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Percorsi nei vissuti di giovani adulti beneficiari di prestazione assistenziale Voce a cinque giovani adulti domiciliati nella Città di Mendrisio Studente/essa Sara Rossi Corso di laurea Opzione Lavoro sociale Assistente sociale Tesi di Bachelor Luogo e data di consegna Manno, settembre 2016

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Percorsi nei vissuti di giovani adulti

beneficiari di prestazione assistenziale

Voce a cinque giovani adulti domiciliati nella Città di Mendrisio Studente/essa

Sara Rossi Corso di laurea Opzione

Lavoro sociale Assistente sociale

Tesi di Bachelor

Luogo e data di consegna

Manno, settembre 2016

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Ringrazio di cuore tutte le persone che mi hanno aiutata e sostenuta

durante questo mio percorso finale di crescita professionale e personale.

Proverbio cinese

Quando soffia il vento del cambiamento, alcuni costruiscono muri,

altri mulini a vento.

“L’autrice è l’unica responsabile di quanto contenuto nel lavoro.”

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ABSTRACT

Percorsi nei vissuti di giovani adulti beneficiari di prestazione assistenziale La curiosità e l’interesse alla base di questo lavoro di tesi sono scaturiti dall’ultima esperienza di pratica professionale svolta dall’autrice presso l’Ufficio Antenna Sociale e Giovani della Città di Mendrisio. Un’attenta osservazione dell’utenza giovanile, correlata a varie letture svolte, ha evidenziato come il numero di giovani adulti beneficiari di prestazione assistenziale sia in crescita. Aumento dovuto alla condizione di vita precaria vissuta in diverse sfere come in quella economica, lavorativa e relazionale. L’obiettivo della presente indagine è analizzare le percezioni e i vissuti di giovani adulti beneficiari di prestazione assistenziale in relazione alla rete primaria, più precisamente alla famiglia e al gruppo dei pari. L’intenzione è stata quella di dare voce a cinque giovani adulti e di offrire loro la possibilità di narrarsi in questo periodo di vita personale. Pertanto, oltre che illustrare un fenomeno che sta diventando sempre più ampio, l’autrice intende offrire alle persone che leggeranno questo lavoro la possibilità di conoscere e avvicinarsi alla condizione di vita personale di alcuni giovani. Dalle testimonianze emergono in maniera importante il sentimento di sfiducia e la percezione negativa nei confronti del futuro: stati d’animo connessi allo scarso possesso di capitale sociale e formativo che mettono i giovani in difficoltà nel convivere con l’atmosfera di insicurezza caratterizzata dalla nostra epoca. La possibile conseguenza è di cadere nel vortice dell’isolamento sociale e dell’emarginazione, vivendo una condizione caratterizzata dalla solitudine. Sentimenti vissuti dai giovani intervistati, che derivano dalla scarsità di rapporti significativi intrattenuti con la rete primaria. Dai risultati delle testimonianze emerge la necessità dell’assistente sociale di saper operare su due livelli distinti. Il primo vede al centro il lavoro con il singolo, con la persona: si tratta di ascoltare, accompagnare e comprendere i vissuti narrati. L’atto di dar voce al percorso intrapreso dal singolo è il presupposto per sostenere un processo di riconoscimento e accettazione che permette di mobilitare il desiderio verso il cambiamento. Parallelamente, agire tramite l’azione pubblica al fine di mobilitare e coinvolgere il contesto sociale. Questo intervento è possibile e realizzabile nel momento in cui si considerano i giovani come una fonte di risorse per la società e non solo ed esclusivamente come una nuova tipologia di utenza di cui farsi carico.  

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ABSTRACT

INDICE

1 INTRODUZIONE 1

 

2 DESCRIZIONE DEL CONTESTO LAVORATIVO 4

2.1 L’assistenza sociale 4

2.2 Ufficio Antenna Sociale e Giovani 5

 

3 PRESENTAZIONE DELLA PROBLEMATICA E DELLA METODOLOGIA 7

3.1 Obiettivi e domanda di ricerca 7

3.2 Metodologia utilizzata 7

3.3 Il “giovane adulto” 9

3.4 La socializzazione 10

3.5 Lavoro, società e disoccupazione giovanile 10

3.6 Giovani adulti beneficiari di prestazione assistenziale 12

 

4 DISSERTAZIONE 15

4.1 Percorsi scolastici e professionali 15

4.2 Quadro familiare 18

4.3 Legami significativi 21

4.4 Consapevolezza della propria condizione economica 23

4.5 Considerazioni e riflessioni degli intervistati 24

 

5 CONCLUSIONI 27

 

BIBLIOGRAFIA 32

ALLEGATI

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1 INTRODUZIONE  

L’origine della scelta della tematica affrontata in questo lavoro, scaturisce dall’interesse e dalla curiosità personali e professionali nati e cresciuti durante le esperienze di pratica svolte nel corso del mio percorso formativo universitario. Nutrendo una certa sensibilità per il mondo giovanile con le sue relative sfaccettature e avendo svolto tutti i miei percorsi di pratica professionale a contatto con questa tipologia d’utenza, ho scelto di soffermarmi e chinarmi su di un argomento che riguarda la fascia di popolazione dei giovani adulti (di età compresa tra i 18 e i 25 anni) beneficiari della prestazione assistenziale. Durante questa mia ultima esperienza lavorativa svolta presso l’Ufficio Antenna Sociale e Giovani della Città di Mendrisio, ho avuto la possibilità di osservare molto da vicino e di addentrarmi nei percorsi di vita precari di alcuni giovani adulti. Ho rilevato e costatato, attraverso l’osservazione, che la precarietà è vissuta in diverse sfere: economica, lavorativa e relazionale. La precarietà lavorativa si può riscontrare nella situazione abbastanza tesa del mercato del lavoro, infatti, la disoccupazione giovanile in Svizzera e in Ticino desta qualche preoccupazione. A livello nazionale, nel mese di maggio 2016, il numero di giovani disoccupati (di età compresa tra i 15 e i 24 anni) ammonta ad un totale di 16'723, che equivale a 371 persone in più rispetto allo stesso mese dell’anno precedente (aumento del 2,3%)1. Inoltre, dal 2008, a causa della crisi economica, le domande di aiuto sociale erogate in Ticino erano in leggera crescita. Tuttavia, a partire dal 2011, con la quarta revisione della Legge sull’assicurazione contro la disoccupazione (LADI), entrata in vigore il 01.04.20112, si è verificato un importante aumento3 di persone che hanno ricorso alla prestazione assistenziale “perché hanno terminato il loro diritto alle indennità oppure perché non hanno acquisito il diritto a tali indennità”4. Come si evince dalle ricerche condotte dall’Ufficio federale di statistica (UST), da alcuni anni la quota di popolazione giovanile (fascia di età compresa tra i 18 e i 25 anni) che fa

                                                                                                               1 Tratto da Segreteria di stato dell’economia (SECO): Sezione “Comunicati stampa 2016” in La situazione sul mercato del lavoro nel mese di maggio 2016, https://www.seco.admin.ch/seco/it/home/seco/nsb-news/medienmitteilungen-2016.html, consultato il 18.06.2016. 2 Tratto da Istituto delle assicurazioni sociali (IAS): 4a revisione LADI, http://www3.ti.ch/DSS/sw/struttura/dss/ias/upload/pdf/Opuscoli/Novita%20in%20breve%20della%204a%20revisione%20LADI.pdf, consultato il 18.06.2016. 3 Nell’arco di soli tre anni le domande pagate hanno subito un incremento di quasi 1'300 domande pagate, corrispondente a circa 2'000 persone. Tratto da Stephani E., Grignola Mammoli S., L’assistenza sociale, tra lavoro ed esclusione, Dati – Statistiche e Società, anno XIV, n. 2, Settembre 2014. 4 Stephani E., Grignola Mammoli S., L’assistenza sociale, tra lavoro ed esclusione, Dati – Statistiche e Società, anno XIV, n. 2, Settembre 2014, p. 16.

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capo all’aiuto sociale è in crescita5; in Ticino, nel dicembre 2015, i titolari del diritto alla prestazione assistenziale ammontavano a 626 persone (pari al 13% del totale)6. Nel periodo tra gennaio e giugno 2016, ventidue giovani adulti, di età compresa tra i 18 e i 25 anni, sono presi a carico e incontrati regolarmente dalle assistenti sociali dell’Ufficio Antenna Sociale e Giovani della Città di Mendrisio. Di questi ventidue, quindici ragazzi sono beneficiari dell’aiuto sociale7. Durante il periodo di pratica professionale, ho avuto la possibilità di aiutare alcuni giovani nella prassi di rinnovo della loro prestazione assistenziale, di affiancarli nella gestione della loro corrispondenza e di seguirli nella ricerca di un posto di apprendistato. Questo avvicinamento e accompagnamento mi ha motivato a scegliere il tema riguardante i giovani adulti (di età compresa tra i 18 e i 25 anni) beneficiari di prestazione assistenziale, ad approfondirlo e a riflettere attorno alla tematica dal punto di vista professionale, dando voce e occasione ai ragazzi protagonisti di mostrare ed esprimere la loro visione in merito alla loro situazione attuale. Oltre a scattare una sorta di fotografia generale dei giovani adulti beneficiari di prestazione assistenziale domiciliati nella Città di Mendrisio, questo lavoro di tesi vuole porre l’attenzione sui vissuti della loro situazione rispetto ai familiari e al gruppo dei pari. Si è deciso di soffermarsi sulla famiglia in quanto essa “rappresenta per ciascuno di noi un punto di riferimento ineludibile nel corso dell’esistenza.”8 Come la famiglia, anche il gruppo dei pari costituisce per il giovane adulto il luogo e lo spazio di appartenenza e di stabilità, nel quale poter costruire la propria identità9. L’obiettivo è di indagare le percezioni e i vissuti interiori del giovane adulto, beneficiario dell’aiuto sociale, rispetto agli occhi di familiari e amici. Questo lavoro è suddiviso in diversi capitoli: nei primi due verrà illustrato il contesto lavorativo nel quale ho svolto la mia pratica professionale e sarà presentato l’argomento affrontato e la metodologia utilizzata in questo lavoro di tesi. Nel punto concernente la dissertazione verranno analizzate le informazioni e gli elementi emersi dalle interviste sottoposte ai giovani adulti. Attraverso le interviste saranno esplorate le percezioni e i vissuti e verranno analizzati ripartendoli all’interno di cinque macro argomenti: percorsi scolastici e professionali, quadro familiare, legami significativi, consapevolezza della                                                                                                                5 Ufficio federale di statistica (UST), Giovani adulti e aiuto sociale, Formazione, inserimento professionale e fondazione precoce di una famiglia: le ragioni principali del ricorso all'aiuto sociale dei giovani adulti, Comunicato stampa, 13 Sicurezza sociale, N. 0352-0905-70, 05.06.2009. 6 Tratto da Ufficio del sostegno sociale e dell’inserimento (USSI): Amministrazione del Canton Ticino. Sezione: ”Statistica“ in L’assistenza sociale in Ticino (dicembre 2015), http://www4.ti.ch/dss/dasf/ussi/documentazione/statistica/, consultato il 18.06.2016. 7 I dati sono stati estrapolati dal sistema informatico (applicativo) utilizzato dalle assistenti sociali per raccogliere i dati e le informazioni sugli utenti presi a carico dall’Ufficio. 8 Mantovani G., Manuale di psicologia sociale: storia, teorie e metodi. Comunicazione, gruppi, culture, atteggiamenti e solidarietà, Giunti, Firenze, 2003, p. 202. 9 Tratto da Modulo Cicli di vita, SUPSI, Manno, a.a. 2013/2014.

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propria condizione economica, considerazioni e riflessioni degli intervistati. Il lavoro si concluderà con una riflessione in merito all’argomento affrontato e indagato.

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2 DESCRIZIONE DEL CONTESTO LAVORATIVO

2.1 L’assistenza sociale10

L’assistenza sociale, gestita ed erogata dall’Ufficio del Sostegno Sociale e dell’Inserimento (USSI), ha come obiettivo assicurare il minimo vitale11 alle persone che vivono nel bisogno e nel disagio, favorire l’indipendenza economica e promuovere l’integrazione sociale. I Cantoni possono intervenire direttamente (come nel caso di alcuni Cantoni Romandi e del Canton Ticino) o designare i Comuni come enti competenti (come avviene in molti Cantoni della Svizzera Tedesca). In Ticino, l’intervento assistenziale è di tipo sussidiario a qualsiasi altra forma di aiuto e si situa all’interno della Legge sull’armonizzazione e il coordinamento delle prestazioni sociali (LAPS). Quest’ultima è considerata una legge a “cascata”, poiché le prestazioni sono erogate secondo un ordine di priorità che situa l’assistenza sociale all’ultimo gradino della scala. Il suo scopo principale consiste nel garantire il minimo vitale a tutti i nuclei familiari del Cantone, attraverso l’erogazione di otto prestazioni12. Nel nostro Cantone, il Dipartimento della Sanità e della Socialità (DSS) affida i provvedimenti legati all’aiuto sociale all’USSI, il quale assegna mansioni ai Comuni. Quest’ultimi provvedono, tramite gli sportelli regionali LAPS, a inoltrare le richieste di prestazione assistenziale, a indirizzare le persone verso altri aiuti sociali e a informare i cittadini sui loro diritti. Pertanto il Comune partecipa in modo attivo nella realtà di persone beneficiarie della prestazione assistenziale che vivono un momento di bisogno, inclusi i giovani adulti attori di questo lavoro.

                                                                                                               10 Monigatti M. e Vaucher De La Croix C., dispensa del modulo Le prestazioni finanziarie nella sicurezza sociale svizzera, SUPSI, Manno, a. a. 2015/2016, p. 116. 11 Assicurare il minimo vitale, significa fornire all’individuo ciò che è essenziale per la sua sopravvivenza. 12 Le otto prestazioni sociali, in ordine di priorità sono: riduzione del premio dell’assicurazione malattia; aiuto allo studio; assegno di studio; assegno di riqualifica professionale; indennità straordinaria per ex-indipendenti (L-rilocc); assegno per figli integrativo (AFI); assegno di prima infanzia (API); assistenza sociale.

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2.2 Ufficio Antenna Sociale e Giovani

L’Ufficio Antenna Sociale e Giovani della Città di Mendrisio è situato all’interno del Dicastero Politiche Sociali, il quale comprende anche l’Ufficio Attività Sociali13 e l’Autorità Regionale di Protezione (ARP). Questo servizio è nato circa quindici anni fa come Ufficio Antenna Sociale a seguito dell’accentuarsi dei bisogni provenienti dalla popolazione residente. Lo scopo principale è offrire sostegno sociale alle persone e accompagnarle verso l’autonomia. Propone consulenza, ascolto e aiuta i cittadini in difficoltà a orientarsi nella vasta offerta di servizi e prestazioni sociali presenti sul territorio. Alla nascita del servizio era impiegata una sola assistente sociale, con una percentuale di lavoro del 50%. Oggi, il personale è notevolmente aumentato (cinque assistenti sociali14) a seguito del processo aggregativo15 di vari comuni e del conseguente incremento delle richieste d’aiuto provenienti dalla popolazione. Un’assistente sociale svolge anche il ruolo di delegato comunale, la quale si occupa di segnalare, di discutere e seguire, assieme ai membri dell’ARP16, le situazioni nuove e i casi già seguiti. Dal 1° gennaio 2016, a seguito della riorganizzazione interna al Dicastero, questo Ufficio ha cambiato nomenclatura diventando Ufficio Antenna Sociale e Giovani, inglobando al suo interno il settore giovani della Città (Centro Giovani e Ufficio Attività Giovanili). Cambiamento che ha lo scopo di favorire un maggior intervento di rete e, di conseguenza, una maggior presa a carico e accompagnamento della fascia giovanile17; il 9 marzo scorso è stato introdotto lo Sportello giovani all’interno del Centro Giovani della Città di Mendrisio. “Lo scopo principale di questo servizio è prevenire le forme di abbandono, d’insuccesso scolastico e formativo, perciò lo sportello pone particolare attenzione all’orientamento scolastico e formativo dei ragazzi.”18 L’Ufficio conta due sedi: la sede principale si trova a palazzo comunale a Mendrisio, mentre la sede secondaria è ubicata presso la casa comunale di Besazio. L’Ufficio si avvale di uno sportello che permette agli abitanti di recarsi di persona, senza aver fissato un appuntamento, al fine di richiedere una consulenza, di esporre i propri

                                                                                                               13 Funge anche da Agenzia comunale AVS (Assicurazione vecchiaia e superstiti) e da sportello regionale LAPS (Legge sull’armonizzazione ed il coordinamento delle prestazioni sociali). Offre inoltre i seguenti servizi: integrazione sociale, aiuto complementare comunale, alloggi a pigione moderata, ecc. Tratto dal sito della Città di Mendrisio: http://mendrisio.ch/uffici/ufficio-attivita-sociali/, consultato il 10.04.2016. 14 Sono tutte impiegate a tempo parziale, con una percentuale totale del 270%. 15 Oggi, la Città di Mendrisio conta dieci quartieri. La prima aggregazione è avvenuta nel 2004 con Salorino. La seconda nel 2009 con Arzo, Capolago, Genestrerio, Rancate e Tremona. La terza, avvenuta nel 2013 con Besazio, Ligornetto e Meride. Tratto dal sito della Città di Mendrisio: http://mendrisio.ch/le-aggregazioni-comunali/, consultato il 10.04.2016. 16 Oltre al delegato comunale, l’ARP è composta dal presidente, dal membro permanente e dal segretario. Tratto dal sito della Città di Mendrisio: http://mendrisio.ch/membri-e-delegati-arp2, consultato il 10.04.2016. 17 Tratto dal Verbale Dicastero Politiche Sociali – Servizi Sociali del 22 gennaio 2016. 18 Memore, Periodico trimestrale della città di Mendrisio, numero 1/2016, redazione: Valeria Codoni, Barbara Ferrari, marzo 2016, p. 16.

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bisogni, di porre domande riguardanti aspetti finanziari, ecc. Da qui la denominazione di Antenna Sociale, poiché il principio di fondo è di costituire il primo contatto, il primo riferimento per le persone in difficoltà. L’Antenna Sociale e Giovani si rivolge a tutta la popolazione residente nella Città di Mendrisio, generalmente per bisogni e richieste puntuali, attraverso interventi mirati. Il target19, dunque, è molto ampio ed eterogeneo, la consulenza di conseguenza varia a dipendenza del bisogno della persona. Pertanto la presa a carico può essere di corta o media-lunga durata. L’Ufficio prevede un servizio rivolto alla popolazione anziana, il Servizio Anziani Soli (SAS)20 introdotto nel 1990, il cui scopo è evitare situazioni di forte disagio e sostenere persone ultra settantenni che vivono sole al proprio domicilio. Una delle tematiche che si presentano alle assistenti sociali è la presa a carico e l’accompagnamento di giovani adulti beneficiari di prestazione assistenziale. Pertanto, è stato convenuto che tutti i ragazzi tra i 18 e i 25 anni che si annunciano presso lo sportello regionale LAPS per inoltrare la domanda di aiuto sociale, vengono segnalati a un’assistente sociale. Questo al fine di comprendere al meglio la situazione del giovane, di ricercare alternative, risorse presenti sul territorio e verificare altri possibili diritti.

                                                                                                               19 Target: fascia dei potenziali acquirenti di un prodotto, o della clientela. Tratto da Dizionario Treccani: http://www.treccani.it/vocabolario/target/, consultato il 10.04.2016. 20 Memore, Periodico trimestrale della città di Mendrisio, numero 1/2008, redazione: Valeria Codoni, Barbara Ferrari, marzo 2008.  

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3 PRESENTAZIONE DELLA PROBLEMATICA E DELLA METODOLOGIA

3.1 Obiettivi e domanda di ricerca

Attraverso questo lavoro di tesi si è cercato di addentrarsi nella condizione e nei vissuti di cinque giovani adulti beneficiari di prestazione assistenziale. Più precisamente, si è provato a esplorare come essi si sentono agli occhi della propria rete primaria, ovvero di fronte a familiari e ad amici. La rete primaria è formata da relazioni intrattenute con familiari, amici, vicini, compagni di scuola o di lavoro; relazioni che non possono essere create intenzionalmente, ma si costituiscono nel tempo. Il tipo di relazione sociale che si crea è contraddistinto dalla lealtà e dalla gratuità (non ha scopi utilitaristici) tra le persone che la compongono21. L’intenzione è stata quella di dare voce ad alcuni giovani domiciliati nella Città di Mendrisio e di offrire loro la possibilità di narrarsi in questo periodo di vita personale. Vi è la consapevolezza che le informazioni e gli aspetti emersi da questo lavoro sono correlati a sole cinque interviste; pertanto non vi è alcuna intenzione generalizzare il fenomeno affrontato. L’interrogativo del lavoro di tesi è il seguente: La società odierna vede aumentare sempre più giovani a beneficio di aiuto sociale che, correlato alla mancanza di lavoro, porta il giovane adulto a far capo ai servizi sociali. Qual è la percezione dei giovani adulti che beneficiano della prestazione assistenziale in relazione alla rete primaria?

3.2 Metodologia utilizzata

Questa indagine è una ricerca di tipo qualitativa, grazie alla quale poter indagare e sondare nella profondità aspetti particolari quali attitudini, comportamenti, sensazioni ed esperienze dello specifico campione individuato22. Pertanto questo lavoro mira alla conoscenza del fenomeno preso in analisi. Per rispondere all’interrogativo di ricerca si è utilizzato lo strumento dell’intervista semi-strutturata23, perché vi è la possibilità di approfondire gli argomenti di interesse che emergono durante l’intervista stessa. Le domande stabilite e definite nel canovaccio

                                                                                                               21 Realini D., Metodologia della pratica d’intervento del servizio sociale, dispensa del modulo Metodologia del servizio sociale, SUPSI, Manno, a. a. 2015/2016. 22 Malcolm C., La mia tesi in servizio sociale, Come preparare un elaborato finale basato su piccole ricerche qualitative, Editore: Erickson, 2013. 23 Cfr. Allegato 1: Traccia intervista semi-strutturata.

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dell’intervista semi-strutturata24 hanno permesso un collegamento chiaro e diretto con l’interrogativo di ricerca; l’elemento non strutturato ha invece offerto la possibilità di addentrarsi in risvolti emersi inaspettatamente durante l’intervista. Per individuare la fascia di età sulla quale porre l’attenzione, si è fatto riferimento a due aspetti. Il primo deriva dalle varie letture nelle quali si è appreso che vi è un incremento di persone di età compresa tra i 18 e i 25 anni che fanno capo all’aiuto sociale25. Il secondo scaturisce dall’osservazione del contesto lavorativo: si è potuto appurare che tutti i giovani di età compresa tra i 18 e i 25 anni che si annunciano allo sportello regionale LAPS per richiedere la prestazione assistenziale, vengono segnalati alle assistenti sociali le quali svolgono almeno un colloquio per capire in concreto la situazione. La scelta degli intervistati è caduta su persone con cui precedentemente vi è stato un percorso di accompagnamento. Il procedimento di contatto e di coinvolgimento dell’utenza non è stato troppo complesso: cinque giovani hanno dimostrato la loro disponibilità all’intervista, mentre due ragazzi hanno invece declinato l’invito. Ad ogni giovane intervistato è stato assegnato un nome fittizio26, al fine di trattare le informazioni emerse nel massimo rispetto della privacy. Alcune domande della traccia dell’intervista sono state modificate e adattate in base alla situazione personale del giovane adulto intervistato. Ad esempio, Luca, è cresciuto senza conoscere sua madre che l’ha abbandonato da piccolo e ha perso il padre quando frequentava le scuole medie. Fino a poco tempo fa viveva con gli zii con i quali intrattiene tutt’ora dei legami, le domande riguardanti i familiari sono state modificate sostituendo il termine “genitori” con quello di “zii”. Gli appuntamenti per le interviste sono stati fissati secondo tempi e date precise e si sono svolti in privato nella sala riunioni del Centro Giovani della Città di Mendrisio. La trascrizione fedele e integrale dell’intervista è stata possibile grazie all’impiego del registratore. Questa procedura ha permesso di riportare e far emergere, durante la fase di analisi, gli elementi significativi che sono stati approfonditi e indagati nel quarto capitolo27 della ricerca. Per l’analisi delle interviste è stata adottata una griglia di analisi28, nella quale sono state evidenziate le tematiche più significative e rappresentative emerse dalle

                                                                                                               24 L’intervista di tipo semi-strutturato “consiste in una combinazione tra domande predefinite e parti non pianificate, che permettono all’intervistatore una certa autonomia nell’identificare nuove domande in conseguenza delle risposte date dal partecipante”. Tratto da Malcolm C., La mia tesi in servizio sociale, Come preparare un elaborato finale basato su piccole ricerche qualitative, Editore: Erickson, 2013, p. 137. 25 Ufficio federale di statistica (UST), Giovani adulti e aiuto sociale, Formazione, inserimento professionale e fondazione precoce di una famiglia: le ragioni principali del ricorso all'aiuto sociale dei giovani adulti, Comunicato stampa, 13 Sicurezza sociale, N. 0352-0905-70, 05.06.2009. 26 I nomi fittizi assegnati ai cinque giovani intervistati sono i seguenti: Claudio, Daniele, Laura, Luca e Maria. 27 Cfr. Capitolo 4. Dissertazione. 28 Cfr. Allegato 3: Griglia di analisi.

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risposte: percorsi scolastici e professionali, quadro familiare, legami significativi, consapevolezza della propria condizione economica, considerazioni e riflessioni degli intervistati. Questo strumento è stato un ausilio di supporto nella dissertazione, poiché ha fornito una visione d’insieme delle informazioni.

3.3 Il “giovane adulto”29

Dal manuale di psicologia sociale si evince che da un punto di vista storico, la condizione e le caratteristiche delle giovani generazioni, nel contesto familiare e sociale, sono profondamente mutate nel corso di pochi decenni. Durante gli anni Sessanta e Settanta le giovani generazioni possedevano un’identità marcata, in quanto erano portatori di cambiamenti e di un nuovo modo di considerare la vita, caratteristica che li conduceva a essere in contrasto con la famiglia e l’ambiente sociale. Con l’avvento degli anni Ottanta la situazione si trasforma mostrando una graduale diminuzione dei tratti oppositivi e progressisti dei giovani. Di pari passo avviene inoltre un cambiamento dei percorsi evolutivi che conducono l’adolescente a farsi carico dello status di adulto. La costruzione e l’assunzione dell’identità adulta diviene così un percorso lungo ed elaborato. Differentemente dagli anni Sessanta e Settanta, in cui il passaggio dall’adolescenza all’età adulta avveniva abbastanza rapidamente e seguendo delle tappe lineari (termine della formazione, entrata nel mondo lavorativo, conquista dell’indipendenza economica, abbandono della casa dei genitori, matrimonio, ecc.), attualmente tale percorso ha subito notevoli cambiamenti. È così diventata una fase dilatata definita da un importante prolungamento nel tempo e dalla diminuzione del valore simbolico attribuito ai riti di passaggio. “Il fenomeno si è talmente diffuso che ormai si parla comunemente di una nuova fase, denominata del «giovane adulto».”30 Fase che può durare fin oltre i trent’anni, nella quale avviene l’effettiva transizione verso la condizione di adulto. In questa nuova condizione, la famiglia ritorna a rappresentare per il giovane adulto il luogo dell’appartenenza e della solidità; con un importante cambiamento rispetto al passato, poiché oggi i giovani tendono a prolungare i tempi di permanenza in casa. Per questo motivo, la fase della tarda adolescenza non va più identificata come la fine dell’adolescenza, bensì come un nuovo inizio: lo status del giovane adulto. Il rallentamento dell’acquisizione della fase adulta è riconducibile, secondo alcuni studiosi, a due fattori di natura socio-economica (esclusione sociale della fascia giovanile, complessità nel trovare un impiego, elevato costo del tenore di vita, ecc.) e psicologica-relazionale (immaturità affettiva, bisogni di dipendere e di essere protetti, ecc.).

                                                                                                               29 Mantovani G., Manuale di psicologia sociale: storia, teorie e metodi. Comunicazione, gruppi, culture, atteggiamenti e solidarietà, Giunti, Firenze, 2003, p. 216. 30 Scabini E., Donati P., La famiglia “lunga” del giovane-adulto, Studi interdisciplinari sulla Famiglia. In Mantovani G., Manuale di psicologia sociale: storia, teorie e metodi. Comunicazione, gruppi, culture, atteggiamenti e solidarietà, Giunti, Firenze, 2003, p. 217.

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3.4 La socializzazione31

La sociologia identifica la socializzazione come il processo grazie al quale l’individuo acquisisce valori, norme, regole e stili di vita della società nella quale avrà un ruolo. Rappresenta inoltre il mezzo attraverso cui si trasmette di generazione in generazione la cultura di un popolo e di una società. Il fine ultimo della socializzazione è quello di permettere all’individuo di divenire “gradualmente una persona consapevole di se stessa.”32 Questo processo non dovrebbe costituire un’esperienza circoscritta in un determinato momento, bensì un percorso nel quale addentrarsi nel corso della vita intera, durante la quale il comportamento di ogni persona è costantemente modificato e influenzato da rapporti sociali. La teoria della socializzazione è suddivisa in due fasi distinte che vedono protagonisti diversi gruppi nei quali si verifica tale processo, chiamati “agenti della socializzazione”. La “socializzazione primaria” si svolge durante l’infanzia ed è il momento nel quale l’intensità di apprendimento è maggiore (si apprende il linguaggio e i modelli comportamentali fondamentali che fondano le basi dei successivi apprendimenti); il principale agente di questa fase è rappresentato dalla famiglia. La “socializzazione secondaria” ha luogo dopo l’infanzia e si protrae fino alla maturità del soggetto; i vari agenti in gioco che portano avanti alcune delle responsabilità appartenute alla famiglia sono il gruppo dei pari, la scuola, il lavoro, ecc. Da questa teoria si può dedurre come sia la famiglia, sia il gruppo dei pari costituiscono dei fondamenti per la formazione e la crescita della persona.

3.5 Lavoro, società e disoccupazione giovanile

Il lavoro è considerato, dalla maggior parte della popolazione, un’attività importante che assorbe gran parte della vita di una persona. Frequentemente questa attività è associata al termine di fatica; ma il lavoro va ben oltre alla condizione di fatica33, altrimenti non sarebbe spiegabile la sensazione di frustrazione e di disorientamento che le persone provano quando lo perdono. Nella società moderna il lavoro contribuisce a mantenere e affermare la stima di sé, oltre che rappresentare un elemento di notevole importanza per il benessere psicologico di una persona. Gli studiosi identificano sei benefici34 che comporta il lavoro salariato:

                                                                                                               31 Giddens A., Fondamenti di sociologia, Manuali, il Mulino, Bologna, 2006, p. 33. 32 Ibid., p. 33. 33 Fatica: insieme di compiti da minimizzare e, se possibile, da evitare del tutto. Tratto da Giddens A., Fondamenti di sociologia, Manuali, il Mulino, Bologna, 2006, p. 202. 34 Ibid., p. 203.

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• sicurezza del reddito: il salario costituisce la risorsa principale per esaudire i propri bisogni. In assenza di reddito, si percepisce un incremento di ansia legata alla mancata possibilità di far fronte alla quotidianità;

• acquisizione di competenze e capacità: un’attività lavorativa è fonte di apprendimento e sperimentazione di competenze e abilità;

• diversificazione dell’esperienza: il lavoro offre la possibilità di svolgere attività differenti da quelle praticate nella vita privata, assicurando l’accesso ad ambiti di vita variati;

• strutturazione del tempo: per le persone che possiedono un lavoro regolare la loro vita è scandita e organizzata in relazione al ritmo lavorativo, ciò fornisce una struttura ben precisa alle attività del quotidiano. Per esempio i disoccupati identificano la noia come maggiore difficoltà, vivendo una sensazione di apatia nei confronti del tempo;

• contatti sociali: l’ambiente lavorativo funge da luogo aggregativo in cui poter stringere nuove amicizie e condividere momenti in comune. La cerchia di amici tende a restringersi se si esclude il contesto lavorativo;

• identità sociale: l’attività lavorativa è gradita per il senso di identità sociale che trasmette all’individuo.

Il fenomeno della disoccupazione non è facile da illustrare, poiché essere beneficiari dell’assicurazione contro la disoccupazione significa non avere un lavoro. Ma con il termine “lavoro” si intende un’occupazione stipendiata, eliminando di conseguenza tutte le altre forme di attività non retribuite e non riconosciute, come ad esempio il lavoro domestico o le forme di lavoro in nero. Sia a livello svizzero sia a livello ticinese, il tasso di disoccupazione che colpisce la fascia giovanile della popolazione è abbastanza allarmante. Addirittura, alcuni dati indicano come la fascia giovanile della popolazione è maggiormente colpita da tale fenomeno: “Tra il 2002 e il 2013 il tasso di disoccupazione giovanile è stato mediamente maggiore di 2,5 punti percentuali rispetto a quello delle altre fasce d’età.”35 Il maggior impatto su questa fascia di età, rispetto alle altre, potrebbe essere in parte attribuito agli effetti scaturiti dal passaggio dalla formazione al mondo del lavoro. “A sostegno di tale tesi il dato secondo cui in Ticino, in media tra il 2010 e il 2012, il 34% dei giovani disoccupati ha abbandonato l’ultima occupazione a causa della scadenza del contratto di lavoro (presumibilmente in maggioranza si tratta di contratti di tirocinio non rinnovati).”36

                                                                                                               35 Brughelli M., Gonzalez O., Carenza di lavoro tra i giovani ticinesi, Analisi, Ufficio di statistica (Ustat), Maggio 2014, p. 5. 36 Ibid., p. 13.

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A livello nazionale, nel corso del mese di maggio 2016, il numero di giovani (campione considerato tra i 15 e i 24 anni) ammonta a 16'723. Dato che equivale a 371 persone in più rispetto allo stesso mese dell’anno precedente (con un aumento del 2,3%)37. Per quanto concerne la situazione ticinese38, nel mese di maggio 2016, il numero di giovani disoccupati con meno di 25 anni raggiunge quota 718, che equivale ad un tasso di disoccupazione del 4,5%. La variazione in punti percentuali subita rispetto allo stesso mese dell’anno precedente equivale a -0,1%. Bisogna sapere che la tendenza della disoccupazione ticinese è fortemente correlata all’influsso stagionale. Dalle statistiche39 redatte, si può osservare come il tasso di disoccupazione diminuisce nella prima metà dell’anno, per poi aumentare nella seconda parte (coincidenza con il termine della stagione turistica ticinese). Pertanto è stato osservato che più il livello di formazione del giovane risulta basso, più esso ha maggiori rischi di vivere un periodo di disoccupazione. Rischio accentuato dal mercato del lavoro che esige sempre più qualifiche e titoli di formazione40.

3.6 Giovani adulti beneficiari di prestazione assistenziale

Il fenomeno di giovani adulti che richiedono un supporto da parte della prestazione assistenziale è assai preoccupante e si manifesta a livello svizzero, cantonale e comunale. I dati statistici relativi all’Ufficio federale di statistica (UST)41 testimoniano che negli ultimi anni la quota di giovani (tra i 18 e i 25 anni) richiedenti l’aiuto sociale è in aumento. Il fattore che incide maggiormente sul rischio di richiedere l’assistenza sociale di questa fascia di popolazione sono i passaggi tra formazione e mondo del lavoro, condizionati dall’offerta proveniente dal mercato del lavoro. Secondo la statistica dell’Ufficio del sostegno sociale e dell’inserimento (USSI)42, a dicembre 2015, 626 persone che beneficiavano del diritto per l’aiuto sociale avevano un’età compresa tra i 18 e i 25 anni. Dato che corrispondeva al 13% del totale.                                                                                                                37 Tratto da Segreteria di stato dell’economia (SECO): Sezione “Comunicati stampa 2016” in La situazione sul mercato del lavoro nel mese di maggio 2016, https://www.seco.admin.ch/seco/it/home/seco/nsb-news/medienmitteilungen-2016.html, consultato il 22.06.2016. 38 Tratto da Ufficio di statistica (USTAT): Sezione “Schede” in Panorama statistico del mercato del lavoro ticinese (aggiornamento del 09.06.2016), http://www3.ti.ch/DFE/DR/USTAT/index.php?fuseaction=ritratti.dettaglio&id=261, consultato il 22.06.2016. 39 Brughelli M., Gonzalez O., Carenza di lavoro tra i giovani ticinesi, Analisi, Ufficio di statistica (Ustat), Maggio 2014. 40 Ibid. 41 Ufficio federale di statistica (UST), Giovani adulti e aiuto sociale, Formazione, inserimento professionale e fondazione precoce di una famiglia: le ragioni principali del ricorso all'aiuto sociale dei giovani adulti, Comunicato stampa, 13 Sicurezza sociale, N. 0352-0905-70, 05.06.2009. 42 Tratto da Ufficio del sostegno sociale e dell’inserimento (USSI): Amministrazione del Canton Ticino. Sezione ”Statistica“ in L’assistenza sociale in Ticino (dicembre 2015), http://www4.ti.ch/dss/dasf/ussi/documentazione/statistica/, consultato il 23.06.2016.

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FASCIA DI ETÀ DOMANDE (Titolari) IN %

< 18 4 0% 18 – 25 626 13% 26 – 35 937 19% 36 – 45 1’076 22% 46 – 55 1’371 28% 56 – 64 783 16% 65 + 64 1%

TOTALE 4’861 100%

Il fenomeno riscontrato presso il Comune della Città di Mendrisio, dal mese di gennaio 2015 al mese di marzo 2016, presenta il seguente andamento. Nel grafico sono presi in considerazione solo i giovani adulti (di età compresa tra i 18 e i 25 anni) che nei periodi sotto indicati si sono presentati presso lo sportello regionale LAPS per fare domanda di prestazione assistenziale43. Le variazioni che si possono osservare sono riconducibili a cambi di domicilio (partenza/arrivo dalla Città di Mendrisio verso un’altra destinazione), alla nascita di figli che portano i giovani ad acquisire il diritto agli assegni famigliari integrativi (AFI)44 e assegni famigliari della prima infanzia (API)45 evitando, di conseguenza, di ricorrere all’aiuto sociale. L’aumento dei beneficiari di prestazione assistenziale dell’ultimo periodo                                                                                                                43 I dati sono stati estrapolati dalle Liste di “Partecipazione del Comune Mendrisio alle spese assistenziali” dei trimestri presi in analisi. 44 L’AFI copre il fabbisogno die figli che non hanno ancora compiuto i quindici anni, quando i genitori non hanno i mezzi sufficienti. Tratto da Monigatti M. e Vaucher De La Croix C., dispensa del modulo Le prestazioni finanziarie nella sicurezza sociale svizzera, SUPSI, Manno, a. a. 2015/2016. 45 L’API copre il fabbisogno dell’intera famiglia, quando almeno un figlio ha un’età inferiore ai tre anni. Tratto da Ibid.

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preso in analisi, può essere dettato dal cambio della legge sugli assegni di famiglia (Laf)46 che porta un nucleo familiare a richiedere l’aiuto sociale in quanto ha perso il diritto agli AFI o API. Dal comunicato stampa dell’Ufficio federale di statistica, si evince che anche il contesto sociale esercita un’influenza diretta sul numero di giovani adulti beneficiari di aiuto sociale. “Le regioni con un’elevata proporzione di ragazzi con genitori senza formazione professionale e una sovrapposizione di problemi sociali di natura diversa (come il sovraffollamento delle abitazioni, il basso livello di formazione o un’elevata disoccupazione) presentano anche una quota elevata di giovani adulti nell’aiuto sociale.”47 Riprendendo la statistica dell’USSI48, si deduce che nel dicembre 2015 il 44% del totale dei titolari (4'861 persone) non possedeva una formazione professionale conclusa. Su un totale di 2'562 titolari con una formazione terminata, il 78% ha un attestato di capacità professionale (apprendistato o scuola professionale), il 16% possiede una maturità (liceale o professionale) e il 6% ha un titolo di studio superiore (università o scuola professionale superiore). Le persone che non hanno una formazione post-obbligatoria e quelle che provengono da nuclei familiari economicamente svantaggiati (“povertà ereditaria”) tendono a dipendere più a lungo dall’aiuto sociale (minimo 3 anni)49. Nel Rapporto “Giovani in Ticino: approfondimento di situazioni e percorsi potenzialmente problematici”, i giovani che possiedono un basso capitale scolastico e formativo sono definiti “giovani senza”. Le caratteristiche che ricorrono in essi sono la mancanza di una serie di sostegni scolastici, sociali, relazionali, economici, ecc. “Anche se in percentuale il fenomeno potrebbe sembrare trascurabile, si nota la presenza di una fascia di giovani, che non intraprende nessuna formazione postobbligatoria o ne tenta diverse senza però conseguire alcun titolo.”50

                                                                                                               46 A partire dal 1° gennaio 2016 i cittadini stranieri possono accedere al diritto agli assegni familiari di complemento (AFI/API) solo se uno dei genitori è in possesso da almeno tre anni del permesso di domicilio (permesso C). Tratto da Modifica del regolamento sugli assegni di famiglia (Reg. Laf), Bellinzona, marzo 2016. 47 Ufficio federale di statistica (UST), Giovani adulti e aiuto sociale, Formazione, inserimento professionale e fondazione precoce di una famiglia: le ragioni principali del ricorso all'aiuto sociale dei giovani adulti, Comunicato stampa, 13 Sicurezza sociale, N. 0352-0905-70, 05.06.2009, p. 2. 48 Tratto da Ufficio del sostegno sociale e dell’inserimento (USSI): Amministrazione del Canton Ticino. Sezione ”Statistica“ in L’assistenza sociale in Ticino (dicembre 2015), http://www4.ti.ch/dss/dasf/ussi/documentazione/statistica/, consultato il 23.06.2016. 49 Ufficio federale di statistica (UST), Giovani adulti e aiuto sociale, Formazione, inserimento professionale e fondazione precoce di una famiglia: le ragioni principali del ricorso all'aiuto sociale dei giovani adulti, Comunicato stampa, 13 Sicurezza sociale, N. 0352-0905-70, 05.06.2009. 50 Mainardi Crohas G., Crescentini A., Donati M., Giovani in Ticino: approfondimento di situazioni e percorsi potenzialmente problematici, Agosto 2008, p. 35.

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4 DISSERTAZIONE  

In questo capitolo verranno riportati e approfonditi i risultati emersi dalla ricerca, grazie all’ausilio di passaggi di interviste supportati da spunti letterari e teorici ricavati dalle letture svolte. Il bacino di utenza preso in analisi è costituito da una fascia di popolazione limitata (cinque giovani adulti di età compresa tra i 18 e i 25 anni); pertanto questa indagine mira a sviluppare una fotografia conoscitiva ed esplorativa rispetto al fenomeno di giovani adulti beneficiari di prestazione assistenziale, senza avere la pretesa di fornire delle spiegazioni generalizzate. L’intento delle interviste e dell’analisi è di mostrare e raccontare le percezioni, i vissuti, la situazione e le riflessioni di giovani adulti che si trovano a vivere con l’aiuto sociale in un periodo della loro esistenza.

4.1 Percorsi scolastici e professionali

Tutti i giovani intervistati hanno portato a termine il percorso formativo presso le scuole dell’obbligo. Alcuni di loro ottenendo la licenza di scuola media con dei buoni voti, altri hanno invece riscontrato qualche difficoltà in più nel loro percorso: “Ho fatto la prima media a Stabio ma mi sono trovato male come scuola, quindi sono andato a

Morbio Inferiore dove ho fatto tre anni, sono uscito con dei buoni voti.” (intervista 1: Claudio, 23 anni)

“(…) ho fatto cinque anni alle elementari e poi quattro anni alle medie. Fino alle elementari è

andata bene, alle medie invece un disastro; non andavo proprio bene, zero. Non ho ricevuto la licenza.” (intervista 3: Laura, 23 anni)

“Io ho fatto tre anni di scuola elementare a Melide, dopo sono stata bocciata perché avevo

problemi con la matematica e con l’italiano non ero molto brava a scrivere, perché con due lingue è un po’ difficile. Dopo mi hanno mandata alle scuole speciali di Molino Nuovo che lì praticamente è una scuola in cui ti danno un aiuto in più. La maggior parte dei bambini che erano lì, avevano dei problemi veramente molto gravi; io invece, era solo proprio perché alle medie o alle elementari le cose andavano troppo veloci, quindi ecco. E niente, devo dire che da quando mi hanno inserita lì le cose sono andate molto bene, e ho fatto ancora qualche anno di scuola.” (intervista 5: Maria, 24 anni)

Successivamente la fine della scuola media, tutti gli intervistati hanno intrapreso la strada della formazione professionale di base (apprendistato). Molti di essi dopo aver concluso la professione scelta, sono rimasti ai margini del mercato del lavoro. Per contro, quasi la

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metà dei giovani ha cominciato più tentativi di apprendistati differenti, ma non portati a termine. I passi di intervista che seguono, riportano i percorsi professionali compiuti dai giovani adulti: “ (…) volevo fare l’apprendistato come cuoco però non ho trovato niente allora, proprio l’ultima

spiaggia è stata spazzacamino. Ho iniziato, però dopo due mesi non mi piaceva, anche perché i capi non erano proprio bravi, e mi son licenziato. Avevo tempo una settimana per trovare un altro posto di lavoro, sennò si perde l’anno scolastico, bisogna farlo entro novembre, e tramite un signore che conosco da un sacco di tempo che abita lì vicino a casa mia sono andato su a lavorare a Lugano da lui che ha una ditta di trasporti e montaggio mobili come magazziniere.” (intervista 2: Daniele, 20 anni)

“ (…) ho provato vari apprendistati, un po’ di tutto, tutto no perché ce ne sono troppi, però un po’

variati… Appunto, dopo le medie ho fatto tre / quattro apprendistati di cui tre erano tentativi non mirati, non convinti. Anche il quarto che son finito a fare l’asfaltatore, è stato un lavoro che non mi sarei mai aspettato di fare, ma alla fine l’ho accettato e mi piaceva (…)” (intervista 4: Luca, 25 anni)

Questi racconti indicano con precisione la grossa difficoltà riscontrata dai due ragazzi nell’individuare e nell’intraprendere una professione adatta a loro, alle loro “competenze personali” e al loro interesse. Nel “Rapporto di Strategia nazionale di lotta alla povertà” si evince che “lo svolgimento di una formazione professionale è una questione di volontà e convinzione individuale.”51 Se al giovane manca questa motivazione personale, risulterà difficile portare avanti e concludere con successo qualunque percorso formativo scelto. Inoltre, queste situazioni, possono portare il giovane in una condizione di emarginazione sociale52. “A febbraio ho trovato un posto di lavoro sempre come magazziniere a Balerna, solo che dopo

sette / otto mesi mi sono licenziato, perché: sicurezza sul lavoro zero; la paga, ero un po’ sotto-pagato (…)” (intervista 2: Daniele, 20 anni)

“Ho fatto due anni di apprendistato empirico, poi dopodiché dovevo fare il terzo anno ma il

datore di lavoro non mi ha più tenuta. (…) ho trovato in albergo (…) ho fatto i miei due anni di apprendistato, ma pure lì niente, le cose non sono andate bene perché il mio ex direttore aveva problemi di gestione, tutte queste cose qua, e quindi a me e all’altra apprendista ci ha dovute lasciare a casa.” (intervista 5: Maria, 24 anni)

                                                                                                               51 Rapporto del Consiglio federale in adempimento della mozione (06.3001) della Commissione della sicurezza sociale e della sanità del Consiglio nazionale (CSS-CN) del 13 gennaio 2006. Rapporto: Strategia nazionale di lotta alla povertà, 31 marzo 2010, p. 42. 52 Ibid.

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Nel “Rendiconto realizzato dalla Divisione della formazione professionale (DFP) nel 2007”, nel quale sono ricercati e indagati i possibili motivi legati allo scioglimento di contratti di tirocinio, si evince che “Nel primo anno di formazione lo scioglimento del contratto indica, in parecchi casi, che la scelta dell’apprendista non era stata fatta con convinzione e magari in modo un po’ affrettato; in altri casi il dover coniugare scuola e lavoro comporta difficoltà serie che impongono l’interruzione dell’attività lavorativa. (…) Lo scioglimento indica che qualcosa non ha funzionato come sperato; l’insuccesso può portare a rafforzare la demotivazione del giovane e rendere più difficile il suo reinserimento nel mondo del lavoro. (…)”53 La formazione professionale e il sistema educativo dovrebbero avere lo scopo di preparare e formare le persone adeguatamente in vista di un inserimento stabile nel mercato del lavoro. Compito ancora più importante, dovrebbe essere quello di “integrare durevolmente nell’economia e nella società i giovani e gli adulti che non sono riusciti a sfruttare le opportunità formative esistenti.”54 Realtà che non è percepita dai giovani intervistati. “(…) dopo quattro anni in cui non ho fatto niente, iniziare un lavoro così, subito di colpo, devo

dire la verità, è pesante (…)” (intervista 3: Laura, 23 anni) “(…) il tempo maggiore che passo è in solitudine, non con gli altri.” (intervista 4: Luca, 25 anni) Dal “Rapporto del Consiglio federale” è stato evidenziato che ogni anno, 2'000 / 2'500 giovani non riescono a collocarsi in modo stabile e duraturo nel mondo del lavoro. Caratteristiche ricorrenti e comuni di questa fascia di ragazzi sono la non riuscita nel passaggio dalla scuola media a una formazione professionale, oppure l’interruzione della formazione intrapresa. Inoltre, si riscontrano contemporaneamente varie problematiche, come per esempio difficoltà scolastiche o personali, o la presenza di una situazione di disagio sociale. Senza il possesso di una formazione, vi è una maggior probabilità di dipendere più a lungo dell’aiuto sociale55. Nonostante le numerose difficoltà riscontrate, alcuni dei giovani intervistati hanno ancora la voglia e il desiderio di mettersi in gioco intraprendendo altri percorsi formativi. Alcuni di loro hanno già pensato a progetti professionali alternativi e concreti e sono in attesa di risposte per quanto concerne una possibile assunzione.

                                                                                                               53 Mainardi Crohas G., Crescentini A., Donati M., Giovani in Ticino: approfondimento di situazioni e percorsi potenzialmente problematici, Agosto 2008, p. 31. 54 Rapporto del Consiglio federale in adempimento della mozione (06.3001) della Commissione della sicurezza sociale e della sanità del Consiglio nazionale (CSS-CN) del 13 gennaio 2006. Rapporto: Strategia nazionale di lotta alla povertà, 31 marzo 2010, p. 41. 55 Ibid.

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“(…) fino a oggi che ho scoperto che voglio fare il cuoco…e siamo arrivati fino a qua.” (intervista 1: Claudio, 23 anni)

“(…) adesso sto lavorando alla Quiete, sempre come addetta alle cure. E sto aspettando questa

risposta, appunto se posso iniziare lì l’apprendistato oppure no.” (intervista 3: Laura, 23 anni) “Ora sto facendo un programma occupazionale di sei mesi, sto facendo uno stage in una casa

per anziani come assistente di cura e, niente, il trenta giugno dovrei finire e spero di trovare un posto che mi prendano.” (intervista 5: Maria, 24 anni)

4.2 Quadro familiare

Tutti i giovani adulti intervistati sono stati indirizzati e si sono rivolti presso l’Ufficio Antenna Sociale e Giovani della Città di Mendrisio su indicazione e consiglio della rete sociale. La rete sociale è composta dalle relazioni esistenti tra le persone; una sua importante finalità è quella di fungere da sostegno sociale. È possibile suddividerla e distinguerla in: “rete primaria” che include tutti quei legami sociali intensi caratterizzati da affetto tra le persone (come familiari, amici, ecc.); “rete secondaria” la quale comprende le relazioni di tipo impersonale (come le istituzioni, i servizi ed enti presenti sul territorio, ecc.)56. Il campione di giovani è stato indirizzato all’Ufficio da persone appartenenti sia alla rete primaria, sia a quella secondaria. “(…) dall’assistente sociale dell’ospedale e dalla mamma della mia ragazza, sono venuto a

conoscenza così.” (intervista 1: Claudio, 23 anni) “(…) è stato mio papà (…) e anche la disoccupazione (…).” (intervista 3: Laura, 23 anni) “(…) l’operatrice di prossimità.” (intervista 4: Luca, 25 anni) Il motivo per il quale tutti e cinque i giovani intervistati hanno fatto domanda per ricevere il sostegno della prestazione assistenziale, è prettamente di natura economica. Alcuni di loro (due giovani) abitano a casa con i genitori, quindi il contributo finanziario che ricevono dall’USSI lo usano in parte per partecipare alle spese che il nucleo familiare deve sostenere: “L’ho chiesta perché comunque anche se adesso vivo con i miei, mi tocca pagare le mie fatture

e comunque le mie spese le ho anche io. Quindi l’ho chiesta per ragioni economiche, non avendo un’entrata.” (intervista 3: Laura, 23 anni)

                                                                                                               56 Tratto da Modulo Metodologia del servizio sociale, SUPSI, Manno, a.a. 2015/2016.

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Tre giovani, invece, sono autonomi e indipendenti dalla famiglia poiché abitano soli, dunque l’entrata garantita dall’aiuto sociale serve sostanzialmente per il loro sostentamento: “L’ho chiesta perché non riesco ad arrivare a fine mese con, diciamo, i miei due piccoli lavori

che ho adesso, che insegno lavorando al service audio, quindi una mano è ben più che gradita.” (intervista 1: Claudio, 23 anni)

Quattro giovani su cinque hanno alle spalle delle situazioni e dei vissuti familiari non molto positivi e facili. I motivi sono diversi fra loro: Claudio ha la madre che presenta problematiche psichiche accentuate, Laura vive con genitori che le fanno importanti storie riguardanti i soldi che deve dare in casa, Luca non ha mai conosciuto la madre (perché lo ha abbandonato) e qualche anno fa ha perso il padre e Maria ha i genitori separati e viveva con il padre che faceva uso di alcool. Di seguito sono riportati alcuni frammenti di intervista che raccontano i vissuti dei giovani: “Riguarda tutto quella cosa che è successo con mia madre che me ne sono andato di casa.

Diciamo che era una persona molto nervosa e dopo la decima volta che mi metti le mani addosso perché (…), stavo dormendo di notte ed è entrata ed ha sclerato ancora per i soldi, voleva altri soldi, da lì basta, ho troncato. (…) E dopo un po’ basta (…), avere di fianco una persona nervosa che ti logora per gli anni, dopo un po’ non ce la fai più. (…) Ecco, la mia situazione familiare non è bellissima, non ne parliamo, ma io sono comunque sempre molto positivo. Mio padre non c’è mai stato e…vabbé, si cresce lo stesso. Basta avere la propria testa e pensare.” (intervista 1: Claudio, 23 anni)

“(…) non ho familiari e non ho un lavoro (…). È stato anche un periodo non tanto bello (…),

prima avevo anche altri problemi non solamente questi di salute fisica, ma anche un po’ emotiva o psichica, si potrebbe dire. Le chiamano “le ricadute” o “cadute”, nel senso, quando non sei abbastanza su con l’umore, parlando sempre di autostima o quelle robe lì. Diciamo che ti senti altro che il mondo crollarti addosso. Ti crolla addosso il famoso mondo, poi ti crolla addosso anche quel poco di briciolo di coscienza che hai, a volte anche un po’ di speranza, pazienza e inizi a perdere un po’ le staffe. Dopo ritrovi il tempo per rimetterti sul percorso. Non è che se la macchina perde l’olio o la benzina, posso mettermi in strada e gareggiare. No, devo prima tirarla fuori e metterla a posto e poi si mette di nuovo in pista. (…) poi adesso c’è mio zio che non sta tanto bene, ha la leucemia (…).” (intervista 4: Luca, 25 anni)

“(…) la mia situazione a casa non è una di quelle migliori, quindi ho preso un monolocale da

sola.” (intervista 5: Maria, 24 anni) Dalle testimonianze si possono riscontrare delle difficoltà presenti nella vita di questi giovani adulti. Traspare inoltre in modo abbastanza chiaro, una capacità di reazione di fronte a situazioni difficili.

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In sociologia, la capacità di una persona di resistere, di piegarsi senza però spezzarsi, di far fronte positivamente a eventi e situazioni drastiche viene definita con il termine di “resilienza”57. La resilienza è l’attitudine di un soggetto di superare le criticità, gli insuccessi, le amarezze prodotte da certe condizioni della vita e di uscirne rafforzati e di riorganizzarsi in modo gratificante. “Si tratta dell’avvio di un progetto di vita volto ad integrare luci ed ombre, forza e sofferenza, la vulnerabilità con la capacità di ricostruire il proprio percorso di vita.”58 I fattori che consentono di superare i momenti traumatici possono essere sviluppati, così da permettere alla persona di riprendere il proprio percorso di vita. Per questo motivo la resilienza può costituire una risorsa essenziale da valorizzare, promuovere e sostenere all’interno di percorsi educativi e di accompagnamento sociale di persone in difficoltà. In aggiunta, Andrew Zolli e Ann Marie Healy, nel loro libro “Resilienza, La scienza di adattarsi ai cambiamenti”, indicano la resilienza come qualità e la definiscono un “talento” in una società liquida59 e volatile come quella che stiamo vivendo attualmente. Un altro fattore importante è la famiglia, infatti Giuliana Mandich nel suo libro “Abitare lo spazio sociale”, afferma che “la famiglia si posiziona indiscutibilmente al primo posto nella gerarchia di valore dei giovani e sembra costituire «l’ancoraggio istituzionale e cognitivo» che dà alle nuove generazioni la possibilità di affrontare la frammentazione sociale e l’incertezza che caratterizzano la realtà contemporanea.”60 L’importanza attribuita all’istituzione familiare, la si può riscontrare nei racconti di due giovani intervistati: “(…) una situazione familiare che ho trovato invece positiva, è la famiglia della mia ragazza.

Loro mi vogliono un bene dell’anima, sono bravissimi, mi hanno aiutato veramente, veramente tanto e io considero adesso loro comunque un po’ un pezzo della mia famiglia. (…) adesso (…) è diventata di più un «sei un nostro familiare, vieni a cena quando vuoi»; io gli faccio sempre la torta o gli porto la bottiglietta di vino. È sempre bello avere un posto dove ti siedi a tavola e fai la preghiera, chini il capo, mangi, sparecchi, pulisci. È bello, piuttosto che stare a casa da solo a guardarmi in faccia con il mio gatto, come ai vecchi tempi.” (intervista 1: Claudio, 23 anni)

“(sento più vicini e presenti) in primis ovviamente i miei genitori, poi comunque mia zia e la mia

ragazza. Per esempio quando dico «tanto non trovo più lavoro perché qua è impossibile», mi dicono di non abbattermi, che tanto prima o poi qualcosa salta fuori. cercano sempre di tirarmi

                                                                                                               57 Zolli A., Healy A. M., Resilienza, La scienza di adattarsi ai cambiamenti, Saggi Rizzoli, Milano, 2014. 58 Gambardella E., La resilienza, dispensa del modulo Laboratorio di pratica professionale di base, SUPSI,Manno, a. a. 2013/2014, p. 2. 59 Il sociologo polacco Zygmunt Bauman utilizza il temine “modernità liquida” per identificare la post-modernità, caratterizzata da un costante cambiamento e da una perenne incertezza. Tratto da Bauman Z., Modernità liquida, Editori Laterza, Bari-Roma, 2011. 60 Mandich G., Abitare lo spazio sociale. Giovani, reti di relazione e costruzione dell’identità, Guerini Studio, Milano, 2003, p. 62.

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su di morale (…), e di farmi vedere il lato positivo (…), di non abbattermi. Cercano ovviamente di indirizzarmi anche su altre strade(…). Mi spronano, mi aiutano e mi incoraggiano, cercano di tirarmi su…” (intervista 2: Daniele, 20 anni)

Da entrambi i frammenti, si può cogliere l’importanza che i due giovani attribuiscono alla presenza e al supporto emotivo proveniente dalle persone che percepiscono presenti e vicine a loro (per Claudio i genitori della sua ragazza, per Daniele i suoi genitori). Si percepisce il valore e la necessità dei giovani di avere qualcuno che nei momenti difficili e di sconforto possa rassicurarli e sostenerli. “La mia famiglia è un po’…loro si, sono contenti che comunque bene o male l’assistenza mi

aiuta, però se non sono in assistenza è meglio per loro. (…) certi (familiari) pensano che sono una nulla-facente perché sto in assistenza. Quindi, quando mi chiedono se ho trovato lavoro, dico di no, basta punto, cerco di non parlar troppo e di non stare troppo su quell’argomento perché so che dopo cominciano a dire qualcosa e dopo magari io do di matto. (…) la cosa che io non concepisco è questa auto-critica dicendo che «bohm, sei in assistenza, non fai niente nella vita, non vai a scuola». Però, questo tipo di persone devono capire che se una persona è in assistenza, non vuol dire che è una nulla-facente.” (intervista 5: Maria, 24 anni)

Per contro, da questo frammento di racconto di Maria, emerge la percezione di etichettamento e di pregiudizio che la ragazza prova quando si rapporta con i familiari. Per questo motivo non si addentra nei discorsi riguardanti la sua situazione attuale (mancanza di lavoro), al fine di evitare dei conflitti con alcuni familiari che ritengono il giovane beneficiario di aiuto sociale un “nulla-facente”. Infatti la sociologia definisce i pregiudizi come opinioni e atteggiamenti immotivati e precostituiti fondati sul “sentito dire” piuttosto che dall’esperienza e dal vissuto diretto, i quali conducono l’individuo a essere prevenuto rispetto a un dato argomento o persona. Spesso i pregiudizi sono costruiti su stereotipi, i quali sono interpretazioni molto rigide e difficilmente soggette a cambiamenti61.

4.3 Legami significativi

Ogni persona vive all’interno di vari sistemi relazionali differenti tra loro, dai quali deriva un senso di appartenenza e che costituiscono la fonte dell’identità del soggetto. In questi sistemi rientrano vari soggetti facenti parte della propria famiglia, del circolo amicale, del quadro lavorativo o del tempo libero. La persona viene così definita come “pluriappartenente” a sistemi relazionali, nei quali essa può intessere rapporti privilegiati che formano un “reticolo”. Questo “reticolo personale” rappresenta e consente lo sviluppo

                                                                                                               61 Giddens A., Fondamenti di sociologia, Manuali, il Mulino, Bologna, 2006.

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del senso di appartenenza e di identità, l’autonomia e la socializzazione (si intende lo sviluppo e l’approfondimento dei legami relazionali con gli altri)62. Dalle informazioni raccolte tramite le interviste, emerge in modo abbastanza marcato che la maggior parte degli intervistati riconosce la vicinanza di poche persone fidate: parenti (genitori o zii), compagno/a o qualche amico “più stretto” (definiti migliori amici). Due giovani adulti, affermano di aver interrotto gran parte delle amicizie e dei legami che avevano prima della loro condizione attuale. Bisogna anche riconoscere che l’amicizia è un “sentimento dinamico”, nel tempo alcune amicizie nascono e altre invece si perdono. Questo fenomeno avviene poiché muta la definizione e la rappresentazione dell’amicizia e inoltre cambiano anche le condizioni e i presupposti in cui essa è cresciuta63. Secondo la visione e interpretazione personale di Laura, questa rottura è correlata alla sua attuale situazione economica: “(…) da quando sono entrata in assistenza, basta. Secondo me, è per la mia situazione

economica. Perché poi alla fine andavano in giro a dire «ma quella lì non esce mai perché non ha soldi». Cioè, capito, è comunque un imbarazzo.” (intervista 3: Laura, 23 anni)

Fabio Folgheraiter afferma in un “Editoriale della rivista Lavoro sociale”, “sappiamo fin troppo bene che il disagio sociale e la sofferenza umana scaturiscono sempre dalla mancanza di fiducia e di reciprocità, cioè dalla miseria – per così dire – delle relazioni sociali.”64 Il disagio è un tratto comune dell’esistenza ed è presente in ogni fase di vita, è una condizione di malessere che fa percepire alla persona un senso di inadeguatezza in certe situazioni. Viene spesso descritto e raccontato come voglia di non esserci o di dissolversi. “I giovani devono avvertire e vivere il disagio, l’unica attenzione sarà che non si trasformi in devianza.”65 Dal racconto di Luca, rispetto a quelli degli altri giovani partecipanti, si può evincere un vissuto maggiormente travagliato dal quale emerge una certa connotazione di disagio, di solitudine, di isolamento: “Mah, qualche amico che c’è in giro qua, che è nella mia stessa situazione ci troviamo, ci

piangiamo sulla spalla. Non è che siam lì proprio a piangerci addosso, ma siam lì ad annoiarci insieme. Più che ammazzare il tempo, a volte è più il tempo che ammazza noi. (…) Tra i soldi che non ci sono, la poca voglia e tutto il resto, dopo ti passa anche un po’ la poesia di far le

                                                                                                               62 Ferrario F., Il lavoro di rete nel servizio sociale. Gli operatori fra solidarietà e istituzioni, Carocci editore, Roma, 2002. 63 Mandich G., Abitare lo spazio sociale. Giovani, reti di relazione e costruzione dell’identità, Guerini Studio, Milano, 2003. 64 Folgheraiter F., Editoriale, Università Cattolica di Milano, p. 6. 65 Andreoli V., Giovani. Sfida, rivolta, speranze, futuro, Rizzoli, Milano, 1995, p. 126.

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cose. Non hai più la motivazione, ormai è così, nel senso dopo diventi uno a cui dicono «oh, ma sei sempre così duro con te stesso…», ma cosa devo fare?” (intervista 4: Luca, 25 anni)

4.4 Consapevolezza della propria condizione economica

Tutti i giovani intervistati hanno affermato che la loro famiglia e gli amici più stretti conoscono la loro situazione economica. Dalle interviste è emerso che i familiari a differenza degli amici, non conoscono la situazione economica nei dettagli (quanto percepiscono al mese), sanno solo che sono beneficiari dell’aiuto sociale. “Sì, (…) sanno (familiari) che prendo l’assistenza, ma non quanti soldi mi danno. Sì, sì. Loro (amici), però, a differenza, sanno quanto prendo più o meno (…), perché magari

anche loro ci son passati (…) e quindi mi capiscono già un po’ di più.” (intervista 5: Maria, 24 anni)

Tre giovani su cinque dichiarano che hanno difficoltà finanziarie evidenti e importanti, sostengono inoltre che i soldi versati loro dalla prestazione assistenziale non sono sufficienti a coprire le spese mensili, a soddisfare i loro bisogni (in un caso addirittura primari) o desideri. Emerge un sentimento di inferiorità nel doversi privare di quello che loro ritengono il minimo indispensabile per vivere. Una giovane donna racconta che al fine di risparmiare è disposta a rinunciare anche alle poche uscite che si concede con l’unica amica che le è rimasta e che spesso la sostiene finanziariamente. La testimonianza sottostante descrive il sentimento di rinuncia e la difficoltà che puntualmente affligge il giovane intervistato sotto il profilo economico: “(…) son più le rinunce alla fine che tutto il resto. È una vita in cui non puoi permetterti un cavolo

in questo momento. Non riesco neanche a mangiare fra un po’, devo pagare le fatture, le bollette (…).” (intervista 4: Luca, 25 anni)

Serge Paugam, sociologo francese, nel suo libro “La disqualification sociale”, identifica con il termine “fragili” quelle persone che vivono una situazione economica precaria e instabile. Secondo l’autore, la costante che si può ritrovare tra queste persone, è un sentimento di inferiorità sociale che essi provano. Inoltre la loro condizione di “assistiti” contribuisce a influenzare la loro identità e la loro dignità66. Nello studio sulla “Povertà in Ticino” condotto dal Dipartimento delle opere sociali, viene utilizzato il termine “precarietà” per definire le nuove forme di povertà che vanno oltre alla privazione economica. Infatti il fenomeno della precarietà ha molteplici cause e segnali, come la disoccupazione, la formazione non adeguata, il disagio psicologico, l’occupazione

                                                                                                               66 Paugam S., La disqualification sociale. Essai sur la nouvelle pauvreté, Presses Universitaires de France, Parigi, 1994.

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instabile, ecc.67 Tratti che si possono osservare nella condizione dei giovani adulti intervistati.

4.5 Considerazioni e riflessioni degli intervistati

Dalle domande sottoposte durante l’intervista è emerso, in più casi, che l’aiuto derivante dalla prestazione sociale è ben accetto e riconosciuto come privilegio. “(…) se sono in difficoltà non è che mi devo vergognare a chiedere aiuto. So che sarà per un

lasso di tempo corto, io spero. (…) E comunque siamo in Svizzera, in un paese evoluto, e grazie a Dio che c’è l’assistenza, perché io sennò non sapevo come fare.” (intervista 1: Claudio, 23 anni)

“(…) non mi vergogno, anzi, non è colpa mia se sono in assistenza, per fortuna che c’è.”

(intervista 4: Luca, 25 anni) “(…) finché non trovo lavoro sono più che contenta che sono in assistenza.” (intervista 5: Maria,

24 anni) Serge Paugam, nel suo libro “La disqualification sociale”, attribuisce a questo comportamento il termine di “strategia di consumazione”, dove la persona si presenta dall’assistente sociale spiegandole la situazione in cui si trova e le chiede direttamente l’aiuto finanziario senza troppi giri di parole. Le persone che presentano questa condotta, al momento di chiedere aiuto al servizio sociale, secondo Paugam, non provano sentimenti di malessere o di vergogna. Questo atteggiamento può essere spiegato poiché esse reputano la loro condizione di precarietà momentanea e limitata nel tempo. In secondo luogo, potrebbe essere riconducibile all’assenza di prole, dunque non hanno preoccupazioni legate al mantenimento dei figli a carico. Ciò non significa che queste persone non provino il sentimento di inferiorità sociale, ma elaborano una serie di spiegazioni per cercare di giustificare la loro situazione transitoria e vulnerabile68. Queste persone percepiscono gli eventi attraverso la modalità del “locus esterno”, fenomeno che consiste nella sensazione di non poter percepire nessun controllo sugli eventi che accadono durante la propria esistenza, dunque di non poter esercitare alcun controllo sulla propria condizione di vita. Si tende così ad attribuire la causa di un avvenimento all’esterno della propria persona, “il soggetto è portato a credere che gli eventi siano determinati da forze esterne, come la fortuna, la sorte e l’influenza di altre persone.”69                                                                                                                67 Canton Ticino, La povertà in Ticino, Dipartimento delle opere sociali, Bellinzona, 1987. 68 Paugam S., La disqualification sociale. Essai sur la nouvelle pauvreté, Presses Universitaires de France, Parigi, 1994. 69 Francesconi M., Zanetti M. A., Adolescenti: cultura del rischio ed etica dei limiti, FrancoAngeli, Milano, 2009, p. 25.

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Se a parere dei giovani, la condizione economica ha subito un mutamento rispetto alla loro situazione precedente, non risultano avere la stessa tendenza le relazioni con i pochi amici rimasti o con i familiari. Per quanto riguarda la strutturazione e l’impiego del tempo della giornata, la maggior parte dei giovani adulti afferma di avere, chiaramente, maggior tempo a disposizione; le due giovani donne sostengono inoltre, di aver “sfruttato” l’opportunità offerta loro dall’Ufficio del Sostegno Sociale e dell’Inserimento, di impiegare le loro giornate in programmi occupazionali (entrambe come assistenti di cure presso case per anziani). Dalla testimonianza di Luca emerge in modo abbastanza marcato la condizione esistenziale segnata dal sentimento di noia, alla domanda “Negli ultimi mesi, come trascorri le tue giornate?”, Luca ha risposto nel modo seguente: “Cercando di occuparmi, logico, però non è facile. Negli ultimi mesi, si può dire che è più il

tempo che sono a casa incollato alla tv, non ho molta interazione con le persone perché o son tutti occupati a lavorare, o disoccupati per i cavoli loro. Quindi le giornate sarebbe bello occuparle, non dico per forza lavorando, se ci fosse il lavoro e un guadagno ben venga ma devi avere anche la compagnia per occupare le giornate (…) O ti inventi te la tua corsetta singola o con gli amici, o vai a farti la tua biciclettata, però dopo sei in giro come un babbo e basta. Alla fine sei in giro come un cucù, ecco come passo le giornate.” (intervista 4: Luca, 25 anni)

Il sentimento di noia emerso è inteso come non sapere che cosa inventarsi per trascorrere il tempo quotidiano, come occuparsi durante le giornate che sembrano essere interminabili. Alberto Moravia, nel suo romanzo intitolato “La noia” narra e dipinge questo concetto nel seguente modo: “…Il sentimento della noia nasce in me da quello dell’assurdità di una realtà, come ho detto, insufficiente ossia incapace di persuadermi della propria effettiva esistenza…l’avvizzimento degli oggetti, ossia dall’oscura consapevolezza che tra me e le cose non ci fosse alcun rapporto…la noia consiste principalmente nell’incomunicabilità…”70 Il rischio che scaturisce dal sentimento della noia e del “non sapere come riempire” le proprie giornate, potrebbe “deviare” i giovani su strade poco raccomandabili, come quella del consumo di sostanze illegali. È la situazione raccontata da Luca, nella quale afferma che l’uso di canapa è uno dei pochi piaceri che si concede. Riconosce inoltre che quando riesce a tenersi occupato, diminuisce la quantità di canapa fumata. “Peccato che ne fumo troppa (canapa), perché stando a casa a far niente, ti bruci il cervello.

Però questo almeno è uno dei pochi piaceri che ho ancora nella vita. Fumare, una delle poche cose che mi da ancora qualche soddisfazione e a parte che mi da l’effetto, mi fa stare sereno e tranquillo, sennò divento troppo agitato.” (intervista 4: Luca, 25 anni)

                                                                                                               70 Moravia A., La noia. In Andreoli V., Giovani. Sfida, rivolta, speranze, futuro, Rizzoli, Milano, 1995, p. 113.

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Massimo Canu, nel suo libro “Psicologia delle tossicodipendenze”, afferma che è stato supposto che l’utilizzo della canapa ha uno scopo auto-curativo, ciò è riconducibile al fatto che le persone spesso ricorrono all’utilizzo di questa sostanza poiché percepiscono il bisogno di alleviare e allontanare momentaneamente ansia, malessere, stress e disagio71. Dai racconti dei giovani, il futuro è percepito come una sorta di incognita, come una realtà molto lontana piena di punti di domanda. La dimensione del futuro è vissuta e percepita maggiormente e sempre più spesso come una minaccia, piuttosto che come una promessa di speranza, di gioia e di opportunità72. La testimonianza di Laura rende molto l’idea dell’incertezza vissuta e della negatività provata: “Avrò una vita mia un giorno? Sarò in pace? (…) Finirà tutto questo incubo?” (intervista 3:

Laura, 23 anni) Dalle informazioni raccolte emerge che i ragazzi aspirano e desiderano comunque, nonostante l’insicurezza, una condizione di vita migliore di quella attuale che stanno attraversando. Anche questi giovani che risultano un po’ più “fragili”, poiché hanno o stanno vivendo dei periodi difficili, hanno la speranza e la voglia di uscire da questa condizione di disagio: “C’è tanta gente (…) che è in assistenza e sono quelli che vogliono stare in assistenza a lungo

termine, è gente che gli basta quei novecento franchi e dicono: «piuttosto prendo questo e non faccio niente tutto il giorno». Io sono il contrario, perché prendere quello che prendo che sono seicento franchi al mese, non ho voglia di prenderli ancora.” (intervista 2: Daniele, 20 anni)

“(…) conosco certe persone che hanno trenta / quarant’anni che sono in assistenza e vivono

con i genitori e questo tipo di vita non fa per me.” (intervista 5: Maria, 24 anni) I giovani intervistati percepiscono una difficoltà a progettare e pianificare la loro esistenza e nel fare progetti a medio-lungo termine. La difficoltà nel costruire la propria identità73 è anche probabilmente dovuta alla mancanza dell’identità derivante dal mondo professionale. Un esempio significativo è la testimonianza di Luca: “(…) lavoravo e avevo un’occupazione, mi guadagnavo i miei biglietti da mille, avevo anche una

prospettiva futura. Adesso sono a casa come un povero verme. Quindi sì, è cambiata tantissimo, come dal giorno alla notte. Se non sei occupato o non fai qualcosa, cos’è l’uomo?” (intervista 4: Luca, 25 anni)

                                                                                                               71 Canu M., Psicologia delle tossicodipendenze, Piccin, Padova, 2013. 72 Coffele G., Gatti G., Problemi morali dei giovani oggi, Libreria Ateneo Salesiano, Roma, 1990. 73 Con il termine identità si intende “l’identità personale, ossia il senso del proprio essere attraverso il tempo e distinto, come entità, da tutte le altre.”. Tratto da Galimberti U., Enciclopedia di Psicologia, Garzanti, Milano, 1999, p. 502.

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5 CONCLUSIONI Questa indagine, nonostante è focalizzata su un bacino d’utenza ristretto (cinque giovani adulti di età compresa tra i 18 e i 25 anni) e su un solo Comune (la Città di Mendrisio), mostra un fenomeno molto più ampio che sta subendo un importante incremento. Varie letture svolte sul tema e sulla condizione di giovani adulti beneficiari di prestazione assistenziale e un’attenta osservazione condotta sul territorio, hanno permesso di cogliere una certa attualità e importanza del fenomeno stesso. La condizione di giovani adulti che beneficiano della prestazione assistenziale inizia a destare preoccupazione e a suscitare, di conseguenza, la curiosità da parte di alcuni ricercatori. Il Centro innovazione e ricerca sui sistemi educativi (CIRSE) della Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana (SUPSI) sta svolgendo una ricerca scientifica su un campione di giovani di età compresa tra i 18 e i 25 anni che beneficiano o hanno beneficiato di prestazioni sociali cantonali. L’obiettivo di tale progetto consiste nell’analizzare i percorsi formativi e di vita del gruppo d’utenza scelto nel Canton Ticino. I risultati si presteranno a migliorare e a strutturare in modo più appropriato gli interventi futuri volti al sostegno dei giovani sia a livello della scuola dell’obbligo, sia a quello secondario. In questo modo si mira ad agevolare l’inserimento formativo e lavorativo, evitando di conseguenza il ricorso all’assistenza sociale. Un ulteriore scopo di questa indagine consiste nell’apprendere i bisogni delle persone senza lavoro in modo da perfezionare la qualità dei servizi cantonali a loro disposizione. Dagli elementi emersi da questo lavoro di tesi, si può affermare che l’argomento indagato nella ricerca del CIRSE è anche sentito e presente nei vissuti dei giovani intervistati. In una società sempre più competitiva a livello lavorativo ed economico e affamata di titoli formativi, è sempre più difficile per questi giovani inserirsi nel mercato del lavoro. Essi sono definiti “giovani senza”, denominazione che rimanda all’immagine di mancanza, di carenza di supporti e aiuti (che spaziano dall’ambito scolastico, lavorativo, a quello sociale e relazionale). Bisogna avere uno sguardo attento e vigile su questo fenomeno, poiché “Questi giovani, posti al di fuori o ai margini della formazione, rappresentano una spia segnaletica di notevole importanza nelle vicende che concorrono ad attribuire un inserimento a tutti gli effetti nella società. In un mondo che affonda a piene mani nella competizione rivolta all’accumulo di capitali formativi, questi giovani che ne sono deprivati, si trasformano in un focolaio ad altro rischio sociale.”74 Questo sistema affamato che però non offre ciò che brama, induce il giovane ad assumere un atteggiamento denominato “presentismo” o “processo di individualizzazione”,                                                                                                                74 Donati M., Volevi veramente diventare quello che sei? La formazione dei giovani dopo la scuola media: carriere scolastiche e professionali attraverso l’analisi di 1'400 biografie formative, studio longitudinale. In Mainardi Crohas G., Crescentini A., Donati M., Giovani in Ticino: approfondimento di situazioni e percorsi potenzialmente problematici, Agosto 2008, p. 35.

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che lo conduce ad avere una percezione negativa e di sfiducia nei confronti del futuro. Questi ragazzi spesso non hanno progetti futuri, si concentrano dunque sulla loro dimensione quotidiana, relegando di conseguenza il futuro sullo sfondo. Atteggiamento connesso alla caratteristica dei “giovani senza”, poiché “Il non possesso di un adeguato capitale sociale e culturale, mette i giovani in serie difficoltà. I giovani «più attrezzati riescono meglio degli altri a convivere con l’atmosfera di incertezza che caratterizza la nostra epoca, e riescono ad impedire che il dubbio verso il futuro si trasformi in un’angoscia paralizzante».”75 Un obiettivo dell’operato dell’assistente sociale, dovrebbe essere quello di evitare che i giovani vengano inglobati in questa “angoscia paralizzante” dettata dall’incertezza della società odierna che li trascina ad avere uno sguardo pessimista nei confronti di un futuro già difficile di per sé. Oltre a intervenire sul piano della formazione, come mira lo studio del CIRSE, l’operatrice sociale potrebbe costruire una rete di sostegno attorno al ragazzo che si trova in difficoltà. Si potrebbe immaginare una collaborazione con la figura dell’orientatrice professionale, con lo scopo di valutare le competenze del giovane e la possibile professione futura adeguata. Oppure si potrebbe creare una cooperazione con alcuni datori di lavoro presenti sul territorio disponibili ad assumere (anche per periodi di stage o apprendistato) giovani adulti beneficiari di prestazione assistenziale che desiderano rientrare nel mercato del lavoro, sentendosi utili e valorizzati. Il ruolo dell’assistente sociale volto ad aiutare a mantenere il giovane occupato e produttivo, potrebbe evitare l’innescarsi di altre situazioni di ulteriore disagio. Aspetto molto importante per un ragazzo che non sa come occupare le proprie giornate in modo da non annoiarsi, con il possibile rischio di consumo di sostanze illegali o di cadere nel vortice di isolamento sociale e nella conseguente emarginazione. Con il termine emarginazione si fa riferimento alla “mancata integrazione nel tessuto sociale di soggetti che, per ragioni etniche, economiche o comportamentali, sono discriminati ed esclusi dai normali circuiti che veicolano le relazioni sociali.” 76 Inoltre, da alcune testimonianze affiora in modo chiaro e tangibile la condizione di solitudine che alcuni giovani adulti vivono. Sentimento percepito da alcuni ragazzi, che deriva dalla scarsità di rapporti significativi intrattenuti con la rete primaria, oppure dall’inappagamento proveniente delle relazioni che i soggetti hanno. Si è riscontrato che, alcuni giovani intervistati, mostrano una certa contraddizione nelle risposte alle domande riguardanti la loro situazione economica. In più casi affermano di non provare sentimenti di vergogna agli occhi della rete primaria rispetto alla loro condizione di “assistiti”, però poi raccontano che solo gli amici “più stretti” conoscono la loro situazione privata e finanziaria. Questo loro comportamento potrebbe essere correlato

                                                                                                               75 Mainardi Crohas G., Crescentini A., Donati M., Giovani in Ticino: approfondimento di situazioni e percorsi potenzialmente problematici, Agosto 2008, p. 52. 76 Galimberti U., Enciclopedia di Psicologia, Garzanti, Milano, 1999, pp. 356-357.

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al sentimento di giudizio o alla negazione e al diniego, ovvero al rifiuto di riconoscere e ammettere situazioni tormentate, aspetti di sé stessi o la realtà stessa77. Al fine di poter giungere a dei possibili interventi concreti futuri, rispetto alla problematica presentata e trattata in questo lavoro di tesi, sarebbe interessante che una ricerca simile venga condotta in ogni Comune del Cantone, al fine di avvicinarsi maggiormente al mondo giovanile e alle sue sfumature più nascoste. Avvicinamento che permette all’assistente sociale di chiarire alcune zone d’ombra di certi comportamenti e reazioni dei giovani presi a carico. Vi è la consapevolezza che il maggior limite riscontrato in questa indagine, è che le informazioni e gli spunti emersi raffigurano e fotografano solo una piccola fascia dei giovani adulti che vivono la condizione di beneficiari di prestazione assistenziale. Considerato il tempo a disposizione per la realizzazione e la dimensione del lavoro, è stato possibile indagare solo alcuni aspetti generali connessi alla condizione di questi ragazzi. Nonostante il ristretto campione indagato, l’esperienza mi ha mostrato quanto siano estese e profonde le argomentazioni, le aspirazioni, i desideri, le storie di vita di ogni singolo giovane. Argomenti privati e sensibili, nei quali sono riuscita ad addentrarmi con molta cautela utilizzando due competenze apprese durante la mia formazione. La strategia dell’ascolto attivo ha permesso di relazionarmi meglio con i giovani adulti durante le interviste. Mi sono accorta che attraverso questa tecnica sono riuscita a farli sentire maggiormente a loro agio e, di conseguenza, a permettere loro di “lasciarsi andare” nel racconto dei loro vissuti. “Saper ascoltare attivamente significa avere un atteggiamento attivo nei confronti dell’interlocutore, costringendo se stesso e l’altro a una maggiore apertura e a una comprensione reciproca prima di esprimere valutazioni e giudizi. Praticare l’ascolto attivo significa essere in grado di comunicare all’altro – verbalmente e non verbalmente – che sono interessato a lui e che ciò che io comprendo di quanto mi sta dicendo coincide con la sua intenzionalità. Significa anche acquisire la consapevolezza che non bisogna voler cambiare a ogni costo l’altro, accettandolo senza pretendere che sia come vorremmo: non giudicare gli altri contribuisce a comprenderli e ad apprezzarli.”78 Mi sono inoltre avvalsa dell’empatia che consiste nella “capacità di sapersi decentrare cognitivamente per “mettersi nei panni degli altri”, in modo da poter adeguatamente comprendere il loro modo di valutare e vivere una certa situazione. Più specificatamente, (…) empatizzare con qualcuno vuol dire comprendere i suoi pensieri, le sue intenzioni, riconoscere le sue emozioni in modo accurato e riuscire a vedere la situazione che sta vivendo dalla sua prospettiva.”79

                                                                                                               77 Galimberti U., Enciclopedia di Psicologia, Garzanti, Milano, 1999. 78 Maida S., Nuzzo A., Reati A., Il colloquio nella pratica educativa, Carocci Faber, Roma, 2006, p. 127. 79 Borke H., Interpersonal Perception of young Children: Egocentrism or Empathy?. In Albiero P., Matricardi G., Che cos’è l’empatia, Carocci editore, Roma, 2006, p. 11.

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Credo fermamente che questa citazione racchiuda il fondamento del lavoro sociale e la competenza da utilizzare ogni volta che ci troviamo con una persona. Riconosco di aver impiegato maggiormente questa strategia nel corso delle interviste, momento in cui i giovani esprimevano i loro vissuti personali. È una competenza molto importante ma altrettanto complicata da utilizzare: consiste nell’avvicinarsi all’altro ma con “separatezza” (“giusta vicinanza”) per non rischiare di compromettere la razionalità e l’oggettività del proprio operato. Competenze che se utilizzate nel modo corretto e appropriato, vengono colte e apprezzate dall’utente stesso, in quanto si trasmette alla persona che la si sta ascoltando attentamente, dandole valore e importanza: “Volevo anche ringraziare voi tutti del Comune, perché fate un lavoro che non è semplice,

secondo me, il lavoro umanitario e il capire una persona è quello più difficile, non è andare in officina e montare il motore, è stare lì e ascoltare la persona, togliersi i propri problemi per ascoltarne altri, togliersi i propri pregiudizi. Comportamento per me importante, perché mi rende felice e mi sento ascoltato e seguito. Questo è davvero importante per me.” (intervista 1: Claudio, 23 anni)

Un ulteriore limite di questa ricerca è stato rilevato durante l’analisi dei dati raccolti. Il canovaccio redatto per l’intervista conta sedici domande, le quali sono state poste tutte ai cinque partecipanti. Due domande80 non sono state prese in analisi nella dissertazione, poiché durante l’intervista si sono rivelate non formulate in maniera corretta e chiara, risultando di conseguenza troppo ipotetiche e non hanno condotto a risultati rispetto a quanto indagato. Il fatto di aver svolto di persona le interviste, potrebbe aver costituito sia un limite, sia una risorsa. Limite, poiché avendo affiancato e accompagnato, nel ruolo di stagiaire, i giovani adulti in alcune mansioni conosco le loro condizioni di vita personali, risultando ai loro occhi una futura assistente sociale. Risorsa, in quanto avendo più o meno la loro età, mi trovo più vicina a loro, risultando magari meno giudicante. Durante lo svolgimento di questa ricerca mi sono sorti nuovi interrogativi che purtroppo, a causa del tempo e della dimensione del lavoro, non ho potuto affrontare e indagare. Sarebbe molto interessante approfondire anche il punto di vista dei professionisti a contatto con questa tipologia di utenza: mi chiedo per esempio, quale sia la percezione degli assistenti sociali o dei funzionari USSI rispetto a giovani adulti beneficiari dell’aiuto sociale e quali strategie mettono in campo per cercare di migliorare la loro condizione. Giunta al termine del mio lavoro di tesi, desidero concludere con una breve riflessione sul lavoro svolto dall’assistente sociale in relazione al tema affrontato. Alla luce di quanto emerso, posso affermare che ogni giovane vive e percepisce in modo differente la stessa condizione di “assistito”. Rimango pertanto dell’opinione che nella professione del lavoro

                                                                                                               80 Domanda 14 e domanda 15. Cfr. Allegato 1: Traccia intervista semi-strutturata.

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sociale, non esista un unico e giusto modo con il quale potersi approcciare e relazionare con le persone. Ogni individuo ha i propri vissuti, le proprie aspettative e i propri bisogni. Rimangono però a disposizione dell’assistente sociale degli strumenti utili che permettono di aiutare le persone costruendo con loro una relazione di fiducia. Relazione che è la competenza più importante e che è alla base del cambiamento, anche se questo mette l’utente in difficoltà; sta all’operatore sociale sostenerlo, senza scontrarsi, per condurlo verso una migliore condizione81. Grazie al percorso formativo e all’esperienza di pratica professionale, ho avuto la possibilità e l’opportunità di sperimentare le competenze, utilizzare gli strumenti a disposizione dell’assistente sociale e applicare i concetti teorici appresi e descritti in questo lavoro di tesi. Tutto ciò ha contribuito notevolmente allo sviluppo della mia identità professionale e a rendermi ancor più entusiasta nell’intraprendere questa meravigliosa professione.

                                                                                                               81 Gius E., Chi opera il cambiamento è sempre la relazione, in Animazione sociale, vol. 37 (10), ottobre 2007, pp. 89-91.

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Bibliografia Articoli FOLGHERAITER Fabio, Editoriale, in Lavoro sociale, Erickson, aprile 2005, pp. 5-6. GIUS Erminio, Chi opera il cambiamento è sempre la relazione, in Animazione sociale, vol. 37 (10), ottobre 2007, pp. 89-91. Documenti Comune di Mendrisio Liste di “Partecipazione del Comune Mendrisio alle spese assistenziali”. Memore, Periodico trimestrale della città di Mendrisio, numero 1/2008, redazione: Valeria Codoni, Barbara Ferrari, marzo 2008. Memore, Periodico trimestrale della città di Mendrisio, numero 1/2016, redazione: Valeria Codoni, Barbara Ferrari, marzo 2016. Verbale Dicastero Politiche Sociali – Servizi Sociali del 22 gennaio 2016. Documenti scolastici Appunti personali del Modulo Cicli di vita, SUPSI, Manno, a.a. 2013/2014. Appunti personali del Modulo Metodologia del servizio sociale, SUPSI, Manno, a.a. 2015/2016. GAMBARDELLA Eleonora, La resilienza, dispensa del modulo Laboratorio di pratica professionale di base, SUPSI, Manno, a. a. 2013/2014. MONIGATTI Michel e VAUCHER DE LA CROIX Carmen, dispensa del Modulo Le prestazioni finanziarie nella sicurezza sociale svizzera, SUPSI, Manno, a. a. 2015/2016. REALINI Danilo, Metodologia della pratica d’intervento del servizio sociale, dispensa del Modulo Metodologia del servizio sociale, SUPSI, Manno, a. a. 2015/2016.

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Libri ALBIERO Paolo, MATRICARDI Giada, Che cos’è l’empatia, Carocci editore, Roma, 2006. ANDREOLI Vittorino, Giovani. Sfida, rivolta, speranze, futuro, Rizzoli, Milano, 1995. BAUMAN Zygmunt, Modernità liquida, Editori Laterza, Bari-Roma, 2011. CANU Massimo, Psicologia delle tossicodipendenze, Piccin, Padova, 2013. COFFELE Gianfranco, GATTI Guido, Problemi morali dei giovani oggi, Libreria Ateneo Salesiano, Roma, 1990. FERRARIO Franca, Il lavoro di rete nel servizio sociale. Gli operatori fra solidarietà e istituzioni, Carocci editore, Roma, 2002. FRANCESCONI Marco, ZANETTI Maria Assunta, Adolescenti: cultura del rischio ed etica dei limiti, FrancoAngeli, Milano, 2009. GALIMBERTI Umberto, Enciclopedia di Psicologia, Garzanti, Milano, 1999. GIDDENS Anthony, Fondamenti di sociologia, Manuali, il Mulino, Bologna, 2006. MAIDA Serenella, NUZZO Angelo, REATI Alessandro, Il colloquio nella pratica educativa, Carocci Faber, Roma, 2006. MALCOLM Carey, La mia tesi in servizio sociale, Come preparare un elaborato finale basato su piccole ricerche qualitative, Editore: Erickson, 2013. MANDICH Giuliana, Abitare lo spazio sociale. Giovani, reti di relazione e costruzione dell’identità, Guerini Studio, Milano, 2003. MANTOVANI Giuseppe, Manuale di psicologia sociale: storia, teorie e metodi. Comunicazione, gruppi, culture, atteggiamenti e solidarietà, Giunti, Firenze, 2003. PAUGAM Serge, La disqualification sociale. Essai sur la nouvelle pauvreté, Presses Universitaires de France, Parigi, 1994. ZOLLI Andrew, HEALY Ann Marie, Resilienza, La scienza di adattarsi ai cambiamenti, Saggi Rizzoli, Milano, 2014.

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Rapporti diversi BRUGHELLI Moreno, GONZALEZ Oscar, Carenza di lavoro tra i giovani ticinesi, Analisi, Ufficio di statistica (Ustat), Maggio 2014. CANTON TICINO, La povertà in Ticino, Dipartimento delle opere sociali, Bellinzona, 1987. MAINARDI CROHAS Giuditta, CRESCENTINI Alberto, DONATI Mario, Giovani in Ticino: approfondimento di situazioni e percorsi potenzialmente problematici, Agosto 2008. RAPPORTO DEL CONSIGLIO FEDERALE in adempimento della mozione (06.3001) della Commissione della sicurezza sociale e della sanità del Consiglio nazionale (CSS-CN) del 13 gennaio 2006. Rapporto: Strategia nazionale di lotta alla povertà, 31 marzo 2010. STEPHANI Eric, GRIGNOLA MAMMOLI Sara, L’assistenza sociale, tra lavoro ed esclusione, Dati – Statistiche e Società, anno XIV, n. 2, Settembre 2014. UFFICIO FEDERALE DI STATISTICA (UST), Giovani adulti e aiuto sociale, Formazione, inserimento professionale e fondazione precoce di una famiglia: le ragioni principali del ricorso all'aiuto sociale dei giovani adulti, Comunicato stampa, 13 Sicurezza sociale, N. 0352-0905-70, 05.06.2009. Regolamenti Modifica del regolamento sugli assegni di famiglia (Reg. Laf), Bellinzona, marzo 2016 Siti internet CITTÀ DI MENDRISIO, http://mendrisio.ch/membri-e-delegati-arp2, consultato il 10.04.2016. CITTÀ DI MENDRISIO, http://mendrisio.ch/uffici/ufficio-attivita-sociali/, consultato il 10.04.2016. CITTÀ DI MENDRISIO, http://mendrisio.ch/le-aggregazioni-comunali/, consultato il 10.04.2016.

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DIZIONARIO TRECCANI, http://www.treccani.it/vocabolario/target/, consultato il 10.04.2016. ISTITUTO DELLE ASSICURAZIONI (IAS), 4a revisione LADI, http://www3.ti.ch/DSS/sw/struttura/dss/ias/upload/pdf/Opuscoli/Novita%20in%20breve%20della%204a%20revisione%20LADI.pdf, consultato il 18.06.2016. SEGRETERIA DI STATO DELL’ECONOMIA (SECO), Sezione “Comunicati stampa 2016” in La situazione sul mercato del lavoro nel mese di maggio 2016, https://www.seco.admin.ch/seco/it/home/seco/nsb-news/medienmitteilungen-2016.html, consultato il 18.06.2016. UFFICIO DEL SOSTEGNO SOCIALE E DELL’INSERIMENTO (USSI), Amministrazione del Canton Ticino. Sezione ”Statistica“ in L’assistenza sociale in Ticino (dicembre 2015), http://www4.ti.ch/dss/dasf/ussi/documentazione/statistica/, consultato il 23.06.2016. UFFICIO DI STATISTICA (USTAT), Sezione “Schede” in Panorama statistico del mercato del lavoro ticinese (aggiornamento del 09.06.2016), http://www3.ti.ch/DFE/DR/USTAT/index.php?fuseaction=ritratti.dettaglio&id=261, consultato il 22.06.2016.

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Allegati Allegato 1: Traccia intervista semi-strutturata Allegato 2: Trascrizione integrale interviste giovani adulti

• Intervista 1: Claudio • Intervista 2: Daniele • Intervista 3: Laura • Intervista 4: Luca • Intervista 5: Maria

Allegato 3: Griglia di analisi delle interviste

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Allegato 1: Traccia intervista semi-strutturata Inizio 1. Potresti raccontarmi il tuo percorso scolastico / lavorativo fino a oggi? 2. Come sei venuto a conoscenza del Servizio e chi ti ha indirizzato? 3. Quali sono i principali motivi della tua richiesta? 4. Negli ultimi mesi, come trascorri le tue giornate? Centro 5. Chi sono le persone con cui vivi attualmente? Se vivi solo, con quale frequenza vai a trovare i tuoi familiari? 6. Chi sono le persone che attualmente senti più vicine? 7. I tuoi familiari sono a conoscenza della tua situazione economica? 8. I tuoi amici sono a conoscenza della tua situazione economica? 9. Come valuti il loro comportamento (familiari e amici) in questo momento di vita personale (periodo in cui benefici della prestazione)? 10. Hai percepito dei particolari atteggiamenti o comportamenti da parte loro rispetto alla tua attuale situazione? Potresti farmi qualche esempio? 11. In questo periodo, trovi dei cambiamenti nel relazionarti con i tuoi familiari? Cenate insieme? Condividete dei momenti in comune? 12. Trovi dei cambiamenti nell’organizzare le uscite con i tuoi amici? Nel conciliare il tempo per le attività da trascorrere con loro (palestra, uscite serali infra-settimanali, cinema, ecc.)? Per le condizioni economiche differenti? 13. Qual è la tua giornata tipo? È cambiato qualcosa rispetto alla giornata tipo prima del beneficio della prestazione assistenziale? 14. Se dovessi stipulare un contratto telefonico e servono delle garanzie di pagamento come: contratto di lavoro di tuo padre, contratto di lavoro di un tuo amico, decisione della prestazione assistenziale, o altro, in ordine di priorità, quale presenteresti? Perché? 15. Se potessi beneficiare di uno sconto non indifferente per un acquisto, mostrando che sei un giovane beneficiario di aiuto sociale, ne faresti uso? Motiva la tua risposta. Fine 16. Per concludere, potresti portarmi una tua visione / riflessione rispetto a un giovane adulto nella tua situazione?

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Allegato 2: Trascrizione integrale interviste giovani adulti Intervista 1 Carta d’identità Nome: Claudio1 Sesso: Maschile Età: 23 anni Familiari: solo Formazione: Diploma di Operaio di Liuteria Beneficiario PA2: 1 anno Inizio 1. Potresti raccontarmi il tuo percorso scolastico / lavorativo fino a oggi? Ho fatto la prima media a Stabio ma mi sono trovato male come scuola, quindi sono andato a Morbio Inferiore dove ho fatto tre anni, sono uscito con dei buoni voti. Poi sono andato a studiare alla liuteria a Cremona, che è la scuola dove si costruiscono violini praticamente, ho preso il diploma e niente, mi sono innamorato dei mixer e delle macchine audio. Quindi sono andato a Milano a studiare due anni all’accademia del suono e alla SAE, sono due scuole diverse. Poi ho iniziato a lavorare in service audio, scuole, teatri, insomma a fare un po’ di esperienza, vabbé fino a oggi che ho scoperto che voglio fare il cuoco…e siamo arrivati fino a qua. 2. Come sei venuto a conoscenza del Servizio e chi ti ha indirizzato? Allora, era successo a ottobre quando ero in ospedale e l’assistente sociale dell’ospedale mi ha parlato dell’assistenza e dell’Antenna Sociale per quello che era successo. E poi anche la mamma della mia ragazza, la S., mi ha parlato appunto del Comune e di andare a chiedere qua che mi avrebbero dato una mano se c’era la possibilità.

                                                                                                               1 Nome fittizio. 2 PA: prestazione assistenziale.

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Praticamente dall’assistente sociale dell’ospedale e dalla mamma della mia ragazza, sono venuto a conoscenza così. 3. Quali sono i principali motivi della tua richiesta? L’ho chiesta perché non riesco ad arrivare alla fine del mese con, diciamo, i miei due piccoli lavori che ho adesso, che insegno lavorando al service audio, quindi una mano è ben più che gradita. Poi in Ticino la vita costa, diciamo, non è così facile vivere in Ticino con pochi soldi; nel senso, secondo me, un due mila franchi al mese se sei da solo devi averli per starci abbastanza dentro, anche lì sei un po’ sempre tirato, però comunque riesci a vivere. E niente, il motivo della richiesta è perché me ne sono andato da casa di mia mamma appunto, e dovendomi pagare un affitto da solo e ho anche tutte le altre spese, ho deciso di chiedere un aiuto alla Confederazione. 4. Negli ultimi mesi, come trascorri le tue giornate? Solitamente il lunedì, il mercoledì e qualche volta il sabato vado a scuola a insegnare. È un posto che mi piace molto, adoro insegnare, solamente che ho un po’ di problemi con gli altri docenti o il mio direttore. Il resto dei giorni io o pulisco casa, vado fare compere, vado a fare la spesa, sto un po’ con la mia ragazza, vado a lavorare al service audio. O altrimenti alla sera mi metto dietro al computer a cercare qualcosa, a mandare curriculum. Studio, studio ancora tantissimo, mi piace studiare soprattutto l’audio, apro tanti libri. Dovrei anche andare a riprendere basket. Comunque no, non mi piace andare nei bar o in quei posti lì; settimana scorsa ci siamo andati, giusto perché era il compleanno di un’amica della mia ragazza, ma io ero molto ma molto schifato della cosa, perché a me i bar non mi piacciono proprio, neanche le discoteche. Ecco, preferisco stare a casa a fare musica. Questo è un po’ come trascorro le mie giornate: studiare, pulire la casa, cercare un po’ lavoro, lavorare intanto e stare allegro il più possibile. Ti sei definito schifato riguardo ai bar potresti dirmi in che senso? Perché non mi piace un posto dove tu vai, paghi per bere e vedere la partita, già a me non piace il calcio, poi se devo vedere venti vecchi che urlano ogni volta che il Milan cerca di fare goal e sono ubriachi…diciamo che non è il mio ambiente e poi non devo neanche rimorchiare perché la ragazza ce l’ho. Quindi il bar è l’ultimo posto in cui io andrei. Al

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massimo se proprio c’è una sera in cui si può andare o al cinema o andare a mangiare in un ristorante, ma bar e discoteche no. In discoteca credo di esserci entrato una sola volta quando avevo quattordici anni, che mi hanno trascinato i miei amici, è stato orribile e ecco, non mi piacciono i posti affollati, non sto proprio bene in mezzo a tanta gente. Mi piacciono di più i posti tranquilli. Appunto, ripeto, preferisco stare a casa a studiare un libro che uscire una sera, tanto poi sono astemio cosa ci vado a fare in un bar? Non mi piace il calcio, non mi piace bere, non devo rimorchiare, il bar è l’ultimo posto come discoteche e quant’altro. Centro 5. Chi sono le persone con cui vivi attualmente? Vorrei tanto vivere ancora con il mio gatto, ma purtroppo non me lo lasciano tenere in appartamento. Vabbé, abito da solo. C’è la mia ragazza che mi da una mano a tenere pulita casa, comunque dorme ogni tanto da me. Vivo da solo però mi piacerebbe riavere il mio animale o comunque prendere una casa con la mia ragazza, questo è un po’ il mio obiettivo. Se posso permettermi, come mai vivi solo? Riguarda tutto quella cosa che è successo con mia madre che me ne sono andato di casa. Diciamo che era una persona molto nervosa e dopo la decima volta che mi metti le mani addosso perché dormo…cioè, stavo dormendo di notte ed è entrata ed ha sclerato ancora per i soldi, voleva altri soldi, da lì basta, ho troncato. Era comunque un anno e mezzo che le davo sempre settecento / ottocento franchi al mese, mi pagavo io la cassa malati. E dopo un po’ basta comunque, nel senso, avere di fianco una persona nervosa che ti logora per gli anni, dopo un po’ non ce la fai più. Soprattutto se ti rinfaccia tutto quello che ti ha pagato, dagli studi a non so, a comprarti i vestiti, a qualsiasi cosa. Ecco io una cosa che non farò mai con i miei figli è rinfacciare. Perché è una cosa brutta. Cioè, se fai qualcosa, lo fai con il cuore. Dunque è per questo motivo. Ho tagliato con la famiglia e poi vabbé, tutti gli altri parenti tantissimi sono morti, altri sono lontani o sono comunque delle persone che non sono anche loro molto “a posto”. Ecco, la mia situazione familiare non è bellissima, non ne parliamo, ma io sono comunque sempre molto positivo. Mio padre non c’è mai stato e…vabbé, si cresce lo stesso. Basta avere la propria testa e pensare.

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Se vivi solo, con quale frequenza vai a trovare i tuoi familiari? Io da ottobre non l’ho più voluta vedere. Anche quando sono andato a prendere le mie cose a casa sua gli ho detto “vengo con la polizia a casa tua a riprendermi le mie cose, perché io non ti voglio vedere in casa, sinceramente”. Diciamo una situazione familiare che ho trovato invece positiva, è la famiglia della mia ragazza. Loro mi vogliono un bene dell’anima, sono bravissimi, mi hanno aiutato veramente, veramente tanto e io considero adesso loro comunque un po’ un pezzo della mia famiglia. E li vado a trovare comunque, non dico ogni giorno, però ogni due giorni sì. Alla sera soprattutto. Magari ci sono le settimane che li vedo di più, e le settimane che li vedo di meno; però sostanzialmente dai quattro ai cinque giorni a settimana. Li vedo abbastanza spesso ed è un piacere. 6. Chi sono le persone che attualmente senti più vicine? La mia ragazza, A., al primo posto. È veramente la roccia che mi sostiene tantissimo. Un uomo senza la donna cade; nel senso, l’uomo può essere forte quanto vuoi ma se non ha una donna che gli da una spinta ogni tanto, no, niente mi dispiace. Io dico sempre che le donne sono più forti di noi uomini. Hanno più forza in certi momenti dove a noi proprio ci manca. Io penso a questo. Poi altre persone vicine sono appunto i genitori della mia ragazza e sono davvero delle bravissime persone. Vabbé, il mio gatto che sta a casa dei genitori della mia ragazza, gli voglio un bene dell’anima. Sì, comunque è lì, l’ho tirato via da casa di mia mamma, sennò piangevo, ormai è vecchio, quattordici anni poverino, lo voglio seppellire io anche se sarà fra tanto tempo perché sta bene. Anche voi del Comune mi siete stati vicino, soprattutto l’Alessandra3 che, sai, mi ha un po’ sbloccato, che mi ha mandato anche dal Semini che è uno psicologo mi ha detto “guarda, se hai bisogno di sfogarti…”. Anche voi del Comune fate un ottimo lavoro, secondo me seguite bene le persone. Tante persone mi hanno parlato male di questo Servizio che voi offrite…io devo dire la mia, io mi sono trovato bene, non mi sono sentito come in disoccupazione che ti fanno fare trecento giri, ti danno due calci nel didietro e ti dicono arrangiati. Qua invece accogliete le persone, le ascoltate, vedete un po’ quello di cui hanno bisogno, cercate di venirgli incontro se ovviamente loro si attivano che è la cosa più importante secondo me, perché io vedo davvero un sacco di giovani in stazione a Mendrisio (che è un posto che io non vedrò mai con i miei piedi, la odio), vedo un sacco di

                                                                                                               3 Assistente sociale.

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gente che so che è in assistenza e sta tutto il giorno a bere birra e a fumare sigarette. Ecco, una cosa così, no. questo Servizio dev’essere rivolto alle persone che hanno bisogno secondo me per un lasso di tempo corto, per riprendersi un attimino da qualche trauma e non vedere delle persone che stanno anni e anni in assistenza e sono ancora con la birra…a me mi schifa questa cosa. Nel senso, hai una vita davanti e la butti via bevendo. È un po’ brutta come cosa. 7. I familiari della tua ragazza, sono a conoscenza della tua situazione economica? Sì, loro ogni volta che vado anche sai, magari a far la spesa mi dicono sempre “Claudio, se hai bisogno di qualcosa diccelo che ce li dai la prossima volta”; cioè sono carinissimi, però alla fine ormai io ho capito che mi so arrangiare, mi metto anche i miei soldi da parte. Qualche volta andiamo a fare la spesa insieme in Italia se dobbiamo comprare qualcosina, che anche lì comunque risparmi; però solitamente preferisco la spesa in Svizzera perché sono più buoni tutti i prodotti, cioè i latticini per esempio sono veramente buonissimi, magari in Italia vado qualche volta dal salumiere a prendere la carne…prendo un chilo per un mese, un po’ di bresaola sotto-vuoto e qualcosina. Appunto, mi chiedono ogni settimana se ho bisogno di qualcosa e all’inizio mi hanno comunque pagato la Rega, mi hanno pagato il primo affitto ad esempio. Ecco lì il primo mese mi hanno dato una mano loro addirittura non volevano neanche i soldi indietro, io gli ho detto “guardate, per me sarebbe giusto darveli”, però non li volevano. Sono anche persone benestanti, nel senso che quindi magari se lo possono anche permettere, comunque è stato un bel gesto che per un mese mi sono stati dietro; ma anche in tante altre cose, sai soltanto cambiare la cassa malati, compilare i documenti come il contratto di casa, guardare il contratto della scuola, ecc. Anche per queste cose sono state persone buone, perché io da solo, ragazzo di ventitré anni, non sapevo farle sinceramente. Io non avevo idea di che cos’era il premio mensile, che cosa era la franchigia e tutto quello che c’era dietro. Ecco loro mi sono stati dietro tanto anche in questo perché io non lo sapevo e non conoscevo tutte queste cose. 8. I tuoi amici sono a conoscenza della tua situazione economica? Allora voglio iniziare a precisare che io ho tre persone nella mia vita, che sono: mio fratello, la mia ragazza e un’altra persona che adesso è un po’ distante perché sta studiando da un’altra parte. Ecco, le uniche persone che sanno della mia situazione appunto sono mio fratello e la mia ragazza e basta. Non ho altri amici. Non ho amici. Ciò M. che è il ragazzo

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di cui ti dicevo l’altra volta, siamo comunque non dico amici però lo considero già più un amico rispetto tutte le altre persone. Ecco, io nella mia vita mi tengo quelle tre o quattro persone che sono fondamentali per me. Non mi piace avere troppe persone in giro. Sai, anche raccontare troppe cose. Sono una persona che seleziona abbastanza, io so che di quelle persone mi posso fidare allora gli racconto i miei problemi, mi sfogo, se ho bisogno li chiamo, ma quelli, basta. Perché a vedere come si comportano tutte le persone oggi nel 2016, mi viene da piangere, perché appena hanno un gossip o qualcosa vanno a dirlo a metà Mendrisio. Precisando, non è che mi vergogno stando qua in assistenza, però ci sono delle persone che veramente ne parlerebbero male di questa cosa, ma anche di problemi più piccoli o di altre cose. Diciamo che non mi piace parlare dei miei problemi con persone che non conosco minimamente. Posso magari raccontare qualcosina, ma poi mi fermo lì comunque perché ogni persona poi decide quello che vuole trasmettere e dire. Se posso permettermi di chiederti come mai non hai più amici…li hai persi nel tempo? Scartati. Per delusioni, incoerenza. Avevo davvero una grande amica che abitava a Balerna, la K, lei l’ho persa veramente per una cavolata perché il suo ragazzo era geloso che io passavo del tempo con lei. Lei era un po’ la mia guida diciamo come persona. Ha dieci anni in più di me, mi ha insegnato a mangiare sano, a mangiare biologico, a fare sport, mi ha insegnato a meditare. Mi ha insegnato davvero un sacco di cose per me. Io l’ho sempre vista come guida. E questo ragazzo un giorno si è lamentato talmente tanto che io le ho detto “guarda K. finché stai con lui io non voglio prendermi il nervoso in più, sappi che non voglio che lui pensi male, non mi voglio mettere in mezzo alla vostra relazione”. Non la sento più ormai da un paio di anni. Ecco, era davvero una grande amicizia. L’unica che ho perso e che mi dispiace è questa. Tutte le altre sono sempre state “oh Claudio, mi presti cento franchi perché ho quella cosa da pagare?”, ma poi vieni a sapere che in realtà li usa per andare al puttanaio e al bar. Ecco, queste cose qua dico, ma ne avevi bisogno o mi prendi in giro? Poi sai, quando succede tre o quattro volte…basta. Ci sono tanti amici che sono stati positivi per tanti punti, ma si sono rovinati veramente per delle cavolate secondo me. Cavolate brutte, perché comunque sai la mia situazione e tu mi dici che ne hai bisogno urgentemente e non sai a chi chiedere e comunque ti conosco da dieci anni (adesso sto parlando proprio di una persona in particolare), te li do i centocinquanta franchi se li hai bisogno ma se poi ti becco fuori dal puttanaio a ridere e a scherzare con la birra in mano, ti guardo e ti dico “ma allora mi stai prendendo in giro!”. Perché comunque questa situazione era successa due o tre volte. Poi capisci davvero che tipo di persona è, poi apri gli occhi. Quando apri gli occhi, vedi però tutti i difetti della persona, li vedi uno dietro l’altro e ti dici che non ne vale più la pena.

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Invece tutto il resto delle persone l’ho sempre scartato perché non mi piace stare in mezzo a gente che bestemmia tutto il giorno, che dice parolacce, che parla di quante tipe s’è portato a letto, o di droga. Ecco, il mio tempo preferisco impiegarlo in persone che mi arricchiscono culturalmente tanto. Io quando vado a lavorare con i fonici grandi, credo che parlo più con loro che con la mia ragazza. Io ho bisogno di persone che comunque mi danno qualcosa, non che mi trasmettono se si son bevuti la birra o fumati la sigaretta. Questo tipo di persone sono abbastanza blande e non rientrano nel mio standard di persone interessanti. Soprattutto quelli che dicono “sono andato al festival dieci giorni a ballare”, ma chissene frega… Io sono molto così come persona, preferisco le persone interessanti, intelligenti, che quelle banali e stupide. 9. Come valuti il loro comportamento (familiari della tua ragazza e amici) in questo momento di vita personale (periodo in cui benefici della prestazione)? Allora diciamo che, appunto ripeto come prima, che se ho bisogno di qualcosa mi danno una mano e una cosa molto bella è che non me la fanno pesare. Nel senso, non mi dicono “ah, che fannullone”; sanno che mi alzo la mattina e mi do da fare, faccio le mie cose, che se non trovo un lavoro è perché mi sta proprio andando di sfortuna ormai da anni. La sanno e conoscono la mia situazione. Sono un ragazzo che si attiva, ma purtroppo ci sono persone più fortunate e altre meno fortunate. Però non è che mi butta giù questa cosa anzi, ho motivo di trovare lavoro con le mie forze o con un piccolo aiuto di qualcun altro; è un motivo in più per dire “bene, me lo sono sudato io” e non è perché il padre lavora lì e ha detto “bene, assumilo”. Anzi, tanto di cappello che io ho sorpassato tutte quelle persone e mi son fatto vedere. Ecco, una cosa positiva in questa situazione, è che le mie tre o quattro persone con cui sto sempre insieme, non mi fanno pesare questa cosa, nel senso non mi dicono “ah, sei un disgraziato, un fannullone”. Anche i genitori della mia ragazza vedono questa cosa come momentanea. Io a loro gliel’ho detto quando sono entrato in assistenza, gli faccio “io penso di starci sei – sette – otto mesi, un anno massimo perché io voglio trovare lavoro; non voglio andare avanti per anni, anni e anni”. Nel senso, voglio avere il mio lavoro, le mie cose, il mio salario. Poi adesso appunto, mi sono impuntato a fare l’apprendistato e chiederò una mano per i prossimi tre anni purtroppo, però…poi è finita. Faccio il cuoco e spero comunque di trovare lì un posto sempre fisso all’ospedale, perché stanno ingrandendo e se prendono adesso l’apprendista magari dopo lo tengono. Questa è la mia idea, speranza di futuro che mi sono fatto. Comunque molto positiva la cosa, non me la fanno pesare.

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10. Hai percepito dei particolari atteggiamenti o comportamenti da parte loro rispetto alla tua attuale situazione? Potresti farmi qualche esempio? I vecchi amici che avevo non lo sanno. Alla fine no, non ci sono stati particolari atteggiamenti o comportamenti anche i genitori della mia ragazza, non mi guardano con pietà per darmi cento franchi. Me lo chiedono, io gli rispondo di no anche se loro ogni volta vogliono, vogliono e mi dicono “guarda, te lo pago io quello e quell’altro”. Me lo chiedono ma non lo fanno con pietà, ma lo fanno perché hanno il cuore grande e sanno che comunque mi fa piacere se mi comprano tre succhi in più piuttosto che darmi dieci franchi, per esempio. Sennò no, particolari atteggiamenti no, so che comunque loro sono contenti che comunque io riesco ad arrivare a fine mese e ci sto dentro. 11. In questo periodo, trovi dei cambiamenti nel relazionarti con i familiari della tua ragazza? Cenate insieme? Condividete dei momenti in comune? Ecco, questa cosa qua dell’essermene andato di casa ha fatto sì che io andavo a trovarli a cena abbastanza spesso. Anche all’inizio che mi dicevano “guarda Claudio, se non hai spesa nel frigo o perché non avevi soldi o perché non l’hai fatta, vieni pure da noi a cena che a noi fa piacere”. Trovo che questo comportamento sia stato positivo, perché prima andavo a trovarli magari una volta al mese, adesso invece questa cosa qua è diventata di più un “sei un nostro familiare, vieni a cena quando vuoi”; io gli faccio sempre la torta o gli porto la bottiglietta di vino. È sempre bello avere un posto dove ti siedi a tavola e fai la preghiera, chini il capo, mangi, sparecchi, pulisci. È bello, piuttosto che stare a casa da solo a guardarmi in faccia con il mio gatto, come ai vecchi tempi. 12. Trovi dei cambiamenti nell’organizzare le uscite con i tuoi amici? Nel conciliare il tempo per le attività da trascorrere con loro (palestra, uscite serali infra-settimanali, cinema, ecc.)? Per le condizioni economiche differenti? Beh, diciamo che prima magari…più o meno i soldi sono sempre stati quelli per uscire. Che poi io non è che sono una persona che esce tanto; preferisco fare la cena alla mia ragazza, guardare un film stando sotto le coperte, farci le coccole. Usciamo quelle due o tre volte al mese se vogliamo fare qualcosa, se c’è un concertino bello da andare a sentire, se proprio c’è la serata sushi con gli amici giù a Gaggiolo che a ventuno euro mangi quello che vuoi. Sono queste le serate che facciamo. Non mi ha condizionato tanto questa cosa.

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Cioè, è rimasto più o meno uguale a prima. Poi ripeto, come sono io personalmente, preferisco mettere i pop-corn nel micro-onde e starmene a casa con il film che voglio guardare. Io preferisco così, son gusti alla fine, preferisco le serate tranquille. 13. Qual è la tua giornata tipo? È cambiato qualcosa rispetto alla giornata tipo prima del beneficio della prestazione assistenziale? Una cosa che è cambiato e che volevo aggiungere è che prima il capo del Service mi chiamava molto di più; prima dell’assistenza lavoravo di più, vero che era anche il periodo con più lavoro. Prima che non stavo in assistenza mi chiamava sempre in continuazione. Io sapevo che comunque a dicembre, gennaio e febbraio e metà marzo c’è un buco perché non ci sono feste; c’era il carnevale, infatti ho fatto quei tre giorni e basta. Infatti, speravo che mi richiamava in questi mesi, passato il periodo del poco lavoro, eppure nulla. Ci siamo sentiti “ciao, come stai”, ma non tanto per lavoro. Ho fatto qualche cosa un paio di settimane fa, come andare a montare alle scuole medie un teatrino, ma lavoretti da cinque-sei ore, non le classiche settimane da quattordici ore al giorno. Ecco questa cosa è un po’ cambiata. Invece, rispetto a questa domanda “Qual à la tua giornata tipo?”, è cambiato poco niente, più o meno la mia vita è sempre restata la stessa. Sto a casa, apro il libro e studio. Principalmente faccio quello. Soprattutto in quello che a me interessa, siccome devo starci molte ore dietro ad ingegneria audio. Adesso per esempio sto studiando i manuali di acustica di Alton Everest, molto interessante, tuto scritto in inglese son cinquecento pagine con termini fuori di testa; ecco questo lo sto studiando da gennaio e sono a più di metà libro. È lunga, perché devi tradurlo, devi capirlo, devi chiamare il maestro a scuola e chiedergli spiegazioni… Più o meno la mia giornata è restata uguale: mi alzo, pulisco, studio, mi lavo, mi prendo cura di me, curriculum, cerco lavoro, cucino, mangio, uscivo a fare basket, ora non più…più o meno è quella la mia giornata comunque. 14. Se dovessi stipulare un contratto telefonico e servono delle garanzie di pagamento come: contratto di lavoro del padre della tua ragazza, contratto di lavoro della tua ragazza, decisione della prestazione assistenziale, o altro, in ordine di priorità, quale presenteresti? Perché? Mah, la mia prestazione assistenziale gli dico quanto guadagno…cioè non so come risponderti a questa domanda. Io non ho mai fatto un contratto di questo tipo. Però, al massimo gli dico che guadagno quei soldi e gli dico “guarda, a me entra un tot al mese”. Io

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sono molto minimalista, non ho bisogno di tante cose, quindi mi è davvero difficile risponderti a questa domanda. Comunque darei la decisione della mia prestazione, non mi vergogno a dirlo; anzi, gli risponderei “guarda sono in assistenza e non me lo posso permettere”. Non è che c’è tanto da dire. Soprattutto se mi vende una cavolata, gli risponderei così non è che mi vergogno, gli rispondo che non ho soldi e basta, non me lo posso permettere. 15. Se potessi beneficiare di uno sconto non indifferente per un acquisto, mostrando che sei un giovane beneficiario di aiuto sociale, ne faresti uso? Motiva la tua risposta. Se questo sconto è valido anche per esempio per andare dal dentista o cose simili, gli direi proprio di sì, perché se una persona non può permettersi di pagare una cosa importante come la cura dentaria o altre cose importanti per la salute. Ma chiaramente sì gli direi “guardi, beneficio dell’aiuto sociale e sappi che comunque mi daranno una mano per pagare loro il tuo lavoro per aiutare me in salute”, non me ne vergogno. Anche per un altro tipo di acquisto direi comunque di sì, se sono in difficoltà non è che mi devo vergognare a chiedere aiuto. So che sarà per un lasso di tempo corto, io spero. Io sono sempre di quell’idea che domani mi prendono a lavorare, così mi metto il cuore in pace e mi dico “oh, finalmente!” e posso essere allegro ogni giorno. Ritornando a questa domanda, sì, nel senso lo mostrerei volentieri per dire che comunque non c’è da vergognarsi nel chiedere aiuto e dire “guarda, non ho tutti i tuoi soldi”. Che poi da grande me li faccio anche io, i giovani sono quelli più squattrinati purtroppo, la maggior parte diciamo. Conosco giusto un paio di vecchi miei amici uno che fa l’elettricista di cavi di alta tensione che guadagna già un bello stipendio e un altro che anche lui fa il cuoco. Sono le uniche due persone che ho visto diciamo ad attivarsi nella vita; invece tutti gli altri che vedo son sempre un po’ vacillanti come persone.

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Fine 16. Per concludere, potresti portarmi una tua visione / riflessione rispetto a un giovane adulto nella tua situazione? Io penso che questo tipo di servizio che offre la Confederazione per i cittadini sia molto utile per le persone che ne hanno davvero bisogno. Alessandra4 mi ha parlato e mi ha detto che ci sono persone che richiedevano l’assistenza e facevano vedere un indirizzo falso di dove abitavano e si facevano mandare i soldi. Ecco, queste cose, secondo me, sono proprio da segare e da linciare queste persone. Perché stai rendendo un servizio che è utile per le persone che ne hanno davvero bisogno, lo stai rendendo futile ai tuoi scopi personali perché vuoi avere più soldi. Questo comportamento è veramente brutto. Questo servizio secondo me è fatto esclusivamente per le persone che ne hanno bisogno davvero tanto in un momento particolare della vita. E comunque siamo in Svizzera, in un paese evoluto, e grazie a Dio che c’è l’assistenza, perché io sennò non sapevo come fare. Avrei dovuto restare a casa di mia madre e prendermi altro nervoso, le cose sarebbero andate molto male. Invece con l’aiuto, un piccolo aiuto economico che mi compensa mi permette di vivere da solo, di stare più tranquillo, di capire come vivere già alla mia età e di rendermi anche un po’ più attivo. Perché appunto, uscendo di casa, devi farti tutto tu. Riguardo la mia situazione, ripeto, finché sei una persona comunque attiva che si da da fare ma che purtroppo ha un velo di sfortuna o quant’altro, questo servizio è buono comunque se ti dai da fare. Io non lo darei a persone che sono fannullone, sinceramente. Purtroppo mantenere una persona che non ha voglia di lavorare, è una cosa che io boccerei dal principio; invece se è una persona che ha voglia di lavorare ma il frontaliere italiano gli prende il posto di lavoro e rimane a casa fregato, diciamo che non ne puoi fare una colpa a nessuno. La vita costa, il capo azienda deve risparmiare, l’italiano sta male al suo Paese e viene a cercare da noi il lavoro non ne puoi fare nemmeno una colpa a lui. Sono una serie di fattori che poi ti precludono di vivere bene e se si è in difficoltà, diciamo che chiedere una mano è utile. Anche la puntualità nel presentarsi qua in Comune, avvisare o portare i fogli giusti sono cose alle quali io tengo tanto. Soprattutto anche per i posti di lavoro, io ci tengo davvero tanto. Vedo purtroppo altre persone che se ne fregano un po’. Immagino che voi avete tanto da lavorare per certi individui; io so più o meno chi la prende, perché lo sbandierano ai quattro venti e immaginarmi una di quelle persone seduta qua al tavolo che parla, parla e parla ma che non si fa aiutare perché non vuole fare niente dalla mattina alla sera, vive sulle spalle dei contribuenti e fa perdere tempo e lavoro anche a voi purtroppo, perché è così la situazione. Voi cercate di aiutare un giovane, lo vedete comunque svogliato e

                                                                                                               4 Assistente sociale.

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anche voi vi dite “ma a un certo punto, chi me lo fa fare?”, secondo me poi non so voi che cosa ne pensate. Io do comunque volentieri una mano a chi mi aiuta. È una cosa importante. Per finire il discorso, è un servizio che va dato a persone che ne hanno davvero bisogno e non alla gente fannullona. Io resto un po’ di questa opinione. So e conosco le persone che prendono l’assistenza, è brutto vederle rovinarsi, alcuni erano anche dei miei grandi amici delle medie…soprattutto come ti rispondono, un po’ penosa la cosa secondo me. Questo è quanto, un po’ la mia riflessione sulla mia situazione in assistenza, comunque molto positiva. Volevo anche ringraziare voi tutti del Comune, perché fate un lavoro che non è semplice, secondo me, il lavoro umanitario e il capire una persona è quello più difficile, non è andare in officina e montare il motore, è stare lì e ascoltare la persona, togliersi i propri problemi per ascoltarne altri, togliersi i propri pregiudizi. Comportamento per me importante, perché mi rende felice e mi sento ascoltato e seguito. Questo è davvero importante per me.

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Intervista 2 Carta d’identità Nome: Daniele5 Sesso: Maschile Età: 20 anni Familiari: presenti Formazione: apprendistato magazziniere Beneficiario PA6: 1 anno Inizio 1. Potresti raccontarmi il tuo percorso scolastico / lavorativo fino a oggi? Vabbé ho fatto le scuole dell’obbligo, poi io volevo fare l’apprendistato come cuoco però non ho trovato niente allora, proprio l’ultima spiaggia è stata spazzacamino. Ho iniziato, però dopo due mesi non mi piaceva, anche perché i capi non erano proprio bravi, e mi son licenziato. Avevo tempo una settimana per trovare un altro posto di lavoro, sennò si perde l’anno scolastico, bisogna farlo entro novembre, e tramite un signore che conosco da un sacco di tempo che abita lì vicino a casa mia sono andato su a lavorare a Lugano da lui che ha una ditta di trasporti e montaggio mobili come magazziniere. Dopo aver finito il primo anno, però, ho visto che cercavano qui alla Sintetica a Mendrisio e sono andato lì perché: uno, imparavo molto di più; due, era anche più vicina. Allora sono andato lì, poi ho finito l’apprendistato però lì non tenevano. Sono così stato a casa da giugno / luglio fino a febbraio. A febbraio ho trovato un posto di lavoro sempre come magazziniere a Balerna, solo che dopo sette / otto mesi mi sono licenziato, perché: sicurezza sul lavoro zero; la paga, ero un po’ sotto-pagato prendevo duemilaseicento franchi con la tredicesima inclusa; poi si faceva dieci ore al giorno, non te le pagavano e non te le davano neanche come giorni di vacanza e allora mi sono licenziato. Anche perché dopo ho avuto anche problemi alla schiena e sto tribolando ancora adesso, perché ho rotto una vertebra sul lavoro. Adesso sono a casa da luglio / agosto, sì fine luglio.                                                                                                                5 Nome fittizio. 6 PA: prestazione assistenziale.

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2. Come sei venuto a conoscenza del Servizio e chi ti ha indirizzato? Ma, la Lucia7 perché la conosco, andavo a scuola con suo nipote e la vedo sempre abitando vicino a lei. Poi, vabbé, anche mio cugino è in assistenza, alla fine ho chiesto a lui e dopo sono andato dalla Lucia8 e ho fatto tutto, mi sono iscritto. 3. Quali sono i principali motivi della tua richiesta? L’ho chiesta per avere qualcosa, per avere il minimo indispensabile, per arrivare a fine mese. Comunque non ci arrivi, però… 4. Negli ultimi mesi, come trascorri le tue giornate? Per il lavoro sto facendo comunque diversi stage, perché stavo anche valutando di fare una riqualifica però è difficilissimo trovare: ho fatto un bel po’ di richieste in diversi settori sia come cuoco, che come viticoltore, che come elettricista. Bohm, dopo non è che mi piaceva troppo sia l’elettricista che altri stage che ho fatto. Però è anche difficile trovare un posto di apprendistato. Dopo le giornate le passo…o esco con gli amici, tanto gran parte sono a casa anche loro perché sono in disoccupazione. Cosa fate? A me piace andare a pescare, poi gioco a tennis, poi anche giocare così a basket con gli amici. Oggi volevo andare a fare l’abbonamento per andare in piscina, perché per la mia schiena il chiropratico mi ha detto di cercare di fare tanto nuoto poiché fa bene. Ora con il tennis mi ha detto di cercare di giocare poco, io prima era da undici anni che giocavo. Infatti a stare a casa, ora ho messo su anche un po’ di pancia e questo è un problema. In generale faccio sport. Altro non è che posso fare tanto, vado con il cane.                                                                                                                7 Assistente sociale. 8 Ibid.

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Centro 5. Chi sono le persone con cui vivi attualmente? I miei genitori e mio fratello, sono ancora a casa con i miei. 6. Chi sono le persone che attualmente senti più vicine? In primis ovviamente i miei genitori, poi comunque mia zia e la mia ragazza. Poi, vabbé gli amici…no, quelli no, non è che gliene frega tanto. In che modo? Per esempio quando dico “tanto non trovo più lavoro perché qua è impossibile”, mi dicono di non abbattermi, che tanto prima o poi qualcosa salta fuori. 7. I tuoi familiari sono a conoscenza della tua situazione economica? Sì lo sanno. 8. I tuoi amici sono a conoscenza della tua situazione economica? Sì, forse un paio di loro, quei amici un po’ più stretti, sanno anche quanto prendo però non è che vado in giro a dirlo. Quando ti dicono magari “andiamo due giorni qua o là”, gli dico “eh, con che soldi?!” 9. Come valuti il loro comportamento (familiari e amici) in questo momento di vita personale (periodo in cui benefici della prestazione)? Mah, che cercano sempre di tirarmi su di morale quando mi arrabbio o così, e di farmi vedere il lato positivo della cosa, di non abbattermi. Cercano ovviamente di indirizzarmi anche su altre strade, come magari cercare di risparmiare qualcosa o trovare anche solo un lavoretto da fare, come trovare per tre mesi un posto di lavoro pagato e poi magari andare all’estero a studiare una lingua che quando torni fa tanto.

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10. Hai percepito dei particolari atteggiamenti o comportamenti da parte loro rispetto alla tua attuale situazione? Potresti farmi qualche esempio? No, cioè, anche loro cercano di aiutarmi e tutto però alla fine si sa com’è la situazione comunque. Mi spronano, mi aiutano e mi incoraggiano, cercano di tirarmi su… 11. In questo periodo, trovi dei cambiamenti nel relazionarti con i tuoi familiari? Cenate insieme? Condividete dei momenti in comune? No. Sì, forse l’unica cosa che appena si parla di lavoro mi arrabbio, cioè appena magari sento qualcosa riguardo al lavoro e io che non ce l’ho, mi arrabbio. Ceniamo comunque sempre insieme e passo dei momenti con loro. 12. Trovi dei cambiamenti nell’organizzare le uscite con i tuoi amici? No, perché…a meno che ti dicono “andiamo in vacanza da qualche parte”. Però bene o male no, perché non è che si fa chissà che cosa. Per esempio si va a ber qualcosa. Nel conciliare il tempo per le attività da trascorrere con loro (palestra, uscite serali infra-settimanali, cinema, ecc.)? Eh, girano un po’ perché sei sempre in giro e dici “boh, non è che almeno c’ho qualcuno che mi fa compagnia”. Perché lavorano tutti o van tutti a scuola e te non hai niente da fare. A parte due o tre che come me sono a casa. Per le condizioni economiche differenti? Ecco quello sì. Sì perché non puoi fare quasi niente. Se vuoi andar via un paio di giorni…dopo non esci più. Non puoi far niente, diciamo. Devo dire che i miei genitori mi aiutano. 13. Qual è la tua giornata tipo? Mi sveglio per le dieci, magari esco a camminare con il cane poi rientro a mangiare. Poi il pomeriggio, o vado a bere qualcosa con i soliti che sono a casa anche loro o appunto, andiamo a pescare o facciamo sport o qualcosa. E la sera…la sera normalmente vado dai

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miei amici che loro hanno un locale dove suonano e siamo sempre lì in una decina a chiacchierare. È cambiato qualcosa rispetto alla giornata tipo prima del beneficio della prestazione assistenziale? Da quando lavoravo e beh, sì, rientravo comunque alle cinque anzi più tardi cinque o sei, andavo a casa, facevo la doccia e cenavo. Poi c’erano le sere in cui non uscivo neanche oppure, magari le sere in cui ero un po’ in forma andavo a fare qualcosa di sport, sennò mi guardavo un film e andavo a letto. 14. Se dovessi stipulare un contratto telefonico e servono delle garanzie di pagamento come: contratto di lavoro di tuo padre, contratto di lavoro di un tuo amico, decisione della prestazione assistenziale, o altro, in ordine di priorità, quale presenteresti? Perché? Beh, quello di mio papà. Perché comunque mio papà è quello più vicino a me e ha già più una sicurezza, se vuoi. Perché magari l’amico ti dice di sì all’inizio poi dopo però se ne frega. Quindi magari vedendola dal punto di vista che è un genitore hanno più sicurezza e te lo fanno. Invece la tua decisione? La mia decisione? Se dovessi fare un contratto, come garanzia do sempre e comunque quello di mio papà. Quindi non presento la mia decisione per il fatto che prendo poco e perché non mi va di dirlo in giro, un po’ per tutti e due. 15. Se potessi beneficiare di uno sconto non indifferente per un acquisto, mostrando che sei un giovane beneficiario di aiuto sociale, ne faresti uso? Motiva la tua risposta. Mah…da un lato no, da un lato sì. Da un lato sì, perché comunque ci sta lo sconto. Da un lato no, perché non mi va di andare a dire in giro anche al venditore che sono in assistenza, preferisco tenermela per me, ecco. Anche perché, dal mio punto di vista non è neanche il massimo visto che è l’ultima spiaggia. Però…ci sta lo sconto. Però no, non lo farei.

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Se posso chiedere, ti vergogni? No, perché alla fine vabbé io ho anche fatto un apprendistato in un lavoro in cui c’è una concorrenza allucinante. E comunque non è un lavoro da scienziato. Però bohm, dopo dipende, c’è anche un po’ di fortuna se vuoi, e anche di conoscenza. Perché conosco gente che ha finito il mio stesso diploma e magari lavora nella farmaceutica di turno o in posti comunque buoni e sui cinque mila franchi se li prende. E quindi anche lì è un po’ fortuna finire nelle ditte giuste secondo me, nei posti giusti. Fine 16. Per concludere, potresti portarmi una tua visione / riflessione rispetto a un giovane adulto nella tua situazione? Eh…che più si va il là comunque con gli anni, più è difficile. Dopo c’è tanta gente che comunque conosco anche io che magari è in assistenza e sono quelli che magari vogliono stare in assistenza a lungo termine, che comunque è gente che magari gli bastano quei novecento franchi o quello che è poi e dicono “piuttosto prendo questo e non faccio niente tutto il giorno”. Io sono il contrario, perché sinceramente prendere quello che prendo che sono seicento franchi al mese, non ho voglia di prenderli ancora. E poi anche perché secondo me è una gran rottura stare a casa; cioè ci sta magari le prime due settimane, dopo due settimane però sei già stufo quando te sei a casa e son tutti a scuola o al lavoro. Per esempio adesso mi hanno iscritto ad un progetto, “Progetto Fenice”. Che infatti continuo a chiamare e a litigarci anche un po’ perché loro vogliono che praticamente vado su e devo fare cinque / sei giornate di fila a Camorino in cui ti presenti, dici quello che hai fatto, ti fanno vedere come fare un bel curriculum e la lettera di presentazione. Però il loro lavoro è di prendere i giovani che hanno un diploma e sono a casa per vedere qual è il loro obiettivo professionale e poi ti piazzano a fare uno stage di tre mesi. E loro dicono “bohm, in questo stage di tre mesi il datore di lavoro vede come sei e magari ti assume”. Però nel mio caso gli ho detto che non ho comunque ancora le idee chiare su cosa fare e che magari vorrei anche cambiare. Vedo inutile fare uno stage di tre mesi, per lo più magari in un posto in cui dopo una settimana sono stufo. Piuttosto gli ho detto che me li organizzo io, come sto già facendo, e così non sono a casa a fare un tubo. Me li organizzo io come sto facendo da una / due settimane e vedo diversi tipi di lavoro e non uno solo nello stesso posto. Vero che questi stage non sono pagati; loro invece ti danno cento franchi di rimborso spese e altri cento franchi per il trasporto. E sinceramente se devo andare a lavorare fisso, perché si lavora come un operaio, e mi mettono in un posto da

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magazziniere e prendere novecento franchi al mese non è che mi stimola proprio lavorare e anche perché vorrei prendere qualcosa in più rispetto già a dove lavoravo prima. Però continuano a impuntarsi su questo, infatti sono andato su a Bellinzona con la mia responsabile che c’è su dell’assistenza, a parlar con lei e con il collocatore del progetto, però alla fine non capiscono un tubo. Hanno le loro idee e basta.

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Intervista 3 Carta d’identità Nome: Laura9 Sesso: Femminile Età: 23 anni Familiari: presenti Formazione: CFP10 di aiuto parrucchiera Beneficiaria PA11: 2 anni Inizio 1. Potresti raccontarmi il tuo percorso scolastico / lavorativo fino a oggi? Come percorso scolastico ho fatto cinque anni alle elementari e poi quattro anni alle medie. Fino alle elementari è andata bene, alle medie invece un disastro; non andavo proprio bene, zero. Non ho ricevuto la licenza. Il percorso lavorativo, niente, è da quattro anni che sono a casa. Ho fatto tre anni di apprendistato come parrucchiera, ho ottenuto il diploma, ero abbastanza brava. Dopo un anno sono andata a Lucerna per quattro mesi sempre come parrucchiera e andavo a lavorare da una mia paesana e alla sera andavo a fare scuola di tedesco. Poi, dopo lì ho lavorato alla MIGROS, cioè ho dovuto ritornare da Lucerna perché la disoccupazione non poteva più pagarmi e dovevo ritornare, perché altrimenti sarei rimasta lì a Lucerna. Niente, son tornata, per cinque / sei mesi son rimasta a casa. Nel periodo natalizio mi ha chiamato la MIGROS come aiuto e ho lavorato un mese e poi ho fatto altri quattro mesi di stage, in poche parole non mi pagavano loro ma mi pagava l’assistenza. Poi niente, ho fatto questo concorso per entrare a fare la scuola come addetta alle cure per la casa anziani. Ho passato tutti gli esami, poi ho fatto una settimana di stage alla Filomena di Stabio. All’inizio non mi piaceva perché già dal primo giorno mi facevano fare un po’ tutto ed è stata veramente dura. Poi sono rimasta a casa ancora per un due / tre mesi e adesso sto lavorando alla Quiete, sempre come addetta alle cure. E sto aspettando questa risposta, appunto se posso iniziare lì l’apprendistato oppure no. Oramai sono lì da un mese e mezzo circa, quasi due mesi, tra una settimana son due mesi.                                                                                                                9 Nome fittizio. 10 CFP: certificato federale di formazione pratica. 11 PA: prestazione assistenziale.

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2. Come sei venuta a conoscenza del Servizio e chi ti ha indirizzata? Allora, è stato mio papà, perché lui anni fa era in assistenza e praticamente è stato lui a indirizzarmi all’ufficio. E anche la disoccupazione, perché prima ero in disoccupazione. Io ho fatto dieci mesi di disoccupazione e poi sono entrata qua non avendo trovato lavoro. 3. Quali sono i principali motivi della tua richiesta? L’ho chiesta perché comunque anche se adesso vivo con i miei, mi tocca pagare le mie fatture e comunque le mie spese le ho anche io. Quindi l’ho chiesta per ragioni economiche, non avendo un’entrata. 4. Negli ultimi mesi, come trascorri le tue giornate? Sono al lavoro dalle sette del mattino alle tre e mezza. Poi niente, torno a casa, faccio la doccia e basta. A casa con la nipotina che da lavoro, è pesante però vabbé. A volte quando è isterica, guai veramente, già passi una giornata difficile e impegnativa e poi arrivi a casa e dici “no….”; però dai, in sé è bello. È una gioia. Centro 5. Chi sono le persone con cui vivi attualmente? Se vivi sola, con quale frequenza vai a trovare i tuoi familiari? Con mamma e papà. L’assistenza mi aveva dato la conferma per poter prendermi un appartamento ma non so più cosa fare per via dello stage. Perché se mi prendono qui a Mendrisio è inutile che me ne vado di casa. Anche se prendo qua l’appartamento, ti pare che mi lascino stare… Dipende dove mi prendono per lo stage. Poi mia cognata e mio fratello hanno preso un appartamento e non mi hanno calcolata. Perché prima che nascesse la nipotina ero in casa con mio fratello e mia cognata, ora sono ritornata con i miei.

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6. Chi sono le persone che attualmente senti più vicine? La mia miglior amica e il mio ragazzo. In che modo? Mi appoggiano, più che altro. Parlando chiaro, con seicento franchi al mese fai fatica a passare il mese, cioè a volte non arrivo neanche alla fine del mese e sono più loro che mi aiutano economicamente. Del resto anche a livello emotivo mi danno appoggio, mi danno forza “si, troverai lavoro; stai tranquilla, è solo un periodo nero”, questo più la mia migliore amica. Del resto, boh, non vedo nessun altro. 7. I tuoi familiari sono a conoscenza della tua situazione economica? Sì. 8. I tuoi amici sono a conoscenza della tua situazione economica? Anche, però solo la mia migliore amica. Non ho amici. Lei sa tutto della mia vita, cioè nel senso, per me è come una sorella, con lei posso parlare di tutto e di più. Soprattutto economicamente, veramente non arrivo a fine mese. Adesso con lo stage tra benzina, è vero che potrei andare su a piedi però per svegliarmi alle cinque del mattino per andar su no. Prima mi hai detto che non hai amici… Sì, da quando sono entrata in assistenza, basta. Secondo me, è per la mia situazione economica. Perché poi alla fine andavano in giro a dire “ma quella lì non esce mai perché non ha soldi”. Cioè, capito, è comunque un imbarazzo. Ho avuto la maggior parte degli amici che non capivano cosa vuol dire assistenza, perché o avevano un lavoro o i genitori che li aiutavano, capito…avevano la macchina e tutto quanto. Io ero l’unica che non aveva tutte quelle cose sapendo benissimo la mia situazione familiare, ecco. E l’unica che mi è rimasta vicina è lei. Al massimo esco con la mia amica e con il mio ragazzo. Con gli altri amici basta. Anche perché non sono amici se la pensano così. Cioè, tu guardi quello che la persona ha dentro, non quello che ha fuori. Poi io non sono una a cui piace andare sempre in giro, discoteche, ecc.; a parte che poi i miei genitori non mi lascerebbero mai

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finché sono sotto il loro tetto e poi non mi sentirei a mio agio. Preferisco andarmi a bere un caffè tranquillamente senza problemi, che andare in discoteca o a feste…no, a questo punto me ne starei a casa, veramente. E per fortuna che ho questa amica che è uguale identica a me, anche a lei non le piacciono tutte ste cose. Invece gli altri erano da discoteca, cene, feste, ecc. 9. Come valuti il loro comportamento (familiari e amici) in questo momento di vita personale (periodo in cui benefici della prestazione)? Il comportamento dei miei, boh… l’importante è che do i soldi in casa, punto. Anche se non arrivo alla fine del mese con i soldi per me, l’importante che glieli do. Mi hanno sempre fatto storie per questo e lo fanno tutt’ora. Con gli amici sto attenta a quello che faccio con i soldi, perciò è sempre lei che magari offre, andiamo lì, andiamo là, è lei che mi motiva di più. Sennò non uscirei più, ecco, me ne starei chiusa in casa pur di risparmiare. 10. Hai percepito dei particolari atteggiamenti o comportamenti da parte loro rispetto alla tua attuale situazione? Potresti farmi qualche esempio? Beh sì, dopo l’apprendistato ho trovato un cambiamento abbastanza accentuato da parte dei miei genitori. Perché entri in disoccupazione, dopo tre mesi mi insultavano perché io ho fatto un diploma inutile, che non era per me, che è tutta colpa mia perché sono rimasta senza lavoro, avrei dovuto fare l’infermiera o qualunque altro lavoro ma non parrucchiera. In poche parole per loro io ho fatto la scuola per niente. Ora che sono in assistenza i miei genitori non lo trovano giusto e continuano a sostenere che ho fatto una scuola inutile, tre anni inutili. Me lo rinfacciano quando si parla di lavoro o di soldi. Negli amici non ho percepito cambiamenti, mi hanno sempre appoggiata. 11. In questo periodo, trovi dei cambiamenti nel relazionarti con i tuoi familiari? Cenate insieme? Condividete dei momenti in comune? Allora, cenare sì perché ormai siamo in sette e alla sera siamo tutti lì. Però condividere dei momenti in comune no, mai. Almeno, io mi faccio gli affari miei perché tanto mi illudo io; perché magari ci sono quei periodi “a cavolo, vado d’accordo con i miei, ci sta, son felice”. Ma alla fine del mese “pam”, perché ci sono i soldi, è arrivata la paga. Allora cerco sempre

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di…non dico di allontanarmi, per l’amor di dio, sono i miei genitori e gli voglio bene, però ci son modi e modi. Io glielo dico sempre, ma loro son cresciuti così e lo trovano giusto così. Mi puoi spiegare cosa intendi per “sono cresciuti cosi”? Per la loro mentalità, per il fatto che i figli devono dare i soldi in casa. Anche tutta la paga e anche se non hanno un lavoro; perché vivi, mangi, dormi e bevi lì. Che poi non penso che spendi quattrocento franchi per mangiare e bere. Poi io ho vissuto da sola a Lucerna e non spendevo così. Boh, mi hanno sempre fatto problemi comunque, fin da quando sono entrata a fare l’apprendistato di parrucchiera, che lì guadagni trecento franchi e non è tanto. Io ho sempre fatto la dura, non gli ho mai dato un centesimo; però adesso devo darli, per via dell’appartamento. Sennò son problemi, verrebbero qua a dire “ah, nostra figlia non ci da soldi per l’appartamento”, tutte quelle cose lì. È vero che spettano all’appartamento, però se fossero dei genitori diversi…vabbé, mi son fatta una ragione, solo che dopo un po’ pesa. 12. Trovi dei cambiamenti nell’organizzare le uscite con i tuoi amici? Nel conciliare il tempo per le attività da trascorrere con loro (palestra, uscite serali infra-settimanali, cinema, ecc.)? Per le condizioni economiche differenti? Devo dire che mi faccio problemi, perché come ti dicevo, offre sempre lei e questo mi da fastidio anche se lei, per l’amor di dio, ha un lavoro e tutto quanto, però mi da fastidio. Però sì, mi faccio problemi, preferirei stare a casa; magari le dico “dai, vieni a casa mia, non so, ci guardiamo un film”. Pur di…sai, non dirle “guarda mi da fastidio”. Gliel’ho detto tante volte, solo che si arrabbia e mi dice “non devi rompere, se io te lo chiedo ci sarà un motivo”. Ma mi da fastidio comunque. Va bene una / due / tre volte ma non tutte le volte che usciamo. Cioè, non dico che io non offro mai niente, però la maggior parte delle volte è lei. Da un po’ fastidio… Probabilmente mi sento un po’ in imbarazzo, veramente, quando tira fuori il borsellino “smettila, non usciamo stiamo a casa”, invece no, insiste sempre. Ma secondo me, è anche di più perché ha visto quello che io passo in casa e vuole farmi uscire di più. Secondo me è quello il motivo, lei ha assistito a tante scene. Anche perché non posso più dirle niente a proposito, sennò ti giuro, si arrabbia, mi insulta.

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13. Qual è la tua giornata tipo? È cambiato qualcosa rispetto alla giornata tipo prima del beneficio della prestazione assistenziale? Beh, a parte prima che uscivo di più, invece adesso meno. Del resto no. Prima che non avevo nessuno stage da fare, me ne stavo a casa e facevo le ricerche di lavoro che dovevo fare per la disoccupazione e basta; ora invece sono impegnata con lo stage e tuttora faccio ancora le ricerche di lavoro. Beh, alla sera sì, esco; magari sto a casa tutta la settimana, dipende anche che turni ho perché comunque è stancante svegliarsi alle sei e iniziare alle sette veramente…cioè, dopo quattro anni in cui non ho fatto niente iniziare un lavoro così, subito di colpo, devo dire la verità, è pesante, arrivo distrutta a volte non riesco a gestirmi talmente son confusa; è tanto anche psicologico oltre che fisico. Però dai, riesco a sopportarlo. Come ti stavo dicendo, magari per tutta la settimana non esco, il sabato e la domenica so che sono libera, allora nel weekend esco. Comunque verso le undici o mezzanotte io sono a letto, per dirti, non faccio mai così tardi, anche perché ti ripeto, con i miei a casa meglio evitare. 14. Se dovessi stipulare un contratto telefonico e servono delle garanzie di pagamento come: contratto di lavoro di tuo padre, contratto di lavoro di un tuo amico, decisione della prestazione assistenziale, o altro, in ordine di priorità, quale presenteresti? Perché? Boh, io sinceramente non lo farei. Prima di tutto ai miei genitori non chiederei mai aiuto. Come ti dicevo, ad un amico o amica no, perché mi pesa, è comunque una responsabilità. E non lo farei innanzitutto perché so quello che guadagno e so come passerei il mese. Se dovessi scegliere, farei vedere il contratto della mia amica. Oppure farei vedere anche la mia decisione, non mi vergognerei. Alla fine ci sono famiglie che passano con seicento franchi il mese. Però sì, la farei vedere, non mi faccio problemi. 15. Se potessi beneficiare di uno sconto non indifferente per un acquisto, mostrando che sei una giovane beneficiario di aiuto sociale, ne faresti uso? Motiva la tua risposta. Io sì, lo userei. Innanzitutto, come ti dicevo prima, con seicento franchi a volte non arrivi neanche a fine mese. Ad esempio io vestiti estivi non ne ho e, sinceramente, con lo sconto…shopping. Lo userei senza nessun problema.

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Fine 16. Per concludere, potresti portarmi una tua visione / riflessione rispetto a un giovane adulto nella tua situazione? È brutto, perché un giovane finisce un apprendistato e sogna il futuro; arrivare a ventitré anni senza un posto di lavoro e stare a casa per quattro anni di fila è pesante. Adesso io faccio il mio esempio perché comunque son giovane, a volte son lì e dico “avrò una mia vita un giorno? Sarò in pace?”. Adesso che sto facendo lo stage, ad esempio, le mie colleghe pensavano che io ero già assunta come addetta alle cure già diplomata e tutto, ma perché veramente faccio tutto. Quando gli ho detto che sono entrata a fare lo stage perché vorrei fare l’apprendistato come addetta alle cure, sono rimaste scioccate. La prima cosa che mi hanno chiesto è stata chi è che mi paga, perché pensavano che mi pagasse la Quiete, e io ho detto “no, sono in assistenza”. Vedere tutte le loro facce scioccate, da fastidio; ma veramente, ti vien automatico di fare domande non stupide ma veramente, “avrai una vita? Finirà tutto questo incubo?”. È tutto questo. Poi vabbé, ho un collega alla Quiete e lui era in assistenza ed era rientrato a cinquant’anni a fare lo stage, a fare l’apprendistato come addetto alle cure. E pensa che prima era direttore di una filiale, un cambiamento incredibile e ha una famiglia. E con lui parlo di sta cosa perché ci è passato anche lui, si sfoga, mi sfogo, mi da consigli e tutto questo. Anche perché mi da consigli su come comportarmi, cosa fare, mi supporta anche sul luogo di stage. Infatti è stato lui a spingermi ad andare dal capo a chiedere se mi prendono per l’apprendistato oppure no. Ci diamo un po’ di coraggio così a vicenda. Però, vero, passare da direttore a entrare a cinquant’anni a fare un apprendistato, penso che siamo arrivai veramente ad un punto critico.

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Intervista 4 Carta d’identità Nome: Luca12 Sesso: Maschile Età: 25 anni Familiari: solo Formazione: CFP13 di costruttore stradale pratico Beneficiario PA14: 2 anni Inizio 1. Potresti raccontarmi il tuo percorso scolastico / lavorativo fino a oggi? Dopo le medie ho provato vari apprendistati, un po’ di tutto, tutto no perché ce ne sono troppi, però un po’ variati… Appunto, dopo le medie ho fatto tre / quattro apprendistati di cui tre erano tentativi non mirati, non convinti. Anche il quarto che son finito a fare l’asfaltatore, è stato un lavoro che non mi sarei mai aspettato di fare, ma alla fine l’ho accettato e mi piaceva, ma dopo c’è stato il problema della salute, alla schiena. Niente, adesso sono in assistenza. L’ultimo percorso scolastico che sto facendo è questo. Ah, prima la disoccupazione 2. Come sei venuto a conoscenza del Servizio e chi ti ha indirizzato? Non mi ricordo più il nome della persona ma forse credo sia stata lei, l’operatrice di prossimità. Beh, comunque mi è stato suggerito da, ecco specificamente non mi ricordo, ma dalle persone vicine qua nel Mendrisiotto, che lavorano anche nel sociale. E quindi, niente, dato che sono di Mendrisio, il Comune è vicinissimo a tutto, mi son già recato lì anche per altre informazioni, dopo son venuto a conoscenza del servizio. Beh, l’importante è essere a conoscenza.                                                                                                                12 Nome fittizio. 13 CFP: certificato federale di formazione pratica. 14 PA: prestazione assistenziale.

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3. Quali sono i principali motivi della tua richiesta? Siccome non ho familiari e non ho un lavoro, perché dopo che, appunto, ho avuto problemi di salute non me l’hanno neanche calcolata come infortunio, ma come malattia (adesso non so se è giusto o sbagliato) ma dopo sono subentrati i problemi. Ho dovuto interrompere l’apprendistato nonostante abbia fatto il Diploma Cantonale e stavo finendo di fare quello Federale, ma mi hanno rubato un anno anche lì del contratto perché potevo benissimo fare i tre anni ma mi hanno attaccato i quattro di anni… e niente, dopo ho avuto sti problemi di salute, il lavoro non si trova subito, le idee non sono sempre lì oppure magari ci sono ma non c’è la possibilità, dopo il tempo passa e c’è la disoccupazione che subentra, c’è l’assistenza. È stato anche un periodo non tanto bello anche prima, anche adesso non è che sia tantissimo bello ma un pochino più soft, ma prima avevo anche altri problemi non solamente questi di salute fisica, ma anche un po’ emotiva o psichica, si potrebbe dire. Le chiamano “le ricadute” o “cadute”, nel senso, quando non sei abbastanza su con l’umore, parlando sempre di autostima o quelle robe lì. Diciamo che ti senti altro che il mondo crollarti addosso. Ti crolla addosso il famoso mondo, poi ti crolla addosso anche quel poco di briciolo di coscienza che hai, a volte anche un po’ di speranza, pazienza e inizi a perdere un po’ le staffe. Dopo ritrovi il tempo per rimetterti sul percorso. Non è che se la macchina perde l’olio o la benzina, posso mettermi in strada e gareggiare. No, devo prima tirarla fuori e metterla a posto e poi si mette di nuovo in pista. Quindi è importante la salute e non solo il lavoro. 4. Negli ultimi mesi, come trascorri le tue giornate? Cercando di occuparmi, logico, però non è facile. Negli ultimi mesi, si può dire che è più il tempo che sono a casa incollato alla tv, non ho molta interazione con le persone perché o son tutti occupati a lavorare, o disoccupati per i cavoli loro. Quindi le giornate sarebbe bello occuparle, non dico per forza lavorando, se ci fosse il lavoro e un guadagno ben venga ma devi avere anche la compagnia per occupare le giornate perché da solo... poi qua nel Mendrisiotto, in Ticino, non c’è molto da fare per chi è a casa a far niente, è quello il fatto. O ti inventi te la tua corsetta singola o con gli amici, o vai a farti la tua biciclettata, però dopo sei in giro come un babbo e basta. Alla fine sei in giro come un cucù, ecco come passo le giornate.

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Centro 5. Chi sono le persone con cui vivi attualmente? Da solo. Se vivi solo, con quale frequenza vai a trovare i tuoi zii? Adesso, perché sono proprio veramente a corto di soldi, non posso far l’abbonamento perché non ho né la macchina perché ho la patente a Camorino, me l’hanno ritirata, e l’abbonamento che avevo è scaduto e adesso devo rinnovarlo ma siccome ho solamente due franchi per tutto il mese non posso andar su a trovarli. Loro non vengono quasi mai a Mendrisio, perché adesso è da ottobre che abito per conto mio e son ritornato a Mendrisio, loro invece abitano su a Cademario e poi adesso c’è mio zio che non sta tanto bene, ha la leucemia, quindi non usa la macchina è già bello se cammina… Poi con mia zia, lascia stare, non è che ho buoni rapporti con lei, è più una Hitler (non so di che grado) ma con una mentalità proprio bernese, ha una mentalità veramente incomparabile alla gioventù di oggi; per lei i giovani son tutti drogati, parassiti che non vogliono fare niente e basta, arriva al punto di dirmi questo. Quindi non so quanta cattiveria o durezza c’è in quella donna. Quindi la frequenza non è fissa, varia, però non è neanche né troppo di rado né troppo sovente. O al massimo li sento tramite telefono, ma ormai ognuno sta nel suo brodo. 6. Chi sono le persone che attualmente senti più vicine? Mah, qualche amico che c’è in giro qua, che è nella mia stessa situazione ci troviamo, ci piangiamo sulla spalla. Non è che siam lì proprio a piangerci addosso, ma siam lì ad annoiarci insieme. Più che ammazzare il tempo, a volte è più il tempo che ammazza noi. Hai detto nella tua situazione, nel senso…? In assistenza o senza lavoro per qualche motivo, o in disoccupazione, magari nessuno di loro è in assistenza o in disoccupazione ma son comunque a casa perché magari hanno i genitori che possono aiutarli. E cosa fai? Ci si incontra al bar, si chiacchiera, si ascolta e le giornate passano così. Uguali ogni giorno quasi. Sennò fai il giro con il cane e…non lo so. Cerchi di non annoiarti.

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7. I tuoi familiari, i tuoi zii sono a conoscenza della tua situazione economica? Sì, penso proprio di sì. Parli con loro della tua situazione economica? No, non ci parlo nemmeno, sono affari miei. Però loro sanno che non lavoro, quindi che non ho soldi. Sanno che prendo l’assistenza, logico. 8. I tuoi amici sono a conoscenza della tua situazione economica? Sì, sì, tutti tutti. Non c’è nessuno che si salva, perché siccome ogni cosa va via per informazione e per parlare, qualsiasi cosa sia; siam fatti di parole, uno se sta zitto non concluderà mai niente, neanche parlar con una ragazza se ci vuole provare. Io di certo non vado in giro a farlo per far pubblicità, o perché mi devo sfogare o per chissà cosa, ma lo faccio perché è la realtà. Alla fine uno cosa fa? Se è a casa a far niente, di certo non dice che ha un lavoro o guadagna soldi. Io non sono uno che è capace a mentire o a cercar di dire bugie bianche, quindi son fatto così, io son la verità; parlo e basta, dico quello che c’è, quello che è. Alla fine di cosa vuoi parlare? Io parlo della mia vita, di quello che sto passando, se potessi parlare e interessarmi ad altro lo farei più che volentieri. Ormai purtroppo arriva un periodo che quando sei in difficoltà, o quando sei egoista non dico di proposito ma tutto si centra di nuovo sulla tua vita, è normale che uno parla un po’ di sé. Io quando sono al bar con i miei amici, o con anche sconosciuti, non ho problema a dire che sono in assistenza. Non mi vergogno, anzi, non è colpa mia se sono in assistenza, per fortuna che c’è. 9. Come valuti il loro comportamento (zii e amici) in questo momento di vita personale (periodo in cui benefici della prestazione)? Mah, non sto lì a guardare. A dipendenza di quello che pensa uno amico o non amico, uno sconosciuto o non, non è che non mi interessa accetto i consigli ma non accetto magari quelli che fanno tanto i sapientoni “fai di qua, fai di là”, quando loro non sanno qual è la tua situazione e come ti senti in quel momento. La stessa cosa vale anche per me nei confronti di un altro. Nel senso, i discorsi van sempre bene, quindi per me è un po’ indifferente che cosa ne pensano. Vedo, se il discorso sia da ambe due le parti, sia da parte mia e a dipendenza da chi ho di fronte, è sensato e non è fatto da pregiudizi e non è

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per farti sentire un fannullone, per dire. Perché ci sono anche quelle persone, ma io non le ho incontrate che poi se le avessi incontrate, non sto lì a darci corda. Gli amici poi, son quelli che ti aiutano e ti consigliano, non quelli che ti giudicano e ti dicono come devi essere, cosa devi fare, ecc. son tutti bravi a parlare, è quello il fatto ormai. 10. Hai percepito dei particolari atteggiamenti o comportamenti da parte loro rispetto alla tua attuale situazione? Potresti farmi qualche esempio? No, che io sappia no, forse ho le fette di salame sugli occhi, o non voglio vedere o non ci vedo di natura ma no, non penso. Vero che quando si cresce si cambia in ogni aspetto, nel senso a dipendenza di cosa fai o non fai nella vita, non puoi dire che tutto era come prima o come una volta. Mah, le differenze ci sono, però tante volte non è che non le noti, però dipende che cosa vuol dire differenze. Se è il fatto di avere meno soldi, non penso sia questo il fattore principale per il quale i miei amici non mi chiedono di uscire con loro, magari sarebbe per altre ragioni ma non per questo. Però non lo so, tante volte sai, ci sono più amici quando si è ricchi, quando si è poveri invece meno. Devo dire che io son già un tipo che non si interessa quasi più di quello che dicono gli altri, perché ormai ognuno parla di quello che fa, sai non ti rappresenta e non ti riguarda da una parte, magari faccio male, perché se non stai attento magari quella volta lì che parlano di qualcosa, c’è qualcosa che può riguardarti. Però boh, son già un tipo che sta più nel suo oblò, ecco nella sua testa e basta, non sto più lì ad ascoltare quello che dicono gli altri. Te l’ho detto prima, il tempo maggiore che passo è in solitudine, non con gli altri. 11. In questo periodo, trovi dei cambiamenti nel relazionarti con i tuoi zii? Cenate insieme? Condividete dei momenti in comune? Sì, bohm cambiamenti…ci siamo solamente distaccati ancora di più e basta. Ormai abito per conto mio e da quando fisicamente non sono più nel Luganese, non c’è più quell’interazione di vedersi realmente. Ormai anche lì la famosa frequenza è calata, perché adesso son qua per conto mio in mezzo alla Mendrisio city dove son nato.

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12. Trovi dei cambiamenti nell’organizzare le uscite con i tuoi amici? Nel conciliare il tempo per le attività da trascorrere con loro (palestra, uscite serali infra-settimanali, cinema, ecc.)? Per le condizioni economiche differenti? A parte i soldi che non ci sono, cosa vuoi andare a fare in giro se non ci sono i soldi? Certo che ci sono delle differenze, qua siamo anche in Svizzera, in tutti i paesi in cui tu vuoi andare, ovunque c’è il consumismo. Però magari nelle strade di altre città più grandi o più vive, la vita è in strada. Qua la vita invece è sui libri, dietro al computer, nel senso c’è e non c’è la cosa, qua è più un deserto. Quindi tante volte cosa vuoi fare? Niente, ti desertifichi tu stesso e basta, se non c’è la finanza e se non c’è la sostanza; se c’è la compagnia ben venga, ma la compagnia anche lei se non è al bar o in giro a far chissà cosa vanno anche loro a farsi le serate…a parte che io non sono un tipo che si fa le serate, me le facevo. Però tra i soldi che non ci sono, la poca voglia e tutto il resto, dopo ti passa anche un po’ la poesia di far le cose. Non hai più la motivazione, ormai è così, nel senso dopo diventi uno a cui dicono “oh, ma sei sempre così duro con te stesso…”, ma cosa devo fare? Devo stare ancora in giro a fare lo stupido? No. Uno se si diverte lo sente dentro, se non si diverte io non vado a far finta di divertirmi. Certo che tante volte devi fare il primo passo, andar lì e provare perché come quando ti immagini una cosa, finché non ci provi non è che puoi esser sicuro che vada per forza così come l’hai immaginata. Però son più le rinunce alla fine che tutto il resto. È una vita in cui non puoi permetterti un cavolo in questo momento. Non riesco neanche a mangiare fra un po’, devo pagare le fatture, le bollette e poi ho da fumarmi la mia famosa canapa perché almeno me ne sto tranquillo. Peccato che ne fumo troppa, perché stando a casa a far niente, ti bruci il cervello. Però questo almeno è uno dei pochi piaceri che ho ancora nella vita. Fumare, una delle poche cose che mi da ancora qualche soddisfazione e a parte che mi da l’effetto, mi fa stare sereno e tranquillo, sennò divento troppo agitato. Una volta ero agitato ma in modo sano, adesso se mi agito divento una bestia, non chissà cosa, ma posso diventare pesante. È quello il problema. 13. Qual è la tua giornata tipo? È cambiato qualcosa rispetto alla giornata tipo prima del beneficio della prestazione assistenziale? A parte che prima dell’assistenza ero in disoccupazione, quindi stessa situazione, prima ancora logico, lavoravo e avevo un’occupazione, mi guadagnavo i miei biglietti da mille, avevo anche una prospettiva futura. Adesso sono a casa come un povero verme. Quindi sì, è cambiata tantissimo, come dal giorno alla notte. Se non sei occupato o non fai qualcosa, cos’è l’uomo? A meno che non sei ricco e sfondato già di natura o perché hai

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un’eredità, o perché hai i familiari che ti mantengono, cosa vuoi fare? Se fossi stato in Italia o in altri paesi, ero a morir di fame o a fare il barbone, perché sono in Svizzera e qua ce la passiamo ancora abbastanza bene. Però non so fino a quanto regge la storia. 14. Se dovessi stipulare un contratto telefonico e servono delle garanzie di pagamento come: contratto di lavoro di tuo zio, contratto di lavoro di un tuo amico, decisione della prestazione assistenziale, o altro, in ordine di priorità, quale presenteresti? Perché? Eh beh, la mia, a meno che non ho qualcuno che è in combutta…non ho mai fatto una cosa del genere. Io son sempre andato di pancia, con la mia faccia, con le mie carte. Faccio vedere la mia situazione e basta. A meno che non sia veramente in difficoltà non sto lì a fare queste cose. Finché si tratta di chiedere un prestito di soldi è un conto, però se devo star lì a mettere in mezzo carte o documenti di altre persone per le mie cose, no. Non dico che non sono d’accordo, metà sì e metà no, da una parte mi piacerebbe ma dall’altra no per non scomodare le persone; perché per un amico magari non tutti sarebbero disposti, e se magari poi succede anche la gabola (sai, chi risponde, ecc.) è meglio non mischiare le cose. Meglio mettere le cose con la propria firma e i propri dati. Poi io non voglio più chiedere niente a nessuno, se qualcuno vuole offrirsi volontario o vuole fare un atto di generosità va bene, ma io non voglio più chiedere niente a nessuno. 15. Se potessi beneficiare di uno sconto non indifferente per un acquisto, mostrando che sei un giovane beneficiario di aiuto sociale, ne faresti uso? Motiva la tua risposta. Ah beh, certo. Perché se è uno sconto e già non ho soldi, ben venga. Se posso pagare la metà, se avessi soldi pagherei anche il doppio, anzi pagherei normale perché se inizi a pagare il doppio poi non te ne rimangono più. Però è sempre un risparmio, così ti possono rimanere in tasca quei pochi soldi che hai già, che son comunque pochi e puoi usarli per mangiare per esempio. Si arriva a fine mese, anzi a metà mese che sei già lì che devi andare a leccare l’asfalto fra un po’…

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Fine 16. Per concludere, potresti portarmi una tua visione / riflessione rispetto a un giovane adulto nella tua situazione? Guarda io non lo so perché dipende sempre da come è la situazione del giovane. Perché se un giovane finisce in assistenza, prima di tutto bisogna vedere il motivo e la causa: magari c’è chi, come nel mio caso o come in altri, non trova lavoro pur cercandolo o magari ha avuto dei problemi di salute e non può permettersi di stare a casa con le proprie risorse perché non ha niente, zero, come vuoi che lo vedo? Io guarda, la persona che sta a casa, che sia un giovane o un vecchio, che sia in assistenza o al lavoro, io cerco non è che riesco di vedere le persone a ugual modo su certe cose, non certo a metterli sullo stesso piano su tutte le cose, ma cercare di capire prima perché uno è in quella situazione poi valutare la cosa. Quindi non posso dare una risposta perché sarebbe solo un’altra cavolata. Come posso rispondere se non conosco una cosa? Prima devo conoscerla. Poi se ci sono quelli che se ne approfittano solamente perché non stanno bene con i familiari, bohm. Se quella è l’unica soluzione, vai fuori dalle scatole e ti prendi l’assistenza, però se è proprio necessaria. Però se ci sono quelli che magari lo fanno per comodità, è logico, dopo è un problema. È un problema per tutti: per chi è in assistenza, per l’assistenza, per i datori di lavoro. Il problema poi cos’è, il lavoro, i soldi. Alla fine qual è il problema di uno perché non lavora? Per tanti motivi, può essere un problema a livello microscopico come un problema macroscopico. Bisogna sempre vedere l’effetto e la causa.

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Intervista 5 Carta d’identità Nome: Maria15 Sesso: Femminile Età: 24 anni Familiari: genitori separati Formazione: CFP16 di aiuto parrucchiera (empirico) Beneficiaria PA17: 2 anni Inizio 1. Potresti raccontarmi il tuo percorso scolastico / lavorativo fino a oggi? Io ho fatto tre anni di scuola elementare a Melide, dopo sono stata bocciata perché avevo problemi con la matematica e con l’italiano non ero molto brava a scrivere, perché con due lingue è un po’ difficile. Dopo mi hanno mandata alle scuole speciali di Molino Nuovo che lì praticamente è una scuola in cui ti danno un aiuto in più. La maggior parte dei bambini che erano lì, avevano dei problemi veramente molto gravi; io invece, era solo proprio perché alle medie o alle elementari le cose andavano troppo veloci, quindi ecco. E niente, devo dire che da quando mi hanno inserita lì le cose sono andate molto bene, e ho fatto ancora qualche anno di scuola. Poi mi hanno mandata in una scuola, tipo la pre-tirocinio, però sempre scuole speciali, dove ho fatto due mesi di scuola, poi da ottobre fino a giugno ti mandavano a fare vari stages e ho trovato come parrucchiera. Ho fatto due anni di apprendistato empirico, poi dopodiché dovevo fare il terzo anno ma il datore di lavoro non mi ha più tenuta. Sono entrata in disoccupazione e mi hanno mandata a fare un programma per ragazzi sotto i vent’anni, a Bellinzona (se non mi sbaglio). Lì ho trovato in albergo qualche mese dopo, non sono stata nemmeno tanto in disoccupazione quell’anno lì, ho trovato, ho fatto i miei due anni di apprendistato, ma pure lì niente, le cose non sono andate bene perché il mio ex direttore aveva problemi di gestione, tutte queste cose qua, e quindi a me e all’altra apprendista ci ha dovute lasciare a casa. Poi niente, io dopo non ho più trovato, ma anche perché mi ero un po’…cioè ho cercato ma non ho più trovato e mi sono sentita un po’ inutile a cercare e a ricevere sempre

                                                                                                               15 Nome fittizio. 16 CFP: certificato federale di formazione pratica. 17 PA: prestazione assistenziale.

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risposte negative; mi sono resa conto che era una perdita di tempo, insomma, quindi ho detto “bohm, basta cambio direzione”. Vabbè, ho lavoricchiato un po’, presso un negozio di telefonini, ho fatto un mese all’albergo Stazione, ho fatto un po’ di tutto insomma. Intanto la disoccupazione era finita, cioè, stava finendo. Dopo ho trovato uno stage di tre mesi presso l’OBV, l’anno scorso, però ecco l’economia domestica: un conto era farla in albergo, però tu là non facevi solo quello, comunque bene o male facevo anche altro, perché come impiegata fai un po’ di tutto. Però lì (all’ospedale) era solo pulizie e quindi sono arrivata alla fine dei tre mesi che non ne potevo più e basta. Ora sto facendo un programma occupazionale di sei mesi, sto facendo uno stage in una casa per anziani come assistente di cura e, niente, il trenta giugno dovrei finire e spero di trovare un posto che mi prendano. 2. Come sei venuta a conoscenza del Servizio e chi ti ha indirizzata? Appunto, io ero in disoccupazione e qualche mese prima che mi finisse, la mia ex consulente mi aveva detto “guarda, purtroppo devi andare in assistenza perché dopo due anni noi non possiamo più…”. Praticamente mi aveva spiegato un po’ la situazione e io ho detto “vabbè, niente, piuttosto che non prendere niente vado”, perché comunque lei mi aveva detto che non era obbligatorio, quindi volendo potevo solo stare in disoccupazione, ma dopo chi è che mi aiutava, nel senso economicamente. Allora niente, dopo mi sono buttata lì, cioè, sono andata in Comune e ho portato tutto quello che mi avevano chiesto di documenti e ho fatto il primo colloquio con una impiegata dello sportello LAPS e io avevo detto che era abbastanza urgente perché mi ero iscritta ma non avevo portato tutte le cose in tempo, perché mi avevano chiesto un casino di roba e io mi ero un po’ persa, poi avevo cambiato casa, mi ero trasferita qua, quindi era un po’ un casino, ero un po’ incasinata. Dopo son passati mesi e mesi e quando ho fatto il colloquio per firmare il contratto, avevo chiesto se potevano pagarmi subito perché era abbastanza urgente. E poi mi han detto che la mia persona di riferimento era Tiziana18 che poteva seguirmi meglio nelle mie cose, visto che ero un po’ in confusione e in aria.

                                                                                                               18 Assistente sociale.

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3. Quali sono i principali motivi della tua richiesta? Guarda, io se devo dirti la verità, all’inizio era più che altro per essere aiutata economicamente, perché la mia situazione a casa non è una di quelle migliori, insomma, quindi stando solo in due, dovevo comunque dare una mano in casa. Dopo pian piano ho cominciato a conoscere Tiziana19, mi sono anche un po’ affezionata, perché comunque mi conosce, sa come prendermi. Quindi mi ha parlato di questo programma occupazionale. Però in sé, il motivo era più che altro per aiutare, per stabilirmi un po’ economicamente, come magari pagare qualche debito, tutte queste cose qua. Il motivo era più che altro quello. 4. Negli ultimi mesi, come trascorri le tue giornate? Io tuttora lavoro, per otto ore sono proprio al lavoro, non ci sono per nessuno. Nel senso che non mi vedete in giro, ecco. Invece prima, prima che iniziassi questo stage, ero sempre in giro, giravo, non giravo, uscivo, ero un po’ non sbandata però…diciamo che me la prendevo un po’ con comodo perché dicevo “massì, tanto sono in assistenza, chissenefrega”, però invece no, non è così invece. Devo dire la verità che ora sono contenta, perché non passo più le mie giornate senza fare niente; poi mi veniva sempre, ogni giorno che passava, mi veniva sempre una pigrizia addosso, quindi dopo un po’ dici “che barba! Voglio far qualcosa.” Centro 5. Chi sono le persone con cui vivi attualmente? Vivo da sola. Posso chiederti come mai? Certo, perché la mia situazione a casa non è una di quelle migliori, quindi ho preso un monolocale da sola.

                                                                                                               19 Assistente sociale.

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Se vivi sola, con quale frequenza vai a trovare i tuoi familiari? Allora, mio papà lo vedo due-tre volte alla settimana, perché io vivo comunque molto distante da lui, quindi ogni tanto non ho tanta voglia di andare da lui, perché devo camminare un bel pezzo; però comunque lo vedo due-tre volte alla settimana, ogni tanto lo incrocio per strada. Mia mamma, da quando i miei si son separati, io la vedo pochissimo, perché lei lavorando e facendo i turni, se la vedo è una volta ogni due / tre settimane. Poi soprattutto da quando lavoro, non ho nemmeno più tanto tempo, prima era un po’ più facile, ora invece bisogna trovare una maniera che quando lei non lavora io non lavoro, è un po’ difficile. 6. Chi sono le persone che attualmente senti più vicine? Mia mamma, lei comunque c’è sempre stata e sì, qualche parente, mi stanno vicini e quando ho bisogno mi aiutano. Invece il resto delle volte no. Quindi più gli amici, insomma e la mamma quando c’è bisogno. In che modo? Per esempio quando ho bisogno di andare a fare la spesa c’è una mia amica che ha la macchina si offre sempre, mi porta sempre, mi porta da qualche parte, dove magari io non riesco; piuttosto che la famiglia. Comunque sì, bene o male sono gli amici un po’ di più, anche perché poi vivono vicino a me, invece mia mamma vive a Lugano quindi diventa un po’ più difficile. 7. I tuoi familiari sono a conoscenza della tua situazione economica? Sì, non sanno quanto prendo, ma sanno che guadagno poco. Sanno che prendo l’assistenza, ma non quanti soldi mi danno. 8. I tuoi amici sono a conoscenza della tua situazione economica? Anche sì, sì. Loro, però, a differenza, sanno quanto prendo più o meno. Cioè, quando mi arriva il foglio non glielo faccio vedere, però più o meno sanno, perché magari anche loro ci son passati o robe varie, e quindi mi capiscono già un po’ di più.

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Se posso permettermi, come mai i tuoi amici sanno più o meno quanto prendi e la tua famiglia invece no? La mia famiglia è un po’…loro si, sono contenti che comunque bene o male l’assistenza mi aiuta, però se non sono in assistenza è meglio per loro. Quindi, per questo che loro, da quando mi han detto così, io preferisco non dire troppo quello che io ricevo. Perché poi io non so quanto guadagnano loro e non mi interessa nemmeno, quindi, di conseguenza, pure io non vado a dire quanto guadagno. Cioè, sanno che guadagno poco, punto e basta. Invece gli amici, come ti ripeto, già magari pure loro ci son passati quindi mi sanno capire. Invece, una volta, non penso che l’assistenza ti aiutava così; penso io, né. Una volta c’era più lavoro, quindi i miei parenti non avevano neanche bisogno di chiederla. 9. Come valuti il loro comportamento (familiari e amici) in questo momento di vita personale (periodo in cui benefici della prestazione)? Mah, devo dire che gli amici, come dire, mi trattano come una persona normale, nel senso che mi capiscono, cercano di aiutarmi nel caso in cui io non posso fare qualcosa loro mi aiutano. I familiari…certi sì, cercano di aiutarmi pure loro. Ma certi pensano che sono una nulla-facente perché sto in assistenza. Quindi, quando mi chiedono se ho trovato lavoro, dico di no, basta punto, cerco di non parlar troppo e di non stare troppo su quell’argomento perché so che dopo cominciano a dire qualcosa e dopo magari io do di matto. Quindi preferisco che non sappiano niente, insomma. 10. Hai percepito dei particolari atteggiamenti o comportamenti da parte loro rispetto alla tua attuale situazione? Potresti farmi qualche esempio? Sì, ecco, niente; per loro è meglio che io trovo un lavoro e basta, punto e stop. Però ecco, la cosa che io non concepisco è questa auto-critica dicendo che “bohm, sei in assistenza, non fai niente nella vita, non vai a scuola”. Però, questo tipo di persone devono capire che se una persona è in assistenza, non vuol dire che è una nulla-facente. Quindi, io parlo per loro, se loro hanno questa cosa qua di criticare, perché non mi date voi una mano a cercare lavoro? Capito? Siete bravi a parlare però…perché non date una mano? Ecco. Questo non con tutti i miei familiari; ci sono certi tranquillissimi che sono contenti che ho un’entrata e posso vivere, soprattutto ora che vivo da sola. Poi però c’è chi non è contento, però d’altronde piuttosto che finire in mezzo alla strada…

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Niente, gli amici tranquillo, si comportano normalmente, sono più aperti, mi capiscono di più. 11. In questo periodo, trovi dei cambiamenti nel relazionarti con i tuoi familiari? Cenate insieme? Condividete dei momenti in comune? Con la famiglia in generale non tanto, perché io non sono una che li cerca tanto, quindi “ciao, come stai? Bene.” e basta. Non sono una che sta tanto in famiglia. Soprattutto con quella di mio papà, che è quella che sta qua. Invece, con i parenti di mia mamma che stanno in Portogallo, lì…forse perché non li vedo sempre, invece questi che sono qui bene o male li vedo sempre, quasi tutti i giorni e quindi… E niente, con i miei genitori sì, ogni tanto vado a pranzo da mio papà; per esempio domenica che era la festa della mamma sono andata a pranzo da mia mamma. Sì, queste cose qua sì, capitano. Quando loro mi invitano, non dico mai di no. Ecco, non sempre, a parte Natale, le altre Feste, non sempre, va un po’ a periodi. Nel relazionarti con loro, rispetto a prima, quando eri per esempio in disoccupazione, trovi dei cambiamenti? Guarda, devo dirti la verità, non è cambiato niente, tutto uguale. 12. Trovi dei cambiamenti nell’organizzare le uscite con i tuoi amici? Nel conciliare il tempo per le attività da trascorrere con loro (palestra, uscite serali infra-settimanali, cinema, ecc.)? Per le condizioni economiche differenti? Quello sì. Perché prima, magari diciamo, avevo più tempo ed economicamente magari stavo meglio, potevo permettermi per esempio di fare un aperitivo e una cena nello stesso giorno. Ora, da quando vivo da sola, ho fatto una serie di calcoli, poiché prima io vivevo con il papà e se mi mancavano i soldi bene o male c’era lui. Ora, invece no, se mi mancano i soldi, sono io che ho la responsabilità. Quindi, da quando vivo da sola, cerco magari di uscire di meno, per esempio prima uscivo sia venerdì che sabato, ora invece o il sabato o il venerdì. E se vado, magari mi porto venti franchi in tasca e il resto lo lascio a casa. Perché è un mio modo di risparmiare, è un mio modo di non spendere tutto in una sola volta, ecco. E quindi, bene o male gioco un po’ con queste cose. Devo dire che mi trovo bene con questo metodo. Anzi, se ci pensavo di usarlo un po’ prima era anche

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meglio, però vivendo con i genitori non pensi a tutte queste cose. Quindi dal momento che si vive da sola, più o meno devi imparare un po’ a gestirti insomma. 13. Qual è la tua giornata tipo? È cambiato qualcosa rispetto alla giornata tipo prima del beneficio della prestazione assistenziale? Da una parte sì, perché come ho detto prima, prima di andare in assistenza ero in disoccupazione ed ero molto più stressata perché dovevo fare timbri, dovevo fare ricerche, poi la mia consulente non è che era di quella bravura ma era abbastanza severa e quindi era uno stress. Anche solo al pensiero che avevo l’appuntamento con lei ero già incavolata, magari l’appuntamento era al mese dopo, però io già a pensarci, guarda… Poi io sono una che se l’è sempre cavata da sola: i lavori che ho fatto come all’albergo e ho anche lavorato in nero in una casa di una coppia di anziani, andavo lì tre volte alla settimana a fare le pulizie, sai sono comunque dei lavoretti che bene o male io mi sono sempre arrangiata da sola. Quindi trovavo pure che la disoccupazione era inutile dal mio punto di vista, dopo è ovvio che ci saranno quelle persone che sono andate lì e hanno trovato lavoro. Ed era uno stress perché prima non ero serena, invece dal momento che sono uscita, sono un po’ più tranquilla. Anche perché la Tiziana20 è molto tranquilla, cioè mi chiede di fare delle cose, ma oltre a quello non mi stressa e poi mi aiuta tanto; invece in disoccupazione, loro mi davano le cose ed ero io che dovevo fare tutto ed era un po’ più stressante. E niente, sono un po’ più serena adesso. 14. Se dovessi stipulare un contratto telefonico e servono delle garanzie di pagamento come: contratto di lavoro di tuo padre, contratto di lavoro di un tuo amico, decisione della prestazione assistenziale, o altro, in ordine di priorità, quale presenteresti? Perché? Eh, bella domanda…ehm, no, penso che presenterei il mio contratto dell’assistenza. Perché d’altronde, per un contratto telefonico, non è un problema penso per me. Alla fine comunque, magari potrei avere qualche chance in più dato che vedono che non ho molto, magari possono darmi qualche opportunità, magari mi fanno un contratto un po’ diverso. Se loro non mi accettano perché sono in assistenza, niente. Io non vedo il motivo di nascondere sta cosa quando si tratta di contratti. Io non vedo il motivo, perché se io mostrassi qualcosa che riguarda mio padre, magari saltano fuori altre cose, magari dicono

                                                                                                               20 Assistente sociale.

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“bohm, sta qua guadagna tremila franchi”, ma in verità non sono io che li guadagna. Secondo me se tu mostri qualcos’altro, causi problemi, perché d’altronde stai mentendo, è una mezza bugia quindi sempre meglio dire le cose come stanno poi se non gli vanno bene, niente. 15. Se potessi beneficiare di uno sconto non indifferente per un acquisto, mostrando che sei una giovane beneficiario di aiuto sociale, ne faresti uso? Motiva la tua risposta. Sinceramente di sconti non tanto. Se devo mostrare il mio contratto dell’assistenza per avere uno sconto non lo farei. Da una parte mi vergognerei, perché dopo le persone penserebbero, io vado oltre dopo, “bohm, sta qua è in assistenza e vuole lo sconto perché guadagna poco“. Ma non è così, cioè sì, forse posso guadagnare poco quello è vero, però…sai, ho sempre sta cosa qua del pregiudizio. Per esempio se tu hai uno sconto del cinema e io vengo da te e ti faccio vedere il contratto dell’assistenza e ti dico “guarda questo è quello che guadagno”, penso che mi sentirei un po’…sembra che io sto sfruttando sta cosa per avere uno sconto. Cioè io piuttosto se non ho soldi, non vado al cinema piuttosto. Mi guardo il film su internet e basta. Dal mio punto di vista non vedo il motivo, perché mi sembra che sto sfruttando la mia situazione per uno sconto al cinema quando magari sono tre o quattro franchi in meno. E se si trattasse di un guadagno più alto? Lì, si, forse ci faccio un pensierino. Cioè dopo dipende che cosa è: se è un paio di scarpe, se è una borsa, lì magari sì, però ci penserei su bene sempre per quel motivo che mi sentirei di sfruttare la mia condizione. Perché io non sono una fanatica di shopping, non sono una che se vede una maglietta scontata la compra subito, non lo so il perché, sono io che sono fatta così. Però ci penserei bene, molto bene. Se lavorassi, no, ma dato che sono in questa situazione sì.

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Fine 16. Per concludere, potresti portarmi una tua visione / riflessione rispetto a un giovane adulto nella tua situazione? Da come me lo immagino io un giovane in assistenza, me lo immaginerei uno che si approfitta per il fatto che viene pagato senza fare niente e fa un po’ quello che vuole, nel senso che non cerca lavoro, se ne sbatte un po’. Io mi immagino un po’ questo tipo di persona. Perché molti ragazzi di oggi son fatti così, dicono “massì, tanto sono in assistenza, non faccio niente e vengo pagato”. Invece ci sono certi ragazzi che da come ho visto io, certi sono in assistenza e fanno di tutto per uscire, cioè cercano il lavoro. O sennò vanno in assistenza perché magari per due/tre mesi son senza lavoro. Vedo un po’ questi tipi di persone: sai, ci sono quelli che se ne sbattono per il fatto che sono in assistenza, ma ci sono anche quelli che fan di tutto per uscire. Invece nel mio caso, io ti dico che finché non trovo lavoro sono più che contenta che sono in assistenza. Però da una parte, mi piacerebbe comunque prendere i soldi uliti insomma, puliti nel senso che vengono da un posto di lavoro, che c’ho un contratto. Secondo me ci sono un po’ questi due tipi di persone, ecco. C’è la gente che come ti ripeto, ha voglia e che fa di tutto per uscire e ci sono quelli che se ne lavano le mani, insomma. Invece, una persona già adulta, magari perde le speranze perché ha una certa età e non lo prendono più, quindi cosa fa, sta in assistenza. Invece un giovane deve darsi da fare, perché io conosco certe persone che hanno trenta / quarant’anni che sono in assistenza e vivono con i genitori e questo tipo di vita non fa per me. Quindi, diciamo che man mano che cresci perdi un po’ l’opportunità che hai avuto da giovane. Se sei in assistenza, sì, va bene ma se hai l’opportunità di trovare un posto di lavoro è molto meglio. Piuttosto che arrivare a quell’età lì ed essere proprio nulla-facente, ma proprio di quelli belli tosti. Spero pure io di trovare un lavoro per uscire e permettermi di fare sia l’aperitivo e la cena nella stessa serata o prendere un appartamento un po’ più grande. Ora son contentissima, ho un monolocale che va benissimo, però magari un domani….

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Allegato 3: Griglia di analisi delle interviste

Tema Claudio (23 anni) Daniele (20 anni) Laura (23 anni) Luca (25 anni) Maria (24 anni)

Percorsi scolastici e professionali

- Primo anno di scuola media a Stabio dove non si trovava bene; ha concluso la scuola dell’obbligo a Morbio Inferiore con buoni voti. - Diploma professionale di liutaio presso la liuteria a Cremona. - Studi presso SAE (un anno) e l’accademia del suono (un anno) interrotti per motivi economici. - Esperienza lavorativa nel campo

- Terminate le scuole dell’obbligo. - Intenzione di fare l’apprendistato come cuoco, ma non ha trovato il posto. - “Ultima spiaggia”: apprendistato come spazzacamino, interrotto dopo due mesi perché non gli piaceva e i capi non erano bravi. - Per non perdere l’anno scolastico, in una settimana ha trovato come magazziniere. Apprendistato concluso, ma

- Terminate le scuole medie senza licenza (“alle medie un disastro, non andavo proprio bene, zero”). - Tre anni di apprendistato come parrucchiera, terminato con ottenimento del diploma. - Piano occupazionale disoccupazione a Lucerna: lavorava come parrucchiera e frequentava la scuola di tedesco. - Trascorso cinque/sei mesi a

- Terminate le scuole dell’obbligo. - Intrapreso tre apprendistati, “tentativi non mirati, non convinti”. - Quarto apprendistato svolto: asfaltatore. “È stato un lavoro che non mi sarei mai aspettato di fare, ma alla fine l’ho accettato e mi piaceva”. “Ho dovuto interrompere l’apprendistato nonostante abbia fatto il Diploma Cantonale e stavo finendo di fare quello

- Primi tre anni di elementari a Melide; ha concluso le scuole dell’obbligo presso le scuole speciali di Molino Nuovo. “La maggior parte dei bambini che erano lì, avevano dei problemi veramente molto gravi; io, invece, era solo proprio perché alle medie o alle elementari le cose andavano troppo veloci”. - Pre-tirocinio scuola speciale: scuola con

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dell’audio e della musica (insegnante). - Intenzione di intraprendere un apprendistato AFC come cuoco.

lasciato a casa. - Trovato lavoro come magazziniere presso una ditta a Balerna. Dopo sette/otto mesi si è licenziato perché era sotto-pagato e non era presente la sicurezza sula lavoro. Inoltre sono subentrati problemi alla schiena. - A casa senza lavoro da fine luglio.

casa. - Programma occupazionale assistenza: ha lavorato come aiuto commessa presso MIGROS per un mese e poi ha svolto altri quattro mesi di stage. - Esami di ammissione come addetta alle cure per la casa anziani sostenuti e superati. - Stages presso case per anziani, attualmente presso la Quiete. - Intenzione di intraprendere l’apprendistato come addetta alle cure.

Federale (…).” Sono subentrati problemi alla schiena. - Disoccupazione. - Assistenza.

stages. - Apprendistato biennale empirico come parrucchiera, “dovevo fare il terzo anno ma il datore di lavoro non mi ha più tenuta”. - Programma disoccupazione: trovato altro apprendistato nell’economia domestica. -Due anni di apprendistato non concluso a causa di problemi di gestione del datore di lavoro. - Stage di tre mesi come impiegata di economia domestica presso l’OBV. - Programma occupazionale

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assistenza di sei mesi come assistente di cura. - Intenzione di intraprendere l’apprendistato come addetta alle cure.

Quadro familiare

- Abita da solo. - Non ha più contatti con la famiglia: “Ho tagliato con la famiglia e poi vabbé tutti gli altri parenti tantissimi sono morti, altri sono lontani o sono comunque delle persone che non sono anche loro molto «a posto».” - Situazione familiare: “la mia situazione familiare non è bellissima,

- Abita a casa con i genitori e il fratello. - Situazione familiare: i genitori sono le persone che sente maggiormente vicine e presenti. - Comportamento dei familiari: “(…) cercano sempre di tirarmi su di morale (…), e di farmi vedere il lato positivo (…), di non abbattermi. Cercano ovviamente di indirizzarmi anche

- Abita a casa con i genitori. - Situazione familiare: un po’ “tesa” per quanto riguarda l’argomento dei soldi. “(…) l’importante è che do i soldi in casa (…) anche se non arrivo alla fine del mese con i soldi per me (…). Mi hanno sempre fatto storie per questo e lo fanno tutt’ora.” - Comportamento

- Abita da solo. - Non ha più i genitori (madre mai conosciuta, padre deceduto). - Presenza: zii. - Situazione con gli zii: “(…) ci siamo solamente distaccati ancora di più (…).” - Comportamento degli zii: non ha buoni rapporti con la zia. “(…) ha una mentalità veramente incomparabile alla gioventù di oggi; per

- Abita da sola. - Situazione familiare: “(…) la mia situazione a casa non è una di quelle migliori (…)”. Dopo la separazione dei genitori, vede poco la madre (una volta ogni due-tre settimane), mentre il padre lo vede due-tre volte la settimana. “(…) io non sono una che li cerca tanto (…). Non sono

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non ne parliamo, ma io sono comunque sempre molto positivo. Mio padre non c’è mai stato e…vabbé si cresce lo stesso. Basta avere la propria testa e pensare.” - Presenza importante: “(…) una situazione familiare che ho trovato invece positiva è la famiglia della mia ragazza. Loro mi vogliono un bene dell’anima, sono bravissimi, mi hanno aiutato veramente tanto e io considero adesso loro comunque un po’ un pezzo della mia famiglia.”

su altre strade(…). Mi spronano, mi aiutano e mi incoraggiano, cercano di tirarmi su…”.

dei familiari: “(…) in disoccupazione, dopo tre mesi mi insultavano perché io ho fatto un diploma inutile, (…), che è tutta colpa mia perché sono rimasta senza lavoro (…)”. “Ora che sono in assistenza i miei genitori non lo trovano giusto e continuano a sostenere che ho fatto una scuola inutile, tre anni inutili. Me lo rinfacciano quando si parla di lavoro o di soldi.”

lei i giovani son tutti drogati, parassiti che non vogliono fare niente(…).” “(…) ormai ognuno sta nel suo brodo.”

una che sta tanto in famiglia.” - Comportamento dei familiari: “(…) sono contenti che comunque bene o male l’assistenza mi aiuta, però se non sono in assistenza per loro è meglio.” Alcuni familiari “(…) cercano di aiutarmi pure loro. Ma certi pensano che sono una nulla-facente perché sto in assistenza.”

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“(…) prima andavo a trovarli una volta al mese, adesso invece questa cosa qua è diventata di più un «sei un nostro familiare» (…). È sempre bello avere un posto dove ti siedi a tavola e fai la preghiera, chini il capo, mangi, sparecchi, pulisci. È bello, piuttosto che stare a casa da solo (…).”

Legami significativi

- Persone presenti nella vita: “mio fratello, la mia ragazza e un’altra persona che adesso è un po’ distante perché sta studiando da un’altra parte.”

- Persone presenti nella vita: “in primis ovviamente i miei genitori, poi (…) mia zia e la mia ragazza.” “(…) quando dico «tanto non trovo più

- Persone presenti nella vita: “la mia miglior amica e il mio ragazzo.” “Mi appoggiano, (…) mi aiutano economicamente, (…) anche a livello

-Persone presenti nella vita: “qualche amico che c’è in giro qua, che è nella mia stessa situazione ci troviamo, ci piangiamo sulla spalla. (…) siam lì

- Persone presenti nella vita: “più gli amici e la mamma quando c’è bisogno.” “Bene o male sono gli amici un po’ di più, anche perché poi vivono vicino a

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“La mia ragazza (…) è veramente la roccia che mi sostiene tantissimo.” - Non ha amici: “Scartati. Per delusioni, incoerenza.” “(…) nella mia vita mi tengo quelle tre o quattro persone che sono fondamentali per me. (…) Sono una persona che seleziona abbastanza, io so che di quelle persone mi posso fidare allora gli racconto i miei problemi, mi sfogo, se ho bisogno li chiamo, ma quelli, basta.”

lavoro perché qua è impossibile», mi dicono di non abbattermi, che tanto prima o poi qualcosa salta fuori.” - Amici: non li percepisce particolarmente vicini e presenti, “gli amici…no, non è che gliene frega tanto.” Gli amici con cui esce “(…) gran parte sono a casa anche loro perché sono in disoccupazione.”

emotivo mi danno appoggio, mi danno forza «si, troverai lavoro; stai tranquilla, è solo un periodo nero».” - Non ha altri amici: “da quando sono entrata in assistenza, basta. Secondo me, è per la mia situazione economica. Perché poi alla fine andavano a dire in giro «ma quella lì non esce mai perché non ha soldi». (…) è un imbarazzo.”

ad annoiarci insieme.” “Sono già un tipo che sta più nel suo oblò, ecco nella sua testa e basta, (…) il tempo maggiore che passo è in solitudine, non con gli altri.”

me (…).” “(…) quando ho bisogno di andare a fare la spesa c’è una mia amica che ha la macchina si offre sempre, mi porta (…) dove magari io non riesco: piuttosto che la famiglia.” - Amici: “mi trattano come una persona normale, nel senso che mi capiscono, cercano di aiutarmi nel caso in cui io non posso fare qualcosa (…).”

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Consapevolezza della propria condizione economica

- Comportamento famiglia della sua ragazza: “ogni volta che vado a fare la spesa mi dicono sempre «Claudio se hai bisogno di qualcosa diccelo che ce li dai la prossima volta»”. “(…) non mi guardano con pietà per darmi cento franchi.” - Situazione finanziaria: “più o meno i soldi sono sempre stati quelli per uscire.” “(…) alla fine oramai io ho capito che mi so arrangiare, mi metto anche i miei soldi da parte.”

- Comportamento genitori: lo aiutano e lo sostengono a livello finanziario. - Situazione finanziaria: “non puoi fare quasi niente.” Difficoltà ad arrivare a fine mese.

- Comportamento amica: “Con gli amici sto attenta a quello che faccio con i soldi, perciò è sempre lei che magari offre (…), è lei che mi motiva di più. Sennò non uscirei più, ecco, me ne starei chiusa in casa pur di risparmiare.” “Devo dire che mi faccio problemi, perché offre sempre lei e questo mi da fastidio (…), mi sento un po’ in imbarazzo (…).” - Situazione finanziaria: difficoltà ad arrivare a fine mese.

- Comportamento amici: “(…) tante volte sai, ci sono più amici quando si è ricchi, quando si è poveri invece meno.” - Situazione finanziaria: difficoltà economiche, “son più le rinunce alla fine che tutto il resto. È una vita in cui non puoi permetterti un cavolo in questo momento. Non riesco neanche a mangiare fra un po’, devo pagare le fatture, le bollette (…).”

- Comportamento amici: “anche loro ci son passati quindi mi sanno capire”. - Situazione finanziaria: “ora se mi mancano i soldi, sono io che ho la responsabilità. Quindi, da quando vivo da sola, cerco magari di uscire di meno (…), mi porto venti franchi in tasca e il resto lo lascio a casa. È un mio modo di risparmiare, di non spendere tutto in una sola volta.”

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Considerazioni e riflessioni personali

- Visione prestazione assistenziale: “(…) se sono in difficoltà non è che mi devo vergognare a chiedere aiuto. So che sarà per un lasso di tempo corto, io spero. (…) E comunque siamo in Svizzera, in un paese evoluto, e grazie a Dio che c’è l’assistenza, perché io sennò non sapevo come fare.” - “La mia riflessione sulla mia situazione in assistenza è comunque molto positiva. (…) fate un lavoro che non è semplice, secondo me, il lavoro umanitario e il capire

- Visione prestazione assistenziale : “(…) non mi va di andare a dire in giro (…) che sono in assistenza, preferisco tenermela per me. Anche perché, dal mio punto di vista non è neanche il massimo visto che è l’ultima spiaggia.” “Più si va in là con gli anni, più è difficile.” - “C’è tanta gente (…) che è in assistenza e sono quelli che vogliono stare in assistenza a lungo termine, è gente che gli basta qui novecento franchi e dicono: «piuttosto prendo

- Visione prestazione assistenziale: “è brutto, perché un giovane finisce un apprendistato e sogna il futuro; arrivare a ventitré anni senza un posto di lavoro e stare a casa per quattro anni di fila è pesante.” - Domande che sorgono: “Avrò una vita mia un giorno? Sarò in pace? (…) Finirà tutto questo incubo?”

- Visione prestazione assistenziale: “non mi vergogno, anzi, non è colpa mia se sono in assistenza, per fortuna che c’è.” - “Tra i soldi che non ci sono, la poca voglia e tutto il resto, dopo ti passa anche un po’ la poesia di far le cose. Non hai più la motivazione, ormai è così, nel senso dopo diventi uno a cui dicono «oh, ma sei sempre così duro con te stesso…», ma cosa devo fare?” - “Peccato che ne fumo troppa (canapa), perché stando a casa a far niente, ti bruci il

- Visione prestazione assistenziale: “finché non trovo lavoro sono più che contenta che sono in assistenza.” - “(…) prima che iniziassi questo stage, ero sempre in giro, uscivo (…),diciamo che me la prendevo un po’ con comodo perché dicevo «massì, tanto sono in assistenza, chissenefrega», però invece no, non è così invece. Devo dire la verità che ora sono contenta, perché non passo più le mie giornate senza fare niente; poi mi veniva, ogni giorno che passava,

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una persona è quello più difficile; (…) è ascoltare la persona, togliersi i propri problemi per ascoltarne altri, togliersi i propri pregiudizi. Comportamento per me importante, perché mi rende felice e mi sento ascoltato e seguito.”

questo e non faccio niente tutto il giorno». Io sono il contrario, perché prendere quello che prendo che sono seicento franchi al mese, non ho voglia di prenderli ancora. E poi anche perché secondo me è una gran rottura stare a casa (…)”.

cervello. Però questo almeno è uno dei pochi piaceri che ho ancora nella vita. Fumare, una delle poche cose che mi da ancora qualche soddisfazione e a parte che mi da l’effetto, mi fa stare sereno e tranquillo, sennò divento troppo agitato.” - “(…) lavoravo e avevo un’occupazione, mi guadagnavo i miei biglietti da mille, avevo anche una prospettiva futura. Adesso sono a casa come un povero verme. Quindi sì, è cambiata tantissimo, come dal giorno alla

(…) una pigrizia addosso, quindi dopo un po’ dici «che barba! Voglio far qualcosa».” - “(…) conosco certe persone che hanno trenta / quarant’anni che sono in assistenza e vivono con i genitori e questo tipo di vita non fa per me.” - “Se sei in assistenza, sì, va bene ma se hai l’opportunità di trovare un posto di lavoro è molto meglio.”

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notte. Se non sei occupato o non fai qualcosa, cos’è l’uomo?”