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Origini e storia della Galleria Doria-Pamphilj di Andrea G. De Marchi Curatore della Galleria Doria-Pamphilj

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Origini e storia della Galleria Doria-Pamphilj

di Andrea G. De MarchiCuratore della Galleria Doria-Pamphilj

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La quadreria Doria Pamphilj divisa fra le sedi di Genova e Roma, ma si trova in prevalenza nel palazzo romano al Corso.Essa costituisce probabilmente, con il resto del patrimonio della famiglia, il maggior museo privato nazionale. utile sottolineare come sia davvero privato nella gestione e soprattutto sotto il profilo finanziario. sp

ecia

le r

om

A

Non ci sono enti pubblici o un board di miliardari che lo sovvenzionano. Eppure tie-

ne aperto regolarmente e, con grandi sforzi, tende a un bilancio in pareggio. Per

agilit, efficienza e rigore amministrativo rappresenta un modello non solo per la

citt, n solo per lItalia, visto che, in queste condizioni, offre un servizio pubblico non im-

ponendo alcun costo alla collettivit, oltre a quello del biglietto dingresso. Ciononostante

non sembra che alcuno dei dibattiti accesi sul tema della presenza e della partecipazione dei

privati nel campo del patrimonio artistico nazionale abbia mai sfiorato questa galleria.

Oltre al frequente ricorso al loan fee, ossia a contributi finanziari contro la concessione in

prestito di opere darte per le sempre pi numerose mostre, alcuni ambienti vengono pe-

riodicamente concessi in affitto per speciali avvenimenti. Questa forma di autofinanzia-

mento, che non manc in principio di suscitare mugugni polemici, si dimostrata effi-

cace, venendo via via adottata da una quantit di istituti museali pubblici in Italia e alle-

stero. Il successo della formula, tuttavia, configura un problema di concorrenza asimme-

trica fra pubblico e privato, che si evidenzia qui per la prima volta.

Nella Galleria del palazzo al Corso raccolta la maggior parte delle opere darte rimaste

in possesso della famiglia. Lo zoccolo duro composto in prevalenza da cose rinasci-

mentali e deriva dalleredit Aldobrandini, i discendenti di Clemente VIII, che riunirono

una quantit enorme di quadri sottratti al Ducato di Ferrara, dopo la sua devoluzione

(1598), avvenuta proprio sotto quel pontefice. Parecchie fra quelle cose dovevano quindi

essere appartenute proprio agli Este. Oltre a molti dipinti emiliani, entrarono per quella

via pure opere toscane, nonch le tele di Raffaello e Tiziano. Ma linsieme contava anche

sculture dellantichit romana e opere moderne, come la celebre serie delle Lunette car-

raccesche. Fu la giovane vedova Olimpia Aldobrandini, risposandosi con Camillo Pam-

philj (1647), a recare questa favolosa dote, comprendente, fra laltro, anche ledificio ro-

mano di cui stiamo parlando. Il quale si accrebbe moltissimo a partire da met Seicento,

inglobando una serie di altre strutture gi esistenti.

Soprattutto a partire dalla quella stessa epoca i Pamphilj, specialmente ad opera di Camil-

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Alle pagine precedentiPalazzo Pamphilioin unacquaforte diGiuseppe Vasi del 1747.

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Simone Cantarini,Riposo durante la fugain Egitto.

lo, presero ad arricchire la raccolta con particolare impegno, compiendo moltissime ac-

quisizioni sul mercato o attraverso incarichi rivolti direttamente agli artisti. A questa fase

risalgono opere di qualit superba, fra cui spiccano i capolavori di Caravaggio e Velz-

quez, o la notevole selezione di quadri fiamminghi (fra cui Peter e Jan Brueghel); ma an-

che paesaggi, tanto da diventare uno dei maggiori nuclei del mondo, per quanto riguarda

questo genere pittorico. Non manca un nucleo di nature morte, che pure nel primo Sette-

cento dovevano essere centinaia.

Un tratto distintivo della Galleria dato dallallestimento, riorganizzato a partire dal

1996, che riflette in larga misura la sistemazione conferita ai quadri e agli ambienti nel se-

condo Settecento, in conformit a un progetto di Francesco Nicoletti, di cui resta concre-

ta documentazione archivistica. In quellepoca, con linserimento dinastico dei Doria, gli

appartamenti di rappresentanza vennero nuovamente decorati: i soffitti costituiscono in-

fatti unantologia della pittura romana, dopo la met del XVIII secolo. Destinati ad ospi-

tare il meglio delle collezioni di famiglia, quei luoghi risultano al visitatore di oggi gremi-

ti di pitture, accostate con criteri che non hanno nulla a che vedere con lidea di museo a

noi pi consueta. Invece di sequenze ripartite per scuole o epoche, si vedono qui abbina-

menti centrati sul soggetto e il formato.

I musei cui siamo abituati sono sempre pi dominati dai vuoti. Lisolamento di unopera

stato infatti considerato una condizione necessaria per il suo studio, col risultato che spes-

so si visitano spazi rarefatti dove il materiale esposto risulta ambiguamente enfatizzato.

Mentre attraversando queste sale e gallerie si viene colti da un senso opposto, in cui pre-

vale la densit. Seppure le condizioni di luce e di lettura siano a volte inadatte e le interfe-

renze possano causare confusione, laffollamento dei quadri e degli oggetti stabilisce un

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Michelangelo Merisidetto il Caravaggio,Fuga in Egitto.

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legame che offre sia una rara testimonianza sulle antiche raccolte principesche romane,

sia un indizio su come esse dovevano effettivamente essere guardate. Ne scaturisce anche

una certa sensazione di comfort, sconosciuta a quanto si avverte generalmente entrando in

moderne architetture museali a sfondo razionalistico.

A partire dal secondo Settecento fu avvertita la necessit di imprimere maggior ordine al-

linterno della variopinta popolazione di cornici originali che circondavano i quadri.

Quasi tutte vennero progressivamente sostituite, omologandole a un modello dorato da

museo, detto salvator rosa. In quella fase avvenne leliminazione di centinaia di esemplari

fra quelli pi inconsueti, oggi ricordati negli antichi inventari.

In quel lasso di tempo avvennero pure dispersioni estremamente cospicue. Larrivo dei Do-

ria da Genova, che fusero le dinastie, seguiva infatti un accordo con altre famiglie che

vantavano diritti per la successione ai Pamphilj, estinti nella linea maschile. Per questo ven-

ne ceduto (1769) e subito disperso un importantissimo e ingente gruppo di quadri del-

leredit Aldobrandini, comprensivo di vari capolavori del Rinascimento e del mondo car-

raccesco. Presero il volo, nel giro di poco, opere celeberrime, come il Cristo morto di Man-

tegna (Brera), la Madonna Garvagh di Raffaello (National Gallery di Londra), Bacco e Arian-

na di Tiziano, il Baccanale di Bellini (National Gallery di Washington). Ma anche una quan-

tit di tavolette ferraresi del primo Cinquecento di Garofalo e Mazzolino (National Gal-

lery di Londra), dov andata pure una parte pontormesca della Camera Borgherini, non-

ch il Domine quo vadis? di Annibale Carracci, la cui Incoronazione della Vergine si trova

adesso al Metropolitan di New York. E questo, solo per ricordare qualche caso di questo

straordinario insieme, in cui fin per errore anche qualche tela acquisita da Benedetto Pam-

philj.

Queste ultime sviste fanno intuire come la cospicua dispersione della quadreria pamphilja-

na si debba imputare alle difficolt della transizione, che segn probabilmente un allenta-

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Claude Lorrain,Paesaggio con mulino.

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mento della sorveglianza,

ma anche alla gigantesca

estensione dellinsieme, tan-

to vasta da risultare poco

controllabile. Non un ca-

so se quasi nulla delle nu-

merose residenze del viter-

bese e del basso Lazio, ric-

camente arredate e decora-

te, sia oggi rintracciabile.

quindi questa la fase cru-

ciale delle perdite pi che il

XIX secolo. Per quel che

possibile capire dalle carte

darchivio, le vendite avve-

nute nel corso dellOtto-

cento hanno investito una

quantit marginale di ope-

re rispetto a quanto doveva

gi essere era stato alienato

o sottratto.

Nel frattempo, proprio in

questepoca, vennero ac-

quistate alcune ragguarde-

voli tavole antiche: Filippo

Lippi, Neri di Bicci, Maestro

del Borgo alla Collina, Sano

di Pietro e Memling. Disin-

teressandosi al carattere pi

intimo della raccolta, si cer-

cava cos di avvicinarsi allidea positivista di museo, quale luogo in cui esporre unampia e di-

dascalica rassegna delle scuole e dei periodi dellarte. Pes nelle scelte anche lincipiente in-

teresse per le opere dei cosiddetti primitivi, termine con cui si designavano artisti del Tar-

do Medioevo e del primo Rinascimento, la cui moda sarebbe esplosa solo alla fine del seco-

lo XIX.

Alla prima guida del 1794 ne segu unaltra del 1851, che fa intendere come lapertura

fosse gi allora regolamentata. Ma ormai da tempo i protagonisti del Grand Tour in Ita-

lia avevano incluso nei propri itinerari la visita alla prestigiosa galleria romana. Dove,

nellarco della seconda met del XIX secolo, venne condotta una serie di interventi su

progetto di Andrea Busiri-Vici.

Negli ultimi anni gli studi hanno consentito di fare nuove scoperte in campo attributi-

vo, sia ristabilendo le importanti paternit di certe opere (per es. Dosso, Annibale Car-

racci, Reni), sia recuperando testi di artisti dimenticati dalla storiografia (per es. Pasquale

Chiesa, Domenico Roberti, Laura Bernasconi, Giovan Battista Giovannini). stata pu-

re identificata una quantit di interventi di censura dei nudi, sopravvenuti fra la met del

Seicento e linizio del secolo successivo. Fisime del genere ebbero di certo papa Innocenzo

X e i suoi nipoti, Giovan Battista e il cardinale Benedetto Pamphilj. Dopo unattenta con-

siderazione delle ragioni storiche e materiali che hanno portato a queste moralizzazio-

ni, si ritenuto lecito procedere nel riportare alla luce quanto da secoli era stato nasco-

sto. Tali operazioni sono rientrate in unestesa campagna di restauri, in parte condotta

con la collaborazione dellIstituto Centrale per il Restauro, attraverso i quali si cercato

di migliorare la conservazione e la leggibilit di molti quadri.

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Antonio de Solariodetto lo Zingaro,Suonatrice di violino.