per il lavoro - tommaso di dio

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PER IL LAVORO DEL PRINCIPIO TOMMASO DI DIO

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PER IL LAVORODEL PRINCIPIO

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Appunti dal reparto di Neonatologia del Policlinico di Sant’Orsola

Luglio - Ottobre 2015

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Se lo vedi da lontano questo luogoè un alveare, pieno di nidi cassedove intorno si agitano maniche curano salvanofra carezze meccaniche e luminarie biologiche.Il cuore qui è solo una minuscolaluce rossa che batteposta al centro dello spazio. E invece sotto lenzuolae sotto teche di plastica; infine ricopertoda mille anonime bracciache si alternano mentre tutto fa silenziomentre qualcosa lotta, mentre a poco a pocoemerge, vive, dove seianima. Dov’è cosa èquesto che sento fra fiato umano e di macchinesempre spartito e non individuo, ancora più prossimoal primo principio, unica

anima di tutti.

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Sto venendo a vedervi nascere.Sto venendo alla nascita.Sto arrivando. Mi sto avvicinandoal luogo dove nasconoal punto dove vivono il primo squarciod’aria aperta e lampade alogenee mani forcipi di carezze. Ci sono meccanichee fuori edifici, costruzioni, spiazzi di cementoe poi sale tubi sterili guantivasche corridoi porte. Mi sto avvicinando.Serve lavoro, una monumentalefolla di bracciache continuamente assiste e fermentala fitta dura madre che scacciaquesta vita che dai lombi s’allarga. Torbadei secoli nei secoli che ognuno di noiin ogni momento hadentro di séper rinascere.

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Qui la vita si conta in ore, giorni, settimane.È la prossimità con l’inizio, la lorofraternità alla cosa che cresceche obbliga i numeri a restringersi. I chilidiventano etti, i corpi sono grammi, i lettirimpiccioliscono e sono un diffrantoe silenzioso sistema nucleare. Tuttosi fa minuscolo, minimo; fino alle undiciore di quella vitatenuta sospesaallevata e accuditafino a quando raggiunse il punto fiato suo altissimo

e si spense; per tornare subito dove fuspartito e principio.

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Siamo nati tutti ugualida ventre di madre esploso.Non siamo stati soli mai.Dopo il boato e l’urloe il pianto e il doloresiamo stati presida mani di lattice e tecnologie, bracciasterili e anonime ci hanno sollevatoaperto il corpo e dato cibocalore.

Perché questo è ancheciò che siamo. Fin dal principio fruttospartito dal lavoro di moltinella luce e nell’aria scacciatoe costrettonel reame plurimo d’amore.

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Luce fosforescenteazzurra blu che scalda. Sopra gli occhiuna mascherina poi il minuscolo corpoche lì si tendee s’agita. Perché distruggala bilirubina, il corpo va scaldatoilluminato; protetto inseritodentro un tegumento meccanicoe la pelle infine si schiarisce.

Ciò che vive a sé non basta; necessital’irradianza del tempoin un primo bagno di luce nudo.

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Mi dicono che nascono.Mi dicono che vivono.Che scappano dalla pancia della madree crescono. Mi dicono che circacento su mille bambininascono guerrieriprematuri lottano, devonobattere il tempo che li dava per vinti e sfuggirealla morte che li rivuole indietro.

Maxim ha tre buchi in pancia. Nato da tre mesiha già volvoli nello stomaco.Non può defecare né mangiareè nutrito per via parenterale eppure vedicome stringe la mano della madre, come s’agitavuole vivere a tutti i costiquesta vita che non sa.

Ma la pelle si screpola; è membrana fragilee grida come un’aquila. Per quanto faremoniente e nientefino in fondo ci protegge

dalla paura di vivere.

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Appena nato l’interazioneè una reazione al movimento dell’insieme.Spazi che si comprimono e che si deformanointeragiscono incoscienti come ondeche si aggrappano alle onde e scavanomute rocce fra le spiagge, masse di materiainfinita senza nomi né sostanza.Dopo settimane mi dice che noinvece rispondono, sanno che c’è una forma e che sei tu: riconosconole mani che carezzano, riconosconol’ombra del volto e luce dell’affettoun calore odore che amanoin individuo. Ed ecco che, orail figlio vedenascere la madre.

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Lasciata solasenza il corpo della madrefesteggia insieme a noile prime dieci ore della sua vita.Adesso la portano viaper una rx addominale poi le primeverifiche delle pervietàorale e anale, perché respiri evacuiperché vi sia libera aperturacontatto scolofra masse e fluidi: sei vivae adesso puoi viverequesta brutale gioia. Per anninon sarai nient’altro che questoinconscio corporeo totalecontinuo umanissimoscambio. Che ti sia lievee dolcequesto tuo primo, minuscologiorno di compleanno.

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Questo corpo di madre che si gonfiasmisuratamente; diventa peso frontalemassa attesa sforzoper mesi trattenuto impiantodi circolazione e nutrimento. Eccoloinfine, che si spacca.

Una volta fuori il fruttoe tranciato il cordone dalla panciaancora restaun potere visibile.

Se la mano della madresi posa sul corpo del figlioil tasso d’ossigeno in percentuale cresce e s’alzala saturazione del sangue.

Più grande e più prossimo è il legamepiù grande e più liberala vita in lui circolae respira.

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Tu che sei natoadesso. Tu che sei nato prima del tempo, primadel compimento biologico totale.Tu non sei solo. Sei già statoaccolto e protettodeposto in teche, scaldato amato curatoaffinché tutto di tepossa crescere bene.

Quando sarai grande, non dimenticarequesto campo intermedio, spaziofra i mondi, ventre più grandedove hai incontrato cento madrie cento padri: bracciati hanno già amato anonimeperché tu possa un giornodirti vivo.

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Mi dicono che fu ipossiaper una delle bambine che nacque sìma crebbe sorda e cieca, incapacedei più minimi movimenti. Fu allevataper mesi dentro il repartosenza pianto e senzail grido d’animaleche sgrava ogni nato dal dolore.

Mi dicono che di leiricordano il calore della forza e la necessitàimmobile, di stabilire un contatto.

Se la toccavi, una lacrimasoltanto splendevascivolando dal suo volto. Una lacrimache da sola fra le massedel cielo e della terra nella memoria brillaper tutte le paroletutti gli urli e tutte le scritture; e tutte le poesietutti gli abbracci e le paure e i desideriche non ebbe nella sua brevenotte senza stelle.

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La luce del sole di settembre, fuori.Il primo vento che trascina foglie e passiverso i corridoi di un edificioche sembra come tanti. Eppure quitengono la vita in braccio.La coprono. Le cantanola canzone invisibile del cuore: tengonoogni biologia del corpo tesaperché resti e lotticontro il primo strappo.

Qui conoscono la lingua del gridoe quella del pianto; la lingua mutadella lacrima e quella inudibile che legala madre al corpo del figlioil padre al corpo del mondo e riconosconoI grammi e i battitiI primi fuochi che scalciano nel nascerela vita nella vita.

Sui muri ci sono tutte le storie.Marco, Andrea, Marcello. Venite.Venite a vedere come si producequesta meraviglia che ogni giorno e semprelavora perchédalla vita la vitarinasca.

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Tommaso Di Dio (1982) vive e lavora a Milano. È autore del

libro di poesie Favole, (Transeuropa, 2009) con la prefazione

di Mario Benedetti. Nel 2012 una scelta di sue poesie inedite

è stata pubblicata in La generazione entrante (Ladolfi

Editore). Dal 2005 collabora all’ideazione e alla creazione

di eventi culturali con l’associazione Esiba Arte, per la cui

compagnia teatrale scrive testi. È giurato, per la sezione

under 40, dei premi letterari Premio Castello di Villalta

Poesia e Premio Rimini. Nel 2014, esce il suo secondo libro

di poesie, Tua e di tutti (Lietocolle, in collaborazione con

Pordenonelegge), recentemente tradotto in francese da Joëlle

Gardes per Recours au poème éditeurs.

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“Le parole necessarie” è un progetto del Policlinico di Sant’Orsola e del Centro di poesia contemporanea dell’Università di Bologna. Nasce con l’obiettivo di creare un’occasione per dire la malattia, o meglio le paure, il dolore, la speranza che la malattia genera in chi la sperimenta o in chi vive a fianco di chi la sperimenta come parente, medico, infermiere, volontario.

Esprimere e ascoltare tutto ciò, ovvero quello che le relazioni tante volte non riescono a contenere, costituisce una possibilità importante per rompere l’isolamento, incrementare la fiducia reciproca, affrontare situazioni altrimenti difficilmente sostenibili.

In questo percorso la parola poetica può giocare un ruolo fondamentale, come strumento per dire quello che altrimenti non si può dire, parola necessaria perché ha a che fare con la dimensione più profonda del nostro vissuto.

L E Q U A T T R O F A S I D E L P R O G E T T O

POETI IN CORSIAA partire dal mese di agosto 2015 i poeti Tommaso Di Dio, Stefano Massari e Francesca Serragnoli, sono entrati nelle corsie del Sant’Orsola per dare voce alla realtà e alle esperienze che incontrano. Mimetizzandosi tra i medici, gli infermieri, gli operatori, affiancando volontari, seguendo primari, prendendo parte alla vita dei reparti. Questa esperienza ha dato loro la possibilità di elaborare un video (nel caso di Massari) e i testi che, oltre ad

R I T R O V I A M O C I P E R D I R L E

LE PAROLENECESSARIE

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essere pubblicati in edizione limitata dallo stesso Policlinico, sono state lette pubblicamente in occasione dell’evento finale tenutosi il 24 ottobre all’interno del Policlinico. LABORATORIO DI POESIAIl laboratorio di poesia, tenuto da Valerio Grutt e Davide Rondoni, è stato realizzato ogni martedì dal 29 settembre al 20 ottobre. Un’occasione di confronto alla quale hanno partecipato, portando i propri testi, pazienti, famigliari, medici, infermieri, personale tecnico e amministrativo, volontari e studenti, ma anche cittadini e persone interessate al progetto. I pazienti impossibilitati a partecipare agli incontri del laboratorio hanno comunque fatto arrivare i propri scritti al Centro di poesia contemporanea (tramite web) e hanno ricevuto, quando richiesto, un parere scritto o la visita da parte di uno dei docenti del laboratorio.Una selezione di testi dei partecipanti è stata raccolta e pubblicata in una breve antologia.

READINGVoci che risuonano nel silenzio dell’ospedale, nei luoghi di notte deserti, e dicono della speranza, della durezza e della tenerezza, dell’esperienza della malattia. Due reading con due importanti poeti contemporanei - Daniele Mencarelli e Roberta Dapunt - si sono tenuti mercoledì 7 e mercoledì 14 ottobre alle ore 21.30 all’interno del Padiglione 5 del Policlinico.

EVENTO CONCLUSIVOIl 24 ottobre in occasione della festa di Sant’Orsola, è stata realizzata un’iniziativa che ha avuto come protagonisti i tre poeti in corsia, i partecipanti al laboratorio e le loro opere. Un percorso, un momento di ascolto e condivisione, di parole e musica, aperto a tutti.

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SANT’ORSOLA

52 mm

POLICLINICO DI

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SANT’ORSOLAPOLICLINICO DI

SANT’ORSOLA

Dimensioni minime consigliate

Area di rispetto

L’identità visiva del Policlinico di Sant’Orsola

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Per ulteriori informazioni

WWW.LEPAROLENECESSARIE.IT

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LE PAROLENECESSARIE