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MARTEDÌ 8 AGOSTO 2017 27 Personaggio La vita e gli amori: le rivelazioni del documentario di Channel 4 Da principessa del popolo a regina del gossip La «vendetta» di Lady D a vent'anni dalla morte: temeraria e incauta per scelta consapevole, racconta e si racconta senza alcun freno di Vittorio Testa Le confessioni della principessa «Chiesi aiuto alla regina: mi disse che Carlo era irrecuperabile». Fotografia In mostra a Venezia Nicoletta Castagni II Circa 250 immagini di Werner Bi- schof (1916-1954) saranno al centro di una grande mostra allestita dal 22 set- tembre al 25 febbraio a Venezia, negli spazi della Casa dei Tre Oci. Dall’India al Giappone, dalla Corea all’Indocina, da Panama al Cile e al Perù, i suoi reportage in paesi lontani, e all’epoca spesso inac- cessibili, hanno raccontato quelli che negli anni '50 erano ancora considerati i confini del mondo. Ma non mancherà l’Italia con una selezione di 20 opere inedite. Intitolata «Werner Bischof. Fotografie 1934-1954», l'importante rassegna è sta- ta organizzata da Fondazione di Venezia e Civita Tre Venezie in collaborazione con la Werner Bischof Estate e Magnum Photos, di cui il famoso fotografo sviz- zero fu tra i fondatori. Il percorso espo- sitivo trasporterà quindi il visitatore nel- l’età dell’oro del fotogiornalismo e si po- tranno ammirare circa 250 scatti, in lar- ga parte vintage, tratti dai suoi più im- portanti reportage, compiuti negli an- goli più remoti del mondo. Mentre sarà la serie dedicata ai paesaggi e città ita- liani, a far cogliere l’originalità dello scatto e l'occhio «neorealista» di Wer- ner Bischof, mai incline, nonostante i soggetti, alle tentazioni dell’esotismo. Per lui, il principio fondante del proprio lavoro era soprattutto di mostrare senza falsificazioni la realtà, nella convinzione che al fotografo spettasse una profonda responsabilità sociale. Eppure, fin da giovanissimo Bischof si era fatto un nome nel campo della moda, della pubblicità e della fotografia na- turalistica. L’esperienza della guerra e la visione dell’Europa distrutta nel 1945, lo spinsero però ad abbandonare la foto- grafia patinata scegliendo invece di te- stimoniare con la sua arte la sofferenza umana. Nel 1949 entrava a far parte del- la neocostituita Agenzia Magnum, co- minciando con importanti reportage nel Medio (carestia nel Bihar) ed Estre- mo Oriente, continente africano. Un pe- riodo molto intenso, ma troppo breve, perchè nel 1954 trovava la morte in un incidente automobilistico attraversan- do le Ande peruviane. L’allestimento alla Casa dei Tre Oci sarà dunque un itinerario che, partendo dall’Europa devastata dalla seconda guerra mondiale, giungerà in India. E poi il dramma della guerra di Corea, che introdurrà all’analisi del continente americano fino ai villaggi del Perù. Dove Bischof realizzò forse il suo scatto più famoso: «On the road to Cuzco».u L a carrozza dorata, il cor- teo, la sacralità religiosa e laica della cerimonia nel- l’abbazia di Westminster, il cosiddetto «matrimonio del secolo». Pensavano che lady Dia- na avrebbe devotamente interpreta- to il mestiere di principessa moglie dell’erede al trono, il marito Carlo e i di lui augusti genitori, l’algida Eli- sabetta dai «tailleur» di color chissà dove scovati e il ciarliero plurime- dagliato «gaffeur» Filippo Moun- tbatten. Che altro poteva desiderare dalla vi- ta questa ragazzona d’alto lignaggio se non interpretare il ruolo di for- tunata prescelta ai fasti di Buckin- gham Palace, sottomessa all’arcigna corte e all’enigmatico principe Carlo già dotato di regolare amante, quel- la Camilla Parker Bowles che sem- bra uscita da un racconto gotico di notti popolate di fantasmi e di un erotismo inquietante? Brontolerà un poco ma si rassegnerà: il mestie- re di principessa è un privilegio che val bene qualche sacrificio. E invece nel giro di poco tempo ecco lady Diana, «la principessa del popolo», diventare una loquace ribelle dalla carica eversiva così potente da met- tere in minoranza la popolarità del- la casa reale inglese. Umiliata e offesa, eccola vendicativa in tv nel racconto del fallimentare matrimonio, delle vessazioni subite. Se l’abdicazione di Edoardo VIII che rinuncia al trono per sposare la già divorziata Wallis Simpson è uno scandalo prontamente archiviato, la ribellione, il divorzio voluto dalla bellissima Diana è il vertiginoso, ir- reparabile irrompere della moderni- tà, del sistema dell’informazione e del gossip, delle fotografie rubate dai paparazzi, dei filmati che fruga- no nelle intimità. Temeraria e incau- ta? Tutt’altro. Lady Diana che fugge dalla casa rea- le ridiventa la ragazza dagli occhioni blu, il sorriso irresistibile e le splen- dide gambe, e loquacissima, conse- gna se stessa a chiunque le dedichi premure e attenzione, parla, parla di tutto, di Carlo, di Camilla, della Re- gina e di Filippo, degli amanti: lei parla, racconta, mentre alcuni pre- murosi gentiluomini - il segretario, il maestro di dizione, la guardia del corpo - registrano e filmano, vendo- no all’asta pezzi di vita, di quella vita sciorinata da Diana con tanta dovi- zia di particolari da sembrare una sorta di corsa alla dissipazione, alla punizione anche di se stessa, tra slanci filantropici e passerelle mon- dane, visite ai sofferenti e ai dimen- ticati e fughe puntualmente scoper- te con amanti (venti, secondo uno dei suoi riservatissimi custodi) ulti- mo dei quali il Dodi Al-Fayed com- pagno d’amore, di sventura e di morte nella notte parigina del 31 agosto di vent’anni fa, quando anche l’ultimo respiro di Diana agonizzan- te finisce in prima pagina e in prima serata, quando anche il cadavere viene indagato e spiato per alimen- tare i si dice e i sospetti, era incinta? Di Al- Fayed il mussulmano? Allora l’hanno ammazzata di servizi segreti eccetera eccetera. Temeraria e in- cauta per scelta consapevole, lady Diana, ragazza nevrotica e vulnera- bile, racconta e racconta senza freni: si è sottratta al plumbeo galateo di corte, per rivendicare d’essere se stessa parla a ruota libera, cerca lo scandalo. Come con il maestro di di- zione, avido di particolari intimi: quante volte facevi l’amore con Car- lo? «Una volta ogni tre settimane». E Camilla? «L’ho affrontata e mi- nacciata: vi scatenerò contro l’infer- no, sappiatelo tu e Carlo». Amanti? «Si, indimenticabile una guardia del corpo, con lui mi sentivo sicura». E la Regina? «Le chiesi aiuto, mi disse che Carlo era irrecuperabile». E Car- lo? «Mi disse che non voleva essere l’unico maschio di Buckingham Pa- lace a non avere un’amante». Così l’altro ieri in onda su Channel 4. Al- tri servizi speciali arriveranno da qui al 31 agosto a commuovere e spettegolare intorno all’avventura terrena di lady Diana, la «principes- sa del popolo» fuggita dalla reggia e con furore vindice autoincoronatasi «regina dei media e del gossip».u [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA Amanti? «Sì, indimenticabile una guardia del corpo, con lui mi sentivo sicura» «LE FARFALLE DI KERGUÉLEN»: UN VIAGGIO IN CERCA DELLE PROPRIE RADICI Cultura BENEVENTO, SCOPERTA FABBRICA DI CERAMICA D'EPOCA ROMANA Scoperto un quartiere artigianale romano adibito alla produzione di ceramica. Risale all’epoca compresa tra la fine del I sec. a.C. e il I sec. d.C.d ed è stato individuato lungo l’Appia Antica, a pochi chilometri da Benevento. Libro «Autoritratto nello studio», il laboratorio delle proprie passioni, tra incontri e amicizie, da Giorgio Caproni a Elsa Morante Agamben, un filosofo allo specchio L a prima telefonata della lontana cugina Maria Nives mi raggiunse in ufficio, al Prado, comunican- domi la morte di Don Francisco, mio padre. Non ricevevo notizie dalla famiglia da quindici anni, dal giorno in cui ero salita su una nave per scappare di casa». E’ un romanzo «in cerca», «Le farfalle di Kerguélen» (Ed. Sensoinverso ), intenso viaggio di una donna in cerca, appunto, di radici, di risposte, di ricordi, di un luogo in cui ritrovarsi. Sonia Carboncini, autrice sensibile capace, grazie alla sua penna intensa e gentile, di trasmettere emozioni, tesse una storia fatta di segreti e di verità difficili da accettare. Pro- pervie e polverose, quello del suo paese, teatro del terribile scandalo dei bambini rubati. Una telefonata di una lontana cugina che le annuncia la morte im- minente della madre la costringe a rien- trare a casa dopo venticinque anni. «Dal mazzo trovato nella tasca della giacca di mio padre, emerge infine la chiave che disserra le ante dell’armadio dell’inquie- tudine. Ho procrastinato questo momen- to quanto più ho potuto, cercando di rafforzarmi prima di intraprendere un viaggio dal quale non so come tornerò». Attraversando il dolore, l’orrore ma an- che momenti di grande amicizia, amore e rinascita, Isabel, compirà un cammino esistenziale volto a darle nuove ali. Il romanzo è ispirato a fatti realmente accaduti (molti dei personaggi sono esi- stiti o esistono davvero) e si traduce in molti passaggi in un’avventura capace di commuovere, indignare e portare nuova speranza. Sonia Carboncini che attual- mente vive tra la Toscana e le Canarie ha riaperto una pagina dolorosa della Storia che parla a chiunque sia in grado di ascoltarla. u ® Le farfalle di Kerguélen di Sonia Carboncini Sensoinverso, pag. 233, A 16,00 © RIPRODUZIONE RISERVATA tagonista è Isabel che, scavando nel pas- sato della sua famiglia, deve rimettere in gioco la vita intera affrontando i fantasmi del passato e cercando di dare forma ad un presente dove la compassione diventa l’unico modo per salvarsi. Raggiunta la maggiore età, la donna, acerba e inquieta, abbandona l’isola natale nelle Canarie e la sua enigmatica casa gialla per iniziare una vita nuova, lontana dai genitori incapaci di amarla. A Madrid conduce una vita apparentemente serena seppur priva di affetti e di consolazioni. Unica presenza amica è Concha che si rivelerà una figura importante per il cammino che dovrà affrontare, fatto di strade im- Letti per voi Isabella Spagnoli Agamben Visto da Thierry Ehrmann. Alberto Brambilla II Forse per gli incontrollabili bagliori della memoria, o per quella che di so- lito si chiama, non senza retorica, de- formazione professionale, non saprei; fatto sta che inizialmente sono ritor- nato con la mente ad un articolo poco noto di Edmondo De Amicis, intitolato «La mia officina» (1902). In esso, re- stando sostanzialmente tra le pareti del suo studio, classico voyage autour de sa chambre, lo scrittore ci invita ad un itinerario a ritroso nel tempo, pren- dendo occasione ora da un ritratto ap- peso alle pareti, ora da una piccola scultura di solito appoggiata allo scrit- toio, o da altro ancora, senza un pre- ciso programma (almeno così sembra ed è questo zigzagare ciò che ancor oggi attrae). Il testo di De Amicis è per altro arricchito da fotografie, e quindi il lettore può in un certo senso seguire anche con gli occhi il percorso intra- preso dall’autore, che ovviamente ri- corda i libri che ha scritto, quelli che gli sono appartenuti, e soprattutto gli in- contri con i vivi e con i morti. Spero non si offenderà Giorgio Agamben per questo sorprendente confronto, deter- minato dalla lettura del suo affasci- nante «Autoritratto nello studio», pubblicato da Nottetempo, in cui scrit- tura e illustrazioni collaborano con re- sono poi collocati quadri, fotografie, cartoline, oggetti, che diventano per- sonaggi essi stessi e carburante per la memoria e la riflessione e richiamano sulla scena – perché il libro trasmette una sorta di magnetismo teatrale, di pirandelliano desiderio di essere rap- presentato – gli amici i maestri, i com- pagni di viaggio. In tal modo compaio- no di volta in volta poeti, filosofi, pit- tori, musicisti, dai nomi altisonanti (penso ad Heidegger a Elsa Morante, a Calvino, a Caproni e soprattutto a Wal- ter Benjamin, vero nume tutelare di queste pagine). Attraverso di essi, gra- zie magari ad un particolare in ap- parenza insignificante, a un gesto, ad un’immagine, si compone poco per volta il ritratto di Agamben, che risulta dunque complesso e stratificato come una composizione di Arcimboldo. E tuttavia non si tratta di un portrait concluso, ma piuttosto di un cantiere ancora aperto e in continua mutazione attraverso il dialogo con i vivi e ancora di più con i morti, di cui tuttavia so- pravvivono (e qui non non si può non pensare a Pascoli) le voci e gli scritti e le immagini. Un libro dunque, quello di Agamben che non è solo l’ambizioso tentativo di costruire un’autobiogra- fia, ma è piuttosto un laboratorio at- tivissimo in cui mettere alla prova le proprie passioni e le proprie aspira- zioni esistenziali e filosofiche.u ® Autoritratto nello studio di Giorgio Agamben Nottetempo, pag. 176, A 18,00 © RIPRODUZIONE RISERVATA Bischof, immagini da mondi che erano ai confini del mondo Werner Bischof «On the road to Cuzco», celebre foto scattata in Perù. ciproco profitto. In effetti il titolo del libro sembra voler alludere ad un cam- po più pittorico che filosofico-lettera- rio, ma rimanda concretamente all’o- biettivo più vistoso del volume, ossia ricostruire un’autobiografia di Agam- ben – a lungo docente di Filosofia teo- retica, ma anche scrittore e molto altro - attraverso il luogo per eccellenza del- l’impegno intellettuale, ossia il suo studio, o se vogliamo i suoi studi, tra Venezia, Roma e Parigi. Qui natural- mente Agamben ha riunito i suoi libri, quelli scritti da lui o da lui posseduti, ma anche gli appunti e le note, vale a dire la scrittura ancora in fieri, un’e- nergia in cerca di sbocchi. Nello studio

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MARTEDÌ 8 AGOSTO 2017 27

Personaggio La vita e gli amori: le rivelazioni del documentario di Channel 4

Da principessa del popoloa regina del gossipLa «vendetta» di Lady D a vent'anni dalla morte: temeraria e incautaper scelta consapevole, racconta e si racconta senza alcun frenodi Vittorio Testa

Le confessioni della principessa «Chiesi aiuto alla regina: mi disse che Carloera irrecuperabile».

Fotografia In mostra a Venezia

Nicoletta Castagni

II Circa 250 immagini di Werner Bi-schof (1916-1954) saranno al centro diuna grande mostra allestita dal 22 set-tembre al 25 febbraio a Venezia, neglispazi della Casa dei Tre Oci. Dall’India alGiappone, dalla Corea all’Indocina, daPanama al Cile e al Perù, i suoi reportagein paesi lontani, e all’epoca spesso inac-cessibili, hanno raccontato quelli chenegli anni '50 erano ancora considerati iconfini del mondo. Ma non mancheràl’Italia con una selezione di 20 opereinedite.

Intitolata «Werner Bischof. Fotografie1934-1954», l'importante rassegna è sta-ta organizzata da Fondazione di Veneziae Civita Tre Venezie in collaborazionecon la Werner Bischof Estate e MagnumPhotos, di cui il famoso fotografo sviz-zero fu tra i fondatori. Il percorso espo-sitivo trasporterà quindi il visitatore nel-l’età dell’oro del fotogiornalismo e si po-tranno ammirare circa 250 scatti, in lar-ga parte vintage, tratti dai suoi più im-portanti reportage, compiuti negli an-goli più remoti del mondo. Mentre saràla serie dedicata ai paesaggi e città ita-liani, a far cogliere l’originalità delloscatto e l'occhio «neorealista» di Wer-ner Bischof, mai incline, nonostante i

soggetti, alle tentazioni dell’esotismo.Per lui, il principio fondante del propriolavoro era soprattutto di mostrare senzafalsificazioni la realtà, nella convinzioneche al fotografo spettasse una profondaresponsabilità sociale.

Eppure, fin da giovanissimo Bischof siera fatto un nome nel campo della moda,della pubblicità e della fotografia na-turalistica. L’esperienza della guerra e lavisione dell’Europa distrutta nel 1945, lospinsero però ad abbandonare la foto-grafia patinata scegliendo invece di te-stimoniare con la sua arte la sofferenzaumana. Nel 1949 entrava a far parte del-la neocostituita Agenzia Magnum, co-minciando con importanti reportagenel Medio (carestia nel Bihar) ed Estre-mo Oriente, continente africano. Un pe-riodo molto intenso, ma troppo breve,perchè nel 1954 trovava la morte in unincidente automobilistico attraversan-do le Ande peruviane.

L’allestimento alla Casa dei Tre Ocisarà dunque un itinerario che, partendodall’Europa devastata dalla secondaguerra mondiale, giungerà in India. Epoi il dramma della guerra di Corea, cheintrodurrà all’analisi del continenteamericano fino ai villaggi del Perù. DoveBischof realizzò forse il suo scatto piùfamoso: «On the road to Cuzco».u

La carrozza dorata, il cor-teo, la sacralità religiosa elaica della cerimonia nel-l’abbazia di Westminster,il cosiddetto «matrimonio

del secolo». Pensavano che lady Dia-na avrebbe devotamente interpreta-to il mestiere di principessa mogliedell’erede al trono, il marito Carlo e idi lui augusti genitori, l’algida Eli-sabetta dai «tailleur» di color chissàdove scovati e il ciarliero plurime-dagliato «gaffeur» Filippo Moun-tbatten.Che altro poteva desiderare dalla vi-ta questa ragazzona d’alto lignaggiose non interpretare il ruolo di for-tunata prescelta ai fasti di Buckin-gham Palace, sottomessa all’arcignacorte e all’enigmatico principe Carlogià dotato di regolare amante, quel-la Camilla Parker Bowles che sem-bra uscita da un racconto gotico dinotti popolate di fantasmi e di unerotismo inquietante? Brontoleràun poco ma si rassegnerà: il mestie-re di principessa è un privilegio cheval bene qualche sacrificio. E invecenel giro di poco tempo ecco ladyDiana, «la principessa del popolo»,diventare una loquace ribelle dallacarica eversiva così potente da met-tere in minoranza la popolarità del-la casa reale inglese.Umiliata e offesa, eccola vendicativain tv nel racconto del fallimentarematrimonio, delle vessazioni subite.Se l’abdicazione di Edoardo VIII cherinuncia al trono per sposare la giàdivorziata Wallis Simpson è unoscandalo prontamente archiviato, laribellione, il divorzio voluto dallabellissima Diana è il vertiginoso, ir-reparabile irrompere della moderni-tà, del sistema dell’informazione edel gossip, delle fotografie rubatedai paparazzi, dei filmati che fruga-no nelle intimità. Temeraria e incau-ta? Tutt’altro.Lady Diana che fugge dalla casa rea-

le ridiventa la ragazza dagli occhioniblu, il sorriso irresistibile e le splen-dide gambe, e loquacissima, conse-gna se stessa a chiunque le dedichipremure e attenzione, parla, parla ditutto, di Carlo, di Camilla, della Re-gina e di Filippo, degli amanti: leiparla, racconta, mentre alcuni pre-murosi gentiluomini - il segretario,il maestro di dizione, la guardia delcorpo - registrano e filmano, vendo-no all’asta pezzi di vita, di quella vitasciorinata da Diana con tanta dovi-

zia di particolari da sembrare unasorta di corsa alla dissipazione, allapunizione anche di se stessa, traslanci filantropici e passerelle mon-dane, visite ai sofferenti e ai dimen-ticati e fughe puntualmente scoper-te con amanti (venti, secondo unodei suoi riservatissimi custodi) ulti-mo dei quali il Dodi Al-Fayed com-pagno d’amore, di sventura e dimorte nella notte parigina del 31agosto di vent’anni fa, quando anchel’ultimo respiro di Diana agonizzan-te finisce in prima pagina e in primaserata, quando anche il cadavereviene indagato e spiato per alimen-tare i si dice e i sospetti, era incinta?Di Al- Fayed il mussulmano? Alloral’hanno ammazzata di servizi segretieccetera eccetera. Temeraria e in-cauta per scelta consapevole, ladyDiana, ragazza nevrotica e vulnera-bile, racconta e racconta senza freni:si è sottratta al plumbeo galateo dicorte, per rivendicare d’essere sestessa parla a ruota libera, cerca loscandalo. Come con il maestro di di-zione, avido di particolari intimi:quante volte facevi l’amore con Car-lo? «Una volta ogni tre settimane».E Camilla? «L’ho affrontata e mi-nacciata: vi scatenerò contro l’infer-no, sappiatelo tu e Carlo». Amanti?«Si, indimenticabile una guardia delcorpo, con lui mi sentivo sicura». Ela Regina? «Le chiesi aiuto, mi disseche Carlo era irrecuperabile». E Car-lo? «Mi disse che non voleva esserel’unico maschio di Buckingham Pa-lace a non avere un’amante». Cosìl’altro ieri in onda su Channel 4. Al-tri servizi speciali arriveranno daqui al 31 agosto a commuovere espettegolare intorno all’avventuraterrena di lady Diana, la «principes-sa del popolo» fuggita dalla reggia econ furore vindice autoincoronatasi«regina dei media e del gossip»[email protected]

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Amanti?«Sì, indimenticabileuna guardiadel corpo, con luimi sentivo sicura»

«LE FARFALLEDI KERGUÉLEN»:UN VIAGGIOIN CERCADELLE PROPRIERADICI

CulturaBENEVENTO, SCOPERTA FABBRICA DI CERAMICA D'EPOCA ROMANAScoperto un quartiere artigianale romano adibito alla produzione diceramica. Risale all’epoca compresa tra la fine del I sec. a.C. e il I sec. d.C.ded è stato individuato lungo l’Appia Antica, a pochi chilometri da Benevento.

Libro «Autoritratto nello studio», il laboratorio delle proprie passioni, tra incontri e amicizie, da Giorgio Caproni a Elsa Morante

Agamben, un filosofo allo specchio

La prima telefonata della lontanacugina Maria Nives mi raggiunsein ufficio, al Prado, comunican-

domi la morte di Don Francisco, miopadre. Non ricevevo notizie dalla famigliada quindici anni, dal giorno in cui erosalita su una nave per scappare di casa».E’ un romanzo «in cerca», «Le farfalle diKerguélen» (Ed. Sensoinverso ), intensoviaggio di una donna in cerca, appunto,di radici, di risposte, di ricordi, di unluogo in cui ritrovarsi. Sonia Carboncini,autrice sensibile capace, grazie alla suapenna intensa e gentile, di trasmettereemozioni, tesse una storia fatta di segretie di verità difficili da accettare. Pro-

pervie e polverose, quello del suo paese,teatro del terribile scandalo dei bambinirubati. Una telefonata di una lontanacugina che le annuncia la morte im-minente della madre la costringe a rien-trare a casa dopo venticinque anni. «Dalmazzo trovato nella tasca della giacca dimio padre, emerge infine la chiave chedisserra le ante dell’armadio dell’inquie -tudine. Ho procrastinato questo momen-to quanto più ho potuto, cercando dirafforzarmi prima di intraprendere unviaggio dal quale non so come tornerò».Attraversando il dolore, l’orrore ma an-che momenti di grande amicizia, amore erinascita, Isabel, compirà un cammino

esistenziale volto a darle nuove ali. Ilromanzo è ispirato a fatti realmenteaccaduti (molti dei personaggi sono esi-stiti o esistono davvero) e si traduce inmolti passaggi in un’avventura capace dicommuovere, indignare e portare nuovasperanza. Sonia Carboncini che attual-mente vive tra la Toscana e le Canarie hariaperto una pagina dolorosa della Storiache parla a chiunque sia in grado diascoltarla. u

®Le farfalle di Kerguélendi Sonia CarbonciniSensoinverso, pag. 233, A 16,00

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tagonista è Isabel che, scavando nel pas-sato della sua famiglia, deve rimettere ingioco la vita intera affrontando i fantasmidel passato e cercando di dare forma adun presente dove la compassione divental’unico modo per salvarsi. Raggiunta lamaggiore età, la donna, acerba e inquieta,abbandona l’isola natale nelle Canarie ela sua enigmatica casa gialla per iniziareuna vita nuova, lontana dai genitoriincapaci di amarla. A Madrid conduceuna vita apparentemente serena seppurpriva di affetti e di consolazioni. Unicapresenza amica è Concha che si riveleràuna figura importante per il camminoche dovrà affrontare, fatto di strade im-

Letti per voi

IsabellaSpagnoli

Agamben Visto da Thierry Ehrmann.

Alberto Brambilla

II Forse per gli incontrollabili baglioridella memoria, o per quella che di so-lito si chiama, non senza retorica, de-formazione professionale, non saprei;fatto sta che inizialmente sono ritor-nato con la mente ad un articolo poconoto di Edmondo De Amicis, intitolato«La mia officina» (1902). In esso, re-stando sostanzialmente tra le paretidel suo studio, classico voyage autourde sa chambre, lo scrittore ci invita adun itinerario a ritroso nel tempo, pren-dendo occasione ora da un ritratto ap-peso alle pareti, ora da una piccolascultura di solito appoggiata allo scrit-

toio, o da altro ancora, senza un pre-ciso programma (almeno così sembraed è questo zigzagare ciò che ancoroggi attrae). Il testo di De Amicis è peraltro arricchito da fotografie, e quindiil lettore può in un certo senso seguireanche con gli occhi il percorso intra-preso dall’autore, che ovviamente ri-corda i libri che ha scritto, quelli che glisono appartenuti, e soprattutto gli in-contri con i vivi e con i morti. Speronon si offenderà Giorgio Agamben perquesto sorprendente confronto, deter-minato dalla lettura del suo affasci-nante «Autoritratto nello studio»,pubblicato da Nottetempo, in cui scrit-tura e illustrazioni collaborano con re-

sono poi collocati quadri, fotografie,cartoline, oggetti, che diventano per-sonaggi essi stessi e carburante per lamemoria e la riflessione e richiamanosulla scena – perché il libro trasmetteuna sorta di magnetismo teatrale, dipirandelliano desiderio di essere rap-presentato – gli amici i maestri, i com-pagni di viaggio. In tal modo compaio-no di volta in volta poeti, filosofi, pit-tori, musicisti, dai nomi altisonanti(penso ad Heidegger a Elsa Morante, aCalvino, a Caproni e soprattutto a Wal-ter Benjamin, vero nume tutelare diqueste pagine). Attraverso di essi, gra-zie magari ad un particolare in ap-parenza insignificante, a un gesto, ad

un’immagine, si compone poco pervolta il ritratto di Agamben, che risultadunque complesso e stratificato comeuna composizione di Arcimboldo. Etuttavia non si tratta di un portraitconcluso, ma piuttosto di un cantiereancora aperto e in continua mutazioneattraverso il dialogo con i vivi e ancoradi più con i morti, di cui tuttavia so-pravvivono (e qui non non si può nonpensare a Pascoli) le voci e gli scritti e leimmagini. Un libro dunque, quello diAgamben che non è solo l’ambiziosotentativo di costruire un’autobiogra -fia, ma è piuttosto un laboratorio at-tivissimo in cui mettere alla prova leproprie passioni e le proprie aspira-zioni esistenziali e filosofiche.u

®Autoritratto nello studiodi Giorgio AgambenNottetempo, pag. 176, A 18,00

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Bischof, immaginida mondi che eranoai confini del mondo

Werner Bischof «On the road to Cuzco», celebre foto scattata in Perù.

ciproco profitto. In effetti il titolo dellibro sembra voler alludere ad un cam-po più pittorico che filosofico-lettera-rio, ma rimanda concretamente all’o-biettivo più vistoso del volume, ossiaricostruire un’autobiografia di Agam-ben – a lungo docente di Filosofia teo-retica, ma anche scrittore e molto altro- attraverso il luogo per eccellenza del-l’impegno intellettuale, ossia il suostudio, o se vogliamo i suoi studi, traVenezia, Roma e Parigi. Qui natural-mente Agamben ha riunito i suoi libri,quelli scritti da lui o da lui posseduti,ma anche gli appunti e le note, vale adire la scrittura ancora in fieri, un’e-nergia in cerca di sbocchi. Nello studio