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EDIZIONE SPECIALE PER LA MORTE DI P. PIDLK 17 dicembre 1919 – 16 aprile 2010

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17 dicembre 1919 – 16 aprile 2010

Cari amici di p. Špidlík e del Centro Aletti, questaedizione speciale del bollettino vorrebbe essere unabreve comunicazione sugli eventi intorno alla morte dip. Špidlík, ben sapendo che quanto era speciale la suavita, ancor più speciale era la sua dipartita. In queigiorni tutti noi del Centro Aletti eravamo molto com-mossi per il congedo terreno con il padre, ma vorreidirvi che non poche volte ci avete fatto scendere le lacri-me proprio voi per la vostra vicinanza che ci avete fattosentire in modo caloroso, luminoso e veramente spiri-tuale. Vi siamo immensamente grati e, in questa grati-tudine, continuiamo a vivere la bella relazione con p.Špidlík e siamo convinti che lui, entrando nella eternamemoria di Dio, continua ad amarci e a intercedere pertutti noi.

e l’équipe del Centro Aletti

«Fare attenzione al cuore è un’espressione molto comune nella spiritualità orientale. Riveste anzitutto un aspetto negativo:

allontanare ogni pensiero cattivo proveniente dall’esterno, guarire il cuore,

educarlo per mezzo della vigilanza. Questa attenzione è tuttavia la madre della preghiera:

si è attenti a se stessi per essere attenti a Dio. Nell’uomo che abbandona il peccato e si converte a Dio

si sviluppa pian piano una simpatia con il mondo spirituale, una “connaturalità”.

Fare attenzione alla voce di questa “connaturalità” è percepire i misteri divini quali essi sono in noi,

quali entrano nella nostra vita. Allora il cuore diventa una fonte di rivelazione».

Riportiamo di seguito uno stralcio dell’ultima omeliapronunciata da p. Špidlík, alla messa del giorno diPasqua.

“Come rappresentarsi la risurrezione dai morti?Una volta uno mi ha detto: «Padre, ma se tuttirisorgeremo, dove andrà tutta questa gente? Se giàoggi con il parcheggio è difficile, cosa faremo conquesti uomini risorti?»Allora pensiamo la risurrezione nei termini di unpassaggio da questa vita ad un’altra, di uno scambiodi una vita per un’altra. Questo tuttavia non corri-sponde alla fede cristiana. Gesù è davvero risuscita-to dai morti, la tomba è stata trovata vuota.Vediamo come era la resurrezione di Gesù Cristo.Lui aveva vissuto trent’anni. Continuerà a vivereallo stesso modo dopo la risurrezione? Certamenteno. Si fermerà così? Che cosa succederà? Queitrent’anni che ha vissuto sono diventati divini. Ecosì deve diventare divina anche la nostra vita. Egliè tornato dagli apostoli da vivo. Per convincerli, hamangiato con loro. Eppure si rendevano conto cheegli in un certo senso era diverso. La sua vita, checonoscevano già da prima, ora era diventata vitaeterna. Era la vita precedente che aveva acquistatonuove proprietà, la capacità di superare tutte ledebolezze alle quali prima era sottomessa. Cristodimostra così che la vita terrena ricevuta alla nasci-ta non va rigettata e che è capace di svilupparsi e dicrescere fino alla vita eterna. Neanche la morte rie-sce davvero ad ucciderla. Con la risurrezione trove-remo ciò che abbiamo perduto, ma nella pienezzae nella bellezza.Osserviamo una cosa analoga nell’eucaristia: por-tiamo il pane e il vino sull’altare, e dall’altare rice-viamo lo stesso pane e lo stesso vino, ma consacra-ti, divinizzati. Si muore e la risurrezione porta lasalute totale. È una guarigione cosí radicale chesembra come un’altra vita, eppure siamo semprenoi. La risurrezione ci fa ritornare alla nostra vita,ma divinizzata, e quindi eterna”.

Quasi a seguire lo svolgimento cronologico di come è avvenuto il funerale, ecco il rogito che Mons. EnricoViganò, in presenza di Mons. Guido Marini, Maestro delle Celebrazoni Liturgiche del Sommo Pontefice, haletto nella cappella del Centro Aletti, sottoscritto dalle persone presenti in cappella e posto nella bara prima deltrasferimento della salma in Vaticano per la Messa esequiale. Il rogito ripercorre le tappe più significative dellavita di p. Špidlík e gli elementi che ne hanno caratterizzato il servizio ecclesiale.

ROGITOPER IL PIO TRANSITO

DI S. EM. REV.MA IL SIGNOR CARDINALETOMÁŠ ŠPIDLÍK, S.I.

DIACONO DI SANT’AGATA DE’ GOTIIN NOMINE DOMINI. AMEN.

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Nel momento in cui le spoglie mortali di SuaEminenza Reverendissima il Signor CardinaleTomàš Špidlík, della Compa gnia di Gesù, Diaconodi Santa Agata de’ Goti, vengono chiuse nella barae il suo volto scompare alla nostra vista, con il pre-sente Atto vogliamo ricordare brevemente la vita diquesto fedele e instancabile operaio del Vangelo,per of frire anche ai posteri una testimonianza e nonobliarne la memoria. Compiamo questo gesto diumana pietà nella fede della Chiesa cattolica chequesta mattina, martedì 20 aprile 2010 alle ore11.30, si esprimerà più pienamente nella celebra-zione del sacrificio pasquale, la Santa Messa ese-quiale, che sarà celebrata dal Signor Car di nale,Angelo Sodano, Decano del Col legio Cardina lizio,insieme con i Signori Cardinali, e dalla LiturgiaEsequiale che sarà presieduta dal Sommo PonteficeBenedetto XVI nella Basilica Vaticana.Il Cardinale era nato il 17 dicembre 1919 aBoskovice, nella diocesi di Brno, nell’odiernaRepubblica Ceca, da una famiglia poverissima.Aveva imparato fin da piccolo a fare sacrifici, nonnascondeva di essersi «guadagnato da solo i soldiper studiare al liceo» a Boskovice. Si era iscrittoall’università per studiare letteratura ma al secondoanno, all’improvviso, gli piombò addosso la veraprova: la guerra.

Nel 1939 aveva vent’anni e le sue «speranze eranosottozero, gli studi universitari spezzati e una solapossibilità per il futuro: la deportazione». Finì inun campo di concentramento nazista ma «è avve-nuto l’impensabile: un agente della Gestapo si ètrasformato in angelo visibile liberandomi dalcampo mentre l’angelo custode invisibile mi hacondotto nella Compagnia di Gesù. Poi, dal cielo,sant’Ignazio ha stabilito per me altre sorprese: ilnoviziato a Benesov e poi a Velehrad, lo studiodella filosofia durante i lavori forzati, prima con isoldati tedeschi e poi con quelli russi e romeni».La fine della guerra ha significato lo studio dellateologia a Maastricht, nei Paesi Bassi, dove il 22agosto 1949 è stato ordinato sacerdote. Da prete,era pronto a tornare in patria ma il nuovo regimetotalitario comunista non glielo permise. Oltre -tutto la provincia dei gesuiti era stata dispersa.Sembrava un’altra volta tutto perduto. «Ma ecco,di nuovo, la Provvidenza all’opera: stavolta si èservita di uno sbaglio amministrativo, un miosuperiore si è dimenticato di scrivere una letteracosì mi sono ritrovato esule a Roma. Insomma laProvvidenza mi ha dato la possibilità di dedicar-mi a ciò che di nascosto già desiderava il miocuore: lo studio della spiritualità orientale».Nel 1951, da esule, ha iniziato a lavorare alla

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Radio Vaticana e, fino alla morte, il venerdìpomeriggio è sempre andato in onda per com-mentare le letture della messa domenicale. Con ilsuo programma ha cercato di aiutare i preti nellapredicazione.Diceva che l’essenza del suo pensiero la si puòindovinare simbolicamente nella cappella Re -demptoris Mater del Palazzo A po stolico Vaticano,capolavoro nato proprio dal suo pensiero e dallemani del suo primo discepolo P. Rupnik, dove imosaici cercano di respirare con due polmoni.«Non soltanto gli uomini, ma anche le nazionihanno la loro propria vocazione, per offrire il lorocontributo alla Chiesa universale. Ho cercato diindovinare il messaggio cristiano dell’O rienteeuropeo e di prestargli voce in Occidente».Teneva molto anche ai suoi trentotto anni dipadre spirituale al Pontif ìcio Collegio Nepo -muceno. Aveva così a vuto anche l’opportunità diincontrare grandi figure. Di Papa Pacelli, peresempio, ricordava «come fosse informato fin neidettagli della triste realtà della Cecoslovacchia.Saputo che ero il padre spirituale del Collegio, miha dato ottimi consigli pratici su come risolverecerti dubbi sulla vocazione dei candidati al sacer-dozio».Nel Collegio Nepomuceno Špidlík ha vissutoaccanto al cardinale Beran, espulso da Praga nel1965. Era accanto a lui nel momento della morte,il 17 maggio 1969, quando Paolo VI accorse perl’ultimo saluto.Nel 1991 ha scelto di vivere al Centro Aletti, vici -no Santa Maria Maggiore, con un gruppo di arti-sti del mosaico. Negli anni il centro è divenutomolto più di un luogo di studio della tradizionedell’Oriente cristiano in relazione ai problemi delmondo contemporaneo. «Cerchiamo insieme dicontinuare consapevolmente la tradizione icono-grafica secondo la quale l’immagine visuale èuguale alle testimonianze di fede dette o scrittecon le parole».Un rapporto particolare lo ha avuto con il Servodi Dio Giovanni Paolo II, il primo Papa slavo chenel Concistoro del 21 ottobre 2003 lo ha creatoe pubblicato Cardinale Diacono di Sant’Agata de’Goti. «Mi ha persino creato cardinale — diceva— e credo che l’abbia fatto per dare più visibilitàalla spiritualità orientale. Da parte mia, già allorami sentivo troppo vecchio per dare una mano alPapa nel guidare la Chiesa e ho chiesto anche la

dispensa dall’ordinazione episcopale. Ho cono-sciuto Giovanni Paolo II più da vicino nel 1995,durante gli esercizi spirituali quaresimali che miha chiesto di predicare in Vaticano». Il 18 aprile2005 aveva predicato ai Cardinali riuniti nellaCappella Sistina per il Conclave, che ha elettoBenedetto XVI.Tutta la vita e l’opera di Špidlík si è espressa natu-ralmente in una grande apertura di dialogo ecu-menico. Sono note le sue relazioni di amicizia nelmondo ortodosso, tanto che tra i suoi allievi c’èanche il Patriarca Bartolomeo di Costantinopoli.Lunghissimo, infine, l’elenco dei riconoscimentiaccademici internazionali. Nel 1989 è stato scel-to come «uomo dell’anno 1990» dall’Americanbibliographical institute of raleigh (North Caro -lina) e un anno dopo lo stesso istituto lo ha indi-cato come «la personalità più ammirata deldecennio». Tante le cittadinanze onorarie e i dot-torati honoris causa in Russia, in Romania, nellasua Repubblica Ceca e negli Stati Uniti d’Ame -rica: alla Sacred Heart University è stato istituitoil «Cardinal Špidlík Center for EcumenicalUnderstanding», un centro teologico, spirituale eculturale di dialogo, ricerca, educazione, pubbli-cazione e collaborazione artistica tra i cristiani«per promuovere una più grande comprensione ecooperazione ecumenica».Il Cardinale Špidlík è stato un maestro di spiritua-lità orientale, capace di fondare una vera e pro-pria scuola radicata anche nell’arte, nella cultura enella politica in Oriente come in Occidente.Tanto che la sua opera oggi non è vista semplice-mente come un lavoro di storia della spiritualitàma rappresenta una visione teologica organica.Le sue ultime uscite pubbliche sono state per unatto accademico in suo onore al PontificioIstituto Orientale – dove ha insegnato per mezzosecolo – e per predicare gli esercizi spirituali qua-resimali alla Gendarmeria vaticana. Nel giornodel suo novantesimo compleanno, il 17 dicembrescorso. Benedetto XVI gli aveva fatto il granderegalo di celebrare con lui la messa nella cappellaRedemptoris Mater.Gli ultimi mesi della sua vita sono stati segnatidalla malattia e dalla sofferenza offerta al Signoree dal conforto dell’amicizia e della stima di molti.In particolare, nella celebrazione del DivinSacrificio trovava la forza del suo ottimismo, dellasua speranza e della sua solida fede e dall’affida-

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mento alla Madre del Redentore, da lui tenera-mente amata. «Per tutta la vita ho cercato il voltodi Gesù e ora sono felice e sereno perché sto perandare a vederlo». Dopo essere stato assistitoamorevolmente dagli appartenenti al CentroAletti che lo hanno seguito e curato quotidiana-mente con abnegazione e venerazione, ricevuti iSanti Sacramenti, ha concluso la sua esistenza ter-rena nel medesimo Centro, alle ore 21 del 16aprile 2010, venerdì della II Settimana di Pasqua.Il cardinale Špidlík sarà sepolto a Velehrad inMoravia, luogo a lui particolarmente caro perché

legato all’evangelizzazione dei santi Cirillo eMetodio e crocevia di popoli e culture.Io sottoscritto Monsignor Enrico Viganò, Ceri -moniere Pontificio e Pro tonotario Apo sto lico“ex officio rogatus”, ho compilato questo Atto,l’ho munito della mia firma, e vi ho apposto ilsigillo dell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgichedel Sommo Pontefice.Dato a Roma, presso il Centro Ezio Aletti, il 20aprile dell’Anno del Signore 2010, VI delPontificato di Sua Santità il Papa Benedetto XVI.

In questa pagina, le firme poste in calce al rogito. A destra, il Papa che benedice la salma in San Pietro altermine della messa esequiale.

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Omelia di Benedetto XVI allamessa esequiale, il 20 aprile

Venerati Fratelli,illustri Signori e Signore,cari fratelli e sorelle!

Tra le ultime parole pronunciate dal compiantoCardinale Špidlík, vi sono state queste: “Per tuttala vita ho cercato il volto di Gesù, e ora sono feli-ce e sereno perché sto per andare a vederlo”.Questo stupendo pensiero – così semplice, quasiinfantile nella sua espressione, eppure così profon-do e vero – rimanda immediatamente alla preghie-ra di Gesù, che è risuonata poc’anzi nel Vangelo:“Padre, voglio che quelli che mi hai dato sianoanch’essi con me dove sono io, perché contempli-no la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poichémi hai amato prima della creazione del mondo”(Gv 17,24). È bello e consolante meditare questacorrispondenza tra il desiderio dell’uomo, cheaspira a vedere il volto del Signore, e il desideriodi Gesù stesso. In realtà, quella di Cristo è ben piùdi un’aspirazione: è una volontà. Gesù dice al

Padre: “voglio che quelli che mi hai dato sianocon me”. Ed è proprio qui, in questa volontà, chenoi troviamo la “roccia”, il fondamento solido percredere e per sperare. La volontà di Gesù in effet-ti coincide con quella di Dio Padre, e con l’operadello Spirito Santo costituisce per l’uomo unasorta di “abbraccio” sicuro, forte e dolce, che loconduce alla vita eterna. Che immenso donoascoltare questa volontà di Dio dalla sua stessabocca! Penso che i grandi uomini di fede vivonoimmersi in questa grazia, hanno il dono di perce-pire con particolare forza questa verità, e così pos-sono attraversare anche dure prove, come le haattraversate Padre Tomáš Špidlík, senza perdere lafiducia, e conservando anzi un vivo senso del-l’umorismo, che è certamente un segno di intelli-genza ma anche di libertà interiore. Sotto questoprofilo, era evidente la somiglianza tra il nostrocompianto Cardinale e il Venerabile GiovanniPaolo II: entrambi erano portati alla battuta spiri-tosa e allo scherzo, pur avendo avuto in gioventùvicende personali difficili e per certi aspetti simili.La Provvidenza li ha fatti incontrare e collaborareper il bene della Chiesa, specialmente perché essa

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impari a respirare pienamente “con i suoi due pol-moni”, come amava dire il Papa slavo.

Questa libertà e presenza di spirito ha il suo fon-damento oggettivo nella Risur rezione di Cristo.Mi piace sottolinearlo perché ci troviamo neltempo liturgico pasquale e perché lo suggerisco-no la prima e la seconda lettura biblica di questacelebrazione. Nella sua prima predicazione, ilgiorno di Pentecoste, san Pietro, ricolmo diSpirito Santo, annuncia il compimento in GesùCristo del Salmo 16. È stupendo vedere come loSpirito Santo riveli agli Apostoli tutta la bellezzadi quelle parole nella piena luce interiore dellaRisurrezione: “Contem plavo il Signore innanzi ame, / egli sta alla mia destra, perché io non vacil-li. / Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò lamia lingua, / e anche la mia carne riposerà nellasperanza” (At 2,25-26; cfr Sal 16/15,8-9). Questapreghiera trova un compimento sovrabbondantequando Cristo, il Santo di Dio, non viene abban-donato negli inferi. Egli per primo ha conosciuto“le vie della vita” ed è stato colmato di gioia conla presenza del Padre (cfr At 2,27-28; Sal16/15,11). La speranza e la gioia di Gesù Risortosono anche la speranza e la gioia dei suoi amici,grazie all’azione dello Spirito Santo. Lo dimostra-va abitualmente Padre Špidlík con il suo modo divivere, e questa sua testimonianza diventava sem-pre più eloquente col passare degli anni, perché,malgrado l’età avanzata e gli inevitabili acciacchi,il suo spirito rimaneva fresco e giovanile. Checos’è questo se non amicizia con il Signore Ri -sorto?

Nella seconda lettura, san Pietro benedice Dio che“nella sua grande misericordia ci ha rigenerati,mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti,per una speranza viva”. E aggiunge: “Perciò sietericolmi di gioia, anche se dovete essere, per un po’di tempo, afflitti da varie prove” (1Pt 1,3.6). Anchequi emerge chiaramente co me la speranza e la gioiasiano realtà teologali che promanano dal misterodella Risur rezione di Cristo e dal dono del suoSpiri to. Potremmo dire che lo Spirito San to leprende dal cuore di Cristo Ri sorto e le trasfondenel cuore dei suoi amici.

Volutamente ho introdotto l’immagine del“cuore”, perché, come molti di voi sanno, PadreŠpidlík la scelse per il motto del suo stemma car-

dinalizio: “Ex toto corde”, “con tutto il cuore”.Questa espressione si trova nel Libro del Deutero -nomio, dentro il primo e fondamentale comanda-mento della legge, là dove Mosè dice al popolo:“Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unicoè il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, contutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte leforze” (Dt 6,4-5). “Con tutto il cuore – ex totocorde” si riferisce dunque al modo con cui Israeledeve amare il suo Dio. Gesù conferma il primatodi questo comandamento, al quale abbina quellodell’amore per il prossimo, affermando che esso è“simile” al primo e che da entrambi dipendonotutta la legge e i profeti (cfr Mt 22,37-39).Scegliendo questo motto, il nostro veneratoFratello poneva, per così dire, la sua vita dentro ilcomandamento dell’amore, la inscriveva tutta nelprimato di Dio e della carità.

C’è un altro aspetto, un ulteriore significato del-l’espressione “ex toto corde”, che sicuramentePadre Špidlík aveva presente e intendeva manife-stare col suo motto. Sempre a partire dalla radicebiblica, il simbolo del cuore rappresenta nella spi-ritualità orientale la sede della preghiera, dell’in-contro tra l’uomo e Dio, ma anche con gli altriuomini e con il cosmo. E qui bisogna ricordareche nello stemma del Cardinale Špidlík il cuore,che cam peggia nello scudo, contiene una crocenei cui bracci si intersecano le parole PHOS eZOE, “luce” e “vita”, che sono nomi di Dio.Dunque, l’uomo che accoglie pienamente, extoto corde, l’amore di Dio, accoglie la luce e lavita, e diventa a sua volta luce e vita nell’umanitàe nell’universo.

Ma chi è quest’uomo? Chi è questo “cuore” delmondo, se non Gesù Cristo? È Lui la Luce e laVita, perché in Lui “abita corporalmente tutta lapienezza della divinità” (Col 2,9). E qui mi piacericordare che il nostro defunto Fratello è stato unmembro della Compagnia di Gesù, cioè un figliospirituale di quel sant’Ignazio che pone al centrodella fede e della spiritualità la contemplazione diDio nel mistero di Cristo. In questo simbolo delcuore si incontrano Oriente e Occidente, in unsenso non devozionistico ma profondamente cri-stologico, come hanno messo in luce altri teologigesuiti del secolo scorso. E Cristo, figura centraledella Rivelazione, è anche il principio formale del-l’arte cristiana, un ambito che ha avuto in Padre

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Špidlík un grande maestro, ispiratore di idee e diprogetti espressivi, che hanno trovato una sintesiimportante nella cappella Redemptoris Mater delPalazzo Apostolico.

Vorrei concludere ritornando al tema dellaRisurrezione, citando un testo molto amato dalCardinale Špidlík, un passo degli Inni sullaRisurrezione di sant’Efrem il Siro:

“Dall’alto Egli è disceso come Signore,dal ventre è uscito come un servo,la morte si è inginocchiata davanti a Lui nello Sheol,e la vita l’ha adorato nella sua risurrezione.Benedetta la sua vittoria!” (n. 1, 8).

La Vergine Madre di Dio accompagni l’anima delnostro venerato Fratello nell’abbraccio dellaSantissima Trinità, dove “con tutto il cuore”loderà in eterno il suo infinito Amore. Amen.

Nella foto, in San Pietro, alcuni artisti dell’Atelier delCentro Aletti che portano la bara di padre Špidlík.

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La notizia della morte del card. Špidlík ha raggiuntomolte persone. Lo abbiamo visto durante i tre giorni incui la sua salma è stata esposta nella cappella dellanostra comunità e alla messa delle esequie a SanPietro in Vaticano. In particolare c’è stata una parteci-pazione di fedeli, sacerdoti e vescovi impressionante aVelehrad in Moravia (Repubblica Ceca) dove il cardi-nale è sepolto e dove il 30 aprile scorso si sono cele-brati i funerali nella Basilica dell’Assunzione dellaBeata Vergine Maria e dei santi Cirillo e Metodio. Perché padre Špidlík è stato sepolto proprio aVelehrad? Velehrad è geograficamente il cuoredell’Europa. Proprio in questa terra, nei boschi intor-no alla basilica, è sepolto san Metodio e questo è unodei luoghi più significativi della tradizione cirillo-metodiana. Nella foto sopra, padre Špidlík in uno deisuoi pellegrinaggi a Velehrad, dove tra l’altro avevafatto parte del suo noviziato di gesuita in tempo diguerra, in preghiera davanti all’immagine dellaMadonna dell’Unità venerata nella basilica.I funerali di padre Špidlík sono stati trasmessi indiretta dalla Televisione Ceca. S.E. Mons. Graubnerarcivescovo di Olomouc (diocesi dove si trova la basili-ca di Velehrad) ha presieduto la celebrazione in pre-senza di diverse decine di vescovi, centinaia di sacerdo-

ti e migliaia di fedeli. Infatti, l’enorme basilica quasinon riusciva a contenere il gran numero di personeconvenute per i funerali. Qui di seguito pubblichiamol’omelia tenuta per l’occasione dal vescovo ausiliareJosef Hrdlička.

Omelia del vescovo ausiliare diOlomouc, Josef Hrdlička, al funeraleVelehrad, 30 aprile 2010

Pace e bene a voi, cari partecipanti a questo funera-le, che fate parte di una grande folla di anime vici-ne al defunto padre Tomáš. Pace e bene a voi, amiciche ci seguite tramite la televisione. Abbiamo appe-na sentito nel brano giovanneo due nomi: Gesù eTommaso. Sono nomi attuali anche per la cerimo-nia odierna. Tommaso chiede a Gesù: “Signore,non sappiamo dove vai e come possiamo conoscerela via?” (Gv 14,5). Proprio grazie a Tommaso ed al coraggio che haavuto nel domandare, conosciamo la risposta cheGesù, senza tale domanda, forse non avrebbe pro-nunciato in modo così chiaro: “Io sono la via, laverità e la vita” (ibid., v. 6). Chi chiede, viene a

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sapere, e chi chiede Cristo, riceve consolazione esperanza ancora più grandi della sua attesa.Proprio qui ed ora, cari amici, si realizza un dialo-go simile in cui percepiamo due nomi: Gesù eTomáš. Anche a noi padre Tomáš Špidlík ha inse-gnato a chiedere e a trovare le risposte. Crediamoche ora Gesù si rivolga a questo suo amico Tomášcon la stessa assicurazione, perché questo nostrocaro defunto Gli ha offerto la propria vita e ha svi-luppato, nel suo servizio, tutte le grandi doti che daLui ha ricevuto. Sì, il nostro padre e fratello cardi-nale Tomáš Špidlík ha seguito la via indicatagli daGesù, annunciando la verità che Egli gli ha mostra-to di comunicare, ed ora consegna la sua vita terre-na alla pienezza della vita di Cristo. Domenica scorsa il vangelo ci ha parlato del buonpastore che le pecore riconoscono, per seguirlo,dalla voce. Ricordo il mio primo incontro conpadre Špidlík a Hostýn, dopo il suo ritorno in patriadal lungo esilio. Un giorno, mentre parlavamoinsieme, davanti alla basilica, del fatto che provenia-mo della stessa regione, ci è passato accanto ungruppo di pellegrini dalla campagna ed una donna,uscita dal gruppo, è venuta verso di noi chiedendo-gli: “Non è lei padre Špidlík?” Lui, sorpreso, sichiese come avesse fatto quella signora a ricono-scerlo, dal momento che era vissuto 50 anni fuori

della patria. E lei rispose: “ L’ho riconosciuta dallavoce.” Come sappiamo, padre Špidlík ha parlato allaradio Vaticana per lunghi anni e con le sue eccellen-ti riflessioni spirituali incoraggiava anche la nostraChiesa. Neppure gli apparecchi installati dal regimeper creare disturbi riuscivano a farlo tacere. AncheGesù afferma che le pecore riconoscono il buonpastore dalla voce e lo seguono. Non seguiranno lavoce di estranei, perché non gli credono. Il cardina-le Špidlík sapeva fare proprio questo. La sua testi-monianza era viva e, con lui, i cuori si aprivano.Chi lo ha conosciuto, visto o sentito, ha provatofiducia verso di lui. Quest’assemblea ne dà una vivatestimonianza. Egli sapeva parlare in modo tale che lo ascoltavanocon interesse sia i cardinali riuniti in conclave primadell’elezione del Papa, che gli stessi pontefici, non-ché scienziati di molte parti del mondo, ma anchedei semplici contadini. Sapeva rivolgersi ai credentie ai non credenti i quali affermavano, con rispetto:“Sì, capiamo quello che dice”. Padre Tomáš Špi-dlík, cresciuto alla scuola del Vangelo di Cristo,aveva un’espressione garbata, dal tono gentile e ami-chevole, in cui risuonavano, però, la saggezza el’erudizione di un pensatore di livello mondiale. Edanche quando voleva essere inequivocabilmentechiaro, tendeva comunque sempre al sorriso e al -

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l’umorismo. Anche questa è una sua peculiarità chedovremmo far nostra nel nostro dialogo con glialtri. Celebrando ieri, nella cattedrale di Olomouc, ilrequiem per padre Špidlík, l’Arcivescovo JanGraubner, nella sua omelia, ha parlato del raccontodei due discepoli di Emmaus. Sappiamo comeGesù, unitosi a questi due pellegrini abbattuti edelusi, li accompagna per un bel pezzo di strada, simette pazientemente al loro ascolto, li lascia parlaree poi, spiegando loro tutto, fa sì che il loro cuore

arda. Accetta il loro invito a casa, dove lo ricono-scono come il Signore risorto. Dal canto loro, essinon si lasciano trattenere e corrono a portare lanotizia agli altri. Vi risuona un paragone efficace colnostro defunto padre Tomáš che, sull’esempio delsuo Maestro, sapeva accompagnare altri per la lorostrada, sapeva ascoltare pazientemente e poi, consaggezza, indicava come mettere le cose nelle giusterelazioni. Essendo egli stesso di cuore ardente, sape-va aiutare anche gli altri a far ardere il proprio.Anch’egli si lasciava invitare dagli altri e, infatti,

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non mancavano mai inviti in tutto il mondo. Sapevaintrodurre le persone alla conoscenza di Cristo eindirizzarle a portare anche loro l’annuncio del Ri -sorto. Personalmente ricordo tanti artisti e uominicreativi che padre Tomáš sapeva accompagnare inmodo umile, ma saggio ed ispirato. Grazie a questodialogo, sono nate grandi opere contemporanee sianel campo dell’arte figurativa, che in quello lettera-rio, cinematografico e scientifico. Permettetemi, alla fine, ancora un pensiero. Nellabasilica di Velehrad sono evidenti due gruppi di sta-tue: a sinistra gli apostoli Pietro e Paolo, a destra gliapostoli slavi Cirillo e Metodio. La prima coppiarappresenta le due colonne della chiesa universalesin dalla sua origine, duemila anni fa. Su di loropoggia e sempre poggerà la roccia della Chiesa. Laseconda coppia mostra i nostri apostoli e ci portaindietro a più di undici secoli fa: sono due fratellisanti e geniali, patroni d’Europa, che hanno conver-tito intere nazioni. Ma, all’improvviso, sorge un’altra coppia, attualeper il presente immediato. È collegata al nostroambiente nazionale ed al suo cuore spirituale chesentiamo battere proprio qui a Velehrad. Vi sarannole tombe di due significative guide spirituali eanime vicine. Antonin Cyril Stojan, di cui è statoaffermato che era capace di restituire alla nazionel’amore perduto per la Chiesa. Lui, il nostro arcive-scovo Stojan, proprio qui e da qui costruiva pontispirituali per l’unità cristiana. Da oggi, sarà quianche il cardinale Tomáš Špidlík il quale, provenen-do da Boskovice, in Moravia, ha oltrepassato comepensatore, in modo significativo, le strette misure diuna piccola nazione perché porta dentro di sé la

dimensione della Chiesa europea e mondiale. È gra-zie a lui che si è resa più libera la strada verso l’uni-tà. Velehrad, come luogo di pellegrinaggio, guada-gna una motivazione in più per ritornarci volentie-ri, come in un’isoletta di speranza, di con solazionee di incoraggiamento sulla nostra strada. Gli amicipiù stretti di padre Špidlík del Centro Aletti diOlomouc dicono: “Ancora non riusciamo a coglie-re, neppure con lo sguardo, tutto quello che padreŠpidlík ci ha tramandato. C’è, quindi, molto da sco-prire e da mettere in pratica. C’è da aspettarsi moltodi cui gioire.” Allora, dunque, celebriamol’Eucaristia, in cui i vivi incontrano i morti nelcuore del Salvatore. Ed anche noi con Te, caropadre Tomáš. Vieni, o Signore Gesù, entra in que-sto momento e uniscici in una cosa sola. (trad.Richard Čemus)

Nella foto a p. 11 uno scorcio sul presbiterio durantela celebrazione del funerale e, a p. 12, persone cherendono omaggio alla salma esposta a Velehrad.

È l’ultimo libro scritto da p. Špidlík, a quattro mani con p. Rupnik. La vita divinaricevuta nel battesimo ci comunica anche “un’intelligenza rinnovata in Cristo”. Nonsi può pensare piú nei termini dell’uomo vecchio. Diven tare cristiani significa quindiimparare anche un altro modo di pensare. La vita che si è ricevuta è una vita di comu-nione, poiché in Cristo si è compiuta l’unità delle cose di quaggiú e di lassú, di quel-le visibili e invisibili, del cielo e della terra. Si tratta di una unità impossibile se nona partire dalla fonte, cioè da Dio, che ci dà anche le categorie per pensare e comuni-care la vita nuova. L’intelligenza rinnovata in Cristo è allora un’intelligenza in cuiil frutto della conoscenza non si gusta staccato dall’albero della vita, ma innestato inessa. È pertanto un’intelligenza capace di abbracciare nella comunione personaleanche la materia del l’universo, è un pensiero organico, in grado di tener conto dell’in-sieme, di cogliere il significato delle cose, della storia, degli avvenimenti nella chiavedella comunione realizzata in modo personale da Cristo. Ecco allora tutta l’im -portanza di riconoscere la struttura simbolica del mondo, attraverso cui il visibile si facomunicazione dell’invisibile e dà accesso al suo mistero.

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Una conoscenzaintegraleLa via del simbolo

Prezzo: € 18272 pagine1a ed. marzo 2010ISBN 978-88-89667-30-9

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Parole di p. Rupnik a Velehrad

Per trent’anni ho seguito i tuoi consigli spiritualie i tuoi insegnamenti teologici e per quasi ven-t’anni abbiamo vissuto insieme nell’équipe delCentro Aletti con la piccola comunità dei gesuitie delle sorelle. Come sei stato commosso tu pochigiorni fa quando mi parlavi dell’amore che ti cir-conda, soprattutto nel tempo della tua malattia,così siamo commossi noi, toccati dal privilegio diaverti potuto avere tra di noi. Una profonda ami-cizia ci ha unito nel vincolo della carità e tu eri ilnostro padre nello spirito e ci hai pazientementeiniziati alla sapienza. Come uno degli ultimigrandi teologi di quel ricco secolo dei Danié lou,De Lubac, Congar, Bulgakov, Flo renskij, Ivanov,Evdokimov e Clé ment, ci hai introdotti in unateologia bella, accogliente, integra e calda e tuttoquesto in un tempo di non poche confusioni einterminabili transizioni anche delle teologie. Cihai fatto amare i grandi temi teologici, una viadella conoscenza integrale e il simbolo chesoprattutto nell’arte e nella poesia trova la suaespressione privilegiata dei contenuti del mistero,

di Dio e dell’uomo. Ci hai stretti alla Chie sa, cheè una forza creatrice proprio perché ha unamemoria perenne e ci hai benedetti nella comu-nione della vita nuo va ricevuta al battesimo chepossiamo vivere da religiosi in modo sempre piùluminoso.Oggi davanti alla moltitudine dei fedeli cechi coni loro pastori, davanti alla Chiesa ceca che tuamavi tanto, posso dirti che già sento tutto ilcalore, la fede, le preghiere e l’affetto con i qualiquesto tuo popolo da oggi in poi sommergerà latua tomba. Sono sicuro che non solo nella prima-vera fiorita e nella calda estate, ma anche nel fred-do inverno della Moravia verrà il pellegrino elascerà un fiore.

In alto, la basilica di Velehrad dal lato sinistro.A destra, p. Špidlík sul ponte di Carlo a Praga, nelluogo dove san Giovanni Nepomuceno è stato buttatonel fiume.

Lipa

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C/0710/2009

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