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VIOLENZA ALLE DONNE: UN RICORDO Vorrei esprimere un mio pensiero a riguardo delle donne, che sono un dono emanato da Chi sapeva cosa faceva, e contemporaneamente desidererei affrontare una tematica scottante. Da tanto tempo leggo e sento di maltrattamenti alle donne: perché? Posso personalmente affermare che a soffrire di questa ignominia sono tante. Io ho avuto un’espe- rienza diretta, molto vicina ai miei affetti più intimi, di quel fenomeno che oggi viene chiamato “fem- minicidio”. All’inizio è facile: quando c’è l’amore, si dice, tutto va bene. C’è chi sostiene, addirittura, di sapere esattamente che cosa vuol dire amare. Poi, una sera, senti il telefono che suona: chi crede- va di amare ha ucciso. E’ difficile spiegare, per un fratello ferito, ciò che si prova. Tua sorella, sempli- cemente, non c’è più. Io vorrei che ci rendessimo conto che stiamo vivendo in un mondo nel quale, oggi più che mai, è difficile fidarsi di qualcuno : non c’è più dialogo fra le persone, si sente continuamente parlare di chi uccide la moglie, i genitori, addirit- tura i propri figli. E’ vergognoso, nessuno riesce a dare una spiegazione a questa serie di tragedie. Sembra che uccidere sia diventato un diritto acquisito: tu mi dai fastidio ed io ti tolgo di mezzo, tu non mi dai i soldi per divertirmi e allora io ti elimino. Per non parlare dei bambini picchiati o uccisi perché si è “depressi” o, più semplicemente, perché non li si sa amare. La mia domanda è: come può avvenire tutto questo? Lucien IN MARGINE AL PRIMO MAGGIO Ricordo che anni fa, quando abitavo a Novara, frequentavo diversi circoli di sinistra: c’era il “Circolo della Crava”, quello della “Fratellanza” e, soprattutto, quello del “Primo Maggio”, il mio preferito. Era bello andarci per tanti motivi: si poteva giocare gratis tra amici a carte, a bocce, a biliardo e a calcetto; in più le bevande costavano molto meno rispetto al prezzo dei bar. C’era an- che il vino, genuino e buono, e si mangiava bene, alla casereccia: per questo era molto frequentato non solo da gente anziana ma da tanti giovani. Là, quella del Primo Maggio era veramente festa dei lavoratori, e si festeggiava tra amici godendosi una giornata all’insegna del divertimento. Oggi le cose sono drasticamente cambiate, e non vi sono più molti giovani che frequentano assiduamen- te quei posti. Sarà colpa della crisi che attanaglia il nostro Paese o della disoccupazione giovanile che desta cosi tanta preoccupazione. So per cer- to però che non torneranno più quei momenti di unione popolare. La sola speranza è quella che possa tornare il lavoro per tutti, dato che la no- stra Italia dovrebbe essere una repubblica fondata sul lavoro. Credo che i giovani abbiano diritto ad un’ occupazione, anche se questo non è un pro- blema solo dei giovani: in questo periodo ci sono famiglie intere bisognose di sostegno sociale. RUGHE Il mondo che corre non ha tem- po di aspettare, di ascoltare, di leggere o fermarsi a guardare. Il mondo che corre ha tanta fretta, non interrompe il suo moto ostile neanche per man- giare, evita emozioni e sguardi inquieti, cerca il frastuono ed evita gli specchi. L’immagine riflessa potrebbe recare cattive risposte o, più semplicemente, frammenti di verità assopite. I miei ragazzi, però, non hanno premura. Così, a forza di ascoltare il sottoscritto, hanno imparato a credere alle promes- se dell’alba, a non temere la pioggia dei ricordi, a non evita- re gli specchi. Ed eccoli intenti a scrivere, a cercare la melodia antica del silenzio, a tentare il confine lieve che separa le mani dalle ali. Eppure, mentre li osservo, avrei voglia di dirgli che le storie, quelle più strane o più belle, sono incise lungo la simmetria dei loro volti. Rughe. Sulla fronte o sulle guance, fra le palpebre e le tempie, ai lati della bocca. Rughe. Qualche antico saggio ebbe a dire, una volta, che passando le dita sulle rughe degli uomini si finisce, senza parlare, per conoscerne la storia. Credo che quel sapiente avesse ragione. Così rimango a guardare i volti impegnati dei miei ragazzi e, sotto sotto, sorrido. E’ possibile scrivere per sempre, lungo anime senza impronte. Fabio Ponzana (Redattore) pagine in semilibertà Un progetto sovvenzionato dalla “Compagnia di San Paolo” di Torino, diretto da Formater Vercelli e sviluppato nel corso di 300 ore di formazione rivolto a detenuti ed ex detenuti «Cerco di allontanare qualsiasi pensiero di ciò che mi succederebbe, se qualcuno dovesse leggere queste righe. È necessario che le scriva. Ho il pre- sentimento che la guerra finirà presto, e prima che succeda voglio aver messo per iscritto quel che ho vissuto: dopo la guerra lo faranno in centinaia. No, meglio adesso – anche a rischio della vita». Hans Fallada, “Nel mio paese straniero. Diario dal carcere, 1944” Pagine in Semi-Libertà Un foglio sovvenzionato da Compagnia di San Paoloe diretto da Formater* * * Direttore Barasolo A. Capo Redattore Ponzana F. Project Manager Grasso E. Grafica Rigolino F. Design Crivellari L. L’ISTRUZIONE: IL FUTURO DEL NOSTRO PAESE Le scuole in Italia sono sempre più in difficoltà an- che a causa della crisi economica che sta colpendo gran parte dei Paesi Europei. Tutto ciò va a discapito dei giovani, che non sono di certo aiutati a realizzare i loro sogni. L’istruzione è molto importante per il fu- turo del nostro Paese ma, con il poco aiuto che lo Stato dà ai nostri ragazzi per poter studiare, sta lan- guendo. Non ci sono fondi per gli istituti scolastici, né tantomeno per i libri o per i progetti interni alla scuo- la. Ai genitori disoccupati non viene data la minima possibilità di mandare i propri figli all’Università o alle scuole superiori perché, comunque sia, bisogna avere i soldi per pagare le tasse scolastiche. I ragazzi che fanno i pendolari per poter frequentare la scuola, abitando lontano, devono spendere una cifra non indifferen- te anche per i trasporti: e non vengono rimborsa- VASCO E LA DROGA Vasco Rossi esternò pubblicamente i suoi problemi con la cocaina nell’album “Bollicine”, che ebbe un grande successo. Nonostante i disturbi, questo fu uno dei suoi periodi di massima fortuna dal punto di vista musicale, anche se non dal punto di vista umano. Vasco era farmacodipendente, viveva come si trovasse sempre su un palco, non dormiva e continuava ad assumere anfetamine, cocaina e psicofar- maci, tanto da costringere il manager ad annullare vari concerti. Il 20 aprile del 1984 iniziarono anche i suoi problemi con la Giustizia: durante una perquisizione presso la sua abitazione, Rossi consegnò spontaneamente ai Carabinieri 26 grammi di cocaina. Trascorse ven- tidue giorni in prigione, di cui cinque in isolamento, nei quali riuscì a disintossicarsi dalle anfetamine. Gradualmente, mentre il suo successo aumentava, la sua vita si riequilibrava. Oggi si vedono i risultati: dopo una situazione di stallo durata vari mesi a cau- sa della depressione, nel gennaio di quest’anno ha ripreso a cantare con il suo nuovo singolo: “L’Uomo Più Semplice”. Inizierà in giugno, a Torino, il suo nuovo tour con il tutto esaurito. Quindi, oggi si può dire che Vasco è uno dei cantanti più famosi al mondo, anche se “mante- nuto in vita” da medici che gli prescrivono una serie di farmaci contro la depressione. Cipo UN DESPOTA Enver Hoxha è stato un dittatore albanese. Ha imposto il suo regime in Albania dal- la fine della seconda guerra mondiale fino alla sua morte, avvenuta nel 1985: per il mondo è stato ”solo” il primo segretario del Partito del Lavoro albanese. Purtroppo è stato molto di più. Nel corso della Storia si è fatto conoscere come un tiranno ca- pace di eliminare lentamente, uno dopo l’altro, i suoi collaboratori più stretti. Da- gli anni della guerra, Hoxha ha iniziato il processo di repressione diventando un essere terribile, calpestando ed isolando il suo Paese, creando uno stato-tribù. Ha commesso crimini contro i suoi stessi fa- miliari e distrutto intere famiglie sempli- cemente a causa del punto di vista ideologico di un loro membro. Ha fatto tutto questo al suo popolo. Come si fa a giustificare chi , per circa mezzo secolo, ha portato uno stato da un certo benessere ad una povertà nella quale tutto, a partire dai beni primari, era razionato (il pane, il latte, l’ olio, la carne), ed ha condannato e imprigionato esseri umani con ideali giusti e patriottici? Andrea Progetto Finanziato da ti dallo Stato. Chi non ha soldi, in Italia, non può studiare, e questo non aiuta sicuramente i giovani ad avere una buona prospettiva per il futuro;invece in alcuni Paesi stranieri, nonostante la crisi, si fa di tutto per sovvenzionare le spese che i ragazzi devono affrontare per arrivare, un giorno laureati, ad un inserimento sicuro nel mondo del lavoro. Bi- sognerebbe fare qualcosa per salvare l’istruzione. Si è invece proceduto ai tagli sul riscaldamento, ai li- cenziamenti dei docenti, a diminuire le ore di studio. A cosa porterà tutto ciò? Sicuramente a peggiorare la situazione, se non si farà qualcosa per cambiare. T “Pagine in Semilibertà” VARIE Pagina 4 Pagine in Semilibertà Il progetto “Pagine in Semilibertà”, finanziato dalla Compagnia San Paolo di Torino, è organizzato da Formater in collaborazione con i Servizi Sociali del Comune di Vercel- li e l’Ufficio Esecuzioni Penali Esterne di Vercelli e Biella. Il progetto ha l’obiettivo di realizzare un laboratorio formativo rivolto al target di persone detenute domiciliari, libere vigilate, affidate, finalizzato all’apprendimento delle competenze di base d’in- formatica ed a quelle specialistiche legate alla produzione ed impaginazione grafica di testi, con il più visibile obiettivo di produrre questo giornalino. L’intento è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema, ancora poco conosciuto, della detenzione e delle pene alternative, con uno spaccato offerto da chi vive o ha conosciuto direttamen- te la condizione detentiva. Le persone che scrivono su questo pubblicazione non sono giornalisti. Al di là delle esperienze personali, i contenuti degli articoli riflettono opi- nioni, punti di vista del tutto soggettivi a prescindere dalla condivisibilità degli stessi. In collaborazione con Uscita Nr. 2 Venerdì 21 Giugno 2013 Copia Gratuita Comune di Vercelli UEPE - Vercelli Compagnia di San Paolo Torino E’ possibile scrivere alla redazione di “Pagine in Semilibertà” all’indirizzo: [email protected] Stampato presso “Litocopy” - Vercelli SPARI DI FRONTE PALAZZO CHIGI Il giorno 28 aprile 2013, purtroppo, verrà ricordato a lungo per un triste fatto di cronaca accaduto proprio nella piazza antistante Palazzo Chigi, sede del nostro Governo. Alle ore 11,40 circa, mentre il nuovo Ese- cutivo si apprestava a giurare al Quirinale, una perso- na disperata e prostrata dalla disoccupazione ( pro- blema purtroppo sempre più diffuso ), ha compiuto un atto eclatante di protesta coinvolgendo, purtroppo, persone del tutto esenti da colpe . Luigi Preiti, padre di famiglia con problemi economici tali da non poter più mantenere degnamente i suoi cari, ha deciso di impugnare una pistola e, attraversata piazza Colon- na, di sparare insensatamente al brigadiere Giuseppe Giangrande ed al carabiniere scelto Francesco Negri. Se il secondo membro dell’Arma è rimasto ferito ad una gamba, il primo, colpito al collo, ha riportato invece un pesante danno midollare. Ad oggi, mentre scrivo, non è ancora certo che torni a camminare. Spero che il nuovo Governo operi velocemente alla soluzione del grave problema occupazionale e mi auguro, inoltre, che nessuno voglia emulare un gesto tanto grave da essere compiuto ai danni di chi non ha nessuna colpa, svolge un servizio di pubblica sicu- rezza e percepisce, spesso, uno stipendio assai bas- so. Evitiamo, se possibile, una guerra fra noi poveri. G. IL NUOVO ESECUTIVO Cosa si aspettano gli italiani dal nuovo Governo? E’ una bella domanda. Da come la vedo io, gli italiani attendono prima di tutto una vera riforma del lavoro, specialmente per i giovani: nell’era tecnologica in cui viviamo non è possibile che, dopo tutti gli anni di studi e di sacrifici sostenuti delle famiglie, i ragazzi non abbiano l’opportuni- tà anche minima di un impiego part-time. Altre riforme dovrebbero riguardare le pensioni, visto che una parte della nostra popolazione fatica ad arrivare a fine mese, e molti anziani si vedono ob- bligati a ricorrere all’aiuto di parenti o di even- tuali servizi sociali (quando ne hanno diritto). E che dire, poi, di quei piccoli imprenditori che, ro- vinati dai debiti, hanno compiuto gesti disperati? Quelle azioni erano delle chiare e tonde richie- ste d’aiuto. Perciò i nostri governanti dovrebbe- ro dare più importanza alle piccole aziende, non sempre alle grandi, cercando di andare incontro anche alle loro richieste di agevolazioni. Un’altra riforma potrebbe riguardare il servizio sanitario, perché molte persone sono obbligate a pagare il ticket senza averne le possibilità. Vedendo, ascol- tando e leggendo ciò che il nuovo Governo sta discutendo e vagliando, riconosco buoni proget- ti. Fino ad ora, però, sono rimaste solo parole. Renato La speranza è che le cose non peggiorino provocan- do eventi più gravi o tornando all’ epoca degli anni di piombo. Non vorrei essere pessimista, ma se le cose non dovessero cambiare la crisi porterebbe a nuovi at- tentati alle istituzioni coinvolgendo persone innocenti. P.C.

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  • VIOLENZA ALLE DONNE: UN RICORDO

    Vorrei esprimere un mio pensiero a riguardo delle donne, che sono un dono emanato da Chi sapeva cosa faceva, e contemporaneamente desidererei affrontare una tematica scottante. Da tanto tempo leggo e sento di maltrattamenti alle donne: perché? Posso personalmente affermare che a soffrire di questa ignominia sono tante. Io ho avuto un’espe-rienza diretta, molto vicina ai miei affetti più intimi, di quel fenomeno che oggi viene chiamato “fem-minicidio”. All’inizio è facile: quando c’è l’amore, si dice, tutto va bene. C’è chi sostiene, addirittura, di sapere esattamente che cosa vuol dire amare. Poi, una sera, senti il telefono che suona: chi crede-va di amare ha ucciso. E’ difficile spiegare, per un fratello ferito, ciò che si prova. Tua sorella, sempli-cemente, non c’è più. Io vorrei che ci rendessimo conto che stiamo vivendo in un mondo nel quale, oggi più che mai, è difficile fidarsi di qualcuno :

    non c’è più dialogo fra le persone, si sente continuamente parlare di chi uccide la moglie, i genitori, addirit-tura i propri figli. E’ vergognoso, nessuno riesce a dare una spiegazione a questa serie di tragedie. Sembra che uccidere sia diventato un diritto acquisito: tu mi dai fastidio ed io ti tolgo di mezzo, tu non mi dai i soldi per divertirmi e allora io ti elimino. Per non parlare dei bambini picchiati o uccisi perché si è “depressi” o, più semplicemente, perché non li si sa amare. La mia domanda è: come può avvenire tutto questo?

    Lucien

    IN MARGINE AL PRIMO MAGGIO

    Ricordo che anni fa, quando abitavo a Novara, frequentavo diversi circoli di sinistra: c’era il “Circolo della Crava”, quello della “Fratellanza” e, soprattutto, quello del “Primo Maggio”, il mio preferito. Era bello andarci per tanti motivi: si poteva giocare gratis tra amici a carte, a bocce, a biliardo e a calcetto; in più le bevande costavano molto meno rispetto al prezzo dei bar. C’era an-che il vino, genuino e buono, e si mangiava bene, alla casereccia: per questo era molto frequentato non solo da gente anziana ma da tanti giovani. Là, quella del Primo Maggio era veramente festa dei lavoratori, e si festeggiava tra amici godendosi una giornata all’insegna del divertimento. Oggi le cose sono drasticamente cambiate, e non vi sono più molti giovani che frequentano assiduamen-te quei posti. Sarà colpa della crisi che attanaglia il nostro Paese o della disoccupazione giovanile che desta cosi tanta preoccupazione. So per cer-to però che non torneranno più quei momenti di unione popolare. La sola speranza è quella che possa tornare il lavoro per tutti, dato che la no-stra Italia dovrebbe essere una repubblica fondata sul lavoro. Credo che i giovani abbiano diritto ad un’ occupazione, anche se questo non è un pro-blema solo dei giovani: in questo periodo ci sono famiglie intere bisognose di sostegno sociale.

    RUGHE

    Il mondo che corre non ha tem-po di aspettare, di ascoltare, di leggere o fermarsi a guardare.Il mondo che corre ha tanta fretta, non interrompe il suo moto ostile neanche per man-giare, evita emozioni e sguardi inquieti, cerca il frastuono ed evita gli specchi. L’immagine riflessa potrebbe recare cattive risposte o, più semplicemente, frammenti di verità assopite.I miei ragazzi, però, non hanno premura. Così, a forza di ascoltare il sottoscritto, hanno imparato a credere alle promes-se dell’alba, a non temere la pioggia dei ricordi, a non evita-re gli specchi. Ed eccoli intenti a scrivere, a cercare la melodia antica del silenzio, a tentare il confine lieve che separa le mani dalle ali. Eppure, mentre li osservo, avrei voglia di dirgli che le storie, quelle più strane o più belle, sono incise lungo la simmetria dei loro volti. Rughe. Sulla fronte o sulle guance, fra le palpebre e le tempie, ai lati della bocca. Rughe. Qualche antico saggio ebbe a dire, una volta, che passando le dita sulle rughe degli uomini si finisce, senza parlare, per conoscerne la storia. Credo che quel sapiente avesse ragione. Così rimango a guardare i volti impegnati dei miei ragazzi e, sotto sotto, sorrido. E’ possibile scrivere per sempre, lungo anime senza impronte.

    Fabio Ponzana(Redattore)

    pagine in semilibertà Un progetto sovvenzionato dalla “Compagnia di San Paolo” di Torino,diretto da Formater Vercelli e sviluppato nel corso di 300 ore di formazione rivolto a detenuti ed ex detenuti

    «Cerco di allontanare qualsiasi pensiero di ciò che mi succederebbe, se qualcuno dovesse leggere queste righe. È necessario che le scriva. Ho il pre-sentimento che la guerra finirà presto, e prima che succeda voglio aver messo per iscritto quel che ho vissuto: dopo la guerra lo faranno in centinaia. No, meglio adesso – anche a rischio della vita».

    Hans Fallada,“Nel mio paese straniero. Diario dal carcere, 1944”

    Pagine in Semi-LibertàUn foglio sovvenzionato da“Compagnia di San Paolo”

    e diretto da“Formater”

    * * * Direttore Barasolo A. Capo Redattore Ponzana F. Project Manager Grasso E. Grafica Rigolino F. Design Crivellari L.

    L’ISTRUZIONE: IL FUTURO DELNOSTRO PAESE

    Le scuole in Italia sono sempre più in difficoltà an-che a causa della crisi economica che sta colpendo gran parte dei Paesi Europei. Tutto ciò va a discapito dei giovani, che non sono di certo aiutati a realizzare i loro sogni. L’istruzione è molto importante per il fu-turo del nostro Paese ma, con il poco aiuto che lo Stato dà ai nostri ragazzi per poter studiare, sta lan-guendo. Non ci sono fondi per gli istituti scolastici, né tantomeno per i libri o per i progetti interni alla scuo-la. Ai genitori disoccupati non viene data la minima possibilità di mandare i propri figli all’Università o alle scuole superiori perché, comunque sia, bisogna avere i soldi per pagare le tasse scolastiche. I ragazzi che fanno i pendolari per poter frequentare la scuola, abitando lontano, devono spendere una cifra non indifferen-te anche per i trasporti: e non vengono rimborsa-

    VASCO E LA DROGA

    Vasco Rossi esternò pubblicamente i suoi problemi con la cocaina nell’album “Bollicine”, che ebbe un grande successo. Nonostante i disturbi, questo fu uno dei suoi periodi di massima fortuna dal punto di vista musicale, anche se non dal punto di vista umano. Vasco era farmacodipendente, viveva come si trovasse sempre su un palco, non dormiva e continuava ad assumere anfetamine, cocaina e psicofar-maci, tanto da costringere il manager ad annullare vari concerti. Il 20 aprile del 1984 iniziarono anche i suoi problemi con la Giustizia: durante una perquisizione presso la sua abitazione, Rossi consegnò spontaneamente ai Carabinieri 26 grammi di cocaina. Trascorse ven-tidue giorni in prigione, di cui cinque in isolamento, nei quali riuscì a disintossicarsi dalle anfetamine. Gradualmente, mentre il suo successo aumentava, la sua vita si riequilibrava. Oggi si vedono i risultati: dopo

    una situazione di stallo durata vari mesi a cau-sa della depressione, nel gennaio di quest’anno ha ripreso a cantare con il suo nuovo singolo: “L’Uomo Più Semplice”. Inizierà in giugno, a Torino, il suo nuovo tour con il tutto esaurito. Quindi, oggi si può dire che Vasco è uno dei cantanti più famosi al mondo, anche se “mante-nuto in vita” da medici che gli prescrivono una serie di farmaci contro la depressione.

    Cipo

    UN DESPOTA

    Enver Hoxha è stato un dittatore albanese.Ha imposto il suo regime in Albania dal-la fine della seconda guerra mondiale fino alla sua morte, avvenuta nel 1985: per il mondo è stato ”solo” il primo segretario del Partito del Lavoro albanese. Purtroppo è stato molto di più. Nel corso della Storia si è fatto conoscere come un tiranno ca-pace di eliminare lentamente, uno dopo l’altro, i suoi collaboratori più stretti. Da-gli anni della guerra, Hoxha ha iniziato il processo di repressione diventando un essere terribile, calpestando ed isolando il suo Paese, creando uno stato-tribù. Ha commesso crimini contro i suoi stessi fa-miliari e distrutto intere famiglie sempli-cemente a causa del punto di vista ideologico di un loro membro. Ha fatto tutto questo al suo popolo. Come si fa a giustificare chi , per circa mezzo secolo, ha portato uno stato da un certo benessere ad una povertà nella quale tutto, a partire dai beni primari, era razionato (il pane, il latte, l’ olio, la carne), ed ha condannato e imprigionato esseri umani con ideali giusti e patriottici?

    Andrea

    Progetto Finanziato da

    ti dallo Stato. Chi non ha soldi, in Italia, non può studiare, e questo non aiuta sicuramente i giovani ad avere una buona prospettiva per il futuro;invece in alcuni Paesi stranieri, nonostante la crisi, si fa di tutto per sovvenzionare le spese che i ragazzi devono affrontare per arrivare, un giorno laureati,

    ad un inserimento sicuro nel mondo del lavoro. Bi-sognerebbe fare qualcosa per salvare l’istruzione. Si è invece proceduto ai tagli sul riscaldamento, ai li-cenziamenti dei docenti, a diminuire le ore di studio. A cosa porterà tutto ciò? Sicuramente a peggiorare la situazione, se non si farà qualcosa per cambiare.

    T

    “Pagine in Semilibertà”

    VARIEPagina 4 Pagine in Semilibertà

    Il progetto “Pagine in Semilibertà”, finanziato dalla Compagnia San Paolo di Torino, è organizzato da Formater in collaborazione con i Servizi Sociali del Comune di Vercel-li e l’Ufficio Esecuzioni Penali Esterne di Vercelli e Biella. Il progetto ha l’obiettivo di realizzare un laboratorio formativo rivolto al target di persone detenute domiciliari, libere vigilate, affidate, finalizzato all’apprendimento delle competenze di base d’in-formatica ed a quelle specialistiche legate alla produzione ed impaginazione grafica di testi, con il più visibile obiettivo di produrre questo giornalino. L’intento è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema, ancora poco conosciuto, della detenzione e delle pene alternative, con uno spaccato offerto da chi vive o ha conosciuto direttamen-te la condizione detentiva. Le persone che scrivono su questo pubblicazione non sono giornalisti. Al di là delle esperienze personali, i contenuti degli articoli riflettono opi-nioni, punti di vista del tutto soggettivi a prescindere dalla condivisibilità degli stessi.

    In collaborazione con

    Uscita Nr. 2Venerdì 21 Giugno 2013

    Copia Gratuita

    Comune di Vercelli UEPE - Vercelli

    Compagnia di San PaoloTorino

    E’ possibile scrivere alla redazione di “Pagine in Semilibertà” all’indirizzo: [email protected]

    Stampato presso “Litocopy” - Vercelli

    SPARI DI FRONTE PALAZZO CHIGI

    Il giorno 28 aprile 2013, purtroppo, verrà ricordato a lungo per un triste fatto di cronaca accaduto proprio nella piazza antistante Palazzo Chigi, sede del nostro Governo. Alle ore 11,40 circa, mentre il nuovo Ese-cutivo si apprestava a giurare al Quirinale, una perso-na disperata e prostrata dalla disoccupazione ( pro-blema purtroppo sempre più diffuso ), ha compiuto un atto eclatante di protesta coinvolgendo, purtroppo, persone del tutto esenti da colpe . Luigi Preiti, padre di famiglia con problemi economici tali da non poter più mantenere degnamente i suoi cari, ha deciso di impugnare una pistola e, attraversata piazza Colon-na, di sparare insensatamente al brigadiere Giuseppe Giangrande ed al carabiniere scelto Francesco Negri. Se il secondo membro dell’Arma è rimasto ferito ad una gamba, il primo, colpito al collo, ha riportato invece un pesante danno midollare. Ad oggi, mentre scrivo, non è ancora certo che torni a camminare. Spero che il nuovo Governo operi velocemente alla soluzione del grave problema occupazionale e mi auguro, inoltre, che nessuno voglia emulare un gesto tanto grave da essere compiuto ai danni di chi non ha nessuna colpa, svolge un servizio di pubblica sicu-rezza e percepisce, spesso, uno stipendio assai bas-so. Evitiamo, se possibile, una guerra fra noi poveri.

    G.

    IL NUOVO ESECUTIVO

    Cosa si aspettano gli italiani dal nuovo Governo? E’ una bella domanda. Da come la vedo io, gli italiani attendono prima di tutto una vera riforma del lavoro, specialmente per i giovani: nell’era tecnologica in cui viviamo non è possibile che, dopo tutti gli anni di studi e di sacrifici sostenuti delle famiglie, i ragazzi non abbiano l’opportuni-tà anche minima di un impiego part-time. Altre riforme dovrebbero riguardare le pensioni, visto che una parte della nostra popolazione fatica ad arrivare a fine mese, e molti anziani si vedono ob-bligati a ricorrere all’aiuto di parenti o di even-tuali servizi sociali (quando ne hanno diritto). E che dire, poi, di quei piccoli imprenditori che, ro-vinati dai debiti, hanno compiuto gesti disperati? Quelle azioni erano delle chiare e tonde richie-ste d’aiuto. Perciò i nostri governanti dovrebbe-ro dare più importanza alle piccole aziende, non sempre alle grandi, cercando di andare incontro anche alle loro richieste di agevolazioni. Un’altra riforma potrebbe riguardare il servizio sanitario, perché molte persone sono obbligate a pagare il ticket senza averne le possibilità. Vedendo, ascol-tando e leggendo ciò che il nuovo Governo sta discutendo e vagliando, riconosco buoni proget-ti. Fino ad ora, però, sono rimaste solo parole.

    Renato

    La speranza è che le cose non peggiorino provocan-do eventi più gravi o tornando all’ epoca degli anni di piombo. Non vorrei essere pessimista, ma se le cose non dovessero cambiare la crisi porterebbe a nuovi at-tentati alle istituzioni coinvolgendo persone innocenti.

    P.C.

  • DIETRO E OLTRE LE SBARRE

    INTERVISTA ALLA GARANTE DEI DIRITTI DELLE PERSONE PRIVATE DELLA LIBERTA’

    Dottoressa Brunato, come e da quando è stata istituita la figura del Garante?La figura del Garante è stata istituita, in questi anni, da varie realtà locali, che si sono ispirate a paesi esteri nei quali esistono sia la figura del Garante regionale che quella nazionale. Per quanto riguarda la Città di Torino, la figura è stata stabilita con Delibera del Consiglio Comunale del 7 giugno 2004, e in data 18 marzo 2005 il Sindaco, con proprio Decreto, ha nominato la sottoscritta come Garante, e da allora svolgo questa funzione.

    Quindi non è una figura a mandato Regionale ma locale?Si, la normativa in realtà prevede che ai Garanti Locali siano affiancati i Garanti Regionali e, in effetti, alcune regioni li hanno nominati. La Regione Piemonte, con Legge 2 dicembre 2009 n. 28 ha previsto la figura del Garante ma, ad oggi non l’ha ancora nominato, anzi, pare che vi sia un’altra norma che destituisce questa figura. A mio avviso, un Garante Regionale sarebbe importante, viste le funzioni che sono in capo alla Regione Piemonte: lavoro, formazione, sanità, ecc.

    Cosa fa esattamente il Garante, quali sono i suoi compiti?Il nostro compito è tutelare i diritti delle persone private della libertà personale, siano esse detenute in carcere o con pene alternative. C’è da dire che ciascun Garante può adottare un proprio stile di lavoro, anche sulla base del suo pregresso professionale. Io, per esempio, sono stata Assessore alle Politiche Sociali della Provincia di Torino e sono tuttora Presidente dell’Ufficio Pio, di conseguenza ho dato a questo ufficio un’impronta di lavoro molto “sociale”; cerchiamo di fare interventi concreti di aiuto alle persone detenute ed alle loro famiglie, che ce ne fanno richiesta. Altri Garanti hanno invece optato per svolgere più una funzione di denuncia dei problemi che si riscontrano all’interno delle Amministrazioni Penitenziarie.

    Quindi, se capisco bene, nel Suo caso, ci sono persone detenute e famiglie che si rivolgono a Lei con richieste di aiuto, di che tipo?Riceviamo richieste di aiuto di vario tipo, sia dai detenuti che dalle loro famiglie; le principali richieste di intervento riguardano: la velocizzazione di pratiche burocratiche legate alle cure mediche, richieste di lavoro, casa, molte richieste sono anche di ascolto. Le persone possono venire da noi qui in ufficio su appuntamento, oppure ci scrivono.

    Voi come intervenite?Mensilmente ci rechiamo a visitare i due Istituti penitenziari di Torino, facciamo visita ai detenuti che ce lo richiedono oppure, su segnalazione delle Guardie Carcerarie e degli Educatori, visitiamo per-sone che sono in difficoltà. Se riscontriamo che ci sono persone le cui condizioni di salute non sono compatibili con la detenzione, segnaliamo alla Magistratura. Rispetto agli altri problemi cerchiamo di sveltire le pratiche burocratiche, sia per quello che riguarda la richiesta di case popolari, così come per le prestazioni mediche in carcere. Per ciò che concerne il lavoro facciamo richiesta di inserimento in progetti ad hoc esistenti sul territorio, in particolare in collaborazione con l’Ufficio Pio.

    Quali sono i problemi che riscontrate maggiormente?Spesso ci scontriamo con lungaggini burocratiche che a volte hanno esiti anche molto tristi, perché ci sono persone le cui condizioni di salute non sopportano la situazione carceraria che, attendendo lungamente una diversa decisione da parte dei Magistrati, o peggiorano drasticamente o, addirittura, perdono la vita. I problemi più grossi che riscontriamo in carcere, poi, oltre a quelli legati alla vita quo-tidiana ed alle condizioni igienico – sanitarie, sono quelli relativi al “dopo”, alle possibilità concrete di formazione e lavoro che si possono offrire a queste persone, una volta che hanno scontato la pena.Ma il vero problema, ripeto, è la Giustizia, con le sue lunghe procedure.

    Ma Lei, come Garante, è dotata di un budget da spendere, oppure no?Ho un budget di circa 20.000€ annui, che spendo finanziando progetti in accordo con le Amministra-zioni Penitenziarie. Negli scorsi anni ho finanziato un progetto riguardante la Mediazione Culturale in carcere, e dei progetti riguardanti la ristrutturazione di padiglioni delle carceri che necessitano di riparazioni. In effetti preferiamo fare, con questi soldi, interventi di tipo strutturale. Il nostro budget, in genere, viene speso 2/3 per il Carcere degli Adulti e 1/3 per quello dei Minori.

    Erika Grasso(Project Manager)

    Intervista alla Garante dei Diritti delle persone private della libertà

    personale della Città di Torino, Dott.ssa Maria Pia Brunato.

    RIMOZIONE DEI RICORDI

    Molti, dopo un periodo di detenzione, cercano di rimuovere dal loro incon-scio l’esperienza vissuta. Scordarsi di alcune situazioni precise non è faci-le: dall’ora d’aria alla socialità, dalle docce e dalla convivenza in cella fino agli agenti, che non sempre sono così interessati ad ascoltarti. Ci sono volte, poi, in cui involontariamente si torna a parlare di quei momenti: e i ricor-di riaffiorano. Allora ci si accorge di esserne ancora succubi, e di vivere la frustrazione di anni e anni persi a causa di scelte sbagliate: fatte da noi o per emulare qualcuno. Per questo rimuovere certe esperienze è una cosa difficile da fare; si ricorre anche all’aiuto di psicologi, di psichiatri, oppure si cerca di reinserirsi diret-tamente nella società. Questo però è un passo molto complesso da com-piere, perché non sempre ti vengono date le opportunità per farlo. Allora, nei momenti di sconforto, ricordi. E così rischi di ritornare a frequentare i vecchi “giri”. Perciò, alla fine, queste memorie rimarranno sempre in un angolo del nostro inconscio, perché fanno parte della nostra vita.

    Renato

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    STORIA DI DORA

    Cosa chiedere di più? Lei appartiene ad una famiglia della buona borghesia di una grande città, il padre ha un’azienda ben avviata con venti dipendenti, i week end sono tutti trascorsi in case di proprietà al mare o in montagna. Dora studia con l’idea di lavorare, un domani, nel settore pubblicitario. All’età di sedici anni, però, incontra un musicista che di anni ne ha venti : i due si piacciono e incominciano a stare insieme. Dora è curiosa, così gli chiede di andare oltre il solito spinello, di provare altro. Scopre l’eroina, la cocaina, un giorno arriva all’LSD e si spaventa. L’acido le fa paura, ma le altre droghe l’attirano. Dora lascia il musicista e cerca emozioni più grandi. Per provare, così. E mentre in Italia infuriano gli anni di piombo, Dora sceglie, insegue, vuole compagnie che la “aiutino” a padroneggiare la “tecnica del farsi”. Or-mai lavora come segretaria presso l’azienda paterna. I genitori si sono accorti di tutto, ma non lo vogliono ammettere. Così Dora glielo dice, chiede aiuto al padre e alla madre. I genitori ce la mettono tutta, specie la mamma, ma le crisi di astinenza sono così forti che le ricadute sono continue. Ormai Dora è un’adulta, e come tale si sente forte : rifiuta l’aiuto della famiglia e trova un lavoro ben retribuito presso il Palazzo delle Esposizioni della sua città. Si innamora a ventisei anni di un uomo che spaccia droga a grandi livelli, e dopo tre mesi di convivenza rimane incinta. Il padre di suo figlio la picchia spesso, continuamente. Dora non demorde e, assieme al compagno, subi-sce un pesante arresto per spaccio. Solo espiata la pena, dopo qualche anno, comprende che l’unica salvezza è smettere. Soprattutto perché il piccolo le è stato affidato. Così abbandona il compagno violento e, insieme al bambino, corre lontano, verso un’altra vita. Oggi Dora è una madre serena, ha smesso di drogarsi e parla spesso di suo figlio. Come tutte le mamme del mondo.

    LA RABBIA DELL’INNOCENZA

    Venni arrestato e giudicato colpevole di un reato mai commesso. Mi misero dentro una piccola cella, quella di isolamento, dove il mondo mi si chiuse alle spalle. Sentivo il brusio delle voci dei de-tenuti, i lamenti, i portoni in acciaio che sbattevano violentemente dalla mattina alla sera, le guardie che ad ogni passo scampanellava-no con il loro fardello di chiavi : quel tintinnio mi dava alla testa. Stavo male e non potevo farci nulla, dovevo solo mettermi l’animo in pace, e sperare. Sentivo il vuoto dentro di me ed una sensazione di solitudine, di abbandono, anche perché non si vedeva nessuno, neppure le guardie. Guardavo la cella: un letto, un bagno a vista ed un piccolo televisore. Un’angoscia incredibile. Volevo evadere, mi aggrappavo a quelle sbarre nel tentativo di staccarle dal muro ma… nulla, tutto invano. Cominciò ad assalirmi un attacco di panico, scoppiai a piangere: ero ferito dentro, umiliato, e mi vergognavo. Il mio unico pensiero era rivolto ai miei cari, e temevo di non ri-vederli per qualche anno; tutto questo mi faceva male al punto di rinchiudermi in me stesso a meditare, ed a domandarmi il perché. Nella vita tutti possono sbagliare, anche la Giustizia rovinandomi l’esistenza, ed ora non posso far altro che chinare la testa ed andare avanti così: con la rabbia dell’innocenza.

    Carlo

    IL CARCERE IN SE’

    La prigione è una struttura punitiva, nonché correttiva, finalizzata a persegui-re i reati penali. In realtà se ne può uscire migliorati o peggiorati : dipende da come si vive la propria pena. Il carcere permette, attraverso varie attività operative, un recupero graduale dell’individuo; ovviamente c’è chi preferisce l’ozio, l’apatia: è chiaro che la condanna, in questo caso, risulta più pesante. All’interno della struttura si possono incontrare persone di ogni nazionalità e religione, ed è possibile dividere la cella con un ladro, uno spacciatore o addi-rittura un omicida. Risiedono invece in una sezione a parte coloro che hanno commesso violenza sessuale o pedofilia : ovviamente non sono visti di buon occhio dagli altri detenuti. In un penitenziario ci si può anche avvicinare alla fede, qualunque essa sia. Attraverso una cosiddetta “domandina”, ovvero una richiesta interna alla struttura, è possibile incontrarsi con i ministri di ogni cul-to. Naturalmente esistono orari di visita per rivedere i propri cari. Ci sono poi le cosiddette “ore d’aria” che si svolgono in cortile, all’aperto, in determinati momenti del giorno. Una volta a settimana ogni sezione ha diritto all’uso del campo di calcio che si trova all’interno del carcere. Una biblioteca è a disposi-zione dei detenuti per leggere libri, semplicemente, o per studiare. In prigione c’è chi ha conseguito la quinta elementare, il diploma o, addirittura, la laurea.Tutto questo, però, lo si può ottenere unicamente mantenendo una condotta corretta e consona al regolamento del penitenziario: si tratta di opportunità che rendono ai detenuti più facile la permanenza dietro le sbarre. A questo fine esistono addirittura, all’interno del carcere, i cosiddetti laboratori crea-tivi dedicati al bricolage. Chi non ha molta disponibilità finanziaria, invece, può attivarsi all’interno della struttura prestandosi a fare piccoli lavori : così abbiamo il “lavorante di sezione” che tiene pulita la zona di sua competenza, il cuoco, il muratore, il netturbino, l’addetto alla lavanderia, il “tuttofare” e, addirittura, lo “spesino”, attento ad amministrare gli ordini di spesa degli altri detenuti. Ma ci sono tanti altri piccoli incarichi che variano di penitenziario in penitenziario. Perché questa descrizione è riferita soprattutto all’esperienza di chi scrive, ed in Italia l’organizzazione delle singole carceri varia da caso a caso. L’unico problema comune a tutto il sistema penitenziario nazionale, come è noto, è che in prigione ci sono più detenuti rispetto allo spazio disponi-bile. Il sovraffollamento impedisce, ovviamente, un corretto svolgimento delle attività carcerarie.

    Sam

    LA SOLITUDINE NELLA SOLITUDINE

    Che cos’è la solitudine? Come fuggire da questo stato d’animo cor-rosivo? Tante volte mi sono estraniato ed ho cercato, riflettendo, di non pensare a dove mi trovavo ma agli affetti che mi ero lasciato al di là del “muro”. Tante sono state le domande, i perché, i come mai… ma ad ogni risposta che mi davo, mi accorgevo che nessuna riusciva a colmare il mio vuoto d’animo. Certo, avevo chi mi tirava su con un sorriso, una battuta. Una volta alla settimana avevo l’ora di colloquio che mi donava una parola buona, una speranza. Ogni tanto giungeva poi una missiva da una persona cara, ma… nien-te e nessuno poteva colmare quella mancanza di amore che tutti chiamano “solitudine”. Sì, perché la solitudine non è nient’altro che mancanza d’amore. Non è l’essere rinchiuso tra quattro mura, ma il trovarsi da solo senza i propri affetti. Ah, se potessi tornare indietro (col senno di poi), quante cose non farei! Non scambierei due lerce monete per trovarmi ad essere solo. Sì, solo come un… boh, lascio completare la frase a chi legge. Certo, non mi nascondo dietro a un dito. Ma non si deve lasciare che la solitudine prenda il proprio cuore! Un giorno di felicità non ha prezzo.

    Ferdinando

    DIETRO E OLTRE LE SBARREPagine in Semilibertà Pagina 3

    CRITICA AMARA

    Sarebbe importante affrontare anche il tema del primo ingresso in carce-re: ciò che si sente in quel momento, purtroppo, non si può descrivere, ti colpisce profondamente e non è faci-le parlarne in teoria. Quando “il nuo-vo giunto” entra in carcere, per prima cosa andrebbe accolto da un medico che dovrebbe visitare l’ospite a fon-do, con molta attenzione e professio-nalità, per appurare che sia sano in tutto e per tutto. Il motivo è semplice : ammalarsi in quei posti è facile come bere un bicchier d’acqua, e una visita superficiale rischia di far trasmettere una malattia anche ai familiari, com-presi i bambini, che vengono a col-loquio con il loro caro. Dopo di che, il nuovo arrivato andrebbe visto da una psicologa attenta a valutare il suo equilibrio mentale: questo per evitare spiacevoli sorprese che sono accadu-te e continuano ad accadere. Di certo la mancanza di queste precauzioni non è colpa degli operatori: da tem-po sentiamo che ormai le strutture carcerarie sono al collasso e nessuno se ne interessa. Dovrebbe farlo chi ci lavora ed ha lo stipendio assicurato? Perciò avanti come sempre…e chi vivrà vedrà.

    Lucien

    L’ORA D’ARIA

    Ore 9,30: quegli odiosissimi blindi (porte di sicurezza carcerarie) si aprono e noi detenuti, in attesa là dietro, ci affrettiamo a uscire dalle nostre celle per avviarci, in file abbastanza ordinate, nei corridoi che ci porteranno nel cortile destinato alla nostra porzione di aria quoti-diana. Nelle carceri di massima sicurezza il tempo d’aria è ristretto alle due ore massime giornaliere e si svolge in un cortile, ovvero un cubo di cemento di venti metri quadrati. Le pareti del cubo sono alte sei metri, su di esse vengono stesi reticolati di filo spinato e, a fare da tetto, sono posizionate delle reti metalliche. Qui il più delle volte si ritrovano le amicizie nate in sezione e in cella, ma si riuniscono anche i gruppi distinti per etnie. Purtroppo non è raro che durante l’ora d’aria possano nascere liti più o meno gravi, anche per futili motivi. Comunque, nel momento in cui si socializza “all’aria”, i discorsi più ricorrenti sono rivolti alle famiglie e a come possono sentirsi in quel periodo, ma anche a cosa la vita potrà riservare al di fuori di quelle mura. E la cosa più importante, in quel contesto, è co-minciare gradualmente a possedere una parvenza d’ambita libertà.

    Graziano