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Home / Energia/ Speciali I Biocarburanti Fillmore è uno dei personaggi caratteristici del film “Cars” (Disney Pixar). E’ un autobus Volkswagen del 1960, i suoi simboli psichedelici liberal-ambientali lo rappresentano chiaramente come un hippie. Filmore è un acceso sostenitore dei prodotti “naturali” e si guadagna da vivere vendendo carburante organico. Cosa sono? Con il termine “biocarburanti” si indicano i carburanti allo stato liquido o gassoso ottenuti a partire dalla biomassa, che possono essere utilizzati per l’alimentazione di motori a combustione interna. Sono tradizionalmente impiegati per l’autotrazione, in sostituzione (o in miscela) dei combustibili fossili, ma il loro impiego si sta rapidamente espandendo e il campo di applicazione dei biocarburanti si sta orientando anche verso la generazione elettrica e termica, in particolare verso la cogenerazione 1 . La volontà e la necessità di scoprire carburanti rinnovabili è fortemente aumentata, negli ultimi decenni, a causa degli ormai riconoscibili impatti ambientalie climatici generati dalle fonti fossili e in nome della sicurezza dell’approvvigionamento. I vantaggi derivanti dall’impiego dei biocarburanti rispetto alle fonti fossili sono notevoli: sostenibilità, riduzione delle emissioni di gas serra, opportunità di sviluppo economico a livello regionale ed incremento occupazionale e, non ultima, anche una maggiore sicurezza di approvvigionamento. Infine, non dimentichiamo che le emissioni di CO2, SO2 e Nox derivanti dalla combustione di risorse fossili sono la causa principale dell’inquinamento atmosferico. Quanto alla riduzione generale delle riserve delle fonti fossili prevista nel futuro più o meno prossimo, avanzata nel1956 dal geofisico americano Marion King Hubbert e recentemente ripresa da diversi studiosi, c’è da dire che l’avvicinarsi del picco produttivo e la conseguente discesa non sono così imminenti come alcuni studiosi affermano 2 . 1 Cogenerazione: produzione contemporanea, da parte di un impianto generatore o convertitore di energia (una centrale elettrica, ma anche un motore, un autoveicolo, ecc.), di energia meccanica, eventuale energia elettrica e calore (impiegabili a fini diversi: agricoli, urbani, ecc.), con lo scopo di recuperare l’energia termica altrimenti dispersa. (http://www.treccani.it) 2 Non vi è dubbio che ciò sia avvenuto o stia avvenendo per un gran numero di giacimenti e/o di paesi produttori. Trarne però la conclusione che ciò possa essere “imminente” anche per la produzione mondiale è, tuttavia, logicamente errato, se non altro per il basso grado di conoscenza del sottosuolo che si ha di ampie parti del pianeta, per la scoperta di risorse non convenzionali che hanno permesso a paesi come gli Stati Uniti di riprendere un pattern di produzione crescente, per il miglioramento delle tecniche di recupero che hanno portato a consistenti rivalutazioni dei campi esistenti. Fonte: “L’Importanza e le Opportunità dell’Industria Petrolifera Italiana”, Ricerche Industriali ed Energetiche (RIE) per Assomineraria, 2012.

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I Biocarburanti

Fillmore è uno dei personaggi caratteristici del film “Cars” (Disney Pixar). E’ un autobus Volkswagen del 1960, i suoi simboli psichedelici liberal-ambientali lo rappresentano chiaramente come un hippie. Filmore è un acceso sostenitore dei prodotti “naturali” e si guadagna da vivere vendendo carburante organico. Cosa sono? Con il termine “biocarburanti” si indicano i carburanti allo stato liquido o gassoso ottenuti a partire dalla biomassa, che possono essere utilizzati per l’alimentazione di motori a combustione interna. Sono tradizionalmente impiegati per l’autotrazione, in sostituzione (o in miscela) dei combustibili fossili, ma il loro impiego si sta rapidamente espandendo e il campo di applicazione dei biocarburanti si sta orientando anche verso la generazione elettrica e termica, in particolare verso la cogenerazione1. La volontà e la necessità di scoprire carburanti rinnovabili è fortemente aumentata, negli ultimi decenni, a causa degli ormai riconoscibili impatti ambientalie climatici generati dalle fonti fossili e in nome della sicurezza dell’approvvigionamento. I vantaggi derivanti dall’impiego dei biocarburanti rispetto alle fonti fossili sono notevoli: sostenibilità, riduzione delle emissioni di gas serra, opportunità di sviluppo economico a livello regionale ed incremento occupazionale e, non ultima, anche una maggiore sicurezza di approvvigionamento. Infine, non dimentichiamo che le emissioni di CO2, SO2 e Nox derivanti dalla combustione di risorse fossili sono la causa principale dell’inquinamento atmosferico. Quanto alla riduzione generale delle riserve delle fonti fossili prevista nel futuro più o meno prossimo, avanzata nel1956 dal geofisico americano Marion King Hubbert e recentemente ripresa da diversi studiosi, c’è da dire che l’avvicinarsi del picco produttivo e la conseguente discesa non sono così imminenti come alcuni studiosi affermano2.

1Cogenerazione: produzione contemporanea, da parte di un impianto generatore o convertitore di energia (una centrale elettrica, ma anche un motore, un autoveicolo, ecc.), di energia meccanica, eventuale energia elettrica e calore (impiegabili a fini diversi: agricoli, urbani, ecc.), con lo scopo di recuperare l’energia termica altrimenti dispersa. (http://www.treccani.it) 2Non vi è dubbio che ciò sia avvenuto o stia avvenendo per un gran numero di giacimenti e/o di paesi produttori. Trarne però la conclusione che ciò possa essere “imminente” anche per la produzione mondiale è, tuttavia, logicamente errato, se non altro per il basso grado di conoscenza del sottosuolo che si ha di ampie parti del pianeta, per la scoperta di risorse non convenzionali che hanno permesso a paesi come gli Stati Uniti di riprendere un pattern di produzione crescente, per il miglioramento delle tecniche di recupero che hanno portato a consistenti rivalutazioni dei campi esistenti. Fonte: “L’Importanza e le Opportunità dell’Industria Petrolifera Italiana”, Ricerche Industriali ed Energetiche (RIE) per Assomineraria, 2012.

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Nella tabella 1 sono riassunti i dati storici e previsionali della domanda di energia primaria mondiale, suddivisi per fonte, e in figura 1 è rappresentato lo scenario storico e previsionale (in Milioni di Tonnellate di equivalenti di greggio).

Tabella 1

Figura 1: scenario storico e previsionale della domanda di energia mondiale (in Milioni di Tonnellate di equivalenti di greggio), fonte Agenzia Internazionale dell’Energia Nel settore petrolifero dedicato all’autotrazione, gli sforzi economici e tecnologici degli ultimi anni hanno consentito di migliorare in modo significativo la qualità di benzina e gasolio e sono stati guidati da due obiettivi principali: il contenimento dei consumi e la diminuzione continua delle emissioni inquinanti3. Con queste finalità, lo sviluppo tecnologico negli ultimi decenni è stato condizionato dalla progressiva introduzione di componenti di origine biologica nei combustibili liquidi tradizionali. In Europa si può considerare come data di partenza di questo processo il 1997,aseguito

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del mandato M/245 della Commissione Europea che ha affidato al CEN4 il compito di elaborare la norma per gli esteri metilici degli acidi grassi (biodiesel) per autotrazione. In altre parole, nel mandato si richiede di elaborare una norma che definisca le specifiche di qualità, le caratteristiche minime necessarie per il corretto funzionamento dei motori, per il contenimento delle emissioni inquinanti e per la sicurezza nella distribuzione. L’obiettivo della Commissione è stato duplice: ridurre l’impatto delle emissioni da combustione sui cambiamenti climatici antropogenici e diversificare le fonti energetiche. Nella definizione attuale, i biocarburanti sono distinti in due categorie che dipendono dalle materie prime e dallo stato di avanzamento delle tecnologie di produzione. Si definiscono biocarburanti di prima generazione il biodisel, gli oli vegetali puri, il bioetanolo prodotto dai cereali e dalle materie prime zuccherine, il bio-ETBE (etil-terbutil-etere, prodotto per idrolisi del bioetanolo) e il biogas. La loro produzione e le loro applicazioni sono già avviate. I biocarburanti di seconda generazione sono rappresentati dal bioetanolo prodotto dalle materie prime ligno-cellulosiche, il biodimetiletere, il bio-MTBE, il biobutanolo e il diesel sintetico ottenuto attraverso la reazione di Fischer-Torpsch. Altre materie prime impiegate per la produzione dei biocarburanti di seconda generazione sonole alghe, i rifiuti industriali o le graminacee che possono essere coltivate in terreni residuali come il miscanto. In alcuni casi si tratta di tecniche ancora sperimentali e non ancora avviate a scala reale, in altri si è già arrivati alla commercializzazione dei prodotti5,6. Non tutti i biocarburanti sono uguali. La loro evoluzione Per quale motivo si è passati ai così detti biocarburanti di seconda generazione? La scelta è stata dettata dalla consapevolezza, raggiunta nel tempo, che impiegare materie prime edibili per la produzione di biocarburanti è tutt’altro che sostenibile. Se da un lato il biofuel di prima generazione ha degli innegabili benefici ambientali, soprattutto in termini di impronta di carbonio netta, dall’altro ha dato via libera nel tempo a coltivazioni intensive di canna da zucchero, olio di colza oppure di mais, riservate esclusivamente all’industria dei carburanti, sottraendo così terreni alle colture agricole alimentari. Infatti, sicurezza alimentare a parte, i biocombustibili di prima generazione sono strettamente correlati a fenomeni di appropriazione di terreni (landgrabbing), di deforestazione e agli effetti dannosi del cambio di destinazione del suolo (fattore ILUC – indirectl and use change). Solo nel 2012 l’Unione europea ha dedicato il 3 per cento della sua terra coltivata alla produzione di materie prime per i biocarburanti. In sintesi i vantaggi sono: la biodegradabilità, la riduzione delle emissioni di gas-serra, la riduzione dei livelli di ozono negli strati più bassi dell’atmosfera, la riduzione delle emissioni di COV (Composti Organici Volatili). Ma se a questi vantaggi accostiamo gli svantaggi ambientali provenienti dalla deforestazione e dell’agricoltura intensiva associata all’uso di diserbanti, di concimi e pesticidi, aggiungiamo il consumo idrico per l’irrigazione delle colture eil trasporto, il bilancio finale non è poi così conveniente. Altri fattori da prendere in esame per valutare l’impatto ambientale dei biocarburanti:

• emissioni per la produzione e il trasporto della biomassa; • irrigazione e uso di fertilizzanti; • emissioni per la produzione e il trasporto del biocarburante.

Queste attività necessitano di energia, dunque producono CO2. Se consideriamo l’intero ciclo di produzione, dalla biomassa alla pompa di distribuzione, non tutti i biocarburanti sono sostenibili dal punto di vista ambientale! Alle nostre latitudini, gli oli vegetali per la produzione dei biocarburanti di prima generazione sono ricavati dalle colture oleaginose, costituite dalla colza, dal girasole e, in misura inferiore, dalla soia. La superficie italiana destinata alla produzione di colture oleaginose presenta numeri importanti, riportati nella tabella sottostante (dati in ettari, fonte Istat).

COLTURA ANNO 2006 ANNO 2007 ANNO 2008 ANNO 2009 Soia 171.000 130.000 110.000 135.000 Girasole 144.000 126.500 115.000 125.000 Colza 3.500 7.000 12.500 23.000 Totale 318.500 263.500 237.500 283.000

Tabella 2

4 Il Comitato Europeo di Normazione, fondato nel 1961, è un ente che ha lo scopo di armonizzare e produrre norme tecniche europee (EN) in Europa in collaborazione con enti nazionali e sovranazionali, quali per esempio l'ISO. Il CEN lavora in accordo alle politiche dell'Unione Europea e dell'EFTA per favorire il libero scambio, la sicurezza dei lavoratori e dei consumatori, la protezione dell'ambiente, ecc. Le norme prodotte dal CEN, normalmente armonizzate, sono recepite dai singoli comitati nazionali. (http://www.assil.it)      

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Nel 2009 risultavano circa 125.000 ettari di terreni per la coltivazione del girasole e oltre 20.000 ettari per la colza, destinati alla produzione di olio vegetale puro e biodiesel. Oltre agli oli vegetali provenienti dalle colture dedicate, possono essere impiegati oli derivanti dalla preparazione e conservazione degli alimenti, provenienti dalle industrie agroalimentari, dalle attività di ristorazione, ma anche dalle utenze domestiche. Lo stesso vale per i grassi animali residui dalla lavorazione delle carni. Questi materiali “residuali” sono però di qualità inferiore, a causa soprattutto della loro elevata acidità. Necessitano, pertanto, di un trattamento preliminare di “rigenerazione” prima della conversione a biodisel, in miscela con gli oli vegetali ottenuti dalle colture oleaginose7, rendendo economicamente meno vantaggioso l’intero processo. Pertanto, l’attenzione dell’industria si è spostata verso la produzione dei biocarburanti di seconda generazione, che non richiedono l’uso esclusivo di terreni fertili ma eventualmente residuali, e l’impiego di scarti di derivazione agricola (materie prime lignocellulosiche). In questo modo la biomassa è già disponibile!

Il bioetanolo: è possibile rimpiazzarei carburanti fossili? L’utilizzo dell’etanolo come combustibile per motori a combustione interna non è certo una novità, se consideriamo che i primi motori progettati (siamo nei primi anni del XX secolo) erano adatti a essere alimentati con alcool puro (metanolo o etanolo). La Dodge 1800 fu il primo prototipo di motore alimentato ad etanolo puro. L’uso della benzina come carburante, infatti, si diffuse solo nel periodo prossimo alla Prima guerra mondiale. L’etanolo possiede caratteristiche interessanti per essere usato come combustibile nelle autovetture a benzina: ha, per esempio, un numero di ottano elevato (è infatti usato anche per aumentare il numero di ottano delle benzine) e quindi consente di aumentare il rapporto di compressione migliorando l’efficienza del motore. Già nei primi anni Settanta, all’indomani della crisi energetica, il Governo brasiliano iniziò a promuovere il National Alcohol Program, con l’intenzione di ridurre le importazioni di petrolio e sostituire il carburante fossile con una fonte propria e facilmente reperibile. Lo scopo principale fula parziale sostituzione del gasolio di origine petrolifera con l’etanolo ottenuto dalla biomassa, in particolare dalla canna da zucchero. Nel 1979 il Governo brasiliano firmò un accordo con l’industria automobilistica e furono sviluppati prototipi da diverse case automobilistiche (Fiat inclusa) in grado di utilizzare etanolo al 100%. Nel 1984, in Brasile, il94% delle auto vendute erano ad alcol. Negli anni successivi, al termine della crisi petrolifera, la tendenza innescata in Brasile è andata progressivamente calando, ma con gli aumenti del prezzo della benzina degli ultimi anni le auto a etanolo sono tornate alla ribalta: nel 2010 erano ben 3 milioni gli esemplari di auto a etanolo circolanti. L’impiego dell’etanolo al posto della benzina non è però privo di criticità. Intanto l’etanolo è molto solubile in acqua e molto igroscopico, e quando ne assorbe molta, in miscela con la benzina, si può originare una separazione di fase che può provocare danni al motore. È corrosivo e manca di potere lubrificante, quindi è necessario l’impiego di materiali nuovi rispetto a quelli utilizzati per i carburanti di origine petrolifera nel sistema di stoccaggio e di distribuzione, nonché in alcuni componenti meccanici delle auto, come i filtri. Può essere invece impiegato in miscela con la benzina fino al 20-22% senza apportare modifiche al motore delle auto. Per i motivi menzionati in precedenza, solo le auto così dette Flexible Fuel Vehicles (FFVs),

Figura 2: gli scarti della coltivazione della canna da zucchero forniscono biomassa ligno-cellulosica utile alla produzione di bioetanolo. Fonte: Ethanol as biofuelfor transport applications, Isabella De Bari, ENEA-Renewable energy division, Unesco School, TRISAIA 2005.

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sviluppate a partire dal 2005 da alcune case automobilistiche, fra le quali la FIAT, possono essere alimentate esclusivamente con l’etanolo.

Come si produce bioetanolo di seconda generazione?

Il bioetanolo di seconda generazione è ottenuto dalla biomassa lignocellulosica, per reazione di idrolisi enzimatica ed è oggetto di ricerca già dagli anni Settanta. La cellulosa e l’emicellulosa sono i polisaccaridi,che costituiscono i materiali di partenza dai quali, per idrolisi enzimatica, si ottengono gli zuccheri semplici, da trasformare in bioetanolo mediante fermentazione. Gli enzimi “tagliano” selettivamente i polisaccaridi (cellulosa, emicellulosa o amido) consentendo di ottenere molecole di glucosio, più semplici (Fig. 3).

Figura 3: Rappresentazioneschematica dell’idrolisi enzimatica della cellulosa. Fonte: Ethanolas biofuel for transport applications, Isabella De Bari, ENEA-Renewable energy division, Unesco School, TRISAIA 2005.

Successivamente, il glucosio viene trasformato in etanolo mediante il processo di fermentazione e il Saccharomycescerevisiae(lievito) è il microrganismo generalmente più usato. La produzione di etanolo da cellulosa, che appunto non è nuova, è considerata particolarmente interessante ed è oggetto di investimenti da parte di alcuni importanti operatori industriali. Il suo impiego è particolarmente vantaggioso in quanto la biomassa lignocellulosica, proveniente per esempio dagli scarti agricoli, è una materia prima abbondante e non comporta alcuna competizione con la produzione agricola alimentare. La disponibilità degli scarti agricoli in alcuni paesi europei e in Italia è mostrata nelle figure 5 e 6.

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Figura 4: Disponibilità di scarti agricoli in alcuni paesi dell’Unione Europea. Fonte FAO.

Figura 5: Disponibilità di scarti agricoli in Italia. Fonte FAO.

Sviluppi futuri Nella seduta del 28 aprile 2015 il Parlamento europeo ha approvato la direttiva sui biocarburanti di seconda generazione, che spinge a ridurre la produzione di quelli derivanti da coltivazioni agricole, e imprime la tendenza verso la produzione di biocarburanti avanzati8, derivati da rifiuti, residui e nuove fonti come le alghe. L’impiego di queste ultime, secondo quanto dimostrato da recenti studi condotti dai ricercatori della Rice University (Houston, Texas, USA)9, consentirebbe di risolvere contemporaneamente due problemi ambientali: la depurazione di acque di scarico di tipo civile e la produzione di biocarburante. Infatti, le alghe impiegate nell’esperimento sono state coltivate utilizzando le acque reflue civili di un depuratore di Huston, “cibandole” letteralmente con il fosforo e con i nitrati in esse contenuti e ottenendo

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così un’azione depurativa di queste acque10. In pratica, facendo crescere le alghe in reattori contenenti acque reflue, i produttori non dovrebbero più ricorrere ai fertilizzanti e si potrebbero ottenere biocarburanti più sostenibili, unitamente alla depurazione delle acque impiegate. Ma questa è solo una delle possibili “soluzioni” indagate. La ricerca tecnologica e biotecnologica nel campo della produzione sostenibile di biocarburanti di seconda generazione è di fatto divenuta una frontiera molto vivace negli ultimi decenni e nuovi scenari si manifestano dinnanzi alla platea del mondo. È fondamentale, infatti, che la produzione di biocarburanti avvenga in maniera sostenibile, se davvero vogliamo annullare in tutto o in parte gli effetti nocivi legati all’uso dei carburanti fossili.

Riferimenti bibliografici

• Direttiva 9 settembre 2015, n. 2015/1513/Ue. • Ethanol as biofuelfor transport applications, Isabella De Bari, ENEA-Renewable energy division, Unesco

School, TRISAIA 2005. • I Biocarburanti. Le filiere produttive, le tecnologie, i vantaggi ambientali e le prospettive di diffusione. Autori vari,

coordinamento Roberto Jodice, Michela Pin, Centro di Ecologia Teorica e Applicata di Gorizia, 2007. • La normazione dei combustibili per autotrazione:oltre cento anni di storia”, a cura di Davide Faedo Innovhub -

Ente Federato all'UNI, U&C n°6 giugno 2015 Divisione Stazione Sperimentale per i Combustibili - CT "Prodotti petroliferi e lubrificanti" UNICHIM.

• “L’Importanza e le Opportunità dell’Industria Petrolifera Italiana”, Ricerche Industriali ed Energetiche (RIE) per Assomineraria, 2012.

• 1MeenakshiBhattacharjee and Evan Siemann, “Low algaldiversity systems are a promisingmethod for biodiesel production in wastewaterfed open reactors”, ALGAE, 30(1), 2015.

• http://www.eniscuola.net/2015/04/03/alghe-dalle-acque-reflue-per-ridurre-linquinamento-produrre-biofuel/ • http://www.assil.it) • http://www.ideegreen.it/biocarburanti-seconda-generazione • http://www.greenstyle.it/storie/biocarburanti • http://www.treccani.it • www.reteambiente.it