrocità perpetrate sull’uscio di
casa ? ….)43. L’organizzazione serba per i diritti civili Otpor (Resistenza in lingua
serba)44, sostenuta e finanziata, tra gli altri, dall’americana Freedom House, ha avuto
un ruolo determinante nella caduta del presidente serbo Milosevic. Finanziamenti
arrivavano regolarmente anche dalla Westminster britannica e dalla Open Society del
miliardario George Soros.
41 https://www.impakter.it/le-rivoluzioni-colorate/
https://sociologicamente.it/rivoluzioni-colorate-un-fenomeno-ambiguo/ 42 https://www.eurasia-rivista.com/le-rivoluzioni-colorate-in-eurasia/ 43 https://www.esquire.com/it/news/attualita/a27695916/kosovo-serbia-guerra-1999-2019/
http://www.ovovideo.com/guerra-kosovo/ 44 https://www.balcanicaucaso.org/aree/Serbia/C-era-una-volta-Otpor-27236
https://en.wikipedia.org/wiki/Otpor https://www.limesonline.com/cartaceo/otpor-larma-segreta-che-ha-battuto-il-regime-serbo?prv=true https://www.theguardian.com/world/2015/mar/08/srdja-popovic-revolution-serbian-activist-protest http://primaedopoilsessantotto.blogspot.com/p/otpor-rivoluzioni-colorate.html
62
Il logo di OTPOR, un pugno chiuso, è stato ripreso da tutti i movimenti successivi, e la
cosa dimostra una forte collaborazione tra essi.
Diretto da Drdja Popovic45, OTPOR predica l’ideologia di resistenza individuale non
violenta46 teorizzata dal filosofo e politologo USA Gene Sharp47. Soprannominato il
“Macchiavelli della non violenza”, Gene Sharp è il fondatore dell’Albert Einstein
Institution. La sua opera “From Dictatorship to Democracy” è stata alla base di tutte le
rivoluzioni colorate48.
Il movimento ha cessato di esistere, ma dalle sue ceneri sono nati altri movimenti che
hanno proiettato l’esperienza di Otpor in altri paesi. Otpor era un’organizzazione
giovanile, molto influente in Serbia, simbolo del movimento antiregime, che poteva
godere dell’appoggio internazionale. Influì sulla mobilitazione dei cittadini affinché alle
elezioni mettessero la parola fine al governo di Milosevic. Hanno poi cambiato il
carattere del movimento impegnandosi politicamente. Dopo i cambiamenti al potere in
Serbia, Otpor si è trasformato in una ONG impegnata nella democratizzazione della
società, la promozione della società civile e la lotta contro la criminalità e la corruzione.
Ma di lì a poco vi fu la trasformazione in un vero partito politico alla vigilia delle elezioni
politiche anticipate del 2003 che si conclusero poi con una netta sconfitta, a causa
dell’inesperienza, forse della tarda discesa in campo come partito politico ma
soprattutto della decisa campagna contro condotta dai principali partiti politici serbi più
45 https://www.reset.it/reset-doc/serbia-la-scuola-delle-rivoluzioni-di-srdja-popovic 46 Video al https://www.ted.com/talks/srdja_popovic_how_to_topple_a_dictator?language=it 47 https://www.pandorarivista.it/articoli/gene-sharp-teorico-non-violenza/ 48
https://www.researchgate.net/publication/320799572_FROM_DICTATORSHIP_TO_DEMOCRACY From Dictatorship to Democracy - A Conceptual Framework for Liberation, di Gene Sharp, Fourth U.S. Edition, May 2010
63
organizzati e radicati sul territorio49. Vennero poi meno i finanziamenti e l’impegno dei
leader, finché Otpor non aderì al Partito Democratico Serbo, cessando di esistere. In
Serbia esistono ancora molte organizzazioni ove sono presenti ex membri di Otpor.
Questi ex giovani hanno continuato in generale nei loro impegni civili. Una di queste
organizzazioni, il Centro per la Resistenza non violenta, ha replicato in parte il nocciolo
duro del movimento di Otpor e si è posta all’attenzione internazionale per le attività
svolte con il proprio Training Team, che realizza dei training nell'ambito della
resistenza e della soluzione pacifica delle crisi e dei conflitti, in Ucraina in generale ed
in particolare durante le vicende pre-elettorali in Georgia, Bielorussia, distinguendosi
nel supporto di varie organizzazioni studentesche e giovanili50.
Il più famoso esponente Serbo, considerato un vero e proprio "esportatore di
rivoluzioni", è stato Aleksandar Marić51. Marić ha svolto la sua prima missione in
Georgia, quando ha addestrato l'allora movimento giovanile "Kmara" alle tecniche
della resistenza non violenta. Il risultato della sua attività di supporto ai giovani
Georgiani è stata la sconfitta del regime di Eduard Scevarnadze52.
Si è quindi creata una sorta di mito, tant’è che Marić ricevette numerosi inviti da parte
di organizzazioni studentesche operative presso i paesi dei cosiddetti regimi autoritari,
le quali ritenevano che lo "scenario serbo" potesse essere replicato anche nelle loro
realtà.
49 https://www.repubblica.it/2008/01/sezioni/esteri/serbia-elezioni/voto-serbia/voto-serbia.html
https://www.balcanicaucaso.org/aree/Serbia/Risultati-preliminari-delle-elezioni-in-Serbia-25017 https://it.wikipedia.org/wiki/G17_Plus
50 https://www.limesonline.com/canvas-maestri-di-non-violenza/22102 https://cafebabel.com/it/article/canvas-otpor-e-pora-il-marchio-serbo-della-rivoluzione-non-violenta-
5ae00798f723b35a145e21ba/ 51 https://www.balcanicaucaso.org/aree/Serbia/Bisogno-di-rivoluzione-Chiamate-Otpor-27076 52 https://it.qwe.wiki/wiki/Kmara
https://www.usip.org/sites/default/files/sr167.pdf
64
CANVAS, maestri di non violenza
La temuta "riuscita" dei training che si sono tenuti nei suddetti paesi e il rischio di poter
vedere ripetersi il destino di Slobodan Milošević, hanno fatto di tutti i trainer del Centro,
e in particolare di Aleksandar Marić, persone non gradite. A Marić fu quindi impedito
l'ingresso in Bielorussia, Russia e Ucraina.
Fece molta eco presso l'opinione pubblica mondiale il trattenimento di Aleksandar
Marić all'aeroporto di Kiev e il suo respingimento con rientro in Serbia senza
spiegazioni, alla vigilia del primo turno per le elezioni presidenziali in Ucraina, tenutesi
il 1° novembre 200453. Marić, nei precedenti tre mesi aveva lavorato come consulente
della rete giovanile ucraina denominata "Pora" ("E' ora"), molto simile a Otpor negli
obiettivi e nell'organizzazione54.
53 https://voxeurop.eu/it/content/article/523361-la-rivoluzione-venuta-dalla-serbia 54 https://en.wikipedia.org/wiki/PORA
https://it.wikipedia.org/wiki/Rivoluzione_arancione http://www.paolodorigo.it/wwwstellarossainfo/Ucraina%20il%20retroscena%20geopolitico%20della%20crisi.htm
65
Molto si è speculato sui modelli e sulle ricette per "l'esportazione" della rivoluzione
pacifica. Mentre all’estero si guardava con simpatia a questi movimenti, tra l'opinione
pubblica serba, sempre più spesso, circolavano invece storie su stranieri pagati, agenti
della CIA55, che avevano svolto il lavoro in Serbia per poi insegnare le loro tecniche di
spionaggio negli altri paesi, mascherandosi spesso in ruoli di consiglieri politici,
consulenti in vari settori, giornalisti, ricercatori universitari.
Siniša Šikman, attivista e trainer del Centro, ha affermato che loro "non distruggono i
regimi e non si immischiano alle faccende interne degli altri paesi, ma insegnano
l'esperienza di Otpor e le conoscenze nell'ambito della organizzazione delle campagne
civili politiche e non politiche, realizzate durante la lunga lotta contro il regime di
Milošević. I nostri training sono universali e possono essere adottati in qualsiasi
Paese". Secondo le sue parole, identici o simili training sono stati realizzati in Bosnia
ed Erzegovina, in Kosovo, ma anche in Paesi democraticamente sviluppati56.
55 https://www.balcanicaucaso.org/aree/Serbia/Bisogno-di-rivoluzione-Chiamate-Otpor-27076 56 https://www.libreidee.org/tag/sinisa-sikman/
https://wikileaks.org/gifiles/docs/17/1792423_information-on-canvas-.html https://www.google.com/search?q=Sini%C5%A1a+%C5%A0ikman&sxsrf=ALeKk00dEgfWG-Zizzcl65K1r64xDj61mw:1587501102199&tbm=isch&source=iu&ictx=1&fir=BfK5H2g9nv9LLM%253A%252CjbEo4hqbLxOR2M%252C_&vet=1&usg=AI4_-
66
Le ONG possono pertanto essere un soggetto attivo o passivo nei confronti degli Stati
e hanno una grande capacità di diffusione in un sistema coacervo di locale, nazionale,
regionale, globale, interagendo sia con gli Stati o meglio porzioni di essi, sia con le
organizzazioni internazionali, traendo la propria forza ed essenza in un humus di poteri
frammentati fino a divenire attori imprescindibili della politica contemporanea.
6.2 Influenze sulle strategie di sviluppo dei paesi
Anche nell’ambito delle politiche di sviluppo dei paesi è evidente il ruolo ricoperto dalle
ONG con particolare riferimento alla sostenibilità ambientale delle strategie messe in
campo, all’utilizzo di fonti di energia verdi e all’abbandono dell’energia atomica.
Tra le ONG più interessanti si segnala l’ASAL (Associazione Studi America
Latina). È una ONG di Cooperazione e di Educazione allo Sviluppo57 che realizza
progetti di respiro nazionale e internazionale nei settori dell’informazione, della
formazione e della sensibilizzazione sul territorio e svolge un ruolo significativo nel
settore dell’editoria dello sviluppo. Da sempre impegnata per la tutela dei Diritti Umani
ha accolto le nuove sfide poste dal fenomeno migratorio con attività di accoglienza e
intercultura. Sul fronte dello Sviluppo Sostenibile l’ASAL è da sempre impegnata per
la tutela dell’ambiente, negli ultimi anni, in particolare, sui temi dell’agricoltura
sostenibile, le energie alternative e il consumo critico o consapevole (in opposizione
ideale al consumo compulsivo).
E interessante sotto l’aspetto editoriale la realizzazione e diffusione della Carta di
Peters, il planisfero ad aree equivalenti realizzato da Arno Peters. La carta di Peters
“restituisce” a tutte le superfici della terra la loro corretta proporzione, rivisitando e
superando la tradizionale immagine eurocentrica del mondo58. Sulla carta di Mercatore
l’Europa appare più grande del Sudamerica che, invece, è grande il doppio, mentre il
Nord America appare più grande dell’Africa la quale, invece, ha una superficie quasi
doppia.
Con questa opera, ASAL propone una riflessione sulle immagini del mondo e gli
stereotipi nella comunicazione per allargare lo sguardo alle diverse realtà socio
kTdZVYBdAuUnilQ8Rdd9fUbrOdVFQ&sa=X&ved=2ahUKEwj7rZu6rvroAhXFQRUIHSOQBCQQ9QEwAHoECAoQGg#imgrc=BfK5H2g9nv9LLM:
57 https://asalong.wordpress.com/chi-siamo/ https://www.unimondo.org/Partner/ASAL-Associazione-Studi-America-Latina
58 https://www.atlanteguerre.it/cartografia/carta-di-peters/ https://asalong.wordpress.com/la-carta-di-peters/
67
culturali e all’importanza della comprensione e cooperazione fra i popoli per educare
alla mondialità e all’intercultura59.
“La nuova carta, la mia carta, rappresenta in modo egualitario tutti i paesi della Terra.
È fedele alla superficie, all’asse e alla posizione. La sua scala è esatta, le inevitabili
deformazioni sono distribuite regolarmente, è in grado di ritrarre tutta la terra comprese
le zone polari.” 60
Ecco ripresi i concetti di universalità, equità e rispetto del prossimo, mutuate dalle
Agenzie ONU. Diverso è invece l’approccio all’uso dell’energia atomica. Gli interessi
in gioco sono talmente elevati che le battaglie culturali o editoriali non sono più
sufficienti ed occorrono delle azioni forti, per svegliare le coscienze dei popoli, anche
turbando l’opinione pubblica.
Il 3 luglio del 2018 L'organizzazione ambientalista Greenpeace annunciò di aver
"trasformato un drone in Superman"61 per denunciare l'assenza di sicurezza delle
59 https://www.manitese.it/valore-sociale-proiezione-gall-peters-educazione 60 https://asalong.wordpress.com/la-carta-di-peters/ 61 http://www.askanews.it/video/2018/07/03/greenpeace-lancia-drone-superman-contro-una-
centrale-nucleare-20180703_video_13085916/ Video al https://corrieredellumbria.corr.it/video/tv-news/474012/greenpeace-lancia-drone-superman-contro-una-centrale-nucleare.html https://www.reuters.com/article/us-france-nuclear-greenpeace/greenpeace-crashes-superman-shaped-drone-into-french-nuclear-plant-idUSKBN1JT1JM https://www.abc.net.au/news/2018-07-03/greenpeace-fly-superman-drone-into-nuclear-facility/9936884
68
centrali nucleari. I militanti hanno pilotato un drone sull'impianto di Bugey, nel sud-est
della Francia, non lontano dal confine con la Svizzera e l'Italia, facendolo poi
schiantare volontariamente contro un muro della vasca di stoccaggio del combustibile
usato.
Poco meno di un anno prima, sempre attivisti di Greenpeace, nell’ottobre del 2017,
prima dell’alba, scavalcarono le recinzioni della centrale nucleare francese di
Cattenon, a circa cinquanta chilometri da Metz e spararono fuochi d’artificio nei pressi
della vasca di raffreddamento, prima di essere fermati62. Con quel gesto dimostrarono
che quella, come altre centrali francesi, erano vulnerabili rispetto al rischio di possibili
attacchi terroristici.
62 https://www.greenpeace.org/luxembourg/fr/communiques-de-presse/5786/reactive-de-
greenpeace-a-lissue-du-proces-en-appel-des-huit-militant%C2%B7e%C2%B7s-qui-setaient-introduits-dans-la-centrale-de-cattenom/ Video al https://www.popoffquotidiano.it/2017/10/13/nucleare-greenpeace-viola-la-centrale-di-cattenom-video/ https://www.e-gazette.it/sezione/elettricita/nucleare-greenpeace-entra-centrale-cattenom-spara-petardi-impianti-sono-insicuri http://www.greenreport.it/news/energia/blitz-greenpeace-rischio-nucleare-alla-centrale-cattenom/ https://www.greenpeace.fr/proces-metz/
69
Non ultimo, Greenpeace commissionò un rapporto sulle centrali nucleari francesi e lo
rese pubblico anche se solo parzialmente63. Per un anno e mezzo sette esperti
internazionali (tre francesi, una tedesca, due britannici e un americano) hanno studiato
le misure di sicurezza in vigore nel parco atomico francese e, alla fine, le hanno ritenute
inadeguate. Sono state rese pubbliche solo 5 pagine, il resto del dossier è stato
giudicato “non pubblicabile”, perché avrebbero addirittura potuto fornire spunti a
potenziali attentatori, optando quindi per la riservatezza delle informazioni più
sensibili64. Il tutto accadeva in una Francia colpita più volte dal terrorismo islamico. Il
63 https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/10/13/centrali-nucleari-insicure-il-rapporto-greenpeace-
vuole-aprire-il-dibattito/3912318/ 64 https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/10/12/centrali-nucleari-francesi-non-sicure-il-rapporto-
che-non-puo-essere-pubblicato-la-prova-greenpeace-entra-a-cattenon/3909750/ https://www.lifegate.it/persone/stile-di-vita/centrali-nucleari-e-terrorismo-il-rapporto-impubblicabile-di-greenpeace-francia
70
direttore generale dell’organizzazione non governativa Jean-François Julliard
consegnò invece le copie integrali del documento solo a sette dirigenti di istituzioni
direttamente coinvolte nella supervisione del parco atomico francese (19 centrali
nucleari presenti in Francia), ossia l’Autorità per la sicurezza nucleare (Asn), l’Istituto
di radioprotezione e sicurezza nucleare (Irsn) e il Comando speciale militare per la
sicurezza nucleare (Cossen). Il rapporto degli esperti ha messo in evidenza come le
centrali non rispondevano agli standard di sicurezza previsti, che, per essere attuati
alle 62 riserve e relative strutture e ai 58 reattori attivi in Francia, richiederebbero
diverse centinaia di miliardi di euro di interventi. Alcune delle strutture risalgono a 20,
30 e 40 anni fa, quando i rischi erano diversi rispetto a quelli di oggi e la minaccia
terroristica non era certo una priorità. All’epoca l’unico rischio preso in considerazione
era quello di un eventuale incidente. E se gli edifici dove si trovano i reattori sono
protetti dai recinti, non è così per le piscine di raffreddamento. Così le riserve di
combustibile usato sono facilmente accessibili. La quantità di combustibile che può
essere stoccato all’interno di ciascuna piscina può essere in misura pari a diverse volte
la quantità presente in un reattore nucleare in esercizio. Anche nel caso di Fukushima,
le piscine hanno rappresentato un problema e, in generale, con le misure di sicurezza
attuali, il pericolo è concreto in caso di “malintenzionati”65.
Infine, uno studio realizzato per conto di alcune associazioni francesi smentisce l’idea
che le centrali nucleari non producano CO2.
Jean-Bernard Lévy, direttore generale del colosso transalpino EDF (incaricato della
gestione degli impianti transalpini) ha dichiarato che a partire dal 2028 o dal 2030, si
cominceranno ad installare in Francia dei reattori nucleari di nuova generazione, gli
Epr NM. Questi, a partire dal 2050-2055, sostituirebbero l’intero parco attuale. Al
termine del Programma, ci sarebbero fino a quaranta nuove centrali. In questo modo,
si salverebbe l’ambiente, perché si produrrebbe energia senza emettere CO2.
Numerose ONG, dalla rete “Sortir du nucléaire” a “Réseau Action Climat”, fino a
“France Nature Environnement” e “Greenpeace” hanno capeggiato una sorta di
polemica popolare e si sono unite in uno studio realizzato per loro conto dal centro di
ricerca indipendente Wise-Paris, le cui conclusioni sembrano evidenziare come
l’industria nucleare sopravvaluta sistematicamente il ruolo dell’atomo nella lotta alle
emissioni di gas ad effetto serra, dichiarando erroneamente emissioni nulle, o
quasi nulle. Il rapporto ammette che il nucleare (come anche il fotovoltaico o
65 https://www.greenpeace.org/italy/rapporto/966/fukushima-4-anni-fa-il-disastro-nucleare/
71
l’eolico del resto) non emette CO2 all’atto della produzione di energia. Lo fa,
però, indirettamente, se si tiene conto dell’intero ciclo. In particolare, a
provocare emissioni nocive per l’ambiente sono l’estrazione di uranio, la
fabbricazione di combustibile, i cantieri di costruzione delle centrali, nonché le
fasi di smantellamento. Tenendo conto di tutto ciò, sottolinea lo studio, il
guadagno in termini di gas ad effetto serra diminuisce sensibilmente.
Greenpeace: attivisti contro i reattori in decadenza in Europa
Le ONG affermano che i vantaggi sono molto meno consistenti rispetto a quanto
dichiarato dai colossi del settore. Puntando sulla costruzione di nuovi reattori, oltre al
limitato apporto sul fronte della CO2, occorrerebbe altresì accettare i rischi di incidenti,
la proliferazione militare dell’atomo e i problemi legati all’accumulazione dei rifiuti
radioattivi. Senza dimenticare i costi, altissimi, necessari per la costruzione dei reattori
di nuova generazione66.
Molto importante è anche il ruolo delle ONG nell’ambito della produzione di
veicoli elettrici a basso impatto ambientale, mirata alla creazione di un futuro
66 https://www.greenme.it/informarsi/energie-rinnovabili/centrali-nucleari-proteste-greenpeace/
https://www.ansa.it/web/notizie/canali/energiaeambiente/nucleare/2014/03/05/Protesta-240-attivisti-Greenpeace-contro-nucleare-Europa_10185142.html https://www.pressenza.com/it/2011/10/secondo-greenpeace-gravi-mancanze-nei-test-sulle-centrali-nucleari/
72
ecosostenibile. Purtroppo, in questi giorni, il loro impegno è messo a dura prova dagli
effetti della pandemia COVID-1967.
Gli esperti temono l’impatto della pandemia per l’industria dei veicoli elettrici,
sottolineando l’importanza di scelte politiche forti e convinte. Il mercato dei veicoli
elettrici sta subendo un duro colpo, e la recessione economica, insieme al crollo del
prezzo del petrolio, potrebbe costituire una forte criticità68.
La pandemia di covid-19 ha avuto pesanti ripercussioni sulle possibilità di movimento,
e le conseguenti ricadute economiche potrebbero avere effetti considerevoli anche per
i sistemi di trasporto di domani. Il mercato dei veicoli elettrici, come il resto del mercato
automobilistico, sta subendo un duro colpo. Se, per ora, potrebbe sembrare uno stallo
a breve termine, è pur vero che la recessione economica e il crollo del prezzo del
petrolio potrebbero imporre grandi sfide alla mobilità elettrica, a meno che i governi
non adottino chiare misure per incentivare il trasporto pulito indipendentemente dalle
questioni di natura economica.
Colin McKerracher, responsabile per il settore trasporti di Bloomberg NEF, una società
di ricerca sull’energia pulita, aveva infatti previsto che quest’anno si sarebbero
raggiunti i 10 milioni di veicoli elettrici nel mondo, un anno record, senza la pandemia.
Ora tutto sembra mutare.
In effetti, i primi dati provenienti dalla Cina, il più grande produttore di veicoli elettrici al
mondo, sono indicatori di una profonda crisi del settore che si estenderà
inevitabilmente al mercato Europeo e Americano. General Motors, Ford, Fiat Chrysler,
Honda e Tesla hanno chiuso o “temporaneamente sospeso” le attività nelle loro
fabbriche nordamericane.
Tuttavia, David Hart, professore di tecnologia, scienza e politica dell’innovazione alla
George Mason University, ritiene che il colpo al settore dei veicoli elettrici sarà
temporaneo69. È ottimista anche sul futuro del mercato europeo dei veicoli elettrici,
soprattutto perché l’UE ha iniziato ad introdurre gradualmente nuovi obiettivi di
emissione per le flotte delle case automobilistiche. Gli Stati Uniti, invece,
rappresentano un’incertezza. Nel 2018, l’amministrazione Trump ha proposto di
congelare gli standard ambientali dell’era Obama e di revocare l’autorità della
California di stabilire da sé standard più rigorosi, e sembra piuttosto improbabile che
dia priorità al trasporto pulito nei futuri pacchetti di incentivi economici.
67 https://www.infobuildenergia.it/notizie/macchine-elettriche-possibile-crollo-covid-19-6855.html 68 https://www.motus-e.org/analisi-di-mercato-vendite-ev/ 69 https://www.rinnovabili.it/mobilita/veicoli-ecologici/veicoli-elettrici-mercato-pandemia/
73
Anche per i carburanti la situazione è critica. Gli effetti della pandemia potrebbero
costringere i governi ad allentare la presa sulle politiche e sugli obiettivi climatici. Il
crollo del prezzo del carbonio nell’UE riduce la disponibilità finanziaria per supportare
la decarbonizzazione dei settori industriali. Il timore sollevato da molti attivisti
ambientali sono stati portati all’attenzione dell’UE, ottenendo una dichiarazione
ufficiale da parte di Thierry Breton, commissario europeo per il Mercato interno e i
Servizi, che sostanzialmente ha evidenziato che il Green Deal dell’Unione Europea,
vale a dire il piano climatico di decarbonizzazione dell’eurozona entro il 2050, andrà
avanti nonostante la pandemia di coronavirus70. Il tenore della protesta delle ONG è
stato tale che Breton ha dichiarato che il Green Deal europeo non è finito, piuttosto,
questa pandemia spinge l’Unione a lavorare su soluzioni ancora più ecologiche. In
buona sostanza le ONG riescono a tener testa in Europa più che negli States.
Le ONG sono tuttavia consapevoli di non poter abbassare la guardia nemmeno in
Europa. Infatti, aziende come ArcelorMittal, il più grande produttore di acciaio al
mondo, e la casa automobilistica Volkswagen hanno dichiarato che ridurranno la
propria produzione in Europa, tra interruzioni della catena di approvvigionamento e
calo della domanda. Secondo Energy Aspects (organizzazione indipendente di ricerca
e consulenza) una produzione inferiore nell’eurozona potrebbe significare che le
emissioni industriali dovrebbero diminuire di oltre 20 milioni di tonnellate di anidride
carbonica nel 2020. Tuttavia, questo si accompagnerà anche ad un crollo dei prezzi
del carbonio nell’UE, riducendo così il costo d’inquinamento che le aziende devono
pagare per coprire le proprie emissioni.
Infine, risulta interessante il ruolo di EKOenergy, una rete internazionale di ONG
ambientaliste il cui scopo è quello di promuovere l’uso di un’energia verde sostenibile
contribuendo ad eradicare la povertà e creare un mondo migliore per le generazioni
future71. Tra le iniziative emerge quella per ridurre drasticamente, agendo da subito e
senza indugio, le emissioni di gas ad effetto serra e limitare il riscaldamento globale
ad un massimo assoluto di 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali. Il network di
EKOenergy funge da ponte fra fornitori di energia elettrica, consumatori,
organizzazioni ambientaliste e project manager ed è così efficace da riuscire a mettere
in atto best practices e creare esempi positivi. La visione è quella di un mondo in cui
70
https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/BRIE/2019/629837/IPOL_BRI(2019)629837_IT.pdf
71 https://www.ekoenergy.org/it/ https://it.wikipedia.org/wiki/Ekoenergy
74
l’energia sia generata e consumata in modo sostenibile. Un mondo in cui si rispettino
la natura e la biodiversità e gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite
vengano raggiunti. Mira pertanto a far utilizzare il proprio marchio ecologico come
strumento per promuovere le forme più sostenibili di energia e per raccogliere fondi
per la protezione del clima e della biodiversità accelerando la transizione energetica
verso un mondo al 100% verde.
Il marchio EKOenergy è riconosciuto a livello internazionale e costituisce un valido
strumento di comunicazione per le aziende nel dimostrare il proprio impegno verso
l’ambiente ed incoraggia altri a fare lo stesso.
Nei casi citati si ripete sistematicamente la parabola delle ONG che, inizialmente
presentatesi come associazioni private senza scopo di lucro, aventi in genere come
obiettivo la realizzazione di progetti solidali, spesso finalizzati alla cooperazione
internazionale allo sviluppo, si sono man mano inserite nel complesso sistema delle
relazioni internazionali, clonando scopi e procedure tipiche delle organizzazioni
internazionali ed espandendosi nel vuoto lasciato dai vecchi stati, sostituendosi a
questi nella vera e propria gestione dei programmi di innovazione e sviluppo
6.3 Influenze per l’utilizzo di risorse nazionali e della Difesa
Le ONG hanno svolto e svolgono un ruolo peculiare nell’ambito delle operazioni sotto
egida UE, condotte sulle coste del Corno d’Africa (Operazione Atalanta) e nel
Mediterraneo (Operazione Sophia).
La EUNAVFOR Somalia - operazione Atalanta è una missione diplomatico-militare
dell'Unione europea (Council Joint Action 2008/251 del 10 novembre del 2008) per
prevenire e reprimere gli atti di pirateria marittima lungo le coste degli stati del Corno
d'Africa a sostegno alle risoluzioni ONU 1814, 1816, 1838 e 1846 adottate nel 2008
dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite72.
72 https://eunavfor.eu/
75
La missione è iniziata nel dicembre 2008 e ha lo scopo proteggere le navi mercantili
che transitano tra il Mar Rosso, il Golfo di Aden e l'Oceano Indiano e svolgere inoltre
attività di scorta alle navi mercantili del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni
Unite, incaricate di consegnare aiuti alimentari in Somalia (trasporto degli aiuti
umanitari del World Food Programme). La pirateria nell’area del Corno d’Africa (Golfo
di Aden e bacino Somalo), continua a rappresentare una minaccia per la libertà di
navigazione del traffico mercantile73.
L’operazione interessa una zona di mare che per grandezza è simile a tutto il Mar
Mediterraneo.
l’Operazione ATALANTA può contare su Unità navali e velivoli dislocati in area per la
sorveglianza ed il riconoscimento di attività sospette riconducibili al fenomeno della
pirateria.
Il personale militare coinvolto nell’Operazione può trattenere e trasferire persone
sospettate di aver commesso o che ha commesso atti di pirateria o di rapina e
sequestrare le imbarcazioni appartenenti ai pirati, nonché le armi e le attrezzature
ritrovate a bordo. Le persone sospette di aver commesso atti di pirateria possono
essere giudicate presso lo Stato membro EU che le ha catturate, dallo Stato di
appartenenza della nave mercantile sequestrata, oppure, in applicazione di specifici
accordi con l’Unione Europea siglati dal Kenya e dalle Seychelles, discrezionalmente
dalle Autorità di tali paesi.
L'operazione Sophia, ufficialmente denominata European Union Naval Force
Mediterranean (in italiano: Forza navale mediterranea dell'Unione europea) e
conosciuta anche con l'acronimo EUNAVFOR Med, è la prima operazione militare
di sicurezza marittima lanciata dall'Unione europea, che opera nel Mediterraneo
centrale74.
73
http://www.difesa.it/EN/Operations/InternationalOperations/SomWatAtaOceShield/Pagine/default.aspx
74 http://www.difesa.it/OperazioniMilitari/op_intern_corso/eunavfor_med/Pagine/default.aspx
76
L’operazione è stata avviata in conseguenza dei naufragi avvenuti nell'aprile 2015 che
hanno coinvolto diverse imbarcazioni che trasportavano migranti e richiedenti asilo
dalla Libia. Lo scopo dell'operazione era quello di avviare sforzi sistematici per
individuare, catturare e distruggere le navi ed attrezzature utilizzate o sospettate di
essere utilizzate da contrabbandieri e trafficanti di migranti75. In un’accezione più
generale, l’operazione, condotta dall’Italia, mirerebbe a contrastare il traffico illecito di
esseri umani e s’inquadra nel più ampio impegno dell'UE volto ad assicurare, secondo
un comprehensive and integrated approach, il ritorno della stabilità e della sicurezza
in Libia. L’Operazione SOPHIA è inoltre il primo esempio di elevata integrazione delle
componenti militari e civili (forze di polizia) europee, capace di operare in un complesso
scenario internazionale rappresentato da numerosissimi attori militari e civili,
governativi e non governativi.
La sede operativa è situata a Roma.
Questa operazione è successiva all'operazione di ricerca e di soccorso Mare Nostrum
del governo italiano (2013) e all'operazione di controllo delle frontiere Triton (dal 1º
febbraio 2018 Operazione Themis) dell'agenzia Frontex (2014).
La portata di alcune informazioni e considerazioni sulle citate operazioni potrebbero
riguardare aspetti peculiari che, per motivi di opportunità, meriterebbero degli
approfondimenti solo al termine delle operazioni stesse.
Tuttavia, si può accennare ad alcuni parallelismi, con tutte le precauzioni del caso,
facendo riferimento a quanto successo nel 1999 durante le Operazioni in Kossovo.
75 https://www.operationsophia.eu/
77
Nella sede dell’allora 5^ ATAF di Vicenza venivano scelti gli obiettivi dei
bombardamenti da parte degli aerei della NATO (tra questi anche gli AMX italiani del
32° e del 51° Stormo)76.
I target venivano selezionati con un’attenta opera di analisi nella quale confluivano
anche i dati provenienti dal CIMIC (Civilian Military Cooperation) Desk del Joint
Operational Center (JOC) del Regional HQ South (AFSOUTH) di Napoli77.
Il CIMIC Desk, tra le varie incombenze, stilava una lista delle presenze sul territorio
Serbo di Convogli Umanitari sotto l’egida (ma non sempre) di ONG nazionali e
internazionali. Ovviamente la comunicazione delle coordinate dove operavano le ONG
entrava nel processo decisionale della scelta dei target delle operazioni aeree.
Dopo una prima fase in cui, almeno all’apparenza, la presenza dei citati convogli era
genericamente dispersa sul territorio (a volte nella semplice ricerca di chi avesse
bisogno di aiuto sanitario, materiale, psicologico o altro), con il prosieguo delle
operazioni la presenza di diversi convogli umanitari andavano sempre più a
sovrapporsi sulla disposizione sul terreno dei centri di comando e controllo e delle unità
militari Serbe, possibili target delle operazioni alleate78.
Per essere presenti sul territorio serbo come convoglio umanitario, all’epoca bastava
seguire una semplice procedura di registrazione e accreditamento presso la sede ONU
di Ginevra (UNHCR). Bastava inserire i dati relativi al nome dell’associazione, la
76 https://www.affarinternazionali.it/2019/03/kosovo-operazione-allied-force/
http://www.difesa.it/InformazioniDellaDifesa/periodico/Periodico_2019/Documents/Numero4/id_4_2019_inizio_operazione_kosovo.pdf
77 https://www.nato.int/docu/review/2006/issue1/italian/art3.html https://www.repubblica.it/online/fatti/kosovo2/holbroo/holbroo.html
78 https://www.cespi.it/sites/default/files/documenti/lab_32000.pdf
78
tipologia di intervento (anche molto generica), il luogo, il giorno, l’ora e il numero di
persone presenti.
La debolezza della procedura risiedeva nella difficoltà di verificare con immediatezza
la veridicità dei dati riportati. Verifiche successive, condotte anche con operatori alleati
sul terreno, hanno confermato si trattasse di attività mirate “to hamper the operations”.
In genere si trattava di ONG russe e serbe legate al regime in una sorta di fratellanza
di fede ortodossa.
Queste ONG riuscivano anche ad ammassare Human Shields sui ponti serbi,
soprattutto quelli che erano importanti snodi per le comunicazioni interne, quindi
oggetto di “attenzione” da parte dell’aviazione alleata.
La problematica ha poi assunto un’importanza molto particolare allorquando si è
intrecciata con casi di spionaggio a favore della Serbia e della Russia verificatisi a
SHAPE. Una maggiore presenza di operatori alleati sul territorio serbo, l’intensificarsi
delle operazioni di bombardamento chirurgico e il definitivo ingresso via terra delle
truppe NATO hanno poi segnato la fine delle operazioni e hanno portato alla firma dei
Military Technical Agreement dei primi di Luglio 1999.
Nel caso citato, l’intervento di alcune ONG, più che a vantaggio di attività criminali, era
mirato ad ostacolare se non impedire le operazioni alleate con l’unica speranza di
rallentarle e di minare, col passare del tempo, il consensus dei Member States
partecipanti all’operazione militare.
79
7. CASI STUDI
7.1 Il ruolo delle ONG durante la Primavera Araba (Egitto e Tunisia)
Le cosiddette Primavere arabe e i nuovi assetti globali che ne sono derivati hanno
avuto un’ampia e sorprendente copertura mediatica e incisive risposte politiche, ciò in
considerazione del fatto che agli eventi in Tunisia ed Egitto sono seguiti i disordini libici
con gli interventi militari esterni, la crisi siriana ancora in corso79.
Partiamo dai fatti storici delle cosiddette “Primavere” mediterranee.
Tunisia:
è stato il primo paese nel quale il malcontento popolare è esploso in forme incontenibili.
Sono stati inutili i tentativi del Presidente Ben Alì di reprimere con la violenza i
movimenti che partiti dal sud si estendevano gradualmente a macchia d’olio verso la
costa. Dopo quasi 25 anni di potere il Presidente è stato costretto alla fuga in Arabia
Saudita80. Gli scontri interni sono continuati in quanto montava l’insofferenza per la
continua presenza nei governi provvisori di membri del vecchio regime. Infine l’esito
delle ulteriori elezioni ha visto la vittoria del partito islamico-moderato Ennahda. Rachid
Gannouchi è stato il leader della forza politica uscita vincitrice dalla competizione
assumendo da subito un ruolo equilibratore fra le frange islamiste più radicali e quelle
più laiche, avvicinandosi molto al modello turco ed alla figura di Erdoğan, la cui
formazione politica richiama chiaramente le radici islamiche ma ripudia il
79 https://it.insideover.com/politica/primavere-arabe-usa.html
https://www.huffingtonpost.it/nicola-lofoco/le-illusioni-e-i-fallimenti-delle-primavere-arabe_a_23478036/ https://www.limesonline.com/tag/primavera-araba
80 http://www.storiain.net/storia/la-primavera-araba-in-tunisia-islam-democrazia-e-politica/
80
“fondamentalismo”. Gannouchi ha caratterizzato il suo approccio moderato ponendo
per esempio l’accento sulla partecipazione politica femminile nelle stesse file di
Ennhada, e rifiutando provvedimenti proibizionisti nella vita civile ispirati a ragioni
confessionali81.
Egitto:
Piazza Tahrir al Cairo è stata il simbolo della mobilitazione popolare contro Mubarak.
Continua ancora ad essere il luogo di riferimento ogni qualvolta la popolazione si
mobilita per manifestare82. Mubarak, a differenza di Ben Alì ha dapprima cercato di
assecondare le proteste concedendo delle riforme spesso di facciata, salvo poi
provare a reprimerle con l’uso di unità governative e para-governative. Il potere è stato
delegato provvisoriamente al Consiglio supremo delle forze armate rappresentando
ancora oggi un forte ostacolo alla pacificazione sociale. Il movimento dei Fratelli
Musulmani ha ancora una grande forza nel Paese ed è in grado di mobilitare in
protesta masse oceaniche. Si avverte ancora l’esigenza di un assestamento delle
dinamiche interne83.
Sia in Egitto che in Tunisia si è assistito alla caduta di regimi pluridecennali, autocratici,
‘laici’, appoggiati dall’Occidente, a seguito di forti spinte alla rivolta nate da malcontento
sociale dovuto alla forte disoccupazione, all’aumento dei prezzi dei beni di prima
necessità. Ben Alì e Mubarak hanno goduto di solidi rapporti con i paesi occidentali,
per quanto le stesse relazioni fossero soggette ad alti e bassi.
Nonostante ciò, nelle rivolte hanno giocato un ruolo importante attivisti ed ONG
caratterizzati da legami diretti o indiretti con l’Occidente e con gli USA in particolare.
81 https://www.internazionale.it/reportage/ines-bel-aiba/2018/06/07/rivoluzione-tunisia 82 http://www.storiain.net/storia/la-primavera-araba-in-egitto/ 83 https://www.pandorarivista.it/articoli/egitto-primavere-arabe-al-sisi/
81
Le rivelazioni di Wikileaks diffuse nei giorni in cui montavano le proteste egiziane,
facevano riferimento a legami fra diplomazia USA e attivisti egiziani volti a favorire un
cambio di regime nel paese84.
Qualche anno prima alcuni Egiziani dissidenti furono accolti a Washington presso la
Freedom House85. Attivisti per i diritti umani egiziani furono accolti presso il
Dipartimento di Stato86. Nelle proteste egiziane, il movimento 6 Aprile fece largo uso
di simboli che richiamano il Serbo Otpor (sembra ci fossero forti legami fra le due
organizzazioni).
Le dinamiche esistenti fra movimenti ed ONG, tra le manifestazioni di protesta e il
governo USA ricalcano nei fatti i modelli delle cosiddette “rivoluzioni colorate”, mirati a
promuovere cambi di regime favorevoli a Washington tramite il massiccio
finanziamento di gruppi e movimenti locali finalizzati al sovvertimento non-violento di
governi autocratici o presunti tali. A differenza dei Balcani, l’anomalia tunisina ed
egiziana consiste nel fatto di non aver agito contro governi ostili agli USA, ma
addirittura affidabili e ad essi legati, per ragioni strategiche a valenza regionale e
globale.
È stato molto scritto sul fatto che le rivoluzioni in Tunisia e in Egitto fossero le rivoluzioni
dei Social Network, con particolare riferimento a Facebook e Twitter. Effettivamente il
ruolo della tecnologia è stato fondamentale come strumento di comunicazione e
aggregazione, capace di arrivare ovunque e subito con messaggi forti, precisi,
chirurgici.
Tuttavia un importante ruolo simile ai Social è stato svolto da alcune comunità online
sorte nell’ambito del fenomeno noto con il neologismo di “NetActivism”. Esse dall’inizio
delle rivolte arabe hanno svolto la funzione di vere e proprie “ONG virtuali” nella
diffusione di informazione a livello globale87.
Alcune di esse, come Avaaz (con oltre 9 milioni di iscritti e sede fisica negli Stati Uniti)
si sono specializzate nella comunicazione “verticale” tra società civile e Governi,
organizzando campagne di sensibilizzazione e raccolte firme ed indirizzando petizioni
a Governi e organizzazioni internazionali, come l’ONU o l’Unione europea. Altre, come
84 https://www.ispionline.it/it/tag/primavera-araba 85 https://www.lintellettualedissidente.it/editoriale/dossier-egitto-dove-va-legitto/ 86 https://www.ilfattoquotidiano.it/2011/01/29/egitto-wikileaks-da-usa-appoggio-segreto-a-capi-
rivolta/89144/ 87
https://books.google.it/books?id=HBjcCgAAQBAJ&pg=PT7&lpg=PT7&dq=NetActivism+e+privavere+arabe&source=bl&ots=eUAzHnarus&sig=ACfU3U15xF_HoLM0wx9XxMeI4uaXtVeEog&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwjO0cD6xfroAhUJJZoKHUAzBR4Q6AEwAHoECAoQAQ#v=onepage&q=NetActivism%20e%20privavere%20arabe&f=false
82
“We Rebuild” e “Telecomix”, hanno concentrato i loro sforzi nelle azioni di contro-
censura, come la messa a disposizione di proxy internet anonimi per gli utenti
sottoposti a censura o la creazione di un database sul modello Wiki (ossia a modifica
aperta da parte degli utenti) sugli episodi di censura e le possibili contromisure. Inoltre,
la comunità virtuale Anonymous, che raggruppa hacker di vari paesi, ha assunto un
ruolo importante nella contro-censura, sia in Tunisia che in Egitto, dove è riuscito
nell’intento di oscurare i siti internet del Governo e a diffondere messaggi ai rivoltosi
attraverso gli stessi siti. Tale comunità ha cercato anche di veicolare la diffusione dei
cablogrammi di Wikileaks, organizzazione senza scopo di lucro con sede fisica in
Svezia (così come We Rebuild) che ha reso note varie informazioni compromettenti
sui regimi di tali paesi88.
Una volta, però, venuto meno il nemico comune, Ben Ali da una parte e Mubarak
dall’alta, la non-strutturazione e l’apoliticità del movimento di protesta è venuta fuori,
segnalando la mancanza di una reale alternativa di governo. Certo, ciò è giustificabile
anche in virtù della nota chiusura e la poca democraticità di questi regimi nei lunghi
anni di mantenimento del potere. Basti pensare che a fine anni Novanta a Tunisi c’era
un solo provider di servizio Internet di proprietà della figlia di Ben Alì. Dunque per
l’organizzazione, ad esempio, di partiti politici che rispecchino maggiormente le
sfaccettature della società civile occorre attendere tempi più lunghi89.
È ormai chiaro che tanto nei Paesi autoritari quanto negli uffici e nei campus
universitari del resto del mondo, i progressi nel campo delle telecomunicazioni digitali
e la crescita dei Social Network stanno cambiando il modo in cui le persone
interagiscono e si organizzano. Altrettanto chiaro però, è che il rovescio della medaglia
è rappresentato dal fatto che i governi autoritari, nella regione e al di fuori, fanno largo
impiego di internet e degli stessi strumenti digitali nel tentativo di perpetrare il loro
potere.
Le più emblematiche organizzazioni statunitensi di « esportazione » della democrazia
sono l’USAID (United States Agency for International Development), la NED (National
Endowment for Democracy), l’IRI (International Republican Institute), il NDI (National
88
http://www.parlamento.it/application/xmanager/projects/parlamento/file/repository/affariinternazionali/osservatorio/approfondimenti/PI0040App.pdf
89 https://www.huffingtonpost.it/nicola-lofoco/le-illusioni-e-i-fallimenti-delle-primavere-arabe_a_23478036/
83
Democratic Institute for International Affairs), Freedom House e l’OSI (Open Society
Institute)90. Salvo l’ultima, tutte le altre sono principalmente finanziate dal governo
USA. L’OSI, invece, fa parte della Fondazione Soros, dal nome del suo fondatore
George Soros, il miliardario statunitense, illustre speculatore finanziario. Inutile
precisare che Soros e la sua fondazione lavorano di concerto col Dipartimento di Stato
USA per la “promozione della democrazia”.
La relativa efficienza con la quale queste destabilizzazioni si sono realizzate e la loro
apparente spontaneità sono testimonianza del ruolo di “cavallo di Troia” di alcune
ONG, spalleggiate da una rete di attivisti autoctoni adeguatamente formati in training
center specializzati.
Nella prima edizione del libro “Arabesque américaine” (aprile 2011), l’autore Ahmed
Bensaada denuncia l’ingerenza straniera in queste rivolte, e anche il carattere non
spontaneo di questi movimenti91. Certamente, prima di questi avvenimenti, i paesi
arabi erano in una situazione di assenza di alternanza politica, forte disoccupazione,
democrazia mai sviluppata, bassi livelli di vita, diritti fondamentali violati, assenza di
libertà di espressione, corruzione a tutti i livelli, favoritismi, fuga dei cervelli, ecc. Tutto
ciò rappresenta un terreno fertile per la destabilizzazione. Nonostante l’assoluta
fondatezza delle rivendicazioni della piazza araba, ricerche approfondite hanno
dimostrato che i giovani manifestanti e i cyber-attivisti arabi erano stati formati e
finanziati dalle citate organizzazioni statunitensi specializzate nella “esportazione della
democrazia”, già molti anni prima che Mohamed Bouazizi si immolasse col fuoco a
Tunisi.
Tuttavia occorre riconoscere che i manifestanti che hanno paralizzato le città arabe e
che hanno cacciato i vecchi autocrati arabi, al potere da decenni, rappresentano
comunque una generazione piena di forza e di speranze.
90 https://freedomhouse.org/
91 https://www.ahmedbensaada.com/index.php?option=com_content&view=article&id=120:arabesque-americaine-chapitre-1&catid=46:qprintemps-arabeq&Itemid=119
http://www.ahmedbensaada.com/index.php?option=com_content&view=article&id=124:arabesque-americaine-documents-complementaires&catid=37:societe&Itemid=75
84
Una gioventù istruita, che ha dimestichezza con le tecniche della resistenza non
violenta e i suoi slogan efficaci. Le stesse tecniche teorizzate dal filosofo statunitense
Gene Sharp e messe in pratica dagli attivisti serbi di Otpor durante le rivoluzioni
colorate. Le stesse tecniche insegnate ai giovani manifestanti arabi dai fondatori di
Otpor, nel loro centro CANVAS (Center for Applied Non Violent Action and Strategies),
realizzato apposta per la formazione di dissidenti in erba.
7.2 Il ruolo delle ONG durante le rivoluzioni arancione
Dalla fine del 2003 e fino alla metà del 2005, la Georgia, l’Ucraina ed infine il
Kirghizistan sono stati teatro di proteste che sono terminate solamente con la caduta
dei regimi alla guida di questi Stati. Tali eventi, definiti Rivoluzioni Colorate, sono
avvenuti senza l’utilizzo della forza, tranne alcune eccezioni minori, né da parte dei
manifestanti, né da parte delle autorità, e ciò ha rappresentato una notevole novità
rispetto al passato.
La crisi politica che ha attraversato questi paesi nei questi anni, la più grave in Europa
dal collasso del socialismo nei paesi dell’est e la seguente disintegrazione dell’URSS,
date le sue implicazioni, è stata presentata come il frutto dello scontro tra le forze
“riformiste”, filo-occidentali, e quelle opposte alla democratizzazione del paese, definite
come pro-russe.
Nel caso dell’Ucraina, sebbene debba essere riconosciuta anche la presenza
dell’elemento nazionalista nei processi politici che si sono dispiegati nel paese a partire
dalla dichiarazione d’indipendenza del 1991, a causa in particolare dell’esistenza di
una numerosa minoranza nazionale di origine russa, gli stretti legami tra questo paese
e la Russia, ed anche la presenza di una significativa minoranza di origine polacca
L’Ucraina è una nazione totalmente slava, considerata quasi unanimemente la culla di
quella cultura. Nonostante ciò, le sue relazioni con la Russia, l’altro gigante della
tradizione slava, sono sempre state profondamente complesse anche in relazione
85
all’importanza fondamentale dell’Ucraina nel sistema agricolo, minerario ed industriale
dell’Unione Sovietica. A livello storico non bisogna inoltre dimenticare che l’Ucraina fu
la patria di due tra i più importanti leader dell’Unione Sovietica, Nikita Kruscev e Leonid
Breznev, e fu anche il teatro delle più grandi battaglie tra Armata Rossa e truppe
naziste durante la seconda Guerra Mondiale. L’Ucraina è sempre stata senza alcun
dubbio al centro della vita economica, culturale e militare dell’Unione.
Allo stesso tempo non si può trascurare di menzionare il forte movimento nazionalista
ucraino che è sempre stato presente, soprattutto durante gli anni della II Guerra
Mondiale e negli anni ’50. Ugualmente la netta frattura tra ovest dell’Ucraina, più
indipendentista e orientata verso l’Europa e gli Stati Uniti ed est ucraino, rivolto verso
Mosca, non è certo iniziata con la Rivoluzione Arancione del 200492 ma è stata un
tema perennemente presente durante il periodo sovietico ed i primi anni post
indipendenza. Non è quindi sorprendente scoprire che i nazionalisti hanno sempre
avuto seguito nella parte occidentale dell’Ucraina e che addirittura, durante la II Guerra
Mondiale, molti di essi hanno supportato i Nazisti invece dell’Armata Rossa.
Va ricordato inoltre l’Holodomor, il genocidio dei primi anni ’30 durante il quale milioni
di Ucraini morirono di fame a causa dalla collettivizzazione forzata decisa da Stalin
che provocò una carestia di incredibile proporzione. Questo genocidio devastò
l’Ucraina e spine moltissimi Ucraini ad odiare il regime sovietico93.
Durante il periodo sovietico la minoranza russa presente in Ucraina visse nella parte
orientale del paese, continuando a parlare il russo ed identificandosi più come russi
che come ucraini. Questa minoranza aumentò sempre di più sia di numero sia di
influenza dopo la II Guerra Mondiale e con il passaggio nel 1954 della Crimea, regione
totalmente popolata da russi, la minoranza russa in Ucraina raggiunse circa il 25%
dell’intera popolazione. Dall’indipendenza del 1991 questa minoranza ha
controbilanciato la presenza ad ovest dei nazionalisti di fatto bloccando o rallentando
tutte quelle politiche volte a rafforzare l’identità nazionale, come l’adozione ufficiale
della sola lingua ucraina, l’accesso alla NATO, la celebrazione dell’Holodomor, etc.
Anche il fattore geopolitico ha svolto un ruolo determinante nell’evoluzione degli
avvenimenti, la situazione geostrategica dell’Ucraina e il suo significato sia per la
Russia che per i paesi occidentali, specialmente per gli Stati Uniti. L’Ucraina è
92 L’Est Ucraina dopo il referendum chiede l’annessione alla Russia. L’Ue non riconosce il
risultato e vara nuove sanzioni contro Mosca, in «La Stampa», 12 maggio 2014; Ucraina, l’est sceglie la secessione. Kiev: “Farsa finanziata dal Cremlino”, in «la Repubblica», 12 maggio 2014
93 Russia contro America, peggio di prima, supplemento a «LiMes», n. 4/2008, p. 18-24.
86
considerata, in virtù della sua posizione privilegiata nel Mar Nero, che la unisce al sud-
est del continente, ai Balcani e al Caucaso, come “un ponte tra Mosca e l’Occidente”,
una specie di “ponte tra l’UE e la Russia”, che dopo l’anni ’90, ha svolto il ruolo “di zona
neutrale tra la Russia e la NATO. Brzezinski in “La grande scacchiera” (1997), aveva
messo che “Manovrare” questo paese permette di limitare il raggio di influenza russa
ad Ovest ed evitare la ricostruzione della “Grande Russia”, tanto cara a Putin”.
L’Ucraina rappresenta, inoltre, una fondamentale linea di transito per oleodotti e
metanodotti, i quali, partendo dall’Asia centrale e dal Caucaso, si dirigono verso
l’Europa Occidentale alla volta del Nord:
L’obiettivo è di comprendere il ruolo delle NGO nei cambiamenti istituzionali che sono
derivati da questi fatti, la rimozione dal potere di una leadership autoritaria attraverso
metodi non violenti e democratici (sconfitta elettorale e proteste di massa non violente).
La rivoluzione arancione ha dimostrato la presenza di un trend generalizzato capace
di modificare i sistemi istituzionali
“Capelli lunghi e maglietta gialla, Vladimir Kaskiv non ha proprio l’aria di uno studente.
Insieme ad una quindicina di persone, gestisce l’organizzazione di “Pora” (tradotto vuol
dire “è tempo, è ora”). Prima, proprio come molti altri suoi compagni, aveva combattuto
nel 1991 per l’indipendenza dell’Ucraina dal giogo sovietico. L’unica influenza che
Vladimir rivendica è in effetti il libro di Gene Sharp intitolato “Dalla dittatura alla
democrazia”, diventato il vademecum degli attivisti delle rivoluzioni pacifiche come
quelle di “Otpor” in Serbia o “Kmara” in Georgia. “La nostra ideologia è un insieme di
quegli stessi valori liberali che sono stati messi in discussione nel corso della recente
campagna presidenziale in Ucraina: la libertà di espressione, i diritti dell’uomo, ma
anche l’indipendenza del paese di fronte a qualsiasi ingerenza straniera. Allo stesso
tempo siamo anche patrioti. Il libero mercato e il libero scambio sono al secondo posto
della nostra lotta e provengono da questi medesimi valori di libertà”.
Un ruolo preminente negli eventi ucraini è stato giocato dall'organizzazione di giovani
attivisti PORA, in realtà costituita da due organizzazioni, una delle quali rimase
deliberatamente non organizzata. In ucraino il termine ‘Pora' significa “E l'ora”, ed è
anche il significato contrario del titolo dell'inno patriottico ucraino “Ne pora” (“Adesso
non è l'ora”). La prima versione di PORA, soprannominata ‘Black Pora', era una
continuazione dell'ala radicale dei movimenti “Ucraina senza Kuchma” e “Per la verità”
del 2001, che non ebbero successo, e il leader era Mykhailo Svystovych, anche se
87
l'organizzazione, perlopiù per motivi ideologici, ma anche per evitare misure repressive
da parte dell'autorità, rimase priva di un vero e proprio portavoce. 94
‘Yellow Pora', il cui leader de facto era Vladislav Kaskiv, spuntò fuori nello stesso
momento con gran parte delle stesse idee; ‘Yellow Pora' aveva però un'organizzazione
più imprenditoriale, sia politicamente che economicamente, ed era più basata nella
capitale. Ci fu persino il sospetto che Juščenko avesse messo mano nella creazione
del doppione ‘Yellow Pora' per rubare il brand e farlo convergere maggiormente nella
sua direzione. In ogni caso fu Roman Bezsmertnyi ad aiutare a coordinare le due
componenti del movimento, che in seguito, durante le proteste di piazza Nezalezhnosti
si accordarono per stabilire una divisione del lavoro, con due patti informali il 15 ottobre
e il 15 novembre 2004. 95
PORA basò la sua strategia soprattutto su un libro di Gene Sharp, From Dictatorhip to
Democracy: A Conceptual Framework for liberation (1993), soprannominato il
“Clausewitz della guerra non violent”, cercando di individuare i punti deboli del regime
ucraino.
PORA mise in atto delle tattiche “situazioniste” per deridere le autorità e dispare la
paura della repressione: lo slogan “Uccidi la tv all'interno di te stesso”, cortei
carnevaleschi per le strade, il blocco dei bus che trasportavano i “votanti di
professione” durante il giorno delle votazioni e ha contribuito allo sviluppo di un network
indipendente per monitorare e analizzare i risultati elettorali.
Nel processo che si è scatenato dopo il primo giro della campagna presidenziale, sono
apparse istituzioni nord americane: il National Endowment for Democracy,
l’International Republican Institute (organismo ufficiale del Partito Repubblicano degli
Stati Uniti), l’International Democratic Institute (organismo simile dei democratici) e
l’Open Society Institute diretta dal multimilionario nordamericano di origine ungherese
George Soros.
“All’attività di queste organizzazioni si aggiungono fondazioni ugualmente note come,
rispettivamente, la Konrad Adenauer dell’Unione Cristiano-Democratica (CDU) della
Germania e la Friedrich Ebert dei socialdemocratici tedeschi, come pure la lobby
polacca negli USA, a cui si aggiungono altre lobby europee, che insieme hanno
profuso sforzi per mobilitare il nazionalismo culturale cattolico ucraino e i giovani delle
94 G. Sussman – S. Krader, Template Revolutions: Marketing U.S. Regime Change in Eastern
Europe, in «Westminster Papers in Communication and Culture», University of Westminster, London, vol. 5, n. 3, 2008, p. 91-112.
95 C’era una volta Optor, in http://www.balcanicaucaso.org/aree/Serbia/C-era-una-volta-Otpor-27236
88
città contro “Janukovich, i nazionalisti economici e la Russia”, identificati come
rappresentanti di “un sistema immorale che domina politicamente”, a cui si opponeva
“una forza democratica moralizzatrice””.
Nelli diversi studi si prescrive che “La presenza di queste organizzazioni è stata
accompagnata da abbondanti apporti finanziari che hanno facilitato l’attività di
mobilitazione dei “sostenitori della democrazia”, e che hanno reso possibile il
pagamento di salari ai capi dei gruppi giovanili, il pagamento per giorni dei manifestanti
stessi, cucine da campo con pasti caldi, il dispiegamento di circa 1.200 tende di 200
dollari ognuna nei luoghi di concentramento nella capitale del paese, immensi schermi
di proiezione LCD, abbigliamento in abbondanza e scarpe invernali; il tutto distribuito
gratuitamente ai manifestanti, cosa che, secondo il periodico britannico The Guardian,
è costata circa 15 milioni di dollari al giorno”.
Quanto sopra si puo pensare che la cosiddetta opposizione in Ucraina, riversatasi nelle
strade con una componente prevalentemente giovanile, sia stata in realtà un progetto
ben preparato e finanziato dall’estero.
Il partito di Viktor Juschenko “Nostra Ucraina”, appaia come il principale sostenitore
della “opposizione democratica”, in realtà il supporto fondamentale di questo
movimento lo ha assicurato un’ampia rete di “organizzazioni non governative”, che
rispondevano genericamente alla citata “Pora”, formata per la maggior parte da
studenti addestrati dall’organizzazione similare serba “Otpor” (organizzatrice nell’anno
2000 delle manifestazioni anti-Milosevic a Belgrado), che ha anche addestrato
“Khmara” per il colpo di Stato in Georgia del novembre 2003.
Proprio in funzione di principale forza d’urto dell’azione “di opposizione” hanno operato
gli studenti, nello stesso modo con cui in precedenza si era manifestato in ex
Jugoslavia, Georgia etc. Si distinguono solamente i nomi delle organizzazioni giovanili:
in ex Jugoslavia si trattava del movimento “Otpor” (Resistenza); in Georgia, “Kmara”;
in Bielorussia “Zubr”, e in Ucraina, “Pora” (“E’ il momento”). Per gli specialisti, “Tutti li
unisce il denaro occidentale speso per crearli. Gli stessi istruttori hanno insegnato a
questi giovani come manipolare la folla, assaltare edifici e alzare barricate”.
Come abbiamo detto prima, “le origini di “Pora” vanno ricercate nell’organizzazione
non governativa “Freedom of Choice Coalition” (FCC), vero cervello degli sforzi di
“democratizzazione” in Ucraina, che all’inizio aveva tentato di organizzarsi in reti di
“volontari” (reclutati tra gli studenti) con l’obiettivo di informare i cittadini ucraini sul loro
diritto al voto”.
89
“La FCC fu fondata nel 1999, con l’intento di raggruppare più di 300 “organizzazioni
non governative”. La FCC è sovvenzionata dalle istituzioni come: il “National
Democratic Institute”, diretto dall’ex Segretaria di Stato Madeleine Albright; la
“International Renaissance Foundation” (IRF), filiale ucraina di “Open Society
Institute”, patrocinata e finanziata dal già citato George Soros; “Eurasia Foundation”,
pure finanziata da questo personaggio e dal Governo degli Stati Uniti d’America; la
Banca Mondiale; l’OSCE; la “US Agency for International Development”; e la “Freedom
House””.
“Adrian Korotnicki, principale organizzatore del movimento giovanile ucraino “Pora”,
ha usato un tono enfatico nel sostenere insistentemente la convenienza, per gli
interessi di Washington, di separare l’Ucraina dalla Russia: “L’Ucraina (una nuova e
importante pedina nella scacchiera dello spazio euro-asiatico) è uno Stato col ruolo di
perno geopolitico dovuto al fatto che, per la sua stessa esistenza, ci aiuta a trasformare
le fondamenta della Russia. Senza l’Ucraina, la Russia rinuncerebbe ad essere un
impero euro-asiatico. Senza l’Ucraina, la Russia rappresenterebbe solo un impero
prevalentemente asiatico, che può smembrarsi nei conflitti interni dell’Asia Centrale
islamica, con l’aiuto degli altri Stati islamici del Sud””.
La finalità di tali sforzi, è quella di impedire un eventuale ristabilimento di un asse
Mosca-Kiev, che avrebbe costituito la premessa essenziale alla ricostruzione politica,
economica e militare di un nucleo di potere nella parte orientale d’Europa, in
condizione di frenare, o almeno limitare, le aspirazioni degli USA e dell’UE al controllo
delle importanti riserve di petrolio e di gas esistenti in entrambe le regioni.
Ma al contrario del 2004, nell’autunno 2013 in Ucraina scoppia la protesta che passerà
alla storia come Euromaidan, nome che deriva dalla locazione originaria dei movimenti
di dissenso, la piazza Maidan di Kiev.
Migliaia di persone si riversarono in piazza accusando il governo Yanukovich, eletto
legittimamente nel 2010, del mancato accordo di libero scambio con l’Unione Europea.
Da protesta popolare, l’Euromaidan divenne un laboratorio politico tramite il ruolo e
l’azione di due fattori di primaria importanza nell’interpretazione, il primo, e nello
svolgimento, il secondo, dei fenomeni internazionali: i mass media e le ingerenza
politiche estere. La narrazione mediatica che provò a descrivere e fotografare gli eventi
del Maidan portò a un’interpretazione parziale dei fatti, avvicinandosi più a un disegno
impreciso che a un’istantanea di qualità.
L’incomprensione di base degli eventi fu la totale assenza di una spiegazione completa
della profonda divisione etnico-culturale dell’Ucraina, separata da un confine
90
immaginario e tagliata in due: una parta decisamente filo-occidentale, con il centro
nell’Oblast di Kiev, e una parte marcatamente filo-russa, concentrata nelle regioni del
Donbass.
Una piazza, quella del Maidan, dipinta e narrata come se rappresentasse la totalità di
un paese in realtà caratterizzato da radicate differenze etniche, linguistiche, religiose
e culturali.
L’Euromaidan, movimento che avrebbe portato al crollo del governo Yanukovich,
venne quindi fatto passare come volontà indiscutibile del popolo ucraino nella sua
interezza, quando solo 3 anni prima l’Osce certificava come valide le elezioni che
portarono al potere il presidente Yanukovich.
Sin dall’inizio delle manifestazioni fu essenziale il ruolo delle ONG interni e quelli
esterni presenti sul suolo ucraino: le organizzazioni riuscirono a stimolare la società
civile del paese, creando reti e network sociali in grado di unire le diverse fazioni filo-
occidentali, facendo presa su giovani e studenti e massimizzando i risultati di chi
tentava di dirigere le proteste.
Dalle diversi studi fatti, le Ong straniere che hanno avuto un ruolo importante nelle
manifestazioni di euromaidan, si possono notare l’Open Society Foundation, fondata
dal magnate George Soros nel 1993, che nel 2012 ha investito ben 12 milioni di dollari
in Ucraina, media di gran lunga superiore agli investimenti fatti negli altri paesi
europei.96
Organizzazioni non governative presenti ed attive in Ucraina sono state la NED
(National Endowment for Democracy), protagonista di 65 progetti nel paese; la
National Democratic Institute for International Affairs e la Millennium Challenge
Corporation. Per finire una menzione particolare va riservata al ruolo di Freedom
House, Ong ben radicata in territorio ucraino, che si occupa di stilare annualmente una
classifica chiamata “Indice di libertà”, con lo scopo di monitorare il grado di libertà di
uno stato sulla base di indici relativi a diritti politici e alle libertà civili.
E la stessa Freedom House che analizzando lo “Status” dell’Ucraina declassa il paese
da “libero” a “parzialmente libero” nel 2010, in occasione delle elezioni di Yanukovich.
La stessa Freedom House aveva dichiarato l’Ucraina paese “libero” nel 2005, dopo la
rivoluzione arancione. Rivoluzione che l’ONG in questione aveva finanziato
economicamente e nella quale, in occasione del ballottaggio tra Yanukovich e
96 Lorenzo Zacchi: Speciale Donbass: Le vere cause di Euromaidan – l'Opinione
...www.opinione-pubblica.com Oct 9, 2015
91
Yushchenko, giocò un ruolo di straordinaria importanza mobilitando più di mille
osservatori che segnalavano tramite exit pool il netto vantaggio del secondo candidato
sul primo.
7.3 La comunità Sant’Egidio
7.3.1 La Comunità
La Comunità di Sant'Egidio (CSE) è una “Associazione pubblica di laici della Chiesa",
nata a Roma nel 1968 per iniziativa di Andrea Riccardi (ed un gruppo di liceali suoi
compagni) per ascoltare e mettere in pratica la Parola di Dio.
La Comunità ha la sua sede a Trastevere (dal 1973 nell’antico edificio del monastero
di Sant’Egidio, da cui prende il nome e dove ha dato origine alla tradizione della
preghiera collettiva serale che accompagna tuttora la vita di tutte le comunità) e dalla
seconda metà degli anni settanta, ha cominciato a diffondersi in altre città italiane e,
successivamente, negli altri continenti.
Il termine comunità vuol significare, nell’idea del fondatore, l’esigenza di fraternità che
i suoi membri (laici) sperimentano quotidianamente sia all’interno che all'esterno della
stessa con un atteggiamento di apertura e attenzione costante verso la società e le
altre esperienze ecclesiali.
L’attività del nucleo iniziale della CSE si incentrava principalmente su iniziative a favore
degli emarginati nei quartieri popolari della periferia romana;97 rapidamente il
movimento studentesco ha iniziato ad agire oltre la dimensione locale e si è
trasformato in soggetto internazionale “indipendente e autorevole, riconosciuto e
apprezzato da diverse organizzazioni internazionali”.
La CSE oggi promuove sulla scena globale il dialogo ecumenico e interreligioso, la
tutela dei diritti umani, la soluzione pacifica dei conflitti.
Nel 1986 la CSE ha ricevuto il riconoscimento di Associazione Internazionale di Fedeli
di Diritto Pontificio da parte del Pontificio Consiglio per i Laici,98 è membro del Comitato
97 Il primo dei servizi della comunità, quando ancora non aveva preso il nome di Sant'Egidio, fu
la scuola popolare per i bambini emarginati delle baraccopoli romane, come il “Cinodromo”, lungo il Tevere, nella zona sud di Roma.
98 http://w2.vatican.va/content/vatican/it.html, (cfr. art. 134 della Costituzione apostolica Pastor Bonus, sulla Curia Romana)
92
Economico e Sociale delle Nazioni Unite e gode di status riconosciuto presso l’Unione
Europea, alcune organizzazioni Internazionali e vari Governi nel mondo.
La direzione della Comunità è in carico al Presidente (oggi Marco Impagliazzo),
coadiuvato dal Consiglio di presidenza e da un Assistente ecclesiastico, eletti ogni
cinque anni dall'assemblea generale dei rappresentanti di tutti i nuclei di comunità.99
Questo movimento laicale è diventato nel tempo un cluster di comunità di ispirazione
cristiana cattolica distribuite in tutto il mondo (oltre 70 paesi)100 ed è dedito alla
preghiera ed alla comunicazione del Vangelo, con un impegno volontario e gratuito
per i poveri e per la pace.
La Comunità di Sant'Egidio, infatti, si configura come una “famiglia di comunità” (che
cerca di estendere la condivisione di un'esperienza comunitaria cristiana ad una
dimensione mondiale) in cui Roma svolge un ruolo di riferimento per le differenti
Chiese locali e le altre realtà distribuite nella rete internazionale.
La CSE si prefigge l’obiettivo di un impegno continuo alla cura delle periferie umane
ed esistenziali e degli emarginati dei diversi continenti con forme di aiuto mirate a
combattere le situazioni di povertà e disagio ed azioni di sostegno ai diritti e alla dignità
della persona.
Tre sono le fondamenta su è costituita questa comunità (uomini e donne
“religiosamente ispirati” di tutte le età e condizione sociali, uniti da un forte legame di
fraternità), che Papa Francesco ha ribattezzato “la Comunità delle 3 P”:
- La preghiera,101 la prima attività della Comunità, un luogo di incontro e di
accoglienza per chiunque voglia ascoltare il Vangelo.
99 Nei Paesi in cui esistono più comunità è spesso nominato anche un Presidente nazionale. 100 La Comunità di Sant'Egidio è costituita da una rete di piccole comunità di vita fraterna diffuse
in 73 Paesi così distribuiti: Africa (29), Asia (7), Europa (23), Nordamerica (8), Sudamerica (5). I membri della comunità sono circa 60.000..
101 La Comunità di Sant'Egidio pone in primo piano, tra le proprie attività, la preghiera. La lettura delle Scritture ha in questo ambito un ruolo centrale: l'idea è quella di riprendere l'esperienza dei discepoli raccolti attorno a Gesù per ascoltarne la parola. Concordia e assiduità nella preghiera (Atti degli Apostoli, 2,42) costituiscono quindi la via offerta e richiesta a tutti i membri della comunità. Le comunità, a Roma e in altre parti d'Italia, d'Europa o del mondo, si riuniscono frequentemente per pregare assieme. In molte città ogni sera viene organizzata una preghiera comunitaria aperta a tutte le persone interessate. A ogni membro della comunità è chiesto inoltre di trovare uno spazio significativo nella propria vita per la preghiera personale e per la lettura delle Scritture, cominciando dai Vangeli. La comunicazione del Vangelo è un'attività cui la comunità dedica particolare rilevanza. Nell'esperienza di Sant'Egidio essere discepoli e vivere e comunicare la Parola di Gesù sono infatti strettamente correlati: per questo è stata avviata negli anni una “fraternità missionaria” in molte parti del mondo.
93
- Il sostegno ai poveri di ogni condizione nei vari paesi del mondo (dalle persone
senza dimora, anziani soli, bambini di strada in Africa e in America Latina, minori
che crescono alle Scuole della Pace fino ai programmi per contrastare l'AIDS e il
sostegno all'infanzia e la registrazione anagrafica in Africa), tutti considerarti
“fratelli”.102
- L’impegno a favore della pace (per proteggerla dove è minacciata ed aiutare a
ricostruirla dove si è persa), una responsabilità di tutti i cristiani, consapevoli del
fatto che la “guerra è la madre di ogni povertà”. Tale servizio viene attuato in
senso lato anche nella ricerca della riconciliazione tra popoli e realtà locali e nella
facilitazione del dialogalo interreligioso nello “Spirito di Assisi”.103
102 Negli anni novanta in seno alla Comunità sono sorti Il Paese dell'Arcobaleno (movimento per
bambini e ragazzi), le Scuole del Vangelo (per adulti e famiglie), Viva gli Anziani (per la terza età), Gli Amici (per disabili e malati), Genti di pace (per i migranti). Alla Comunità sono anche collegate alcune organizzazioni non governative, che raccolgono iniziative di cooperazione allo sviluppo e di solidarietà, ad esempio in Kosovo, Albania, El Salvador, Guatemala. Ogni comunità è chiamata, anche se piccola, a dare il suo contributo di solidarietà.
103 Grande focus mediatico si è avuto in occasione dello svolgimento dell’annuale incontro interreligioso internazionale organizzato, nel solco di una lunga serie iniziata ad Assisi nel 1986, dalla Comunità Igidina in Germania, a Münster ed Osnabrück dal 10 al 12 settembre 2017, con lo scopo di promuovere la conoscenza reciproca ed il dialogo tra le religioni, nell’orizzonte della Pace. All’appuntamento, dal titolo “Strade di Pace”, hanno partecipato numerose personalità di spicco, laiche e religiose, tra le quali, ad esempio e per poterne capire la portata in termini di comunicazione, la Cancelliera tedesca Angela Merkel, il Presidente del Niger Mahamadou Issoufou, il Grande Imam di al – Azhar al – Tayyib, il Presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani.
94
7.3.2 La diplomazia “alternativa e complementare” alla base dei successi internazionali della
Comunità
Oggi, dopo oltre 50 anni di attività, “continua la grande sfida per la costruzione di
un mondo più umano a molti livelli con numerose iniziative in Italia e nel mondo”.
Tra i numerosi successi ottenuti dalla CSE sin dalla sua nascita sicuramente ha un
posto di rilievo la spiccata capacità di intervento in settori generalmente riservati a
politici e diplomatici nel perseguire la pace e la cooperazione tra i popoli (portato avanti
dall'Ufficio Internazionale della Comunità).
Ma qual è il segreto della “piccola ONU di Trastevere” e su quali fattori si fonda la
sua enorme credibilità? Esiste un modello di “diplomazia parallela” utilizzato dalla CSE
per la risoluzione dei conflitti nel mondo?
Ne abbiamo parlato con il Prof. Adriano Roccucci,104 Docente di Storia
Contemporanea all’Università Roma TRE e Segretario Generale della Comunità di
104 Il Prof. Roccucci ha studiato in particolare la storia russa del Novecento. E’ stato perito storico della Commissione vaticana per i Nuovi Martiri istituita da Giovanni Paolo II in
95
Sant’Egidio, che ci ha illustrato con chiarezza e semplicità i punti di forza di questa
ONG peculiare.
Nel senso stretto del termine, infatti, la CSE è una realtà molto più complessa di
una semplice ONG: un soggetto internazionale, con uno statuto giuridico di diritto
pubblico (sia civile che ecclesiastico) ed accordi con Stati sovrani (quali l’Italia, la
Francia, il Belgio, etc), che attua modalità d’azione diverse rispetto a quelle messe in
atto dalle ONG tradizionali.
La sua struttura associativa, benché gerarchicamente strutturata, è snella (non è ricca
di personale e mezzi economici), verticale e decisionista, non è soggetta ai vincoli delle
burocrazie istituzionali né è in concorrenza con le diplomazie ufficiali (con cui
collabora).
Pur non essendo una realtà di professionisti della diplomazia (il servizio dei suoi iscritti
è, infatti, prestato su base volontaria e meno del 10% delle uscite della Comunità sono
attribuibili a spese per il personale, mentre le ONG hanno in media costi fissi superiori
al 50% per le proprie strutture di staff), la CSE è da anni in prima linea in molte “zone
calde” nei vari continenti ed è diventata un soggetto decisivo nella soluzione di
guerre civili e conflitti internazionali ricevendo grandi riconoscimenti a livello
mondiale (per es. il Premio Balzan per la Pace, Premio Unesco per la Pace).
L’elevata competenza dimostrata, la serietà di un impegno disinteressato e la
realizzazione di attività di natura sociali, culturali ed internazionali coniugate
all’esecuzione di un lavoro gratuito (che in teoria rappresenta un vulnus ed una
debolezza organizzativa) sono diventate il segno distintivo ed punto di forza su cui si
impernia il successo della CSE che in questo modo ha acquisito una sempre crescente
legittimazione a livello mondiale su varie dimensioni.
In tale ambito va evidenziato che la Comunità:
i. ha al suo interno realtà internazionali radicate nei vari Paesi, una reta di soggetti
disseminati nel mondo che vivono le situazioni ambientali con vera “sensibilità
locale”.
occasione del Giubileo dell’anno 2000 per approfondire la conoscenza storica delle vicende che portarono al martirio di una vastissima schiera di cristiani nel XX secolo.
96
ii. È impegnata da anni in un lavoro di mediazione nei conflitti finalizzato a cambiare
le situazioni con cui ci si confronta e nel fornire attività di sostegno. Questa capacità
si basa su una rete di contatti e relazioni che hanno messo al centro di ogni sforzo
i paesi in conflitto. L’obiettivo di realizzare la solidarietà e l'aiuto umanitario alle
popolazioni civili che soffrono a causa della guerra viene perseguito anche
attraverso collaborazioni e sinergie con professionisti della diplomazia, le
grandi entità sovranazionali (Nazioni Unite, Unione Europea, Unione Africana,
ecc.), le Difese e le istituzioni nazionali capaci di implementare gli accordi di pace
sugli schemi ideati dalla Comunità. L’esperienza dell’intervento in Mozambico è un
esempio di successo rilevante di come la CSE abbia saputo attuare con efficacia
un modello di “diplomazia completare” a quelle nazionali con un messaggio
comune: “la pace è sempre possibile e tutti, davvero tutti, possono
contribuirvi”. In tale occasione si è, infatti, dimostrato come un gruppo di mediatori,
privi di interessi e convinti che la pace fosse raggiungibile, riuscì, tramite l'appoggio
delle Nazioni Unite, il sottosegretario agli Affari Esteri Mario Raffaelli, l'Ambasciatore
d'Italia Manfredo Incisa di Camerana e la Chiesa locale, a far dialogare la guerriglia
armata antigovernativa della Renamo (Resistenza nazionale mozambicana) ed il
governo di Maputo, guidato dal Frelimo (Fronte di liberazione del Mozambico).
iii. È attiva con interventi di diplomazia umanitaria ed emergenziali atti a migliorare
scenari post-eventi (calamità naturali, terremoti, etc) o azioni strutturate di più ampio
respiro in sinergia con le organizzazioni non governative del posto. Si riportano a
titolo d’esempio:
La costituzione di corridoi umanitari105 che hanno consentito finora l’arrivo dal
Libano in Italia di alcune migliaia di rifugiati, soprattutto siriani. Un nuovo
corridoio è stato aperto dall’Etiopia per 500 profughi del Corno d’Africa, insieme
alla Conferenza Episcopale Italiana. Nel corso del 2017 questo modello (che
abbina la necessità di salvare vite umane e la sicurezza e incoraggia
l’integrazione) è stato seguito anche in Francia e in Belgio.
La realizzazione di un ospedale per malati di tubercolosi in Guinea-Bissau ed di
un centro nazionale di prevenzione e cura dell'Aids in Mozambico.
Il programma DREAM (Drug Resource Enhancement against AIDS and
Malnutrition), presente in dieci paesi africani, che consiste in una serie di centri
105 I corridoi umanitari - Aperti nel dicembre 2015 grazie ad un accordo tra Comunità di
Sant’Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e Tavola Valdese, da una parte, e i ministeri dell’Interno e degli Esteri, dall’altra.
97
di analisi e cura per HIV sieropositivi e malati di AIDS (oltre 88.000 persone),
centri nutrizionali e da laboratori di analisi. Il programma comprende, inoltre,
corsi di formazione per il personale locale e pone particolare attenzione alla
prevenzione del contagio verticale (dalla madre al figlio durante il parto) anche
attraverso lo sviluppo di tecniche innovative della telemedicina. Ad oggi sono
più di 10.000 i bambini nati sani da madre sieropositiva.
Il programma BRAVO (Birth Registration for All Versus Oblivion) per la
registrazione anagrafica di milioni di bambini in Africa106 che sarebbero
altrimenti inesistenti dal punto di vista legale. La mancata registrazione
anagrafica non permette l’accesso ai servizi pubblici, inclusi i servizi scolastici
e sanitari, ed il coinvolgimento delle forze dell'ordine in caso di scomparsa o
rapimento. In paesi come il Burkina Faso o il Malawi, l’avvenuta registrazione
fa sì che questi bambini possano scampare diverse minacce quali la tratta e
sfruttamento di minori ed evita che gli stessi possano diventare bambini soldato,
vittime di schiavitù, traffico di organi, abusi sessuali, matrimoni precoci e lavoro
minorile.
iv. Dimostra grande abilità nel portare avanti il dialogo interreligioso, ritenendo che
le religioni possano essere la vera forza che porta alla pace e che bisogna “seminare
il terreno della pace, facendolo germogliare, al momento giusto”. Con questo spirito
organizza ogni anno un meeting internazionale, “nello spirito del primo incontro
promosso ad Assisi, nel 1986, da Giovanni Paolo II” in cui gli esponenti delle varie
religiosi (patriarchi cristiani, leader buddisti, rabbini o muftì) dialogano su temi non
solo di natura teologica, ma anche delle principali situazioni di conflitto a
livello mondiale.
L’atipicità e peculiarità nel modo con cui la Comunità romana si impegna (non solo per
la ricerca della pace) ha, di fatto, creato un metodo diplomatico peculiare (alternativo
e complementare) che si fonda sulla
- centralità del fattore umano;
- comprensione delle diverse realtà che si affrontano (con un occhio “empatico”
dall’interno), e volontà di attuare interventi mirati al cambiamento senza
preconcetti né condizionamenti circa le modalità d’azione senza fretta; il fattore
tempo è, infatti, decisivo per la firma di un accordo di pace in cui bisogna avvicinare
106 Il numero di bambini non registrati all'anagrafe è stimato dall'UNICEF intorno ai 51 milioni
all'anno.
98
mondi diversi che procedono secondo logiche proprie107 non sempre condivise e
riconosciute dalle controparti;
- flessibilità e capacità di attuare approcci diversi per le varie specifiche
situazioni; parliamo, quindi, di un modello diplomatico ad assetto variabile in cui
mancano soluzioni predefinite o imposte dai mediatori;
- adozione di una rete di relazioni con persone chiavi in loco e c/o le istituzioni
nazionali ed internazionali che possono avere una influenza positiva e salvaguardia
del livello locale dei membri della Comunità del paese/area oggetto di mediazione;
- realizzazione, all’interno dei negoziati, di contatti diretti ed informali, attraverso i
quali sciogliere i nodi intricati tra le parti in conflitto e percorrere insieme un itinerario
condiviso che di basa sulla definizione di meccanismi chiari, certi e dettagliati
che evitino interpretazioni erronee o dubbie e che tutelino, in particolare modo, la
parte che si crede sconfitta alla luce dell’accordo politico raggiunto;
- indipendenza della sede di Roma, in cui tutte le mediazioni sono svolte, elemento
portante della neutralità nelle mediazioni di pace che permette il riconoscimento
della CSE come “honest brokers” privi d’interessi di parte: “ un attore neutro ma
non vuoto!”.
- attuazione di azioni di natura culturale sempre in grado di garantire un rispetto
sostanziale delle diversità e la costruzione della “civiltà del convivere in grado di
superare guerre fratricide e conflitti interetnici, per arrivare alla pace…quella pace
“fuori agenda”.
7.3.3 Le principali iniziative di Pace e mediazione internazionale
“La Comunità di Sant’Egidio è un osservatore sull’orizzonte internazionale, sulle
frontiere della guerra, della povertà dei popoli, della violenza, attento a recepire
domande e ad esplorare strade possibili di pace”108
107 Andrea Riccardi così descrive l’importanza di questa componente […] non è facile passare
dalla mentalità del guerrigliero, il cui scopo è colpire il nemico, anche quando sa che non riuscirà a vincere, a quella del politico che accetta la coabitazione nella pace. Non è facile passare dalla mentalità di governo, che considera criminale la guerriglia, ad un’accettazione dell’avversario in armi, come interlocutore politico. C’è bisogno di tempo che faccia evolvere la mentalità. In questo senso, spesso, i negoziati sono anche una scuola di politica, segnando il passaggio dal conflitto armato al dibattito politico. Ma per questo occorre la consapevolezza che la vittoria non è possibile, che continuare a combattere costa dolore e sangue, che il futuro può essere migliore per tutti. La fiducia non sboccia spontanea e immediata. Non si tratta di riconciliazione tra nemici innanzi tutto, ma d’iniziare un dialogo tra mondi che si sono odiati, che hanno sognato per anni la morte dell’altro e la sua eliminazione […]
108 Cit. Andrea Riccardi.
99
Nel 2017 c’è stata la celebrazione del venticinquennale della firma degli Accordi
Generali di Pace per il Mozambico, avvenuta a Roma il 4 ottobre del1992, con i quali
si poneva fine ad una guerra civile, durata sedici anni e che aveva causato oltre un
milione di morti di morti e centinaia di migliaia di profughi. Questo rappresentò il primo
risultato ottenuto in ambito internazionale, quando la Comunità di Sant'Egidio (la pace
raggiunta concludeva un lungo processo negoziale, durato più di un anno, portato
avanti, nella sede di Trastevere della Comunità, dal suo fondatore Andrea Riccardi,
dall’epoca giovane sacerdote di quest’ultima ed oggi Arcivescovo di Bologna Matteo
Zuppi, da un Vescovo mozambicano, recentemente scomparso, Jaime Gonçalves)
aprì un tavolo di trattative tra i contendenti della guerra civile in Mozambico, il
FRELIMO e la RENAMO, che portò nel 1992 alla firma degli Accordi di pace di Roma.
Questi accordi hanno dato l’esempio al mondo di come una realtà non istituzionale,
quale la Comunità di Sant'Egidio, possa portare a termine con successo una
mediazione con una miscela e una sinergia di responsabilità tra entità governative e
non governative.
L'Ufficio Internazionale ha partecipato a numerose altre trattative: alcune con
conclusione positiva, come l'accordo di pace per il Guatemala nel 1996, l'Accordo di
Garanzia con il quale i politici albanesi si impegnavano a rispettare il risultato delle
elezioni che posero fine all'Anarchia albanese del 1997 e la liberazione del leader
kosovaro Ibrahim Rugova; altre con esito negativo, come le trattative tra i leader
algerini tra il 1994 e il 1999 o il tentativo di raggiungere un accordo per la pace nel nord
dell'Uganda, fallito a causa del rifiuto all'ultimo momento da parte dell'LRA di Joseph
Kony. Il 28 maggio 2010, è stata firmata una intesa per la democrazia in Guinea.
Più di recente è cresciuto l’impegno della Comunità per giungere alla fine di alcuni
conflitti, soprattutto in Africa. Fra le tante iniziative realizzate in questo continente è da
segnalare quella realizzata nella Repubblica Centrafricana. Il 19 giugno 2016 è stato
firmato a Roma un accordo politico di pace e riconciliazione nazionale, reso possibile
grazie alla mediazione di Sant’Egidio, in collaborazione con l’ONU (due rappresentanti
della Comunità ne hanno riferito al Consiglio di Sicurezza). Da allora è iniziato un
graduale disarmo dei gruppi armati, ancora operanti nel paese.
Va inoltre ricordato anche il lavoro per la Casamance, dove Sant’Egidio media su
mandato del presidente della Repubblica del Senegal, e per il Sud Sudan, con una
100
tessitura discreta per riavvicinare le diverse parti di un Paese ancora ostaggio di gravi
divisioni politiche ed etniche.
Negoziati volti a far avanzare il processo di pacificazione si sono tenuti anche per la
Libia e l’Iraq, dove sono stati inviati aiuti umanitari d’intesa con la Cooperazione
italiana. Infine a Mindanao (Filippine) la Comunità è attiva nel gruppo di mediatori che
opera per l’implementazione dell’accordo di pace firmato nel 2014.
7.3.4 La Pace in SUD SUDAN
In Sud Sudan è in atto una guerra
civile da oltre 7 anni (15 dicembre
2013) che ha causato la morte di
decine di migliaia di persone, 2,5
milioni di persone nei campi profughi
nei paesi limitrofi, 2 milioni di rifugiati
interni (Fonte Unhcr) ed oltre 6-milioni di persone sono sostenute da aiuto alimentare
da parte del World Food Programme.
101
Gli scontri a fuoco fra le diverse fazioni sono ancora quotidianamente attivi ed è molto
rischioso muoversi all’interno della nazione (con strade impercorribili ed unici
collegamenti interni possibili via aerea).
La situazione del paese è resa ancor più drammatica dall’ingente presenza di armi da
guerra disponibili nel paese.109
Benchè sia stato siglato a settembre del 2018 un Accordo per la cessazione del
conflitto in Sud Sudan (R-ARCSS) tra il partito del Presidente Salva Kiir Mayardit
(SPLM) ed i partiti di opposizione fra i quali SPLM/IO di Riek Machar, il South Sudan
Opposition Allaince (SSOA), i Former Deteinees (FDs) e Other Political Parties (OPP),
permangono, comunque, attori contrari, quali il National Salvation Front (NAS) di
Thomas Cirillo ed esponenti di diversi gruppi che non condividono le fondamenta
politiche dello stesso.
L’Accordo del settembre 2018 prevedeva un interim period (che ha già subito due
estensioni di 6 e 3 mesi) necessario per la formazione di un esercito nazionale e
focalizzato alla risoluzione di problematiche legate al numero e confini degli stati e al
termine del quale formare un Governo di unità nazionale (R-TGoNU). Il periodo di pre-
transizione senza non era stato in grado di supportare la criticità della formazione di
un Governo di unità nazionale.
La issue è principalmente legata alla risoluzione delle questioni dell’unità dell’esercito
e del numero degli stati, senza la quale SPLM/IO di Riek Machar non accetterà la
proposta di SPLM di Salva Kiir che spinge a formare il Governo di unità. Allo stesso
tempo i partiti che non hanno firmato l’Accordo di pace si sono riuniti nel South Sudan
Opposition Movements Allaance (SSOMA) e stanno insistentemente facendo
pressioni sui firmatari affinché accolgano le loro proposte politiche nello stesso.
Per cercare di mitigare questo scenario così fortemente drammatico si sono attivate
anche le maggiori comunità ecclesiastiche e le personalità religiose di spicco a livello
mondiale; ad Aprile del 2019 Papa Francesco insieme all’arcivescovo di Canterbury e
al Moderatore della Chiesa Presbiteriana di Scozia insieme ai vescovi di tutte le
denominazioni cristiane del Sud Sudan hanno convocato un ritiro spirituale in Vaticano
per sostenere il processo di pace.
Anche la CSE si è impegnata da tempo per cercare di facilitare il dialogo politico fra
tutti i firmatari ed ha organizzato incontri sia con il National Pre Transitional Committee
(NPTC), organo deputato all’implementazione dell’accordo di pace, che fra i non
109 Le nazioni Unite stimano che circa 700mila armi leggere (con una percentuale elevata di AK47)
siano in mano alla popolazione civile.
102
firmatari ed i firmatari dell’Accordo, riuscendo in quella che fino a Novembre 2019
sembra, dato il contesto, una missione impossibile: la notificazione pubblica da parte
dei non firmatari (in particolare i leader del SSOMA Thomas Cirillo, Paul Malong e
Pagan Amun) di impegno al dialogo politico con il governo ed i firmatari, siglando
anche la pausa di qualsiasi tipo di confronto armato.
A ciò ha fatto seguito la dichiarazione, stavolta congiunta dal parte del governo del
Sud Sudan e dei movimenti di opposizione, del 12 gennaio 2020 a Roma, in cui si
sancisce ufficialmente il reciproco impegno al rispetto della cessazione delle ostilità ed
al proseguimento del dialogo politico.
Questo evento ha rappresentato la prima e concreta milestone del non semplice
processo di interazioni tra le Parti e lascia aperte le speranze che si possa finalmente
raggiungere una pace duratura e la definitiva stabilità del Sud Sudan, come
evidenziato alla cerimonia di insediamento del nuovo governo (che vede la nomina del
principale leader dell'opposizione Riek Machar come primo vicepresidente), a cui ha
partecipato una delegazione della Comunità, il presidente Kiir che ha, inoltre, elogiato
il negoziato e la sua iniziativa di dialogo svolta a Roma.
"Noi tutti dobbiamo utilizzare questo momento per portare nuova vita nel nostro Paese
attraverso la pace, la riconciliazione e il perdono. Noi apprezziamo il Santo Padre,
papa Francesco, per le sue preghiere e per la sua richiesta di pace per il Sud Sudan.
Con questa importante cerimonia di oggi, noi lo abbiamo certamente ascoltato e siamo
orgogliosi di potergli annunciare che ci siamo riconciliati ".
103
8. CONCLUSIONI
Dal secondo dopoguerra si sta assistendo ad un notevole incremento numerico delle
Organizzazioni Non Governative, che hanno “intersecato” la propria attività sia con
quella delle Organizzazioni internazionali, sia con quella degli Stati. Esse, con la
crescente presenza nell’ambito internazionale, hanno assunto un ruolo
progressivamente sempre più determinante in settori, considerata la diversità degli
obiettivi, quali quello economico, ambientale e giuridico con un’attività propulsiva,
consultiva, di partecipazione alle negoziazioni internazionali, giungendo persino a
rivestire una funzione di controllo nell’esecuzione degli impegni assunti dagli Stati a
seguito della ratifica di trattati internazionali. Se, pertanto, allo stato attuale non si può
affermare in senso giuridico che le ONG siano soggetti del diritto internazionale, non
può essere sottaciuto che nessun ostacolo formale si frappone ad una evoluzione in
senso diverso.
Le ONG trovano nelle piccole realtà locali una base per poter portare avanti le proprie
ambizioni; le piccole realtà locali ricevono la possibilità di partecipare ad attività che
prendono un carattere internazionale.
In questo contesto la visione nazionale risulta schiacciata quindi dalla visione
internazionalista e locale che molte ONG perpetrano, impoverendo il potere e
l’adesione sociale dei rappresentati nazionali.
E’ necessario poter garantire l’equilibrio tra questi tre piani (quello locale, quello
nazionale e quello internazionale), cercando di utilizzare al meglio le diverse peculiarità
positive che ognuno possiede. Il dialogo, e non la contrapposizione, può aiutare al fine
d’incanalare gli sforzi in una lavoro comune per risolvere i problemi sociali ed
economici che, se non trovano una risposta condivisa, possono comportare derive ed
orientamenti, che potrebbero essere pilotati da interessi parziali di organizzazioni non
orientate al bene comune ma solo da interessi di parte.
Indipendentemente dalla giustizia o nobiltà delle intenzioni strategiche e dei valori
universali, il ruolo e il coinvolgimento delle ING / ONG nell'ingegneria sociale non
possono essere giustificati e possono essere definiti come immorali. Pertanto è
imperativo per i donatori assicurarsi di lavorare con INGO / ONG che stanno attuando
pienamente politiche rette, con corretti approcci ai loro partenariati locali, verificando
anche che non vi siano coinvolgimenti in dubbie attività socio-politiche o socio-
economiche.
104
I donatori dovrebbero avere le proprie politiche a sostegno della società civile.
Dovrebbe inoltre esserci uno sforzo maggiore per sostenere direttamente più
organizzazioni della società civile locale.
Inoltre, le INGO / ONG e coloro che donano a questi enti dovrebbero essere monitorati
in modo intelligente e soggetti allo stesso controllo e valutazione di qualsiasi
organizzazione del settore privato che lavora con il Governo: le agenzie donatrici, e
coloro che non riescono a superare questi controlli dovrebbero essere esclusi
dall'ulteriore ricevimento di fondi pubblici e persino dall’operare altrove con il mandato
modificato o con nomi diversi.
Le ONG rappresentano anche un fondamentale elemento di dialogo tra società civile
e istituzioni, grazie al loro potere di influenza diretta e indiretta su istituzioni e opinione
pubblica. Questo importante mezzo di connessione resta però problematico, a causa
dell’impossibilità di tracciare in maniera completa le loro possibili affiliazioni con
governi e gruppi commerciali.
Da una parte le ONG rappresentano un sostegno vitale per incrementare la
democrazia, il dialogo civico e la partecipazione dell’opinione pubblica all’interno della
politica. Dall’altra, però, esse possono essere strumenti di destabilizzazione molto
potenti se non controllati e verificati all’origine.
In tale ambito è stata considerata di particolare interesse una realtà di origine italiana:
la Comunità di Sant'Egidio (CSE), una “associazione pubblica di laici della Chiesa"
nata come movimento studentesco alla fine degli anni ’60 ed oggi un soggetto
internazionale riconosciuto presso l’Unione Europea, alcune organizzazioni
Internazionali e vari Governi nel mondo, che promuove sulla scena globale il dialogo
ecumenico e interreligioso, la tutela dei diritti umani, la soluzione pacifica dei conflitti.
La Comunità di Sant'Egidio (CSE), si configura come una “famiglia ed un cluster di
comunità” (di ispirazione cristiana cattolica distribuite in tutto il mondo su oltre 70 paesi)
si prefigge l’obiettivo di un impegno continuo alla cura delle periferie umane ed
esistenziali e degli emarginati dei diversi continenti con forme di aiuto mirate a
combattere le situazioni di povertà e disagio ed azioni di sostegno ai diritti e alla dignità
della persona.
Particolarmente efficacie, sin dal suo inizio, si è rivelato l’operato della “Comunità delle
3 P” (Preghiera, Poveri e Pace) nel sostegno ai poveri ed emarginati, di ogni
condizione nei vari paesi del mondo, ed nell’impegno a favore della pace.
105
Soprattutto in quest’ambito dopo oltre 50 anni di attività, “continua la grande sfida per
la costruzione di un mondo più umano a molti livelli con numerose iniziative in Italia e
nel mondo”.
Grazie ai numerosi successi ottenuti ed alla spiccata capacità di intervento, infatti, la
CSE ha acquisito un posto di rilievo in settori generalmente riservati a politici e
diplomatici nel perseguire la pace e la cooperazione tra i popoli
Intervistando il Prof. Adriano Roccucci, il Segretario Generale della Comunità di
Sant’Egidio, abbiamo compreso qual è il segreto della “piccola ONU di Trastevere” e
quali sono i punti di forza ed i fattori su cui si fonda l’enorme credibilità di questa ONG
“sui generis”:
L’elevata competenza dimostrata, la serietà di un impegno disinteressato (la CSE non
è soggetta ai vincoli delle burocrazie istituzionali né è in concorrenza con le diplomazie
ufficiali con cui, viceversa, collabora) e la capacità di realizzare, nei contesti in cui
opera, attività di natura sociali, culturali ed internazionali coniugate all’esecuzione di
un lavoro gratuito sono, nella sostanza, il segno distintivo della Comunità che in questo
modo ha acquisito una sempre crescente legittimazione a livello mondiale su varie
dimensioni.
Possiamo parlare, senza ombra di dubbio, dunque, di un modello Sant’Egidio di
“diplomazia completare” a quelle nazionali foriera di un messaggio comune: “la pace
è sempre possibile e tutti, davvero tutti, possono contribuirvi”.
Il suo lavoro di mediazione nei conflitti finalizzato alla modifica delle situazioni con cui
ci si confronta si declina attraverso i seguenti cardini:
• La presenza di una rete di soggetti disseminati nel mondo che vivono le situazioni
ambientali con vera “sensibilità locale”
• La creazione di un network di contatti e relazioni che hanno messo al centro di ogni
sforzo i paesi in conflitto anche attraverso collaborazioni e sinergie con professionisti
della diplomazia, le grandi entità sovranazionali (Nazioni Unite, Unione Europea,
Unione Africana, ecc.), le Difese e le istituzioni nazionali capaci di implementare gli
accordi di pace sugli schemi ideati dalla Comunità.
• La realizzazione di interventi di diplomazia umanitaria ed emergenziali atti a
migliorare scenari post-eventi (calamità naturali, terremoti, etc) o azioni strutturate di
più ampio respiro in sinergia con le organizzazioni non governative del posto (quali per
es. la costituzione di corridoi umanitari in Libano e nel Corno d’Africa, realizzazione di
un ospedale per malati di tubercolosi in Guinea-Bissau ed di un centro nazionale di
106
prevenzione e cura dell'Aids in Mozambico, il programma DREAM presente in dieci
paesi africani, il programma BRAVO)
• Una grande abilità nel portare avanti il dialogo interreligioso (non solo su temi di
natura teologica, ma anche delle principali situazioni di conflitto a livello mondiale),
ritenendo che le religioni possano essere la vera forza che porta alla pace e che
bisogna “seminare il terreno della pace, facendolo germogliare, al momento giusto”.
Infine, ripercorrendo i passi del presente lavoro, emerge che le ONG non sono tutte
uguali, possono essere (ma non sempre) catalogabili in settori specifici ma restano
poco “imbrigliabili” in procedure e organizzazioni standardizzate, di fatto non
“ingessabili” in strutture ed infrastrutture tipiche degli Stati anche post-moderni. Certo
è che il nuovo ruolo che le pone come nuovi soggetti formalmente riconosciuti della
politica internazionale e le caratteristiche intrinseche (snelle, veloci, incisive,
tematiche, dirette, espressione di centri di potere, abili a intercettare finanziamenti da
diverse fonti e ad utilizzare le più moderne tecnologie) permettono loro di riempire i
vuoti lasciati per varie ragioni dagli Stati. Le ONG sono di fatto attori che si
autoimpongono nello scenario internazionale, un fenomeno che può essere letto in
tanti modi perché tanti sono i ruoli che ricoprono nel contesto articolato e complesso
delle relazioni internazionali. Il fenomeno può essere considerato nuovo ma non è
nuovissimo, è il caso forse di definirlo definitivamente “rinnovato” ed è proprio questa
capacità “plastica” che le rende attori delle dinamiche internazionali dai quali non si
può più prescindere.
Fenomeno tra i fenomeni dell’attualità riescono a coesistere con novità che non sono
necessariamente ONG (es. Amazon, Facebook, …) ed entrano nei complessi sistemi
di finanziamento sviluppando un’articolata dialettica con i Governi. Ecco allora che il
salto di livello avviene allorquando oltre a riempire gli spazi li occupano e possono
divenire concorrenti se non addirittura contrari alle dinamiche governative.
Si è visto come gli Stati non sempre subiscono il ruolo delle ONG ma a volte se ne
possono servire per rendere più efficace il loro potere (inversione della tipica
dipendenza donatore-donatario). Tale dinamica potrebbe garantire la sopravvivenza
futura delle ONG. Le ONG sopravvivranno finché esisterà il sistema delle relazioni
internazionali. Sconvolgimenti planetari come la pandemia da COVID-19 ancora in atto
potrebbero forse ridimensionare la portata globale delle ONG ma le stesse
conserveranno sempre un livello regionale e locale di intervento. Un eventuale
collasso potrebbe essere determinato dall’indisponibilità degli strumenti di azione
107
fondamentali che le rendono operative con particolare riferimento alla tecnologia e ai
finanziamenti. In uno scenario estremo di crisi economica globale e devastante,
potrebbero sopravvivere solo quelle legate a particolari gruppi di potere ma, in questo
caso, si appiattiranno inesorabilmente sullo stesso gruppo sciogliendosi in esso così
come in passato il potere si identificava completamente nello Stato moderno.
Probabilmente l’emergenza attuale farà superare gli attuali concetti di resilienza
(termine preso in prestito dalla meccanica ed abusato) e dual-use/multi-ruolo e
chiederà alle organizzazioni complesse, ONG incluse, uno sforzo per restare “rilevanti”
e in tal modo sopravvivere.
108
ALLEGATO “A”: ESAME DI ALCUNI TRATTATI INTERNAZIONALI CHE
ATTRIBUISCONO SPECIFICI DIRITTI E DOVERI ALLE ORGANIZZAZIONI
NON GOVERNATIVE IN QUANTO TALI
1. Il Patto per i diritti civili e politici (ICCPR)110
Il Patto per i diritti civili e politici all’art. 22 prevede che:
“everyone shall have the right to freedom of association with others, including the righto
form and join trade unions for the protection of his interests”.
“no restrictions may be placed on the exercise of this right in order than those which
are prescribed by law and which are necessary in a democratic society in the interests
of national security or public safety, public order, the protection of public health or
morals or the protection of the rights and freedoms of others”.
In sintesi quanto sancito nel succitato articolo autorizza oltre che il diritto dei singoli di
formare o di unirsi ad un’organizzazione, anche il diritto di un’organizzazione esistente
di svolgere la propria attività per il perseguimento del comune interesse dei propri
membri. Gli Stati parte che hanno ratificato tale Patto hanno l’obbligo di autorizzare la
costituzione di un’associazione evitando di interferire con la sua attività e nel contempo
di proteggerla da interferenze di soggetti privati.
Per quanto detto la libertà di associazione, nelle sue diverse componenti, come ad
esempio il diritto di formare o di unirsi ad un’organizzazione e di funzionare
liberamente, è basilare per lo sviluppo ed il corretto funzionamento delle
Organizzazioni non governative.
Nell’ambito dei doveri, la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, all’art. 29 para.
1, sancisce che ogni soggetto ha degli obblighi verso la comunità nella quale sviluppa,
liberamente, la propria personalità111. Inoltre, il Preambolo comune al Patto per i diritti
civili e politici, economici, sociali e culturali, all’art. 5, afferma che ogni individuo è
tenuto al rispetto e alla promozione dei diritti riconosciuti nei Patti, sebbene nel
contempo riconosca a quest’ultimo obblighi nei confronti degli altri soggetti che
compongono la comunità di cui fa parte. Lo stesso Patto sancisce che gli obblighi delle
ONG, al pari di quelli in capo all’individuo, derivano implicitamente dai vincoli alle
libertà sancite dai documenti internazionali nei confronti di tali entità. Pertanto, le
110 General Assembly, Resolution 2200 A (XXI), International Covenant on Civil and Political
Rights, 16 dicembre 1966, entrato in vigore il 23 marzo 1976. 111 General Assembly, Resolution, Universal Declaration on Human Rights, 10 dicembre 1948,
art. 29.
109
limitazioni poste alla libertà di associazione riconosciuta dall’art. 22 del citato Patto per
i diritti civili e politici come anche più in generale la libertà di riunirsi in organizzazioni
sindacali, vincolano tutti gli individui a non esercitare comportamenti che ledano la
sicurezza nazionale, la morale, l’ordine e la salute pubblica e le libertà altrui.
2. La Convenzione per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale
(CERD)112
Questa Convenzione, adottata nel 1965 definisce la discriminazione razziale come una
qualsiasi distinzione, esclusione, limitazione o preferenza basata sulla razza, il colore
della pelle, la discendenza, l’origine nazionale o etnica, che abbia lo scopo o l’effetto
di annullare o compromettere il riconoscimento, il godimento o l’esercizio, in condizioni
di parità, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico,
sociale e culturale o in ogni altro ambito della vita pubblica113.
Le disposizioni contenute in questo strumento normativo pongono una serie di obblighi
in capo agli Stati che, ratificando la Convenzione, si impegnano a condannare la
discriminazione razziale e a perseguire tempestivamente, attraverso i mezzi da essi
ritenuti più adeguati, una politica che punti ad eliminare tale discriminazione e a
promuovere il dialogo tra le razze. Va evidenziato che tale impegno viene assunto sia
nei confronti degli individui sia verso gruppi di persone ed istituzioni. Gli Stati si
impegnano poi ad assicurare a tutti il godimento dei diritti civili e politici (come ad
esempio la libertà di espressione, la libertà di associazione, la libera circolazione delle
persone, ecc.), nonché i diritti economici sociali e culturali (come ad esempio la libertà
di formare e unirsi ad organizzazioni sindacali), senza distinzione di razza, colore e
origine etnica. Sebbene la Convenzione non elenchi specifici diritti aggiuntivi in favore
delle ONG, essa riafferma, in senso non discriminatorio, i diritti che in altri documenti
sono riferiti anche ad organizzazioni non governative. Al riguardo, ulteriori indicazioni
afferenti all’applicabilità in favore delle ONG delle norme della Convenzione possono
essere desunte da quanto enunciato dal Comitato per l’eliminazione di ogni forma di
discriminazione razziale, creato, dallo stesso documento internazionale, come organo
di monitoraggio114. Infatti, il Comitato ha, in più occasioni, evidenziato che la
112 General Assembly, Resolution 2106 (XX), International Convention on the Elimination of All
Forms of Racial Discrimination, 21 dicembre 1965. Entrata in vigore il 4 gennaio 1969. 113 AIDOS, Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo,
http://dirittiumani.donne.aidos.it/bibl_2_testi/b_patti_conv_protoc/a_testi_7_conv_pricip/c_icerd_razzismo/home_icerd.html
114 General Assembly, Resolution 2106 (XX), International Convention on the Elimination of All Forms of Racial Discrimination, 21 dicembre 1965, art. 8.
110
partecipazione delle ONG alle attività è di estrema importanza per una effettiva
implementazione della stessa Convenzione ed ha invitato gli Stati a promuovere la
costituzione e il libero funzionamento delle organizzazioni operanti nella società civile
poiché queste contribuiscono a favorire il rispetto dei diritti umani e a combattere la
discriminazione razziale. Per questo motivo il Comitato ha invitato gli Stati a rimuovere
gli ostacoli alla libertà di associazione e a riconoscere ufficialmente tutte le ONG che
si adoperano per la difesa dei diritti dell’uomo.
Per quanto riguarda i doveri, all’art. 4, la convenzione obbliga gli Stati parte a punire
ogni forma di propaganda e di organizzazione basate sull’idea della superiorità di una
razza, ovvero che cerchino di giustificare o pubblicizzare l’odio razziale e la
discriminazione in qualunque forma. Tutti gli Stati che aderiscono al trattato in questi
casi si impegnano a porre in essere misure immediate, dirette ad eliminare, proibire,
ogni atto di discriminazione e a dichiarare illegale e queste forme di organizzazione o
attività di propaganda considerando la partecipazione tali organizzazioni come un atto
illecito punibile per legge. L’obbligo imposto da questo articolo si rivolge agli Stati parte,
ma concerne direttamente le organizzazioni in quanto vieta loro di intraprendere
determinate azioni.
3. La Convenzione per l’Eliminazione di ogni Forma di Discriminazione contro le
Donne (CEDAW)115
Questa Convenzione può essere considerata come una specie di “bill of rights” per le
donne. Essa si prefigge come l’obiettivo di definire ciò che rappresenta la
discriminazione in base al genere e stabilisce una sorta di agenda volta a disciplinare
l’azione degli Stati al fine di fermare tale situazione discriminatoria. La Convenzione in
parola all’art. 7 riconosce il diritto della donna di prendere parte ad ONG ed
associazioni, partecipando in tal modo alla vita pubblica e politica del Paese. Anche in
questo disposto normativo come in quelli analizzati in precedenza viene ribadita la
libertà di associazione e in particolare la tutela per quelle organizzazioni che abbiano
una connotazione di genere, sia nel senso che vedono la partecipazione di donne, sia
perché si occupano di questioni che afferiscono direttamente al genere femminile
(come ad esempio la maternità o la violenza sulle donne), nonché all’importanza del
loro ruolo nell’eliminazione di questa forma di discriminazione. Anche qui il Protocollo
115 General Assembly, Resolution 34/180, Convention on the Elimination of Racial Discrimination
against Women, 18 dicembre 1979. Entrata in vigore il 3 settembre 1981 e ratificata da 180 Stati alla data del 1 dicembre 2005.
111
Opzionale alla Convenzione116 adottato nel 1999, introduce degli elementi di novità
prevedendo la possibilità per gli individui e i gruppi che ritengano di essere vittima di
una violazione delle disposizioni della Convenzione, di inviare delle comunicazioni al
Comitato per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne. In casi di
questo tipo, le ONG rivestono una posizione strategica consentendo di portare alla
luce gravi ed estesi episodi di violazione dei diritti delle donne. Molto spesso infatti, le
vittime sono scoraggiate dal sollevare individualmente questo genere di questioni, per
il timore di ritorsioni o semplicemente per la mancanza di adeguati interlocutori a livello
istituzionale.
4. La Convenzione contro la Tortura e gli altri Trattamenti o Punizioni Crudeli,
Inumani o Degradanti (CAT)117
Tale Convenzione all’art. 1 definisce la tortura come qualsiasi atto con il quale vengono
inflitti a una persona dolore o sofferenze acute, fisiche o psichiche, segnatamente al
fine di acquisire da questa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla
per un atto che questa o una terza persona ha commesso o è sospettata di aver
commesso, di intimidirla od esercitare pressioni su di lei o di intimidire od esercitare
pressioni su una terza persona, o per qualunque altro motivo basato su una qualsiasi
forma di discriminazione, qualora tale dolore o tali sofferenze siano inflitti da un
funzionario pubblico o da qualsiasi altra persona che agisca a titolo ufficiale, o sotto
sua istigazione, oppure con il suo consenso espresso o tacito. Tale termine non si
estende al dolore o alle sofferenze derivanti unicamente da sanzioni legittime, ad esse
inerenti o da esse provocate118. Dalla prefata definizione è facilmente desumibile che
le tipologie di offesa contenute in questa Convenzione possono essere commessa
soltanto nei confronti degli di persone fisiche (individui) e non nei confronti di
un’organizzazione. La storia e l’implementazione della Convenzione hanno reso
evidente che le vittime di questi atti sono spesso soggette ad una limitazione della
libertà personale, ad abusi e maltrattamenti da parte di governi che tendono ad
osteggiare l’esercizio della libertà di espressione e di riunione pacifica nonché l’attività
in difesa degli standard internazionali di tutela dei diritti dell’uomo. Alcune autorità
116 General Assembly, Resolution A/54/4, Optional Protocol to the Convention on the Elimination
of All Forms of Discrimination against Women, 6 ottobre 1999. Entrato in vigore il 22 dicembre 2000.
117 General Assembly, Resolution 39/46, Convention against Torture and Other Cruel, Inhuman or Degrading Treatment or Punishment, 10 dicembre 1984. Entrata in vigore il 26 giugno 1987.
118 https://www.unhcr.it/wp-content/uploads/2016/01/Convenzione_contro_la_Tortura.pdf.
112
statali sono talvolta motivate a fare ricorso alla tortura o l’esercizio di pratiche inumane
o degradanti nei confronti di membri di ONG a causa dell’esercizio di attività politica
sovversiva oppure di atti di terrorismo condotti da questi ultimi. In merito si evidenzia
che la tutela degli individui sottoposti alle citate violazioni dei diritti umani è fornita dal
combinato disposto degli art. 22 e 107119 del Codice di Procedura del Comitato. In
sintesi, la Convenzione riconosce, in ogni momento, agli Stati la facoltà di dichiarare
la competenza del Comitato ad esaminare le comunicazioni presentate da soggetti
privati, o da organizzazioni per conto di privati, nelle quali si sostenga che sia stata
commessa una violazione delle disposizioni contenute nella Convenzione da uno Stato
firmatario. Esiste quindi la possibilità per un soggetto di investire una ONG del potere
di rappresentarlo nel procedimento di fronte al Comitato, essendo sufficiente, secondo
tale organo, che dai documenti processuali risulti la volontà espressa dalla vittima in
tal senso.
5. La Convenzione per i Diritti del Fanciullo (CRC)120
I contenuti di questa Convenzione, adottata nel 1989, riconoscono la pari dignità di
ogni essere umano, questo strumento stabilisce la necessità di una particolare tutela
nei confronti del fanciullo, essa infatti è rivolta a: “every human being below the age of
eighteen years unless under the law applicable to the child, majority is attained earlier”,
e prevede l’impegno da parte degli Stati a porre in essere tutte le misure necessarie
per evitare il coinvolgimento diretto nei conflitti armati di membri dell’esercito che non
abbiano raggiunto i 18 anni di età, e nel istituire un divieto del commercio, la
prostituzione, e la pornografia dei minori. Come per altre convenzioni che disciplinano
i diritti del singolo individuo anche in questa Convenzione è difficile individuare dei diritti
per le organizzazioni non governative. Tuttavia, in un commento (General Comment)
redatto dal Comitato si sottolinea l’importanza del ruolo svolto dalle ONG nella
promozione e protezione dei diritti del fanciullo. Per questo è essenziale che le
istituzioni collaborino sinergicamente con tali entità e che i governi rispettino
l’indipendenza delle ONG. Inoltre, molto spesso il Comitato ha espresso la
raccomandazione agli Stati firmatari di consentire alle ONG di partecipare alla
119 L’art. 107 riporta che: The communication should be submitted by the individual himself or by
his relatives or designated representatives or by others on behalf of the alleged victim when it appears that the victim is unable to submit the communication himself, and the author of the communication justifies his acting on victims behalf.
120 General Assembly, Resolution A/RES/44/25, Convention on the Rights of the Child, 20 novembre 1989. Entrata in vigore il 2 settembre 1990.
113
redazione dei report che essi sono tenuti a redigere e ad inviare allo stesso Comitato
ogni 5 anni, auspicando, in generale, ogni azione volta a rinforzare la collaborazione
tra i governi e le organizzazioni al fine di rendere più efficaci ed efficienti le disposizioni
della Convenzione.
6. La Dichiarazione sui diritti e le responsabilità degli individui, gruppi ed organi di
società per promuovere e proteggere i diritti mani e le libertà fondamentali
universalmente riconosciuti121
La Dichiarazione in parola è uno strumento di soft law e come tale non è giuridicamente
vincolante, ma assume particolare rilievo nell’ambito dello studio condotto poiché
contiene una serie di diritti riferibili direttamente alle Organizzazioni non governative. I
diritti enumerati dalla Dichiarazione sono garantiti a tutti, individualmente o in
associazione con altri122. La disposizione più rilevante nella prospettiva di una ONG è
contenuta all’interno dell’art. 5 che, al fine di proteggere i diritti umani e le liberta
fondamentali, riconosce il diritto di riunirsi pacificamente, di formare, unirsi, partecipare
a Organizzazioni non governative, associazioni o gruppi, nonché il diritto di comunicare
con ONG ed Organizzazioni intergovernative. Inoltre sono presenti una serie di diritti
che afferiscono ad attività normalmente condotte dalle ONG e che appaiono essere
stati inseriti al fine di garantire lo svolgimento del loro lavoro. Si tratta ad esempio del
diritto di ricercare, ottenere e possedere informazioni riguardanti i diritti umani e le
libertà fondamentali (art. 6 a), il diritto di pubblicare o disseminare al pubblico,
informazioni e conoscenze (art. 6 b), oltre che il diritto di sottoporre ad enti governativi
ed organizzazioni che si occupano di questioni pubbliche proposte per migliorare il loro
funzionamento (art. 8).
Uno strumento che pone degli obblighi espliciti in capo alle ONG è rappresentato l’art.
18 para. 1 e 2 di questa Dichiarazione123. Questo articolo, riprendendo quanto sancito
dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, prevede che “Everyone has the
duties towards and within the community, in which alone the free and full development
of his of her personality is possible”. La Dichiarazione riconosce in sostanza che le
121 General Assembly, Resolution A/RES/53/144, Declaration on the Right and Responsibility of
Individuals Groups and Organs of Society to Promote and Protect Universally Recognized Human Rights and Fundamental Freedom, 8 marzo 1999.
122 https://www.ohchr.org/Documents/Issues/Defenders/Declaration/Dichiarazione_delle_NU_sui_Difensori_DU.pdf
123 General Assembly, Resolution A/RES/53/144, Declaration on the Right and Responsibility of Individuals Groups and Organs of Society to Promote and Protect Universally Recognized Human Rights and Fundamental Freedom, 8 marzo 1999.
114
ONG rivestono un importante ruolo nella promozione dei diritti umani, delle libertà
fondamentali oltre che delle responsabilità nella salvaguardia delle istituzioni e dei
processi democratici. Essa attribuisce alle ONG il compito e la responsabilità di
promuovere lo sviluppo il diritto di ciascuno a godere di un sistema in cui i diritti e le
libertà stabiliti nella Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo e negli altri strumenti
di protezione dei diritti umani, sono pienamente attuati.
7. La Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e la Salvaguardia delle Libertà
Fondamentali124
In ambito europeo, il principale strumento di protezione dei diritti umani è la
Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali (CEDU).
Anche questa Convenzione non riconosce nessun diritto esplicito alle organizzazioni
non governative. Le disposizioni in essa contenute, sebbene garantiscano numerosi
diritti, sono formulate in maniera tale che questi siano riconosciuti a “tutti”. Ciò
nonostante, alcuni diritti e libertà contenuti nella CEDU assumono comunque
particolare interesse anche per le ONG. La prova di ciò è data dal fatto che la
Commissione e la Corte europea hanno ritenuto ammissibili dei casi presentati da
organizzazioni di vario genere. Considerato che di norma questo avviene solo se il
ricorrente è stato vittima della violazione di uno dei diritti elencati dalla Convenzione,
è possibile desumere che in tutti i ricorsi sottoposti da organizzazioni e giudicati
ammissibili, gli organi di monitoraggio hanno ritenuto queste ultime come titolari dei
diritti riconosciuti dalla CEDU125. Si tratta, pertanto, di una disposizione rilevante per le
ONG. Altre norme importanti per le ONG sono contenute all’interno della Convenzione
negli articoli seguenti. L’art. 11, garantisce la libertà di riunione pacifica e di
associazione. Nello specifico, il concetto di associazione, così come interpretato dalla
Corte, comprende entità di natura diversa, come ad esempio partiti politici,
congregazioni religiose e organizzazioni per la protezione di certi ideali od interessi
culturali, associazioni giornalistiche e persino entità commerciali. Strettamente
collegato con la libertà di riunione pacifica e di associazione, è la libertà di espressione,
assicurata dall’art.10. L’attività svolta da una ONG può condurre spesso alla
promozione ed pubblicizzazione di determinate idee, valori ed opinioni. In merito si è
importante sottolineare che la libertà di espressione è il diritto maggiormente invocato
124 Council of Europe, European Convention on Human Rights and Fundamental Freedom,
Roma, 4 ottobre 1950, entrata in vigore il 3 settembre 1953. 125 https://www.echr.coe.int/Documents/COURtalks_Inad_Talk_ITA.PDF.
115
dalle entità non governative nei ricorsi presentati davanti agli organi di monitoraggio
della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo. Ci sono poi altri diritti che possono
essere riconosciuti anche alle ONG, come ad esempio il diritto ad un giusto processo
(art. 6), la libertà religiosa (art. 9), il diritto al rispetto della vita privata (art. 8) nonché il
diritto al rispetto dei propri beni (art. 1 del Protocollo Opzionale del 1952).
8. La Convenzione Americana dei Diritti dell’Uomo126
La Convenzione in oggetto è il principale trattato in materia di diritti umani all’interno
dell’Organizzazione degli Stati Americani (OAS). Anche in questo documento, come in
quelli analizzati precedentemente, ci sono una serie di norme che indirettamente
forniscono una protezione nei confronti delle ONG. Alcuni esempi sono quelli relativi:
alla libertà di associazione (art.16), alla libertà di riunione pacifica (art. 15), l’art. 13 alla
libertà di espressione (art.13). In generale il sistema di monitoraggio previsto da questo
trattato si basa su due organismi: la Commissione e la Corte. In particolare, si
evidenzia che la possibilità di portare un caso davanti alla Commissione, è riconosciuta
a tutti così come disposto dall’art. 44127, mentre soltanto gli Stati e la Commissione
possono presentare dei ricorsi alla Corte.
Nella Dichiarazione Americana dei Diritti e dei Doveri dell’Uomo si fa chiaro riferimento
agli obblighi in capo all’individuo128. Si tratta di una raccolta di norme annoverabili
nell’ambito del soft law e pertanto non sono giuridicamente vincolanti, tuttavia
contengono disposizioni importanti se si tiene in considerazione il periodo storico in
cui il documento è stato prodotto. Fermo restando, comunque, che le libertà inerenti
alle ONG sono sottoposte ai limiti relativi all’ordine e alla sicurezza pubblica, alla
salute, alla morale, ai diritti o libertà altrui.
9. La Carta Africana dei Diritti dell’Uomo e dei Popoli129
A differenza delle altre convenzioni, la Carta in parola include una nozione collettiva di
diritto e formula esplicitamente dei diritti a favore dei gruppi. Ne sono degli esempi le
disposizioni relative: al diritto all’autodeterminazione (art. 20), al diritto dei popoli di
126 Inter-American Specialized Conference on Human Rights, American Convention on Human
Rights, San Jose, Costa Rica , 22 novembre 1969. Entrata in vigore il 18 luglio 1978. 127 L’art. 44 prevede che: “Any person or group of person, or any nongovernmental entity legally
recognized in one or more member State of the Organization”. 128 American Declaration of Rights and Duties of Man, Approved by the Ninth International
Conference of American States, Bogotà, Colombia, 1948 129 Organization of African Unity, African Charter of Human and Peoples’ Rights, 27 giugno 1981,
entrata in vigore il 21 ottobre 1986.
116
disporre liberamente delle proprie ricchezze e delle proprie risorse naturali (art. 21).
Molte norme di questo trattato sono però riferite unicamente agli individui. Ne sono un
esempio alcuni articoli redatti con una formulazione che sembra precludere qualsiasi
tutela nei confronti dei gruppi come: l’art. 10 relativo alla libertà di associazione e l’art.
11 riguardante la libertà di riunione pacifica. Inoltre, il diritto di formare o di unirsi in
un’organizzazione sindacale non è espressamente previsto dalla Carta, ma la dottrina
ritiene che esso possa ritenersi incorporato nella libertà di associazione. Nella gestione
pratica delle dispute, alcuni casi posti all’attenzione della Commissione Africana hanno
toccato di riflesso degli aspetti relativi alla libertà di associazione riconosciuta alle
ONG. Nel 1998 è stato approvato un protocollo opzionale che prevede la costituzione
di una Corte Africana dei diritti dell’uomo e dei popoli130. In base a quanto sancito all’art.
5 di questo documento, la Corte può riconoscere ad ONG che godono dello status
consultivo presso la Commissione Africana per i diritti dell’uomo e dei popoli, ed agli
individui, la possibilità di istituire dei casi direttamente davanti alla Corte stessa,
sempre che lo Stato convenuto abbia accettato la competenza di tale organo a ricevere
questi ricorsi.
Per quanto concerne i doveri, questa convenzione rappresenta il primo strumento in
materia di diritti umani che ha elaborato degli specifici obblighi nei confronti degli
individui. Il Preambolo della Carta al para 6 prevede che: “…the enjoyment of rights
and freedoms also implies the performance of duties on the part of everyone131”. In
particolare, gli artt. 27-29 di tale documento stabiliscono una serie di doveri dei singoli
nei confronti della famiglia, della società, dello Stato, della Comunità internazionale e
verso altre comunità giuridicamente riconosciute. Una parte di tali obblighi hanno una
natura differente rispetto a quelli previsti da altri documenti internazionali, si tratta cioè
di responsabilità più morali che giuridiche. Sebbene le norme contenute nella Carta
siano riferite agli individui, alcune particolari disposizioni possono essere
astrattamente riconducibili anche alle ONG. Si pensi, ad esempio, al dovere di tutelare
e di favorire lo sviluppo dei valori della cultura Africana nelle relazioni con gli altri
membri della società, in uno spirito di tolleranza, dialogo e consultazione ed in generale
di contribuire alla promozione del benessere morale della società, oppure al dovere di
preservare e rafforzare la solidarietà sociale e nazionale. In via generale è possibile
dedurre che le Organizzazioni non governative nella condotta della loro attività
130 Organization of African Unity, Protocol to the African Charter on Human and Peoples' Rights
on the Establishment of an African Court on Human and Peoples' Rights, 9 giugno 1998. Entrato in vigore il 25 gennaio 2004.
131 African Charter of Human and Peoples’ Rights, 27 giugno 1981, Preambolo par. 6.
117
debbano conformarsi a principi succitati e in taluni casi queste disposizioni sembrano
proprio richiamare i valori seguiti da molte ONG nello svolgimento del proprio lavoro.
10. La Convenzione sulla diversità biologica132
Ampliando lo sguardo sui trattati internazionali che non si occupano specificatamente
di promozione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, particolarmente importante
è la convenzione adottata a seguito del cosiddetto “Vertice sulla Terra” nel 1992 a Rio
de Janeiro. I Capi di Stato e di Governo hanno concordato una strategia globale di
“sviluppo sostenibile”, cioè una politica globale tesa a soddisfare le esigenze della vita
moderna, garantendo nel contempo un mondo sano e vitale da lasciare alle
generazioni future. La Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD), è un trattato
internazionale giuridicamente vincolante per le Parti e presenta tre principali obiettivi:
conservazione della biodiversità;
uso sostenibile della biodiversità;
giusta ed equa ripartizione dei benefici derivanti dall’utilizzo delle risorse genetiche,
e, in generale, l’obiettivo che si propone di raggiungere è quello di incoraggiare tutte
quelle azioni che possano portare a realizzare un futuro sostenibile.
La convenzione in più parti cita le organizzazioni internazionali, anche quelle non
governative, come attori con cui le Parti contraenti devono coordinarsi per il
raggiungimento degli obiettivi da perseguire. In particolare, in tema di istruzione e
divulgazione al pubblico, di cui all’art. 13, le ONG vengono citate al fine di elaborare
“programmi educativi e di divulgazione al pubblico, riguardo alla conservazione ed
all’uso durevole della diversità biologica”. Inoltre, nella ratifica della convenzione da
parte delle Parti, ogni Stato ha individualmente indicato il ruolo delle ONG nell’ambito
dei vari settori di attuazione della convenzione. L’Italia, per esempio, ha ratificato e
dato esecuzione alla Convenzione sulla biodiversità con la legge 14 febbraio 1994, n.
124133, prevedendo specificatamente che “dovrà essere rafforzato il ruolo delle
organizzazioni non governative (ONG)”134 all’interno delle misure a livello istituzionale
per la individuazione e la verifica periodica delle strategie per la conservazione della
biodiversità.
Nel prevedere tale ruolo alle ONG, la comunità internazionale ha di fatto stabilito che
132 Convention On Biological Diversity, 5 giugno 1992. Entrata in vigore il 29 dicembre 1993. 133 Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 44 del 23/2/1994 (supplemento ordinario n. 33). 134 Ministero dell’Ambiente – Commissione per l’ambiente globale, “Linee strategiche per
l’attuazione della convenzione di Rio de Janeiro e per la redazione del piano nazionale sulla biodiversità servizio conservazione della natura”, Roma marzo 1994
118
la cooperazione tra stati, organizzazioni internazionali e organizzazioni non
governative sta diventando lo strumento primario per fare in modo che i paesi meno
sviluppati siano coinvolti nelle politiche strategiche di tutela della biodiversità e, più in
generale di tutela dell’ambiante e dello sviluppo sostenibile.
11. La Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici135
Altrettanto importante è la convenzione adottata a seguito della Conferenza
sull’Ambiente e sullo Sviluppo delle Nazioni Unite (UNCED, United Nations
Conference on Environment and Development), svoltatasi sempre a Rio de Janeiro
nel 1992. Si tratta di una convenzione che si pone la finalità di poter stabilizzare la
concentrazione di gas a effetto serra nell’atmosfera a un livello tale per cui si possano
scongiurare gli effetti dannosi prodotti dall’uomo sul sistema climatico. All’articolo 4,
nel definire gli “obblighi” della parti, si afferma che le Parti dovranno “promote and
cooperate in education, training and public awareness related to climate change and
encourage the widest participation in this process, including that of non-governmental
organizations”.
La convenzione quadro, inoltre, sotto l’egida dell’ONU, ha dato luogo a molteplici
protocolli discendenti ed ancora vengono organizzati summit, conferenze e altre
iniziative che si prefiggono lo scopo di migliorare le legislazioni dei singoli Paesi che
hanno aderito alla convenzione, tramite l’adozione di ulteriori accordi, e a
sensibilizzare l’opinione pubblica sulle delicate questioni relative al cambiamento
climatico. La frequenza e l’importanza di tali appuntamenti sono diventati negli anni
sempre più presenti nell’agenda politica internazionale tanto da interessare, non solo
l’attenzione e le attese dei Governi di tutto il mondo, ma anche dei Parlamenti e della
società civile, coinvolta in primo piano tramite le ONG e altre forme di associazione.
Basti pensare alle polemiche scaturite alla conclusione dell’ultima conferenza (UN
Climate Change Conference COP 25, tenutasi a Madrid dal 2 al 13 dicembre 2019136)
per il mancato raggiungimento dell’intesa sui mercati di CO2.
135 United Nations Framework Convention On Climate Change, 19 maggio 1992. Entrato in vigore
il 21 marzo 1994. 136 https://unfccc.int/cop25
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NOTA SUL Ce.Mi.S.S.
Ce.Mi.S.S.137
Il Centro Militare di Studi Strategici (Ce.Mi.S.S.) è l'Organismo che gestisce, nell'ambito e
per conto del Ministero della Difesa, la ricerca su temi di carattere strategico.
Costituito nel 1987 con Decreto del Ministro della Difesa, il Ce.Mi.S.S. svolge la propria
opera valendosi si esperti civili e militari, italiani ed esteri, in piena libertà di espressione di
pensiero.
Quanto contenuto negli studi pubblicati riflette quindi esclusivamente l'opinione del
Ricercatore e non quella del Ministero della Difesa.
137 http://www.difesa.it/SMD_/CASD/IM/CeMiSS/Pagine/default.aspx
Stampato dalla Tipografia delCentro Alti Studi per la Difesa