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© Sanitanova Srl - Patologie dell’apparato respiratorio: informazioni essenziali per il farmacista per migliorare l’aderenza terapeutica degli assistiti – Modulo 1 1 Patologie dell’apparato respiratorio: informazioni essenziali per il farmacista per migliorare l’aderenza terapeutica degli assistiti Autore e responsabile scientifico: Prof. Antonio Ponticiello, Professore di Malattie dell’Apparato Respiratorio, Università Federico II, Napoli Sanitanova è accreditato dalla Commissione Nazionale ECM (accreditamento n. 12 del 10/06/2010) a fornire programmi di formazione continua per tutte le professioni. Sanitanova si assume la responsabilità per i contenuti, la qualità e la correttezza etica di questa attività ECM. Inizio evento: 11/01/2016; ID evento: 12-144214 Introduzione al corso Il farmacista si trova in una posizione privilegiata nel fornire un valido supporto all’assistito affetto da patologie dell’apparato respiratorio, in particolare asma e BPCO, e nel migliorare l’efficienza del sistema sanitario. Poiché si tratta di patologie croniche non guaribili, gli sforzi del farmacista devono essere rivolti a programmi di prevenzione e ottimizzazione del trattamento terapeutico, per aumentare la compliance dei pazienti e migliorarne lo stato di salute. Fornire istruzioni sull’utilizzo dei farmaci e device, così come la possibilità di effettuare in farmacia la spirometria e la saturimetria, sono alcune delle armi a disposizione del farmacista per migliorare la salute degli assistiti. Modulo 1. La patologia broncostruttiva: asma e BPCO Obiettivi formativi Al termine del modulo didattico, il farmacista dovrebbe essere in grado di: conoscere epidemiologia, fattori di rischio e fisiopatologia di asma e BPCO; padroneggiare gli elementi fondamentali per la diagnosi differenziale; comprendere i principi della terapia.

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migliorare l’aderenza terapeutica degli assistiti – Modulo 1 1

Patologie dell’apparato respiratorio: informazioni essenziali per il

farmacista per migliorare l’aderenza terapeutica degli assistiti Autore e responsabile scientifico: Prof. Antonio Ponticiello, Professore di Malattie dell’Apparato Respiratorio, Università Federico II, Napoli

Sanitanova è accreditato dalla Commissione Nazionale ECM (accreditamento n. 12 del 10/06/2010) a

fornire programmi di formazione continua per tutte le professioni.

Sanitanova si assume la responsabilità per i contenuti, la qualità e la correttezza etica di questa attività

ECM.

Inizio evento: 11/01/2016; ID evento: 12-144214

Introduzione al corso

Il farmacista si trova in una posizione privilegiata nel fornire un valido supporto all’assistito affetto da patologie dell’apparato respiratorio, in particolare asma e BPCO, e nel migliorare l’efficienza del sistema sanitario. Poiché si tratta di patologie croniche non guaribili, gli sforzi del farmacista devono essere rivolti a programmi di prevenzione e ottimizzazione del trattamento terapeutico, per aumentare la compliance dei pazienti e migliorarne lo stato di salute. Fornire istruzioni sull’utilizzo dei farmaci e device, così come la possibilità di effettuare in farmacia la spirometria e la saturimetria, sono alcune delle armi a disposizione del farmacista per migliorare la salute degli assistiti.

Modulo 1. La patologia broncostruttiva: asma e BPCO

Obiettivi formativi Al termine del modulo didattico, il farmacista dovrebbe essere in grado di:

conoscere epidemiologia, fattori di rischio e fisiopatologia di asma e BPCO;

padroneggiare gli elementi fondamentali per la diagnosi differenziale;

comprendere i principi della terapia.

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Executive summary La BPCO, allo stato delle attuali conoscenze, viene indicata come una patologia multifattoriale, la cui

suscettibilità varia molto nel singolo individuo legandosi a una personale predisposizione genetica.

Si stima che la BPCO occupi il sesto posto fra le malattie croniche presenti in Italia, con oltre 2.600.000

cittadini italiani affetti, anche se si ipotizza che il numero di persone affette sia addirittura maggiore. Alla

BPCO viene attribuito almeno il 6% dell’intera spesa sanitaria italiana.

La diagnosi si basa sul riscontro spirometrico di una limitazione persistente al flusso aereo.

I broncodilatatori costituiscono i farmaci di prima scelta per il trattamento sintomatico della BPCO.

L’asma è una malattia eterogenea, caratterizzata da infiammazione cronica e iperresponsività delle vie

aeree che si manifesta con episodi ricorrenti di respiro sibilante (wheezing), dispnea, sensazione di

costrizione toracica e tosse che possono variare nel tempo per comparsa, frequenza e intensità.

Gli elementi patogenetici di fondo dell’asma sono la disfunzione della muscolatura liscia e l’infiammazione

cronica con rimodellamento delle vie aeree.

Il trattamento dell’asma inizia con la riduzione o l’abolizione dell’esposizione alle cause scatenanti. I farmaci

si distinguono in quelli che operano il controllo della malattia (controller) da quelli che rapidamente

alleviano i sintomi (reliever).

Introduzione al modulo

Nel corso degli ultimi decenni ci sono stati importanti cambiamenti sia della nomenclatura sia

dell’epidemiologia delle malattie respiratorie. Alcune di queste, in particolare quelle broncostruttive ad

andamento cronico come l’asma e la BPCO, grazie ad alcuni fattori come l’invecchiamento della

popolazione e l’azione di fattori eziologici quali fumo, alcol e polluenti, hanno fatto registrare un aumento

più che significativo dell’incidenza, assumendo un ruolo di primo piano nel complesso delle malattie

croniche.

L'alta prevalenza di queste patologie, il ruolo fondamentale degli stili di vita e della prevenzione, la caduta

della qualità di vita sia in termini fisici sia psicologici, il carico economico delle famiglie e dello Stato, ne

fanno delle emergenze di carattere mondiale. Nell’affrontare queste emergenze diventa indispensabile la

corretta educazione sanitaria di tutti gli operatori e gli amministratori della sanità, nonché della

popolazione generale, riguardo le forme più appropriate di trattamento e di prevenzione.

BPCO BPCO è l’acronimo di BroncoPneumopatia Cronica Ostruttiva.

BroncoPneumopatia indica una malattia sia dei bronchi sia del polmone. Cronica definisce uno stato

irreversibile ed evolutivo nel tempo. Ostruttiva indica una ostruzione al flusso di aria nelle vie aeree che

riduce la capacità respiratoria.

Definizione e Fattori di Rischio Quella di seguito riportata è la definizione delle linee guida GOLD (Global iniziative for chronic Obstructive

Lung Disease; disponibile online al sito http://www.goldcopd.org) (vedi Figura 1).

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© 2015 Global Initiative for Chronic Obstructive Lung Disease

Figura 1: definizione di BPCO GOLD

La società americana e quella europea di malattie dell’apparato respiratorio (American Thoracic Society,

ATS ed European Respiratory Society, ERS) hanno adottato la definizione GOLD proprio per sottolineare la

natura anzitutto prevenibile, ma anche curabile della sindrome, nonché l’incompleta reversibilità al

trattamento farmacologico e l’importanza delle sue comorbidità e conseguenze sistemiche.

La limitazione al flusso è dovuta alla malattia delle piccole vie aeree (infiammazione, fibrosi delle pareti,

tappi intraluminali, aumento delle resistenze) e alla distruzione del parenchima (perdita di attacchi

alveolari e bronchioli respiratori, riduzione della forza di retrazione elastica: enfisema polmonare). Questi

quadri anatomopatologici nel paziente si sviluppano in maniera disomogenea e progressiva, con i sintomi

che si presentano dopo i 40 anni.

Nella maggior parte dei casi la BPCO è provocata dal fumo di sigaretta, seguono l’inalazione di polveri e gas

in ambiente lavorativo. Nella Figura 2 sono evidenziati i principali fattori di rischio.

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© 2015 Global Initiative for Chronic Obstructive Lung Disease

Figura 2. Principali fattori di rischio della BPCO

È possibile elencare i principali fattori di rischio anche in ordine di importanza (vedi Tabella 1).

Tabella 1. Principali fattori di rischio in ordine di importanza

++++ Fumo di tabacco (sigaretta>>>pipa, sigaro)

+++ Alcune esposizioni lavorative (silice - cadmio)

++ Inquinamento atmosferico (SO2 – NO2 – O3 – PM10)

+ Condizioni economiche disagiate

+ Abuso di alcool

+ Fumo passivo in età infantile

+ Infezioni virali in età infantile

+ Dieta povera di antiossidanti (Vitamine C, A ed E)

Numerosi studi epidemiologici, clinici e sperimentali indicano che il fumo di tabacco e, in particolare, quello

di sigaretta costituiscono il principale fattore di rischio per lo sviluppo di bronchite cronica e BPCO. Lo

studio più importante che ha dimostrato l’associazione tra fumo e malattie respiratorie è quello di Peto, del

1994, condotto sui medici inglesi maschi, seguiti per 40 anni. I risultati documentano che la mortalità per

BPCO è almeno 7 volte più frequente nei fumatori rispetto ai non fumatori. A parità di tutte le altre

condizioni, l'entità del danno broncopolmonare è direttamente correlata alla quantità globale di fumo

inalato. Stratificando i fumatori per il numero di sigarette fumate al giorno, si evidenzia che l’incremento

del rischio di mortalità è direttamente proporzionale al numero di sigarette fumate: di 7 volte nel gruppo di

fumatori leggeri (1-14 sigarette/die), 10 volte nei fumatori moderati (15-24 sigarette/die) fino ad arrivare a

21 volte in quello dei forti fumatori (oltre 25 sigarette). Ne consegue che limitare il numero di sigarette

fumate si traduce in una diminuzione del rischio.

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Non tutti i fumatori, però, sviluppano ostruzione bronchiale rilevabile clinicamente. Si stima che questi

siano il 15-20%, laddove più frequentemente (40-50%) presentano ipersecrezione mucosa (bronchite

cronica). La BPCO è, ad esempio, una patologia frequente anche in popolazioni non fumatrici, spesso

residenti in aree del mondo in via di sviluppo. Ciò significa che focalizzare l’attenzione sul solo fumo di

sigaretta come fattore causale può tradursi nel rischio di non tenere nella giusta considerazione altri fattori

patogenetici. Rischio che può estendersi anche alla riduzione degli sforzi della ricerca di nuovi e, forse, non

meno importanti agenti e/o condizioni coinvolti nell’eziopatogenesi con l’inevitabile conseguenza

dell’attuazione di programmi di prevenzione incompleti e, quindi, inefficaci.

Poiché gli attuali presidi terapeutici non sono in grado di modificare la storia naturale della malattia,

controllare l’incidenza e la prevalenza delle malattie respiratorie croniche passa attraverso la riduzione dei

fattori di rischio. La prevenzione è uno degli obiettivi prioritari di sanità pubblica e se la prevenzione

primaria è la più efficace per evitare l’insorgenza della malattia, anche la prevenzione secondaria,

attraverso la sorveglianza epidemiologica e la diagnosi precoce dei casi, quando risulta più facile modificare

il suo percorso naturale, è di grande rilievo sia ai fini terapeutici sia dei costi socioeconomici della BPCO.

L’esistenza di una individuale predisposizione genetica sembra essere una caratteristica tanto dei soggetti

fumatori quanto di quelli non fumatori. Gli studi di genetica effettuati su campioni di soggetti non fumatori,

poiché ancora limitati, devono ancora dare risultati di rilievo e, attualmente, l’unico fattore ereditario certo

per lo sviluppo di enfisema polmonare, sia nei fumatori (associazione più forte) che non, resta il deficit di

alfa1-antitripsina, forma peraltro rara che riguarda 1/5.000 casi circa.

Il fumo passivo è altrettanto importante in quanto è stato ormai stabilito che contiene numerosi fattori

irritanti e rappresenta l’esposizione al fumo per i soggetti non fumatori. I bambini che vivono con genitori

fumatori hanno una maggiore prevalenza di sviluppare sintomi e malattie respiratorie e alterazioni delle

prove di funzionalità respiratorie. Alcuni studi epidemiologici (AHSMOG e SAPALDIA, tra quelli con follow-

up più lungo), sebbene in numero limitato, documentano l’associazione tra fumo passivo e sviluppo di

BPCO.

Un altro fattore di rischio accertato, soprattutto per le donne, in particolare per quelle di alcuni paesi come

la Cina, è l’abitudine a usare le biomasse come combustibile, soprattutto se in piccoli ambienti. Non meno

importante è l’associazione tra BPCO e fattori come l’asma bronchiale di lunga data, l’esposizione a fumi e

irritanti nel posto di lavoro e la dieta povera di antiossidanti.

La BPCO, allo stato delle attuali conoscenze, viene pertanto indicata come una patologia multifattoriale, la

cui suscettibilità varia molto nel singolo individuo legandosi a una personale predisposizione genetica. Una

possibile rappresentazione di come possono agire i vari fattori viene proposto dalle linee guida GOLD (vedi

Figura 3).

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Progetto strategico mondiale per la diagnosi, trattamento

e prevenzione della BPCO:Fattori di rischio della BPCO

Figura 3. Possibile rappresentazione dei diversi fattori di rischio della BPCO

Prevalenza La BPCO è tradizionalmente considerata una malattia dei maschi over 50, sebbene oggi vi siano numerose

osservazioni scientifiche circa la presenza della malattia già in soggetti di età compresa tra 20 e 45 anni.

Nonostante sia prevalente nei maschi, la differenza di frequenza tra i sessi è sempre più sottile. Ciò si

spiega, probabilmente, non solo con l’aumento del tabagismo nelle donne, ma anche con una più

frequente associazione, nel sesso femminile, con alcuni fattori di rischio quali l’asma e la bronchite cronica,

come si evince dall’analisi dei questionari self reported.

Una stima esatta della prevalenza della malattia è tuttora non facilmente calcolabile a causa della variabilità

delle definizioni adottate nel tempo e dei diversi metodi di diagnosi utilizzati negli studi clinico-

epidemiologici. Infatti, studi di popolazioni e di metanalisi hanno chiaramente dimostrato che la prevalenza

varia notevolmente tra paese e paese e, a volte, anche all’interno dello stesso paese e che i dati che

provengono da aree geografiche che non sono l’Europa o il Nord America sono inaffidabili. Solo

recentemente linee guida e iniziative internazionali quali GOLD, BOLD e PLATINO hanno promosso una

metodologia standardizzata per la raccolta dei dati, permettendo una comparazione affidabile dei dati

provenienti da aree geografiche diverse.

Le stime di prevalenza per il continente americano (NHANES III e PLATINO) sono rispettivamente del 13,5%

per gli USA e dal 7,8 fino al 20% in Sud America nel gruppo di età superiore a 40 anni.

Secondo lo studio BOLD, studio di prevalenza della BPCO, la prevalenza media della BPCO, stimata sulla

base di esami funzionali in 12 aree prevalentemente urbane di tutti i continenti sommando i livelli di gravità

intermedia o elevata, è risultata pari a 10,1% (11,8 per i maschi e 8,5 per le donne), con un intervallo

compreso tra 5,9 e 19,1% fra le diverse are geografiche. Esposizione al fumo di sigaretta e età media delle

popolazioni studiate sono risultati essere esplicativi di queste differenze nella prevalenza. Gli autori stessi

hanno, però, sottolineato l'importanza di altri fattori locali, sia individuali sia di esposizione, nel

determinismo della variabilità di prevalenza osservata.

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In Italia non si dispone di dati attendibili di prevalenza della BPCO. L'ultima stima riportata dall'Istituto

Nazionale di Statistica si riferisce a una diagnosi di bronchite cronica o enfisema ed è pari a 4,5% per l'intera

popolazione, con una lieve minore frequenza nelle femmine rispetto ai maschi. Questa stima, che pone la

BPCO al sesto posto fra le malattie croniche presenti in Italia, tradotta in valore assoluto riguarda oltre

2.600.000 cittadini italiani. Questo numero esprime quasi certamente una sottostima delle dimensioni reali

della prevalenza della malattia, in analogia a quanto rilevato in altri paesi.

Viegi e coll. hanno condotto uno studio di prevalenza dei disturbi ostruttivi su un campione della

popolazione del Nord-Italia, utilizzando criteri clinici e quelli stabiliti dell’ERS nel 1995 e dall’ATS nel 1986.

In accordo ai criteri clinici, la prevalenza è risultata essere del 9,9% nei soggetti tra 25 e 45 anni e del 28,8%

in quelli al di sopra dei 45 anni. Risultati ancora diversi sono stati osservati in riferimento ai parametri ERS e

ATS. Considerando solo le forme moderate/gravi nei soggetti al di sopra dei 45 anni, la prevalenza è

risultata, con i tre diversi set di criteri, rispettivamente del 4,4, del 3,6 e del 5,2%. Anche dai dati ISTAT

emergono percentuali di prevalenza di bronchite cronica simili: 5,9% tra le donne e 7% tra gli uomini, con

valori che tendono ad aumentare notevolmente (18% dopo i 65 anni, 33% dopo i 75 anni) tra i maschi.

L’entità della sottodiagnosi della BPCO oscilla mediamente tra il 25 e il 50%.

Secondo le stime del WHO sono oltre 65 milioni nel mondo i soggetti con BPCO e di questi nel 2005 ne sono

morti più di 3 milioni, ovvero il 5% della mortalità considerata nella sua globalità. Circa il 90% avviene nei

paesi in via di sviluppo.

Le stime per il futuro sono tutt’altro che incoraggianti: in una proiezione al 2020, la BPCO si porta al terzo

posto, a livello mondiale, tra le principali cause di morte.

Nel Rapporto sullo stato di salute 2005-06 del Ministero della salute si evidenzia che:

1) il 50% dei decessi per cause respiratorie è attribuibile alla BPCO (ISTAT, Cause di Morte, 2002,

2005);

2) in generale i tassi di mortalità sono più elevati nel Sud rispetto al Nord del Paese e sono più elevati

nei maschi rispetto alle femmine e nella fascia di età al disopra dei 65 anni; nel 1996 la BPCO è stata

stimata l’ottava causa di disabilità negli uomini e la settima nelle donne

I dati sulla mortalità per BPCO in Italia sono influenzati dalla tendenza a indicare, in situazioni cliniche

spesso complesse, altre malattie come causa principale del decesso. Pur con questo limite, la BPCO si

situava al quarto posto fra tutte le cause di morte in Italia nel 2003, con un tasso di 6,9/10.000 abitanti.

Tale frequenza è diminuita in armonia con il decrescere della mortalità generale fra il 2003 e il 2006,

portandosi a un tasso annuale di 5,5/10.000 abitanti e mantenendosi al quarto posto fra le cause di morte.

Infine, i costi sociali sia diretti, per la diagnosi e cura della malattia, sia indiretti, dovuti alla perdita di

produttività misurata come giornate di lavoro perse che già al momento costituiscono un notevole peso per

la bilancia sanitaria, sono destinati ad aumentare come dimostrano tutti gli studi epidemiologici.

Nel 2003, Dal Negro e coll., attraverso una survey telefonica, stimarono una spesa media annuale

attribuibile ai costi diretti della BPCO di circa € 1.200 per paziente, dovuta essenzialmente ai costi di

ospedalizzazione. I costi indiretti risultarono inferiori a causa dell’età avanzata della popolazione

interessata dalla patologia. Più recentemente, lo studio multicentrico SIRIO (Social Impact of Respiratory

Integrated Outcomes) ha stimato un costo medio totale per paziente BPCO/anno di oltre 2.100 euro, quasi

per intero dovuto ai costi per ricoveri ospedalieri e per il trattamento farmacologico e l’ossigenoterapia

domiciliare a lungo termine. Questi sono costi perlopiù legati alle riacutizzazioni di malattia. Lo studio ICE

(Italian Costs for Exacerbations in COPD), 706 pazienti di 24 centri, ha documentato un costo medio

generale dei ricoveri ospedalieri per riacutizzazioni di BPCO di € 3.218.

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Le patologie respiratorie figurano al terzo posto tra le cause di assenza dal lavoro per malattia: tra queste,

la BPCO è responsabile del 56% per il sesso maschile e del 24% per quello femminile, con una stima di circa

10 milioni di giornate lavorative perse ogni anno.

Nel succitato Rapporto del Ministero della Salute, viene riportato che, anche utilizzando una stima

conservativa, alla BPCO viene attribuito almeno il 6% dell’intera spesa sanitaria italiana; la quota maggiore

è rappresentata dalle ospedalizzazioni.

Segni e sintomi Nella BPCO possono essere evidenziati tre distinti processi:

la bronchite cronica, caratterizzata da ipertrofia e iperplasia delle ghiandole delle vie aeree più

grandi che comporta tosse ed espettorazione;

la malattia delle piccole vie (infiammazione cronica con distorsione, fibrosi peribronchiale, quindi

ostruzione);

l’enfisema polmonare (riduzione della superficie alveolare e del ritorno elastico).

I segni e sintomi comprendono:

tosse, soprattutto mattutina, accompagnata da espettorazione di muco (catarro);

wheezing (respiro sibilante);

dispnea.

La tosse cronica è praticamente costante nei fumatori al di sopra dei 50 anni. È il primo sintomo a

manifestarsi e solitamente è evidente al mattino, in quanto si accumula muco durante la notte. Il paziente

tipicamente sente i bisogno di liberarsi al mattino appena sveglio e spesso riferisce che l’eventuale difficoltà

a liberarsi del muco condiziona in senso peggiorativo il proprio stato di salute. In generale, la quantità di

catarro non supera i 60 ml al giorno e il muco si presenta non troppo viscoso e di colore trasparente. Un

aumento della produzione del catarro e il viraggio del colore verso il colore giallo o verdastro è, quasi

sempre, il segno di una riacutizzazione batterica. La presenza costante di abbondanti secrezioni, purulente

e a volte chiazzate di sangue, possono indicare la presenza di bronchiectasie. L’emissione di sangue deve

sempre allarmare il paziente e indurlo a esami diagnostici più approfonditi per la maggiore frequenza delle

neoplasie polmonari nei soggetti con BPCO.

Il wheezing, detto anche respiro sibilante, corrisponde all’auscultazione polmonare di rumori cosiddetti

secchi: sibili, gemiti, ronchi auscultabili soprattutto in fase espiratoria.

La dispnea, ovvero la sensazione di “mancanza di fiato”, compare più precocemente nei soggetti fumatori,

circa 40 anni, mentre è più tardiva nei BPCO non fumatori, circa 50 anni. Inizialmente si evidenzia come

dispnea da sforzo e i pazienti, a volte, tendono a mascherarla con una riduzione delle attività fisiche. Poiché

è progressiva, con il tempo tende a manifestarsi anche a riposo limitando le normali attività quotidiane. La

sua genesi è multifattoriale, ma il fenomeno dell’iperinflazione dinamica e i conseguenti disturbi della

meccanica respiratoria hanno un ruolo preminente.

I succitati sintomi respiratori della BPCO purtroppo compaiono quando le alterazioni funzionali sono già in

uno stato avanzato, irreversibile e possono già essere quantificabili con la spirometria (esame ventilatorio)

(vedi Figura 4).

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Figura 4. Progressione dei sintomi della BPCO nel tempo

(da Falcone et al. Il volto delle BPCO che cambia, Quaderno 3)

Il grado di ostruzione non sempre correla con l’entità dei sintomi, ma il riscontro del deficit ostruttivo è

essenziale per la diagnosi e la rapida messa in atto dei presidi, terapeutici e non, utili a impedire il rapido

peggioramento della funzione ventilatoria, l’incremento dei sintomi e il rapido scadimento della qualità di

vita.

La disuassefazione al fumo è la prima misura da adottare. I sintomi si manifestano maggiormente nei

soggetti che continuano a fumare, palesandosi in maniera direttamente proporzionale ai pack/year fumati.

Il parametro pack/year, o indice tabagico, identifica il carico di tabacco che il soggetto ha utilizzato nel

corso della sua vita di fumatore. Il calcolo è semplice: il n° sigarette fumate al giorno viene moltiplicato per

gli anni di fumo e poi diviso per 20 (il contenuto di un pacchetto di sigarette).

I sintomi tendono a migliorare già nel corso del primo anno di astensione dal fumo, per ridursi

significativamente entro 5 anni, in particolare nei soggetti con VEMS (volume espiratorio massimale al

primo secondo) compreso tra 55 e 90% del predetto (con Indice di Tiffeneau <70%).

In fase avanzata di malattia, questi sintomi si associano spesso a manifestazioni cliniche extratoraciche che

documentano il passaggio della BPCO da malattia solo polmonare a patologia sistemica con insufficienza

cardiorespiratoria.

Sintomi e segni “sistemici” sono:

cuore: ipertrofia ventricolare destra (presente in 40% dei soggetti affetti da BPCO) fino al cuore

polmonare cronico e alla insufficienza ventricolare destra;

rene: insufficienza renale cronica;

sangue: aumento dell’ematocrito;

metabolismo: perdita di peso, malnutrizione, riduzione della massa muscolare;

osteoporosi e disfunzioni endocrine;

SNC: cefalea, nausea, alterazioni dei riflessi, tremori, ansia e depressione (in particolare tra i giovani

e nel sesso femminile).

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Comorbidità Si intende con questo termine la presenza di condizioni patologiche concomitanti alla BPCO, che

differiscono dai segni e sintomi sistemici, in quanto questi ultimi sono una diretta conseguenza della

malattia. Molto esplicativo l’esempio della patologia cardiaca ischemica come comorbidità, mentre il cuore

polmonare è una conseguenza sistemica. Le comorbidità hanno un notevole impatto sia sulla salute del

soggetto sia economico e sul numero dei ricoveri.

Le comorbidità della BPCO sono state classificate tradizionalmente in base all’approccio clinico-patologico

in:

respiratorie: asma, polmonite, embolia polmonare, ipertensione polmonare, fibrosi polmonare

idiopatica, apnea ostruttiva nel sonno e cancro del polmone;

cardiovascolari: cardiopatie ischemica, aritmie, insufficienza cardiaca congestizia, ictus e

ipertensione;

metaboliche: sindrome metabolica, diabete, ipertensione, dislipidemia, osteoporosi e disfunzione

muscolo-scheletrica;

neoplasie maligne: cancro del polmone, cancro dell’esofago e della mammella;

psichiatriche: depressione, ansia e insonnia;

varie: insufficienza renale, malattia da reflusso gastro-esofageo/ulcera peptica e disfunzione

erettile.

Riacutizzazioni La storia naturale della BPCO non è lineare, ma segnata da eventi di acuzie della malattia, appunto definiti

“riacutizzazioni”, che secondo la definizione GOLD identifica un “un prolungato peggioramento delle

condizioni del paziente rispetto allo stato stabile e oltre le normali variazioni giornaliere, che insorge

acutamente e richiede una modificazione del trattamento in un paziente affetto da BPCO”.

Questi eventi, che richiedono l’intensificazione del trattamento o l’ospedalizzazione, rivestono un ruolo

importante nella storia della malattia, in quanto contribuiscono a determinare l’aumento della morbilità e

della mortalità e a ridurre la qualità della vita del paziente.

I sintomi di solito riportati dal paziente sono un peggioramento del respiro, tosse, aumento dell’escreato e

cambiamenti nel colore dell’escreato (vedi Tabella 2).

Tabella 2. Descrizione clinica della BPCO riacutizzata

Categoria di segni Descrizione

Respiratori Aumento della dispnea Aumento del volume e della purulenza dell’espettorato Aumento della tosse Respiro frequente e superficiale

Sistemici Febbre Tachicardia Disturbi neurologici

(Da Progetto ASCO)

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Le riacutizzazioni sono molto spesso dovute a infezioni e in minor misura agli inquinanti. In Tabella 3

vengono riportati gli agenti infettanti più frequenti.

Tabella 3. Agenti infettanti più frequentemente responsabili di riacutizzazioni

Batteri

Haemophilus influenzae

Moraxella catarrhalis

Streptococcus pneumoniae

Pseudomonas aeruginosa

Staphylococcus aureus

Chlamydia pneumoniae

Virus

Rhinovirus

Coronavirus

Virus influenzali

Virus parinfluenzali

Adenovirus

virus respiratorio sinciziale

In un terzo dei casi non si riesce a identificare la causa. Alcune patologie, inoltre, possono simulare una

riacutizzazione e talvolta complicarla: la polmonite, lo scompenso cardiaco congestizio, il pneumotorace, i

versamenti pleurici, l’embolia polmonare e le aritmie cardiache. I pazienti fumatori presentano un maggior

numero di riacutizzazioni rispetto ai non fumatori. Il riscontro di una riacutizzazione apre un processo di

attenta valutazione del paziente in quanto, in alcuni casi, è da considerare anche il ricovero ospedaliero. La

decisione del luogo e del tipo di trattamento passa attraverso un processo diagnostico che comprende la

clinica, l’esame dell’espettorato, l’esame radiologico e le prove di funzionalità respiratoria nonché la

valutazione dei gas ematici, processo utile anche ai fini della diagnosi differenziale e dell’identificazione

della causa. La terapia prevede l’uso di antibiotici, broncodilatatori e steroidi anche per via sistemica, fino

all’uso di ossigeno e ventilazione meccanica.

Diagnosi La BPCO, come si è già detto, una patologia largamente sottodiagnosticata. Esplicativo di questa

affermazione è il grafico di Soriano (Lancet 2009) riportato in Figura 5.

Figura 5. Rapporto tra BPCO diagnosticata e non diagnosticata in diversi paesi

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La malattia va sempre sospettata nei soggetti con le caratteristiche che sono descritte nelle linee guida

GOLD (vedi Figura 6). In tutti questi va effettuato un esame spirometrico.

© 2015 Global Initiative for Chronic Obstructive Lung Disease Figura 6. Caratteristiche per sospettare una BPCO

Come si può notare, la spirometria deve diagnosticare una limitazione persistente al flusso aereo. Per

questo motivo non è decisivo il riscontro di un’ostruzione (riduzione dell’Indice di Tiffeneau: VEMS/CVF,

capacità vitale forzata), ma che questa sia ancora presente dopo che lo stesso soggetto sia stato sottoposto

a un test di reversibilità farmacologica, utilizzando un broncodilatatore a rapida azione come il salbutamolo

(vedi Figura 7).

© 2015 Global Initiative for Chronic Obstructive Lung Disease

L’esame spirometrico va eseguito dopo una dose adeguata di un broncodilatatore a breve durata

d’azione per a ridurre la variabilità del test

la presenza di un VEMS/CVF < 0.70 dopo broncodilatatore conferma la persistente ostruzione

bronchiale

Ove possibile, i valori spirometrici misurati vanno comparati coi valori normali età-correlati al fine di

evitare sovra-diagnosi negli anziani

Progetto strategico mondiale per la diagnosi, trattamento e

prevenzione della BPCO:

Valutazione dell’ostruzione bronchiale: spirometria

Figura 7. Valutazione dell’ostruzione bronchiale tramite spirometria

Di seguito (vedi Figura 8) viene riportata la classificazione di gravità della BPCO secondo il criterio

spirometrico.

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© 2015 Global Initiative for Chronic Obstructive Lung Disease Figura 8. Classificazione di gravità della BPCO secondo il criterio spirometrico

Nei soggetti con grave limitazione al flusso, il tempo di svuotamento dei polmoni è superiore a quello

disponibile per cui l’inspirazione comincia prima del raggiungimento del normale volume di fine espirazione

(air trapping). Ciò comporta una iperinsufflazione polmonare, con aumento del Volume Residuo che porta a

una riduzione della Capacità Inspiratoria. Questo fenomeno è non significativo in caso di BPCO stabile, ma

diventa molto evidente nel corso di esercizio fisico (iperinflazione dinamica), nel caso di gravi ostruzioni e di

riacutizzazione.

L’iperinflazione è la causa della scarsa tolleranza all’esercizio fisico di questi pazienti e costituisce la base

fisiopatologica dell’utilizzo dei broncodilatatori (vedi Figura 9).

Figura 9. Meccanismo della dispnea

Altre indagini diagnostiche sono:

radiografia del torace: raramente diagnostica ma utile per escludere altre malattie e valutare la

presenza di eventuali comorbidità;

capacità di diffusione: aiuta a valutare la gravità (non è essenziale per la gestione del paziente);

saturimetria e/o gas arteriosi: la pulsossimetria è utile per misurare il grado di saturazione di

ossigeno del sangue arterioso e identificare la necessità di ossigeno-terapia;

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valutazione di un deficit di alfa-1-antitripsina: va fatta in pazienti di origine caucasica che

sviluppino BPCO al di sotto dei 45 anni di età e che hanno forte familiarità per BPCO;

test da sforzo: misure obiettive della ridotta tolleranza allo sforzo, sia mediante la semplice misura

della distanza percorsa al proprio passo in sei minuti (6 Minute Walking Test, 6MWT) o nel corso di

sforzi crescenti eseguiti in laboratorio, costituiscono indici importanti di misura indiretta dello stato

di salute e della prognosi.

Gravità di malattia e guida al trattamento Attualmente, la determinazione della gravità della malattia, del suo impatto sullo stato di salute del

paziente e il rischio di riacutizzazioni future per guidare la scelta del trattamento viene espresso

dall’integrazione delle seguenti caratteristiche della malattia che vanno valutate singolarmente (vedi Figura

10):

gravità dei sintomi in atto;

severità dell’alterazione spirometrica;

frequenza delle riacutizzazioni;

presenza di comorbidità.

© 2015 Global Initiative for Chronic Obstructive Lung Disease

Paziente Caratteristiche Classificazione

Spirometrica

Riacutizzazioni/

anno

CAT mMRC

ABasso rischio

Sintomi lieviGOLD 1-2 ≤ 1 < 10 0-1

BBasso rischio

Sintomi graviGOLD 1-2 ≤ 1 ≥ 10 > 2

CAlto rischio

Sintomi lieviGOLD 3-4 > 2 < 10 0-1

DAlto Rischio

Sintomi graviGOLD 3-4 > 2 ≥ 10 > 2

Nel valutare il rischio, tenere in considerazione il valore

più alto fra stadio GOLD o storia di riacutizzazioni. Una o

più ospedalizzazioni per riacutizzazioni di BPCO

dovrebbe essere considerata a alto rischio

Progetto strategico mondiale per la diagnosi,

trattamento e prevenzione della BPCO:

Valutazione combinata della

gravità della BPCO

Figura 10. Valutazione combinata della gravità di BPCO

Viene a delinearsi un quadro in cui i pazienti vengono assegnati a uno dei 4 gruppi individuati (A, B, C o D).

Come si può notare in alto a sinistra, i gruppi del quadrante basso (A e B) esprimono un basso rischio,

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laddove i quadranti superiori uno alto. Nella suddivisione in quadranti di destra e sinistra viene invece

indicata la gravità dei sintomi.

Raccomandazioni BPCO stabile

Accertamento diagnostico

Cessazione dal fumo

Stili di vita 1. corretta alimentazione e controllo del peso 2. attività fisica 3. socializzazone

Scelta terapeutica appropriata

Smettere di fumare, come più volte affermato, è la misura che ha la maggiore possibilità di modificare la

storia naturale della BPCO. Un counseling offerto dal medico o da operatori sanitari, anche breve (ad es., 3

minuti), contribuisce ad aumentare in maniera significativa i tassi di cessazione del fumo. Sia la terapia con

sostituti della nicotina (gomme da masticare, spray inalatori o nasali, cerotti, compresse sublinguali,

pastiglie) sia l’uso di farmaci quali la vareniclina, il bupropione e la nortriptilina aumentano sensibilmente la

durata di astinenza dal fumo. In tutti i pazienti affetti da BPCO l’attività fisica risulta benefica e va

ripetutamente incoraggiata.

I broncodilatatori costituiscono i farmaci di prima scelta per il trattamento sintomatico della BPCO. I

farmaci broncodilatatori a lunga durata d’azione sono più semplici da usare e più efficaci rispetto a quelli a

breve durata d’azione. Riducono le riacutizzazioni e le conseguenti ospedalizzazioni, riducono i sintomi e

migliorano la qualità della vita. Sono usati spesso in associazione in quanto, sfruttando diversi meccanismi

d’azione, risultano più efficaci con minori effetti collaterali. L’aggiunta di un trattamento regolare con

steroidi inalatori migliora i sintomi, la funzionalità respiratoria e la qualità di vita e riduce la frequenza di

riacutizzazioni, ma aumenta il rischio di polmonite, per cui è indicato in pazienti con un VEMS inferiore al

60% del teorico. Il trattamento regolare con steroidi per via sistemica va, invece, sempre evitato. In pazienti

selezionati (BPCO grave e molto grave = GOLD 3 e 4 e una storia di frequenti riacutizzazioni), l’inibitore della

fosfodiesterasi-4 roflumilast è in grado di ridurre le riacutizzazioni che richiedono un trattamento con

steroidi sistemici.

Tabella 4. Principali farmaci usati nel trattamento della BPCO

Beta2-agonisti - Beta2-agonisti a breve durata d’azione - Beta2-agonisti a lunga durata d’azione

Anticolinergici - Anticolinergici a breve durata d’azione - Anticolinergici a lunga durata d’azione

Combinazione di beta2-agonisti a breve durata d’azione + anticolinergici nello stesso inalatore

Combinazione di beta2-agonisti a lunga durata d’azione + anticolinergici nello stesso inalatore

Metilxantine

Steroidi inalatori

Combinazione di beta2-agonisti a lunga durata d’azione + steroidi inalatori nello stesso inalatore

Steroidi sistemici

Inibitori delle fosfodiesterasi 4

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Di seguito (vedi Tabella 5) si riportano le raccomandazioni GOLD per il trattamento della BPCO non

in riacutizzazione (stabile) a seconda del gruppo di gravità a cui viene assegnato il paziente.

Tabella 5. Raccomandazioni GOLD per il trattamento della BPCO stabile

Gruppo di pazienti Rischio di riacutizzazioni

Sintomi Prima scelta Terapia alternativa

A Basso Lievi SAMA prn o SABA prn

LAMA o LABA o SAMA+SABA

B Basso Gravi LAMA o LABA LAMA+LABA

C Alto Lievi ICS+LABA o LAMA LAMA+LABA o LAMA+PDE4-i o LABA+PDE4-i

D Alto Gravi ICS+LABA e/o LAMA

ICS+LAMA+LABA o ICS+LABA+PDR4-i o LABA+LAMA o LAMA+PDE4-i

ICS: Inhaled CorticoSteroids, corticosteroidi inalatori; LABA: Long Acting Beta Agonists, beta2-agonisti a

lunga durata; LAMA: Long Acting Muscarinic Antagonists, anticolinergici a lunga durata; PDE4-i:

PhosphoDiEsterase4 inhibitors, inibitori delle fosfodiesterasi 4; prn: pro re nata, al bisogno; SABA: Short

Acting Beta-Agonists, beta2-agonisti a breve durata; SAMA: Short Acting Muscarinic Antagonists,

Anticolinergici a breve durata.

Asma Bronchiale

Definizione È una malattia eterogenea, caratterizzata da infiammazione cronica e iperresponsività delle vie aeree e

causa episodi ricorrenti di respiro sibilante (wheezing), dispnea, sensazione di costrizione toracica e tosse

che possono variare nel tempo per comparsa, frequenza e intensità. I sintomi si associano a

broncocostrizione, reversibile spontaneamente o dopo terapia, e possono essere scatenati o peggiorati da

fattori come infezioni virali, allergeni, fumo di tabacco, esercizio fisico e stress. L’infiammazione, in

particolare nel tipo allergico, interessa tutte le vie aeree e si associa a un processo di alterazione strutturale

della parete bronchiale che prende il nome di rimodellamento. Nel caso di asma allergica, il paziente

presenta un’altra caratteristica, l’atopia, il fattore più conosciuto e importante per lo sviluppo dell’asma.

Per iperresponsività delle vie aeree, o iperreattività, si intende un’abnorme reazione broncostenotica a

stimoli che sono innocui per i soggetti sani. Essa è espressione del rimodellamento delle vie aeree.

Epidemiologia L’asma è un malattia cronica comune e potenzialmente grave, che può essere controllata ma non curata. Si

ritiene che ne soffrano non meno di 300 milioni di persone nel mondo e ai quali si aggiungeranno altri 100

milioni nel 2025. La maggiore prevalenza si registra spesso al di sotto degli 8 anni, con un secondo picco

nell’età adulta sopra i 50 anni. È più frequente nei maschi in età pediatrica e nelle donne in età adulta.

I più recenti studi epidemiologici sono l’ISAAC (International Study of Asthma and Allergies in Childhood) e

l’ECRHS (European Community Respiratory Health Survey).

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Lo studio ISAAC è stato eseguito in 66 centri di 37 paesi per la fascia di età 6-7 anni e in 106 centri di 56

paesi per la fascia di età 13-14 anni. Complessivamente hanno partecipato alla ricerca 193.404 bambini di

6-7 anni e 304.679 di 13-14 anni. L’obiettivo era stabilire la prevalenza di asma, rinocongiuntivite allergica e

eczema nel 2002 e confrontare questi dati con quelli risultati da una analoga rilevazione realizzata nel

1995.

Lo studio ECRHS ha riguardato 140.000 adulti in 22 Paesi europei di età compresa tra 20 e 44 anni. Questi

studi hanno mostrato una prevalenza di asma compresa tra il 10 e il 15% nei bambini e superiore al 5-10%

negli adulti. I tassi più elevati si sono riscontrati nei paesi occidentali, soprattutto tra le popolazioni di

origine anglosassone (vedi Tabella 6).

Tabella 6. Prevalenza di asma clinica nel mondo

Scozia 18,4 Costa d’Avorio 7,8 Italia 4,5

Jersey 17,6 Colombia 7,4 Oman 4,5

Guernsey 17,5 Turchia 7,4 Pakistan 4,3

Galles 16,8 Libano 7,2 Tunisia 4,3

Isole di Man 16,7 Kenia 7,0 Capo Verde 4,2

Inghilterra 15,3 Germania 6,9 Lettonia 4,2

Nuova Zelanda 15,1 Francia 6,8 Polonia 4,1

Australia 14,7 Norvegia 6,8 Algeria 3,9

EIRE 14,6 Giappone 6,7 Corea del Sud 3,9

Canada 14,1 Svezia 6,5 Bangladesh 3,8

Perù 13,0 Tailandia 6,5 Marocco 3,8

Trinidad e Tobago 12,6 Hong Kong 6,2 Territori occupati di Palestina

3,6

Costa Rica 11,9 Filippine 6,2 Messico 3,3

Brasile 11,4 Emirati Arabi Uniti 6,2 Etiopia 3,1

USA 10,9 Belgio 6,0 Danimarca 3,0

Fiji 10,5 Austria 5,8 India 3,0

Paraguay 9,7 Spagna 5,7 Taiwan 2,6

Uruguay 9,5 Arabia Saudita 5,6 Cipro 2,4

Israele 9,0 Argentina 5,5 Svizzera 2,3

Barbados 8,9 Iran 5,5 Russia 2,2

Panama 8,8 Estonia 5,4 Cina 2,1

Kuwait 8,5 Nigeria 5,4 Grecia 1,9

Ucraina 8,3 Cile 5,1 Georgia 1,8

Ecuador 8,2 Singapore 4,9 Nepal 1,5

Sud Africa 8,1 Malesia 4,8 Romania 1,5

Repubblica Ceca 8,0 Portogallo 4,8 Albania 1,3

Finlandia 8,0 Uzbekistan 4,6 Indonesia 1,1

Malta 8,0 Repubblica di Macedonia

4,5 Macau 0,7

In Italia la prevalenza si attesta al 3,5% negli adulti e al 10% per i bambini tra i 5 e 14 anni. La mortalità è in

diminuzione nei paesi occidentali grazie all’introduzione degli steroidi nel trattamento e alla maggiore

possibilità di accedere al servizio sanitario. È ancora un problema sanitario importante nei paesi in via di

sviluppo. La stima a livello mondiale è di circa 250.000 morti all’anno. In Italia, circa un decennio fa, si

attestava tra 1.000 e 1.500 all’anno.

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I costi della malattia, invece, sono elevati. In Italia l’asma consuma circa il 2% della spesa sanitaria totale. I

costi diretti rappresentano il 50% della spesa e sono particolarmente alti in quel 20% di pazienti affetti da

asma grave che consumano l’80% delle risorse destinate all’asma.

Eziologia L’asma è una malattia multifattoriale che risulta dall’interazione di fattori di rischio individuali o endogeni, e

fattori di tipo ambientali. I primi predispongono allo sviluppo della malattia, mentre quelli ambientali

facilitano l’insorgenza della malattia e scatenano i sintomi e le riacutizzazioni (vedi Tabella 7).

Tabella 7. Fattori di rischio per insorgenza di asma

Individuali Ambientali Predisposizione genetica Atopia Iperreattività bronchiale

Allergeni Sensibilizzanti professionali Fumo di tabacco Inquinamento atmosferico Infezioni delle vie aeree

Minori Minori

Sesso Etnia Obesità

Fattori socio-economici Dimensioni del nucleo familiare Abitudini alimentari e farmaci Vita prevalente in ambienti interni Stress e fattori psicosociali

L’atopia è la predisposizione individuale a produrre grandi quantità di IgE in risposta agli antigeni ambientali

che innescano una reazione immunologica. I soggetti affetti, che hanno una storia sia personale sia

familiare di rinite, orticaria, eczema, hanno un rischio molto più elevato di sviluppo dell’asma. In questo

caso l’asma viene definita asma allergica o estrinseca, al contrario di quella in cui non è identificabile un

responsabile della malattia e che viene definito asma intrinseca. I soggetti con atopia che diventano

sensibili agli allergeni nei primi tre anni di vita spesso diventano asmatici, laddove quelli che si

sensibilizzano dopo i 10 anni hanno un rischio di asma quasi pari ai bambini non sensibilizzati. L’asma e

l’atopia possono essere ereditati insieme, eventualità che aumenta significativamente il rischio di asma, o

indipendentemente l’uno dall’altra.

Un altro fattore endogeno cruciale è rappresentato dall’iperreattività bronchiale, anche esso in parte

ereditabile. Si associa alla tendenza a produrre elevate quantità sieriche di IgE. Tra i fattori ambientali più

importanti è la presenza di allergeni e tra le principali fonti di allergeni domestici si annoverano i derivati

degli acari della polvere e il pelo di animali domestici come cani, gatti, coniglio e criceti; seguono gli

scarafaggi e i miceti. Le specie più diffuse di acari sono i Dermatophagoides pteronyssinus e farinae che

infestano materassi, cuscini, tappeti e tessuti da arredamento, peluche. Si nutrono di epidermide esfoliata e

sono favoriti nella crescita da una temperatura compresa tra i 15 e i 30 °C a da umidità relativa tra 60 e

80%. Nell’ambiente esterno prevalgono i pollini. Tra i più comuni abbiamo le Graminacee, le Composite e le

Urticacee, come la Parietaria. Un categoria particolare di allergeni sono i sensibilizzanti di natura

professionale, come gli isocianati, i sali di platino e altri (se contano oltre 300), che vengono utilizzati in

alcuni settori industriali e dell’agricoltura. Più esposti sono i verniciatori, i lavoratori di materiali plastici e gli

addetti alle pulizie. Gli inquinanti ambientali agiscono favorendo l’effetto di altri agenti, come gli allergeni e

le sostanze professionali. Importanti cofattori per l’insorgenza di asma sono il fumo attivo e passivo e le

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infezioni delle vie respiratorie, sia virali sia batteriche, soprattutto se riscontrate frequentemente e in

giovane età.

Tra i fattori scatenanti sono ancora da menzionare alcuni farmaci, in primis i FANS come l’acido

acetilsalicilico e i beta-bloccanti, l’esercizio fisico, le emozioni intense e la malattia da reflusso

gastroesofageo.

Patogenesi Gli elementi patogenetici di fondo dell’asma sono la disfunzione della muscolatura liscia e l’infiammazione

cronica con rimodellamento delle vie aeree. Queste sono il risultato di una complessa interazione tra cellule

infiammatorie e strutturali che cooperano alla realizzazione dei processi infiammatori e di remodeling. Il

pattern infiammatorio in pratica è simile sia nell’asma allergica sia non, sebbene sia più conosciuta e

studiata la reazione immunoallergica.

La cascata infiammatoria inizia quando un antigene di varia natura viene processato dalle cellule

presentanti l’antigene (APC – Antigen Presentino Cell) e presentate a un linfocita T che prolifera. Le APC

sono in grado di indirizzare la maturazione della cellula T in senso Th1, che produce IFN gamma e

interleuchina 12 (IL-12), o Th2, che produce IL-4,5,13. Le risposte allergiche sono di tipo Th2. Queste,

attraverso la produzione di citochine come la IL-4 e IL-13, inducono il linfociti B a produrre IgE, che si legano

alla superficie cellulare di mastociti e basofili causando la produzione/liberazione di mediatori che

promuovono il fenotipo asmatico. Quando questo individuo, ormai sensibilizzato, viene a contatto

nuovamente con l’antigene, vengono rapidamente liberati dalle cellule succitate istamina, prostaglandine e

leucotrieni responsabili dell’edema, dell’ipersecrezione e della broncostruzione della reazione asmatica

precoce. A seguito di questa, vengono liberate altre citochine (IL-4,5,8,13, Tumor necrosis factor) che sono

capaci di reclutare cellule infiammatorie, soprattutto eosinofili, che accorrono nel sito di infiammazione

segnando il passaggio alla reazione asmatica tardiva. Gli eosinofili sono le cellule più implicate nella genesi

delle alterazioni strutturali attraverso il rilascio di potenti agenti infiammatori come la Proteina cationica e

la Proteina basica maggiore. Anche le cellule strutturali, come si è detto, quali epitelio delle vie aeree,

cellule della muscolatura liscia e endoteliali, contribuiscono alla cronicizzazione e all’amplificazione

dell’infiammazione attraverso produzione e rilascio di citochine.

Fisiopatologia Nel loro insieme, le modificazioni indotte dall’infiammazione si traducono in diffuso restringimento delle

vie aeree e nell’aumento dell’iperreattività. Questo fenomeno riguarda l’intero albero bronchiale, ma è

massimo nei bronchi piccoli, di 2-5 mm. Esso è sostenuto dalla contrazione della muscolatura liscia

bronchiale, dall’edema delle vie aeree, dall’ispessimento delle stesse e dalla ipersecrezione di muco.

Schematicamente il succedersi di eventi che avviene nell’attacco di asma è il seguente: broncostruzione con

riduzione del flusso di aria; per compensare il paziente tende a ventilare a volumi più elevati ma di fronte

alla riduzione del passaggio di aria, evidente in fase espiratoria, aumenta il volume residuo e compare

iperinflazione polmonare e aumento del lavoro respiratorio. Ciò induce anche una ineguale distribuzione

della ventilazione negli alveoli con alterazione della diffusione alveolo-capillare (scambi gassosi) con

ipossiemia e ipocapnia (riduzione di CO2) da iperventilazione. Ovviamente questi quadri diventano

particolarmente gravi nelle crisi asmatiche protratte o nei casi di asma di difficile trattamento e nello stato

di male asmatico.

Clinica Le manifestazioni cliniche dell’asma variano molto in termini di intensità e di dinamica temporale, sia tra

diversi soggetti sia nello stesso soggetto in momenti diversi. I sintomi tipici sono la dispnea, il respiro

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sibilante, la tosse e il senso di costrizione toracica. Possono presentarsi singolarmente o associati e in

maniera variabile per intensità, durata e rapidità di insorgenza, in maniera episodica e soprattutto durante

la notte o al mattino. Le crisi possono infatti durare da pochi minuti fino ad ore. Lo spettro di gravità è

molto ampio.

Diagnosi Tabella 8. La diagnosi di asma

Anamnesi

Esame obiettivo

Prove di funzionalità respiratoria

Spirometria

Test di reversibilità

Test di provocazione bronchiale aspecifico

Indagini per identificare i fattori di rischio Indagini allergologiche (prick test, Prist e Rast) Visite otorinolaringoiatrica e gastroenterologica

Altre:

Diagnosi differenziale asma/BPCO (test di diffusione alveolo-capillare)

Biomarcatori (espettorato indotto, ossido nitrico)

Nell’anamnesi è molto importante indagare il tipo e la gravità di sintomi, la modalità di comparsa

(progressiva o rapida), la stagionalità, il luogo (aperto o casa o posto di lavoro), la durata, la frequenza,

eventuale relazione con fattori scatenanti, orario (se di notte o di giorno). Si completa con la ricerca di

patologie associate come la rinite, la sinusite e il reflusso gastroesofageo (vedi Tabella 8).

L’esame obiettivo può essere del tutto normale tra una crisi e un’altra. Caratteristici dell’auscultazione sono

rumori secchi, fischi e sibili prevalentemente espiratori.

La spirometria è indispensabile per la diagnosi, la valutazione del grado di gravità e il monitoraggio

dell’asma. Le prove di funzionalità respiratoria forniscono una valutazione diretta della limitazione al flusso

di aria, il grado di ostruzione e la sua reversibilità. Il deficit ventilatorio ostruttivo è contrassegnato da un

Volume Espiratorio Massimo nel 1° Secondo (VEMS) ridotto in presenza di una Capacità Vitale Forzata (CVF)

normale o di poco ridotta con relativa diminuzione del rapporto VEMS/CVF (indice di Tiffeneau) (vedi

Modulo 2). Il termine reversibilità si riferisce a una aumento significativo del VEMS (> 12%), rispetto al

valore basale, registrato dopo che al soggetto ostruito siano stati somministrati 4 puff di salbutamolo, un

beta2-agonista a rapida azione.

Nei pazienti con anamnesi e sintomi suggestivi di asma bronchiale, ma con normale funzione polmonare, è

indicata l’esecuzione di un test di reattività bronchiale aspecifico. Il test alla metacolina è ampiamente

diffuso. La prova consiste nella registrazione delle modificazioni del VEMS dopo inalazione di dosi crescenti

di metacolina, fino al raggiungimento di una deflessione del valore di VEMS uguale o > 20% rispetto al

valore iniziale ottenuto dopo inalazione di una soluzione tampone. Il grado di reattività viene espresso in

termini di PD20 VEMS, che è la dose cumulativa di metacolina che ha provocato al caduta del VEMS del

20%. Se la PD20 > 1600 microgrammi il soggetto è normoresponsivo, tra 800 e 1600 ha una iperresponsività

di grado lieve, tra 200 e 800 è di grado moderato e di grado severo se la PD20 < 200.

La figura 11 riporta le raccomandazioni GINA per la diagnosi di asma bronchiale.

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Sintomi: tosse, sibili, dispnea,

intolleranza allo sforzo

Spirometria

Sindrome ostruttiva?

Test di reversibilità

Ostruzione

reversibile?

Test di

broncostimolazione

Iperreattività

bronchiale?

Sospetto clinico

di Asma

si

no

si

siTrattamento ex

adiuvantibus 4-6

settimane

no

Diagnosi di

Asma

Diagnosi

alternative

all’Asma

no

nosi

Diagnosi

alternative

all’Asma

© 2013 PROGETTO LIBRA •

www.ginasma.it

Figura 11. Raccomandazioni GINA per la diagnosi di asma bronchiale

L’infiammazione nell’asma può anche essere valutata in modo non invasivo, esaminando l’espettorato che,

quando non spontaneo, viene indotto facendo inalare una soluzione ipertonica. L’analisi dell’espettorato

fornisce informazioni sia sulle cellule coinvolte sia su citochine e mediatori della flogosi. Nei pazienti

asmatici che non sono in trattamento con steroidi risultano aumentati i livelli di ossido nitrico esalato

(FeNO), sebbene ciò sia riscontrabile anche nella rinite allergica. Infine, i test cutanei (prick test)

rappresentano il principale strumento diagnostico dello stato allergico. Sono semplici da eseguire, di rapida

esecuzione e molto sensibili.

Classificazione di gravità Il livello di gravità dell’asma va stabilito inizialmente perché è su di esso che si basa l’impostazione del

trattamento più appropriato. Il livello di classificazione non deve considerarsi statico. Infatti, la gravità

dell’asma può variare considerevolmente nel tempo e non è raro il riscontro del passaggio da un livello a un

altro, ovviamente anche più basso di quello iniziale (vedi Figura 12).

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Sintomi Sintomi notturni FEV1 o PEF

Step 4

Grave

Persistente

Continui

Attività fisica limitataFrequenti

FEV1 60% predetto

Variabilità PEF> 30%

Step 3

Moderato

Persistente

Quotidiani

Attacchi che limitano

l’attività

> 1 volta/settimanaFEV1 60-80 % predetto

Variabilità PEF> 30%

Step 2

Lieve

Persistente

> 1 volta/settimana

ma < 1 volta / giorno> 2 volte al mese

FEV1 ≥ 80 % predetto

Variabilità PEF 20-30%

Step 1

Intermittente< 1 volta/settimana ≤ 2 volte al mese

FEV1 ≥ 80 % predetto

Variabilità PEF < 20%

Classificazione di gravità prima dell’inizio del trattamento

La presenza di almeno uno dei criteri di gravità è sufficiente per classificare un paziente in un determinato livello di gravità

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Caratteristiche cliniche in assenza di terapia

Figura 12. Classificazione di gravità dell’asma prima dell’inizio del trattamento

Al contrario, nei soggetti in trattamento è più importante valutare il controllo indipendentemente dalla

gravità iniziale. Per controllo si intende il raggiungimento di uno stato di salute nel quale le manifestazioni

cliniche e fisiopatologiche della malattia sono assenti o ridotte al minimo. Idealmente questo dovrebbe

riguardare anche gli indici di infiammazione. Molta importanza è data alle riacutizzazioni. In base ai risultati

che si ottengono, come si può notare nella seguente tabella 9, l’asma si può definire come controllata,

parzialmente controllata e non controllata.

Tabella 9. Livelli di controllo dell’asma

Caratteristiche Controllato Parzialmente

controllato

Non controllato

Sintomi giornalieri Nessuno

(<2/settimana)

>2/settimana

3 o più aspetti presenti

nell’asma parzialmente

controllato

Limitazione delle attività Nessuna Qualche

Sintomi notturni/risvegli Nessuno Qualche

Necessità di farmaco al

bisogno

Nessuna

(<2/settimana)

>2/settimana

Funzione polmonare (PEF

o FEV1) §

Normale <80% del predetto o del

personal best (se noto)

Riacutizzazioni Nessuna 1 o più per anno * 1 in qualsiasi

settimana$

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* Qualsiasi riacutizzazione dovrebbe essere prontamente seguita da una revisione del trattamento di

mantenimento per assicurarsi che esso sia adeguato

$ Per definizione, 1 riacutizzazione in una qualsiasi delle settimane di monitoraggio rende l’intera settimana

non controllata

§ La funzione polmonare è valutabile solo in individui con età superiore a 5 anni

Tratto da: Progetto Libra 2013

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Terapia dell’asma Il trattamento dell’asma inizia con la prevenzione. In tal senso assume grande rilevanza l’educazione

sanitaria del paziente e della famiglia. La riduzione o, quando possibile, l’abolizione dell’esposizione a

fattori di rischio (quali allergeni, infezioni virali, inquinanti, farmaci), migliora il controllo dell’asma, previene

le riacutizzazioni e diminuisce la necessità di trattamento farmacologico. La precoce identificazione di

sensibilizzanti occupazionali e l’evitare ulteriori esposizioni nei soggetti sensibilizzati sono importanti

misure della gestione dell’asma occupazionale. Importanti azioni preventive sono la ridotta esposizione al

fumo e agli inquinanti ambientali, il trattamento delle comorbidità (rinosinusite e reflusso gastroesofageo)

e la riduzione di peso nei soggetti obesi. Tra tutte queste misure, evitare l’esposizione al fumo di sigaretta,

sia in utero sia dopo la nascita, rappresenta l’unico intervento preventivo di dimostrata efficacia.

Gli obiettivi della terapia farmacologica sono rappresentati dal controllo adeguato della sintomatologia, dal

mantenimento della funzione polmonare il più vicino possibile nella norma e dalla prevenzione delle

riacutizzazioni. I farmaci si distinguono in farmaci che operano il controllo della malattia (controller) da

quelli che rapidamente alleviano i sintomi (reliever) (vedi Tabella 10).

Tabella 10. Terapia farmacologica dell’asma bronchiale

Farmaci per il controllo dell’asma Farmaci per il sollievo dei sintomi

Corticosteroidi inalatori (CSI) Beta2-agonisti inalatori a rapida azione

CSI + Beta2-agonisti a lunga durata d’azione Corticosteroidi sistemici

Antagonisti recettoriali dei leucotrieni Anticolinergici a breve durata d’azione

In casi selezionati:

Anti-IgE (omalizumab)

Corticosteroidi sistemici

Metilxantine a lento rilascio

Cromoni

I primi vengono somministrati quotidianamente anche per periodi prolungati, ai fini di spegnere

l’infiammazione e raggiungere il controllo dell’asma. I secondi vengono perlopiù utilizzati al bisogno per

risolvere rapidamente la broncocostrizione (salbutamolo, fenoterolo). Come si è detto, gli schemi

terapeutici si differenziano a seconda del livello di gravità dell’asma, mentre nelle fasi successive

l’approccio è di tipo scalare (step wise): è possibile diminuire o aumentare il trattamento farmacologico in

base al controllo della malattia (vedi Tabella 11).

Tabella 11. Approccio progressivo alla terapia dell’asma nell’adulto

Step 1 Step 2 Step 3 Step 4 Step 5

Scegliere uno: Scegliere uno: Aggiungere uno o più:

Aggiungere in progressione

Opzione principale

Beta2-agonisti a rapida azione al

CSI a basse dosi CSI a basse dosi + LABA

CSI a medie dosi + LABA

CSI ad alte dosi + LABA

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bisogno

Altre opzioni (in ordine decrescente di efficacia)

Antileucotrieni + cromoni

CSI a basse dosi + Antileucotrieni* CSI a dosi medio-alte

Antileucotrieni Teofillina LR

Antileucotrieni Anti-IgE (omalizumab)** Teofillina LR CS Orali Termoplastica

Beta2-agonisti a rapida azione al bisogno***

Programma personalizzato di educazione

Controllo ambientale, immunoterapia specifica, trattamento delle comorbilità

CSI: corticosteroidi inalatori, LABA: beta2-agonisti a lunga durata d’azione, LR: lento rilascio

* i pazienti con asma e rinite rispondono bene agli antileucotrieni

** nei pazienti allergici ad allergeni perenni e con livelli di IGE totali sieriche compresi tra 30 e 1500 U/ml

*** le combinazioni budesonide/formoterolo e beclometasone/formoterolo possono essere utilizzate

anche al bisogno in aggiunta al trattamento regolare con la stessa combinazione

L’immunoterapia specifica può essere indicata in quei pazienti con asma allergica da lieve a moderato,

specie se associata a rinite, meglio se con una o poche sensibilizzazioni, in cui sia evidente una relazione tra

sintomatologia ed esposizione all’allergene. Non è indicato nell’asma severa persistente.

BPCO e asma bronchiale, un caso clinico esplicativo Giovanni è un dipendente di banca di anni 58, altezza 180 cm, peso 68, abitante in città, fumatore. Anamnesi familiare e fisiologica

Padre forte fumatore, deceduto per insufficienza cardio-respiratoria a 75 anni.

Madre vivente e affetta da asma bronchiale.

Un fratello e una sorella più giovani, fumatori, non hanno sintomi respiratori.

Nato a termine, allattamento al seno materno.

Sposato, due figli sani, uno fumatore.

Mangia e beve senza eccessi.

Fumatore di 15 sigarette/die dall’età di 18 anni (30 pack/year = n° sigarette fumate al giorno x anni

di fumo/20).

Fino all’età di 50 anni ha praticato calcio, sci, bicicletta, attività ridotta ultimamente a causa di

affaticamento con lo sforzo

Anamnesi patologia remota e prossima

Ha sofferto fin dall’età di 10 anni di rinite.

I test cutanei hanno dimostrato sensibilizzazione ad acari della polvere e al pelo di animali

domestici.

Negli ultimi anni soffre spesso, almeno tre volte l’anno, di raffreddore e faringo-laringite

accompagnati da tosse con modesta espettorazione mucosa e oppressione toracica anche per

sforzi lievi.

Recentemente ha presentato uno stato acuto febbrile con dispnea e tosse più insistente.

Esame obiettivo generale

Paziente, vigile e collaborante, non febbrile.

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Apparato cardio-circolatorio

Toni cardiaci parafonici e lontani su tutti i focolai. Frequenza normale, senza extrasistoli. Lieve

ipertensione.

Addome

Fegato non dolente e palpabile, addome trattabile.

Apparato respiratorio

Torace “a botte”. Frequenza ventilatoria: 20 atti respiratori minuto.

Murmure vescicolare auscultabile su tutto l’ambito toracico, con riduzione lieve alle basi e presenza

di qualche sibilo espiratorio.

Il medico di famiglia che lo visita formule le seguenti ipotesi diagnostiche:

Asma bronchiale

BPCO

Bronchite cronica

Bronchite “asmatica”

Scompenso Cardiaco Congestizio

Bronchiectasie

Reflusso gastroesofageo

Richiede una radiografia del torace e una spirometria semplice e, sulla scorta del quadro clinico e

anamnestico, nell’attesa degli accertamenti, propende per la diagnosi di asma e prescrive una terapia

inalatoria con un broncodilatatore a breve durata d’azione e uno steroide.

Dopo circa due settimane Giovanni ritorna per il controllo:

La Rx del torace mostra accentuazione della trama e lieve iperdiafania.

La spirometria semplice documenta un deficit ventilatorio di tipo ostruttivo di grado lieve-

moderato.

Il paziente riferisce che i sintomi sono più evidenti al mattino quando sente l’esigenza di

espettorare e di assumere i farmaci prescritti. Ha avvertito una continua stanchezza. Non pensa che

i suoi sintomi siano realmente migliorati.

Il medico conferma la terapia.

A favore di questa soluzione vi sono alcuni punti:

Anamnesi per familiarità di asma

Rinite (atopia)

Episodi ricorrenti di tosse, affanno, oppressione toracica

Tosse soprattutto notturna e , almeno all’inizio, secca.

Sintomi scatenati dall’esercizio fisico, infezioni.

Ostruzione polmonare

Quelli che invece sono a sfavore sono:

Episodi di tosse, spesso produttiva, e almeno tre volte all’anno

Sensazione di costrizione/oppressione restrosternale per periodi prolungati

Dispnea da sforzo aumentata progressivamente negli ultimi anni

Sintomi più accentuati al mattino con necessità di espettorazione e assunzione dei farmaci

Sintomi che permangono nonostante la terapia

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Commento

Il problema di fondo è nel corretto inquadramento della patologia broncostruttiva. Come si è più volte

affermato, la BPCO è per definizione una malattia caratterizzata “da una limitazione persistente al flusso

aereo”, mentre l’asma bronchiale è caratterizzata da ostruzione bronchiale non persistente, solitamente

reversibile spontaneamente o in seguito alla terapia; il declino della funzionalità respiratoria può evolvere

in alcuni casi in una ostruzione irreversibile a causa del rimodellamento delle vie aeree. La spirometria è

indispensabile per la diagnosi della patologia ostruttiva.

TEST DI REVERSIBILITA’

OSTRUZIONE

PRESENTE

SPIROMETRIA

OSTRUZIONE

ASSENTE

TEST DI PROVOCAZIONE

BRONCHIALE ASPECIFICO

Diagnosi di asma

Prove di funzionalità respiratoria

© 2013 PROGETTO LIBRA •

www.ginasma.it Se l’ostruzione è presente e irreversibile, la diagnosi non può essere per definizione di asma. Come

enunciato dalle linee GOLD, un rapporto VEMS/CVF post-broncodilatarore < 0.70 (70%) conferma la

presenza di persistente ostruzione bronchiale e, quindi, di BPCO.

© 2015 Global Initiative for Chronic Obstructive Lung Disease

L’esame spirometrico va eseguito dopo una dose adeguata di un broncodilatatore a breve durata

d’azione per a ridurre la variabilità del test

la presenza di un VEMS/CVF < 0.70 dopo broncodilatatore conferma la persistente ostruzione

bronchiale

Ove possibile, i valori spirometrici misurati vanno comparati coi valori normali età-correlati al fine di

evitare sovra-diagnosi negli anziani

Progetto strategico mondiale per la diagnosi, trattamento e

prevenzione della BPCO:

Valutazione dell’ostruzione bronchiale: spirometria

Giovanni viene sottoposto al test di reversibilità, che risulta negativo, e effettua una spirometria globale

che mette in evidenza il fenomeno dell’air trapping (aumento del volume residuo) tipico delle ostruzioni

persistenti. La Tc del torace in alta risoluzione documenta un quadro di tipo enfisematoso e l’emogasanalisi

una ipossiemia patologica per l’età.

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WHO. Burden of COPD (http://www.who.int/respiratory/copd/burden/en/)

Questionario ECM

1. Il principale fattore di rischio per la BPCO è:

a) uso di biomasse come combustibile

b) inquinamento industriale

c) fumo di sigaretta

d) deficit di alfa1-antitripsina

2. La limitazione al flusso nella BPCO è dovuta a?

a) malattia delle piccole vie aeree

b) distruzione del parenchima

c) malattia delle piccole vie aeree e distruzione del parenchima

d) nessuna delle risposte indicate

3. La percentuale di persone fumatrici che sviluppano BPCO è?

a) 5-7%

b) 15-20%

c) 40-50%

d) 65-70%

4. Quale delle seguenti affermazioni sull’asma bronchiale NON è corretta?

a) la prevalenza di asma è compresa tra il 10 e il 15% nei bambini

b) la prevalenza di asma è superiore al 5-10% negli adulti

c) la prevalenza è superiore per le popolazioni di origine anglosassone

d) la prevalenza in Italia è sopra la media mondiale

5. Quale dei seguenti principi attivi NON è un broncodilatatore?

a) teofillina

b) tiotropio

c) terbutalina

d) roflumilast

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6. Nell’asma, le prove di funzionalità respiratoria forniscono una valutazione diretta di?

a) limitazione al flusso di aria

b) grado di ostruzione

c) reversibilità

d) tutte le risposte

7. Qual è la classe terapeutica che comprende i farmaci considerati di prima linea per il trattamento a

lungo termine dell’enfisema polmonare?

a) broncodilatatori

b) corticosteroidi

c) antibiotici

d) inibitori della fosfodiesterasi

8. Sono farmaci che operano il controllo della malattia asmatica i seguenti eccetto:

a) corticosteroidi inalatori (CSI)

b) corticosteroidi sistemici

c) antagonisti recettoriali dei leucotrieni

d) Beta2-agonisti a lunga durata d’azione