piano formativo avt/129/11ii avviso 5/2011 ii scadenza · soccorso arriva con il decreto...
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Piano formativo AVT/129/11II
Formare per crescere
finanziato da
Avviso 5/2011 II scadenza
Primo Soccorso
Delta 3
Autore Catarsi Fulvio 2
PREFAZIONE
A partire dal 1955, diverse leggi e circolari hanno definito precise regole comportamentali in
materia di infortuni sul lavoro e sulle malattie professionali. A ben vedere, le leggi e le circolari sulla prevenzione seguono la dottrina di Frederick Winslow Taylor, ingegnere di Filadelfia che fu il primo a sviluppare una teoria sull’organizzazione del lavoro (definito taylorismo).
Taylor riteneva possibile trovare per ciascun lavoro il miglior modo di eseguirlo, che andava quindi insegnato e imposto a tutti gli addetti di quella determinata professione. In accordo con la teoria precisata, è quindi possibile prevedere un rigido elenco di norme tecniche di sicurezza che devono essere acriticamente applicate da tutto il personale al fine di abolire il fattore infortunio.
La corretta applicazione di tali norme comporta, sicuramente, una riduzione del numero totale di infortuni e l’abbattimento del tasso medio di malattie professionali, ma non risponde allo spirito della recente normativa sulla sicurezza e salute sul luogo di lavoro.
La legislazione precedente al Decreto Legislativo n. 626 del 19 settembre 1994 proponeva un arido elenco di regole fisse che non fornivano, però, le risposte alle due domande più importanti che s’impongono nei luoghi di lavoro: che cosa posso fare io lavoratore per evitare che un infortunio capiti a me e per non avere una malattia professionale?
E cosa si può fare per prevenire le malattie professionali e far sì che i dipendenti si comportino in modo da evitare gli infortuni?
Le mancate risposte ai quesiti sopra formulati dipendono dal fatto che il sistema di norme rigide non considera la variabile uomo, responsabile di eventi non prevedibili che modificano il rischio professionale.
Il D.Lgs. 626/94 recepisce gli orientamenti dell’unione Europea e istituisce in ogni luogo di lavoro la figura aziendale del responsabile per la sicurezza. Esso riporta, inoltre, tra le misure da adottare per la prevenzione degli infortuni, l’individuazione e la formazione dell’addetto al primo soccorso, d’ora in poi definito soccorritore.
Un malore, una crisi cardiaca, un infortunio, un incidente sono evenienze della vita di tutti i giorni, che possono avvenire in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo, in particolare durante le ore di lavoro.
Sapere come comportarsi in questi casi è importante per risolvere infortuni e soccorrere i feriti nelle grandi emergenze. Occorre, però farlo con cognizione di ciò che sta accadendo e dove sta accadendo: perché svenire per strada o mentre si guida un’auto, o mentre si lavora in cucina comporta, a seconda del luogo, rischi differenti.
Un’ulteriore sensibilizzazione all’attenzione dei rischi professionali e alle procedure di primo
soccorso arriva con il decreto ministeriale n. 388, emanato dal Ministero della salute il 15 luglio 2003 e in vigore dal 3 febbraio 2005, contenente il “Regolamento recante disposizioni sul pronto soccorso, aziendale” rendendo obbligatori i corsi di primo soccorso.
Questa norma rende operativa , a distanza di dieci anni dall’emanazione del D.Lgs. 626/94, il pronto soccorso aziendale individuando le attrezzature minime che i datori di lavoro devono garantire in azienda e definendo gli obiettivi didattici e i contenuti minimi della formazione dei lavoratori responsabili.
Si tratta di un provvedimento innovativo che rende obbligatoria la presenza di un primo soccorso in qualsiasi tipologia di azienda, negozi, laboratori, uffici e via dicendo. Le aziende sono classificate dal decreto in tre gruppi (A, B e C) in base alla tipologia dell’azienda, al numero dei lavoratori occupati e ai fattori di rischio specifici.
L’inquadramento dell’azienda in una delle tre categorie è di competenza del datore di lavoro,
sentito il medico competente (se previsto); se l’azienda o l’unità produttiva svolgono attività lavorative comprese in gruppi diversi, è necessario fare riferimento all’attività con indice di rischio più elevato.
Autore Catarsi Fulvio 3
Gli adempimenti per il datore di lavoro variano a seconda dell’appartenenza a un gruppo piuttosto che ad un altro. Nelle aziende di gruppo A e B, il datore di lavoro deve garantire le seguenti attrezzature: - cassetta di pronto soccorso, tenuta in ciascun luogo di lavoro, adeguatamente custodita in un
posto facilmente accessibile con segnaletica appropriata, contenente la dotazione minima indicata dal decreto, e della quale siano costantemente assicurati la completezza e il corretto stato d’uso;
- un mezzo di comunicazione idoneo ad attivare rapidamente il sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale.
Nelle aziende o unità produttive di gruppo C, la cassetta di pronto soccorso può essere sostituita dal pacchetto di medicazione (che è di contenuto più ridotto) se il numero di dipendenti è inferiore a tre.
Esclusivamente nel caso di appartenenza al gruppo A, il datore di lavoro è tenuto a darne comunicazione all’Azienda sanitaria locale competente sul territorio in cui si svolge l’attività lavorativa.
Molto rilevante è poi la previsione della formazione obbligatoria per il personale: gli addetti al pronto soccorso, designati ai sensi del D.Lgs. 81/08 , saranno formati con lezioni teoriche e pratiche (con corsi di almeno 16 ore per il gruppo A e di 12 ore per i gruppi B e C) per l’attivazione del primo intervento interno. La formazione dei lavoratori designati è svolta da personale medico coadiuvato da personale specializzato in emergenza e, quando possibile, in collaborazione con il sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale.
La formazione dei lavoratori designati andrà aggiornata con cadenza triennale, quantomeno per ciò che attiene alla capacità di intervento pratico.
E’ infine importante segnalare che, in caso di presenza di una pluralità di sedi di lavoro o unità produttive (es. punti vendita, filiali ecc.), gli adempimenti di cui sopra dovranno essere espletati per ogni singola sede di lavoro o unità produttiva: sarà pertanto necessario acquistare una cassetta di pronto soccorso o un pacchetto di medicazione e, ovviamente, formare almeno un lavoratore per ogni sede di lavoro.
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PRESENTAZIONE DEL CORSO
Questo corso è stato strutturato in 2 o 3 moduli per una durata minima di 12 ore e massima di 16 ore e
si svolgerà nel seguente modo.
Test anonimo sulle conoscenze di base inerenti al primo soccorso
Primo Modulo: tratta di normativa, organizzazione del primo soccorso, valutazione
dell'organizzazione del primo soccorso, sicurezza, tutela e protezione del soccorritore.
Secondo Modulo: fornisce dei cenni di anatomia e fisiologia del corpo umano, affronta lo
scenario di un'emergenza sanitaria, trattando delle prime fasi del soccorso e delle alterazioni
delle funzioni vitali.
Terzo Modulo: tratta di interventi specifici di primo soccorso e prove pratiche.
Test finale
RIFERIMENTI LEGISLATIVI
Articolo 388 del DPR n. 547/1955
Articoli 27 usque 32 del DPR n. 303/1956
Decreto del Ministero del lavoro del 28 luglio1958
Decreto Legislativo 626/1994
D.M. 388 del 15/07/2003
Legge 81/08 e 106 del 2009
NORMATIVA
La figura giuridica del soccorritore
Lo stato di necessità
Il soccorritore e le manovre sanitarie
Articolo 388 del DPR n. 547/1955
- I lavoratori devono denunciare subito al proprio datore di lavoro od ai propri capi gli infortuni,
prescindendo dalla loro gravità, occorsi nell'espletamento del lavoro.
- Il datore di lavoro deve disporre che vengano prestati all'infortunato i soccorsi d'urgenza.
Autore Catarsi Fulvio 5
Articolo 27 del DPR n. 303/1956
Obbligo per il datore di lavoro delle aziende industriali, e in quelle commerciali che occupano più
di 25 dipendenti, di detenere presidi sanitari idonei per cure a lavoratori infortunati o colti da
malore, contenuti in un pacchetto di medicazione o in una cassetta di pronto soccorso o in una
camera di medicazione.
Articolo 28 del DPR n. 303/1956
Pacchetto di medicazione:
- aziende industriali non comprese nelle precedenti situazioni;
- aziende commerciali con più di 25 dipendenti.
Articolo 29 del DPR n. 303/1956
Cassetta di pronto soccorso:
- aziende industriali fino a 5 dipendenti con rischi di asfissia, scoppio, infezione,
avvelenamento e lontane da posti pubblici di pronto soccorso;
- aziende industriali con più di 50 dipendenti;
- aziende industriali sino a 50 dipendenti e lontane da posti pubblici di pronto soccorso.
Articolo 30 del DPR n. 303/1956
Camera di medicazione:
- aziende industriali con più di 5 dipendenti con rischi di asfissia, scoppio, infezione,
avvelenamento e lontane da posti pubblici di pronto soccorso;
- aziende industriali con più di 50 dipendenti, obbligati a visite periodiche e preventive.
Articolo 31 del DPR n. 303/1956
Decentramento del pronto soccorso:
- ai complessi industriali distanti dal posto di pronto soccorso dell'azienda può essere
prescritta l'istituzione di altri presidi, che naturalmente verranno distinti (cassetta di pronto
soccorso, pacchetto o camera di medicazione).
Articolo 32 del DPR n. 303/1956
Personale sanitario:
- nelle aziende ove vi è l'obbligo di visite mediche preventive e periodiche deve essere affisso
in luogo ben visibile un cartello indicante il nome, il cognome e il domicilio o il recapito del
medico a cui ricorrere ed eventualmente il suo numero telefonico oppure il posto di
soccorso pubblico più vicino all'azienda.
Decreto Ministero del Lavoro 28 luglio 1958
Definisce le dotazioni dei presidi chirurgici e farmaceutici aziendali riportando:
- istruzioni d'uso e nozioni di pronto soccorso;
- comportamenti del soccorritore in attesa dell'intervento qualificato;
- mantenimento dei presidi in condizione di efficienza;
- possibilità di esonero o di sostituzione previa autorizzazione dell'Ispettorato del lavoro.
DECRETO LEGISLATIVO 626/1994
Nel Decreto Legislativo 626/1994 il Primo Soccorso viene affrontato nelle seguenti parti:
Autore Catarsi Fulvio 6
Articolo 15 (commi 1 e 2)
il datore di lavoro, considerando la natura delle attività e le dimensioni dell'azienda, sentito il medico
competente:
adotta i provvedimenti necessari in materia di pronto soccorso ed assistenza medica, stabilendo
i rapporti con i servizi esterni
designa uno o più lavoratori incaricati del pronto soccorso, qualora non vi provveda
direttamente
Articolo 15 (comma 3)
in relazione al rischio dell'attività produttiva e al numero degli occupati, con decreto ministeriale
verranno individuati:
le caratteristiche minime delle attrezzature
i requisiti delle attrezzature
la formazione professionale degli incaricati in materia di soccorso e salvataggio
Allegato II (punto 2)
- il numero dei locali da adibire al pronto soccorso dipende dal tipo di attività svolta nelle aziende
e dalla frequenza di infortuni
- tali locali, individuabili con segnaletica conforme alla normativa vigente, devono essere
facilmente accessibili con barelle
DECRETO LEGISLATIVO 626/1994: DESIGNAZIONE DEGLI INCARICATI
Prima di affidare questo compito, l'Azienda deve invitare i dipendenti a offrirsi
spontaneamente
Si evidenzia, comunque, che l'incaricato "non può rifiutarsi senza giustificato motivo"
DM 388/03
Il Decreto 388/03, messo a punto dal Ministero della Salute in attuazione dell'articolo 15 (comma 3) del
Decreto Legislativo 626/94, prevede:
- i criteri organizzativi generali
- la classificazione aziendale
- i presidi sanitari
- il personale addetto e la sua formazione
Criteri organizzativi generali
Classificazione delle aziende secondo il numero dei dipendenti e la tipologia delle attività
svolte
Provvedimenti di pronto soccorso commisurati alla possibilità di raggiungere le aziende da
parte dei servizi pubblici di assistenza sanitaria di emergenza entro 20 minuti
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Classificazione aziendale
Aziende di gruppo A:
- aziende a rischio elevato (DPR 175/1988, D.Lgs. 230/1995, DPR 320/1956)
- aziende con oltre 15 addetti, con elevata probabilità di infortunio da scoppio, asfissia,
avvelenamenti, traumi meccanici gravi, lesioni da elettricità o da calore.
Aziende di gruppo B:
- aziende industriali, agricole o commerciali non rientranti nel gruppo A
I presidi sanitari
Aziende tipo A e B raggiungibili in 20 minuti:
- cassetta di PS a contenuto minimo
- completezza e corretto uso della cassetta
- individuare presidi sanitari specifici in base alla tipologia dei rischi aziendali.
- designare uno o più addetti al primo soccorso
- rendere disponibile almeno un telefono collegato con l'esterno
- concordare modalità idonee per accedere ai servizi di emergenza pubblici o privati
Aziende tipo A non raggiungibili in 20 minuti:
- quanto previsto per le precedenti aziende
- istituire un sistema di pronto soccorso con personale, locali, farmaci, presidi,
attrezzature e mezzi, concordando idonee modalità di accesso alla rete dei servizi di
assistenza sanitaria
Aziende tipo B non raggiungibili in 20 minuti:
- quanto previsto per le precedenti aziende
- concordare le modalità di accesso alla rete dei servizi di assistenza sanitaria di
emergenza, anche attraverso la costituzione di consorzi fra aziende e l'eventuale ricorso
a strutture private
Personale addetto e sua formazione
Personale addetto:
- caratteristiche personali adeguate
- adeguata formazione
- capacità di agire adeguatamente, evitando di peggiorare lo stato della vittima
- capacità di fornire al personale qualificato idonee e precise informazioni
Formazione:
- programmi didattici stabiliti per un minimo di 12 ore
- addestramento da ripetere annualmente
LA FIGURA GIURIDICA DEL SOCCORRITORE
Figura del soccorritore a titolo di volontario:
articolo 45 della legge 833/1978
L. 266/1991:
- legge quadro con criteri di massima a cui le Regioni si attengono per emanare la
normativa che sul territorio disciplina le varie associazioni.
Autore Catarsi Fulvio 8
- alla lettera la legge 266/1991 non indica se il soccorritore volontario sia un incaricato di
pubblico servizio (qualsiasi attività, cioè, che senza rappresentare una funzione
pubblica, persegua comunque interessi della collettività), anche se non sembrerebbe
essere una forzatura considerarlo tale
Figura del soccorritore come attività di servizio:
prevista dal mansionario
LO STATO DI NECESSITÀ
Lo stato di necessità come sostegno all'opera di soccorso:
articoli 54 e 55 del Codice Penale:
- l'articolo 54 non punisce chi abbia commesso il fatto per esservi stato costretto dalla
necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona,
pericolo non da lui volontariamente causato né altrimenti evitabile, sempre che il fatto
sia proporzionale al pericolo
- l'articolo 55 prevede l'eccesso colposo per atti commessi in situazioni di necessità con
azioni eccedenti i limiti imposti dalla legge, dall'autorità e dalla necessità, per
negligenza, imprudenza o imperizia (condotta colposa)
IL SOCCORRITORE E LE MANOVRE SANITARIE
Il soccorritore:
- non ha un elenco di compiti o di manovre sanitarie che può effettuare
- ha il compito di fare da tramite con il lavoro di altro personale qualificato
- non farà mai qualcosa che vada oltre le sue competenze, pena la commissione di imprudenza
e l'accusa di lesioni personali (articolo 590 C.P.) o di omicidio colposo (articolo 589 C.P.) o di
esercizio abusivo di professione (articolo 348 C.P.)
Le manovre eseguibili da un soccorritore:
- valutazione dei parametri vitali e delle principali alterazioni
- ventilazione artificiale
- massaggio cardiaco esterno
- immobilizzazione degli arti
- emostasi, protezione e medicazione di ferite
- sottrazione di un ferito o di un malato da situazione di immediato pericolo
IL RUOLO DELL'INCARICATO DI PRIMO SOCCORSO
L'addetto al servizio di primo soccorso, oltre ad essere formato, deve:
- collaborare alla formazione del piano di emergenza ( se previsto dalle procedure aziendali)
- coordinare l'attuazione delle misure previste
- predisporre i numeri telefonici d'emergenza (ove previsto dall’organizzazione aziendale)
- curare la tenuta dei presidi sanitari
- tenere un registro del materiale sanitario
- effettuare le manovre di soccorso di sua competenza
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d.lgs. 81/2008, e d.lgs. 106/2009:
Il d.lgs. 81/2008, recentemente modificato ed integrato dal d.lgs. 106/2009 ha mantenuto le
disposizioni del vecchio testo di Legge per quanto concerne la frequentazione obbligatoria del corso
primo soccorso.
Il corso primo soccorso in particolare è disciplinato dall’art. 45 d.lgs. 81/2008 che fa un esplicito
rimando al D.M. 388/03, l’ultima norma in materia di corso pronto soccorso. Detta norma suddivide le
aziende in due macro categorie: aziende del gruppo A (che dovranno frequentare un corso primo
soccorso della durata di 16 ore) ed aziende del gruppo B/C (in questo caso la durata del corso primo
soccorso sarà di sole 12 ore). (la maggior parte delle Società si trovano nella seconda categoria) La
norma stabilisce anche che il corso pronto soccorso debba essere periodicamente ripetuto con cadenza
almeno triennale. La circolare interpretativa del Ministero della Salute (3 giugno 2004, n. Prot.
GPREV-13008/P) ricorda infatti che l’obbligo di aggiornamento relativo al corso pronto soccorso con
cadenza triennale:
- è da ritenersi immediatamente vigente con l'entrata in vigore,
- è da riferirsi alla formazione acquisita,
- ha il fine di sopperire a carenze connesse a formazioni datate.
La circolare precisa inoltre che per la ripetizione della formazione, il riferimento è costituito dalla data
di ultimazione dell'ultimo corso effettuato”.
Quanto ci viene richiesto un corso primo soccorso la domanda che spesso viene posta riguarda il
numero di addetti da formare ed in particolare viene domandato se la formazione di un solo addetto al
corso primo soccorso sia sufficiente. Si deve rilevare come il D.M. 388/03 non ponga un limite
inferiore al numero degli addetti al primo soccorso, in pratica lascia la scelta al datore di lavoro che
istituirà la squadra di gestione dell’emergenza sulla base delle effettiva necessità aziendali.
Resta da osservare che la formazione di un solo addetto al primo soccorso possa risultare spesso
insufficiente in tutti quei casi in cui, in sua assenza, la squadra di gestione delle emergenze è prima del
lavoratore che ha frequentato il corso primo soccorso. In relazione a questo argomento l’AUSL si è
espressa confermando il fatto che sia buon prassi la formazione di almeno due addetti al primo
soccorso.
l corso è rivolto a tutti i lavoratori, siano essi datori di lavoro, dirigenti, preposti, RLS o lavoratori
incaricati dal datore di lavoro (la formazione è obbligatoria da parte del lavoratore) alla gestione delle
emergenze e prepara a gestire eventuali eventi accidentali per le persone presenti nella realtà aziendale.
In particolare gli addetti al primo soccorso recepiscono le norme comportamentali da far rispettare ai
lavoratori sia in forma preventiva che in forma di protezione per la gestione delle emergenze.
Il corso primo soccorso, così come imposto dalla vigente normativa, viene erogato da personale medico
ed al termine della formazione verrà rilasciato regolare attestato comprovante l’avvenuta formazione.
Inoltre sappiamo che tra gli obblighi del datore di lavoro indicati dal Decreto legislativo 81/2008 è
presente (art. 18) l’obbligo di designare preventivamente i lavoratori incaricati dell’attuazione delle
misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di
pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione
dell’emergenza.
Autore Catarsi Fulvio 10
LA VALUTAZIONE
DELL'ORGANIZZAZIONE DEL PRIMO SOCCORSO
Ogni attività aziendale deve presupporre un’oculata programmazione, cioè:
- porsi degli obiettivi e standardizzare un metodo per raggiungerli
- adottare un sistema di verifica per il controllo del procedimento ed il raggiungimento del risultato
prefissato
La programmazione aziendale
Ogni azienda dovrebbe applicare lo strumento della programmazione per tutto ciò che riguarda la
prevenzione dei rischi lavorativi e la protezione della salute dei lavoratori.
Anche la pianificazione dell'emergenza sanitaria rientra a pieno titolo in questa attività aziendale.
Uno dei primi passi della pianificazione di un programma di emergenza sanitaria è l’individuazione
delle cause di infortunio e la correzione delle situazioni rischiose.
Per questo aspetto ritorneranno molto utili:
la valutazione dei rischi
il registro infortuni
Oltre a questi due strumenti sarebbe utile creare, in azienda, altri due registri:
il registro dei "quasi infortuni" (cioè di tutti quegli incidenti che non comportano un danno);
il registro degli "eventi pericolosi" (cioè di tutte quelle situazioni in cui non si è verificato
l'incidente per pura casualità)
La tenuta dei registri in questione potrebbe riguardare anche gli incaricati al primo soccorso, i quali
d'altronde, non possono non essere coinvolti nella programmazione del piano per la gestione delle
emergenze in un'azienda.
Con la realizzazione e la compilazione dei documenti predetti (valutazione del rischio, registro degli
infortuni, registro dei quasi infortuni e registro degli eventi pericolosi) sarà molto più semplice
individuare le fonti di rischio e operare un'oculata e puntuale correzione.
L'organizzazione del primo soccorso
L'organizzazione del primo soccorso aziendale comprende:
la progettazione di un piano di emergenza per il primo soccorso
l'individuazione di persone e mezzi per fronteggiare le situazioni di emergenza relative al primo
soccorso
Nella realizzazione di un piano per la gestione del primo soccorso si dovranno considerare:
obiettivi
Autore Catarsi Fulvio 11
procedure
norme comportamentali
Queste ultime verranno considerate in un opportuno e singolo capitolo.
Gli obiettivi di un piano di primo soccorso rientrano in quelli già previsti per il piano di emergenza in
generale e sono:
protezione della persona coinvolta
controllo dell'incidente
evitare o contenere i danni all'ambiente
realizzazione di un primo soccorso in attesa dell'arrivo di personale qualificato.
Le procedure dovranno essere standardizzate e riguardare diversi soggetti presenti in azienda e non
soltanto gli incaricati al primo soccorso, in modo tale da snellire la gestione della situazione di
emergenza e permettere, al personale qualificato esterno, di trovare una situazione facilmente
risolvibile.
I soggetti interessati
I soggetti interessati alle procedure da realizzarsi in una situazione di emergenza sono:
colui che scopre la situazione di emergenza
gli incaricati al primo soccorso
l'addetto al centralino telefonico
l'addetto alla portineria
La persona che scopre l'emergenza dovrà avvisare gli incaricati al primo soccorso (nel caso di
un'emergenza sanitaria) e, successivamente, informarne il datore di lavoro.
Gli incaricati di primo soccorso dovranno accertarsi della necessità di chiamare un soccorso esterno ed
iniziare le prime fasi soccorso.
Il responsabile del centralino telefonico s'incaricherà di attivare il personale interno e/o esterno
necessari all'aiuto.
Il dipendente addetto alla portineria, infine, cercherà di realizzare una situazione ambientale,
all'ingresso dell'azienda, ottimale e priva d'ingombri per i mezzi di soccorso.
Nelle situazioni caratterizzate da un'emergenza sanitaria, spesso si ritrovano anche situazioni di
emergenza più vaste ed interessanti l'intera azienda o una parte di essa (incendi, fuga di gas,
dispersione nell'ambiente di sostanze dannose), per cui tutti i dipendenti possono essere coinvolti in
procedure opportune.
Per tutti, quindi, potrà rendersi opportuno porre in sicurezza:
un impianto o un reparto (ad esempio togliere la corrente)
se stessi e gli altri (portandosi in centri di raccolta o restando fermi sul posto di lavoro, qualora
il proprio reparto non sia interessato all'emergenza)
I rischi principali nell'organizzazione del primo soccorso aziendale sono:
cattiva pianificazione
assenza di coordinamento
Autore Catarsi Fulvio 12
I suggerimenti utili sono:
inserimento dell'organizzazione del primo soccorso nell'organizzazione generale dell'impresa
verifica periodica con strumenti di autorevisione
L'autorevisione dovrà considerare:
l'adeguatezza dell'equipaggiamento
la congruità della cassetta di soccorso
l'informazione del personale
il piano di pronto soccorso
la formazione del personale
le conoscenze del responsabile
La valutazione dell'organizzazione del primo soccorso può essere realizzata con strumenti molto
semplici, rappresentati da schede di valutazione.
Queste schede di valutazione comprendono questionari con domande che prevedono una scala graduata
di risposte e che alla fine permetteranno di identificare meglio le correzioni da apportare.
Uno strumento simile è stato realizzato, ad esempio, dalla Commissione Europea (Manuale di
Autorevisione per le PMI), e rientra nel grande progetto di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro della
Comunità Europea.
Autore Catarsi Fulvio 13
Decidere di prestare aiuto significa agire !
La paura di commettere errori, la mancanza di serenità durante un intervento di emergenza spesso fa sì
che il soccorritore si limiti solo a chiamare aiuto, ma questo non è sufficiente a salvare una vita. In
alcuni casi, come gli arresti cardiocircolatori, respiratori, e le gravi emorragie, l’addetto al primo
soccorso dovrà intervenire prontamente e solo così il suo collega avrà una speranza di salvezza.
Nell’approccio ad un ferito, il soccorritore deve tenere presente alcune importanti regole:
1. comprendere la successione degli incidenti: capire come si sono svolti i fatti valutando
attentamente i rischi ambientali al fine di poter soccorrere le possibili lesioni con maggior
coerenza
2. il soccorso è un obbligo che la legge sanziona penalmente ma è soprattutto un dovere morale
3. non occorre avere approfondite conoscenze di medicina per prestare un buon soccorso
4. soccorrere significa anche recare il minor danno possibile o evitare che altri lo arrechino al
ferito sia nelle fasi di assistenza che in quelle di trattamento
5. il soccorritore deve mantenere sempre la calma, non deve urlare, adirarsi e non deve
costringere gli altri a comportamenti che non gradiscono ma cercare di spiegare i motivi del
suo comportamento, cercando eventuale collaborazione.
La persona che rifiuta l’aiuto non deve essere soccorsa a tutti i costi: deve capirne le motivazioni e il
suo rifiuto eventuale deve essere motivato (tutto questo se è in grado di intendere e volere, se non è un
minore e se non versa in immediato pericolo di vita).
Il primo soccorso è prestato dalle persone che occasionalmente si trovano, per prime, sul luogo del
malore o dell’incidente. Spesso non c’è il tempo per attendere l’arrivo di soccorsi specializzati (118);
pertanto, chi si trova sul posto deve fare del suo meglio con i pochi mezzi a disposizione.
Per questo motivo non bisogna mai lasciarsi prendere dal panico e perdere di vista l’obiettivo
principale del soccorso, cioè il rispetto della vita altrui e la sua preservazione.
Per raggiungere questo scopo, il soccorritore deve tranquillizzare le vittime di traumi o malori, parlare
loro con calma cercando di rassicurarle e ascoltando quanto esse riferiscono sulle loro condizioni
(dolori, sensazioni, impossibilità al movimento).
In assenza di pericoli derivanti dall’ambiente (elettricità, esplosioni, incendi e così via) non si deve
spostare il ferito dal luogo in cui si trova, se non dopo avere effettuato un esame completo sulla
dinamica dell’evento traumatico ed un esame accurato delle eventuali lesioni e avere applicato i primi
soccorsi idonei a non aggravare, con lo spostamento, le lesioni provocate dall’incidente.
Autore Catarsi Fulvio 14
CONSEGUENZE DEL SOCCORSO
Sia nella prevenzione degli incidenti sia nel soccorso non bisogna dimenticare le conseguenze che gli
infortuni possono avere nella vita sia del soggetto da soccorrere sia del soccorritore.
Infatti, mentre da un lato soccorrere con accortezza e cautela può cambiare radicalmente l’evoluzione
del danno, dall’altro un intervento maldestro può causare un danno ulteriore e diminuire la probabilità
di ripresa dopo l’incidente.
Trasportare la vittima di un trauma o un paziente con funzioni vitali in pericolo, con un mezzo non
idoneo, per la fretta di accompagnarlo in ospedale, può causare gravi danni alla vittima stessa. Nel caso
di un motociclista a terra, togliere il casco senza motivo e non adottando le precauzioni per evitare
lesioni alla colonna cervicale può compromettere la sua vita.
In un intervento di soccorso, quindi, bisogna comportarsi con estrema cautela.
LA CHIAMATA DI SOCCORSO
La chiamata di soccorso effettuata dal cittadino arriva alla centrale operativa
118,”112 futuro numero di soccorso Europeo”, il numero di telefono gratuito al
quale risponde l’infermiere di valutazione dell’ emergenza urgenza che,
percepito il bisogno dell’utente, invia il mezzo più vicino e idoneo all’emergenza
o urgenza in atto; è indispensabile che colui che richiede il soccorso mantenga la
calma e risponda a tutte le domande che gli saranno poste.
1. CHE COSA E’ SUCCESSO
2. DOVE E’ SUCCESSO
3. NUMERO DELLE PERSONE COINVOLTE
4. PERICOLI AMBIENTALI
5. CONDIZIONE DEI FERITI
6. LA PRESENZA DELLE FORZE DELL’ORDINE
7. IL NUMERO DI TELEFONO DEL RICHIEDENTE
RICORDA CHE LA TELEFONATA E’ REGISTRATA PER LA TUA TUTELA E PER QUELLA DEL
PERSONALE DELLA CENTRALE 118.
Ricorda inoltre che la tua collaborazione sarà
indi-spensabile per lo svolgi-
mento di un buon soccorso;
le ambulanze medicalizzate e
gli elicotteri sanitari non
sarebbero sufficienti se tutti
ne pretendessero l’arrivo
senza motivo alcuno. Molto
spesso è sufficiente
un’ambulanza di base con
volontari ben addestrati e preparati ad assolvere alle urgenze che non richiedono interventi sanitari di
stabilizzazione e trasporto medico protetto. La vostra collaborazione permetterà di inviare il mezzo giusto nel
posto e nella situazione che lo richiede, senza spreco di risorse e permettendo così a tutti di essere soccorsi nel
modo più opportuno alle proprie esigenze mediche.
Autore Catarsi Fulvio 15
RISCHIO AMBIENTALE IN EMERGENZA
DAI DEL “TU”
ALL’EMERGENZA
MA RICORDATI DI
DARE DEL “LEI”
AL RISCHIO LIVIO PINELLI
Fare soccorso può essere molto pericoloso: affronteremo in seguito i vari rischi connessi con
l’intervento di primo soccorso e cercherò per quanto possibile, di mettere in luce le varie possibilità di
pericolo al quale un soccorritore può venire a contatto.
E’ bene comunque ricordare che nonostante tutte le valutazioni connesse con il rischio ambientale, il
pericolo di rimanere coinvolti in un incidente durante il soccorso permane; è quindi indispensabile che
il soccorritore rimanga sempre vigile prima e durante un soccorso.
La valutazione del rischio passa attraverso tre momenti distinti, che ci permettono la valutazione e la
protezione:
1 SICUREZZA
VALUTAZIONE RISCHIO E PROTEZIONE
2 SCENARIO
NUMERO VEICOLI, DANNI, ENERGIA
3 SITUAZIONE
COS’E’ ACCADUTO?
PERCHE’?
QUANTE PERSONE COINVOLTE?
ETA’ DELLE VITTIME
I rischi verranno in seguito così classificati:
1. AMBIENTE
2. PROCEDURE D’ IMPIEGO O COLLABORAZIONE
3. PAZIENTE
4. ERRORE UMANO
Autore Catarsi Fulvio 16
1. AMBIENTE
Condizioni ambientali disagiate o modalità d’intervento difficili o critiche.
Traffico, folla, scarsa visibilità, condizioni meteorologiche estreme o conformazioni particolari
del territorio, luogo confinato, rumore, temperatura.
Rischio in atto
Fuoco, gas tossici o velenosi, sostanze chimiche, inondazioni, radiazioni, elettricità.
Rischio evolutivo
Instabilità del luogo in cui si trova la vittima od il mezzo con possibile evoluzione di frane,
crolli, esplosioni, incendi, inondazioni ecc.
2. PROCEDURE D’ IMPIEGO O COLLABORAZIONE
Mezzi di soccorso: (per le ditte che ne sono fornite).
Ambulanza: criteri d’impiego correlati con la criticità della vittima.
Nessun mezzo aziendale può esercitare un soccorso che richieda la stabilizzazione anche minima di
una vittima da incidente o malore. Si ricorda che le ambulanze del 118 prevedono interventi anche
in codice bianco, cioè pazienti che non corrono nessun pericolo per la vita.
Eliambulanza: norme di sicurezza a terra e in fase di atterraggio e decollo
3. PAZIENTE
Condizioni fisiche
Malattie contagiose – infettive
(N.B. in un intervento d’emergenza bisogna sempre considerare il paziente come
potenzialmente infetto. Ne consegue che vanno sempre poste in essere tutte le misure di
protezione e di prevenzione).
Condizioni psichiche
Rischio per il soccorritore (agitazione psichica durante il soccorso, aggressione fisica, atti di
violenza).
4. ERRORE UMANO
Imperizia
Non si conosce il rischio e/o non si hanno le abilità richieste.
Imprudenza
Il soccorritore, pur conoscendo l’entità del rischio, sopravvaluta le proprie capacità.
Negligenza Si conosce il rischio, ma nell’azione si è disattenti e superficiali.
Autore Catarsi Fulvio 17
MEZZI DI PROTEZIONE FISICA
I mezzi di protezione fisica dei soccorritori nella fase extraospedaliera hanno la duplice funzione di
proteggere le parti del corpo più vulnerabili od esposte e consentire il movimento nelle fasi
d’intervento senza procurare alcun impaccio.
1. Elmetto rigido per la prevenzione dei traumi del capo.
2. Visiera od occhiali di plastica per la protezione degli occhi da corpi estranei o liquidi contaminati.
3. Maschera facciale (pocket Mask) per RCP (rianimazione cardiopolmonare).
4. Mascherine di carta per la protezione di naso e bocca.
5. Guanti in lattice o in vinile/nitrile come difesa dalle malattie contagiose.
6. Guanti da lavoro in cuoio per eventuali manovre di forza.(se previsti e richiesti dal RSPP e medico
competente
7. Scarponcini dotati di protezione delle caviglie e punta, suola isolante o antiscivolo.(se previsti e
richiesti dal RSPP
IL COMPORTAMENTO DEL SOCCORRITORE IN SITUAZIONE DI EMERGENZA
Il sistema di servizi per il soccorso sanitario tecnico può essere considerato una catena di risorse umane
e fisiche, create per prestare un’assistenza di pronto intervento completa ad un soggetto infortunato.
L’addetto al pronto soccorso della ditta o azienda è abilitato a fornire prestazioni di primo soccorso di
base come previsto dalla legge.
La responsabilità principale del soccorritore è l’incolumità personale che comporta l’assicurazione di
poter raggiungere, trarre in salvo ed assistere senza rischi una persona infortunata. Il desiderio di
aiutare a tutti i costi una persona infortunata o una persona in pericolo non dovrà mai prevalere sulla
valutazione dei rischi potenziali presenti sullo scenario.
A tal fine al soccorritore è richiesto di:
Controllare il luogo dell’intervento al fine di proteggere se stesso e l’infortunato,
prevenendo ulteriori incidenti ed effettuando la valutazione dei rischi come prima fase
d’ogni operazione di soccorso.
Essere quindi a conoscenza dei pericoli che potrebbero derivare da uno scenario incidentale a
volte anche complesso, quando possibile anche prevenendoli, altrimenti affrontandoli
disponendo di alcune utili informazioni che integrano il bagaglio professionale del dipendente.
Prendere visione del luogo dell’intervento determinando l’eventuale necessità di altre figure
professionali, come il 118 e il 115 e/o forze dell’ordine, ed in loro presenza fornire ogni utile
informazione per l’ottimale risoluzione dell’intervento.
Rassicurare l’infortunato, ed i presenti, nei limiti delle proprie possibilità.
Trasportare senza rischi aggiuntivi l’infortunato in un’area protetta.
Autore Catarsi Fulvio 18
Sono inoltre importanti alcune caratteristiche della personalità quali:
Stabilità emotiva per riuscire ad affrontare e superare gli aspetti spiacevoli di una situazione di
emergenza.
Capacità organizzativa ed alto senso del principio di collaborazione con le figure professionali
che interverranno nelle varie fasi del soccorso.
Versatilità e capacità d’adattamento alle situazioni imprevedibili.
Spirito d’iniziativa per eseguire le procedure necessarie nel pieno rispetto del ruolo rivestito,
determinando l’autonomia decisionale per quanto di propria competenza, non permettendo
ingerenze esterne meno qualificate.
Moralità e rispetto del prossimo
L’insieme di queste caratteristiche unite all’esperienza porterà ad un comportamento calmo e
professionale anche in situazioni gravi.
Autore Catarsi Fulvio 19
NORME D’INTERVENTO
PER INCIDENTI CON AUTOMEZZI
Le norme di sicurezza e d’intervento in caso d’incidente su carrelli elevatori, camion, trattori ecc.
devono tenere conto dei seguenti rischi:
VALUTAZIONE DEL RISCHIO
1. Rischio movimento del mezzo in fase di soccorso.
2. Rischio perdita di carburante o di sostanze tossiche e/o corrosive.
3. Rischio instabilità del mezzo
4. Rischio posizione del mezzo non sicura
5. Rischio carichi sospesi
6. Rischio meccanico
7. Rischio autista in condizioni psichiche alterate.
AZIONE
MANTENERE LA CALMA
Mettere in quiete il mezzo attraverso l’ausilio di freno a mano o pedale in caso di mezzi pesanti
o trattori, utilizzare eventualmente anche dei cunei da collocare sotto le ruote del mezzo.
Allontanare tutto e tutti coloro che rischiano, con fiamme libere o scintille, di innescare
l’incendio del mezzo interessato; in caso di sostanze tossiche o corrosive, e nella non
consapevolezza della mancanza di rischi, meglio non avvicinarsi e allontanare chiunque si
avvicini al luogo dell’incidente, attendere l’arrivo dei Vigili del fuoco e del 118 ed
eventualmente comunicare la sostanza se conosciuta.
In caso di mezzo instabile, prima d’ogni intervento l’automezzo dovrà essere messo in
sicurezza, fissando con corde o altro che permetta successivamente di intervenire in sicurezza.
Se il mezzo sia situato in zona cieca per i veicoli in transito, ci si dovrà preoccupare di collocare
un triangolo, o altro segnale visivo o luminoso, atto ad evitare che in caso di soccorso altri
mezzi investano successivamente i soccorritori e/o il veicolo accidentato.
Non soccorrere alla presenza di carichi sospesi.
Molti camion o trattori sono usati per la loro versatilità di mezzi da lavoro su gomma; essi sono
dotati di sistemi complessi che permettono al lavoratore di utilizzare a sua discrezione il mezzo
meccanico o l’ausilio o entrambi come ad esempio i trattori. Non tenere conto durante un
soccorso, dei pericoli di questi mezzi, potrebbe costare la vita al soccorritore o l’esecuzione di
un cattivo soccorso. E’ quindi ovvio che prima di tali soccorsi, entrambe le parti meccaniche di
questi mezzi dovranno essere poste in quiete.
Il soccorritore spesso non tiene conto di colui che guidava il mezzo, questo è un grave errore in
caso d’autista in condizioni psicologiche alterate pericoloso quindi per le fasi di soccorso, esso
dovrà essere fatto scendere e allontanato dal mezzo prima di intervenire sotto il mezzo o sopra
lo stesso.
Rimuovere le chiavi dal quadro fino a completamento del soccorso.
Staccare i cavi d’alimentazione della batteria.(solo sell’arrivo dei soccorsi è previsto con tempi
lunghi e se ne abbiamo competenze e capacità).
Autore Catarsi Fulvio 20
NORME D’INTERVENTO
SU MACCHINE UTENSILI
Tutte le manovre d’intervento su macchine ed utensili devono essere fatte a macchina
esclusivamente ferma e, se possibile, si deve interrompere l’energia d’alimentazione
della stessa.
Si dovrà inoltre fare particolare attenzione alle macchine pneumatiche o
idropneumatiche e, se del caso, scaricare prima dell’intervento la pressione dell’energia
residua dell’impianto.
Prima di intervenire su macchine asservite da sistemi automatici o semiautomatici di
scarico e carico del prodotto in lavorazione, occorre arrestare sia la macchina sia
l’attrezzatura. (Se le norme aziendali prevedono una procedura prestabilita non si deve
in nessun caso contravvenire alle stesse), in emergenza non si improvvisa e non si
tentano manovre che potrebbero diventare letali per i soccorritori e per le vittime.
Autore Catarsi Fulvio 21
NORME D’INTERVENTO
PER INCIDENTI SU IMPIANTI ELETTRICI
VALUTAZIONE
Qualora avvenga una folgorazione è indispensabile la massima rapidità di soccorso, il
soccorritore deve in ogni caso adottare i criteri che seguono, al fine salvaguardare anche
la propria incolumità.
AZIONE
Interrompere la corrente elettrica agendo sull’interruttore o staccando la spina; qualora
ciò non sia possibile si dovrà allontanare l’infortunato dalle parti in tensione utilizzando
aste o pedane isolanti o altri mezzi idonei.
Autore Catarsi Fulvio 22
SOCCORSO IN SPAZI CONFINATI
Non sottovalutare mai i pericoli durante un soccorso in uno spazio confinato.
Non entrare mai per un’emergenza in uno spazio confinato senza addestramento e senza
i dispositivi di sicurezza adatti.
VALUTAZIONE
Valutate attentamente il rischio, considerate ogni spazio confinato pericoloso e finché
non siete sicuri che sia senza rischi non entrate in esso.
In caso d’emergenza chiamate immediatamente i soccorsi 118 e 115.
Seguite sempre le regole di sicurezza in uno spazio confinato, sia quando lavorate sia
quando soccorrete: lo dovete a voi stessi e alla vostra famiglia.
AZIONE
Un infortunio in uno spazio confinato richiede un’azione immediata.
Se siete un’assistente ecco come potete salvare la vita della persona che, entrata nello
spazio confinato, chieda aiuto o perda conoscenza:
Usate subito il telefono o la radio per chiamare aiuto (118 – 115).
Avviate il dispositivo di ventilazione
Entrate nello spazio confinato solo se siete stati addestrati a farlo.
Eseguite BLS sul posto solo se l’aria non è contaminata e in assenza di pericoli.
Autore Catarsi Fulvio 23
1a cifra indica il pericolo principale
2a e 3
a cifra indicano pericoli secondari
Cifre uguali indicano accresciuto pericolo
Le cifre precedute da una X indicano il divieto assoluto di contatto
tra materia ed acqua
I numeri inferiori indicano la materia (4 cifre) - ONU
IDENTIFICAZIONE DELLE SOSTANZE
PERICOLOSE TRASPORTATE SUI VEICOLI
CODICE KEMLER - ONU
Tutti i veicoli che trasportano sostanze pericolose sono dotati di un pannello arancione delle dimensioni
30x40 cm, con riportati i numeri d’identificazione della materia, scritti in nero e in modo indelebile.
Devono essere ancora leggibili dopo un incendio della durata di 15 minuti.
Esempio:
NELLA PARTE SUPERIORE IL CARTELLO
IDENTIFICA IL PERICOLO ( 2 o 3 CIFRE) – KEMLER
Importante è conoscere il significato del primo numero, quello che identifica il
pericolo (parte superiore del cartello).
La prima cifra indica il pericolo principale come segue:
2 GAS
3 LIQUIDO INFIAMMABILE
4 SOLIDO INFIAMMABILE
5 MATERIALE COMBURENTE O PEROSSIDO ORGANICO
6 MATERIA TOSSICA
8 CORROSIVO
La seconda e l’eventuale terza cifra indicano i pericoli secondari:
0 NESSUN PERICOLO
1 ESPLOSIONE
2 EMISSIONE DI GAS DOVUTA A PRESSIONE O REAZIONE CHIMICA
3 INFIAMMABILITA’ DI LIQUIDI (VAPORI) E GAS
5 PROPRIETA’ COMBURENTE (FAVORISCE L’INCENDIO)
6 TOSSICITA’
8 CORROSIVO
9 PERICOLO DI VIOLENTA REAZIONE DOVUTA A DECOMPRESSIONE SPONTANEA
O POLIMERIZZAZIONE
Autore Catarsi Fulvio 24
Quando le due prime due cifre sono uguali, si indica un accresciuto pericolo principale (ad es. 33 =
liquido estremamente infiammabile). Se il numero d’identificazione della materia è preceduto dalla
lettera “x”, si indica il divieto assoluto di contatto tra materia e l’acqua. L’elenco dei numeri
d’identificazione delle materie pericolose è contenuto nella normativa specifica (DPR n. 895/79 – DPR
n. 532/81 – DM 8 agosto 1980 e successivi aggiornamenti).
Esempi:
20 GAS INERTE
22 GAS REFRIGERANTE
23 GAS INFIAMMABILE
223 GAS INFIAMMABILE REFRIGERATO
225 GAS COMBURENTE REFRIGERATO
30 LIQUIDO INFIAMMABILE
33 LIQUIDO MOLTO INFIAMMABILE
60 SOSTANZA TOSSICA O NOCIVA
266 GAS ALTAMENTE TOSSICO
589 MATERIA MOLTO COMBURENTE E CORROSIVA, PUO’
PRODURRE SPONTANEAMENTE UNA REAZIONE
VIOLENTA
886 SOSTANZA MOLTO CORROSIVA O TOSSICA
X333 LIQUIDO SPONTANEAMENTE INFIAMMABILE,
REAGISCE SPONTANEAMENTE CON L’ACQUA
X338 LIQUIDO MOLTO INFIAMMABILE E CORROSIVO,
REAGISCE PERICOLOSAMENTE CON L’ACQUA
Autore Catarsi Fulvio 25
COLORI DISTINTIVI DELLE BOMBOLE
E DELLE TUBAZIONI
Le bombole e le tubazioni devono avere una chiara ed univoca indicazione del loro contenuto. Tale
indicazione è ottenuta mediante l’uso di colorazioni unificate.
COLORI DISTINTIVI DELLE BOMBOLE DI GAS COMPRESSI, LIQUEFATTI, DISCIOLTI
GAS COLORE DISTINTIVO
ACETILENE ARANCIONE
AMMONIACA VERDE CHIARO
ANIDRIDE CARBONICA GRIGIO CHIARO
AREA COMPRESSA BIANCO E NERO A SPICCHI
AZOTO NERO
CLORO GIALLO
ELIO MARRONE
ETILENE VIOLA
IDROGENO ROSSO
OSSIGENO BIANCO
PROTOSSIDO D’AZOTO BLU
COLORI DISTINTIVI DELLE TUBAZIONI CONVOGLIANTI FLUIDI LIQUIDI E GASSOSI
FLUIDO COLORE DISTINTIVO ACQUA VERDE
VAPORE D’ACQUA GRIGIO ARGENTO
OLI E COMBUSTIBILI MARRONE
GAS ANCHE LIQUEFATTI GIALLO OCRA
ACIDI E ALCALI VIOLETTO
ARIA AZZURRO CHIARO
ALTRI LIQUIDI NERO
Autore Catarsi Fulvio 26
SOCCORSO IN PRESENZA DI
MATERIALI PERICOLOSI
Numerosi materiali pericolosi sono oggi utilizzati da molte industrie.
Nonostante siano state stabilite diverse procedure di sicurezza e nella maggior parte dei casi queste
siano rispettate, si verificano ugualmente incidenti. Il luogo può essere una fabbrica, una ferrovia,
un’autostrada. Quali addetti al primo soccorso riceverete un’istruzione particolareggiata su molte cose
ma certamente il nostro corso non vi metterà nelle condizioni di diventare degli esperti di materiali
pericolosi: senza un’istruzione specifica nel settore non si può giudicare lo stato di un contenitore o la
probabilità di un’esplosione.
Se non siete stati addestrati in modo specifico e non disponete dell’attrezzatura e del personale
necessari, non tentate quindi di soccorrere un paziente qualora sul luogo dell’incidente siano presenti
materiali pericolosi:
In caso d’incidente con materiali pericolosi potreste non essere in grado di fare altro che rimanere a
distanza di sicurezza ed aspettare l’arrivo degli esperti.
Nel caso foste i primi ad arrivare sul luogo dell’incidente:
1. delimitate una zona di sicurezza
2. tenete lontane le persone non autorizzate
3. state controvento
4. evitate di porvi in una posizione più bassa (come un avallamento) nel caso vi siano dei liquidi
che fuoriescano o dei gas che bruciano
5. accertatevi di non essere in una depressione nel caso vi siano esalazioni di fumo che stazionano
ad un basso livello del terreno
6. evitate di mettervi in una posizione vicina e in alto rispetto al luogo dell’incidente, in modo da
non essere colpiti da esalazioni di gas o da aria surriscaldata
7. prestate attenzione ad alcune fognature che possono diffondere rapidamente materiali
pericolosi
8. richiedete tutto l’aiuto di cui avete bisogno (115, 118, 113 ecc.).
9. Se esistono procedure aziendali eseguile scrupolosamente.
Autore Catarsi Fulvio 27
CHE COSA FARE…?
Chiamate il 118 e il 115
Dite chi siete
Riferite da dove chiamate: indirizzo e numero di telefono
Comunicate il tipo di materiale pericoloso: gas, sostanza chimica liquida, sostanza chimica
raffreddata, sostanza chimica secca, liquido radioattivo, gas radioattivo, materiali solidi radioattivi
Date il nome particolare del materiale o il numero d’identificazione
Descrivete il luogo dove è avvenuto l’incidente: magazzino, area aperta o chiusa ecc.
Indicate la quantità di materiale presente sul luogo dell’incidente
Segnalate lo stato attuale del materiale: fuoriesce come un gas o sotto forma di liquido, viene
scaraventato in aria, è in fiamme o sembra essere contenuto
Segnalate la presenza di altri materiali pericolosi vicino al luogo dell’incidente
Date le condizioni locali, comprese quelle meteorologiche
Fate una valutazione del numero delle possibili vittime dell’incidente
Mantenete le comunicazioni aperte per tutto il tempo richiesto. In caso di sostanza trasportata
comunicate anche:
- il numero identificativo presente, nel caso esista un modo sicuro per poterlo rilevare
- se possibile il numero del trasportatore e del produttore
- il tipo di contenitore
- se il contenitore è un vagone ferroviario o un camion
Autore Catarsi Fulvio 28
MATERIALI POSSIBILI PERICOLI
BENZENE Vapori tossici; può essere assorbito dalla pelle; distrugge il
midollo spinale
BENZOIL PEROSSIDO Fuoco ed esplosioni
TETRACLORURO DI
CARBONIO Danno agli organi interni
CICLOESANO Sostanza esplosiva, provoca irritazioni agli occhi e alla gola
ETERE ETILICO Infiammabile: può essere esplosivo; irrita gli occhi e il tratto
respiratorio; può causare sonnolenza e perdita di coscienza
ETERE ACETICO Irrita gli occhi e il tratto respiratorio
DICLOROETILENE Sostanza molto tossica
EPTANO Irrita il tratto respiratorio
ACIDO CLORIDRICO
Irrita il tratto respiratorio; l’esposizione ad alte concentrazioni
di vapore può causare un edema polmonare; è in grado di
danneggiare la pelle e gli occhi
ACIDO FLUORIDRICO
I vapori possono causare edema polmonare e gravi ustioni agli
occhi; in forma gassosa e in forma liquida può ustionare la
pelle; i vapori possono risultare letali; possono verificarsi
reazioni tardive
METILISOBUTILCHETONE
(ESOSO) Irrita gli occhi e le membrane mucose
CLORURO DI METILENE Danneggia gli occhi
ACIDO NITRICO Produce un gas tossico (diossido d’azoto); irrita la pelle; può
causare autocombustione dei prodotti di cellulosa (segatura)
ORGANOCLORURO
(CLORDANO, DDT,
DIELDRIN, LINDANO,
METOSSICLORO)
Irrita gli occhi e la pelle; i fumi e le esalazioni sono tossici
PERCLORO ETILENE Tossico se inalato o ingerito
TETRACLORURO DI SILICIO Reagisce all’acqua e forma fumi tossici di cloruro d’idrogeno
METILBENZENE (TOLUENE) Vapori tossici; può danneggiare gli organi
CLORURO DI VINILE Infiammabile ed esplosivo; tra le sostanze cancerogene
CIANURO DI IDROGENO Altamente infiammabile; molto tossico per inalazione ed
assorbimento
Autore Catarsi Fulvio 29
INCIDENTI DA RADIAZIONI
Gli incidenti da radiazioni si dividono in quattro diversi tipi di contaminazione per il paziente. Le
vittime potrebbero essere contaminate nei seguenti modi:
1. Incidente pulito
Il paziente ha ricevuto una dose esterna di radiazioni. Il soggetto non presenta un pericolo per il
soccorritore.
2. Incidente sporco - Il paziente ha ricevuto una dose interna di radiazioni
Dopo la pulizia esterna non esiste pericolo per il soccorritore. Qualora prima della
decontaminazione fosse necessario praticare la respirazione artificiale, utilizzare ossigeno con
valvola a richiesta o pallone di Ambu con serbatoio d’ossigeno.
3. Incidente sporco - Il paziente è contaminato esternamente
Esiste pericolo per il soccorritore. Evitate il contatto fino a decontaminazione avvenuta. A meno
che il livello di radiazioni non sia elevato, il supporto vitale delle funzioni vitali e la cura delle
lesioni potenzialmente letali sono possibili. Utilizzare ossigeno con valvola a richiesta o pallone
Ambu per la respirazione artificiale.
4. Incidente sporco - Contaminazione superficiale esterna e ferita Fate attenzione a non contaminarvi durante l’intervento. Se ne disponete utilizzate ossigeno con
valvola a richiesta o pallone Ambu in caso si renda necessario avviare una rianimazione
artificiale. Le ferite dovrebbero essere trattate separatamente rispetto alla superficie cutanea e
quindi medicate.
Autore Catarsi Fulvio 30
COMPORTAMENTO DURANTE
UN’EMERGENZA CON RADIAZIONI
I vostri doveri sul posto comprendono:
1. Proteggere voi stessi dall’esposizione.
In caso di dubbi sull’entità delle radiazioni allontanarsi, parcheggiate sopra vento, rimanendo ad
una certa distanza dal luogo dell’incidente, dietro qualsiasi protezione che abbia una massa
considerevole. I metalli spessi o i muri in cemento, i cumuli di terra o persino gli automezzi
pesanti e le attrezzature edili offrono una protezione aggiuntiva.
2. Individuate qualsiasi segnale di pericolo che indichi la possibilità di radiazioni. Se verrà osservata
l’elica caratteristica delle radiazioni non effettuate nessun soccorso e attendere l’arrivo dei vigili
del fuoco, attivateli per mezzo del vostro centralino.
3. Utilizzate tutte le procedure di salvataggio che avete appreso durante l’addestramento nel caso
dissoniate di attrezzature adeguate e siete in grado di utilizzarle.
4. Contribuire ad impedire la diffusione delle radiazioni controllando gli articoli contaminati.
5. Se avete seguito un corso apposito ricordatevi di avvicinarvi stando sopra vento, evitando se
possibile, compatibilmente con la situazione nuvole di polvere o di fumo. Se i livelli di radiazioni
sono elevati, liberare la vittima dell’infortunio il più velocemente possibile, senza effettuare
nessun controllo, non avviare il BLS, né iniziare alcun altro intervento sul posto. La regola è
entrare nell’area contaminata e uscire il più velocemente possibile. Non trasportate il paziente in
aree che potrebbero essere contaminate dallo stesso, ma conducetelo in una zona limite
dell’incidente ed evitate che gli oggetti e i vestiti del paziente anch’essi contaminati vengano a
contatto con altre persone prima di essere decontaminati.
6. ATTENZIONE: quando intervenite sul luogo di un incidente con presenza di radiazioni c’è
sempre un certo rischio. Accertatevi di seguire alla lettera tutte le disposizioni locali,
intervenite solo se siete preparati tecnicamente, anche all’ausilio di strumenti atti alla
protezione da agenti radioattivi, altrimenti tenetevi a dovuta distanza dall’incidente,
invitando tutti coloro che si avvicinano ad allontanarsi e con l’arrivo dei vigili del fuoco e
dei sanitari del 118 collaborate senza mai intralciare la loro opera di soccorso.
Autore Catarsi Fulvio 31
INCIDENTE CON ESPLOSIONE
1
a fase primaria
Onda di pressione
Bersagli: gli organi con gas
2a fase secondaria
Impatto di schegge e vetri
3a fase terziaria
Il corpo diventa un proiettile ed urta contro altri ostacoli
4° fase
Contaminazione delle ferite
Dopo un’esplosione che può essere definita la liberazione di un’energia, avvengono danni sia strutturali
degli edifici sia anatomici di eventuali pazienti. A voi spetta la non sottovalutazione di eventuali
vittime che apparentemente possono non manifestare all’inizio alcun segno di lesione importante, ma
successivamente morire per le complicanze ad essa dovute.
Questi pazienti devono poter essere visitati da un medico al più presto, ecco perché è importante che
dopo un tale evento venga richiesto l’intervento del 118 e del 115.
Il danno è il risultato dell’onda d’urto che è prodotta dopo la liberazione di energia. Quando questa
onda si propaga verso l’esterno in tutte le direzioni, si generano due tipi di pressione: la
sovrapressione, che determina un aumento di pressione oltre i livelli atmosferici normali (la
sovrapressione circonda un oggetto quando questo è colpito dall’onda d’urto che causa una
compressione) e la pressione dinamica (come un forte vento che si muove in tutte le direzioni con
partenza dall’epicentro dell’esplosione).
I DANNI CHE PUO’ PROVOCARE UN’ESPLOSIONE SONO DIRETTAMENTE
PROPORZIONALI ALLA DISTANZA DALL’ESPLOSIONE, E CIOE’ GENERALMENTE
SONO PIU’ GRAVI PER COLORO CHE SI TROVANO PIU’ VICINI AD ESSA.
Autore Catarsi Fulvio 32
CHE COSA FARE…?
ATTIVARE I SOCCORSI 118 - 115
Se decidete che la vittima non possa attendere i soccorsi e siete sicuri che il vostro intervento non
comporti rischi per voi o per gli altri, il vostro intervento dovrà tenere conto dei seguenti rischi:
1. eventuali altre esplosioni
2. perdite di gas
3. incendi
4. danni alle strutture
5. cavi d’energia elettrica scoperti
6. fumi e sostanze tossiche
7. panico
Quindi:
mantenere la calma
sospendere l’erogazione di gas ed elettricità
indossate una maschera, che vi tuteli dalla fuoriuscita di sostanze tossiche o da fumi, un elmetto e
dei guanti
liberatevi degli indumenti che potrebbero essere particolarmente infiammabili
camminate lungo il perimetro dei muri e mai al centro delle stanze, o al centro delle scale
evitate di camminare alla cieca: servitevi sempre di una torcia a batterie e muovetevi con cautela,
facendo attenzione a dove ponete i piedi e a che cosa toccate con le mani
controllate le strutture sopra di voi (travi ecc.)
nel caso interveniate limitatevi ad un’opera di salvataggio cioè portate la vittima in un luogo sicuro,
senza praticare alcun tipo di soccorso sul posto dove è avvenuta l’esplosione
attendere infine i soccorsi praticando se necessario il BLS
Autore Catarsi Fulvio 33
TRASPORTO IN AMBULANZA
UTILIZZO DELL’AMBULANZA AZIENDALE
Molte ditte o fabbriche sono dotate di ambulanza. E’ bene
ricordare che i trasporti effettuati da tali mezzi sono da
considerare come veri e propri trasporti non protetti: ciò
significa che dovrebbero essere utilizzati il meno possibile e
solo con pazienti che necessitano di cure non urgenti.
Le ambulanze che le ditte hanno al proprio interno dovrebbero
essere considerate come dei taxi, molto più comodi di un’auto ma molto meno sicure di un mezzo del
118 e quindi con esse si potranno trasportare solo pazienti con funzioni vitali non compromesse e le cui
condizioni, con il trasporto, non siano soggette a peggioramento o con traumi la cui entità non richieda
alcuna precauzione o stabilizzazione.
ATTERRAGGIO E DECOLLO ELIAMBULANZA
Contrariamente a quanto si crede, gli elicotteri non scendono dal cielo su una qualsiasi superficie e con
qualsiasi condizione meteorologica, caricano la persona malata o lesa e risalgono dirigendosi poi verso
l’ospedale alla massima velocità. In realtà essi atterrano su aree ben definite e predisposte a questo
scopo.
Durante le ore diurne, la zona ideale di atterraggio per un elicottero di piccole e medie dimensioni
dovrebbero essere di almeno 500 m2 ripartiti su di una superficie quadrata. La superficie d’atterraggio
dovrebbe essere piana e non friabile, senza persone o animali, veicoli, cespugli, rocce e altri
impedimenti quali alberi, pali e cavi. I soccorritori dovrebbero farsi carico di raccogliere i detriti che
potrebbero essere sollevati dal rotore. Le condizioni meteorologiche possono condizionare l’intervento,
quindi è necessario che chi richiede il soccorso sia anche in grado di poter riferire alla centrale 118 se
c’è molto vento o piove molto o sta nevicando o grandinando.
Tutto il personale non interessato al soccorso deve essere tenuto ad una distanza di almeno 60 m e chi
soccorre deve mettersi ad una distanza di almeno 30 m, ed indossare elmetto e occhiali protettivi di
sicurezza; è infatti possibile che detriti portati dall’aria mossa dalle pale penetrino sotto la visiera degli
elmetti.
I sottogola dovrebbero essere ben stretti. Non indossate cappellini da baseball; potrebbero essere
sollevati dal capo ed attirati dal rotore di coda.
OPERAZIONI DI TERRA
La sicurezza a terra costituisce sempre la preoccupazione principale, anche dopo l’atterraggio.
Non avvicinatevi all’elicottero e non permettete a nessun altro di farlo. L’equipaggio scenderà a
terra e si avvicinerà a voi quando non vi sarà più pericolo
Evitate di fumare ad una distanza di almeno 20 m dal veicolo
Rispettate scrupolosamente tutti gli ordini dati dalla centrale operativa 118 e successivamente
dall’equipaggio dell’elicottero.
Autore Catarsi Fulvio 34
BLS-D LAICI BASIC LIFE SUPPORT – DEFIBRILLATION
Supporto di base delle funzioni vitali e defibrillazione precoce (secondo le linee guida ERC/IRC 2010)
Manuale Pratico
INTRODUZIONE Lo scopo del BLSD è far apprendere sia teoricamente sia – soprattutto - praticamente come comportarsi quando ci si trova di fronte ad una persona apparentemente senza vita e cosa fare per soccorrerla,disponendo di un defibrillatore semiautomatico. Per morte cardiaca improvvisa si intende la cessazione dell’attività cardiaca che
avviene in una persona apparentemente sana,o le cui condizioni non farebbero prevedere la sua morte in quel momento. Molto spesso è la prima manifestazione di una malattia cardiaca e il cuore è abbastanza sano da permettere al soggetto di sopravvivere, purchè venga soccorso rapidamente e correttamente. Il
più delle volte la situazione che richiede il tuo intervento è drammatica: la vittima può essere una persona giovane, un nostro familiare o compagno di lavoro e non sono presenti medici o soccorritori esperti: dobbiamo fare da soli mantenendo la calma, senza farci prendere dal panico ( figura 1) CAPITOLO 1
La Morte cardiaca improvvisa ( arresto cardiaco improvviso) La morte cardiaca improvvisa a volte si verifica durante un’ evento, comunemente chiamato attacco cardiaco, che può essere la prima manifestazione dell’infarto miocardico. In questi casi il soggetto lamenta dei disturbi che chiamiamo appunto “ segni di allarme”
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( figura 2): dolore al centro del torace o alla mandibola, alla gola o simile al mal di stomaco, difficoltà di respirazione o senso di debolezza, nausea, vomito, sudorazione. In loro presenza occorre immediatamente chiamare il 118 e fare in modo che il soggetto venga al più presto valutato da un medico e ricoverato in ospedale. Cerca quindi di ricordare questi segni e di non sottovalutarli: dì lì a pochi minuti potresti assistere ad un arresto
cardiaco. Il battito del cuore ci permette di vivere facendo circolare il sangue e permettendo all’ossigeno di arrivare a tutti gli organi: Quando il cuore si ferma, immediatamente si verifica la perdita di coscienza il cervello non riceve più
ossigeno e il soggetto cade a terra privo di sensi; cessa subito anche l’attività respiratoria (figura 3). Quindi il soggetto in arresto cardiaco non è cosciente e non respira più normalmente. L’ossigeno disponibile si esaurisce molto rapidamente cessando il respiro ed il circolo non possono più essere riforniti tutti gli organi, soprattutto il cervello, che è l’organo che ne ha il maggior fabbisogno (figura4). Il cervello infatti, è il primo organo che risente rapidamente della mancanza di ossigeno se il soccorso non viene prestato nei primissimi minuti ma troppo tardivamente, il cervello subisce lesioni che possono portare a danni permanenti, come paralisi, e stati di coma prolungati. E’ perciò determinante far presto (figura 5). Il numero di persone che sopravvivono indenni, senza lesioni cerebrali, ad un arresto cardiaco può aumentare se disponibile una organizzazione basata su una serie di interventi, integrati e consecutivi uno con l’altro, rappresentati dal concetto di “catena della sopravvivenza”. Lo scopo di ciascuno di questi interventi l’uno prosecuzione dell’altro , è guadagnare tempo affinchè l’intervento successivo possa risultare efficace. I primi due anelli rappresentano l’intervento che qualunque persona che assiste all’evento o venga chiamata per un emergenza può effettuare riconoscere e valutare la situazione, attivare il 118 (1°
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anello) ed iniziare subito, sul posto, le manovre necessarie di rianimazione cardiopolmonare (RCP), per mantenere artificialmente la circolazione e la respirazione, favorendo così l’ossigenazione del cervello (2° anello). La risoluzione del problema può avvenire, nella maggior parte dei casi, solo con la scarica elettrica, erogata con un defibrillatore il più precocemente possibile (3°anello). Sarà una equipe specializzata (ALS) a proseguire le cure necessarie in una fase immediatamente successiva ( 4° anello figura 6). Ogni minuto che passa dall’inizio
dell’arresto cardiaco, infatti, fa scendere del 10-12% circa la probabilità di successo della scarica elettrica erogata con il defibrillatore. Iniziare la RCP ed utilizzare il defibrillatore entro 3-5 minuti dal collasso può far aumentare la sopravvivenza fino a percentuali del 49-75%. Se il defibrillatore non è immediatamente disponibile, si possono guadagnare minuti preziosi iniziando subito la RCP. La RCP iniziata dalle persone presenti all’eventi o addirittura triplicare la sopravvivenza (figura 7). La defibrillazione perciò una manovra salvavita che deve essere effettuata al più
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presto. Ciò è possibile anche per soccorritori non sanitari (non è necessario essere medici o infermieri). Infatti, i defibrillatori semi-automatici (DAE), “intelligenti”, rendono tale manovra facile perché analizzano automaticamente il ritmo cardiaco e stabiliscono anche l’opportunità di una scarica (figura 8). CAPITOLO 2 Sequenza della manovre BLSD Prima di
soccorrere la probabile vittima di un arresto cardiaco occorre accertarsi di operare in
condizioni di sicurezza ambientale, per non mettere a rischio anche la nostra incolumità. Accertati, dunque, che nell’ambiente non vi sia fumo, gas, pericolo di folgorazione o di incendio. Successivamente la prima cosa da chiedersi intervenendo su una persona probabile vittima di un arresto cardiaco improvviso deve essere: è COSCIENTE? Per capire questo lo scuotiamo per le spalle e la chiamiamo ad alta voce. Se la persona non si muove e non risponde e non c’è nessuno accanto a lei, chiama aiuto per accelerare i soccorsi per poter poi chiamare il 118 (il numero europeo per le chiamate di soccorso è il 112) (figura 9). Nel soggetto non cosciente le vie aeree sono ostruite dalla lingua che cade all’indietro a causa del rilasciamento muscolare. La prima cosa da fare in un soggetto che ha perso coscienza è aprire le vie aeree: spingi indietro la testa appoggiando una mano sulla fronte e con due dita dell’altra mano solleva il mento. Le
dentiere devono essere rimosse solo se dislocate (figura 10).
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Dopo aver provveduto alla pervietà delle vie aeree, occorre sapere se la vittima respira. Per fare questo, mantenendo il capo del soggetto esteso ed il mento sollevato, avvicinati al suo viso, guarda se il torace si alza e si abbassa, ascolta se ci sono rumori respiratori e senti se si percepisce il passaggio di aria dalla bocca. Devi eseguire questa valutazione (promemoria: Guarda, Ascolta, Senti = GAS) per non più di dieci secondi. Se la vittima respira normalmente, ma non è cosciente ponila il posizione laterale di sicurezza (figura 12) e chiama o fai chiamare il 118; ricorda: questa posizione può essere pericolosa se la vittima ha subito un trauma. Se l’attesa di aiuti si
prolunga, cambia lato ogni 30 minuti per evitare lesioni e controlla che la vittima continui a respirare. Se il respiro non è presente o non è normale, fai chiamare il 118 e fai portare il DAE; se sei solo usa il telefono cellulare per chiamare il 118 e allontanati solamente se non hai nemmeno questa possibilità. Nei primi minuti dopo un arresto cardiaco improvviso, la vittima può respirare in modo irregolare, con respiro lento e rumoroso. Non confondere questa situazione con un respiro normale, ma comportati come se la vittima non respirasse affatto. Allo stesso modo, se hai dei dubbi sul respiro, comportati come se la vittima non respirasse.
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Chi allerta la Centrale Operativa 118 dovrà rispondere a tutte le domande dell’operatore (in particolare fornendo informazioni esatte sul luogo dell’intervento) e non dovrà riagganciare fino a che l’intervista non sarà terminata. Allertati i soccorsi, inizia la RCP. Inizia con il massaggio cardiaco che ti consente di far circolare il sangue: con le braccia perpendicolari al torace, poni la parte prossimale del palmo della mano calcagno della mano) al centro del torace, sovrapponi l’altra mano ed esegui 30 compressioni sulla sterno della profondità di almeno 5 centimetri, alla frequenza di 100 compressioni al minuto. E’ necessario che il paziente sia disteso in posizione supina su una superficie rigida (figura 13).
Dopo le 30 comprensioni, esegui le due insufflazioni della durata di un secondo, controllando che il torace si sollevi. La ventilazione bocca-bocca si esegue mantenendo il capo esteso e il mento sollevato. Sta a fianco della vittima e appoggia la tua bocca bene aperta sulla bocca della vittima, mentre le tieni il naso chiuso pinzando con due dita le narici, insuffla aria osservando che il torace si sollevi. Quindi staccati permettendo l’espirazione ed osserva che il torace si abbassi. (figura 14).L’insufflazione deve essere lenta e graduale e viene ripetuta due volte, facendo in modo che le due
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ventilazioni non portino via più di 5 secondi di tempo. Non sono descritti casi di trasmissione di HIV attraverso le manovre di respirazione bocca – bocca, sono invece descritti isolati casi di trasmissione di TBC e di SARS. E’ pertanto opportuno per i soccorritori utilizzare sistemi di barriera che garantiscono nei confronti della trasmissione di tali malattie (face – shields, maschere tascabili – figura 15).
L’utilizzo di una maschera tascabile ti permette di eseguire la ventilazione artificiale senza entrare in contatto diretto con la vittima. Continua alternando 30 compressioni e 2 insufflazioni fino a che non è disponibile il DAE (figura 16) Se hai problemi ad eseguire le ventilazioni (non ci riesci, non hai mezzi di protezione) continua a massaggiare senza interrompere, fino all’arrivo del DAE.
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Può capitare che mentre insuffli aria la prima volta il torace non si sollevi come in una respirazione normale. In questo caso:
a. Guarda in bocca alla vittima e
rimuovi eventuali corpi estranei, se
ben visibili;
b. Ricontrolla che la testa sia estesa e
il mento sollevato.
Comunque non provare per più di due volte a ventilare la vittima e riprendi immediatamente il massaggio cardiaco. Se disponi di DAE hai ancora la possibilità di salvare il soggetto in arresto cardiaco. Usalo subito!.Accendi il DAE. Collega le piastre adesive al torace del soggetto, dopo averlo asciugato se necessario. Le piastre vanno posizionate una sotto la clavicola destra, l’altra sulla parete laterale sinistra del torace come riportato sulla figura 17 (prestando attenzione, soprattutto nella donna, a non posizionarla sopra il tessuto mammario).Esse ti permettono di defibrillare la vittima senza toccarla
e stando a distanza di sicurezza dal suo corpo. IL DAE analizza il ritmo cardiaco:in questa fase nessuno deve toccare o avvicinarsi al paziente per evitare che vibrazioni o movimenti interrompano
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l’analisi o interferiscano con essa (figura
18). L’apparecchio in questi casi ci obbligherebbe a ripetere l’analisi perdendo tempo prezioso. Se il DAE consiglia la scarica, fai allontanare tutti, ordinandolo ad alta voce. Eroga la scossa schiacciando il tasto “shock” il più rapidamente possibile. Nessuno (tu compreso) deve essere a contatto con il paziente durante l’analisi e durante la scarica (figura 19). Se il DAE ti dice subito che non c’è l’indicazione alla scarica devi riprendere immediatamente il massaggio cardiaco alternando alle ventilazioni (circa 5 cicli di 30 compressioni e 2 insufflazioni). Anche quando il DAE effettua la scarica, è importante riprendere immediatamente la rianimazione cardiopolmonare per 2 minuti ( circa 5 cicli di 30 compressioni e 2 insufflazioni – figura 20). Dopo 2 minuti l’apparecchio ricomincerà ad analizzare il ritmo e ti dirà di non toccare il paziente: interrompi subito la RCP e fai allontanare tutti. Continua così fino a quando:
- La vittima comincia a dimostrare
segni di risveglio, comincia a
muoversi, apre gli occhi e riprende a
respirare normalmente;
- Arrivano i soccorsi sanitari;
- Non ce la fai più.
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RIEPILOGO Riassumendo: ricordati di eseguire nell’ordine la sequenza degli interventi:valuta la sicurezza ambientale, valuta se la vittima è cosciente; se on lo è chiedi a qualcuno di allertare il 118 e di portarti un DAE, quindi guarda, ascolta e senti (GAS) per non più di 10 secondi: se non respira normalmente e sei da solo usa il telefono cellulare per allertare il 118 ed allontanati solo se non hai nemmeno questa possibilità. Incomincia le manovre di RCP fino a quando non è disponibile il DAE: alterna 30 compressioni a due insufflazioni. Appena possibile collega il DAE e avvia subito l’analisi arrivando il DAE: ricordati che in questa fase nessuno deve toccare il paziente. Se ti viene consigliato lo shock, eroga subito la scarica controllando che nessuno si avvicini al paziente. Riprendi immediatamente la RCP per 2 minuti, al termine di 5 cicli di compressioni e
insufflazioni riavvia l’analisi. Continua alternando 2 minuti di RCP – analisi. Se sei tempestivo, utilizzando un DAE ed effettuando le manovre di rianimazione cardiopolmonare, puoi raggiungere il tuo obiettivo: far ripartire il cuore e salvare una persona.
Nota C’è una situazione particolare, l’annegamento,in cui questa sequenza deve essere modificata; in questo caso in genere l’arresto cardiaco è dovuto all’asfissia per cui, dopo aver valutato la coscienza ed esserci accorti che la vittima non respira, prima di iniziare il massaggio cardiaco è essenziale fare 5 insufflazioni il prima possibile in quanto questo aumenta la sopravvivenza. Se si è completamente da soli e senza alcuna possibilità di chiamare aiuto, per aumentare la sopravvivenza della vittima è anche utile eseguire 1 minuto di RCP prima di allontanarsi per allertare il 118.
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CAPITOLO 3 Ostruzione delle vie aeree da corpo estraneo L’ipotesi che una delle cause di arresto respiratorio sia dovuta ad un corpo estraneo che ostruisce le vie aeree, impone di saper fronteggiare questa emergenza, considerando che le manovre successivamente descritte sono da considerarsi salvavita e, che l’ostruzione da corpo estraneo può, se non trattata, evolvere in arresto cardiaco. Un corpo estraneo può provocare un’ostruzione parziale o completa delle vie aeree. Nell’adulto, più frequentemente, il corpo estraneo è rappresentato da corpo alimentare solido, in soggetti con problemi neurologici, in età avanzata o che fanno abuso di alcool. In queste situazioni, infatti, il riflesso della tosse è più torbido, aumentando il rischio di inalazione. Occorre sospettare l’ostruzione da corpo estraneo qualora il soggetto manifesti improvvisamente difficoltà respiratoria
accompagnata da sforzi respiratori inefficaci e seguita da cianosi o perdita di coscienza inspiegabile. L’ostruzione parziale permette un flusso respiratorio sufficiente a mantenere lo stato di coscienza; in questo caso bisogna incoraggiare l’infortunato a tossire e a respirare spontaneamente cercando di non interferire con i tentativi di espellere il corpo estraneo. Deve essere accompagnato in ospedale se il corpo estraneo permane e non vi è una risoluzione spontanea del problema. Se ci troviamo davanti ad un’ostruzione completa, la vittima non riuscirà a respirare, parlare e tossire; a volte porterà le mani alla gola nel segno universale del
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soffocamento. Se non risolta, questa evenienza porta rapidamente alla perdita di coscienza. L’ostruzione deve essere sospettata anche nel corso delle manovre di rianimazione in una vittima che, trovata non cosciente, presenti difficoltà alla ventilazione (il torace non si espande, nonostante la correttezza della manovra di ventilazione). Manovre di disostruzione con vittima in piedi o seduta Se la vittima è cosciente e inizia a presentare segni di debolezza o smette di respirare, esegui una serie di corpi dorsali:
il soccorritore si posiziona al suo
fianco, un po’ dietro di lei;
sostiene il torace con una mano e fa
in modo che si sporga in avanti
appoggiandosi sul suo braccio per
favorire la fuoriuscita del corpo
estraneo; (figura 22);
colpisce fino a 5 volte con l’altra
mano sul dorso della vittima tra le
scapole (figura 22);
se i colpi dorsali non hanno effetto
esegue la manovra di Heimlich in
piedi (figura 23):
il soccorritore si posiziona alle spalle
del paziente;
cinge con entrambe le braccia la vita
del paziente;
posiziona una mano, chiusa a
pugno, a metà tra l’ombelico e
l’estremità dello sterno, e con l’altra
mano stringe il polso della prima;
esercita ripetute e brusche spinte
con il pugno sull’addome dal basso
verso l’alto nel tentativo di creare
una tosse artificiale, sfruttando l’aria
residua dei polmoni.
Manovra di disostruzione nel soggetto non cosciente Se la vittima in qualunque momento perdesse coscienza:
mettere la vittima in posizione
supina;
allertare i servizi di emergenza;
iniziare le manovre di RCP.
Nota Non è indicato inserire le dita in bocca per liberare le vie aeree se non vedi nulla. E’ indicato rimuovere manualmente il materiale solido eventualmente presente solo se ben visibile.
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Perché:
L’incidenza di soffocamento insospettato
come causa di incoscienza o dell’arresto
cardiaco è bassa; quindi, durante la RCP
controllare ordinariamente la bocca per
vedere se ci sono corpi estranei non è
necessario.
Nessuno studio ha valutato l’uso sistematico
di una pulizia del cavo orale con le dita per
eliminare i corpi estranei nelle vie
respiratorie in assenza di un’ostruzione
visibile. Quattro case reports hanno
documentato danni alle vittime e al
soccorritore in seguito alla pulizia del cavo
orale con le dita; è pertanto sconsigliato l’uso
di questa tecnica. In caso di corpo estraneo
ben visibile è quindi indicato l’uso di pinze o
aspiratore.
Rimuovi i corpi solidi: se visibili inserisci un
dito ad uncino nella bocca ed estrai i corpi
solidi (pietre, denti rotti, chewing-gum)
facendoli scivolare lungo il lato interno di una
guancia.
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S.A.M.P.L.E.
E’ un valido aiuto che ci permette di valutare correttamente un paziente che, pur stando
male, è in grado senza alcuna difficoltà di rispondere alle nostre domande.
E’ infatti importante ricordare che se il paziente non è in grado di rispondere alle nostre
domande o non vuole farlo, il nostro dovere sarà quello di allertare il sistema di
emergenza 118, senza perder del tempo prezioso.
S segni e sintomi
A allergie
M medicamenti (quali farmaci assume il paziente)
P past medical history (anamnesi patologica remota)
L last meal (ultima assunzione di cibo)
E events (dinamica dell’incidente)
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CRISI IPOGLICEMICA
DEFINIZIONE
L'ipoglicemia corrisponde ad una quantità insufficiente di glucosio nel sangue. Il tasso normale deve essere compreso tra 0.70 g/l e 1.10 g/l a ...
CAUSE
In un soggetto diabetico, la crisi ipoglicemica si può verificare quando:
si assume una quantità troppo elevata di insulina o ipoglicemizzanti orali
e non si mangia a sufficienza
si eseguono degli sforzi fisici eccessivi senza ripristinare il consumo di glucosio
in seguito a vomito ripetuto
digiuno
SEGNI E SINTOMI
Vertigini e cefalea Comportamento anomalo (agitazione, confusione…) Tremori, tachicardia, ansietà Cute pallida, fredda e appiccicosa Svenimenti Senso di fame
COSA FARE
Accertarsi che il soggetto sia diabetico (S.A.M.P.L.E.)
Se il soggetto è cosciente: somministrategli acqua e zucchero, succhi di frutta o altre bevande
zuccherate
Creare attorno al soggetto un ambiente tranquillo e ventilato
Se necessario posizionate il soggetto in posizione laterale di sicurezza
Se il soggetto è incosciente allertare il 118
COSA NON FARE
Somministrare farmaci e/o alcolici
Somministrare liquidi in paziente incosciente
Amea s i c u r e z z a & i m p i a n t i
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CONVULSIONI E CRISI EPILETTICHE
Cause e manifestazioni
L'epilessia è un disturbo parossistico ( transitorio )della funzione cerebrale, si manifesta con episodi di
alterazione o perdita della coscienza, fenomeni motori anomali, disturbi psichici o sensoriali,
perturbazioni del sistema nervoso autonomo. Le crisi epilettiche sono dovute alla presenza di un
gruppo, più o meno grande, di cellule nervose (neuroni) che manifestano un'attività elettrica eccessiva
(ipereccitabilità). Paragonando le cellule nervose nel loro complesso ad una complicata rete elettrica, si
può grossolanamente assimilare l'origine della crisi ad una piccola "scarica" elettrica, eccessiva ed
incontrollata, che inizia all'improvviso, finisce rapidamente e non lascia nessuna conseguenza.
Attacchi epilettici possono presentarsi anche in persone sane, per una serie di molteplici cause, ma si
parla di epilessia solo quando le crisi sono ricorrenti.
DEFINIZIONE Contrazioni muscolari improvvise e non controllate, dovute ad una alterazione dell’attività elettrica
cerebrale e accompagnate da una perdita di coscienza.
CAUSE
Per "cause" dell'epilessia s'intendono solitamente quei fattori, già presenti alla nascita o acquisiti nel
corso della vita, che possono scatenare la "scarica nervosa" di cui si è detto all'inizio.
Durante l'adolescenza e l'età adulta si ha prevalenza delle forme secondarie, dovute a: gravi
traumi cranici, infezioni del sistema nervoso centrale (encefaliti, meningiti), neoplasie cerebrali, uso
di droghe. Con relativa frequenza esordiscono inoltre in età' adulta le epilessie dovute a
malformazioni vascolari congenite. Stesso discorso vale quando l'epilessia insorge dopo i 65 anni,
negli anziani però si aggiungono altre 2 cause: le malattie degenerative e gli incidenti
cerebrovascolari.
Occorre inoltre ricordare che condizioni patologiche o tossiche particolari possono scatenare
crisi epilettiche, che non vanno considerate una vera epilessia, in quanto cessano con il cessare
della condizione scatenante. Per esempio, lo scompenso da gravi malattie epatiche o renali,
l'intossicazione da farmaci o sostanze d'abuso, l'astinenza da alcool in soggetti abitualmente
alcolisti
SEGNI E SINTOMI
Crisi tonico-cloniche (grande male)
Fase tonica: brusca perdita di coscienza durante la quale l'intero corpo si irrigidisce in estensione e il
paziente cade a terra, è temporaneamente apnoico e tachicardico. Dura 15-20 secondi e può essere
preceduta da brevi mioclonie diffuse.
Fase clonica: si manifestano movimenti clonici a carico del capo, del tronco e degli arti. La frequenza
delle contrazioni decresce progressivamente fino a scomparire entro 30-40 secondi.
Segue un periodo di rilassamento muscolare generalizzato, durante il quale si può avere perdita di urine
(enuresi) e feci, poi uno stato semicomatoso. Il paziente riacquista coscienza, più o meno rapidamente,
Autore Catarsi Fulvio 50
ma può rimanere in uno stato confusionale anche per qualche ora.
COSA FARE
Chiamare il 118
Se possibile adagiare il soggetto sul pavimento.
Non toccarlo fino a quando manifesta le contrazioni tonico cloniche.
Proteggere il soggetto durante la crisi da lesioni provocate da oggetti e mobili vicini allo stesso.
(esempio allontanando sedie, scale ecc…)
Dopo la crisi il paziente entrerà in un coma momentaneo che può portare alla morte del paziente
se non vengono eseguite le manovre di rito del BLS
Al termine delle convulsioni eseguire BLS;.
Creare attorno al soggetto un ambiente tranquillo allontanare i curiosi e facilitare l’arrivo dei
soccorsi sanitari interni se previsti e il 118
Annotare la durata della crisi
COSA NON FARE
Somministrare farmaci
Somministrare liquidi in paziente incosciente
Non tentare di tenere fermo il soggetto
Autore Catarsi Fulvio 51
CRISI ASMATICA
DEFINIZIONE
E’ una condizione di particolare reattività dell’albero bronchiale a stimoli di varia natura. Questa
reattività si caratterizza con uno spasmo diffuso della muscolatura bronchiale ed edema della mucosa,
che determinano un restringimento delle vie respiratorie.
CAUSE
Allergeni presenti nell’aria (polline, piante, inquinamenti industriali ecc.)
In seguito ad assunzione di farmaci ( attenzione anche i farmaci definiti da banco come
Tachipirina e Buscopan possono dare gravi allergie )
Infezioni delle vie aeree
Durante sforzo fisico o emotivo ecc….
SEGNI E SINTOMI
Dispnea (difficoltà respiratoria)
Tosse
Sibili respiratori
Accelerazione del respiro
COSA FARE
Se il paziente ne è provvisto aiutare il soggetto all’auto-somministrazione di broncodilatatori
(spray) già conosciuti e usati dallo stesso per un disturbo conosciuto e riconosciuto dallo stesso.
Aerare l’ambiente
Allontanare il paziente dalla possibile fonte allergica
Posizionarlo seduto
Tranquillizzare il soggetto
Allontanare i curiosi
Se la situazione ti appare subito grave non attendere a chiamare il 118.
Ricorda se hai bisogno di aiuto o ai dubbi chiama il 118.
COSA NON FARE
Sottoporre il soggetto a sforzi eccessivi
Somministrare liquidi o cibi solidi
Obbligarlo nella posizione sdraiata
Autore Catarsi Fulvio 52
EDEMA POLMONARE
DEFINIZIONE
Alterazione dei processi fisiologici di scambio dei liquidi e dei soluti, all’interno delle membrane
alveolo-capillari, con conseguente squilibrio delle forze che li governano, che possono provocare un
accumulo di liquidi all’interno dei polmoni e degli alveoli stessi: il quadro dell’edema polmonare
acuto.
CAUSE
Cardiopatie (infarto, ipertensione…)
Inalazione di vapori acidi
Affezioni neurologiche
Shock anafilattico
SEGNI E SINTOMI
Dispnea (difficoltà respiratoria)
Cute fredda, sudata, pallida, cianotica
Agitazione, ansia
Respirazione rumorosa, frequente e superficiale (marea montante) Torace espanso, quasi
immobile
Nei casi più gravi: tosse con espettorato schiumoso e roseo
COSA FARE
Chiamare il 118
Posizionare il soggetto seduto
Allentare gli abiti
Creare intorno un ambiente tranquillo e ventilato
COSA NON FARE
Somministrare farmaci
Somministrare liquidi e cibi solidi Obbligare il soggetto nella posizione sdraiata
Autore Catarsi Fulvio 53
LIPOTIMIA
DEFINIZIONE Sindrome caratterizzata da malessere profondo, astenia muscolare, alterazione della vista, nausea,
sudorazione profusa; si differenzia dalla sincope poiché non vi è perdita di coscienza.
CAUSE
Pressione bassa
Anemia
Digiuno
Stress e fatica
Permanenza in ambienti chiusi
Prolungata stazione eretta
Calore eccessivo Dolori e forti emozioni ecc.
SEGNI E SINTOMI
La sindrome può essere preceduta da malessere, nausea, debolezza, “capogiro”.
La persona cede sulle gambe (si accascia)
Pallore e sudorazione profusa
COSA FARE
Posizione antishock
Allentare abiti, cinture, cravatte…
Aerare il locale
Allontanare i curiosi
Tranquillizzare il soggetto
COSA NON FARE
Somministrare farmaci
Dare schiaffi
Introdurre sostanze nel cavo orale fino a quando il soggetto appare incosciente
Somministrare alcolici
Mettere in posizione semiseduta o eretta
Bagnarlo con acqua fredda
ATTENZIONE ! Il soggetto ha le funzioni vitali conservate
e può sentire cosa viene detto intorno a lui
Autore Catarsi Fulvio 54
SINCOPE
DEFINIZIONE
Perdita improvvisa della coscienza, con possibile caduta a terra del soggetto; solitamente la perdita di
coscienza è di breve durata e la persona si riprende spontaneamente, ma vi possono essere delle
complicanze che portano ad arresto cardio-respiratorio.
CAUSE
Malattie cardio-vascolari (es. alterazione del ritmo cardiaco)
In seguito a gravi ipovolemie
Diabete scompensato
Folgorazione
SEGNI E SINTOMI
Incoscienza
Pallore e sudorazione profusa
Polso e respiro alterati
COSA FARE
Iniziare le manovre del BLS
Controllare e trattare eventuali traumi e ferite conseguenti alla caduta
COSA NON FARE
Somministrare farmaci
Dare schiaffi
Introdurre sostanze nel cavo orale
Mettere in posizione semiseduta o eretta
Autore Catarsi Fulvio 55
L'APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO
Il cuore e i vasi sanguigni formano un complesso sistema di spinta e trasporto del sangue (nutrimento)
a tutti gli organi e tessuti del corpo, in un ciclo continuo di andata e ritorno.
È un vero e proprio sistema idraulico costituito da una pompa (cuore) che agisce contraendosi
ritmicamente e da tubi (arterie e vene) che si diramano in tutto il corpo diventando man mano sempre
più sottili (capillari).
Nell’uomo e nei mammiferi la circolazione è doppia e completa.
La circolazione è DOPPIA quanto è suddivisa in:
- piccola circolazione (o polmonare) - collega il cuore ai polmoni ed ha lo scopo di “ripulire” il
sangue dall’anidride carbonica e rifornirlo di ossigeno e metterlo a disposizione della grande
circolazione
- grande circolazione (o sistemica) - collega il cuore a tutti i tessuti del corpo dove trasporta il sangue
carico di ossigeno (sangue arterioso) e ritorna al cuore col sangue carico di anidride carbonica
(sangue venoso) che poi viene reimmesso nella piccola circolazione per dare vita a un nuovo ciclo.
La circolazione è anche detta COMPLETA in quanto il sangue arterioso (trasportato dalle arterie) e
il sangue venoso (trasportato dalle vene) non si mescolano mai, ma si caratterizzano per una continuità
di flusso che da arterioso diventa venoso dopo il passaggio nei capillari periferici che irrorano i tessuti
e da dove riprende il percorso verso il cuore.
Il CUORE è situato nel torace, tra i due polmoni e il diaframma. Lo avvolgono 3 diverse membrane
chiamate endocardio, miocardio e pericardio in relazione alla loro posizione più interna, intermedia o
più esterna.
È un vero e proprio muscolo della grandezza di un pugno, cavo all’interno e suddiviso in 4 camere: 2
atri (sinistro e destro) e 2 ventricoli (sinistro e destro).
Approssimativamente il peso del cuore è di circa 300 grammi nell'uomo e 265 nella donna. La capacità
globale è di circa 560 centimetri cubi.
Mentre atrio e ventricolo dello stesso lato comunicano tra di loro attraverso una valvola (tricuspide a
destra e bicuspide a sinistra), l’atrio e il ventricolo del lato destro sono separati dall’atrio e ventricolo
del lato sinistro rispettivamente dal setto interatriale e dal setto interventricolare. Il setto, nella sua
totalità, viene definito setto atrioventricolare.
Sezione trasversale del cuore
Autore Catarsi Fulvio 56
La parte destra (atrio e ventricolo destro) viene anche definita cuore venoso in quanto raccoglie il
sangue che proviene dalla periferia e che torna carico di anidride carbonica, mentre la parte sinistra
(atrio e ventricolo sinistro) si definisce cuore arterioso in quanto il sangue è quello carico di ossigeno
che proviene dai polmoni per essere reimmesso in circolo.
Le valvole agiscono in modo che, chiudendosi, il flusso di sangue proveniente dagli atri non possa
tornare indietro durante la contrazione dei ventricoli.
Il meccanismo che mantiene attiva la circolazione è un alternarsi ritmico del ciclo cardiaco, ciclo che
nell’uomo ha una frequenza di circa 68-72 volte al minuto. Negli sportivi praticanti si riduce anche
notevolmente.
Il CICLO CARDIACO contempla una sequenza di eventi che avviene nell’arco di un battito cardiaco,
battito che mediamente ha la durata di 0,8 secondi.
1) Rilasciamento: gli atri si riempiono di sangue (venoso l’atrio destro e arterioso quello sinistro)
2) Riempimento: aumenta la pressione degli atri, le valvole cardiache si aprono e iniziano a
riempirsi i ventricoli
3) Diastasi: gli atri e i ventricoli sono pieni e il flusso di sangue agli atri diminuisce e si interrompe
4) Sistole atriale: si contraggono gli atri mentre i ventricoli sono pieni e distesi
5) Contrazione: si contraggono i ventricoli (sistole ventricolare) e aumenta la pressione al loro
interno. Le valvole si chiudono
6) Efflusso: continua la contrazione dei ventricoli e continua ad aumentare la pressione al loro
interno. Si aprono le valvole semilunari di accesso all’arteria polmonare (sangue venoso) e
all’arteria aorta (sangue arterioso). Il sangue viene spinto all'interno di ambedue.
Principali arterie del corpo umano Principali vene del corpo umano
Autore Catarsi Fulvio 57
Lo STIMOLO CHE GENERA LA CONTRAZIONE è di natura elettrica e si origina
involontariamente dai centri di controllo posti nell’encefalo e nel midollo spinale. Viene trasportato
attraverso le vie efferenti parasimpatiche e simpatiche.
Il sistema simpatico, partendo dal centro cardio-acceleratore posto nel bulbo, trasmette in maniera
costante impulsi nervosi che tendono ad esaltare la frequenza delle contrazione, la forza e l’eccitabilità.
Il sistema parasimpatico, partendo dal centro cardio-inibitore posto nel bulbo, tende ad equilibrare gli
eccessi del simpatico.
All’interno del cuore gli impulsi vengono scaricati da un vero e proprio pacemaker che è il nodo del
seno atriale, posto in alto dell’atrio destro in prossimità del setto interatriale. L’eccitamento si propaga
sulla muscolatura degli atri che si contraggono iniziando da quello destro. Il nodo atrio-ventricolare,
posto in alto del ventricolo destro in prossimità della valvola tricuspide, raccoglie l’impulso e lo
distribuisce a tutti e due i ventricoli grazie alla rete nervosa denominata fascio di His. Questo percorre
ambedue i lati del setto interventricolare e, grazie alle sue diramazioni al disotto dell’endocardio, lo
trasmette alla rete del Purkinje. I ventricoli si contraggono simultaneamente.
Propagazione del battito cardiaco
ARTERIE: vasi sanguigni che, partendo dal cuore, trasportano ossigeno e sostanze nutritive a tutti i
tessuti corporei
CAPILLARI: rete periferica di collegamento tra le arterie e le vene; deputati alla diffusione delle
sostanze nutritive e dell’ossigeno alle cellule, permettono l'assorbimento dell’anidride carbonica e delle
sostanze di rifiuto
DIASTOLE: periodo di rilassamento cardiaco
FREQUENZA CARDIACA: frequenza delle sistoli in un minuto
GITTATA CARDIACA: quantità di sangue espulsa in un minuto. E’ pertanto il prodotto del numero
di battiti in un minuto per il volume unitario. Nell’esercizio fisico si può raggiungere anche una gittata
intorno ai 30 litri al minuto e questo anche perché il sangue viene espulso completamente, al contrario
di quanto avviene a riposo dove il sangue viene espulso per circa il 50%. Inoltre aumenta vistosamente
anche la frequenza cardiaca.
Autore Catarsi Fulvio 58
SANGUE: fluido che contiene disciolti materiali nutritivi, sostanze protettrici e regolatrici delle
funzioni vitali, gas respirati, prodotti di rifiuto del metabolismo cellulare. Il sangue presenta le seguenti
caratteristiche:
- peso totale: circa il 7,7 del peso corporeo totale
- pH: tra 7,3 e 7,4
Il plasma ne costituisce circa il 55% e in percentuale contiene:
- acqua per il 90%
- plasma proteine (siero albumina, siero globulina e fibrinogeno), per circa il 7%
- minerali vari come cloro, sodio, potassio, calcio, ferro, iodio ecc., per circa lo 0,9%
- sostanze organiche deputate alla nutrizione cellulare (aminoacidi, glucosio, grassi ecc.) e
sostanze organiche di rifiuto prodotte dal metabolismo cellulare (acido urico, urea, creatina,
creatinina., ammoniaca ecc.)
- gas respirati come l’ossigeno e l’anidride carbonica.
Le cellule costituiscono circa il 45% del sangue. Tra queste si evidenziano i globuli rossi, i globuli
bianchi e le piastrine.
SISTOLE: periodo di contrazione cardiaca
VENE: vasi sanguigni che dalla periferia trasportano il sangue al cuore; contengono sangue carico di
anidride carbonica e sostanze di rifiuto del metabolismo cellulare
VOLUME SISTOLICO: volume di sangue espulso in una singola sistole
(a) Breve glossario
LA PRESSIONE DEL SANGUE: COS'È E COME SI MISURA
La pressione del sangue sulle arterie è determinata dalla “pompa” cardiaca durante la fase di
contrazione (sistole, ove la pressione arteriosa è massima) e rilasciamento (diastole e relativa pressione
arteriosa minima) del muscolo cardiaco.
Circa un adulto su cinque risulta con valori pressori fuori della norma.
L’andamento giornaliero della pressione non è costante. I valori sono massimi durante la mattinata,
scendono nel primo pomeriggio, risalgono la sera e si abbassano di nuovo durante la notte,
raggiungendo i valori minimi nella prime ore del mattino.
Gli apparecchi di misurazione sono molteplici, ma il più affidabile rimane sempre il manometro
classico (sfigmomanometro) con la misurazione data dalla colonnina di mercurio graduata.
La posizione seduta è la più utilizzata, ma la rilevazione viene fatta anche dalla stazione eretta o da
quella supina, che è quella consigliata. Ovviamente i valori pressori, nelle tre diverse posizioni,
daranno indici leggermente diversi.
Autore Catarsi Fulvio 59
La misurazione della pressione avviene nel modo seguente (Figura):
arrotolare il manicotto (una vera e propria camera d’aria gonfiabile) intorno al braccio disteso,
posto all’altezza del cuore, facendo attenzione a lasciare libera la piega del gomito, zona di
passaggio dell’arteria omerale
applicare la membrana del fonendoscopio (stetoscopio) sulla piega del gomito e, nel contempo,
porre l’indice e il medio sul polso nella zona dove si percepisce il polso radiale (arteria radiale).
Ovviamente quest’ultima operazione può essere fatta solo se una seconda persona ci misura la
pressione. Se ci si misura la pressione da soli, fare in modo che la membrana del fonendoscopio
rimanga bloccata tra il manicotto e la piega del gomito
riempire d’aria il manicotto fino a portare la colonnina di mercurio ad un valore superiore a quello
dato al momento in cui, gonfiando, scompaiono i toni cardiaci (di almeno 30 millimetri) e il polso
radiale
sgonfiare lentamente il manicotto. La pressione massima corrisponde alla cifra raggiunta dalla
colonnina di mercurio nel momento della ricomparsa dei toni arteriosi
proseguire nel lento sgonfiamento del manicotto. La pressione minima è data dalla cifra raggiunta
dal momento in cui scompaiono i toni arteriosi.
Il braccio e l’avambraccio vanno mantenuti sempre rilassati.
È buona norma eseguire almeno due/tre rilevazioni di seguito distanziate di circa tre minuti, quindi fare
la media dei valori rilevati.
Misurazione della pressione sanguigna
Autore Catarsi Fulvio 60
Valutazione dei valori della pressione del sangue
VALUTAZIONE MASSIMA
(sistolica)
MINIMA
(diastolica)
Ottimale
Normale
Superiore alla norma
120
120-129
130-139
80
80-84
85-89
Fascia di confine ipertensione
Ipertensione lieve
Ipertensione moderata
Ipertensione severa
140-160
140-180
oltre 180
oltre 180
90-95
90-105
105-115
oltre 115
Valori normali della pressione del sangue ed età
ETÀ MASSIMA
(sistolica)
MINIMA
(diastolica)
Sotto i 18 anni
Tra i 18-50 anni
Dopo i 50 anni
120
140
140-145
80
85
90
Autore Catarsi Fulvio 61
ANGINA
DEFINIZIONE
Temporanea costrizione dei vasi coronarici (spasmi), in seguito a sclerosi delle arterie coronarie. Lo
spasmo si risolve rapidamente, l’ischemia è di breve durata e non provoca necrosi ai tessuti.
ATTENZIONE ! Se il dolore si prolunga nel
tempo, si tratta di un infarto
CAUSE
Fumo
Obesità
Ipercolesterolemia
Diabete
Pregresso infarto
Ipertensione
Familiarità
Stress
SEGNI E SINTOMI
Dolore precordiale costrittivo
Senso di oppressione toracica con difficoltà respiratoria
Pallore e ansia
COSA FARE
Chiamare il 118
Posizionare il soggetto seduto ed immobile
Se il soggetto ne è in possesso, somministrare un vasodilatatore coronario: es. una compressa di
trinitrina sotto la lingua o un puff di natispray sublinguale
Creare intorno al soggetto un ambiente tranquillo
COSA NON FARE
Somministrare farmaci
Somministrare liquidi o cibi solidi
Far fare degli sforzi al soggetto
Autore Catarsi Fulvio 62
INFARTO DEL MIOCARDIO
DEFINIZIONE
In seguito ad uno spasmo prolungato o per un’ostruzione (trombosi) di un ramo delle arterie coronarie,
si ha un’ischemia prolungata in una zona del cuore, con conseguente morte delle cellule (necrosi)
nell’area colpita.
CAUSE
Fumo
Obesità
Ipercolesterolemia
Diabete
Angina pectoris
Ipertensione
Familiarità
Stress
SEGNI E SINTOMI
Dolore al petto costrittivo e prolungato
Il dolore può essere confuso con disturbi digestivi: ”peso allo stomaco”
Pallore, dispnea, sudorazione fredda
Ansia
COSA FARE
Chiamare il 118
Tenere a riposo assoluto il soggetto
Far scegliere al paziente la posizione meno dolorosa, meglio semi-seduto, per facilitare la
respirazione
Creare intorno al soggetto un ambiente tranquillo
In caso di perdita di coscienza: BLS
COSA NON FARE
Somministrare farmaci
Somministrare liquidi o cibi solidi
Far fare degli sforzi al soggetto
Utilizzare la posizione antishock poiché il ritorno del sangue arterioso al cuore aumenterebbe
solamente il lavoro cardiaco, senza alcun apporto di sangue ossigenato
Autore Catarsi Fulvio 63
REAZIONI ALLERGICHE
DEFINIZIONE
Una reazione allergica è la conseguenza dell’introduzione nell’organismo di una sostanza estranea.
CAUSE
Alimentari
Animali (gatto, insetti, acari, ...)
Farmaci
Vegetali (polline, graminacee)
Sostanze ambientali (metalli vari, polveri, solventi, …)
SEGNI E SINTOMI
Eritemi Sudorazione profusa
Prurito Dispnea
Edemi Agitazione psicomotoria
COSA FARE
Se il soggetto è cosciente cercare di individuare la causa (chiedergli cosa ha mangiato, quali
sostanze ha inalato, con cosa è venuto a contatto ecc.)
Chiamare il 118
Allontanare tutte le persone dalla zona “inquinata”
Aerare il locale
Far togliere al soggetto gli indumenti contaminati
Se possibile conservare un campione della sostanza allergenica e relativa scheda informativa
fornita dalla casa produttrice
Lavare la zona contaminata con acqua corrente
In caso di dispnea e shock trattare il paziente come indicato nelle specifiche sezioni
COSA NON FARE
Somministrare farmaci
Applicare sulla parte interessata unguenti o pomate
Indurre il vomito
Autore Catarsi Fulvio 64
SHOCK
DEFINIZIONE
Insieme di gravi sintomi che compaiono quando l’organismo riceve un grave insulto; in tempi più o
meno brevi si ha una caduta della pressione arteriosa con conseguente diminuzione del flusso di sangue
ai tessuti, che entrano in stato di sofferenza.
L’organo che più risente dell’insufficienza respiratoria è il cervello, che può andare incontro a danni
irreparabili.
SHOCK IPOVOLEMICO
In seguito a diminuzione della massa circolante dovuta a: emorragie, ustioni, disidratazione grave per
diarrea, vomito, …
SHOCK DISTRIBUTIVO
Il volume dei liquidi è invariato, si dilatano i vasi. Es.: shock neurogeno, in seguito a trauma, scossa del
sistema nervoso che provoca un rilassamento delle pareti vasali e di conseguenza ne aumenta il calibro,
shock settico, shock anafilattico. L’organismo reagisce all’introduzione di una sostanza estranea
(farmaci, sieri, punture d’insetti, …), crea una dilatazione dei vasi
SHOCK OSTRUTTIVO
Tamponamento cardiaco, dissecazione aortica, embolia, pneumotorace iperteso
SHOCK CARDIOGENO
Può essere causato da una concomitante ischemia, da una grave aritmia, da una contusione miocardia o
complicare uno stato di shock già preesistente (ad esempio uno shock emorragico)
N.B. - Possono portare allo shock:
gravi emorragie, ustioni
ferite, fratture importanti
contusioni estese, perforazioni organi interni
intossicazioni
IMA
RICORDA !
In caso di politrauma vi è sempre rischio di shock
Autore Catarsi Fulvio 65
SEGNI E SINTOMI
Pallore intenso
Cianosi periferica
Cute fredda ed umida
Sudorazione fredda con brividi
Polso debole e frequente
Respiro superficiale ed affannoso
Alterazione dello stato di coscienza
N.B. - L’infortunato cosciente può essere sovraeccitato, oppure apatico, torpido; questi sintomi non
sempre si instaurano immediatamente: possono comparire a distanza !
Il soccorritore non dimentichi che lo shock è uno stato gravo e progressivamente può evolversi fino a
diventare irreversibile
COSA FARE
Chiamare il 118
Rimuovere (quando possibile) ogni causa (es.: bloccare un’emorragia)
Slacciare ciò che stringe
Mettere la vittima in posizione antishock
Somministrare ossigeno
COSA NON FARE
Coprire eccessivamente il soggetto
Somministrare al soggetto alcolici, caffè, acqua e zucchero, …
Applicare fonti di calore (borse d’acqua calda)
Autore Catarsi Fulvio 66
INTOSSICAZIONI
DEFINIZIONE
L’intossicazione è un danno arrecato all’organismo da una qualsiasi sostanza chimica (detta appunto
sostanza tossica).
CAUSE
Sostanze tossiche ingerite (sostanze chimiche di uso domestico, composti industriali, medicinali,
cibi impropriamente preparati, vegetali, prodotti petroliferi, prodotti agricoli)
Sostanze tossiche inalate sotto forma di gas, vapori, spray (monossido di carbonio, ammoniaca,
cloro, insetticidi, gas prodotti dalle sostanze chimiche, liquidi volatili)
Sostanze tossiche assorbite (sostanze corrosive o irritanti la cute come insetticidi, sostanze
chimiche agricole)
Sostanze tossiche iniettate (inoculazione di veleni da parte di insetti, ragni, serpenti, pesci ecc.;
inoculazione tramite ago di farmaco tossico o sostanza chimica caustica; penetrazione di sostanze
caustiche, acide, solventi in ferite aperte)
SEGNI E SINTOMI
I sintomi possono essere singoli o associati
SOSTANZE TOSSICHE INGERITE
Ustioni o macchie intorno alla bocca
Odori insoliti dell’alito, del corpo, sugli abiti, sul luogo dell’incidente
Frequenza cardiaca e respirazione anormale
Dolori alla bocca, alla gola o deglutizione dolorosa
Dolori addominali, nausea, vomito, diarrea
Convulsioni
Stato di shock
SOSTANZE TOSSICHE INALATE
Vertigini
Tosse, respiro superficiale
Alterazione della frequenza cardiaca
Irritazione della congiuntiva, delle mucose, della cute
Cefalea, nausea, vomito
Perdita di coscienza o disturbi comportamentali
Autore Catarsi Fulvio 67
IN CASO DI MONOSSIDO DI CARBONIO
Emicrania
Vertigini
Dispnea
Nausea
Cianosi
Perdita di coscienza (casi gravi)
SOSTANZE TOSSICHE ASSORBITE
Reazioni
Prurito
Irritazione congiuntivale
Cefalea
Aumento temperatura cutanea
Frequenza cardiaca e respiratoria alterate
SOSTANZE TOSSICHE INIETTATE
Stato di coscienza alterato
Segni evidenti di punture o morsi sulla pelle
Segni di perforazione
Cute arrossata a chiazze
Dolore, prurito, intorpidimento localizzato
Gonfiore o presenza di vescicole nel punto dell’iniezione
Astenia e lipotimia
Frequenza cardiaca o respiratoria alterate
Cefalea, vertigini, nausea, vomito
Dolori muscolari e/o articolari
Salivazione e sudorazione abbondante
Shock anafilattico
IN CASO DI MORSO DI SERPENTE
Presenza di morso sulla cute
Dolore e gonfiore nell’area del morso
Agitazione, sete, dolori muscolari ed articolari, vomito, diarrea, shock (sintomi non immediati)
Autore Catarsi Fulvio 68
COSA FARE
In base alla gravità chiamare il 118
Verificare di essere in zona di sicurezza ed evitare di sottoporsi all’azione di agenti tossici (è il
caso, per esempio, di sostanze tossiche inalate); ricercare fonti d’intossicazione (recipienti,
contenitori rotti, odori particolari, segni di fuoco, di fumo, insetti, animali); valutare il numero di
soggetti potenzialmente coinvolti
Allontanare il soggetto dalla fonte di veleno; evitare di toccare, senza protezione, abiti o monili
contaminati
Valutare ABC (controllare eventuale presenza di ustioni nel cavo orale o se l’alito odora di
prodotti a base di petrolio)
Eventuale BLS associato (in caso di sostanza tossica ingerita verificare eventuale persistenza
della sostanza tossica sulle labbra o nelle vie respiratorie del soggetto)
Rimuovere abiti o monili contaminati; in caso di sostanze tossiche assorbite sciacquare con acqua
le zone del corpo che sono state esposte alla sostanza tossica
In caso di sostanze ingerite conservare l’eventuale vomito
In caso di morso o di puntura di animali velenosi:
- tenere immobilizzata la parte colpita
- tenere a riposo il soggetto
COSA NON FARE
In caso di puntura di ape o vespa non estrarre il pungiglione o il sacco di veleno (potrebbe essere
iniettata un’altra dose di veleno)
Non incidere il morso di un serpente, ne succhiare o spremere il veleno
Non applicare ghiaccio sull’area colpita (necrosi cutanea)
Non indurre il vomito in caso d’ingestione come acidi forti, alcali, prodotti del petrolio
(detergenti per pulizia forno, detergenti per lavaggio a secco, detergenti per wc, lisciva,
ammoniaca, candeggina, cherosene, benzina), poiché si aggraverebbe il danno all’esofago e ai
tessuti con il rischio di aspirazione dei polmoni
Autore Catarsi Fulvio 69
Prehospital Trauma Life Support
DINAMICA DEL TRAUMA
Le linee guida adottate in questo testo sono assoggettabili a quelle del PHTLS, che senza ombra di
dubbio sono attualmente tra le più attendibili nella valutazione del trauma extraospedaliero.
OBIETTIVI
Definire il ruolo della velocità nella dinamica del trauma
Descrivere i tipi di impatto ed i loro effetti sulle vittime
Non sottovalutare gli infortunati, determinando le possibili lesioni in relazione al danno del
veicolo
Spesso gli infortuni sono sottovalutati perché non si conosce l’importanza dell’energia cinetica.
Occorre quindi valutare le seguenti condizioni e, in presenza di una di esse, sopravvalutare le possibili
lesioni dell’infortunato:
INCIDENTE CON AUTOMEZZO
1. Velocità sostenuta del veicolo
2. Assenza di frenata
3. Gravi danni ai veicoli
4. Assenza dei mezzi di protezione individuale del lavoratore
5. Vittima espulsa dall’abitacolo del proprio mezzo
6. Decessi tra i componenti dell’equipaggio dei mezzi interessati
CADUTE DALL’ALTO
1. Il corpo è caduto da un’altezza di almeno 3 metri?
2. Il tipo di superficie di impatto può peggiorare l’entità dei danni?
3. E’ importante inoltre capire quale parte del corpo ha urtato per prima la superficie d’impatto; è
evidente, per esempio, che chi urta per prima cosa la testa va considerato più grave di chi urta
inizialmente altre parti del corpo
ATTENZIONE! La velocità aumenta nella caduta.
Le vittime pesanti generalmente hanno lesioni più importanti
Autore Catarsi Fulvio 70
CENNI DI ANATOMIA
LO SCHELETRO Il sistema scheletrico è costituito dalle ossa e dalle articolazioni; in un soggetto adulto, si contano in
media 208 ossa.
Le ossa
Costituiscono lo scheletro l'insieme delle strutture ossee del corpo aventi funzione di sostegno e di
protezione dei tessuti molli.
Le ossa, grazie alla connessione con il sistema muscolare, funzionano da leve consentendo il
movimento.
ESTERNAMENTE LE OSSA SI DISTINGUONO IN (Figura):
- ossa lunghe: se la lunghezza prevale sulle altre dimensioni
- ossa piatte o larghe: se la larghezza e la lunghezza prevalgono sullo spessore
- ossa brevi: se le tre dimensioni sono pressoché uguali.
Delle ossa lunghe viene convenzionalmente definita diafisi o corpo la parte principale ed epifisi le due
parti estreme (Figura).
La definizione di creste, linee, spine, tuberosità, bozze viene utilizzata per definire le varie sporgenze
che un osso presenta. Il termine apofisi, spesso utilizzato per sostituire tutti quelli precedenti, dovrebbe
essere riferito a sporgenze particolarmente voluminose e marcate.
Le cavità presenti nelle ossa possono essere articolari e non, a seconda se fanno parte o meno di
un'articolazione. Le cavità non articolari possono offrire inserzione ai tendini oppure accogliere organi
o rendere l'osso più leggero senza diminuirne la resistenza.
La CONFORMAZIONE INTERNA DELLE OSSA presenta tre tipi di tessuto osseo (Figura):
- tessuto osseo compatto: risultante dalla
sovrapposizione di numerose lamelle ossee
- tessuto osseo spugnoso: costituito da tante
piccole cavità, delimitate dall'intreccio di lamelle
ossee
- tessuto osseo reticolare: simile al precedente ma
con cavità maggiori.
L'osso è una struttura dinamica in continua
trasformazione, infatti è provvisto di vasi arteriosi
e venosi, vasi linfatici e nervi.
Autore Catarsi Fulvio 71
In relazione alla loro DISPOSIZIONE SCHELETRICA le ossa costituiscono (Figura pag.
successiva):
TESTA: situata superiormente al collo e articolata mediante l’osso occipitale alla prima vertebra
cervicale (atlante) si suddivide in:
- neurocranio - parte superiore e posteriore costituita da otto ossa, quattro impari (frontale,
etmoide, sfenoide, occipitale) e due pari (temporali e parietali)
- splancnocrani - parte anteriore costituita da quattordici ossa, due impari (mandibola e vomere)
e sei pari (mascellari superiori, zigomatiche, lacrimali, cornetti inferiori, nasali, palatine)
TRONCO formato da:
- colonna vertebrale: insieme delle vertebre incolonnate lungo la linea mediana posteriore tra il
capo ed il bacino. La colonna vertebrale si suddivide in segmenti relativi alla regione del corpo
che attraversano e cioè:
tratto cervicale (collo), composto da 7 vertebre (le prime due sono l'atlante e l'epistrofeo)
tratto dorsale (dorso, composto da 12 vertebre
tratto lombare (lombi), composto da 5 vertebre
tratto sacrale (sacro), composto da 5 vertebre
tratto coccigeo (coccige), composto da 4-5 vertebre. Sia le vertebre sacrali sia le vertebre
coccigee sono saldate tra di loro
- ossa del cinto toracico: collegamento tra l’arto superiore ed il tronco. È formato da:
clavicola - osso pari e appiattito articolato tra la parte alta dello sterno e l’acromion della
scapola
scapola - osso piatto e triangolare situato nella regione superiore laterale del dorso. Nel suo
angolo esterno si articola con l’omero e con la clavicola, rispettivamente con la cavità
glenoidea e l’acromion
- gabbia toracica: insieme delle ossa che costituiscono lo scheletro della regione toracica e
dorsale. È costituita dalle vertebre dorsali, dalle costole e dallo sterno (osso impari simmetrico
costituente la parte anteriore della gabbia toracica. Su di esso si di articolano le clavicole e le
costole)
- bacino: complesso osseo, formato dalle due ossa iliache e dall’osso sacro, su cui si articolano
gli arti inferiori e la colonna vertebrale. La parte inferiore dell’osso iliaco viene denominata
pube
ARTI SUPERIORI, comprendenti:
- omero - osso lungo costituente la parte scheletrica del braccio. Si articola tra la cavità glenoidea
della scapola e l’una e radio dell’avambraccio
- radio - osso lungo che, insieme all’ulna, costituisce la parte scheletrica dell’avambraccio. Si
articola tra l’omero, l’ulna ed il carpo
- ulna - osso lungo che, insieme al radio, costituisce lo scheletro dell’avambraccio. Si articola sul
radio e tra l’omero ed il carpo
- carpo - regione della mano compresa tra l’articolazione del polso ed il metacarpo. Si compone
di otto ossa: scafoide, semilunare, piramidale, piriforme, trapezio, trapezoide, grande osso e
uncinato
- metacarpo - regione della mano che congiunge il carpo alle falangi. Dal punto di vista
scheletrico è composta da cinque ossa
Autore Catarsi Fulvio 72
- falangi - segmenti ossei che compongono le dita della mano. Sono tre per ogni dito,
rispettivamente falange, falangina e falangetta. Fa eccezione il pollice che ne ha due
ARTI INFERIORI, comprendenti:
- femore - osso lungo della coscia che si articola tra osso iliaco, tibia e rotula
- rotula - osso piatto della regione anteriore del ginocchio
- tibia - osso lungo che, insieme al perone, costituisce la parte scheletrica della gamba. Si articola
tra femore e rotula (ginocchio) e perone e astragalo (caviglia)
- perone - osso lungo che insieme alla tibia costituisce la parte scheletrica della gamba. Situato
esternamente alla tibia, si articola tra la parte superiore di questa e l’astragalo del piede
- tarso - regione del piede compresa tra l’articolazione della caviglia e il metatarso. Si compone
di sette ossa: astragalo (situato nella regione del calcagno, articolato superiormente con la tibia),
Autore Catarsi Fulvio 73
calcagno (situato nell’estremità postero-inferiore del piede. Si articola con l’astragalo ed il
cuboide. Forma la protuberanza del tallone), scafoide, cuboide e le tre ossa cuneiformi
- metatarso - regione del piede che congiunge il tarso alle falangi. Dal punto di vista scheletrico
è composto da cinque ossa
- falangi - segmenti ossei che compongono le dita del piede. Sono tre per ogni dito,
rispettivamente falange, falangina e falangetta. Fa eccezione l’alluce che ne ha due
Le articolazioni
Le articolazioni costituiscono il sistema di connessione tra due o più segmenti ossei.
Nell'esame di una articolazione vanno presi in considerazione le superfici articolari e i mezzi di
connessione.
I MEZZI DI CONNESSIONE tra le articolazioni sono (Figura):
- la capsula articolare, manicotto di tessuto connettivo denso,
che si inserisce tra i segmenti ossei in connessione rivestendo
completamente l'articolazione
- i legamenti, cordoni fibrosi che uniscono un capo osseo con
l'altro. Sono molto resistenti e possono situarsi all'interno o
all'esterno della capsula articolare
- i tendini dei muscoli che si inseriscono in stretta vicinanza
della rima articolare di un osso, insieme alla capsula
articolare ed ai legamenti, permettendo all'articolazione una
maggiore stabilità
- le cartilagini articolari, generalmente cartilagine ialina o
fibrosa, rivestono le superfici articolari. In alcune
articolazioni si frappone anche un disco cartilagineo (es.:
articolazione del ginocchio). La cartilagine articolare è
soffice, compressibile, estensibile e deformabile. Inoltre tende
a riacquistare sempre il suo spessore di riposo
- la membrana sinoviale secerne un liquido vischioso che ha
lo scopo di facilitare lo scorrimento tra le due superfici a
contatto
STRUTTURA SCHEMATICA
DI UN’ARTICOLAZIONE
Autore Catarsi Fulvio 74
Le ARTICOLAZIONI DEL CORPO
UMANO sono (Figura):
articolazioni del busto:
- articolazioni del capo (occipito-
atlantoidea ed atlanto-epistrofea)
- articolazioni della colonna
vertebrale (intervertebrali)
- articolazioni vertebro-costali
- articolazioni costo-sternali
articolazioni degli arti superiori:
- complesso articolare della spalla
(sterno-clavicolare, acromio-
clavicolare e scapolo-omerale)
- articolazione del gomito (omero-
radio-ulnare superiore)
- articolazione del polso (radio-
carpica e radio-ulnare inferiore)
- articolazioni della mano
articolazioni degli arti inferiori:
- articolazione dell'anca (coxo-
femorale)
- articolazione del ginocchio
(femoro-rotuleo-tibiale)
- articolazione della caviglia (tibio-
tarsica e peroneo-tibiale inferiore)
- articolazioni del piede
I muscoli
I muscoli scheletrici sono gli organi che, tenendo insieme e muovendo i segmenti del corpo,
permettono il movimento. Il fatto che il corpo è costituito da circa il 50% di muscoli, ci fa capire
l'importanza dell'apparato muscolare e del movimento.
La contrazione, quindi l'avvicinamento dei capi di inserzione, muove i segmenti del corpo in varie
direzioni tra di loro e rispetto all'ambiente circostante.
La forza espressa dai muscoli consente anche di spostare e sollevare carichi esterni.
Autore Catarsi Fulvio 75
EMERGENZE TRAUMATOLOGICHE
IL POLITRAUMA
NELL’EMERGENZA TERRITORIALE
Politraumatizzato: paziente con più lesioni di cui una o più sufficientemente gravi da comportare
una minaccia evidente o latente alla sopravvivenza.
E’ necessario nel paziente politraumatizzato agire rapidamente ed efficacemente in condizioni
logistiche spesso difficili. Questo obbliga, quindi, ad utilizzare fin dall’inizio schemi mentali
diagnostici e terapeutici "a cascata". E’ bene dunque puntualizzare alcune metodologie di approccio al
paziente politraumatizzato nelle prime fasi di intervento sanitario (fase preospedaliera) per favorire la
scomparsa dei tempi morti e le giuste scelte terapeutiche derivanti sempre da una diagnostica
estremamente corretta.
E’ diventata consuetudine tra gli esperti di trauma parlare di "GOLDEN HOUR" per le vittime di
importanti traumatismi. Tale definizione deriva dall’osservazione che i pazienti gravemente feriti, se
riescono a raggiungere la sala operatoria in un arco di tempo inferiore o uguale ad un’ora, hanno una
migliore prognosi, hanno cioè una più alta probabilità di sopravvivenza; per questo nella " GOLDEN
HOUR" ogni minuto è prezioso. I tempi di risposta alla chiamata devono quindi essere rapidi,
l’equipaggiamento deve essere preparato prima dell’arrivo sulla scena e ogni azione che si va a
compiere sul luogo dell’incidente deve avere uno scopo salva-vita.
La gestione extra-ospedaliera del politrauma si articola in 5 fasi :
controllo della scena
osservazione clinica primaria
osservazione secondaria
trasporto
consegna del paziente al reparto di accoglienza (118)
CONTROLLO DELLA SCENA
a) Protezione Sul luogo dell’incidente bisogna innanzitutto proteggere se stessi e la propria équipe nonché
l’infortunato e gli astanti osservando:
se ci sono feriti al margine della strada
se c’è presenza di fumo
eventuali tralicci o pali dell’alta tensione caduti
cavi elettrici interrotti
odori caratteristici
Autore Catarsi Fulvio 76
b) Mezzi coinvolti
c) Dinamica dell’incidente
impatto violento
caduta 5 metri
grave deformazione del veicolo
eiezione del paziente dall’abitacolo
morte di un passeggero nel veicolo
ribaltamento
pedone o motociclista contro veicolo
intrappolamento
E’ necessario comunicare lo scenario alla Centrale Operativa 118 per l’eventuale
invio di mezzi di soccorso.
OSSERVAZIONE CLINICA PRIMARIA
Nella valutazione primaria bisogna identificare i pazienti in pericolo di vita, se non gestiti
immediatamente, e verificare quindi i cosiddetti interventi critici da effettuare direttamente sulla scena.
Per facilitare la memorizzazione dei passi da compiere sono state prese le prime 5 lettere dell’alfabeto:
A Airway
B Breathing
C Circulation
D Disability (breve esame neurologico)
E Exposure
A AIRWAY (VIE AEREE)
Ricercare ed eliminare subito tutte quelle condizioni che ostruiscono le vie aeree (sangue, vomito o
secrezioni) ripristinandone la pervietà nella maniera adeguata.
Ispezionare manualmente le cavità aeree superiori alla ricerca di possibili corpi estranei quali denti
fratturati o avulsi, chewingum o protesi delle arcate dentali.
Se il paziente è incosciente occorre utilizzare una cannula oro-faringea per mantenere le vie aeree
pervie.
Ogni paziente con una ferita al di sopra della clavicola ed ogni paziente incosciente in seguito ad
un trauma deve essere trattato come se avesse subìto un trauma al rachide cervicale fino a prova
contraria.
Al paziente incosciente va sempre posizionato il collare cervicale e comunque nelle manovre di
valutazione delle vie aeree il collo va mantenuto in posizione neutra (sublussazione della
mandibola).
Autore Catarsi Fulvio 77
B BREATHING (RESPIRO)
In questa fase si valutano: presenza, frequenza e profondità del respiro; si osserva il collo per
evidenziare eventuali deviazioni dell’asse tracheale ed infine si osserva il torace per evidenziare ferite,
deformità, segmenti mobili ed instabilità della gabbia toracica (volet costale); infine si ausculta il MV
bilateralmente, evidenziando inoltre la presenza di un PNX aperto e di un PNX iperteso.
Una volta terminata l’ispezione del torace si procede alla somministrazione di ossigeno.
OSSIGENOTERAPIA Ossigeno al 40-50% con presidi tipo VENTIMASK. E’ difficile stabilire in fase pre-ospedaliera la
necessità di ossigenoterapia. Comunque, per un breve periodo di tempo, la somministrazione di O2 a
flussi elevati non ha controindicazioni e deve avvenire per tutti i pazienti.
PRIORITA’ DI 1° LIVELLO (PRIORITA’ AB ) Esame clinico dell’ossigenazione e della ventilazione e manovre di stabilizzazione respiratoria.
Se sono presenti segni di ostruzione della via aerea o segni di inadeguata ventilazione occorre eseguire
le manovre di controllo della via aerea e della ventilazione. Le manovre di primo livello devono essere
patrimonio di chiunque presti soccorso ad un traumatizzato. L’intubazione tracheale è sicuramente la
metodica di controllo più adeguata e definitiva, ma anche l’esecuzione corretta delle sole manovre di
base può garantire una ventilazione sufficiente per lunghi periodi di tempo.
C CIRCULATION (CIRCOLO)
In questa fase si valutano i polsi periferici e centrali, si effettua il controllo delle emorragie esterne e si
evidenzia un eventuale stato di shock. La valutazione del polso può fornirci il valore approssimativo
della pressione sistolica :
polso carotideo 60 mmHg
polso femorale 70 mmHg
polso radiale 80 mmHg
Prima di controllare la pressione arteriosa è importante valutare il pallore e le caratteristiche del
polso.
L’immobilizzazione e la trazione di una frattura di femore è il miglior mezzo per ridurre una
emorragia.
PRIORITÀ DI 1° LIVELLO ( PRIORITA’ C) Patogenesi ed evoluzione dello shock nel politraumatizzato.
Lo shock è una condizione di ipoperfusione critica dei vari organi; nel trauma è nella maggioranza dei
casi conseguente ad una ipovolemia. Più lo shock è prolungato e più è a rischio la sopravvivenza
immediata.
Autore Catarsi Fulvio 78
PROTOCOLLO DI TRATTAMENTO DELLO SHOCK NEL POLITRAUMA
Riconoscimento Lo shock va riconosciuto sulla base dell’aumento della frequenza cardiaca, della diminuzione della
pressione sistolica, della diminuzione della pressione differenziale, dell’aumento della frequenza
respiratoria e delle alterazioni dello stato mentale.
Sequenza delle azioni
- Controllo delle emorragie esterne mediante compressione esterna
- Prevenzione dell’ipotermia. Per riscaldare il paziente vengono usate le coperte termiche
(metalline)
D DISABILITY (BREVE ESAME NEUROLOGICO)
Con questo esame si valuta il diametro delle pupille, il riflesso fotomotore ed il livello di coscienza del
paziente attraverso la scala AVPU che analizza lo stato di allerta del paziente (ricorda il suo nome, è
vigile, orientato), la sua risposta agli stimoli vocali e dolorosi e la mancanza di risposta a qualsiasi tipo
di stimolo:
A Alert
V Responds to vocal stimuli
P Responds only to painful stimuli
U Unresponsive to any stimuli
A V
VVAALLUUTTAAZZIIOONNEE SSTTAATTOO MMEENNTTAALLEE
P U
Autore Catarsi Fulvio 79
RISPOSTE MOTORIE ANOMALE
Posture afinalistiche
Una riduzione del livello di coscienza può essere segno di ipossiemia e richiede un’immediata
ossigenazione del paziente.
E EXPOSURE
Per completare la valutazione del malato si procede al taglio completo dei vestiti.
NEI PAZIENTI CRITICI VANNO ESEGUITE LE MANOVRE DI
RIANIMAZIONE STRETTAMENTE NECESSARIE ! ! !
OSSERVAZIONE SECONDARIA E TRASPORTO
Nel paziente critico l’osservazione clinica secondaria va svolta durante il trasporto verso l’ospedale;
negli altri pazienti va effettuata sul luogo dell’incidente. In questa fase si analizzeranno tutte le regioni
del corpo e si evidenzieranno le eventuali complicanze.
Capo: fratture infossate, scalpi, lacerazioni, perdita di liquido cerebro-spinale dal naso o
dall’orecchio, trauma maxillo-facciale (palpare le ossa del volto, la stabilità della mandibola)
Occhi: ferite penetranti, acuità visiva, valutazione delle pupille
Bocca: corpi estranei, perdita o avulsione di denti, vomito, sangue, secrezioni, malocclusione della
mandibola
Collo: ferite, enfisema sottocutaneo, deviazione della trachea, distensione delle giugulari
Torace: ferite aperte, stabilità della clavicola e della parete, eguaglianza dei suoni dei due
emitoraci.
Addome: segni di contusione, segni da cintura di sicurezza, eviscerazioni, ferite, distensione,
rigidità
Glasgow Coma Scale
DDeecceerreebbrraazziioonnee ((eesstteennssiioonnee ppaattoollooggiiccaa)) DDeeccoorrttiiccaazziioonnee ((fflleessssiioonnee ppaattoollooggiiccaa))
Autore Catarsi Fulvio 80
ATTENZIONE!
In caso di eviscerazione coprire con telini o garze sterili,
non riposizionare niente nell’addome
Pelvi: stabilità. In caso di fratture pelviche provvedere all’immobilizzazione (barella a cucchiaio,
asse spinale)
Colonna: ferite aperte
Estremità: rigonfiamenti, ecchimosi, temperatura polsi, deformità
Il paziente politraumatizzato va trattato come se avesse fratture e quindi, in ogni caso, va
immobilizzato e, se il paziente è intrappolato all’interno di un veicolo, va estratto dalla macchina con
l’estricatore-KED a meno che non si ravvedano dei pericoli immediati per il paziente (situazione
ambientale pericolosa, macchina in fiamme ecc., imminente pericolo di vita, arresto respiratorio o
cardio-respiratorio, paziente incosciente): in questi casi va effettuata la estricazione veloce.
E’ di vitale importanza acquisire informazioni circa la modalità e la dinamica del traumatismo: esse
daranno indicazioni fondamentali sulle lesioni da ricercare. Qualunque dato anamnestico contribuisce
al corretto trattamento del paziente. E’ bene conoscere se il paziente ha in anamnesi storie di allergie a
farmaci, se è in trattamento, ad esempio, con terapie che possono modificare la sua risposta al trauma
(anticoagulanti - bloccanti), così come è importante conoscere le malattie contratte in passato o gli
interventi chirurgici subiti in precedenza.
Si ricorda che, per facilitare la raccolta dei dati, viene utilizzato l’acronimo AMPLE:
A allergie
M medicamenti (quali farmaci assume il paziente)
P past medical history (anamnesi patologica remota – eventuale gravidanza)
L last meal (ultima assunzione di cibo)
E events (dinamica dell’incidente)
ATTENZIONE!
La valutazione del malato va ripetuta continuamente
CONSEGNA DEL PAZIENTE AL REPARTO DI ACCOGLIENZA
Passaggio di consegne al collega che assisterà il paziente durante il trasferimento
Trasferimento del paziente per il trattamento definitivo
Autore Catarsi Fulvio 81
LUSSAZIONE E FRATTURA DEGLI ARTI
LESIONI OSSEE E ARTICOLARI
Le strutture del sistema scheletro-muscolare sono soggette a:
frattura chiusa (frattura semplice, senza che l’osso fratturato provochi lacerazioni cutanee)
esposta (quando l’estremità dell’osso fratturato o i frammenti ossei trapassano la cute)
scomposta (lesione di un osso che comporta uno spostamento dei monconi ossei)
lussazione
quando l’estremità di un osso che fa parte di un’articolazione viene a trovarsi
fuori dalla sua sede naturale; ci possono essere danni ai vasi sanguigni, ai nervi,
alla capsula articolare…
distorsione
lesione dell’articolazione nella quale i legamenti vengono strappati in modo
parziale e non vi è interessamento osseo
Autore Catarsi Fulvio 82
SEGNI E SINTOMI
Storia di trauma
Dolore ed impossibilità di movimento del segmento scheletrico interessato
Deformazione dell’arto interessato rispetto alla parte corrispondente sul lato opposto (tipico
delle lussazioni)
Dolenza alla palpazione
Perdita di sensibilità (possibile lesione ai nervi)
Esposizione del moncone osseo
LA DIAGNOSI CERTA DI FRATTURA O LUSSAZIONE SI PUO’ DETERMINARE SOLO CON GLI
ESAMI RADIOLOGICI
COSA FARE
Chiamare il 118
Assistenza globale al soggetto: ABC
Priorità dei traumi:
1 - traumi colonna vertebrale
2 - traumi cranici-toraco-addominali
3 - traumi agli arti (togliere anelli, bracciali … dall’arto infortunato)
Rimuovere o tagliare il vestiario intorno alla lesione
Immobilizzare la parte secondo gli schemi dei casi specifici
Arrestare eventuali emorragie esterne
Medicazione in caso di ferite esposte
Posizionare borsa del ghiaccio
COSA NON FARE
Cercare di ridurre la frattura/lussazione
Muovere il soggetto prima di aver immobilizzato la parte lesionata
Tentare di allineare l’arto quando vi è una certa resistenza
Muovere un soggetto quando vi sia il sospetto di lesione alla colonna
COSA OCCORRE
L’occorrente per medicazioni
Bende
Stecche (vanno bene materiali di fortuna: assi di legno, cartone rigido, manici di scopa,
foulard…)
Ghiaccio
Autore Catarsi Fulvio 83
TRATTAMENTO LUSSAZIONI E FRATTURE AGLI ARTI
Dopo aver valutatole priorità, in caso di trauma, trattare sempre come se ci fosse una lesione.
Le ossa sono strutture di sostegno; quando si rompono la funzione di supporto viene a mancare e quindi
si devono prevenire ulteriori danni.
LA STECCA
Qualsiasi mezzo utilizzato per immobilizzare una frattura o una lussazione
Deve tener fermo sia l’osso lesionato sia l’articolazione superiore ed inferiore della componente
ossea interessata
Assicurarsi che la stecca rigida sia provvista di imbottitura
Fissare la stecca all’arto avvolgendo una benda (iniziare sempre dal lato distale)
Non comprimere eccessivamente e successivamente controllare la presenza di polso distale
Se possibile sollevare l’arto immobilizzato
Posizionare borsa del ghiaccio
Autore Catarsi Fulvio 84
IMMOBILIZZAZIONE DELLE FRATTURE
Nel caso di fratture, prima del trasporto bisogna procedere
all'immobilizzazione della parte. La cosa migliore è attendere
l'intervento dei soccorsi qualificati dotati di apposite attrezzature
medicali, come le steccobende, i collari rigidi, le barelle a
cucchiaio, il materassino a depressione e via dicendo.
Se questo non è possibile bisogna improvvisare delle
immobilizzazioni con mezzi di fortuna.
Bisogna sempre ricordare che in caso di frattura, la parte deve
essere tenuta in trazione. In
questo modo si evita che i
monconi possano
danneggiare i tessuti. Inoltre
l'infortunato ne trae
solitamente un sollievo e una
diminuzione del dolore.
Fratture degli arti Nel caso di una sospetta
frattura di un arto si può
cercare di steccarlo, con delle stecche di legno o comunque dei
sostegni rigidi, avvolti in stracci, giornali, indumenti, e
successivamente, bendati e fasciati. Nel caso di frattura di una gamba, in mancanza di meglio, si può usare
l'arto sano come sostegno.
ATTENZIONE: spesso, se la frattura coinvolge un'articolazione, l'arto può essere deformato o
piegato. In tal caso per immobilizzarlo è necessario raddrizzarlo. Questa operazione è sconsigliabile
per chi non è un esperto soccorritore. Tuttavia, se è indispensabile, bisogna ricordare che lo
spostamento deve avvenire sempre in trazione, allontanando tra loro i monconi.
Fratture alla colonna vertebrale L'immobilità dell'infortunato è fondamentale. Se viene leso il midollo spinale, si va incontro a un danno
irreversibile, che può portare alla paralisi o alla morte.
Il trasporto richiede alcune attrezzature apposite e un soccorso qualificato. In casi di estrema urgenza
(incendio, fughe di gas), l'infortunato può essere trasportato da almeno 3 soccorritori, meglio se in 5. Prima
del trasporto si deve mettere in trazione il paziente. La mano sotto la testa deve tirare verso l'esterno
mentre bisogna che anche i piedi siano tirati in direzione opposta. Le mani dei soccorritori devono poi
scivolare sotto le gambe, i glutei e la schiena, molto aperte e tese, a formare un piano rigido. I soccorritori
devono essere coordinati e sollevare il paziente contemporaneamente, mantenendone il corpo sempre
perfettamente in asse e allineato. Successivamente l'infortunato va posto su un piano rigido e legato e
immobilizzato, prima del trasporto.
Autore Catarsi Fulvio 85
TRAUMA CRANICO
DEFINIZIONE
Le lesioni craniche includono le fratture del cranio e della faccia, con possibile lesione diretta o
indiretta del cervello.
SEGNI E SINTOMI
Mal di testa, fino a malessere generale
Perdita di coscienza per breve tempo
Perdita di memoria (amnesia) riguardo ad eventi immediatamente precedenti e successivi al
trauma
Deformazione del cranio, con possibili ferite
Diminuzione della frequenza cardiaca
Diametro pupillare diseguale (anisocoria)
Confusione e agitazione psico-motoria
Emorragia dalle orecchie e/o dal naso
Presenza di liquido limpido dalle orecchie e/o dal naso (liquido cerebrospinale: sostanza che
circonda il cervello e il midollo spinale)
Alterazione di respiro fino all’apnea
Visione disturbata
Disequilibrio
Vomito senza nausea
Paralisi
COSA FARE
Allertare il 118
Annotare cause, tempo di incoscienza…
Assicurare ABC
Mettere il soggetto a riposo
Arrestare eventuali emorragie
Controllare i parametri vitali
COSA NON FARE
Somministrare farmaci, liquidi, sostanze zuccherate…
Palpare il sito colpito
Confondere il soggetto con trauma cranico come in stato di ebbrezza o accusarlo di aver fatto
uso di sostanze stupefacenti
Spostare il soggetto
Mettere il soggetto in posizione semiseduta o eretta
Autore Catarsi Fulvio 86
LE FRATTURE FACCIALI, dovute a violento impatto, possono passare inosservate o produrre
lesioni deformanti al volto
SEGNI E SINTOMI
Sangue nelle vie respiratorie
Deformazioni facciali: occhi neri o variazione del colore sotto gli occhi, mascella gonfia…
Allineamento scorretto dei denti
Denti ciondolanti o caduti
COSA FARE
Allertare 118
Immobilizzare la colonna cervicale
Assicurare ABC
Controllo parametri vitali
Ghiaccio
COSA NON FARE
Somministrare farmaci, liquidi , sostanze zuccherate…
Movimenti bruschi
Autore Catarsi Fulvio 87
TRAUMA COLONNA VERTEBRALE
DEFINIZIONE
E’ sempre necessario considerare la possibilità di lesioni alla colonna vertebrale quando si riscontrano
gravi lesioni al corpo.
Le lesioni della colonna comprendono:
fratture con o senza spostamento osseo
lussazioni
distorsioni
lesione dei dischi tra cui schiacciamento
E’ possibile che la lesione alla colonna vertebrale non provochi danni al midollo spinale oppure, nei
casi più gravi, può causare paralisi o addirittura morte del soggetto.
SEGNI E SINTOMI
Dinamica della lesione
Possibile dolore nella zona compresa fra la testa e le natiche
Iperestesia (ipersensibilità agli stimoli tattili-dolorosi)
Respirazione compromessa
Paralisi flaccida immediata, con perdita della sensibilità
e dei riflessi agli arti inferiori e/o superiori
Perdita involontaria del controllo degli sfinteri
Grave shock
COSA FARE
Allertare il 118
Immobilizzare manualmente testa e collo
Assicurare ABC
Rassicurare il soggetto
Allontanare i curiosi e operare sempre in condizioni di
sicurezza
COSA NON FARE
Somministrare farmaci, liquidi, sostanze zuccherate…
Spostare o muovere il soggetto (attendere l’arrivo del personale sanitario)
Autore Catarsi Fulvio 88
TRAUMA TORACO-ADDOMINALE
DEFINIZIONE
Le lesioni toraciche-addominali possono interessare, oltre alla struttura toracica, anche cuore, polmoni,
stomaco, grandi vasi sanguigni, organi addominali…
Le lesioni toraciche-addominali possono essere:
APERTE (ad esempio quando vi è un corpo contundente penetrato nel torace)
CHIUSE (in seguito a contusione, schiacciamento…)
SEGNI E SINTOMI
Dinamica della lesione
Dolore in corrispondenza del punto leso
Respirazione dolorosa e difficoltosa
Segni di shock
Tosse con emissione di sangue rosso vivo
La parete toracica non si espande e non si contrae normalmente
Addome contratto ed ipersensibile
Lacerazioni evidenti o ferite penetranti nel torace e/o sull’addome
COSA FARE
Allertare il 118
Assicurare ABC
Tamponare eventuali emorragie, tamponare ferite
Vedi trattamento dello shock
COSA NON FARE
Somministrare farmaci, liquidi, sostanze zuccherate…
Far alzare il soggetto
Rimuovere eventuali corpi estranei penetranti
Autore Catarsi Fulvio 89
USTIONI
DEFINIZIONE
Le ustioni sono lesioni dei tessuti provocate dell’azione del calore.
CAUSE
TERMICHE (fiamme, radiazioni, calore eccessivo da fuoco, vapore, liquidi bollenti, oggetti che
scottano)
CHIMICHE (sostanze acide, basiche, caustiche)
ELETTRICHE (corrente alternata e continua, fulmini)
LUMINOSE (fonti di luce intensa, luce ultravioletta )
RADIOATTIVE (fonti nucleari )
SEGNI E SINTOMI
USTIONI DI 1° GRADO (interessamento della sola epidermide): arrossamento cutaneo, dolore
localizzato
USTIONI DI 2° GRADO (interessamento dell’epidermide e del 2° strato della cute):
arrossamento notevole, dolore intenso, comparsa di vescicole , pelle chiazzata
USTIONI DI 3° GRADO (interessamento di tutti gli strati della cute): presenza di aree
carbonizzate scure o bianche e secche, dolore intenso o sua assenza se danneggiati i nervi
VALUTAZIONE DELLE USTIONI SEGNI E SINTOMI
Le ustioni sono da considerare gravi quando:
sono ustioni di 1° grado che coinvolgono più del 75% della superficie corporea
sono ustioni di 2° e 3° grado
superiori del 10% in soggetti inferiori ai 10 anni o sopra i 50 anni di età
superiori al 20% in tutti altri gruppi di età
ustioni al volto, alle mani, ai piedi o al perineo
sono ustioni elettriche
sono ustioni chimiche
vi è presenza di lesioni o trauma associati
sono associate importanti patologie preesistenti (diabete, serie cardiopatie, vasculopatie ecc.)
N.B. - Un modo pratico e veloce per valutare l’estensione di un’ustione è la “regola del palmo
della mano”. Il palmo della mano equivale circa all’1% della superficie corporea: è pertanto
possibile rapportare il palmo della mano dell’ustionato all’entità della lesione per valutarne
l’estensione.
Autore Catarsi Fulvio 90
COSA FARE
In base alla gravità chiamare il 118
Assicurarsi di trovarsi in zona di sicurezza
Seguire i seguenti comportamenti in base al tipo di ustione
USTIONE TERMICA
A) Se fuoco: bagnare, soffocare le fiamme
Se sostanze semi solide (grasso, catrame, cera): raffreddare con acqua
B) Valutazione ABC (un’eventuale visione delle vie aeree è data dalla presenza di depositi di
fuliggine, peli del naso bruciacchiati, ustioni sul volto)
C) Eventuale BLS associato
D) Rimuovere abiti, anelli, gioielli
E) Avvolgere con medicazione pulita/sterile
- UMIDA se lesione inferiore al 9%
- ASCIUTTA se superiore al 9% o ustione grave :
ELETTRICITA’
A) Eliminare la fonte di elettricità utilizzando materiale non conduttivo
B) Valutazione ABC
C) Eventuale BLS
D) Rimuovere abiti, anelli, gioielli
E) Medicazioni pulite/sterili su ustione
SOSTANZE CHIMICHE
A) Rimuovere la sostanza chimica con acqua corrente (getto abbondante, ma non violento). La
calce va spazzolata e non sciacquata
B) Valutazione ABC (porre attenzione alla possibile inalazione di vapori se il soggetto è stato
esposto ad una sostanza caustica )
C) Eventuale BLS associato
D) Rimuovere abiti, anelli, gioielli
E) Medicazioni pulite/sterili su ustioni
F) Informarsi e comunicare la sostanza o la miscela responsabili
MATERIALI PERICOLOSI/RADIAZIONI
A) Attenersi scrupolosamente alle procedure anti-infortunistiche impartite (segnalare al 118
eventuali identificativi presenti)
B) Intervenire in assenza di pericolo
C) Valutazione ABC
D) Eventuale BLS associato
E) Rimuovere abiti, anelli, gioielli
F) Medicazioni pulite/sterili su ustione
N.B. - Le lesioni ed i traumi associati (ferite, fratture, emorragie) sono valutati e/o tengono conto
dell’ABC e vanno pertanto trattati indipendentemente dall’ustione.
Autore Catarsi Fulvio 91
COSA NON FARE
Non eliminare i tessuti cutanei devitalizzati
Non porre ghiaccio sull’ustione
Non applicare unguenti, spray o burro
Non rimuovere sostanze semisolide come grasso, catrame, cera
Non sciacquare la calce secca
Non ricorrere ad agenti neutralizzanti come l’aceto o il bicarbonato di sodio in caso di ustioni
chimiche
Autore Catarsi Fulvio 92
FERITE
DEFINIZIONE
La ferita è una lesione di continuo della cute cioè una lesione che provoca la rottura della cute
esponendo i tessuti sottostanti.
CAUSE
Lesione superficiale della cute (escoriazione)
Tagli netti (ferite da taglio o incisione)
Impatti violenti o oggetti contundenti che provocano lacerazione della cute (ferite
lacero/contuse)
Lesione che attraversa la cute e distrugge i tessuti sottostanti
Ferita da punta o da perforazione
Penetrante
Trapassante (foro di entrata e di uscita)
Strappo o asportazione di lembi cutanei (avulsione)
Lesione traumatica con asportazione di parte del corpo (amputazione)
Estesa lesione addominale con fuoriuscita di organi (eviscerazione)
SEGNI E SINTOMI
ESCORIAZIONE
Si presenta sotto forma di sfregamenti o graffi di solito interessanti ginocchia e gomiti.
La perdita di sangue, se presente, è minima.
FERITA DA TAGLIO
I margini della cute tagliata sono netti. Se la ferita è profonda possono essere compromessi vasi
sanguigni e nervi
FERITA LACERO CONTUSA
La lesione ha margini frastagliati e irregolari. I tessuti sono strappati con comparsa di uno squarcio
di dimensioni variabili con margini molto irregolari. Può essere associata discreta emorragia
FERITA DA PERFORAZIONE
Si nota il segno lasciato da oggetti appuntiti come chiodi, punteruoli o trapassanti come proiettili di
arma da fuoco
AVULSIONE
Segni di asportazione di tutti gli strati cutanei senza interessamento della struttura ossea. Sono
avulsioni lo strappo della punta del naso e della parte esterna dell’orecchio
AMPUTAZIONE
Autore Catarsi Fulvio 93
Riferita generalmente all’amputazione traumatica parziale o totale di un arto o di un suo segmento.
Possono essere presenti lembi di pelle frastagliata e spuntoni ossei
EVISCERAZIONE
Presenza all’esterno di organi addominali. Si accompagna a stato di shock
COSA FARE
In base alla gravità chiamare il 118
Valutazione ABC
Eventuale BLS associato
Indossare dispositivi di protezione per evitare di entrare in contatto con sangue o liquidi
corporei
Esporre la ferita liberandola da indumenti
Proteggere la ferita con medicazioni sterile o, in ogni caso, pulita. La medicazione deve coprire
tutta la superficie della ferita e le zone circostanti. I margini della medicazione devono essere
chiusi per evitare inquinamenti o il rischio di rimanere impigliati
Arrestare l’eventuale emorragia
Prima di trattare la ferita, considerare un possibile politrauma associato, soprattutto per non
aggravare eventuali lesioni spinali o fratture presenti
Le ferite da arma da fuoco sono ferite da perforazione che possono fratturare ossa e causare
estese lesioni agli organi. La gravità della ferita non può essere determinata dal calibro della
pallottola o dal punto di entrata o di uscita. Tutte le ferite da arma da fuoco devono pertanto
essere considerate gravi. In caso di ferita da arma da fuoco non alterare lo scenario
Le parti avulse o amputate vanno sistemate in contenitori sterili o avvolte in garze sterili; vanno
conservate al freddo
COSA NON FARE
Non rimuovere mai una medicazione applicata per non rischiare di riavviare l’emorragia. Se
l’emorragia continua, aggiungere nuove medicazioni su quelle precedenti
In caso di lesioni agli arti non coprire, se possibile, la punta delle dita delle mani e dei piedi per
permettere di osservare eventuali alterazioni di colore
In caso di ferite importanti, non cercare di togliere i vestiti come in condizioni normali per
evitare di causare ulteriori danni (utilizzare forbici)
Non rimuovere corpi estranei dalla ferita
Non chiudere le ferite con strisce di cerotti o cerotti a farfalla
Non rimuovere oggetti conficcati (unica eccezione: oggetti conficcati nella guancia, qualora sia
possibile)
Non immergere mai una parte avulsa o amputata in liquidi
In caso di eviscerazione non toccare ne cercare di riposizionare l’organo fuoriuscito
Non allargare i bordi di una ferita lacero-contusa nel tentativo di ispezionare l’interno
Nel caso di lesioni al cuoio capelluto, non comprimere la ferita nel tentativo di arrestare
l’emorragia (possibile presenza di fratture craniche)
Autore Catarsi Fulvio 94
EMORRAGIE ESTERNE
DEFINIZIONE
L’emorragia esterna è una perdita di sangue al di fuori dell’organismo.
CAUSE
Lesioni o traumi che producono soluzioni di continuo della cute.
EMORRAGIA ARTERIOSA - Fuoriuscita di sangue da un’arteria generalmente rapida e
copiosa. Il sangue, solitamente rosso vivo, fuoriesce a fiotti
EMORRAGIA VENOSA - Fuoriuscita di sangue generalmente a flusso costante ed abbondante.
Il colore è rosso scuro
EMORRAGIA CAPILLARE - Perdita di sangue dal letto capillare. Il flusso di fuoriuscita è
lento, il colore è rosso vivo, ma meno vivo di quello arterioso
SEGNI E SINTOMI
Una grave perdita di sangue mette a rischio la sopravvivenza del soggetto; è sufficiente una perdita del
25-40% del volume ematico totale. La perdita rapida di un litro di sangue da parte di un adulto è una
condizione rischiosa, come un quarto o mezzo litro per un bambino e 24 cc per il neonato.
I segni più importanti sono quelli che si verificano in caso di rilevante perdita ematica e sono quelli
dello shock (frequenza cardiaca rapida, cute fredda, pressione arteriosa bassa, ansia, irrequietezza)
COSA FARE
In base alla gravità chiamare il 118
Valutazione ABC
Eventuale BLS associato
Valutare lo scenario; presenza di pozze di sangue o oggetti intrisi
Ricordarsi di indossare dispositivi di protezione per evitare di entrare in contatto con il sangue o
con i liquidi corporei
Arrestare l’emorragia: il metodo più semplice e percentualmente più risolutivo è la pressione
diretta in corrispondenza della ferita
COSA NON FARE
Non rimuovere mai una medicazione applicata (rischio di nuove emorragie)
Non applicare mai un laccio emostatico se non come ultima risorsa, dopo aver valutato
l’inefficacia della pressione diretta. Deve essere utilizzato solo per le emorragie degli arti
Non applicare il laccio emostatico in corrispondenza del gomito o del ginocchio o
immediatamente sotto
Non utilizzare mai come laccio emostatico materiali con diametro limitato, corde o fili
metallici. Piuttosto una cravatta, una calza, una cintura larga
Non allentare ne rimuovere il laccio dopo averlo applicato
Autore Catarsi Fulvio 95
CORPI ESTRANEI
Vengono trattati i corpi estranei di pertinenza della testa e delle vie respiratorie. Per i corpi estranei in
altri distretti seguire le indicazioni contenute nella trattazione delle ferite.
DEFINIZIONE
I corpi estranei sono quelli “inclusi” di varia origine che possono essere presenti in qualsiasi distretto
dell’organismo.
CAUSE
Le più svariate: legate all’attività umana, all’azione di altri forme viventi, ad agenti fisici
SEGNI E SINTOMI
Dipendono dalla parte colpita:
sensazione di “corpo estraneo”
dolore
sanguinamento
dispnea, cianosi, arresto respiratorio (corpo estraneo nelle vie respiratorie)
COSA FARE
In base alla gravità chiamare il 118
Valutazione ABC
Eventuale BLS associato
CORPO ESTRANEO NELL’OCCHIO Irrigare l’occhio con acqua, facendola scorrere dall’angolo mediale a quello laterale. Assicurarsi
che il soggetto non sia portatore di lenti a contatto
CORPO ESTRANEO NEL NASO
Far soffiare il naso delicatamente, tenendo entrambe le narici aperte
Autore Catarsi Fulvio 96
CORPO ESTRANEO NELLA BOCCA E NELLE VIE RESPIRATORIE
E’ il caso di ostruzione meccanica dovuta a pezzi di cibo, ghiaccio, giocattoli, protesi dentarie,
denti rotti, bottoni, vomito o liquidi. Per le ostruzioni delle vie respiratorie superiori, a seconda
della gravità:
- far tossire il soggetto
- indossare i guanti
- visualizzare l’oggetto prima del tentativo di rimozione
- usare la tecnica idonea prima del tentativo di rimozione
- manovra di Heimlich (valutare la tecnica in base al grado di coscienza/incoscienza del
soggetto e all’età del soggetto)
COSA NON FARE
Non rimuovere mai un oggetto che si trova sulla cornea o conficcato nella palpebra
Non far soffiare il naso se presente emorragia
Non cercare di estrarre un oggetto che fuoriesce dal naso perché potrebbe esservi conficcato
Non cercare di effettuare una rimozione con le dita dal cavo orale se non è visibile il corpo
estraneo
Autore Catarsi Fulvio 97
LESIONI DA CALDO
DEFINIZIONE
Le lesioni da caldo sono lesioni causate dall’esposizione al calore eccessivo.
CAUSE
Le attività chimiche dell’organismo avvengono nell’ambito di variazione termiche limitate; non
possono verificarsi, cioè, con l’efficienza necessaria se la temperatura corporea è troppo alta o troppo
bassa. Anche gli stessi processi chimici corporei generano calore, tuttavia la temperatura e le altre
caratteristiche dell’ambiente possono determinare un aumento o una caduta della temperatura corporea.
Il calore che non serve per il mantenimento della temperatura corporea viene disperso tramite i polmoni
e la cute. Se la dispersione non avviene si crea una situazione di ipertermia
SEGNI E SINTOMI
CRAMPI DI CALORE La temperatura non è necessariamente superiore a quella “normale”. Il soggetto suda molto e beve
grandi quantità di acqua. Con la sudorazione vengono perduti i sali corporei e di conseguenza
compaiono i crampi. Questi, molto intensi (generalmente alle gambe e all’addome), si associano a
spossatezza e a volte a vertigini o lipotimia
COLLASSO DA CALORE
Si ha una perdita massiccia di liquidi e sali in conseguenza ad esposizione a calore eccessivo o a
sforzo eccessivo. Si presentano più frequentemente durante l’estate. Soggetti maggiormente
coinvolti: vigili del fuoco, muratori, operai portuali e coloro che lavorano all’interno di magazzini
scarsamente areati. La respirazione diventa rapida e superficiale, il polso debole, la pelle fredda e
appiccicosa, si ha debolezza generalizzata, vertigini fino a perdita di coscienza. Può evolvere nel
colpo di calore
COLPO DI CALORE
E’un’evenienza in cui l’organismo non riesce a disperdere il calore in eccesso: è un’urgenza vera.
Possono essere colpiti tutti i soggetti che fanno sforzi in ambienti caldi, gli anziani che vivono in
ambienti scarsamente ventilati, i bambini lasciati in automobile con i vetri chiusi. La respirazione
da profonda diventa superficiale, il polso da rapido e piano a rapido e debole, la cute è secca e
molto calda, le pupille sono dilatate, si ha perdita di coscienza; sono possibili crisi convulsive o
spasmi muscolari
Autore Catarsi Fulvio 98
COSA FARE
CRAMPI DA CALORE
Spostare il soggetto in un luogo fresco
Valutazione ABC e, se necessario, allertare il 118
Somministrare liquidi (soggetto cosciente)
Massaggiare i muscoli colpiti da crampi per diminuire il dolore
Applicare impacchi umidi sulla testa e sui muscoli colpiti dai crampi
COLLASSO DA CALORE Allertare il 118
Spostare il soggetto in luogo fresco
Valutazione ABC
Eventuale BLS associato
Mantenere il soggetto a riposo
Togliere parte dei vestiti
Somministrare liquidi (soggetto cosciente)
Verificare lesioni associate
COLPO DI CALORE
Allertare il 118
Valutazione ABC
Eventuale BLS associato
Raffreddare rapidamente il soggetto: allontanarlo dal sole o dalla fonte di calore, togliere gli
abiti, disporre ghiaccio avvolto in panni sotto le ascelle, sotto le ginocchia, sull’inguine, sui
polsi, sulle caviglie e ai lati del collo del soggetto
COSA NON FARE Sottovalutare gli episodi causati da eccesso di calore
Autore Catarsi Fulvio 99
LESIONI DA FREDDO
DEFINIZIONE
Le lesioni da freddo sono lesioni causate dall’esposizione a freddo eccessivo.
CAUSE
Se l’ambiente è troppo freddo, il calore corporeo viene ceduto più velocemente di quanto venga
generato. Il corpo tenta di adattarsi alla situazione riducendo il numero delle respirazioni, l’entità della
traspirazione e limitando la circolazione sanguigna superficiale. L’attività muscolare aumenta
provocando i brividi nel tentativo di generare una quantità maggiore di calore. All’interno del corpo, i
cibi utilizzati come carburante vengono metabolizzati più velocemente per produrre più calore. A un
certo punto non vi sarà una quantità sufficiente di calore in tutte le zone del corpo, e questo fatto
provocherà dapprima danni ai tessuti e infine la cessazione delle funzioni corporee vitali.
SEGNI E SINTOMI
CONGELAMENTO
E’ un raffreddamento localizzato. Le zone più colpite sono le orecchie, il naso, le mani, i piedi. Può
essere:
INIZIALE - Il danneggiamento dei tessuti è lieve. La superficie cutanea e i tessuti sotto la
pelle si presentano morbidi, la pelle è inizialmente rossa e poi bianca
SUPERFICIALE - Sono interessati la cute e gli strati sottocutanei (è una progressione del
congelamento iniziale non curato). La superficie cutanea è rigida, i tessuti sotto la pelle sono
morbidi, la pelle è bianca e cerea
PROFONDO - Colpiti cute, strati sottocutanei e strutture profonde
IPOTERMIA
E’ un raffreddamento generale, conosciuto anche come assideramento. Può essere:
LIEVE: brividi, eventuale intorpidimento o leggera sonnolenza
GRAVE: respirazione e polso rallentati, deficit visivi, difficoltà di coordinazione dei
movimenti e sonnolenza
MOLTO GRAVE: perdita di conoscenza, assenza di segni vitali rilevabili, corpo molto
freddo al tatto, possibile congelamento di alcune parti del corpo
GELONI
Sono lesioni che insorgono in seguito a esposizioni ripetute e prolungate della cute non
adeguatamente protetta a temperatura di 15 °C o inferiori. Il soggetto accusa calore, sensibilità
pronunciata e prurito. Le zone sono arrossate e rigonfie. I geloni sono cronici
PIEDE DA TRINCEA
Autore Catarsi Fulvio 100
È detto anche piede da immersione. È una condizione patologica che si sviluppa quando le gambe
restano nell’acqua fredda per un periodo prolungato. L’arto si presenta gonfio, pallido e freddo. Il
soggetto può accusare insensibilità
COSA FARE
CONGELAMENTO INIZIALE
Allontanare il soggetto dall’ambiente freddo
Scaldare la zona colpita
CONGELAMENTO SUPERFICIALE E PROFONDO
Allertare il 118
Valutazione ABC
Eventuale BLS associato
Togliere indumenti umidi sostituendoli con asciutti o coperte
Mantenere il soggetto in luogo caldo e a riposo
Mantenere il capo più basso rispetto ai piedi
Solo nell’ipotermia lieve è possibile riscaldare il soggetto, ma lentamente
GELONI
Non esiste cura d’urgenza
PIEDE DA TRINCEA
Togliere scarpe e calze bagnate
Riscaldare delicatamente l’estremità
Medicare fra le dita con garze pulite/sterili
Mantenere l’arto leggermente sollevato
Indirizzare il soggetto in Pronto Soccorso
COSA NON FARE
IN CASO DI CONGELAMENTO
Non permettere al soggetto di fumare
Non permettere al soggetto di assumere bevande alcoliche
Non sfregare mai una zona congelata utilizzando la neve
Non permettere al soggetto di camminare se la parte colpita è un arto inferiore
IN CASO DI IPOTERMIA
Non far deambulare il soggetto
Se ipotermia lieve non riscaldare il soggetto troppo velocemente
Non cercare mai di riscaldare un soggetto affetto da ipotermia grave
IN CASO DI PIEDE DA TRINCEA
Non rompere eventuali vesciche che possono essersi formate
DECRETO 15 LUGLIO 2003, N. 388 MINISTERO DELLA SALUTE
Autore Catarsi Fulvio 101
Regolamento recante disposizioni sul pronto soccorso aziendale,in attuazione dell'articolo 15,
comma 3, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni. Gazzetta
Ufficiale N. 27 del 3 Febbraio 2004
IL MINISTRO DELLA SALUTE, IL MINISTRO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE
SOCIALI, IL MINISTRO PER LA FUNZIONE PUBBLICA, IL MINISTRO DELLE
ATTIVITA' PRODUTTIVE
Visti gli articoli 12, comma 1, lettere b) e c) e l'articolo 15, comma 3 del decreto legislativo 19
settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, che demanda ai Ministri della sanita', del
lavoro e della previdenza sociale, della funzione pubblica e dell'industria, del commercio e
dell'artigianato, il compito di individuare le caratteristiche minime delle attrezzature di pronto
soccorso, i requisiti del personale addetto e la sua formazione, in relazione alla natura
dell'attivita', al numero dei lavoratori occupati e ai fattori di rischio;
Visto l'atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni per la determinazione dei livelli di
assistenza sanitaria di emergenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica del 27
marzo 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 76 del 31 marzo 1992;
Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400, ed in particolare l'articolo 17, commi 3 e 4;
Visto il decreto del Ministro della sanita' 15 maggio 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.
121 del 25 maggio 1992, concernente i criteri ed i requisiti per la codificazione degli interventi di
emergenza;
Visto il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni;
Visto l'atto di intesa tra Stato e Regioni recante l'approvazione delle
linee guida sul sistema di emergenza sanitaria dell'11 aprile 1996, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 114 del 17 maggio 1996;
Sentita la Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e l'igiene del
lavoro, di cui all'articolo 26 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626;
Acquisita l'intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e Bolzano;
Acquisito il parere del Consiglio superiore di sanita';
Udito il parere del Consiglio di Stato espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi
nell'adunanza del 26 marzo 2001;
Adottano il seguente regolamento:
Art. 1.
Classificazione delle aziende
1. Le aziende ovvero le unità produttive sono classificate, tenuto conto della tipologia di attività
svolta, del numero dei lavoratori occupati e dei fattori di rischio, in tre gruppi.
Gruppo A:
I) Aziende o unità produttive con attività industriali, soggette all'obbligo di dichiarazione o
notifica, di cui all'articolo 2, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, centrali
termoelettriche, impianti e laboratori nucleari di cui agli articoli 7, 28 e 33 del decreto legislativo
17 marzo 1995, n. 230, aziende estrattive ed altre attività minerarie definite dal decreto legislativo
25 novembre 1996, n. 624, lavori in sotterraneo di cui al decreto del Presidente della Repubblica
20 marzo 1956, n. 320, aziende per la fabbricazione di esplosivi, polveri e munizioni;
II) Aziende o unità produttive con oltre cinque lavoratori appartenenti o riconducibili ai gruppi
tariffari INAIL con indice infortunistico di inabilità permanente superiore a quattro, quali
desumibili dalle statistiche nazionali INAIL relative al triennio precedente ed aggiornate al 31
dicembre di ciascun anno. Le predette statistiche nazionali INAIL sono pubblicate nella Gazzetta
Ufficiale;
III) Aziende o unità produttive con oltre cinque lavoratori a tempo indeterminato del comparto
dell'agricoltura.
Autore Catarsi Fulvio 102
Gruppo B:
Aziende o unità produttive con tre o più lavoratori che non rientrano nel gruppo A.
Gruppo C:
Aziende o unità produttive con meno di tre lavoratori che non rientrano nel gruppo A.
2. Il datore di lavoro, sentito il medico competente, ove previsto, identifica la categoria di
appartenenza della propria azienda od unità produttiva e, solo nel caso appartenga al gruppo A,
la comunica all'Azienda Unità Sanitaria Locale competente sul territorio in cui si svolge l'attività
lavorativa, per la predisposizione degli interventi di emergenza del caso. Se l'azienda o unità
produttiva svolge attività lavorative comprese in gruppi diversi, il datore di lavoro deve riferirsi
all'attività con indice più elevato.
Art. 2.
Organizzazione di pronto soccorso
1. Nelle aziende o unità produttive di gruppo A e di gruppo B, il datore di lavoro deve garantire
le seguenti attrezzature:
a) cassetta di pronto soccorso, tenuta presso ciascun luogo di lavoro, adeguatamente custodita in
un luogo facilmente accessibile ed individuabile con segnaletica appropriata, contenente la
dotazione minima indicata nell'allegato 1, che fa parte del presente decreto, da integrare sulla
base dei rischi presenti nei luoghi di lavoro e su indicazione del medico competente, ove previsto,
e del sistema di emergenza sanitaria del Servizio Sanitario Nazionale, e della quale sia
costantemente assicurata, la completezza ed il corretto stato d'uso dei presidi ivi contenuti;
b) un mezzo di comunicazione idoneo ad attivare rapidamente il
sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale.
2. Nelle aziende o unità produttive di gruppo C, il datore di lavoro deve garantire le seguenti
attrezzature:
a) pacchetto di medicazione, tenuto presso ciascun luogo di lavoro, adeguatamente custodito e
facilmente individuabile, contenente la dotazione minima indicata nell'allegato 2, che fa parte del
presente decreto, da integrare sulla base dei rischi presenti nei luoghi di lavoro, della quale sia
costantemente assicurata, in collaborazione con il medico competente, ove previsto, la
completezza ed il corretto stato d'uso dei presidi ivi contenuti;
b) un mezzo di comunicazione idoneo ad attivare rapidamente il sistema di emergenza del
Servizio Sanitario Nazionale;
3. Il contenuto minimo della cassetta di pronto soccorso e del
pacchetto di medicazione, di cui agli allegati 1 e 2, e' aggiornato con decreto dei Ministri della
salute e del lavoro e delle politiche sociali tenendo conto dell'evoluzione tecnico-scientifica.
4. Nelle aziende o unità produttive di gruppo A, anche consorziate, il datore di lavoro, sentito il
medico competente, quando previsto, oltre alle attrezzature di cui al precedente comma 1, e'
tenuto a garantire il raccordo tra il sistema di pronto soccorso interno ed il sistema di emergenza
sanitaria di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 27 marzo 1992 e successive
modifiche.
5. Nelle aziende o unità produttive che hanno lavoratori che prestano la propria attività in luoghi
isolati, diversi dalla sede aziendale o unità produttiva, il datore di lavoro e' tenuto a fornire loro il
pacchetto di medicazione di cui all'allegato 2, che fa parte del presente decreto, ed un mezzo di
comunicazione idoneo per raccordarsi con l'azienda al fine di attivare rapidamente il sistema di
emergenza del Servizio Sanitario Nazionale.
Art. 3.
Requisiti e formazione degli addetti al pronto soccorso
1. Gli addetti al pronto soccorso, designati ai sensi dell'articolo 12, comma 1, lettera b), del
decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, sono formati con istruzione teorica e pratica per
Autore Catarsi Fulvio 103
l'attuazione delle misure di primo intervento interno e per l'attivazione degli interventi di pronto
soccorso.
2. La formazione dei lavoratori designati e' svolta da personale medico, in collaborazione, ove
possibile, con il sistema di emergenza del Servizio Sanitario Nazionale. Nello svolgimento della
parte pratica della formazione il medico può avvalersi della collaborazione di personale
infermieristico o di altro personale specializzato.
3. Per le aziende o unità produttive di gruppo A i contenuti e i tempi minimi del corso di
formazione sono riportati nell'allegato 3, che fa parte del presente decreto e devono prevedere
anche la trattazione dei rischi specifici dell'attività svolta.
4. Per le aziende o unità produttive di gruppo B e di gruppo C i contenuti ed i tempi minimi del
corso di formazione sono riportati nell'allegato 4, che fa parte del presente decreto.
5. Sono validi i corsi di formazione per gli addetti al pronto soccorso ultimati entro la data di
entrata in vigore del presente decreto. La formazione dei lavoratori designati andrà ripetuta con
cadenza triennale almeno per quanto attiene alla capacità di intervento pratico.
Art. 4.
Attrezzature minime per gli interventi di pronto soccorso
1. Il datore di lavoro, in collaborazione con il medico competente, ove previsto, sulla base dei
rischi specifici presenti nell'azienda o unita' produttiva, individua e rende disponibili le
attrezzature minime di equipaggiamento ed i dispositivi di protezione individuale per gli addetti
al primo intervento interno ed al pronto soccorso.
2. Le attrezzature ed i dispositivi di cui al comma 1 devono essere appropriati rispetto ai rischi
specifici connessi all'attivita' lavorativa dell'azienda e devono essere mantenuti in condizioni di
efficienza e di pronto impiego e custoditi in luogo idoneo e facilmente accessibile.
Art. 5.
Abrogazioni
Il decreto ministeriale del 2 luglio 1958 e' abrogato.
Art. 6.
Entrata in vigore
Il presente decreto entra in vigore sei mesi dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica italiana.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti
normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare come legge dello Stato.
Roma, 15 luglio 2003
Allegato I
CONTENUTO MINIMO DELLA CASSETTA DI PRONTO SOCCORSO Guanti sterili monouso (5 paia).
Visiera paraschizzi
Flacone di soluzione cutanea di iodopovidone al 10% di iodio da 1 litro (1).
Flaconi di soluzione fisiologica ( sodio cloruro - 0, 9%) da 500 ml (3).
Compresse di garza sterile 10 x 10 in buste singole (10).
Compresse di garza sterile 18 x 40 in buste singole (2).
Teli sterili monouso (2).
Pinzette da medicazione sterili monouso (2).
Confezione di rete elastica di misura media (1).
Confezione di cotone idrofilo (1).
Confezioni di cerotti di varie misure pronti all'uso (2).
Rotoli di cerotto alto cm. 2,5 (2).
Autore Catarsi Fulvio 104
Un paio di forbici.
Lacci emostatici (3).
Ghiaccio pronto uso (due confezioni).
Sacchetti monouso per la raccolta di rifiuti sanitari (2).
Termometro.
Apparecchio per la misurazione della pressione arteriosa.
Allegato II CONTENUTO MINIMO DEL PACCHETTO DI MEDICAZIONE
Guanti sterili monouso (2 paia).
Flacone di soluzione cutanea di iodopovidone al 10% di iodio da 125
ml (1).
Flacone di soluzione fisiologica (sodio cloruro 0,9%) da 250 ml (1).
Compresse di garza sterile 18 x 40 in buste singole (1).
Compresse di garza sterile 10 x 10 in buste singole (3).
Pinzette da medicazione sterili monouso (1).
Confezione di cotone idrofilo (1).
Confezione di cerotti di varie misure pronti all'uso (1).
Rotolo di cerotto alto cm 2,5 (1).
Rotolo di benda orlata alta cm 10 (1).
Un paio di forbici (1).
Un laccio emostatico (1).
Confezione di ghiaccio pronto uso (1).
Sacchetti monouso per la raccolta di rifiuti sanitari (1).
Istruzioni sul modo di usare i presidi suddetti e di prestare i primi
soccorsi in attesa del servizio di emergenza.
Allegato III OBIETTIVI DIDATTICI E CONTENUTI MINIMI DELLA FORMAZIONE DEI
LAVORATORI DESIGNATI AL PRONTO SOCCORSO PER LE AZIENDE DI
GRUPPO A
OBIETTIVI DIDATTICI PROGRAMMA,TEMPI. Prima giornata
MODULO A totale n. 6 ore
Allertare il sistema di soccorso
a) Cause e circostanze dell'infortunio (luogo dell'infortunio, numero delle persone coinvolte,
stato degli infortunati, ecc.);
b) comunicare le predette informazioni in maniera chiara e precisa ai servizi di assistenza
sanitaria di emergenza
Riconoscere un'emergenza sanitaria
1) Scena dell'infortunio:
a) raccolta delle informazioni;
b) previsione dei pericoli evidenti e di quelli probabili;
2) Accertamento delle condizioni psicofisiche
del lavoratore infortunato:
a) funzioni vitali (polso, pressione, respiro);
b) stato di coscienza
Autore Catarsi Fulvio 105
c) ipotermia e ipertermia;
3) Nozioni elementari di anatomia e fisiologia dell'apparato cardiovascolare e respiratorio.
4) Tecniche di autoprotezione del personale
addetto al soccorso.
Attuare gli interventi di primo soccorso
1) Sostenimento delle funzioni vitali:
a) posizionamento dell'infortunato e manovre per la pervietà delle prime vie aeree;
b) respirazione artificiale;
c) massaggio cardiaco esterno;
2) Riconoscimento e limiti d'intervento di primo soccorso:
a) lipotimia, sincope, shock;
b) edema polmonare acuto;
c) crisi asmatica;
d) dolore acuto stenocardico
e) reazioni allergiche
f) crisi convulsive;
g) emorragie esterne post-traumatiche e
tamponamento emorragico
Conoscere i rischi specifici dell'attività svolta
Seconda giornata
MODULO B totale n. 4 ore
Acquisire conoscenze generali sui traumi in ambiente di lavoro
1) Cenni di anatomia
2) Lussazioni, fratture e complicanze
3) Traumi e lesioni cranio-encefalici e
della colonna vertebrale
4) Traumi e lesioni toraco-addominali
Acquisire conoscenze generali sulle patologie specifiche in ambiente di lavoro
1) Lesioni da freddo e da calore
2) Lesioni da corrente elettrica
3) Lesioni da agenti chimici
4) Intossicazioni
5) Ferite lacero contuse
6) Emorragie esterne
Terza giornata
MODULO C totale n. 6 ore
Acquisire capacità di intervento pratico
1) Tecniche di comunicazione con il sistema di emergenza del SSN
2) Tecniche di primo soccorso nelle sindromi cerebrali acute
3) Tecniche di primo soccorso nella sindrome di insufficienza respiratoria acuta
4) Tecniche di rianimazione cardiopolmonare
5) Tecniche di tamponamento emorragico
6) Tecniche di sollevamento, spostamento e trasporto del traumatizzato
7) Tecniche di primo soccorso in casi di esposizione accidentale ad agenti chimici e biologici
Allegato IV
Autore Catarsi Fulvio 106
OBIETTIVI DIDATTICI E CONTENUTI MINIMI DELLA FORMAZIONE DEI LAVORATORI
DESIGNATI AL PRONTO SOCCORSO PER LE AZIENDE DI GRUPPO B E C
OBIETTIVI DIDATTICI PROGRAMMA TEMPI
Prima giornata
MODULO A
totale n. 4 ore Allertare il sistema di soccorso
a) Cause e circostanze dell'infortunio (luogo dell'infortunio, numero delle persone coinvolte,
stato degli infortunati, ecc.);
b) comunicare le predette informazioni in maniera chiara e precisa ai servizi di assistenza
sanitaria di emergenza
Riconoscere un'emergenza sanitaria
1) Scena dell'infortunio:
a) raccolta delle informazioni;
b) previsione dei pericoli evidenti e di quelli
probabili;
2) Accertamento delle condizioni psicofisiche del
lavoratore infortunato:
a) funzioni vitali (polso, pressione, respiro);
b) stato di coscienza
c) ipotermia e ipertermia;
3) Nozioni elementari di anatomia e fisiologia
dell'apparato cardiovascolare e respiratorio.
4) Tecniche di autoprotezione del personale addetto al soccorso.
Attuare gli interventi di primo soccorso
1) Sostenimento delle funzioni vitali:
a) posizionamento dell'infortunato e manovre per la pervietà delle prime vie aeree;
b) respirazione artificiale;
c) massaggio cardiaco esterno;
2) Riconoscimento e limiti d'intervento di primo soccorso:
a) lipotimia, sincope, shock;
b) edema polmonare acuto;
c) crisi asmatica;
d) dolore acuto stenocardico
e) reazioni allergiche
f) crisi convulsive; g) emorragie esterne post-traumatiche e tamponamento emorragico
Conoscere i rischi specifici dell'attività svolta
Autore Catarsi Fulvio 107
Seconda giornata
MODULO B
totale n. 4 ore Acquisire conoscenze generali sui traumi in ambiente di lavoro
1) Cenni di anatomia
2) Lussazioni, fratture e complicanze
3) Traumi e lesioni cranio-encefalici e
della colonna vertebrale
4) Traumi e lesioni toraco-addominali
Acquisire conoscenze generali sulle patologie specifiche in ambiente di lavoro
1) Lesioni da freddo e da calore
2) Lesioni da corrente elettrica
3) Lesioni da agenti chimici
4) Intossicazioni
5) Ferite lacero contuse
6) Emorragie esterne
Terza giornata
MODULO C
totale n. 4 ore
Acquisire capacità di intervento pratico 1) Principali tecniche di comunicazione con il sistema di emergenza del SSN
2) Principali tecniche di primo soccorso nelle sindromi cerebrali acute
3) Principali tecniche di primo soccorso nella sindrome di insufficienza respiratoria acuta
4) Principali tecniche di rianimazione cardiopolmonare
5) Principali tecniche di tamponamento emorragico
6) Principali tecniche di sollevamento, spostamento e trasporto del traumatizzato
7) Principali tecniche di primo soccorso in casi di esposizione accidentale ad agenti chimici e
biologici
Autore Catarsi Fulvio 108
BIBLIOGRAFIA
Medicina pratica UTET
Dizionario Medico ESES
Manuale MERK di diagnosi e terapia STAMPA MEDICA
Pronto Soccorso e interventi d’emergenza Mc Grow Hill -V ed.
Dispensa 118 - Regione Piemonte
Basic – Life – Support - secondo le linee guida italiana Resuscitation Council
626/94 -VOLUME A n° 6 - E. B. E. R.
D. M. 388/03
D. Lgs. n. 81/2008
D. Lgs. n. 106/2009
American College of Surgeons. Advance Trauma Life Support 6ª ed. 1997
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Immagini da http://www.trauma.org/imagebank/imagebank.htm
ULTIMO AGGIORNAMENTO MARZO 2012