pinot nero

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...al Pinot nero d’Oltrepò...

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot Nero in Oltrepò Pavese

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Page 1: Pinot nero

...al Pinot nero d’Oltrepò...

volume PINOT NERO 26-11-2008 15:24 Pagina 1

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Finito di stampare nel mese di Dicembre 2008 da

Tipolitografia Succ. Diani e Maffi

Viale Repubblica, 1 - 27043 BRONI (PV)Tel. e Fax +39 0385 51031

www.dianiemaffi.com – E-mail: [email protected]

di Vanetta Lorenzo & C. s.n.c.

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine

Pinot nero in Oltrepò Pavese

Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese

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AUTORI

Attilio Scienza DI.PRO.VE. – DIpartimento Osvaldo Failla di PROduzione VEgetaleLuigi Mariani Università degli Studi di MilanoLaura Rustioni Facoltà di AgrariaRodolfo Minelli www.diprove.unimi.it

Luca ToninatoJacopo CriccoDavide BacchiegaAlessandro ZappataLorenzo Monterisi

Alice Colombo Consorzio Tutela Vini Oltrepò PaveseMario Maffi P.zza Vittorio Veneto, 24 - Broni PVCarlo Alberto Panont www.vinoltrepo.it(Coordinatore editoriale) [email protected]

AGER Sc – AGricoltura E [email protected]

Con il contributo di:

Fondazione Comunitaria della Provincia di Pavia ONLUS

C.C.I.A.A. Pavia

Ringraziamenti:

La realizzazione di un volume come questo per la sua complessità e completezza ha previsto numerosiinterventi e collaborazioni di persone, istituzioni, enti ed aziende che si vogliono qui ricordare. In particolare l’azienda Doria S.S. di Montalto Pavese, la Tenuta Mazzolino di Corvino San Quirico, l’a-zienda agricola Travaglino di Calvignano e l’azienda agricola Vercesi del Castellazzo di Montù Beccaria.Inoltre si vogliono ringraziare per la collaborazione il dott. Giuseppe Zatti dello Studio Associato Venco eZatti di Consulenze Viticolo-enologiche di Casteggio e il dott. Giacomo Mela di Allinwine di Ponte S.Pietro (BG).Un ringraziamento particolare va al dott. Lucio Brancadoro e alla dott.ssa Giulia Tamai dell’Università diMilano, alla dott.ssa Valeria Fasoli e al dott. Maurizio Bogoni per l’aiuto, la competenza e per i numerosilavori che hanno permesso una migliore la conoscenza del territorio. Si ringrazia inoltre il dott. Luca Salviati per le splendide foto del territorio dell’Oltrepò.Infine si ringraziano i Vivai Tutzer, i Vivai Cooperativi Rauscedo, i Vivai Golferenzo Guido e PépinièresGuillaume per tutta l’attenzione e la gentilezza mostrata per la raccolta del materiale sulle schede clonali.

Fondazione Cariplo

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

pag.1. Il Pinot nero: paradigma dell’origine della viticoltura europea

(Attilio Scienza, Mario Maffi) 7

1.1. Il Pinot nero e l’Oltrepò Pavese 11

2. Le risorse ambientali (Luigi Mariani, Rodolfo Minelli) 15

2.1. Il clima 15

2.2. Analisi pedopaesaggistica 20

3. Le Unità Territoriali della D.O. Oltrepò Pavese (Luca Toninato, Davide Bacchiega,Lorenzo Monterisi, Osvaldo Failla, Laura Rustioni) 35

4. Manuale d’uso del territorio 63

4.1. Le scelte agronomiche (Luca Toninato, Davide Bacchiega, Alessandro Zappata,Jacopo Cricco, Lorenzo Monterisi, Osvaldo Failla) 63

4.2. Le scelte clonali (Alice Colombo) 115

4.3. Le scelte enologiche (Laura Rustioni, Lorenzo Monterisi) 165

5. Bibliografia 199

6. Appendice 201

Disciplinare di produzione dei vini a Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Oltrepò Pavese” Metodo Classico 201

Disciplinare di produzione dei vini a Denominazione di Origine Controllata “Oltrepò Pavese” 206

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1. Il Pinot nero: paradigma dell ’origine della viticoltura europea

Probabilmente l’origine del Pinot può essere fatta risalire al III-IV secolo dopo Cristo, come

appare da un documento di ringraziamento all’imperatore Costantino del 312, da parte degli abi-

tanti della città di Autun, dove viene citato un vigneto famoso per la sua qualità, nel pagus

Arebrignus, nella Côte de Nuits. Tralasciando la dotta dissertazione con la quale Gaston Roupnel

nel 1932 descrive il paesaggio rurale della Borgogna durante la presenza romana, alcuni partico-

lari delle modalità di coltivazione di quel vigneto ci aiutano a risalire alle varietà coltivate, che

come era consuetudine allora, non venivano mai citate. Il termine cepage con il quale si nomina

il vitigno in francese deriva da cep, ceppo, pianta, indicazione generica di una vite. Il vigneto dava

l’impressione di essere abbandonato, tale era l’aspetto di una inestricabile vegetazione costituita

da piante molto vecchie disposte senza alcun ordine e moltiplicate per propaggine. Non è diffici-

le riconoscere in questa descrizione un esempio singolare di viticoltura detta “per protezione”,

dove le viti selvatiche nate spontaneamente in luoghi selvaggi venivano sottoposte ai primi pro-

cessi di domesticazione (o protodomesticazione). Questa viticoltura caratterizzava il medio baci-

no del Reno, l’Alsazia ed il Baden, patria di origine di una famiglia varietale che Levadoux, famo-

so ampelografo francese, definisce dei

“Noirien”. Molte sono le caratteristiche in comu-

ne che il Pinot ha con le numerose viti selvatiche

ancora presenti in alcune isole sul Reno e che i

botanici tedeschi dell’800 come Gmelin,

Bronner, Basserman-Jordan descrivono accertan-

do la presenza di tipologie fogliari identiche al

Pinot ed al Traminer. Anche l’indice di Stummer

classifica i semi di Pinot come appartenenti alle

viti selvatiche, unitamente alle dimensioni ridot-

te dei grappoli e degli acini ed al loro grande

polimorfismo, al sapore speciale del mosto dove

è presente l’antranilato di metile, un composto

aromatico tipico della “Vitis labrusca”. Ma la

storia della rinascita della viticoltura francese

dopo i fasti della cultura massaliota e narbonne-

se e la crisi provocata dall’editto di Domiziano,

inizia circa cinquanta anni prima del documento

di ringraziamento a Costantino, con la ricostru-

zione operata da Probo e con l’introduzione da

parte delle sue legioni di nuovi vitigni da oriente,

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Il Pinot nero, tavola tratta da Viala P., Vermorel V.,1909, Ampelographie, volume II, Parigi.

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dalla Pannonia e dalla Croazia dove stazionavano le due legioni più fedeli all’imperatore illiro, la

Gemina e l’Invicta, responsabili del controllo delle frontiere orientali dell’impero. Questi vecchi

vigneti semiabbandonati della Borgogna vengono allora rivitalizzati non con lo spianto delle vec-

chie viti, ma attraverso l’impianto di nuove talee di varietà chiamate genericamente a causa della

loro origine, Heunisch (da Hunnisch, Unni, dal nome degli abitanti di quelle regioni ad est della

Pannonia). In Francia l’Heunisch è chiamato Gouias ed in Svizzera Gwass, con la stessa fonetica

sgradevole. Alla caduta dell’Impero Romano segue un periodo di decadenza economica e politi-

ca e solo con il governo dei Franchi e di Carlo Magno, che assegna le terre coltivabili e da boni-

ficare agli ordini monastici, benedettini in primis, si assiste al recupero dei vecchi vigneti deca-

denti ed alla creazione di nuovi con il materiale genetico che si era originato spontaneamente da

seme. In particolare il convento di Beze nel VII secolo e quelli certosini nel XII hanno avuto un

ruolo determinante nelle creazione dei vigneti pionieri su suoli di diversa fertilità.

L’opera dei monaci nella selezione e diffusione del nuovo vitigno nato per caso è in questa fase

provvidenziale ed il Pinot nero, sebbene con altri nomi,vede finalmente la luce. Ad onor del vero

Columella, nella sua opera “De Re Rustica”, aveva molti secoli prima descritto un vitigno sele-

zionato dai celti di Allobrogia, a foglie rotondeggianti, tipiche delle viti selvatiche, che sopporta

il freddo, il cui vino si conserva con l’invecchiamento e che ama i terreni magri per la sua eleva-

ta fertilità, caratteristiche che corrispondono perfettamente a quelle del Pinot nero che conoscia-

mo oggi. Come in un libro di storia, dove fantasia e realtà si mescolano senza possibilità di esse-

re distinte, con un salto di quasi duemila anni, si giunge ai nostri giorni e con l’apporto della gene-

tica molecolare attraverso l’analisi del DNA, non solo le origini ma anche il contributo del Pinot

nero alla creazione di altri vitigni europei, appaiono più chiare. Infatti il Pinot nero è il risultato

di un incrocio spontaneo tra il Traminer ed un Pinot meunier, così chiamato per la tomentosità

delle sue foglie, vitigno considerato un ancestrale dei Pinots. Il Pinot nero quindi, messo a con-

tatto con queste varietà provenienti da oriente, ha dato origine allo Chardonnay e con lui altri

quindici vitigni della regione borgognona tra quali i più importanti sono il Melon ed i Gamays.

Tracce genetiche di Pinot nero sono riscontrabili anche nel Lagrein e nel Teroldego. L’analisi

molecolare delle varietà coinvolte nel pedigree del Pinot consente di evidenziare la loro similari-

tà dalle frequenze alleliche del DNA sia plasmidiale che nucleare, che evidenzia come il flusso

genico sia avvenuto sia per dispersione di semi che di polline. Ad esempio tra le varietà di origi-

ne italiana e croata si manifesta una prevalenza degli alleli di origine selvatica a testimoniare una

introgressione di pochi vitigni stranieri i quali male si adattavano ai climi a loro poco favorevoli

dei luoghi dove erano stati acclimatati e quindi dopo un periodo di coltivazione assieme alle viti

paradomesticate, dai semi che germinavano spontaneamente, venivano scelte delle piante che pre-

sentavano una migliore produttività. Per comprendere il ruolo che ha avuto il Pinot nella forma-

zione di molti vitigni europei, molto interessante appare uno studio condotto nel 2004 in otto

vigneti storici vicini ad Heidelberg, in Germania, che presentavano viti dall’età variante tra 60 e

200 anni e che raccoglievano più di 60 varietà delle quali alcune molto rare. Vicino a vitigni come

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l’Honigler ungherese, il Primitivo italiano, l’Elbling bleu (incrocio tra Schiava e Riesling), sono

stati identificati molti vitigni senza un nome, tutti frutto di un incrocio con il Pinot.

La viticoltura episcopale ed ecclesiatica medioevale estende la coltivazione del Pinot nero al di

fuori dei clos conventuali ed i Duchi di Borgogna, in particolare Filippo l’Ardito e Filippo il

Buono, tra il XIV e XV secolo, lo proteggono dalla concorrenza “sleale “del Gamay. Il Pinot era

chiamato nei documenti del XII-XIII secolo con il nome generico di “plant”, simile come signi-

ficato a “cep”, che veniva aggettivato con il nome della sua provenienza geografica con “auver-

nat” o “orleanais”. Più tardi anche con il nome di “Pineau”. Il termine “plant” fu usato sia in

Borgogna che in Champagne fino alla ricostruzione postfillosserica e la distinzione tra le diverse

tipologie varietali era fatta in base al colore dei tralci: Plant gris con grappoli piccoli, a matura-

zione tardiva che davano un vino non di grande qualità e Plant dorè a foglie intere, di buona pro-

duzione, ma che a causa della precocità di maturazione fornivano vini migliori. Nel XIV secolo

compare il termine di “Pynos” usato da E. Deschamps nella ballata della “Verdure des Vins” e

poco tempo dopo in uno scritto borgognone, si parla di Pinoz al plurale per indicare la grande

famiglia varietale. Da allora le citazioni si moltiplicano e Champagne e Borgogna si contendono

il luogo di origine del vitigno. L’Ottocento, con lo sviluppo degli studi ampelografici, mette in

evidenza una caratteristica originale di questo vitigno: la sua grande variabilità intravarietale che

consente di identificare e descrivere più di cinquanta tipologie di Pinots, differenti per la morfo-

logia fogliare, per colore della bacca, del succo, della produttività, della precocità e per il nome

del selezionatore.

Per la sua ampia diffusione sia in Francia che all’estero assume molte denominazioni come

Morillon nei dintorni di Parigi, Burgunder e Clevner in Germania, Borgogna in Italia.

Il Pinot nero che conosciamo oggi non è però quello delle origini. Le forme primitive, anteriori

al X secolo erano poco produttive e venivano chiamate Noble de Touraine e Salvagnin noir del

Jura (è evidente il richiamo alla tipologia morfologica del Traminer). Con lo sviluppo della viti-

coltura specializzata commerciale avvenuto dopo la piccola glaciazione, verso il 1700, vengono

introdotte forme di maggiore produttività e ricchezza di colore chiamate Auvernal e Cortalloid (in

questo caso il richiamo semantico è allo Chardonnay). Solo nel XVIII e XIX secolo, in Borgogna

prima ed in Champagne poi, compaiono le tipologie che conosciamo oggi e che vengono classi-

ficate in vari gruppi alle soglie dell’arrivo della fillossera:

• gruppo dei Pinots neri cosidetti tipici;

• gruppo dei mutanti cromatici (grigio o Rulaender, bianco, tête de nègre, teinturier, ecc.);

• gruppo delle selezioni fatte dai viticoltori (Liebault, Giboudot, de la Malle, Crepet, ecc.);

• gruppo dei Pinots espressione di luoghi di selezione e coltivazione (d’Ervelon, Trepail, du

Valais, Mariafeld, ecc.);

• gruppo dei Pinots dalla particolare caratteristiche morfologiche (cioutat, a limbe cotonneaux,

cendre, double, meunier, ecc.);

• gruppo dei Pinots precoci ottenuti da seme per autofecondazione.

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In Champagne fino al secolo scorso il Pinot era chiamato Vert dorè o Plant dorè dal colore degli

apici e dei germogli giovani.

Ci sono voluti 1500 anni di selezione per arrivare ai cloni di Pinot nero che coltiviamo oggi.

Attualmente la classificazione è molto semplificata tra i tipi fini (per produrre vini rossi) e pro-

duttivi (in genere per la produzione di Champagne), con un’indicazione supplementare del porta-

mento della vegetazione (eretto o ricadente).

In particolare si distinguono i Pinot neri cosiddetti qualitativi a bassa produttività utilizzati per la

produzione dei vini rossi di Borgogna ai quali fanno capo i cloni francesi 114, 115, 777 e quelli

italiani 5V17, MIRA 3131, SMA 201 e quelli produttivi utilizzati soprattutto in Champagne come

quelli francesi siglati 583, 289 e quelli italiani LB9, R4. La causa di questa grande variabilità

risiede nella alta frequenza con la quale compaiono in questo vitigno le mutazioni di origine chi-

merica o trasposonica che modificano l’espressione di alcuni geni che codificano per il colore

della bacca, le più frequenti (basti pensare al Pinot bianco e grigio), ma anche per la forma della

foglia o per il portamento della vegetazione.

In Italia, malgrado il Pinot nero sia un vitigno adattato soprattutto alle regioni temperato-fresche,

si diffuse lungo tutta la Penisola fino alla Sicilia a partire dalla fine del 1800 per la sua costante

produttività e per l’elevato tenore zuccherino. La valutazione delle sue doti enologiche fu sempre

molto sommaria perché di norma veniva vinificato assieme ad altre varietà ed a causa della sua

precocità di maturazione nelle regioni meridionali o comunque negli ambienti più caldi subiva

l’assalto degli uccelli o quello del marciume grigio. Per questi motivi con la seconda ricostruzio-

ne postfillosserica la sua diffusione nel nostro Paese subisce una drammatica contrazione e la sua

coltivazione si attesta in Oltrepò Pavese, in Trentino-Alto Adige e marginalmente in Friuli e

Veneto orientale. Degna di nota per l’eccellenza della qualità, è una piccola produzione nel pesca-

rese, retaggio della presenza bonapartista nelle Marche. L’Oltrepò Pavese rappresenta oggi la

zona italiana che presenta la maggiore superficie di Pinot nero, con circa 2.500 ha, ma che lo vini-

fica soprattutto in bianco per la presa di spuma. I tenori elevati di argilla accompagnati da buone

presenze di calcare attivo alle quote più elevate, sono alla base della produzione di vini-base con

buona freschezza, pH bassi e profumi eleganti.

Il clima temperato del Trentino-Alto Adige, simile in alcuni meso-climi (esposizione ad Ovest,

altitudini 300-400 mslm, presenza di brezze di monte che consentono buoni sbalzi termici tra

giorno e notte, ecc.) a quello più continentale della Borgogna, è quello che consente una produ-

zione di Pinot neri vinificati in rosso comparabile per descrittori sensoriali a quella francese.

Purtroppo mancano quei tenori di argilla nel terreno che fanno di quei vini dei modelli irraggiun-

gibili. Oregon e Nuova Zelanda in questi ultimi anni hanno prodotto dei Pinot neri molto vicini

allo stile borgognone.

Molti sono i problemi di natura colturale e compositiva che fanno del Pinot nero un vitigno molto

difficile da coltivare e da vinificare. Si ricordano molto brevemente alcuni di questi aspetti quali

il vigore elevato delle viti che complicano la gestione della chioma, la sensibilità alla botrite ed

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all’oidio, la difficoltà di avere una maturazione fenolica contemporanea nelle bucce e nei vinac-

cioli che spesso è alla base di un contenuto nel vino di tannini poco polimerizzati, la mancanza

di antociani esterificati che rende il colore poco stabile e che tende con l’invecchiamento all’aran-

ciato, la facilità con la quale accumula gli zuccheri nell’uva che comporta un ridotto contenuto in

acidi nel mosto. In vinificazione è spesso vittima dell’acescenza se non si gestisce in modo cor-

retto il cappello. Sono dimostrati sia il ruolo più favorevole delle follature nei confronti dei rimon-

taggi nell’estrazione del colore e dei tannini meno aggressivi sia il vantaggio che comporta nella

complessità sensoriale la malolattica in barrique nei confronti di quella in acciaio. È quindi un

vitigno capriccioso che si esprime in vini ineguagliabili solo in ambienti dalle caratteristiche

molto particolari e che per questo non può essere paragonato al Cabernet o allo Chardonnay per

la loro capacità di adattamento a climi molto diversi. Inoltre esige sia in vigneto, prima nella scel-

ta dei cloni e quindi nel controllo della produzione per ceppo, che in cantina nelle attenzioni

durante la vinificazione, una cura maniacale fatta di accorgimenti e soluzioni, tenute accurata-

mente segrete dal produttore. Per queste sue caratteristiche è il vitigno che meglio sa esprimere

nel vino i segreti più intimi di un terroir e la sensibilità interpretativa del vinificatore.

1.1. Il Pinot nero e l ’Oltrepò PaveseTaluni ampelografi ipotizzano la presenza dei genotipi originari del Pinot già presenti, su queste

colline, dal tempo dei romani; attendibili i riferimenti riconducibili all’Oltrepò Pavese che risal-

Vigneto di Pinot nero in Valle Versa fotografato negli anni ‘60 (Fonte: Archivio La V ersa S.p.A.).

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gono al 1500 ove si citano Pinolo, Pignolo gentile e Pignolo grappolato. Giovanni Dalmasso, nel

sostenere le antiche origini del vitigno, afferma che il Pinot grigio potrebbe essere identificato con

le piante note agli antichi romani come “helvolae” ossia con uve grigie.

Nella seconda metà del XIX secolo il Pinot nero approda in Oltrepò Pavese e di seguito viene spe-

rimentato in tutta la penisola e in Sicilia; la maggior parte degli addetti ai lavori valuta la produ-

zione come uva da taglio con le loro autoctone e sorpresi dalla maturazione precoce, nonché dai

danni provocati da uccelli e altri animali, abbandonano il progetto. Solo in Oltrepò Pavese il viti-

gno trova il suo habitat ottimale; i primi impianti si effettuano a Rocca de’ Giorgi nel 1865 per

opera del Conte Carlo Giorgi di Vistarino che pochi anni dopo, unitamente all’imprenditore pie-

montese Carlo Gancia, inizia a elaborare e commercializzare lo Champagne italiano. Ad emular-

lo, alla fine degli anni settanta, è l’Ing. Domenico Mazza di Codevilla che assume un enologo ori-

ginario di Reims al fine di produrre bollicine e in breve tempo si ottengono ottimi risultati sia qua-

litativi, sia commerciali. Due sono le tipologie di spumante proposte dall’azienda: uno secco, l’al-

tro semi-secco. Significativo il riconoscimento, 1° posto, ricevuto all’Esposizione Nazionale di

Milano del 1894; merita una segnalazione anche l’evento riportato nel 1886, dal Giornale

Vinicolo Italiano, relativo al varo della nave “Vesuvio” avvenuto in quel di Napoli, ad opera del

Principe Luigi di Savoia, con una bottiglia di Champagne Montelio.

Nel 1907 nasce a Casteggio la SVIC (Società Vinicola Italiana di Casteggio) e a dirigerla viene

chiamato Pietro Riccadonna, uno dei padri della spumantistica moderna, che come motto per il

lancio commerciale dello spumante fa sua l’affermazione biblica: “cos’è la vita se non spumeg-

gia il vino?”. Due anni dopo viene affiancato da Angelo Ballabio e, successivamente, altri due

personaggi emergenti si aggregano a loro: Mario Odero e Raffaello Sernagiotto i quali operano

molto bene e il loro prodotto varca l’oceano. Nel 1912 il cartello pubblicitario “Gran Spumante

SVIC” è collocato, in maniera ben visibile, accanto alla statua della libertà di New York per la

commozione e la gioia degli emigranti oltrepadani che cercano fortuna nel nuovo mondo. Con

l’avvento della prima guerra mondiale (1915-18) la SVIC chiude i battenti e i quattro giovani

imprenditori si dividono; solo due di loro, alla fine delle ostilità, procedono nel mondo della spu-

mantistica: Angelo Ballabio a Casteggio e Pietro Riccadonna nel vicino Piemonte. La fama dello

spumante secco metodo champenois dell’Az. Agr. Ballabio varca, in breve tempo, i confini nazio-

nali e dal 1931 può fregiarsi in etichetta del contrassegno di fornitore della Real Casa con l’auto-

rizzazione ad apporre le insegne ducali concessagli da Emanuele Filiberto Duca d’Aosta. Angelo

passa il testimone al figlio Giovanni che sino alla morte (1975) resta, per il territorio, il Signore

della spumantistica oltrepadana. Nel frattempo emergono altre realtà nel mondo locale delle bol-

licine: negli anni trenta dello scorso secolo è la Cantina Sociale La Versa a dare il via alla produ-

zione di spumante a rifermentazione in bottiglia; fa seguito nel 1958 l’Az. Agr. Malpaga di

Canneto Pavese.

Con l’avvento, nel 1970, della D.O.C. Oltrepò Pavese e con la presidenza della Cantina La Versa

S.p.A. affidata al Duca Antonio Denari, inizia una nuova era per la spumantistica locale e la

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Cantina Sociale di S. Maria ne diventa la locomotiva trainante.

Nel 1971 nasce dal Consorzio Vini Tipici il Consorzio Volontario dei Vini D.O.C. Oltrepò Pavese,

a dirigerlo Edgardo Rovati e a presiederlo è il medesimo Duca Denari che, successivamente, viene

eletto anche a capo dell’Istituto dello Spumante Classico Italiano; il suo carisma lo porta ad esse-

re tra i primattori del settore e il Pinot nero made in Oltrepò diventa una grande realtà per l’inte-

ra spumantistica nazionale.

Il territorio vanta attualmente una superficie di impianto pari a 2.500 ettari a Pinot nero e 900 etta-

ri a Pinot grigio pari al 25,60% dell’intera area vitata iscritta all’Albo della D.O.

Nell’anno 2007 l’Oltrepò, grazie all’impegno profuso dal Presidente del Consorzio Vittorio

Ruffinazzi e dal Direttore Carlo Alberto Panont, acquisisce la D.O.C.G. per l’Oltrepò Metodo

Classico e con essa la possibilità di nobilitare ulteriormente questa regione viticola.

Se il vitigno in oggetto si identifica storicamente per la produzione di uve finalizzate alla spuman-

tizzazione, è pur vero che dagli anni cinquanta del secolo scorso qualche produttore ha intuito la

possibilità di poter vinificare anche in rosso tali uve. Il primo ad ottenere eccellenti risultati qua-

litativi è stato il Dr. Carlo Dezza di Montecalvo Versiggia emulato, a breve, dalla Dr.ssa

Giuseppina Quaroni di Montù Beccaria. Dai loro successi nasce la convinzione che, con l’ade-

guato supporto della ricerca scientifica, l’identificazione dei cloni ottimali, la scelta del terreno,

del microclima e delle adeguate operazione colturali, una nuova importante realtà viticola-enolo-

gica possa caratterizzarsi con alcuni nostri territori. Inizia così una nuova avventura che vede

impegnate già un buon numero di aziende con risultati decisamente incoraggianti. Spumanti clas-

sici importanti e un vino rosso di grande eleganza; la sfida continua e alla base sempre lui: l’ac-

cattivante, a volte bizzarro, ma sempre affascinante Pinot nero.

Cantina dell’Azienda Vistarino di Rocca de’ Giorgi: batteria di torchi idraulici di inizio secolo.

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Cumuli congesti sintomo di atmosfera instabile favor evole allo sviluppo convettivo.

Cielo sereno con cumuli da bel tempo e cirri in alta quota prodotti dall ’instaurarsi di condizioni anticiclo-niche.

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 15

2. Le risorse ambientali

2.1. Il climaL’area dell’Oltrepò Pavese si colloca all’interno del bacino padano, delimitato dalle catene

alpina ed appenninica e con una apertura principale verso est; in particolare la fascia collinare

pavese si inserisce nella fascia appenninica che dal Piemonte si spinge verso l’Emilia. L’area è

caratterizzata da solchi vallivi con direzione prevalente da sud verso nord. Fra gli aspetti legati

alla localizzazione ed ai caratteri geografici che presentano le più forti ripercussioni sul clima si

segnala:

• La vicinanza di “regioni sorgenti” dalle quali la grande circolazione atmosferica attinge masse

d’aria con caratteristiche particolari convogliandole sull’area dell’Oltrepò Pavese. Le principa-

li “regioni sorgenti” sono la regione artica (fonte di masse d’aria fredda), la regione continen-

tale russo – siberiana (fonte di masse d’aria molto fredda ed asciutta nel periodo invernale),

l’area atlantica (fonte di masse d’aria umida e mite), il Mediterraneo, fonte di aria calda in tutte

le stagioni ed infine l’area africana (fonte di aria molto calda e che si umidifica transitando sul

Mediterraneo).

• La struttura del rilievo (giacitura, pendenza, esposizione), la quale determina vari effetti di

tipo pluviometrico, riassunti nel termine “intensificazione orografica”. Inoltre dal punto di

vista termico si può osservare che le aree di fondovalle e comunque le zone di compluvio sono

esposte nel periodo notturno a fenomeni di accumulo di aria fredda che scivola dalle pendici

mentre le pendici stesse presentano condizioni di maggior mitezza. Inoltre le pendici non

risentono degli effetti di accumulo d’aria fredda al fondo del “catino” padano, frutto delle

inversioni termiche invernali ed il cui indicatore principale sono gli episodi di nebbia estesa

e persistente.

• La copertura del suolo che determina una vasta serie di effetti microclimatici (es: un suolo

nudo si scalda molto di più durante il giorno e si raffredda più velocemente nel periodo not-

turno).

La radiazione solare

Se la radiazione solare che giunge su un terreno in piano è funzione della latitudine, nelle zone

collinari sono a tutti noti in termini qualitativi gli effetti della pendenza, dell’esposizione e del-

l’orizzonte orografico tipico di ciascun vigneto. Per esprimere in termini quantitativi le risorse

radiative territoriali è stato realizzato un modello radiativo del territorio che ha consentito di sti-

mare le risorse radiative dell’Oltrepò su aree (celle) di 75 x 75 m. Si tratta di un importante stru-

mento di valutazione vocazionale, che si è reso disponibile grazie all’affinamento delle tecniche

di modellizzazione ed all’aumentata potenza di calcolo degli elaboratori.

L’algoritmo impiegato è stato applicato al DEM (Modello Digitale del Terreno) dell’Oltrepò

visualizzato in figura 2.1.

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16 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

Il risultato finale sono i valori di Radiazione globale (scomposta nella componente diretta e dif-

fusa) e di radiazione fotosinteticamente attiva che giungono su ogni singola cella, il tutto espres-

so in MJ per m2 all’anno. I valori sono stati calcolati con step di 10 minuti e sono stati integrati

per ottenere dei totali annuali che esprimono le risorse radiative delle singole porzioni di territo-

rio. In particolare la mappa della PAR (figura 2.2) mostra l’estrema disomogeneità della distribu-

zione della radiazione sul territorio collinare dell’Oltrepò, disomogeneità che rappresenta una

chiave di lettura importante per individuare le diverse vocazionalità del territorio per la coltura

della vite. Mediamente l’aria orientale si presenta caratterizzata da una maggiore omogeneità di

valore di radiazione solare, compresa tra 2250 e 3000 MJ/m2 all’anno, mentre l’aria occidentale

si contraddistingue per avere un andamento collinare est-ovest con i versanti rivolti verso sud

molto assolati.

Figura 2.1: Modello digitale del terr eno della D.O. Oltrepò Pavese.

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 17

La temperatura dell’aria

La temperatura dell’aria è frutto di tre fenomeni distinti:

• il bilancio energetico della superficie del terreno (quanta energia arriva dal Sole, quanta viene

ceduta dalla superficie verso l’atmosfera e verso l’interno del terreno);

• gli apporti di masse d’aria calda o fredda dalle zone circostanti dovuti alle brezze di monte e

di valle;

• gli apporti a grande scala di masse d’aria calda o fredda dalle “regioni sorgenti”.

Nella fascia compresa fra la base delle colline ed i 600 m di quota la temperatura media annua

presenta valori di circa 11/12°C e la temperatura media del mese più freddo (gennaio) è di circa

1/2°C. L’isoterma di 0°C che corre a circa 800 m di quota può essere considerata il limite fra la

fascia di collina e quella più propriamente montana. La media delle minime è per lo più inferio-

re a 0°C con la particolarità che i valori delle località a quota inferiore a 400 m sono inferiori a

quelli delle località poste fra 400 e 600 m come conseguenza di un tipico effetto di inversione ter-

mica.

Figura 2.2: Mappa della radiazione fotosinteticamente attiva (PAR) della D.O. Oltrepò Pavese.

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18 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

Le temperature medie del mese più caldo (luglio o agosto) sono relativamente omogenee (22 /

24°C) mentre a quote inferiori a 500 m sono le massime mensili (circa 28 / 30°C) ad essere sen-

sibilmente diverse da quelle fra 500 e 600 m (25 / 27 °C). Le temperature minime verificate nei

mesi di gennaio o febbraio sono comprese fra –8 e –13°C.

Le precipitazioni

La quantità e la distribuzione spaziale e temporale delle precipitazioni risente dei seguenti fatto-

ri principali:

• la localizzazione geografica cui é connessa la frequenza e la persistenza delle diverse struttu-

re circolatorie favorevoli alle precipitazioni e in particolare le perturbazioni atlantiche, le

depressioni mediterranee e le irruzioni di aria fresca atlantica in quota nel periodo estivo cui

conseguono temporali anche violenti;

• effetti del rilievo (accentuazione orografica delle precipitazioni).

La distribuzione media delle precipitazioni nel corso dell’anno è caratterizzata da un massimo ed

un minimo rispettivamente nei mesi di novembre e di luglio. In media il mese più piovoso nella

stagione primaverile risulta essere maggio (tabella 2.1).

Cumulonembo: tipica nuvola temporalesca in grado di produrr e pioggia, grandine e seppur raramentetrombe d’aria.

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 19

La distribuzione spaziale delle precipitazioni mostra un gradiente altitudinale, con piogge che

aumentano al crescere della quota e con una diminuzione progressiva da ovest verso est (figura

2.3) che indica l’approssimarsi dei minimi precipitativi dell’alessandrino (Alessandria: 556

mm/anno di precipitazione media).

Figura 2.3: Mappa delle precipitazioni medie annue (mm/anno) della D.O. Oltr epò Pavese.

Mese G F M A M G L A S O N D

mm 69 70 91 94 121 80 47 70 89 114 143 87

Tabella 2.1: Distribuzione mensile delle pr ecipitazioni medie annue (mm).

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20 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

2.2. Analisi pedopaesaggisticaL’Oltrepò Pavese, in larga misura, presenta un’orografia preappenninica. Il paesaggio è quello

preappenninico con fenomeni di dissesto franoso e grandi aree di erosione in cui affiorano forma-

zioni costituite da marne, calcari arenacei, galestri e gessi. Da questi sedimenti del Secondario e

Terziario emergono, nei luoghi più elevati, masse eruttive ofiolitiche nere (serpentine, diabasi,

ecc.) che originano aspri dirupi senza vegetazione.

La costituzione geologica dell’area può essere riassunta in:

• la parte piana appartiene all’era Quaternaria; tale area è formata dalle alluvioni recenti del Po

e dalle conoidi glaciali-post-glaciali e dalle correnti appenniniche che si sono sovrapposte o

appoggiate alle formazioni preesistenti;

• le formazioni del «diluvium recente», che si estendono su circa 25.000 ettari in terreni com-

presi fra le alluvioni e le prime ondulazioni collinari. Queste formazioni si presentano come

una fascia che parte da Monte Acuto, tocca Stradella, Broni, Cigognola, Redavalle, Santa

Giuletta, Casteggio e dopo un’ansa profonda prosegue per località Torrazza Vecchia sino a

Rivanazzano. In questa zona pedecollinare è difficilissima la differenziazione tra diluvium

antico e recente, dato che le marne fossilifere, che spesso si osservano sul conglomerato plio-

cenico, non si manifestano costantemente lasciando il dubbio sulla loro collocazione nel

Pliocene o in altra età.

Vigneti dopo la nevicata del gennaio 2006.

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Rocca de’ Giorgi, Montecalvo,Ruino, Varzi

Mornico Losana,San Damiano al Colle e

Casa Calatroni

Torrazza Coste, Casteggio,Montebello fino Montù Beccaria

Rocca Susella, Borgo Priolo eCalvignano

Montalto Pavese, Calvignano,Rocca Susella e Godiasco

Montù Beccaria, Rovescala,Montescano, Castana, Canneto

Pavese, Pietra de’ Giorgi,Cigognola, Redavalle,

S. Giuletta, Torricella Verzate

Pianura

Aquitaniano Burdigaliano Langhiano Serravalliano Tortoniano Messiniano

Era

Periodo

Epoca

Cenozoico

Paleogere Neogere Q.

Paleocene Eocere Oligocere Miocene PPlio-cene

-60 -50 -40 -30 -20 -10 0

Milioni di anni fa

Figura 2.4: Formazione dei terreni nei principali comuni lungo la scala dei tempi geologici.

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 21

I terreni collinari, nei quali si trova la maggior parte della superficie coltivata a vite dell’Oltrepò,

appartengono al Cenozoico e si presentano in fasce assai svariate. Quelli del Pliocene si limitano

a pochi conglomerati che affiorano tra le marne sabbiose nei dintorni di Montebello, Torrazza

Coste, Casteggio e nelle zone più orientali dell’Oltrepò (Montù Beccaria, ecc.). Le formazioni

mioceniche sono più complesse ed importanti, presentano cinque piani diversi per un’estensione

di oltre 16.000 ettari compresi nelle colline e nelle prime montagne. Il piano più recente è dato

dal Messianico, caratterizzato da marne gialle chiare, con lenti calcaree in una continuità molto

precisa. Appartengono a questa formazione i terreni di Montù Beccaria, Rovescala, Montescano,

Castana, Canneto Pavese, Pietra de’ Giorgi, Cigognola, Redavalle, S. Giuletta, Torricella Verzate

e in piccola parte i territori dei comuni di Corvino S. Quirico, Casteggio, Torrazza Coste,

Codevilla e Godiasco. Le zone intorno a Montalto Pavese, Calvignano, Rocca Susella e Godiasco

fanno parte del Langhiano costituito da uno strato massiccio di marne, depositatesi in un mare

assai profondo. I terreni si presentano in prevalenza sotto forma di marne bianco-azzurrognole,

talvolta giallastre, in strati di spessore vario, alternate talora con strati arenacei o calcarei. Il pas-

saggio all’Oligocene avviene per gradazioni insensibili attraverso un complesso di strati arenacei,

scistosi, ma prevalentemente marnosi formanti l’Aquitaniano che ha notevoli estensioni nei din-

torni di Rocca Susella, Borgo Priolo e Calvignano. L’Oligocene, che forma un periodo di transi-

zione fra Eocene e il Miocene, non ha limiti ben definiti; si estende per circa 13.000 ettari su un

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22 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

P 4 P 9

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Profili di suoli caratteristici dell’Oltrepò Pavese

P 4 - u.c. 2: suoli profondi, a tessiture franco-limo-so-argillose e accumuli di carbonati in profondit àsu substrati flyschoidi calcarei limoso-argillosi.

P 9 - u.c. 9: suoli moderatamente profondi a tessi-ture franco-limoso-argillose, con ristagni idrici nellaparte medio-bassa del suolo su substrati a domi-nante argillosa.

P 18 - u.c. 8: suoli da sottili a moderatamente pro-fondi a tessitura franco-sabbiosa su substrato adalternanze di arenarie poco cementate e limi.

P 24 - u.c. 7: suoli moderatamente profondi a tes-situra franca, ben drenati, con contenuti in schele-tro crescenti con la profondit à, a substrati ar ena-ceo-conglomeratici.

P 25 - u.c. 13: suolo moderatamente profondo deiversanti erosi, a tessitura franco-limoso-argillosa,su substrato costituito da alter nanze di calcari,marne e argille.

P 38 - u.c. 17: suoli profondi a tessiture moderata-mente fini ben dr enati dei pianalti pi ù rilevati edantichi, erosi e rimodellati, a depositi fluviali moltoalterati.

P 41 - u.c. 20: suoli moderatamente profondi a tes-situra franco-limosa, limitati da orizzonti induriti,tipici dei pianalti inter medi a depositi fluviali rico-perti da limi eolici.

P 25 P 38

P 41

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24 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

vasto territorio di collina e si rinviene specialmente a Rocca de’ Giorgi, a Montecalvo, a Ruino, a

Varzi, ecc.

Le formazioni eoceniche dell’Oltrepò si limitano ad una prima vasta area di terreni costituiti da

argille scagliose, da galestri, con affioramenti ofiolitici, misti a gabbri e da uno strato sovrastan-

te di calcare marnoso che si presenta sotto forma di banchi (talora di notevole spessore) ed in

amigdali alternate con calcescisti, calcifori e rocce durissime di natura calcarea. Gli scisti gale-

strini e le argille scagliose si estendono su circa 19.000 ettari coprendo estese superfici dell’alta

collina. Il piano più recente dell’Eocene, formato in prevalenza dal calcare marnoso, corrisponde

all’ “Alberese” della Toscana e ai grandi banchi della formazione del “Monferrato”. Comprende

16.000 ettari, ricchissimi di calcare e i terreni del triangolo di media e bassa collina con vertici a

Mornico Losana, San Damiano al Colle e Casa Calatroni.

Se geologicamente i terreni dell’Oltrepò presentano una grande varietà, dal punto di vista agro-

nomico le differenze sono meno sensibili. Le zone viticole con caratteristiche litologiche omoge-

nee sono fondamentalmente sei: i depositi alluvionali terrazzati, le argille siltoso-marnose, le

alternanze eterogenee di conglomerati, arenarie, siltiti e argille, le alternanze a dominante are-

nacea, le alternanze a dominante marnosa-calcareo-argillosa e i gessi.

• Depositi alluvionali terrazzati

I depositi alluvionali terrazzati si sviluppano principalmente lungo la fascia pedecollinare dal

confine con il Piemonte fino a Verzate e da Broni al confine con la provincia di Piacenza, inse-

rendosi lungo l’alveo dei principali corsi d’acqua. Questi depositi formano i primi dolci rilie-

vi costituendo il raccordo tra la pianura e l’area collinare. Si tratta di depositi elastici incoe-

renti a granulometria eterogenea, generalmente ricoperti da una coltre di alterazione di varia

potenza e colore.

• Alternanze eterogenee di conglomerati, arenarie, siltiti e argille

Questa unità raggruppa tutte quelle formazioni caratterizzate da una estrema variabilità litolo-

gica di cui è difficile la suddivisione in litofacies. È perciò costituita da arenaria, brecce, cal-

cari, calcari cariati, marne, conglomerati gessiferi, conglomerati e argille che generalmente

costituiscono corpi lentiformi variamente interstratificati. Affiora estesamente nella parte col-

linare centrale della zona occidentale tra i confini est e ovest del comune di Retorbido.

Prosegue ad est comprendendo quasi interamente la superficie dei comuni di Corvino San

Quirico, Torricella Verzate e parte di quelli di Santa Giuletta e Mornico Losana. Un altro affio-

ramento si ritrova nella zona di Pietra de’ Giorgi che continua tra i comuni di Montescano e

Montù Beccaria e tra Montù Beccaria, Broni e Stradella.

• Alternanze a dominante arenacea

Questa litofacies è caratterizzata da alternanze più o meno regolari di arenarie variamente

cementate, sabbie, marne-siltose e argille, generalmente di colore grigio. Solitamente hanno

maggiore diffusione le fitte sequenze di straterelli arenacei, marno-siltosi e argillosi ma local-

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Page 24: Pinot nero

mente si può avere in predominanza della parte psamamitica o di quella pelitica. Nel primo

caso gli strati arenacei assumono spessori intorno a 80-100 cm; nel secondo viceversa si hanno

spessori di pochi centimetri. La morfologia dei rilievi, costituita da questa unità, in relazione

alle frequenze degli interspazi pelitici, è assai varia con pareti verticali e pendii a modesta

acclività ove si possono accumulare spessori anche notevoli di coltre eluvio-colluviale.

Frequenti in questa unità sono i fenomeni di scoscendimento al contatto con formazioni argil-

lose. Questa tipologia è presente lungo le valli di quasi tutti i torrenti oltrepadani in particola-

re modo in quelli della zona centro-occidentale dove riveste una certa importanza viticola.

• Alternanze a dominante marnoso-calcareo-argilloso

È costituita da alternanze ritmiche di calcari-marnosi di spessore variabile tra i 30 e i 250 cm

e argille in strati da 5-70 cm. Dal punto di vista morfologico forma rilievi con pendenze mode-

ste. La facile degradabilità dei litotipi più fini favorisce la formazione di un’estesa coltre elu-

vio-colluviale che su pendii meno accentuati può assumere anche spessori notevoli. Sono fre-

quenti fenomeni di scoscendimento e smottamento lungo i versanti più in pendio. Affiora este-

samente occupando l’area compresa tra Rovescala, Oliva Gessi fino alle sorgenti del torrente

Versa al confine con la provincia di Piacenza. Un’altra striscia importante e intensamente vita-

ta, come la precedente, va da Montalto Pavese a Canevino attraversando trasversalmente la

Valle Scuropasso.

• Gessi

Unità costituita da corpi lentiformi di gessi cristallini a grana da media a grossa, affiora su

estensioni areali molto limitate anche se intensamente coltivata a vite. Si riscontrano queste

zone nei pressi di Garlassola, Mondondone, Corvino S. Quirico, Montepezzata e Cà Bianca.

Le zone geomorfo-litogiche che caratterizzano le tipologie di specializzazione produttiva

dell’Oltrepò Pavese sono state riassunte attraverso la carta pedologica o pedopaesaggistica. Lo

studio scientifico per la stesura della carta definitiva ha fatto riferimento sia a studi precedenti di

tipo pedologico, clivometrico, altimetrico, litologico, idrogeologico, sia a cartografie derivate del

tipo geologico, geomorfologico e paesaggistico.

Il documento finale è stato prodotto anche grazie alle analisi chimico-fisiche sul terreno e dalle

interpretazione delle fotografie aeree. Il territorio così delineato si compone di una serie di poli-

goni la cui superficie è caratterizzata da una combinazione pedopaesaggistica diversa da quelle

contigue; questi insiemi pedopaesaggistici prendono il nome di unità cartografiche. Le unità car-

tografiche descritte nella carta pedologica hanno lo scopo di schematizzare il territorio indicando

le caratteristiche suolo-ambiente prevalenti.

La descrizione dei suoli e dei paesaggi esposta nella carta pedologica è organizzata per unità car-

tografiche. La struttura è divisa in 4 sezioni riportate nella legenda.

1) Nella prima di queste, costituita da tre colonne viene descritto il paesaggio suddiviso in siste-

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 25

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26 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

mi, sottosistemi, unità e sottounità. Sistema e sottosistema costituiscono una suddivisione che

descrive i caratteri fitoclimatici e paesaggistici che caratterizzano le grandi suddivisioni ope-

rabili sul territorio dell’Oltrepò e cioè: collina a substrato roccioso (P), terrazzi (R), fondival-

le intermontani (PV) e pianura esterna (L). La descrizione di unità e sottounità illustrano la

forma delle superfici, la loro organizzazione e distribuzione nello spazio rispetto a quelle vici-

ne, gli elementi morfologici che le caratterizzano o che le delimitano, oltre alla loro origine.

Nella sottounità questi aspetti vengono approfonditi e particolareggiati con l’aggiunta della

natura litologica del substrato, origine e granulometria prevalente dei sedimenti, pendenza e

forma delle superfici, ecc.

2) Nella seconda sezione della legenda trovano posto i numeri d’ordine attribuiti alle diverse

unità cartografiche.

3) Nella terza sezione vengono invece descritti i suoli. Di questi vengono riportati i principali

caratteri: profondità utile per le radici (definita in base alla presenza di orizzonti che ne limi-

tino l’approfondimento), scheletro (ossia il contenuto in ghiaia), tessitura (rapporto percentua-

le tra sabbia, argilla e limo nella terra fine), reazione (pH), C.S.C. (Capacità di Scambio

Cationico) e drenaggio che indica la velocità con cui un suolo si libera dell’acqua di percola-

zione.

4) L’ultima sezione riporta la classificazione dei suoli secondo la Soil Taxonomy del

Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti.

Complessivamente la carta è costituita da 29 unità cartografiche e il paesaggio è suddiviso in 4

grandi Sistemi-Sottosistemi costituiti da collina a substrato roccioso (P), terrazzi (R), fondivalle

intermontani (PV) e pianura esterna (L). I versanti collinari sono connotati dalla siglatura PB;

essi sono suddivisi in 4 unità di paesaggio (PB 1, 2, 3, 4), 15 sottounità, cui corrispondono 15

unità cartografiche. I terrazzi sono connotati dalla sigla R, contengono due sottosistemi, 5 unità

di paesaggio ed altrettante unità cartografiche. I fondivalle sono connotati dalla sigla PV; presen-

tano quattro unità di paesaggio. La pianura esterna è individuata da un solo sistema, sottosiste-

ma, unità di paesaggio ed unità cartografica mentre le restanti 3 unità cartografiche coinvolgono

aree di frana, urbanizzate e antropizzate. Nella carta compaiono complessivamente più di 750

delineazioni.

Si riportano la carta pedologica (figura 2.5) e la legenda associata delle unità cartografiche (tabel-

la 2.2).

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Scorcio di paesaggio primaverile tra le vigne di Zenevr edo.

Paesaggio viticolo estivo in località Bozzola nel comune di Oliva Gessi.

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 35

3. Le Unità Territoriali della D.O. Oltrepò Pavese

La mappa delle Unità Territoriali (UT) che viene riportata, e la relativa legenda, sono la sin-

tesi delle informazioni scientifiche raccolte durante gli ultimi 10 anni grazie agli studi condotti

sul territorio della DOCG. I lavori sono stati intrapresi con lo studio triennale di zonazione con-

dotto a partire dal 1999 con il contributo dell’Amministrazione Provinciale di Pavia, coordinato

dal Di.Pro.Ve. dell’Università di Milano e con la collaborazione dell’Università di Piacenza,

dell’ERSAF, di Ager sc e sono stati completati con esperienze di monitoraggio del territorio con-

dotte da Ager sc, dall’Università di Milano e dal Consorzio Tutela Vini dell’Oltrepò Pavese.

Le differenti vocazionalità territoriali prevedono la distinzione tra aree adatte alla vinificazione a

base spumante e zone più idonee alla vinificazione in rosso per la varietà Pinot nero. Le varie deli-

mitazioni sono state create analizzando i parametri climatici, pedologici e morfologici. Le aree

più indicate per base spumante (UT1, UT2 e UT5) sono caratterizzate da suoli con tessiture fini,

localizzate prevalentemente in aree alte e fresche che risultano più piovose, con temperature più

miti e con i maggiori sbalzi termici giornalieri. I terreni possiedono mediamente una buona abi-

tabilità, sono profondi e hanno una elevata dotazione di nutrienti, maggior riserva idrica e drenag-

gi più lenti. Le unità si sviluppano ad altezze medio-alte comprese tra i 200 e 550 m e sono carat-

terizzate da versanti con esposizioni est/ovest. Le pendenze sono moderate.

A queste unità si sovrappongono zone a duplice attitudine (UT2) le quali risultano essere mag-

giormente assolate e calde con versanti orientati prevalentemente verso sud/ovest.

Le unità più adatte ad un obiettivo enologico in rosso (UT4 e UT6) si contraddistinguono per

avere tessiture più sciolte, suoli meno fertili, meno profondi e con una maggior capacità di allon-

tanamento delle acque in eccesso. Le fasce vocate sono quelle più calde a ridosso della pianura e

poste ad altitudini comprese tra 100 e 300 m. I versanti sono prevalentemente esposti verso

sud/ovest e con pendenze anche sostenute. I regimi idrici sono inferiori. Le unità 4 e 6 si diffe-

renziano tra loro per il livello di stress idrico che possono indurre alle uve durante la fase di matu-

razione essendo l’UT6 maggiormente calda, meno drenata e con tessiture più fini.

Tabella 3.1: Schema riassuntivo delle principali caratteristiche delle Unit à Territoriali dell’Oltrepò Pavese.

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36 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

Questa suddivisione del territorio della DOCG Oltrepò Pavese in 6 differenti Unità Territoriali,

riportate nella figura 3.1, identificando le aree di coltivazione delle varietà Pinot nero in cui le pre-

stazioni vegetative, produttive e qualitative si possono considerare sufficientemente omogenee e

confrontabili, ha permesso di elaborare dei modelli di conduzione specifici per ogni UT realiz-

zando delle schede contenenti dei consigli riguardanti sia le scelte di gestione del suolo e di

gestione della parete vegetativa che le scelte genetiche (clone e portinnesto) integrate con i con-

sigli enologici più appropriati in base all’obiettivo di vinificazione.

Paesaggio di prima collina.

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 37

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38 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

UNITÀ TERRITORIALE 1

Caratterizzazione ambientalePaesaggio: area collinare dell’Oltrepò Orientale collocata tra i comuni di Montecalvo Versiggia,Rovescala e Santa Maria della Versa. Il paesaggio è costituito prevalentemente da dorsali ampiamentearrotondate intervallate da tratti subpianeggianti. I versanti sono ampi e di forma variabile, anche moltoondulati, con pendenze da moderate a moderatamente elevate. Geologia: il substrato è soffice e in maggior parte di natura argillosa (argille-marnose) con valori varia-bili e crescenti di calcare (marne). Suoli: il suolo è facilmente lavorabile con la possibilità diffusa nei versanti più scoscesi di fenomenierosivi. I suoli si presentano di tessitura fine (argillo-limoso), prevalentemente profondi, molto calcarei,con capacità di drenaggio mediocre e scheletro scarso. Il pH è alcalino.

La zona è contraddistinta da buoni valori di radiazione fotosinte-ticamente attiva (PAR: media 2300 MJ/m2 all’anno). L’area sisviluppa prevalentemente nella fascia collinare più interna e datal’ampiezza l’unità è caratterizzata da altitudini variabili tra i 150m del fondovalle ai 550 m nelle aree più estreme; presenta unaclasse di piovosità elevata (> 850 mm). La temperatura mediaannua è di 11°C e risulta essere più fresca della prima fascia col-linare di circa 1-2°C; la media estiva è di 22°C con oscillazionidi circa 2°C tra le aree più elevate e i versanti meglio esposti.Durante il periodo vegetativo della pianta l’unità si contraddistin-gue per le elevate escursioni termiche giornaliere. Le temperatu-re medie invernali possono scendere sotto lo zero termico.L’esposizione dei versanti è prevalentemente verso est/nord(70%) e sud (30%) e con pendenze medie del 20%.

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 39

VocazionalitàArea adatta in particolare per la produzione di vini spumante di elevato pregio,prodotti con uve caratterizzate da un ottimo rapporto tra tenore zuccherino e livel-lo acidico.

Profilo sensoriale

Attitudine principale

Il profilo si presenta ampio e complesso. I vini sono caratterizzati da note floreali superiori alla mediaaccompagnate da sentori di frutta matura (mela, ananas). In ugual misura si percepiscono fragranze divegetale secco con richiami di fieno e paglia. Mediamente percepite sono le note erbacee e speziate inparticolar modo di pepe. Il vino risulta mediamente minerale con una buona struttura e persistenza alladegustazione. Particolarmente acido e con una discreta percezione dell’amaro.

Il vino risulta equilibrato con note floreali di viola, sentori di ciliegia e frutti rossi nella media. Le noteerbacee prevalgono sullo speziato (pepe) e sulla percezioni di vegetale secco e frutta cotta (prugna, mar-mellata). Al gusto il vino si presenta con discreta struttura, abbastanza acido e astringente.

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40 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

Consigli GestionaliOltrepò DOCG

Utilizzare cloni dall’elevato potenziale qualitativo e adatti a realizzare basi spu-mante. Privilegiare un mix di cloni che forniscono un quadro acidico superiore eun tenore zuccherino medio-elevato. Tra i cloni francesi sono consigliati i 665,666, 778, 780, 871, mentre in suoli particolarmente pesanti utilizzare 388, 389,521, 583, 668. Impiegando cloni italiani adottare SMA 191, 5-V-17, MIRA 95-3047, R4. Tra i cloni tedeschi il Gm 18. I portinnesti da utilizzare sono il 420A,SO4, Teleki 5C e Kober 5BB. In terreni particolarmente calcarei adottare il 41B.

Si consiglia una forma di allevamento a parete (Guyot) con densità d’impiantocomprese tra 4200 e 4500 piante/ha. Attuare una potatura ricca lasciando sul tral-cio di rinnovo circa 14 gemme totali/pianta evitando la sovrapposizione tra i ceppi.

La pratica dell’inerbimento, accompagnata nel sottofila da lavorazioni o diserbo,risulta particolarmente idonea a causa della giacitura dei vigneti su versanti parti-colarmente scoscesi che determina fenomeni di erosione in caso di intense precipi-tazioni accentuati dalla tipologia di sistemazione diffusa nella zona (rittochino). Siconsiglia un inerbimento competitivo costituito da leguminose e graminacee alloscopo di migliorare il grado di copertura del suolo, di elevare il consumo d’acquain eccesso e di apportare una maggior dose di azoto grazie alle capacità azoto fis-satrice delle leguminose. Specie consigliate sono: Festuca arundinacea o F. ovinae Trifolium incarnatum. Nel caso il livello di competizione risultasse essere ecces-sivo e il vigore complessivo del vigneto risultasse troppo limitato sostituire laFestuca con Poa pratensis. In caso di annate particolarmente siccitose si consigliauna gestione del prato di tipo temporaneo praticando la rottura del cotico erboso nelperiodo di fine primavera (giugno) tramite estirpatore o zappatrice. Ogni 2 o 3 anniprevedere l’utilizzo di aratri talpa o ripper allo scopo di arieggiare il suolo, di eli-minare eventuali suole di lavorazione e di migliorare il drenaggio; questa pratica èparticolarmente consigliata nei punti di raccordo con le zone di fondovalle con l’at-tenzione di realizzarla con terreni in tempera. Essendo presenti suoli ricchi diPotassio si consiglia una riduzione del quantitativo in restituzione annuale del 10-15% e un incremento delle unità di Azoto del 10% per sostenere il livello acidico.

In funzione della influenza dell’annata sull’entità del germogliamento effettuareuna scacchiatura più o meno intensa asportando i germogli secondari sterili allalunghezza di circa 15-20cm. Eliminare anche i germogli originati da gemme dicorona e controcchio o posti in posizioni non ideali sul tralcio. Per non inficiare ipotenziali livelli acidici non effettuare sfogliature e attuare due cimature di cui laprima in allegazione. Il diradamento dei grappoli deve essere effettuato all’invaia-tura con intensità tale da poter rispettare i limiti del disciplinare. Si può stimareuna produzione di uva per pianta di circa 2,2 kg.

La raccolta manuale è consigliata per mantenere il mosto protetto da ossidazioni eper minimizzare le operazioni di pulizia dei vini. In pressa, dove verranno versatele uve intere, non pigiadiraspate, si consiglia per uno spumante rosato di pressarein ambiente possibilmente protetto dall’ossigeno e in tempi lunghi per ottenere unamaggiore colorazione del mosto. Sul pressato si consiglia una chiarifica statica afreddo per illimpidire il mosto. È raccomandato l’aggiunta di sali ammoniacali etiamina, in dosi minime, per integrare le sostanze azotate e le vitamine perse nel-l’illimpidimento. Con le prime frazioni delle pressature e dai migliori tagli dei vinibase dell’annata è possibile affinare “sur lies” per oltre 24 mesi, come previsto daldisciplinare per i millesimati.

Scelte genetiche

Gestione del suolo

Gestione dellapianta

Consiglio enologico

Modello viticolo

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 41

O.P. Pinot neroSi consigliano cloni dall’elevata specificità, caratterizzati da basso o medio vigore,da elevata potenzialità nella produzione degli zuccheri e del quadro polifenolico. Siprivilegia una selezione policlonale in vigneto in modo da attenuare le alternanzedettate dall’annata e garantire un elevato e stabile tenore alcolico accompagnato dastruttura e intensità di colore. Tra i cloni francesi da adottare per la produzione diun rosso giovane i 113, 375, 829; per un rosso di media struttura i 114, 115, 459,mentre per rossi strutturati si consigliano i 165, 777, 828, 927, 943. Tra i cloni ita-liani Lb 9, Lb 4, SMA 185, MIRA 95-3131, MI-MIRA 98-3140 e VCR 9.Tra i portinnesti si consigliano: 101-14, 161-49, SO4 e 110R.

Per esaltare l’attitudine del territorio ad una vinificazione in rosso si consiglia unamaggior densità di impianto (circa 5000 ceppi/ha) con forma di allevamento aGuyot e attuare potature corte con 12 gemme totali sul tralcio di rinnovo.Privilegiare le esposizioni più assolate e calde.

Per ridurre gli effetti della vigoria derivata dall’elevata piovosità media, si propo-ne di impostare una strategia con un inerbimento artificiale abbinato a lavorazionio diserbo sotto fila; questa pratica potrebbe anche favorire un anticipo di matura-zione e una maggiore uniformità tra gli anni. Si consiglia un inerbimento maggior-mente competitivo costituito da graminacee (Festuca arundinacea) o dal pratospontaneo. Se il livello di competizione del prato spontaneo o della Festuca risul-tassero eccessivi si può sostituirli con Poa pratensis e Festuca ovina. In caso diannate particolarmente siccitose si consiglia una lavorazione a file alternate conrottura del cotico erboso nel periodo di fine primavera (giugno) tramite estirpato-re o zappatrice. Porre particolare attenzione nelle aree di raccordo mal drenatenelle quali è utile aumentare il drenaggio con l’ausilio degli aratri talpa o ripperlavorando con terreni asciutti. Si consiglia una riduzione delle unità Azoto ettarodel 10% rispetto alle normali dosi di restituzione.

Gli interventi di gestione in verde devono iniziare con la scacchiatura dei germo-gli (lunghezza germoglio: 15-20 cm). Si consiglia di effettuare una sfogliaturapost-invaiatura dal lato meno esposto al sole (nord o est) mentre in annate partico-larmente afose e soleggiate, specialmente nei versanti meglio esposti e nel fondovalle, con elevati tenori di umidità, si consiglia di non sfogliare mantenendo ilgrappolo coperto. In alternativa si può effettuare una sfogliatura precoce per ridur-re l’allegagione e ottenere grappoli più spargoli e resistenti alle scottature. Lacimatura è da effettuarsi in post-allegagione e, insieme alla scelta di portinnestipoco vigorosi e alla competizione con il prato, dovrebbe essere sufficiente permantenere un equilibrio vegeto-produttivo idoneo allo scopo enologico prefissato.Adottando il sistema di allevamento consigliato si dovrà effettuare, sia per rientra-re nei limiti imposti dal disciplinare che per stabilire un ottimo rapporto tra uvaprodotta e superficie fogliare fotosintetizzante, un diradamento dei grappoli aven-do cura di eliminare i grappoli distali.

Avere cura di raccogliere i grappoli in piena maturazione. Per una maggiore estra-zione dei composti nobili dalle bucce è indicato effettuare una macerazione a fred-do pre-fermentativa. Non effettuare macerazioni troppo prolungate per evitare diestrarre troppi tannini “verdi” ed eventualmente sottrarre i vinaccioli in macerazio-ne se il vino tende a diventare troppo astringente. Alla fine della fase fermentativalasciare alzare la temperatura per aumentare l’estrazione. È indicato l’utilizzo dellamicrossigenazione per la stabilizzazione del colore tra la fine della fermentazionealcolica e l’inizio della malolattica e in fase di affinamento.

Scelte genetiche

Modello viticolo

Gestione del suolo

Gestione dellapianta

Consiglio enologico

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42 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

Caratterizzazione ambientale

Le aree presentano caratteristiche ambientali, paesaggistiche, geologiche e pedologiche simili all’Unità1 con la differenza che la zona delimitata è caratterizzata da maggiori valori di radiazione fotosintetica-mente attiva (PAR: media 2500 MJ/m2 all’anno) e si sviluppa prevalentemente nelle fascia collinareintermedia. L’area interessa prevalentemente i comuni di Mornico, Pietra de’ Giorgi, Montù Beccaria,Montalto Pavese e Borgo Priolo. Nella fascia collinare più interna si localizzano alcune aree a dupliceattitudine di particolare vocazione: Caseo, località Bellaria, località Valorsa e Canavera. Le altitudinisono in media comprese tra i 150m e i 350 m con aree a ottimaesposizione e microclima ad alti-tudini anche superiori (350 – 450m). Le temperature risultanosostenute nelle ore centrali dellagiornata e specialmente nelle areepiù elevate si riscontrano fortiabbassamenti durante le ore seralie notturne spesso accompagnatidalla presenza di brezze serali.L’esposizione dei versanti è prin-cipalmente verso sud/ovest (80%)con pendenze medie del 20%.

UNITÀ TERRITORIALE 2

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 43

VocazionalitàArea a duplice attitudine con ottime potenzialità sia per la produzione di uve daspumante di elevato pregio che, nei versanti più assolati e con esposizionisud/ovest, per la produzione di uve per una vinificazione in rosso. Alcune aree cir-coscritte si contraddistinguono per l’elevato profilo aromatico anche se con unminor potenziale varietale per struttura e colore rispetto a zone poste ad altitudiniinferiori.

Profilo sensoriale

Attitudine principale

Vino equilibrato frutto di una buona maturazione delle uve dove i sentori floreali, fruttati e di vegetalesecco risultano prevalere sulle note erbacee e speziate. In bocca il vino si distingue per possedere unadiscreta sapidità e freschezza e buona struttura.

La duplice attitudine dell’unità permette una produzione di uve da rosso per vini complessi e media-mente intensi. I sentori risultano ben amalgamati tra loro lasciando più spazio alle note di ciliegia e frut-ti rossi. In bocca offre un prodotto mediamente acido con tannini non aggressivi.

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44 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

Consigli Gestionali

Oltrepò DOCG

Per le caratteristiche ambientali e pedologiche simili all’UT1 si consiglia una sele-zione di cloni capaci di garantire il potenziale qualitativo mantenendo elevato ilquadro acidico. Tra i cloni francesi adottare 386, 388, 389, 665, 666, 668, 780,871, 583 (per conferire acidità) e 375, 114, 521, 667 (per basi aromatiche). Tra icloni italiani R4, SMA 191, 5-V-17, MIRA 95-3047. I portinnesti da utilizzaresono il 420A, SO4, Teleki 5C e Kober 5BB. In terreni particolarmente calcareiadottare il 41B.

Il modello viticolo da adottare deve prevedere una densità di circa 4500piante/ettaro con rinnovo annuale del tralcio a frutto (Guyot). Per le caratteristichedi vigore che UT2 può conferire si consiglia di evitare potature troppo ricche alloscopo di limitare aree di affastellamento e indirettamente per ridurre i problemisanitari dovuti al ristagno di umidità e alla difficoltà di penetrazione dei prodottifitosanitari tra gli stati fogliari. Potatura consigliata: 14 gemme totali/pianta.

Vista la particolare esposizione dei versanti, ben assolati ma con il rischio di stressidrici in estate, si consiglia un inerbimento dei filari costituito da leguminose e gra-minacee. Nelle aree più elevate seminare un mix tra Festuca arundinacea o F.ovina, Trifoglio incarnatum e Hedysarum Coronarium (Sulla). Nelle aree collina-ri più vicine alla pianura, caratterizzate da una minor persistenza dell’umidità nelsuolo si deve privilegiare un mix meno esigente ma che possa allo stesso tempoaiutare a sostenere l’acidità; si consigliano in questo caso Festuca ovina, LoliumMultiflorum, Poa Pratensis e Trifolium subterraneum. Le lavorazioni sotto filadevono essere svolte con aratri scalzatori o con frese ad asse verticale e, in annateparticolarmente siccitose, si consiglia di praticare la rottura del cotico erboso nelperiodo primaverile (giugno) tramite estirpatore o zappatrice. Per soddisfare l’o-biettivo enologico prefissato ridurre la concimazione potassica di un 10-15% eincrementare le unità di Azoto del 10-15%. Per evitare pericolosi ristagni nei ver-santi meno declivi utilizzare ad alternanza biennale aratri talpa o ripper anche alloscopo di arieggiare il suolo ed eliminare eventuali suole di lavorazione; tale prati-ca va effettuata con terreni in tempera.

Una corretta gestione della potatura invernale e del vigore della pianta è fonda-mentale per garantire un buon equilibrio. Si consiglia di effettuare l’eliminazionedei germogli secondari nella fase di post-germogliamento (lunghezza germoglio:15-20 cm). Non effettuare sfogliature per non ridurre i livelli acidici e attuare duecimature per incentivare l’emissione femminelle; in questo caso la prima cimatu-ra deve essere effettuata in allegagione. Il diradamento dei grappoli deve esserefatto all’invaiatura per rispettare i limiti imposti dal disciplinare prevedendo uncarico per pianta in fase di maturazione di circa 2,2 kg/pianta.

Una raccolta attenta dell’uva, possibilmente manuale, permette una migliore resaqualitativa in pressa e minori lavorazioni sulla frazione del pressato che verràdestinata alla produzione di spumanti rosé con un allungamento dei cicli di pres-satura che aumenteranno l’intensità del colore del mosto. Condurre le fermenta-zioni a temperature controllate e in riduzione per ottenere vini equilibrati da rifer-mentare in bottiglia. Effettuare una lunga permanenza sulle fecce fini per ottenerevini spumanti di grande struttura.

Modello viticolo

Gestione del suolo

Gestione dellapianta

Consiglio enologico

Scelte genetiche

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 45

O.P. Pinot neroLe scelte genetiche devono essere operate per incrementare l’attitudine alla pro-duzione di un vino che deve essere caratterizzato da buon tenore alcolico, buonastruttura, colore, media acidità e buone idoneità all’affinamento. Utilizzare iseguenti cloni francesi: 459, 667, 114 e 115 (per vini caratterizzati da aromi ecolore); 292 e 375 (per mantenere un quadro acidico elevato). I cloni 165, 777,828, 927, 943 sono suggeriti per vini più strutturati con una quota ettaro massimadel 30%. Per i cloni italiani utilizzare: Lb 9, R4 e MIRA 95-3047 per vini giova-ni e SMA 201, SMA 185, MIRA 95-3131, MIRA-01-3004, VCR 9, VCR 20,VCR 18, LB 4.I portinnesti consigliati per questa UT sono: 101-14, 161-49, SO4 e 110R.

Per esaltare l’elevata vocazionalità nella produzione di vini rossi si consigliano leforme di allevamento in spalliera come Guyot e cordone speronato. Le densità diimpianto sono per entrambe di circa 5000 piante/ettaro con circa 12 gemme totalia pianta.

In questa situazione viene consigliato l’inerbimento dell’interfila accompagnatosulla fila da lavorazioni o da diserbo. Questa tecnica permette di ridurre o evitarele perdite di suolo per dilavamento oltre che di indurre un lieve stress fisiologicodurante la fase di maturazione delle uve. Al fine di ridurre eccessi di competizio-ne si sconsiglia la pratica dell’inerbimento spontaneo oppure si possono utilizzareessenze meno competitive utilizzando consociazioni di differenti specie di grami-nacee capaci di assicurare una veloce rapidità d’insediamento, maggiore resisten-za al calpestamento e a periodi di siccità. Quando ci si trova ad affrontare annateparticolarmente prive di precipitazioni è buona norma rompere il cotico erboso afine primavera tramite l’utilizzo di un estirpatore. In situazioni in cui risulta diffi-cile lo sgrondo delle acque si può prevedere la messa in opera di sistemi di drenag-gio oppure l’utilizzo dell’aratro talpa o del ripper. Al fine di favorire l’accumulo disintetati e quindi l’intero processo maturativo aumentare del 20% la quota di resti-tuzione del Potassio e diminuire del 10% quella di Azoto.

Per ridurre il vigore si deve operare in modo da aumentare in fase di potatura seccail numero di gemme per pianta e in seguito, con le operazioni in verde di dirada-mento dei germogli e dei grappoli, si può correggere ulteriormente il rigogliovegetativo. I valori degli indici termici della zona impongono di operare una cima-tura in post fioritura (grano di pepe) seguita da sfogliature tardive che precedonola vendemmia operate in modo da interessare i lati ad esposizione meno favorevo-le (E, N). Rimanendo nei quantitativi d’uva imposti dal disciplinare di produzionesi ipotizza un carico d’uva di circa 15 grappoli per ceppo.

Una raccolta manuale dell’uva va accompagnata ad una valutazione della matura-zione dei vinaccioli per avere indicazioni sulla durata della macerazione. In canti-na una pigia-diraspatura soffice, con eventuale macerazione a freddo pre-fermen-tativa, permette di ottenere vini aromatici e dalla struttura equilibrata. Si ritieneutile valutare la possibilità di integrare la prima frazione del torchiato per aumen-tare la struttura. Vista la struttura del vino è possibile l’utilizzo del legno per svol-gere la fermentazione malolattica e per un affinamento anche prolungato.

Modello viticolo

Gestione del suolo

Gestione dellapianta

Consiglio enologico

Scelte genetiche

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Page 45: Pinot nero

46 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

Caratterizzazione ambientalePaesaggio: per l’ampiezza dell’unità il paesaggio risulta essere molto eterogeneo essendo costituito siadai terrazzi rialzati rispetto alla pianura che da aree di collina insieme a una porzione della piana fluvio-glaciale e fluviale. I terrazzi sono rilevabili prevalentemente nella zona est della denominazione mentrela restante parte è caratterizzata da aree di pianura o aree collinari localizzate ad ovest. Geologia: il substrato è costituito prevalentemente da marne con elevata presenza di argilla e limo.Suoli: il suolo nell’area dei terrazzi si presenta moderatamente profondo e limitato da orizzonti compat-ti, privo di scheletro, con tessitura moderatamente fine escarsamente calcareo; il drenaggio è generalmente buono.Le aree di pianura hanno suoli profondi limitati da oriz-zonti anossici con scheletro scarso, tessitura fine e con unascarsa capacità di allontanamento delle acque piovane.

La zona è contraddistinta da buoni valori di radiazionefotosinteticamente attiva (PAR: media 2500 MJ/m2 all’an-no). L’area si sviluppa prevalentemente nelle fasce di pia-nura con altitudini inferiori ai 150 m. Le pendenze sonolievi (sub pianeggianti) con pendenze maggiori a ridossodelle colline. L’unità vocazionale risulta essere la piùcalda essendo caratterizzata da elevate temperature senzaampie escursioni termiche. Si rileva una temperaturamedia annua di 13°C, con temperature medie invernali tra0 e 1°C ed estive di 24°C. La zona è contraddistinta daforte umidità e limitato movimento d’aria.

UNITÀ TERRITORIALE 3

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 47

VocazionalitàUnità costituita da aree pedecollinari e di fondovalle, destinate alla produzione diuve per vini base.

Profilo sensoriale

Attitudine principale

Vini non particolarmente armonici con sensazioni olfattive principalmente costituite da note di fruttacotta ed erbaceo (vegetale fresco, erba). Accanto alle note speziate si riscontrano sentori di pepe nellamedia, mentre al gusto i vini si presentano poco minerali con struttura limitata e una particolare notaamara.

L’elevata temperatura annua dell’unità territoriale 3 determina la comparsa nei vini di sentori olfattividi frutta cotta e vegetale secco insieme a sentori vegetali erbacei. Più smorzate risultano le note florea-li, di frutti rossi e di spezie. In bocca il vino è poco strutturato, abbastanza acido e accompagnato da unaelevata sensazione di astringenza.

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48 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

Consigli Gestionali

Oltrepò DOCGPer le particolari doti di fertilità si consigliano cloni di media vigoria e di mediaproduttività capaci di fornire buone dotazioni zuccherine. Adottare i cloni france-si 386, 388, 459, 871, 780, 521 o quelli italiani SMA 191, 5-V-17, MIRA 95-3047,R4 e VCR 9. I portinnesti da utilizzare sono il 420A e Kober 5BB.

Per le particolari condizioni ambientali e climatiche si consiglia di impostare unimpianto con densità non elevate (4000 piante/ha) in modo da permettere la gestio-ne di tutto il vigore indotto sia dalla presenza di riserve idriche elevate che dal-l’ampia disponibilità di nutrienti. Il sistema di allevamento da adottare è un Guyotcon potatura ricca (14 gemme totali/pianta). Per l’elevato vigore indotto si consi-glia di porre particolare attenzione agli affastellamenti vegetativi in modo da ridur-re l’incidenza di problemi sanitari.

Le lavorazioni dei suoli sono sconsigliate e si propone di impostare una strategiacon un inerbimento artificiale molto competitivo o spontaneo. Si consiglia un iner-bimento accoppiato a diserbo sulla fila, costituito da graminacee o prato sponta-neo. In particolar modo nelle aree più umide privilegiare un inerbimento artificia-le costituito da graminacee (Festuca). Nonostante l’area sia caratterizzata da unabuona capacità drenante si consiglia nelle aree più soggette al ristagno o con ter-reni particolarmente pesanti di migliorare il sistema di drenaggio per evitare feno-meni legati ad eccesso idrico (eccesso di vigore, maggiore umidità, incidenza dimarciumi). I suoli si presentano fertili sia come dotazione di sostanza organica chenei macronutrienti; ridurre il quantitativo in restituzione di Azoto del 10%.

La gestione della chioma deve essere volta a permettere il controllo del maggiorvigore, limitare l’esposizione dei grappoli e favorire i trattamenti fitosanitari. Perfacilitare la produzione di foglie più efficienti si consiglia di eseguire due cimatu-re. Evitare le sfogliature durante la fase vegetativa mentre può essere utile unalieve asportazione delle foglie dal lato meno esposto a ridosso della vendemmiaper facilitare un maggior movimento di aria attorno al grappolo. Per la presenza discarsa ventilazione e umidità attorno ai grappoli porre particolare attenzione alcontrollo delle patologie ed in special modo ai trattamenti antibotritici. Praticare ildiradamento dei grappoli solo per rispettare il limite imposto dal disciplinare.

Una accorta vendemmia meccanica per proteggere l’uva da possibili ossidazioni èindispensabile per ottenere il massimo dal vigneto e diminuire le lavorazioni incantina. Pressature non troppo spinte consentono di utilizzare meno chiarificantiper pulire le diverse frazioni del mosto; nel caso di mosti troppo puliti per nonavere problemi in fermentazione utilizzare azoto e tiamina.

Scelte genetiche

Modello viticolo

Gestione del suolo

Gestione dellapianta

Consiglio enologico

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 49

O.P. Pinot neroPer le particolari doti di fertilità dei suoli si consigliano cloni di media vigoria e dimedia produttività capaci di fornire buone dotazioni zuccherine. Adottare i clonifrancesi 113, 114, 115, 459, 668, 829, mentre per gli italiani SMA 185, MIRA 95-3047, R4, VCR 9 e Lb 9.I portinnesti da utilizzare sono il 420A, 161-49, SO4, 101.14 e 41B.

Aumentare le densità di impianto rispetto le basi spumante riducendo le distanzesulla fila fino a densità di 4500 piante/ettaro utilizzando una forma d’allevamentocon tralcio a frutto rinnovabile (Guyot).

Utilizzare un inerbimento spontaneo permanente o un inerbimento artificialeaccompagnati dal diserbo sotto la fila. Si consiglia un inerbimento molto compe-titivo costituito da un mix di graminacee come Festuca e Lolium. Non effettuare lelavorazioni dei suoli tranne le operazioni meccaniche per aumentare lo sgrondodelle acque in eccesso e per la rottura delle suole di lavorazione dovute alla com-pattazione per il passaggio dei mezzi meccanici. Praticare le operazioni con terre-no asciutto. I suoli si presentano ben dotati di elementi nutritivi e quindi si puòridurre il quantitativo di Azoto del 20%.

La vegetazione deve essere gestita eliminando tutti i germogli sterili in modo dapoter creare una chioma meno densa e più permeabile al passaggio dell’aria peragevolare sia la diminuzione dell’umidità all’interno della chioma che l’efficaciadei trattamenti fitosanitari. Le cimature devono essere praticate sin dalla fase dipost-allegagione e la gestione della chioma deve essere ultimata con l’asportazio-ne delle foglie della fascia dei grappoli. Effettuare la sfogliatura in pre-vendemmiaper evitare ustioni. Per rientrare nei limiti imposti dal disciplinare diradare i grap-poli meno nobili eliminare i grappoli distali o peggio esposti. È obbligatorio effet-tuare due trattamenti antibotritici in pre-chiusura grappolo e in copertura. Si puòstimare una produzione per pianta di circa 2,5 kg.

Vendemmia da svolgersi rapidamente se effettuata meccanicamente per evitareproblemi di ossidazione. Le macerazioni non devono protrarsi troppo nel temponel caso di uve non troppo mature o non sane. Utilizzare rimontaggi o vasche aper-te nel caso di problemi con il controllo delle temperature in fermentazione e nonsuperare i 30°C per evitare la perdita di aromi. Nel caso di utilizzo di vasche incemento si consiglia la pratica del délestage per bagnare bene il cappello dellevinacce. Chiarificare il vino con albumina per eliminare anche i tannini troppoastringenti.

Modello viticolo

Gestione del suolo

Gestione dellapianta

Consiglio enologico

Scelte genetiche

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Page 49: Pinot nero

50 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

Caratterizzazione ambientalePaesaggio: l’area si estende nella prima fascia collinare tra Casteggio e Stradella ed è costituita da vallie vallecole che si aprono a ventaglio sulla Pianura Padana; è caratterizzata da ripidi versanti e fitti cri-nali con substrati rocciosi relativamente soffici che risultano in buona parte lavorabili. La maggior partedell’area è adibita alla coltivazione a vigneto.Geologia: il substrato è costituito prevalentemente da rocce calcaree limoso-argillose. Nell’area delMonte San Contardo e Santa Giuletta/Mornico Losana si riscontra un substrato di arenarie alternate asabbie e limi.Suoli: il suolo si presenta con una tessitura da grossolana a media, con scarsa presenza di scheletro emoderatamente profondo. Sono presenti strati rocciosi profondi di facile lavorabilità. L’area è calcareacon pH alcalino e drenaggio buono.L’unità interessa esclusivamente la prima fascia collinare con altitudini comprese tra 150 m e 250 m; ècaratterizzata da valori di radiazione fotosinteticamente attiva medi (PAR media 2250 MJ/m2 all’anno)e da tenori pluviometrici compresi tra 750 e 860 mm/anno. Le tem-perature medie annue sono molto differenti tra la pedecollina e lesommità. Il clima è condizionato dall’elevata inerzia termica del baci-no padano che, con effetto tampone, mantiene nel corso di tutto l’an-no temperature costanti e non determina ampie escursioni termiche.L’area è soggetta all’effetto del vento di föhn che favorisce l’abbassa-mento dell’umidità dell’aria aumentando l’evapotraspirazione e ladiminuzione dell’acqua nel suolo. L’inverno è mite e induce una certaprecocità nella ripresa vegetativa mentre le estati sono molto calde.Data l’eterogeneità della distribuzione orografica delle valli non vi èuna esposizione di versante prevalente; le pendenze sono importantie possono assumere anche valori prossimi al 35%.

UNITÀ TERRITORIALE 4

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 51

VocazionalitàLa prima fascia collinare è particolarmente vocata per la produzione di Pinot neroda vinificare in rosso con la massima espressione varietale per colore, struttura egrado alcolico.

Profilo sensoriale

Attitudine principale

La precocità della zona esalta la maturazione della bacca e dei vinaccioli, fornendo basi spumante nonparticolarmente fresche ma con elevato corpo e sapidità. Le note floreali (fiori bianchi, acacia, zagara)lasciano maggior spazio a sentori di frutta matura (mela, ananas) e vegetale secco (fieno). I vini sonocaratterizzati da limitate note speziate ed erbacee.

L’ottima maturazione delle uve garantisce la massima espressione varietale producendo vini di struttu-ra e complessi. L’ampiezza sensoriale è caratterizzata da note floreali di viola, da sentori di frutti rossi,di frutta cotta (prugna), di vegetale secco (paglia). Alla degustazione si percepisce una maggiore corpo-sità dovuta alla struttura e al buon grado alcolico e una limitata acidità complessiva.

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Page 51: Pinot nero

52 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

Consigli Gestionali

Oltrepò DOCGUtilizzare cloni dalla buona capacità di adattamento che riescano a mantenere unquadro acidico superiore, un buon potenziale produttivo e un tenore zuccherinomedio. Si consiglia di scegliere i versanti meno assolati, più freschi e più elevati.Adottare tra i cloni di origine francese 386, 665, 666, 743, 780, 871 o tra quelli ita-liani SMA 191, 5-V-17, MIRA 95-3047 e R4.I portinnesti da utilizzare sono il 420A, SO4, 1103P, Teleki 5C e Kober 5BB. Interreni particolarmente calcarei adottare il 41B.

Utilizzare densità di impianto non eccessive (4000 piante/ettaro) con forma di alle-vamento a Guyot. La potatura consigliata è 15 di gemme totali/pianta con caricod’uva in maturazione di circa 2,5 kg/pianta.

Si consiglia una lavorazione dei suoli a file alternate con l’obiettivo, specialmentein annate poco piovose, di stimolare la fase vegetativa per preservare il potenzialeproduttivo e il quadro acidico. Si sconsigliano lavorazioni troppo fini con l’ausilidi fresatrici per evitare la formazione di suole di lavorazione e la destrutturazionedel suolo. Per la presenza di pendenze importanti è utile limitare il ruscellamentodell’acqua piovana sia con una corretta gestione delle scoline sia utilizzando per lalavorazione dei suoli mezzi meccanici che lavorino il suolo grossolanamente (es:vangatrici). Considerata la particolare esposizione dei versanti e le caratteristichedei suoli, moderatamente profondi, si preferisce un inerbimento temporaneo a filealternate con diserbo sotto fila. Si consiglia un inerbimento a lenta velocità di inse-diamento per facilitare la costituzione e l’approfondimento dell’apparato radicaledel vigneto e per ridurre l’effetto competitivo iniziale. Seminare un mix traFestuca ovina, Poa pratensis e Bromus. Per agevolare il raggiungimento degliobiettivi enologici prefissati si consiglia un incremento della concimazione azota-ta di restituzione del 10-15%.

Per preservare i grappoli da un innalzamento eccessivo delle temperature e unaeccessiva insolazione è consigliato mantenere una chioma folta; si sconsiglia per-tanto di effettuare operazioni di scacchiatura e di scoprire i grappoli il meno pos-sibile. Per stimolare l’emissione di nuove femminelle praticare una cimatura allafase fenologica di post- allegagione (grano di pepe). L’eventuale diradamento deigrappoli deve essere praticato all’invaiatura per rispettare i limiti imposti dal disci-plinare fino ad arrivare ad un carico per pianta in fase di maturazione di circa 2,5kg/pianta.

Nel caso di vendemmie meccaniche sono necessarie operazioni di chiarifica delmosto, in particolar modo per le frazioni successive alla prima. Nel caso di uve nonperfettamente sane conviene l’utilizzo di bentonite a dosi crescenti per eliminarele ossidazioni da laccasi e facilitare le successive chiarifiche del vino prima dellarifermentazione in bottiglia. Utilizzare anche il carbone attivo oppure utilizzare l’i-perossigenazione e la successiva chiarifica per recuperare la frazione più coloratanel caso di vinificazioni in bianco. L’utilizzo di lieviti selezionati e di fermentazio-ni in riduzione favorisce la creazione di basi spumante profumate.

Modello viticolo

Gestione del suolo

Gestione dellapianta

Consiglio enologico

Scelte genetiche

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Page 52: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 53

O.P. Pinot neroL’obiettivo è quello di utilizzare un mix di cloni capaci di far fronte alle caratteri-stiche ambientali a volte critiche (caldo, elevato consumo d’acqua) ma dall’eleva-ta potenzialità per produrre un vino che non perda in finezza, abbia una buona aci-dità e possa supportare anche lunghe fasi di affinamento. Scegliere il materiale trai cloni francesi 114, 115, 292; usare i cloni 459 e 583 con una percentuale massi-ma del 25% e in zone con buon drenaggio e 667, 777, 828, 165, 943 con una per-centuale massima del 30%. Tra i cloni italiani scegliere tra Lb 4, SMA 201, SMA185, MIRA-01-3004, MIRA-98-3140, VCR 18 e VCR 20. I portinnesti da utiliz-zare in questa UT sono 110R, 161-49, SO4, 420A e 41B.

Per esaltare l’elevata vocazionalità nella produzione di vini rossi si consigliano leforme di allevamento Guyot e cordone speronato con elevate densità di impianto(fino a 5000 piante/ettaro).

La gestione del suolo deve prevedere l’inerbimento accompagnato da lavorazionio diserbo sotto fila. La pratica risulta particolarmente idonea sia per la tutela delterritorio, evitando perdite di terreno per dilavamento, che per indurre un lievestress fisiologico durante la fase di maturazione delle uve. Si consiglia un inerbi-mento competitivo costituito da un mix di graminacee per assicurare un buongrado di copertura del suolo, resistenza al calpestamento e ai periodi di siccità:Bromus, Poa, Lolium multiflorum e Festuca ovina. Per non aumentare eccessiva-mente il livello di competizione con il vigneto è sconsigliato l’inerbimento spon-taneo. In caso di annate particolarmente siccitose si consiglia una gestione delprato di tipo temporaneo praticando la rottura del cotico erboso nel periodo di fineprimavera (giugno) tramite estirpatore. Nelle aree di raccordo con la pianura o conun drenaggio difficile si consiglia di operare sistemazioni idrauliche e prevederel’utilizzo di aratri talpa o ripper per migliorare il drenaggio nei punti di maggioraccumulo d’acqua. Per facilitare i processi di accumulo e l’ingresso nella fase dimaturazione incrementare del 20% le unità del quantitativo in restituzione diPotassio e ridurre le unita azotate del 10%.

Gli interventi di gestione in verde dovrebbero essere volti a limitare gli effetti diun eventuale eccesso di vigore e quindi si consiglia di effettuare potature lascian-do un numero maggiore di gemme per poi intervenire successivamente col dirada-mento dei germogli e dei grappoli. La pratica della sfogliatura precoce potrebberidurre tale tipo di operazioni e aumentare la qualità delle produzioni.Considerando i limiti del disciplinare si ipotizzano 14-16 grappoli a pianta per 2,4kg di uva per pianta alle densità di impianto consigliate. Visti gli indici termicieffettuare una cimatura in post-fioritura (grano di pepe) e le sfogliature tardiva-mente in prossimità della vendemmia, effettuandole dal lato meno esposto al sole(lato nord o est).

Vista la buona attitudine di questa unità a fornire uve ricche in struttura e colore siconsiglia una raccolta attenta a non rovinare l’uva; nel caso di vendemmia a manosi può optare anche per una diraspatura senza pigiatura seguita da una macerazio-ne a freddo di alcuni giorni. La macerazione, nel caso di tannini maturi e non verdi,può essere prolungata nel tempo con rimontaggi e délestage quotidiani valutandoil livello di astringenza del vino. È possibile effettuare lunghi affinamenti in legnoin modo da poter eliminare per decantazione naturale le fecce evitando eccessivifiltraggi che impoverirebbero il vino.

Scelte genetiche

Modello viticolo

Gestione del suolo

Gestione dellapianta

Consiglio enologico

volume PINOT NERO 26-11-2008 16:47 Pagina 53

Page 53: Pinot nero

Caratterizzazione ambientalePaesaggio: l’unità si sviluppa nell’area sud ovest dell’Oltrepò tra i comuni di Rocca Susella, Fortunagofino a Rocca de’ Giorgi. Il territorio è caratterizzato da dorsali arrotondate con versanti di forma varia-bile, anche molto ondulati, con pendenze da moderate a moderatamente elevate. L’area è facilmenteaggredibile dalle lavorazioni e nei versanti più scoscesi sono diffusi fenomeni di erosione. Il paesaggioagrario è caratterizzato da alternanza di vigneti, di prati e di boschi. Geologia: il substrato è caratterizzato dalla successione di marne ed arenarie poco coese. Alcuni puntisi caratterizzano per una natura argillo-calcarea.Suoli: i suoli si presentano con profondità media, scheletro scarso e tessitura media. Il calcare risultaelevato. La capacità di drenaggio è generalmente buona mentre nelle zone orientali risulta mediocre.

La zona è contraddistinta da valori di radiazione fotosinteticamente attiva medio-bassi (tra 1800 e 2200MJ/m2 all’anno); l’area si sviluppa prevalentemente nella fascia collinare più interna con altitudini ele-vate comprese tra i 300 m e i 550 m. Nell’area orientale si risconta una classe di piovosità superiore (>850 mm) mentre ad ovest si risconta minor piovosità annua(740 mm). Il territorio è caratterizzato da una esposizionedei versanti diversa dall’UT1 perché è prevalentementeverso sud/ovest (specialmente nei versanti maggiormentevitati) con pendenze medie comprese tra il 10 e il 30%.L’ambiente si presenta caratterizzato da elevati sbalzi ter-mici specialmente nei periodi estivi. In media le tempera-ture risultano essere inferiori di circa 3°C rispetto alle zonepiù basse con inverni freddi e con estati mediamente calde.L’area si contraddistingue per essere caratterizzata da ver-santi verso sud ben illuminati e freschi.

UNITÀ TERRITORIALE 5

54 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 55

VocazionalitàZona collinare caratterizzata da elevate escursioni termiche e clima temperato par-ticolarmente adatta alla produzione di Pinot nero destinato alla spumantizzazionespecialmente se vinificato in rosato. L’unità è destinata alla produzione di uvecaratterizzate da un ampio profilo aromatico e da una ottima dotazione acidica.Buona attitudine anche alla vinificazione in rosso nelle zone più calde e meglioesposte.

Profilo sensoriale

Attitudine principale

Le elevate escursioni termiche della zona determinano un vino particolarmente fresco, la cui caratteri-stica è esaltata nel profilo aromatico dalle spiccate note floreali e al palato da una gradevole nota acidu-la e buona struttura.

Vino non particolarmente armonico, il cui profilo aromatico è caratterizzato da intensi sentori erbacei ediscrete note di viola e di frutta rossa; in bocca risulta sufficientemente strutturato con buona astringen-za e tenore acidico.

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56 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

Consigli GestionaliOltrepò DOCG

Privilegiare un mix di cloni che forniscano un quadro acidico superiore e un teno-re zuccherino medio-elevato adatti a realizzare basi spumante. Scegliere i clonifrancesi 292, 386, 375, 665, 666, 779, 792, 870 o quelli italiani SMA 191, SMA201, 5-V-17, MIRA 95-3047, R4, VCR 9 e VCR 18.Eccetto considerazioni locali riguardanti il valore del calcare attivo, non ci sonoparticolari fattori limitanti che possano escludere alcuni portainnesti. Si consigliain particolare di utilizzare nella fascia occidentale portainnesti con apparato radi-cale profondo e a medio-alto vigore, per supportare le acidità (420A, 41B, SO4 e779P). Per l’area orientale, con maggior piovosità, tessiture più fini e drenaggi nonottimali, si consigliano portinnesti con un apparato radicale profondo o semi pro-fondo con medio alto vigore; utilizzare anche Teleki 5C e Kober 5BB.

Utilizzare forme di allevamento a spalliera (Guyot) con densità da 4000 a 4400piante/ha. Effettuare potature a 13 o 14 gemme/pianta.

A causa delle elevate pendenze si consiglia una sistemazione a rittochino congestione del suolo inerbito accompagnato da lavorazioni o diserbo sotto fila.Realizzare un inerbimento competitivo costituito da leguminose e graminacee permigliorare il grado di protezione del suolo da agenti erosivi, aumentare il consu-mo d’acqua in eccesso e effettuare un concimazione azotata naturale grazie alleleguminose; si consigliano Festuca arundinacea o F. ovina e Trifoglio incarnatum.Per i vigneti dove il vigore delle piante risultasse eccessivamente limitato sostitui-re la Festuca con Poa pratensis; nelle aree più siccitose (occidentali) si consigliadi attuare un inerbimento temporaneo con graminacee (Lolium/Bromus) peraumentare la tutela ambientale. Nella fasce altimetriche più alte e nelle zone piùumide si consiglia un inerbimento spontaneo o con Festuca. Con annate partico-larmente siccitose si consiglia una gestione del prato di tipo temporaneo pratican-do la rottura del cotico erboso nel periodo di fine primavera (giugno) tramite estir-patore o zappatrice. Nel triennio prevedere una lavorazione grossolana dei suolicon aratri talpa o ripper per arieggiare il suolo e migliorare il drenaggio nei puntiraccordo. Per ottemperare all’obiettivo enologico prefissato si consiglia una ridu-zione del quantitativo in restituzione di Potassio del 10-15% e un incremento delleunità di Azoto del 20%.

Gli interventi di gestione in verde devono essere volti ad accentuare il riempimen-to della parte vegetativa in modo da poter ombreggiare il grappolo e limitare l’in-nalzamento delle temperature della bacca; si consiglia quindi di non sfogliare lachioma per non esporre i grappoli alle alte temperature. Effettuare una cimaturaprecoce (post-fioritura - allegagione) per facilitare la completa emissione di fem-minelle. In annate fresche e con vigneti molto vigorosi attuare anche una secondacimatura da effettuare entro 60 gg dalla raccolta. L’eventuale diradamento deigrappoli va fatto all’invaiatura per rispettare i limiti imposti dal disciplinare.

La vendemmia in cassetta rimane la soluzione migliore per ottenere la massimaqualità dall’uva. Nella vinificazione in rosato, la frazione del mosto ottenuto dallapressatura dell’uva intera verrà destinata alla produzione di basi spumante di pre-gio e dal lungo affinamento “sur lies”. Una corretta pressatura, con particolareattenzione al frazionamento del mosto, permetterà di intervenire il meno possibilein fase di chiarifica, in particolar modo sulle prime pressate, in modo da non impo-verire troppo il colore. Per i vini base migliori, in annate particolarmente favore-voli e ottenuti dalle migliori frazioni del pressato, si consiglia anche la permanen-za sulle fecce per oltre 24 mesi per la produzione di spumanti millesimati.

Consiglio enologico

Modello viticolo

Gestione del suolo

Gestione dellapianta

Scelte genetiche

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Page 56: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 57

O.P. Pinot neroLa scelta del clone deve essere attuata considerando le altitudini e la non elevatafertilità dei suoli; nella fascia occidentale non ci sono particolari limitazioni men-tre nell’area orientale si consigliano solo cloni di vigore intermedio per non accen-tuare i processi di affastellamento. Utilizzare cloni dall’elevata specificità con altapotenzialità nella produzione di zuccheri e polifenoli. Privilegiare una selezionepoliclonale in modo da poter elevare il tenore alcolico, la struttura e il colore atte-nuando le alternanze dettate dall’annata. Preferire i versanti più assolati con espo-sizioni sud e ovest. Si consigliano i seguenti materiali: 113, 114, 115, 459, 667 perun rosso giovane, mentre 165, 777, 828, 927, 943 per rossi importanti e struttura-ti. Tra il materiale di origine italiana si consigliano SMA 185, SMA 201, MIRA-98-3140, MIRA-01-3004, VCR 18, VCR 20, Lb 4, mentre, per un rosso giovane,MIRA 95-3047 con VCR 9.Eccetto considerazioni locali riguardanti il valore del calcare attivo, non ci sonoparticolari fattori limitanti che possano restringere la scelta del portainnesto; inparticolare si consiglia l’utilizzo nella fascia orientale di portainnesti meno vigo-rosi per facilitare e anticipare la fase di maturazione (101-14, 161-49, SO4 e420A).

Per esaltare le caratteristiche del territorio si consiglia una densità di impianto ele-vata (5000 piante/ha) con forma di allevamento a Guyot. Utilizzando i cloni menoproduttivi adottare anche il cordone speronato. Le potature devono essere cortecon 12 gemme totali sul tralcio di rinnovo.

È consigliato un inerbimento, accompagnato da lavorazioni o diserbo sotto fila,costituito da un mix di graminacee capace di assicurare un buon grado di copertu-ra del suolo, resistenza al calpestamento e a periodi di siccità (Lolium multiflorume Festuca ovina). Per non aumentare eccessivamente il livello di competizione conil vigneto è sconsigliato l’inerbimento spontaneo. In aree particolarmente siccito-se utilizzare Bromus e in annate particolarmente critiche effettuare una gestionedel prato di tipo temporaneo praticando la rottura del cotico erboso nel periodo difine primavera (giugno) tramite estirpatore. Nelle zone con suoli più pesanti (zonaorientale) porre attenzione ai ristagni e agli eccessi idrici che andrebbero a dimi-nuire il livello qualitativo dell’uva; utilizzare aratri talpa o ripper per facilitare l’al-lontanamento del surplus idrico.

Gli interventi di gestione in verde devono essere volti ad aumentare l’efficienzadella chioma limitando gli effetti del vigore e migliorando il rapporto tra superficiefogliare attiva e uva prodotta. Effettuare il diradamento dei germogli sterili e deigrappoli. Valutando gli indici termici effettuare sfogliature tardive alla invaiaturamentre con annate particolarmente piovose, umide o fredde preferire sfogliatureprecoci (chiusura grappolo). La cimatura deve essere effettuata in post-allegagione.

Nel caso di vendemmia meccanica il consiglio è di fare una cernita in vignetoprima della raccolta per evitare uve troppo immature. Durante la fermentazione ela macerazione considerare il livello del colore del vino per valutare l’eventualitàdi un salasso oppure di tecniche quali l’innalzamento della temperatura a fine fer-mentazione per aumentare l’estrazione dei composti polifenolici delle bucce; nelcaso di tannini troppo verdi o amari si consiglia l’eliminazione dei vinacciolidurante le operazioni di rimontaggio o délestage. Rimane valido il consiglio di uti-lizzare in vinificazione vasche dal rapporto superficie/altezza elevato. Nel caso diaffinamento del vino in acciaio si consiglia una pulizia del vino, tramite filtrazio-ne o travasi, per evitare problemi di riduzione.

Modello viticolo

Gestione del suolo

Scelte genetiche

Gestione dellapianta

Consiglio enologico

volume PINOT NERO 26-11-2008 16:47 Pagina 57

Page 57: Pinot nero

58 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

Caratterizzazione ambientalePaesaggio: l’ampia diffusione dell’unità lungo l’intero territorio comporta una vasta eterogeneità dipaesaggi. Nella zona ad Est (Montù Beccaria) sono presenti dorsali arrotondate con tratti subpianeg-gianti e aree collinari con pendenze a volte molto elevate. Il substrato risulta essere soffice con domi-nanza di limo-argilla, facilmente aggredibile dalle lavorazioni. Nell’area ad ovest (Torrazza Coste) sonopresenti dei terrazzi con substrato moderatamente alterato. In generale l’antropizzazione del territorioha creato un paesaggio di versanti omogenei e nell’insieme ben raccordati. Geologia: ad est il substrato è in maggior parte di natura argillosa mentre nell’area a ovest è compostoda matrici marno-limose con intrusioni di ghiaia e sabbia.Suoli: i suoli si presentano moderatamente profondi con scheletro variabile tra scarso e comune e contessiture moderatamente fini. Le lavorazioni hanno spesso portato alla decapitazione dei dossi forman-do aree con limitata profondità e con affioramento di substrato inerte. Ai piedi dei versanti i suoli risul-tano essere più profondi. I suoli sono moderatamente calcarei con un pH alcalino. La capacità di dre-naggio è mediocre. La zona è contraddistinta da valori di P.A.R. di circa2300 MJ/m2 all’anno e si sviluppa prevalentementenella fascia collinare a ridosso della pianura con altitu-dini comprese tra i 150 e i 250 m; si hanno precipita-zioni superiori a 850 mm/anno nella parte orientalementre tra 700-800 mm/anno ad occidente. Rispettoall’unità 4 la fascia centrale, essendo più lontana dallapianura, risulta essere leggermente meno calda e nonsoggetta all’effetto diretto dei venti caldi e secchi.L’esposizione dei versanti è prevalentemente versonord e ovest con pendenze inferiori al 20%.

UNITÀ TERRITORIALE 6

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 59

VocazionalitàUnità adatta alla produzione di uve per vinificazioni in rosso con un buon rappor-to tra maturazione tecnologica e fenolica.

Profilo sensoriale

Attitudine principale

Si ottengono vini dai discreti sentori di vegetale secco e con una prevalenza di frutta matura. La preco-cità della zona permette una buona maturazione delle uve con una riduzione dei sentori erbacei. Al pala-to il prodotto risulta di buona struttura e sapidità, sufficientemente acido.

Le alte temperature permettono di ottenere vini rossi di buona struttura, particolarmente equilibrati il cuiprofilo è esaltato dalle note fruttate di ciliegia e frutti rossi e in cui non manca uno spiccato sentore diviola e speziato.

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Page 59: Pinot nero

60 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

Consigli Gestionali

Oltrepò DOCGPer le caratteristiche climatiche, contraddistinte da elevate temperature durante lafase di maturazione e limitati sbalzi termici durante la notte, è utile utilizzare cloniche riescano a mantenere elevato il quadro acidico. Scegliere i versanti meno asso-lati, più freschi e più elevati nei quali si consiglia il seguente materiale vegetale665, 666, 778, 780, 871, SMA 191, 5-V-17, MIRA 95-3047, R4, VCR 9, Lb 4 e18 Gm.I portinnesti da utilizzare sono il 420A, SO4, 1103P, Teleki 5C e Kober 5BB. Interreni particolarmente calcarei adottare il 41B.

Adottare forme di allevamento a tralcio rinnovabile (Guyot) con densità di impian-to di 4000 piante/ha con circa 15 gemme totali/pianta.

La necessità di mantenere un quadro acidico superiore prevede l’adozione di lavo-razioni dei suoli a file alternate con l’obiettivo di stimolare il vigore e ritardare lafase di maturazione. Evitare lavorazioni troppo fini sia per non formare ampiesuole di lavorazione, con conseguenti possibili danni ambientali in presenza di pre-cipitazioni intense, che la perdita della naturale fertilità. Nella aree con maggiorependenza (Calvignano, Montù Beccaria) limitare il ruscellamento dell’acqua pio-vana con una corretta gestione dei drenaggi e fossi acquai adottando lavorazionidel suolo più grossolane (vangatrici, erpicatura). Nei filari non lavorati o nei vigne-ti inerbiti si consiglia un inerbimento temporaneo con diserbo sotto fila, con iner-bimento a lenta velocità di insediamento per ridurre l’effetto competitivo iniziale.Praticare un mix tra Festuca ovina, Poa Pratensis, Bromus. Nei suoli con maggiorcapacità di trattenere acqua utilizzare le leguminose. Per agevolare il raggiungi-mento degli obiettivi enologici prefissati si consiglia un incremento della concima-zione azotata di restituzione del 10-15%.

Mantenere folta la chioma facendo sviluppare più strati fogliari allo scopo di limi-tare un innalzamento della temperatura delle bacche e una riduzione del tenore aci-dico. In particolari condizioni di fertilità dei suoli o eccessivo vigore delle chiomeeffettuare operazioni di scacchiatura per ridurre eventuali affastellamenti.Stimolare l’emissione di nuove femminelle praticando una cimatura in post-alle-gagione (grano di pepe). Non sfogliare. L’eventuale diradamento dei grappoli deveessere fatto all’invaiatura per rispettare i limiti imposti dal disciplinare.

Si consiglia una raccolta non troppo anticipata per evitare che sostanze dal gustoerbaceo possano poi ritrovarsi nel vino finito. Una soffice pressatura delle uve conuna corretta divisione delle frazioni, aiutati anche dalla misurazione del pH, per-mette di ottenere spumanti bianchi e rosati fruttati e di discreta struttura. Le ope-razioni di chiarifica sulle pressate più intense risultano necessarie per pulire ilmosto. Affinamenti non prolungati sulle fecce fini permettono di ottenere buonispumanti in bianco e in rosato.

Modello viticolo

Gestione del suolo

Gestione dellapianta

Scelte genetiche

Consiglio enologico

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 61

O.P. Pinot neroSi consiglia una scelta del materiale vegetale per la costituzione di un vigneto poli-clonale con l’obiettivo di far fronte alle mutevoli e a volte critiche caratteristicheambientali con una diversa risposta dettata dalla variabilità intravarietale. Scopo èdi produrre un prodotto che si contraddistingua per finezza, buon quadro acidico eche possa essere idoneo all’invecchiamento. Adottare cloni francesi 665, 666, 779,459, 375, 583 in percentuali massime del 25% in zone con un buon drenaggio;114, 115, 165, 777, 828, 927, 943 in percentuali massime del 30%. Per i cloni diorigine nazionale si indicano: Lb 9, SMA 201, SMA 185, MIRA-01-3004, MIRA95-3047, MIRA-98-3140, VCR 9, VCR 18 e VCR 20. I portinnesti: 110R, 161-49, SO4, 420A e 41B nei suoli più calcarei.

Adottare forme di allevamento sia a Guyot che a cordone speronato con densità diimpianto maggiori di 4500 piante/ettaro.

Realizzare un inerbimento temporaneo accompagnato da lavorazioni sotto fila odiserbo. Si consiglia un inerbimento competitivo costituito da un mix di gramina-cee capace di assicurare un buon grado di copertura del suolo e resistenza al cal-pestamento: Bromus, Poa, Lolium multiflorum e Festuca ovina. Per non aumenta-re eccessivamente il livello di competizione con il vigneto non praticare l’inerbi-mento spontaneo. Nelle aree di raccordo con la pianura o con un drenaggio diffi-cile si consiglia per migliorare il drenaggio di utilizzare aratri talpa o ripper; effet-tuare le lavorazioni con terreni in tempera. Per facilitare processi di accumulo e lafase di maturazione incrementare del 20% i quantitativi di Potassio e ridurrel’Azoto del 10%.

Effettuare la scacchiatura dei germogli secondari alla lunghezza di 15-20 cm.Questa prassi può essere una operazione di controllo della produzione da accop-piare, in annate particolarmente fertili, al diradamento dei grappoli in invaiatura;con una sfogliatura effettuata in epoca precoce si può ottenere il risultato di unabuona maturazione della materia colorante senza scottature delle bacche. Le sfo-gliature devono essere effettuate dal lato meno assolato (lato nord o est). La cima-tura deve essere eseguita in post-fioritura (grano di pepe) mentre le sfogliature tar-dive dovranno essere praticate 10-15 giorni prima della vendemmia.

La scelta della data di vendemmia andrà valutata considerando la maturazionefenolica dell’uva che può dare utili consigli circa la più idonea vinificazione daadottarsi. Applicare una pigiadiraspatura soffice per garantire una estrazione dellesostanze nobili delle uve limitando cessioni di sostanze troppo astringenti. Lemacerazioni prolungate nel tempo e affinamenti di lunga durata in legno possonogarantire al vino complessità e struttura. Eventuali chiarifiche leggere con albumi-na possono aiutare ad elevare la qualità del vino e a limitare il ricorrere a proces-si di filtrazione successivi che tenderebbero invece a diminuirla.

Scelte genetiche

Modello viticolo

Gestione del suolo

Gestione dellapianta

Consiglio enologico

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Scorcio di paesaggio autunnale in località Torrone nel comune di Santa Maria della V ersa.

Paesaggio viticolo invernale.

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 63

4. Manuale d’uso del territorio

4.1. Le scelte agronomiche

Le scelte all’impianto

La preparazione del terreno

Una delle prime scelte da fare quando si acquista un terreno per la realizzazione di un nuovo

impianto è quello di decidere il modo in cui verranno disposti i filari in un appezzamento e di soli-

to questo è in funzione della pendenza dello stesso e del tipo di terreno. Una prima distinzione

riguarda le situazioni di coltivazione in collina o in pianura. Nel primo caso occorrerà impostare

la sistemazione del terreno con l’obiettivo di eliminare le acque in eccesso cercando di convo-

gliarle per ridurre il rischio di erosione che aumenta con l’aumento della pendenza. Nelle siste-

mazioni di pianura invece si posizioneranno i filari parallelamente al lato più lungo dell’appezza-

mento per ottimizzare la superficie coltivabile cercando di prediligere l’orientamento nord-sud

che dà migliori esposizioni alla luce solare.

Nel caso del comprensorio della DOCG “Oltrepò Pavese” si hanno appezzamenti quasi esclusi-

vamente posizionati in collina e in cui la sistemazione dei terreni sicuramente più diffusa è quel-

la a rittochino: è un tipo di sistemazione che prevede l’orientamento dei filari nel senso della

massima pendenza ed ha il vantaggio di facilitare enormemente la meccanizzazione del vigneto

contribuendo nello stesso tempo al corretto deflusso delle acque. Uno svantaggio di questo tipo

di sistemazione è quello di causare una sensibile erosione superficiale del terreno per le acque che

seguendo la pendenza portano a valle quantitativi significativi di terreno. Per limitare questo feno-

meno spesso a questo tipo di sistemazione

si affianca l’inerbimento dell’interfila del

vigneto per impedire alle acque di erodere

la parte superficiale del terreno. Come

detto in precedenza questo tipo di sistema-

zione non pone particolari impedimenti

alla meccanizzazione se la pendenza non

supera il 35-40%, in questo caso non si

potranno più utilizzare le macchine in

sicurezza e i lavori manuali si renderanno

molto onerosi per il disagio a dover per-

correre tali pendenze.

Quando le pendenze del terreno superano il 35-40% si può optare per la sistemazione a terraz-

zamenti o ciglionamenti: questo tipo di sistemazione prevede la modificazione del versante

attraverso l’utilizzo di macchine per il movimento della terra. Spesso la sistemazione per terraz-

zamento o ciglionamento prevede l’utilizzo di strutture prefabbricate come muri o reti per la for-

mazione di sostegni che consentano una certa stabilità nel tempo del terrazzo o ciglione.

Vigneto con sistemazione a rittochino.

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64 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

Qualora si debba procedere a livellamenti o a delle sistemazioni più consistenti, è importante evi-

tare di sconvolgere la naturale successione degli orizzonti, per non ridurre drasticamente la ferti-

lità agronomica, chimica e fisica del terreno. Buona pratica è quindi operare prima lo scortico del

suolo, ossia asportare e accantonare il terreno fertile dei primi 30-40cm, e successivamente ai

lavori di sistemazione, ridistribuire uniformemente il suolo. La preparazione profonda del suolo,

aratura profonda o scasso, si prefigge gli obiettivi di rimuovere eventuali orizzonti limitanti la cre-

scita radicale, agevolare la percolazione dell’acqua e aumentare l’abitabilità del suolo. In condi-

zioni di scarsa stabilità del suolo (rischio di smottamenti) e di fertilità alterate degli strati più pro-

fondi del suolo è consigliabile evitare di eseguire lo scasso con aratro e optare per una rippatura

preliminare ad una profondità di un metro in modo da smuovere ed areare gli strati più profondi

senza però rivoltarli e successivamente eseguire un’aratura a 30 cm.

Il lavoro dovrà essere eseguito nel periodo estivo quando il terreno è in tempera o in condizioni

di relativa disidratazione, consentendo in tal modo di meglio frammentare la terra. L’esposizione

al sole permette altresì di eliminare le erbe infestanti e di condurre ad una forte mineralizzazione

dell’azoto. In caso di reimpianti si dovrà considerare la stanchezza del suolo e le possibili infe-

stazione di nematodi. In questo caso si dovrà procedere ad una rippatura profonda (100-120 cm)

incrociata, seguita da aratura profonda (40-50 cm). È raccomandabile il riposo di un anno con col-

tura di cereali o erbaio da sovescio evitando il maggese nudo su terreni declivi.

Dopo il lavoro di scasso occorrerà procedere all’asportazione delle vecchie radici e allo spietra-

mento; molti terreni infatti sono ricchi di pietre, sassi e talvolta massi rocciosi molto grandi che

vanno asportati in quanto ostacolano la messa a dimora di pali, viti e in generale tutte le lavora-

zioni. Essi possono essere impiegati, una volta ridotti di dimensione, per la costituzione di muri

di sostegno o di confine oppure per la realizzazione di dreni.

Gli attuali mezzi meccanici consentono di sistemare il terreno prima dell’impianto pareggiando

gli eventuali avvallamenti, abbassando i dossi tramite riporti di terra anche di notevole portata, al

fine di ottenere sistemazioni perfette che agevoleranno in seguito tutte le operazioni meccaniche

in vigneto. Una volta eseguite le operazioni di scasso e rimozione delle vecchie radici si dovrà

procedere con i lavori di affinamento superficiale per rendere il terreno idoneo all’impianto delle

barbatelle.

La capacità che il suolo ha nel lasciare percolare l’acqua dipende dalla permeabilità e dalla pro-

fondità della falda freatica, dalla morfologia del sito e del territorio circostante; la principale

ragione per attuare un’opera di regimazione delle acque in un vigneto è la rimozione delle acque

superficiali in eccesso, ma bisogna anche considerare l’abbassamento della falda freatica ad un

livello che non causi problemi di ristagno ed asfissia dell’apparato radicale e infine l’attuazione

di un giusto equilibrio tra acqua e aria nel terreno.

A tal fine esistono due tipologie di interventi complementari tra loro: il drenaggio e l’affossatura.

Tutti i vigneti hanno la necessità di messa in opera di un’affossatura che consenta lo sgrondo delle

acque in eccesso in canali laterali al vigneto. Il gradiente che consente questo deflusso delle acque

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 65

in eccesso deve essere adeguato per non provocare l’erosione superficiale del terreno. Esistono

diversi accorgimenti per la realizzazione di fossi acquaioli uno dei quali è la creazione di scoline

laterali agli appezzamenti. Questo accorgimento è adatto per terreni con pendenze non elevate che

causano flussi di acqua non eccessivi. Essi sono inoltre indicati per suoli argillosi che più difficil-

mente vengono erosi.

Un altro modo per allontanare le acque superficiali in eccesso è la creazione di una via inerbita

(capezzagna) che consenta il deflusso di acqua. Infine vi è la possibilità di mettere in posa veri

tubi laterali di raccolta che consentano il convogliamento delle acque superficiali in eccesso in

bacini di raccolta dove l’acqua possa essere reimpiegata per l’irrigazione.

Il drenaggio sottosuperficiale, invece, è il complesso dei sistemi naturali o artificiali che permet-

tono lo smaltimento in profondità dell’acqua in eccesso del terreno. Con lo stesso termine s’in-

tende pertanto sia la proprietà intrinseca del terreno a lasciar percolare l’acqua gravitazionale, sia

gli allestimenti predisposti dall’uomo per asportare l’acqua in eccesso facendola defluire in un

sistema di raccolta. Per la costituzione di un drenaggio profondo formato da una rete di canali

posti sotto il terreno si possono utilizzare materiali diversi: pietre e ciottoli, tubi in cemento, tubi

in plastica e grazie all’utilizzo di queste pratiche è possibile eliminare o attenuare i vizi collegati

a fattori di natura climatica e pedologica dei terreni. La realizzazione di un buon drenaggio pro-

fondo favorisce l’espansione del sistema radicale, aumentando il vigore delle viti.

La forma di allevamento

Scegliere un sistema di allevamento piuttosto che un altro determina una serie di fattori che

andranno a condizionare in modo più o meno permanente sia i risultati produttivi che quelli qua-

litativi del futuro vigneto. La forma di allevamento della vite può essere definita come la struttu-

ra architettonica che viene imposta alla pianta per ottimizzare i rapporti esistenti tra la fase vege-

tativa e quella produttiva. Il fine ultimo di questa pratica agronomica è quello di mediare tra un

dato potenziale vegetativo e il fine produttivo che si vuole raggiungere.

La forma e la dimensione della pianta determinano la ripartizione energetica tra i vari organi che

la costituiscono e di conseguenza la qualità della produzione. Generalmente le forme più conte-

nute sono più equilibrate e propense all’accumulo di metaboliti nei grappoli, più longeve, più resi-

stenti alle fitopatie e alle avversità climatiche.

Tra i parametri strutturali dell’impianto che sono assoggettati alla scelta della forma di allevamen-

to possiamo distinguere dei parametri generali ed altri specifici. Tra i primi, che una volta deter-

minati non potranno più essere modificati, si annoverano i sesti d’impianto, intesi sia come distan-

za tra le file che sulla fila, e l’orientamento dei filari. Per quanto i riguarda i secondi, più specifi-

ci della forma prescelta, i parametri sono: disposizione della vegetazione (ascendente o a ricade-

re, in una o due pareti), presenza o meno di un cordone permanente, tipo di potatura (lunga o

corta, ricca o povera), altezza da terra. Questi, seppur con difficoltà e al contrario dei precedenti,

possono essere mutati durante la vita del vigneto, per questo vengono definiti anche come para-

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66 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

metri modificabili e sono quelli che, caratterizzando le diverse forme di allevamento, maggior-

mente incidono sul raggiungimento dell’equilibrio vegeto-produttivo attraverso la struttura della

pianta.

Se un tempo il numero di sistemi di allevamento della vite adottati era estremamente elevato e si

poteva affermare senza timore di errori che in ogni zona viticola esisteva almeno una forma tipi-

ca, oggi il numero di sistemi di allevamento si è ridotto a poche tipologie funzionali ad una

moderna viticoltura che necessita sempre più della meccanizzazione delle diverse operazioni col-

turali.

Attualmente la scelta della forma di allevamento è circoscritta essenzialmente alle forme di alle-

vamento in spalliera in quanto sono quelle adatte ad una moderna viticoltura dove è sempre mag-

giore la difficoltà di reperire manodopera e quindi diventa indispensabile poter svolgere il mag-

gior numero di operazioni in modo meccanico.

Oggigiorno in Oltrepò Pavese le scelte sono orientate verso le seguenti forme di allevamento: il

Guyot e il cordone speronato.

In questo caso la scelta tra le due opzioni è condizionata essenzialmente da due fattori: dal tipo

di varietà che si intende coltivare e dal livello di meccanizzazione che si intende raggiungere.

Per quanto riguarda le varietà quelle a bassa fertilità basale e o più in genere quelle che devono

essere protette dal forte irraggiamento solare è più opportuno che vengano condotte a Guyot. Al

contrario per i vitigni che hanno una buona fertilità basale e che necessitano di un maggior irrag-

giamento sui grappoli, per un miglior accumulo antocianico è auspicabile l’adozione del cordone

speronato.

Se viene preso in considerazione il livello di meccanizzazione il cordone speronato apporta

indubbi vantaggi. Innanzitutto la possibilità di effettuare prepotature completamente meccanizza-

te può portare a riduzioni di fabbisogno di mano d’opera in questa operazione anche dell’80%,

successivamente anche per l’altra operazione a più alta richiesta di lavoro, la vendemmia, il cor-

done speronato ha alcuni vantaggi. La disposizione della produzione in una fascia omogenea d’al-

tezza facilita le operazioni di vendemmia meccanica, inoltre la potatura corta degli speroni evita

tutti i problemi di danneggiamento del tralcio per il rinnovo del Guyot, legato all’azione mecca-

nica dei battitori della vendemmiatrice.

Il Guyot è un sistema di allevamento a ridotta espansione (altezza del filo di banchina 80-100 cm

massimo) e a potatura mista, adatto ai terreni di scarsa fertilità e più siccitosi in collina, dove la

vite presenta uno sviluppo contenuto. Adottato in terreni molto fertili necessita di interventi agro-

nomici per contenere il vigore vegetativo (inerbimento) e mantenere l’equilibrio vegeto-produtti-

vo (interventi in verde); si presta ad una parziale meccanizzazione. Adattabile a tutte le varietà,

risulta indispensabile per vitigni a ridotta fertilità basale ed è di solito consigliato per le varietà a

bacca bianca in quanto determina un maggiore vigore e quindi una più accentuata acidità dei

mosti.

Il nome di questa forma d’allevamento deriva da Jules Guyot che intorno alla metà dell’800 pub-

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 67

blicò un trattato sulle forme di

allevamento della vite in

Francia. In realtà questa tipo-

logia di allevamento era già in

uso da secoli anche in Italia;

questa forma d’allevamento

appartiene al gruppo delle

forme a potatura mista così

chiamate per la contempora-

nea presenza di uno o più spe-

roni a funzione non produtti-

va; anche se nella maggior parte dei casi risultano fertili, servono in realtà ad ottenere germogli

per il rinnovo del capo a frutto che rappresenta la vera unità produttiva della vite. Questa forma

d’allevamento prevede anche le varianti a doppio tralcio fruttifero, in cui i capi a frutto vengono

posizionati sul filo di banchina nelle due direzioni. L’archetto in cui il tralcio fruttifero viene pie-

gato per stimolare la crescita delle gemme poste al centro del tralcio in quelle varietà che tendo-

no ad accentuare la dominanza apicale, può essere anch’esso bilaterale.

Ci sono degli aspetti particolarmente importanti da considerare in questo tipo di potatura che

riguardano le caratteristiche del legno del tralcio che darà vita al capo a frutto: deve essere ben

lignificato lungo tutta la sua lunghezza, la distanza tra gli internodi non deve essere esagerata (10-

cm), il diametro non deve essere eccessivo (7-10 mm), la sezione del tralcio deve essere il più pos-

sibile rotonda e il legno non deve presentare segni di attacchi parassitari o danni meccanici.

La pratica di questa potatura prevede tre tipologie di taglio da effettuare su ogni ceppo annual-

mente. Si parla in questo caso di un taglio del passato con il quale si elimina il tralcio fruttifero

dell’anno precedente, un taglio del presente da effettuare sul tralcio fruttifero che si è scelto e con

il quale si determina la lunghezza del nuovo capo a frutto e un taglio del futuro con il quale si spe-

rona il tralcio posto alla base del vecchio sperone che fungerà da rinnovo del capo a frutto per

l’anno successivo.

Esistono, come per tutte le forme d’allevamento, dei fattori favorevoli e alcuni contrari all’ado-

zione del Guyot: a favore di questo tipo di forma d’allevamento si rileva la possibilità di ottenere

di norma una produttività vantaggiosa anche su vitigni a scarsa fertilità delle gemme basali, la

semplicità delle strutture di sostegno, la sufficiente facilità nel reperire manodopera esperta, l’ot-

tima esposizione fogliare, la buona qualità delle produzioni e la possibilità di meccanizzare total-

mente le operazioni in verde e la vendemmia mentre risulta di non facile organizzazione la pre-

potatura invernale essendo impossibile meccanizzarla completamente. A sfavore della scelta del

Guyot si elenca il rinnovo annuale dell’unità produttiva con la conseguente operazione di legatu-

ra, l’eccessiva esposizione dei grappoli con rischi di scottature soprattutto nei climi caldi e per le

varietà a buccia sottile, il forte stimolo dell’attività vegetativa in ambienti freschi e con combina-

Forma d’allevamento con potatura a Guyot.

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zioni d’innesto vigorose con necessità di potature verdi frequenti, l’impossibilità di meccanizza-

re in maniera agile la potatura meccanica invernale, il basso rapporto legno vecchio/legno giova-

ne con quindi meno organi per l’immagazzinamento delle riserve utili alla qualità della produzio-

ne e alla resistenza alle diverse avversità che le piante si possono trovare ad affrontare.

Il cordone speronato è una forma di allevamento a cordone permanente su cui sono inseriti spe-

roni di 2-3 gemme da cui si sviluppano, ogni anno, i germogli fruttiferi. È una forma di alleva-

mento che si presta a produzioni di qualità a causa di un contenuto sviluppo vegetativo e di un

buon equilibrio vegeto-produttivo; si presta alla meccanizzazione.

Le dimensioni generali di questo modello di struttura delle piante prevedono una altezza da terra

del filo di banchina su cui viene impalcato il cordone permanente compresa tra i 70 e i 100 cm

mentre l’altezza della parete fogliare oscilla tra i 100 cm e i 130 cm anche se esistono casi con

altezze del filo di banchina di 30 cm con 90 cm di altezza della parete fogliare.

Questa forma d’allevamento si ottiene attraverso la potatura corta che prevede la formazione di

speroni composti normalmente da 2 gemme, ma queste unità produttive possono essere realizza-

te con 1 gemma fino ad un massimo di 4. Bisogna avere l’accortezza di distribuire gli speroni uni-

formemente lungo il cordone permanente a distanza di 15 cm circa uno dall’altro. Nel corso degli

anni lo sperone tende naturalmente ad allontanarsi dal cordone, meno velocemente se si pone

attenzione nello speronare sempre il tralcio più vicino al cordone; risulta quindi necessario rinno-

vare lo sperone con un germoglio proveniente da una gemma latente sul legno vecchio per riav-

vicinare l’unità produttiva al legno vecchio. Un’altra pratica da osservare per il conseguimento di

un cordone equilibrato e duraturo è non costituire cordoni troppo lunghi che provocherebbero

l’instaurarsi di un gradiente di vegetazione all’interno del cordone il che provocherebbe zone spo-

glie nell’area intermedia del cordone stesso, ridotto sviluppo della vegetazione e nei casi estremi

senescenza e morte dello sperone con gravi ripercussioni sulla vitalità e produttività della pianta.

In questi casi è necessario ricostituire il cordone: scegliere il tralcio che non sarà eccessivamente

vigoroso quindi con internodi non eccessivamente lunghi per permettere di avere un sufficiente

numero di nodi per l’unità di spazio prescelta. Importante è evitare il più possibile tagli rasi da

dedicare solo a quei sarmenti situati in posizioni non idonee alla forma d’allevamento (posizioni

ventrali o germogli sviluppatisi verso il basso). Il carico produttivo potrà essere pertanto distri-

buito alternando speroni con gemme franche a speroni con le sole gemme della corona; inoltre

alternando le posizioni di queste unità produttive negli anni si limita l’allontanamento degli spe-

roni dal cordone permanente. Le operazioni di potatura per formare il cordone speronato dall’im-

pianto delle barbatelle seguono lo schema del Guyot con la sola differenza che al terzo anno si

sceglierà e si piegherà sul filo di banchina il tralcio che darà vita al cordone permanente. Per quan-

to riguarda la potatura di “produzione” le operazioni da effettuare sono relative al taglio dei tral-

ci posti sullo sperone.

Nelle successive illustrazioni (fig. 4.1) sono schematizzati gli interventi da effettuare per impo-

stare le due forme di allevamento.

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 69

Figura 4.1: Forme di allevamento a Guyot e cordone speronato.

Preparazione delle barbatelle: prima del-l’impianto: taglio delle radici fino alla lun-ghezza di 1-2 cm. Quando la barbatellaattecchisce emette un germoglio la primave-ra stessa. È buona norma cimare i germoglieccetto quello meglio posizionato.

POTATURA DI ALLEVAMENTOGuyot e cordone speronato

1° ANNO

Prima potatura invernale dopo l’impian-to: si sceglie 1 germoglio di diametro suffi-ciente e nella posizione migliore (tendenzial-mente quello centrale allineato con l’asseprincipale della pianta) e a seconda del vigo-re si taglia a 2-3 gemme o, per le viti piùvigorose, a 4-5 gemme.

Intervento primaverile del2° anno: quando i germoglihanno raggiunto la lunghez-za di 15-20 cm, si effettuaun diradamento dei medesi-mi fino ad arrivare ad 1 ger-moglio solo nel caso dipiante deboli o 2-3 nellepiante più vigorose.

2° ANNO

Seconda potatura invernale:si eliminano tutti i germoglitranne quello meglio sviluppatoe di altezza sufficiente che vatagliato appena sotto il filo dibanchina.

Stesura del filo di banchi-na: durante la seconda sta-gione primaverile è utilestendere il filo di banchina a80-100 cm dal terreno.

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Intervento primaverile del 3° anno: elimi-nare i germogli posti più in basso sul tronco.

3° ANNO

Terza potatura invernale: scelta del germo-glio, ben lignificato e più adatto ad esseresteso sul filo di banchina per costituire ilcapo a frutto di lunghezza variabile da 0,8 a1,5 m a seconda della fittezza adottata.

Quarta potatura invernale: scelta di duetralci: uno per costituire il capo a frutto euno adatto a costituire uno sperone di 1-2gemme (Guyot).

4° ANNO

Quarta potatura invernale: scelta di 5-7germogli ben lignificati e posizionati per lacostituzione di altrettanti speroni a 2-3gemme (cordone speronato).

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Il portinnesto

Per operare una scelta razionale del portinnesto si deve prevedere una buona conoscenza del suolo

che verrà impiantato e di tutti gli altri fattori legati al suolo e al clima con particolare attenzione

al regime delle precipitazioni, ma anche delle caratteristiche correlate alla varietà che si utilizze-

rà per l’impianto e alla tipologia di prodotto che si vorrà ottenere.

La conoscenza delle caratteristiche fisiche e chimiche del suolo che ospiterà il futuro impianto

viene costruita attraverso un’indagine analitica. I prelievi dei campioni che verranno inviati al

laboratorio d’analisi devono essere fatti correttamente: si deve prelevare sia il suolo (0/30cm) che

il sottosuolo (30/60cm) fino a giungere se possibile agli orizzonti più profondi soprattutto se si

temono effetti clorotici. L’analisi chimico-fisica e l’osservazione del profilo permettono di cono-

scere i rischi di clorosi e di determinare la fertilità del suolo. Concorrono quindi a dare una cono-

scenza complessiva del suolo utile alla scelta del portinnesto la tessitura, lo stato di compattamen-

to, la profondità, la composizione chimica (pH, sostanza organica, dotazioni in elementi minera-

li con maggior attenzione a K e Mg e quindi il loro rapporto) e la precedente destinazione d’uso.

Una volta individuati i portinnesti adatti la scelta tra questi deve essere effettuata in base al viti-

gno e sono da considerare: eventuali problemi di incompatibilità (anche se rari e non assoluti),

eccessivo o scarso vigore, esagerata o insufficiente fertilità, sensibilità alla colatura, condiziona-

mento dei livelli di precocità delle diverse fasi fenologiche, sensibilità particolare ad alcune fito-

patie e parassiti animali, carenze minerali. Altri aspetti nella scelta del piede da utilizzare posso-

no essere ricondotti alla tradizione della zona viticola in cui ci si trova ad operare. Spesso l’espe-

rienza locale ha ridotto il numero di portinnesti utilizzati a volte a causa di fattori limitanti vinco-

lanti come clorosi o siccità che non lasciano molte opzioni tra cui scegliere, altre semplicemente

dettate dalla scarsa audacia del viticoltore a sperimentare nuove combinazioni. In questo ultimo

caso si può incoraggiare il viticoltore a testare e provare uno o più portinnesti che possono com-

pletare i portinnesti tradizionalmente utilizzati e portare in alcuni casi a interessanti aspetti coltu-

rali e soprattutto qualitativi. A fronte di questo aspetto c’è da considerare che la disponibilità

vivaistica di portinnesti non di uso comune non è immediata quindi si consiglia di ordinare il por-

tinnesto desiderato, e la combinazione con la varietà e il clone, con almeno un anno di anticipo.

I portinnesti si distinguono anche in relazione alla diversa attitudine ad assorbire il potassio. Tra

i portinnesti con particolare affinità per il potassio sono da citare SO4, 161-49, 44.43 e 110R.

Un’intensa nutrizione di potassio può riflettersi nella bacca tanto sul suo accumulo quanto su

quello di acido malico. Infatti la sintesi di acido malico consente, nei tessuti vegetali, il manteni-

mento dell’equilibrio cationi/anioni, bilanciando, in questo caso, l’accumulo di potassio. Lo sti-

molo alla sintesi di acido malico può però a sua volta ridurre la sintesi dell’acido tartarico. Un

innalzamento del livello di acido malico, rispetto a quello di acido tartarico, determina, un con-

temporaneo aumento dell’acidità titolabile e del pH del mosto (minore acidità reale). Ciò perché

l’acido malico è più debole del tartarico e pertanto, l’eccesso di potassio salifica soprattutto l’a-

cido tartarico.

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Un’intensa nutrizione potassica quindi non è adatta alla preparazione di basi spumante, sia per la

maggiore salificazione degli acidi organici dell’uva, sia per la modificazione del rapporto acido

malico / acido tartarico a favore del primo.

Per tali motivi, nei suoli ricchi in potassio, è necessario evitare di adottare portinnesti ad alta affi-

nità per questo nutriente. La sua somministrazione mediante la concimazione deve essere fatta

solo se ritenuta necessaria in base alla diagnosi dello stato nutrizionale del vigneto.

Nella tabella 4.1 sono riportate le caratteristiche dei principali portinnesti utilizzati in viticoltura.

Particolare dell’impianto di un nuovo vigneto effettuato a macchina.

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74 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

Le scelte sanitarie

La flavescenza dorata (FD)

La flavescenza dorata fa parte dei cosiddetti “giallumi” della vite ossia quel gruppo di ampelopa-

tie provocate da fitoplasmi che alterano l’attività dell’apparato fogliare, provocando una scarsa

lignificazione dei tralci e il disseccamento dei grappoli; allo stesso gruppo appartiene anche l’am-

pelopatia provocata dal legno nero (LN).

Le prime manifestazioni sono apparse in Oltrepò Pavese a partire dal 1999. Si ipotizza che l’in-

gresso in Italia e in Lombardia si sia verificato per un esodo migratorio dalla Francia di cicaline

infette della specie S.titanus o per l’importazione e l’impianto di materiale infetto. Le prime aree

colpite furono le aree viticole orientali da Torrazza Coste fino San Damiano al Colle.

La diffusione e la moltiplicazione dei fitoplasmi avviene piuttosto lentamente, pertanto i sintomi

che si osservano ad inizio stagione (fase di germogliamento) fino ai mesi estivi (giugno) sono per

lo più da attribuire ad infezioni instauratesi durante l’annata precedente. Solo sintomatologie tar-

dive, che appaiono a fine stagione, sono da riferirsi ad un’inoculazione da parte del vettore nel

medesimo anno.

Il Pinot nero risulta essere abbastanza sensibile. Le piante possono presentare sintomi gravi che

arrivano ad interessare i tralci dell’intera chioma. I tralci sintomatici evidenziano un apparato

fogliare accartocciato con arrossamenti scuri a livello di settori triangolari o dell’intera lamina

fogliare. L’accartocciamento della lamina è verso il basso attribuendo alle foglie una forma trian-

golare. Le nervature inizialmente decolorate possono colorarsi di rosso e la foglia assume una

consistenza friabile. La lignificazione dei tralci è irregolare e può non avvenire completamente

lasciando il tralcio verde e gommoso. A ridosso dell’invaiatura inizia un graduale disseccamento

del grappolo. Le sintomatologie espresse dalla FD e dal LN sono facilmente distinguibili da quel-

le ascrivibili alla virosi dell’Accartocciamento Fogliare alla quale il Pinot nero è spesso soggetto

nell’area dell’Oltrepò. Nel caso dell’accartocciamento fogliare il Pinot risulta avere delle altera-

zioni nel colore della lamina fogliare solo nelle aree internervali lasciando le nervature verdi. I sin-

tomi sono presenti su tutti i tralci con le foglie basali maggiormente accartocciate. La lignificazio-

ne del tralcio avviene invece regolarmente e il grappolo stenta a maturare, ma rimane turgido.

Il vettore principale di trasmissione della flavescenza è lo Scaphoideus titanus, una cicalina che

si caratterizza per l’estrema mobilità e per avere come unico ospite la vite. Anche il materiale

vegetale infetto è un efficace mezzo di diffusione della patologia.

Le principali strategie di difesa pertanto consistono principalmente nella prevenzione, utilizzan-

do quindi barbatelle sane ed eliminando qualsiasi fonte di inoculo come i vigneti abbandonati non

soggetti ad alcuna difesa antiparassitaria.

L’estirpo delle prime piante infette riduce l’inoculo ed è una misura sostenibile fin quando la

malattia è nella fase iniziale di “piccolo focolaio” ed interessa pochi ceppi.

Tutte le misure preventive devono essere accompagnate da un controllo della diffusione del vet-

tore S.titanus tramite due trattamenti insetticidi.

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 75

Un primo trattamento, contro le forme

giovanili, deve essere effettuato circa un

mese dopo la schiusura delle uova (10-

20 giugno) mentre il secondo, mirato

contro le forme adulte, deve essere ese-

guito circa 20 giorni dopo. Trattamenti

estivi successivi (agosto) o invernali

sono poco efficaci.

Si consiglia di utilizzare principi attivi

autorizzati su vite per la lotta alla cicali-

na. Gli esteri fosforici (Clorpirifos meti-

le/etile – Fenitrotion) e i neonicotinoidi

(Thiamethoxam) evidenziano una

buona efficacia nel controllo del vettore; porre attenzione ai tempi di sicurezza.

Nel caso si utilizzino, nel primo trattamento, prodotti regolatori di crescita (Buprofezin o

Flufenoxuron) il trattamento deve essere anticipato di 10 giorni; in questo caso non bisogna uti-

lizzare regolatori di crescita nel secondo trattamento.

La modalità di esecuzione dei trattamenti è leggermente differente da quella attuata per i tratta-

menti con i fungicidi. La chioma deve essere ben irrorata compresi i polloni.

È consigliabile evitare operazioni di spollonatura prima dei trattamenti in modo da impedire alle

forme giovanili del vettore, che preferiscono sostare sui polloni, di ricadere sulla vegetazione sot-

tostante sfuggendo così al trattamento. Trattare nelle ore più fresche quando gli insetti presenta-

no una mobilità inferiore.

Il non rispetto delle tempistiche, la non esecuzione dei trattamenti obbligatori o la sospensione dei

trattamenti insetticidi provoca l’immediato aumento del numero delle piante infette.

Dal punto di vista agronomico si consiglia di non eccedere nelle concimazioni in quanto sembra-

no aumentare la suscettibilità della piante alla malattia; per le restanti pratiche agronomiche (iner-

bimento, lavorazione del suolo, diserbo, ...) non vi sono indicazioni che possano influenzare la

manifestazione della malattia e il suo profilarsi.

Il legno nero (LN)

Il principale vettore conosciuto è la cicalina Hyalesthes obsoletus detta anche “cicalina mosca”.

La cicalina trasmette il fitoplasma dopo essersi infettata su piante erbacee ammalate ai margini ed

entro il vigneto. Queste piante fungono da serbatoio dell’infezione. Non sembra che sia possibi-

le una trasmissione diretta tra piante di vite.

La cicalina è polifaga e staziona soprattutto su piante erbacee spontanee (ortica, convolvolo, ama-

ranto). Gli adulti sono presenti tra giugno e settembre sia su fusto che foglie mentre le forme gio-

vanili si sviluppano nella fase invernale primaverile nel terreno vicino alle radici.

Essendo le piante erbacee ospitanti diffuse ovunque si consiglia di adottare misure di contenimen-

Tralcio affetto da flavescenza dorata.

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to di tipo agronomico eliminando le erbe a ridosso dei vigneti con diserbo meccanico tra fine

marzo e inizio aprile o tra ottobre e novembre (evitare in estate per non spingere il vettore sulla

pianta di vite).

Il mal dell’esca

Il Pinot nero è particolarmente suscettibile a questa malattia. Il mal dell’esca è una patologia del

legno dovuta all’azione sinergica di diverse specie di funghi. Può avere due tipi di decorso: un

disseccamento lento e progressivo dei tralci, che può durare anche diversi anni, oppure un decor-

so acuto (apoplessia) nel quale foglie e grappoli avvizziscono e l’intera pianta muore nel giro di

alcuni giorni.

Il legno presenta imbrunimenti interni con zone di tessuto cariato giallastro e sulle foglie com-

paiono dei disseccamenti longitudinali tra le nervature con necrosi brune e rosso-brune.

La malattia attacca sia piante giovani,

sia adulte, ma nei ceppi più vecchi è più

semplice vedere i sintomi poiché il

decorso avanzato della malattia produce

maggiori danni a carico del legno. Il

legno attaccato non svolge più una cor-

retta funzione di traslocazione dell’ac-

qua e dei fotosintetati.

La propagazione dell’infezione avviene

tramite il micelio del fungo presente nel

legno. Tutti i funghi interessati nella sin-

drome dell’esca penetrano all’interno

dell’ospite tramite le ferite provocate

essenzialmente dai tagli di potatura o da lesioni meccaniche (spollonatura, potatura e vendem-

mia).

Non essendo possibili interventi diretti di tipo chimico si consiglia di limitare in potatura l’entità

dei tagli e spennellarli con mastici cicatrizzanti.

È consigliabile inoltre segnare le eventuali piante colpite per poi potarle per ultime con tagli di

ritorno che arrivano fino al legno sano (5-10 cm al di sotto della porzione di legno danneggiata)

e disinfettare gli attrezzi da potatura con prodotti appositi (alcol, ipoclorito di sodio o solfato di

rame concentrato); importante che tutti i residui di potatura siano allontanati dal vigneto e brucia-

ti subito. Infine al momento della scelta dell’impianto è opportuno scartare gli ambienti più espo-

sti ai freddi e ai rischi di gelate.

Si è accertato che l’utilizzo di calce immessa nel suolo nelle buche prodotte dall’estirpo dei ceppi

infetti non influenza la propagazione del fungo. In vigneti giovani entro il 6° anno è preferibile estir-

pare e sostituire le piante malate mentre con vigneti adulti è meglio praticare il taglio di ritorno.

Foglie di vite colpita da mal dell ’esca.

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La botrite o muffa grigia

Il Pinot nero è caratterizzato da un grappolo prevalentemente piccolo e compatto e da una buccia

sottile, caratteristiche che lo rendono particolarmente sensibile alla botrite e al marciume acido.

La botrite è una patologia fungina dall’epidemiologia molto complessa. Risulta essere influenza-

ta dall’interazione delle caratteristiche pedo-climatiche dell’ambiente di coltivazione, dalla sensi-

bilità varietale e dalle tecniche di coltivazione adottate.

Colpisce tutte le parti verdi della vite, anche se il danno economicamente più ingente si ha quan-

do l’attacco interessa grappolo.

I momenti di maggiore suscettibilità coincidono con la fioritura e con la maturazione, periodo

durante il quale la botrite può causare i maggiori danni.

La temperatura non costituisce un fattore limitante per lo sviluppo del fungo che può avvenire con

diverse velocità tra i 5° C ed i 30° C (optimum 18-20° C) invece l’umidità relativa deve essere

molto elevata (>90-95%).

Tra i metodi di lotta si consiglia di limitare i fattori predisponenti il suo instaurarsi quali ad esem-

pio:

• l’impianto di varietà sensibili in aree particolarmente umide;

• l’eccessivo affastellamento dei germogli;

• le sovra concimazioni azotate con portinnesti vigorosi;

• i ristagni di umidità nella zona dei grappoli a causa della presenza di erba alta tra i filari duran-

te la fase di maturazione;

• la non corretta difesa antioidica che può causare la rottura della buccia sulla quale il fungo si

insedia con maggiore facilità.

La strategia di contenimento della botrite prevede una combinazione di misure agronomiche e

chimiche.

Agronomicamente si consiglia di limitare ristagni di umidità sul grappolo tramite:

• sfogliature precoci alla fioritura: il grappolo risulta essere più spargolo e maggiormente per-

meabile al movimento d’aria;

• un minor vigore indotto con basse concimazioni azotate: la chioma risulta essere meno com-

patta con meno affastellamento tra stati fogliari;

• una corretta gestione dell’inerbimento: evitare eccessive crescite del cotico erboso per non

incrementare l’umidità tra i filari; l’erba non deve mai superare l’altezza del primo filo;

• inerbimento con graminacee.

Gli interventi con fungicidi devono essere effettuati in maniera preventiva, dal momento che even-

tuali infezioni botritiche in atto non sono contenibili ed anzi si aumenta il rischio di selezione di

ceppi resistenti. Infatti il patogeno agente della botrite sviluppa con estrema facilità resistenze a

fungicidi appartenenti alle più svariate famiglie chimiche.

In Oltrepò Pavese per la varietà Pinot nero si consiglia di posizionare un primo trattamento nel

mese di luglio alla fase fenologica di grano di pepe – prechiusura grappolo. Nel caso di zone par-

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78 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

ticolarmente umide e poco ventilate, con andamenti climatici sfavorevoli o con la produzione di

uve destinate ad una vinificazione in rosso e quindi con una fase di maturazione più prolungata si

consigliano 2 trattamenti.

Infine si deve avere cura di variare il principio attivo utilizzato nel primo intervento valutando cor-

rettamente i tempi di sicurezza.

Prima del trattamento, che deve essere localizzato sulla fascia del grappolo, effettuare eventuali

cimature o sfogliature per agevolare il depositarsi del principio attivo sul rachide e l’adesione del

prodotto sul grappolo; nelle situazioni meno rischiose anche un trattamento in chiusura grappolo

con rame, grazie alla sua proprietà di ispessire la buccia, può essere sufficiente.

Grappoli di Pinot nero attaccati da Botrytis cinerea.

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Page 78: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 79

Le scelte di gestione del vigneto

La concimazione

La gestione della concimazione nasce dalla necessità di ottimizzare l’interazione che il vigneto

ha con il suolo allo scopo sia di migliorare l’abitabilità del terreno, vista come la capacità di ospi-

tare l’apparato radicale, sia di modificare le caratteristiche nutrizionali del substrato edafico sod-

disfacendo le necessità nutrizionali della vite. Le caratteristiche fisiche di un suolo sono condi-

zionabili tramite l’apporto di prodotti ammendanti mentre per la dotazione di elementi nutritivi ci

si serve di concimi organici o minerali.

Per terreno si intende lo strato superficiale di suolo esplorato dalle radici. Il terreno deriva dal-

l’alterazione del substrato roccioso, chiamato roccia madre, per azione chimica, fisica e biologi-

ca esercitata da agenti superficiali (fisici e dinamici) e dagli organismi presenti in esso. Il suolo è

costituito da elementi minerali, sostanza organica, aria e acqua.

Una valutazione visiva del suolo permette un approccio razionale alle macro caratteristiche del

terreno e questo si può ottenere valutandone la tessitura, l’aspetto superficiale, il colore e la pro-

fondità.

Tessitura: la tessitura influisce sulla capacità di adsorbimento degli elementi nutritivi e sulla

disponibilità idrica. Si possono riassumere tre tipi di tessitura: suoli sabbiosi (terreno sciolto),

suoli argillo-limosi (terreno franco), suoli argillosi (terreno pesante). Nella tabella 4.2 si riassu-

mono le loro principali caratteristiche:

Superficie: osservando la superficie del suolo di possono evidenziare alcuni problemi relativi alla

struttura; suoli che presentano croste superficiali, crepacciamenti, elevato ristagno idrico o consi-

stenza compatta nella maggior parte dei casi sono da considerarsi suoli pesanti.

Colore: il colore è un buon indicatore di eventuali problematiche legate al livello di drenaggio e

alla capacità di assorbimento da parte dell’apparato radicale degli elementi nutritivi. Il colore si

valuta con terreno leggermente umido (tab. 4.3).

Tabella 4.2: Principali tessiture dei suoli e le loro caratteristiche (da Krstic et al, 2003).

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Tabella 4.3: Caratteristiche principali dei suoli in base alla colorazione superficiale (da Krstic et al, 2003).

Profondità: lo sviluppo della chioma è una indicazione sul volume esplorato dalle radici. Scarso

vigore e stress idrici sono sintomatici di suoli poco profondi mentre un elevato accrescimento dei

germogli, elevato vigore, elevate produzioni, chioma dal colore verde intenso sono effetti di un

terreno profondo con elevato apporto idrico.

La vite è una pianta che si adatta facilmente a diverse tipologie pedo-climatiche e dal punto di

vista nutrizionale presenta limitate esigenze. Per ottenere un prodotto di qualità è fondamentale

che la nutrizione sia la più equilibrata possibile. Eccessi o carenze di elementi nutritivi influenza-

no non solo la quantità ma anche la qualità dell’uva e di conseguenza le caratteristiche del vino.

La concimazione del vigneto è l’insieme di pratiche agronomiche che hanno lo scopo di conser-

vare il potenziale nutritivo e l’abitabilità del suolo e di integrare le asportazioni minerali utilizza-

te dal vigneto durante il ciclo produttivo; inoltre influisce sullo sviluppo vegetativo, sulle caratte-

ristiche qualitative dell’uva e sul livello produttivo. Per una corretta gestione del vigneto è quin-

di di fondamentale importanza la conoscenza della fertilità del suolo (analisi del suolo) e dello

stato nutrizionale delle piante (analisi fogliare).

Gli elementi nutritivi apportati nella concimazione si suddividono in macro e in micronutrienti; i

primi sono contenuti nella pianta di vite in maggiori concentrazioni rispetto ai micronutrienti e

occupano un ruolo preminente nella programmazione della concimazione (tab. 4.4).

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 81

AzotoN

FosforoP

PotassioK

MagnesioMg

Tabella 4.4: Descrizione degli aspetti fisiologici ed edafici dei macronutrienti e i loro effetti sulle piante.

L’azoto rientra in ogni processo metabolico ed influisce sia sulla crescita del pianta, intesacome sviluppo vegetativo, sia sul grado di maturità della bacca. Componente essenziale perla sintesi delle proteine e parte nella costituzione delle strutture fotosintetiche, viene assor-bito dal suolo sia come NO3

- che NH4+ e successivamente convertito in amminoacidi per la

costituzione delle proteine e degli enzimi. L’apporto di N stimola la crescita vegetativa e laproduzione in quanto favorisce la formazione delle gemme e l’allegagione. È molto mobi-le nel suolo e nella pianta, spostandosi verso le aree a maggior attività metabolica ed espo-ste alla luce. L’azoto viene accumulato all’interno nei tessuti di riserva della pianta durante il periodoestivo per poi essere pronto e mobilitato alla ripresa vegetativa.

Effetti positivi Effetti negativi

Produzione, vigore e pH mosti Zuccheri e qualità del mosto

Elemento fondamentale per i processi di trasferimento energetico dentro le cellule e tra gliorgani della vite. Risulta un costituente essenziale delle membrane cellulari. Interviene nellarespirazione cellulare, nel metabolismo degli zuccheri e nel mantenimento del pH cellulare.Come l’azoto risulta molto mobile verso aree a intensa attività metabolica. Nel suolo è pre-sente prevalentemente in forma inorganica che organica e viene assorbito dalle piante nel suomassimo stato di ossidazione come anione (H2PO4

- o H2PO42-) a seconda del pH del mezzo.

La sua mobilità è legata prevalentemente al pH del suolo e il maggior apporto si ha con pHcompresi tra 5 e 7. Il contenuto totale di fosforo nel suolo è compreso tra 0,02% e 0,08%.

Effetti positivi Effetti negativi

Profumi del vino e vigore maggiore acidità, minore succosità della polpa

Elemento minerale coinvolto nella regolazione dei flussi dell’acqua all’interno della pian-ta; agente osmotico molto importante nello scambio ionico e soprattutto nella traspirazio-ne, in quanto controlla l’apertura delle cellule di guardia degli stomi. Viene assorbito informa ionica e anche nelle piante si trova in questa forma e agisce da neutralizzatore degliacidi organici, da attivatore di enzimi e proteine nella sintesi di proteine e carboidrati. Èmolto mobile sia a livello xilematico che floematico. Nel suolo è presente in forma inorga-nica (K+) e la nutrizione potassica è legata soprattutto al potassio prontamente disponibilee cioè dal potassio adsorbito sul complesso di scambio. Il potassio scambiabile non supe-ra l’1-2% della dotazione del potassio totale.

Effetti positivi Effetti negativi

Zuccheri mosto, pH mosto Competizione col magnesio

Presente nella molecola clorofilliana e coinvolto nella produzione degli zuccheri,nella formazione di sostanze pectiche, proteine, vitamine, xantofille e carotenoidi.Interviene nel metabolismo di N e P e nell’assorbimento dell’acqua. Anch’esso èassorbito e trasportato in forma ionica. Risulta molto mobile per via xilematica. Nelsuolo è presente in forma inorganica (Mg2+) e il contenuto di magnesio nel suolo ècompreso tra 0,05% e 0,5%.

Effetti positivi Effetti negativi

Zucchero mosto Competizione col potassio

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Si possono distinguere 4 tipi di concimazioni del vigneto aventi scopi diversi ed eseguite in base

alla età del vigneto e alle necessità nutrizionali.

• Concimazione di fondo o di impianto

• Concimazione di allevamento

• Concimazione di restituzione o annuale

• Concimazione di emergenza o fogliare.

La concimazione di fondo o di impianto

Lo scopo della concimazione di fondo è quello di apportare elementi nutritivi e ammendanti

prima della posa delle barbatelle. Essa si suddivide in concimazione organica e minerale. La

prima viene eseguita interrando sostanza organica al fine di migliorare le caratteristiche di abita-

bilità dei terreni mentre la concimazione minerale viene utilizzata quando vi è la necessità di ripri-

stinare la dotazione chimica degli elementi poco mobili (K e P). La concimazione di impianto non

coinvolge apporti di azoto minerale.

Una corretta concimazione di fondo deve prevedere l’analisi del suolo, tramite la quale determi-

nare la necessità di apporto di sostanza organica e della frazione minerale dopo aver valutato

rispettivamente i parametri di fertilità del suolo (SO%, C org%, C/N, tessitura, struttura e CSC) e

i livelli dei macroelementi nutritivi (K, P e Mg). Nello schema (tab. 4.5) sottostante si indica il

programma d’analisi raccomandato:

Analisi di base

Pro

font

ità

(cm

)

Sost

anza

Org

anic

a

Tess

itur

a

CSC

pH Cal

care

Tot

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Cal

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Att

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le

Bas

i di s

cam

bio

Analisi prima dell’impiantoo della ricostituzione dellafertilità/scelta portainnesto

20 - 60 X X X X X X X X X

10 - 30 X X X X XControllo periodico (5 anni)

dello stato di fertilità

Tabella 4.5: Elenco delle analisi da effettuar e sul terreno.

Si riportano (tab. 4.6) i livelli di valutazione dei parametri di fertilità per determinare l’opportu-

nità di effettuare un apporto di sostanza organica:

Stato fertilità

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Page 82: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 83

Parametri di fertilità Effettuare concimazione organica di fondo se:

Sostanza Organica (SO%)Terreno sciolto < 1%

Terreno pesante < 2%

Carbonio organico% < 0,7%

C/N < 9

La fonte di carbonio nel suolo (S.O.) vienefacilmente attaccata da parte dei batteri;

diminuzione del tenore di S.O. conprogressiva tendenza alla destrutturazione

Tessitura Terreni pesanti e Terreni sciolti

Struttura Terreno altamente lavorato o destrutturato

Capacità Scambio Cationica Terreno sciolto < 10 meq/100g

(CSC) Terreno pesante > 20 meq/100g

Tabella 4.6: Valutazione dei livelli dei parametri di fertilità del suolo per un apporto di sostanza organica di fondo.

Nella condizione di dover effettuare una concimazione d’impianto organica si deve apportare

sostanza organica (letame) per un quantitativo variabile tra i 500-1000 q/ha in relazione alla

necessità evidenziata dalla valutazione scaturita dalla tab. 4.6. Con l’apporto massimo indicato si

prevede un incremento della sostanza organica stabile del suolo di circa 0,2% dalla dotazione di

partenza.

È possibile apportare ammendanti commerciali di varia origine ormai molto diffusi sul mercato

in dosi di circa un terzo dei quantitativi previsti di letame. A pari contributo migliorativo tra i dif-

ferenti ammendanti, la valutazione economica vede nel letame un costo al quintale molto inferio-

re all’ammendante commerciale ma può oggi risultare di più difficile reperibilità, con un maggior

costo nel trasporto e nella distribuzione e quindi complessivamente meno vantaggioso.

La sostanza organica deve essere incorporata nel terreno; se il terreno è sciolto si consiglia di

interrare ad una profondità compresa tra i 20 e 40 cm mentre con terreno pesante tra i 15 e 30 cm;

tali profondità di interramento sono date considerando sia la profondità di esplorazione del futu-

ro apparto radicale, sia l’effetto negativo della mancanza di ossigeno negli strati più profondi del

suolo nel processo di decomposizione della sostanza organica. L’interramento deve essere effet-

tuato in inverno (novembre-gennaio) con aratura superficiale post scasso (20-40 cm).

Per poter avere una stima della quantità totale di ammendante (t/ha) necessario per una correzio-

ne di SO stabile nel suolo si riporta la seguente formula di riferimento:

446 x (%SO soglia_di_sufficienza – %SO presente_nel_suolo) = apporto_letame (t/ha)

Equazione 4.1: Stima della quantit à di letame necessaria per modificar e la dotazione di SO stabile delsuolo. Si considera come esempio 1ha di terreno, con una densità di 1,3 t/m

3, dove interro la SO (letame

maturo) nei primi 30 cm.

Per valutare invece la necessità di intervenire con concimazioni minerali si riportano i grafici per

valutare i livelli di sufficienza per i macroelementi nutritivi (K2O, P2O5, MgO) (fig. 4.2).

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84 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

Figura 4.2: Stima dei livelli di sufficienza e di disponibilit à per i macronutrienti K 2O-P2O5-MgO.

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Figura 4.3: Esempio di verifica dei livelli di fertilit à potassica di un terreno.

La concimazione minerale di fondo consiste nell’aggiunta dei macroelementi K-P-Mg, qualora i

terreni ne fossero deficitari, per avere delle dotazioni superiori ai livelli di sufficienza. I prodotti

più utilizzati per la concimazione minerale di fondo sono per il Potassio il Solfato di potassio

(K2SO4 – 50-52% K2O), per il Fosforo il Perfosfatotriplo (46-48% P2O5) e per il Magnesio il

Solfato di Magnesio (MgSO4 – 18% MgO).

Le dosi massime apportabili nella concimazione di fondo in pre-impianto per il Fosforo e il

Magnesio sono di 150 unità/ha mentre per il Potassio sono di 300 unità/ha. L’apporto di Magnesio

nella concimazione in pre-impianto non è indicato in terreni molto sciolti poiché più mobile.

L’analisi chimica del suolo consente anche di valutare la disponibilità di Boro nel suolo vista la

rilevanza dell’eventuale carenza di questo elemento per la vite; in caso di suoli carenti (B < 0,6

ppm) si consiglia di somministrare 2-3 kg di Boro/ha; ipotizzando gravi carenze si consiglia di

somministrare 2 kg/ha nei primi 2 anni, 1 kg/ha per i 3 anni successivi e in seguito eseguire una

nuova analisi dei suoli.

Riportiamo di seguito un esempio di come calcolare le dosi per ripristinare i livelli di fertilità con

la concimazione di fondo.

La prima fase riguarda la verifica dei livelli che derivano da una interpretazione del dato analiti-

co: vanno presi in considerazione il livello di partenza e quello voluto di arrivo che variano in fun-

zione della CSC (Capacità di Scambio Cationico) del terreno. A titolo di esempio si considera un

suolo con una CSC pari a 15 meq/100 g con una dotazione iniziale di 90 ppm di K2O. Si ritiene

di dovere raggiungere una soglia finale di K2O pari a 220 ppm avendo il tal modo la necessità di

sopperire ad un deficit di 130 ppm (fig. 4.3).

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86 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

Successivamente va eseguito il calcolo delle dosi di concime (fig. 4.4).

Fig. 4.4: Esempio di calcolo delle dosi di concime da apportar e.

Integrando 718 kg/ha di K2O con del Solfato di potassio (K2SO4) al 50% si desume che si debba-

no apportare 14 q/ha di prodotto. Considerando le elevate unità di K2O che nell’esempio devono

essere apportate si consiglia di frazionare la concimazione in più anni. All’impianto verranno

interrate, come concimazione di fondo pre-impianto, 300 unità/ha. Le restanti unità (718 unità/ha

– 300 unità/ha = 418 unità/ha) verranno colmate con apporti annuali di potassio. Come riportato

in seguito, la dose massima di potassio apportabile durante la concimazione annuale di restituzio-

ne è pari a 200 unità/ha, per cui 418 unità/ha / 200 unità/ha/anno = 2 anni.

Riassumendo, la concimazione d’impianto per ripristinare le condizioni di sufficienza del terreno

destinato ad ospitare il vigneto verrà così suddivisa: all’impianto si apporterà 300 unità/ha di

potassio mentre per i tre anni successivi 200 unità/ha.

Questo breve esempio considera una condizione media e non particolare, che si può verificare con

suoli con pH che si discostano dalla neutralità o con problemi ricorrenti di siccità; in questi casi

i calcoli vanno riformulati per considerare anche la diversa mobilità nel terreno degli elementi

minerali.

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 87

La concimazione di allevamento

Lo scopo della concimazione di allevamento è quello di apportare Azoto (N) nei primi anni

improduttivi per facilitare lo sviluppo generale delle barbatelle, impostare precocemente la forma

di allevamento e velocizzare l’entrata in produzione. L’N deve essere fornito in base allo “svilup-

po” della vite tramite una concimazione localizzata in primavera dopo il germogliamento.

I quantitativi massimi sono pari a 25 g (un pugno) per pianta di concime azotato (50 unità di

Azoto/ha). Il concime deve essere sparso attorno alla barbatella amalgamandolo con il terreno evi-

tando il contatto diretto con l’apparato radicale che può causare ustioni delle cellule radicali. Se

la concimazione localizzata primaverile non ha sortito l’effetto desiderato si può ripassare entro

metà luglio con prodotti ad elevato titolo (urea o nitrato ammonico). Evitare di eseguire la con-

cimazione superficiale vicino al fusto per non provocare ustioni. Se l’impianto è eseguito in un

terreno con elevata dotazione naturale di macronutrienti scegliere prodotti a minor titolo di azoto

(nitrato ammonico o fosfato d’ammonio). Il fosfato d’ammonio stimola lo sviluppo radicale.

Tabella 4.7: Dosi di concimazione azotata in allevamento.

Concimi Titolo azotato Dose pianta Note(%) (g)

Urea 46 25

Nitrato ammonico 26 25

Fosfato d’ammonio 11 25 Stimola lo sviluppo radicale

La concimazione di restituzione

Scopo della concimazione di restituzione è quello di ripristinare annualmente le asportazione di

NPK dovute alla produzione di uva, tralci e foglie del vigneto. Inoltre la concimazione annuale

ha la funzione di prevenire fenomeni di depauperazione eccessiva ed impoverimento della dota-

zione originaria del terreno e di evitare carenze nutrizionali. Si consiglia l’utilizzo di concimi

semplici perché, nonostante siano meno comodi, in quanto devono essere mescolati tra loro, risul-

tano essere più idonei per formulare miscele più vicine alle necessità nutrizionali specifiche del

vigneto e più economici. I concimi complessi o composti (NPK) hanno il vantaggio di essere più

comodi e in generale tra i concimi ternari sono consigliabili quelli che si avvicinano a un rappor-

to N:P:K di 2:1:3.

Il calcolo degli apporti di concime deve seguire i seguenti punti:

• Stima del potenziale livello produttivo del vigneto (q/ha).

• Calcolo delle asportazioni dei macroelementi (NPK) in base alla tecnica agronomica adottata

(con o senza interramento tralci). Nella tabella 4.8 si riportano le quantità annuali di macronu-

trienti asportati della coltura della vite.

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88 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

Tabella 4.8: Asportazioni annuali dei macronutrienti in base alla gestione agronomica dei r esidui di pota-tura.

Tabella 4.9: Valori di riferimento per singolo elemento nutritivo utilizzati per l ’interpretazione delle analisifogliari.

• La valutazione puntuale dello stato nutrizionale tramite lo studio dei dati dell’analisi fogliare

permette di valutare la nutrizione delle pianta, diagnosticando o confermando eventuali caren-

ze riconosciute o meno visivamente oppure certificando eccessi nutrizionali che riducono le

prestazioni quali-quantitative del vigneto. Un secondo scopo è quello di verificare l’efficienza

della concimazione annuale. Si riportano gli standard di riferimento per singolo elemento per

l’interpretazione delle analisi fogliari (tab. 4.9).

• Correzione del calcolo del fabbisogno in elementi nutritivi in base ai coefficienti riportarti in

tabella 4.10.

Si ricorda che i prodotti a base di azoto subiscono una certa mobilità nel suolo che riduce l’effi-

cienza di concimazione: si ipotizza una efficienza del 50%; per i prodotti a base di potassio e

fosforo essendo poco dilavabili si ipotizza una efficienza del 100%.

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 89

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Page 89: Pinot nero

Con riferimento alla stima delle unità di concime da destinare in restituzione annuale tramite la

tabella 4.8 e 4.10 si riportano alcuni esempi pratici:

Esempio 1

Si ipotizza un vigneto di 10 anni, localizzato in pianura su un terreno molto fertile (Sostanza

Organica = 3,5%), profondo (>1 m) e argilloso, con buona dotazione idrica, senza irrigazione,

inerbito permanente e con trinciatura in campo dei residui di potatura. Durante la stagione vege-

tativa il vigneto risulta possedere un elevato vigore con un apparato fogliare di colore verde

cupo. La concimazione non viene praticata con assolcatori localizzati vicino l’apparato radicale

ma a spaglio. La produzione di uva è stimata in circa 100 q/ha.

In base ai dati riportati in tabella 4.8 si stima una asportazione dovuta alla produzione di uva di

circa 30 unità di Azoto, 6 di Fosforo, 40 di Potassio. Analizzando le caratteristiche riportate in

tabella 4.10 e sommando i valori percentuali relativi ad Azoto, Potassio e Fosforo si ottiene:

Essendo il valore percentuale dell’N pari a -80%, la concimazione azotata deve essere ridotta

dell’80%. Nel caso il valore fosse uguale a 100 o maggiore si procederebbe alla sospensione degli

apporti azotati. La concimazione potassica e fosfatica deve essere ridotta per entrambi del 20%.

Dopo la riduzione dell’80% per l’azoto si apporteranno circa 6 unità/ha mentre il potassio e le

unità fosfatiche saranno circa 32 e 5 unità/ha. Essendo gli elementi fosforo e potassio poco mobi-

li nel suolo si considera un rendimento della concimazione fosfatica e potassica pari al 100%

mentre per l’azoto di circa il 50%. Ipotizzando l’impiego di Nitrato d’ammonio (titolo 26%), di

Solfato di Potassio (titolo 50%) e dei Fosfati (titolo 30%), si apporteranno:

N: (6 unità/ha / 0,26) * 2 = 46 kg/ha di Nitrato d’ammonio

K: 32 unità/ha / 0,50 = 64 kg/ha di Solfato di Potassio

P: 5 unità/ha / 0,30 = 17 kg/ha di Fosfati

90 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

Tabella 4.11: Parametri percentuali di correzione dei livelli di concimazione per l ’esempio 1.

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 91

Tabella 4.12: Parametri percentuali di corr ezione dei livelli di concimazione per l ’esempio 2.

Essendo le dosi limitate, si consiglia una concimazione triennale per K e P apportando comples-

sivamente 192 kg di Solfato di Potassio e 51 kg tal quale di Fosfati. Poiché anche le unità di N da

distribuire annualmente sono limitate si consiglia la somministrazione annuale tramite concimi

fogliari (Urea). Ipotizzando l’uso di un prodotto a base di urea con concentrazione al 28%

N: 6 unità/ha / 0,28 = 21 l/ha di prodotto a base di urea

Ipotizzando che il prodotto vada somministrato in dosi di 10 l/ha, effettuare tre trattamenti con il

calendario dei trattamenti fungicidi.

Esempio 2

Si ipotizza un vigneto di 10 anni, localizzato in collina su un terreno medio, normalmente dotato

di sostanza organica, mediamente profondo, senza irrigazione, inerbito e con trinciatura dei resi-

dui di potatura. Ogni anno il suolo viene lavorato grossolanamente con l’estirpatore nel periodo

estivo. Durante la stagione vegetativa il vigneto risulta possedere un vigore stentato, con un

apparato fogliare sbiadito, e per la localizzazione dei filari è consuetudine la formazione di

Botrite nei periodi pre vendemmiali. La concimazione viene praticata con assolcatori localiz-

zati vicino all’apparato radicale con un apporto di ammendanti in inverno. La produzione di uva

è stimata in circa 100 q/ha. L’obiettivo enologico è produrre uva atta ad una vinificazione in rosso

ma il risultato annuale è insoddisfacente poiché il tenore zuccherino risulta basso e le acidità ele-

vate.

In base ai dati riportati in tabella 4.8 si stima una asportazione dovuta alla produzione di uva di

circa 30 unità di Azoto, 6 di Fosforo, 40 di Potassio. Analizzando le caratteristiche riportate in

tabella 4.10 e sommando i valori percentuali relativi a Azoto, Potassio e Fosforo si ottiene:

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Page 91: Pinot nero

92 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

Il valore percentuale dell’N è pari a -70% ciò indica che la concimazione azotata deve essere

ridotta del 70% rispetto le asportazioni stimate. La concimazione potassica deve essere ridotta del

15%.

Modificando i valori stimati risultano circa 9 unità/ha per l’azoto, 34 unità/ha di potassio e 6

unità/ha di fosforo. Essendo gli elementi fosforo e potassio nel suolo poco mobili si stima un ren-

dimento della concimazione fosfatica e potassica pari al 100% mentre per l’azoto di circa il 50%.

Ipotizzando l’impiego di un ternario con titoli 15:3:30 si apporteranno:

[9 + (9x50/100)] = 13,5 unità/ha di Azoto che corrispondono a circa 0,9 q/ha tal quale. In 0,9 q/ha

di prodotto si somministrano 27 unità di Potassio e 2,7 unità di Fosforo. Rapportando il dato in

pertiche (15 pertiche milanesi = 1ha) corrispondono a 6 kg di concime a pertica.

Concimazione Azoto

L’Azoto può essere apportato tramite fertilizzanti immessi direttamente nel suolo e in minima

parte con la concimazione fogliare. L’Azoto in forma nitrica ha la caratteristica di non essere trat-

tenuto nel suolo e quindi una somministrazione più elevata del normale fabbisogno della vite può

provocare un impatto ambientale, una operazione antieconomica e l’allontanamento dal raggiun-

gimento dell’obbiettivo enologico soprattutto per uve rosse destinate a vini di qualità. La conci-

mazione azotata deve essere apportata frazionando la dose nel corso della stagione effettuando la

fornitura al momento del bisogno.

L’Azoto viene somministrato sottoforma nitrica (NO3-) o ammoniacale (NH4+).

• Azoto nitrico: la forma nitrica viene immediatamente assorbita dall’apparato radicale, possie-

de una maggior solubilità nella soluzione circolante nel suolo ed è la fonte di azoto più pron-

tamente disponibile per la pianta. Le forme nitriche hanno un basso tasso di acidificazione dei

suoli e si consiglia di utilizzarle in suoli a pH acido-subacido. La forma nitrica è facilmente

dilavabile e si raccomanda di localizzare la concimazione vicino l’apparato radicale. È la

forma azotata meno economica. Si raccomanda di far coincidere l’epoca di applicazione e

le quantità con il fabbisogno a breve termine.

• Azoto ammoniacale: la forma ammoniacale è soggetta ad elevata volatilizzazione se utilizzata

con scarsa umidità e se non interrata, causando ingenti perdite per volatilizzazione. Il proces-

so di gassificazione, che può ridurre del 50% il tenore di N apportato, è più accentuato nei suoli

alcalini che in quelli acidi. Se si effettuano correzioni dei pH dei suoli con sostanze alcaline si

possono generare ingenti perdite per volatilizzazione; in questo caso si consiglia di corregge-

re il pH in autunno e apportare l’azoto in primavera. Per prevenire eventuali perdite si consi-

glia un leggero interramento dei prodotti. La forma ammoniacale viene trasformata in forma

prontamente mobile e utilizzabile (nitrificazione) nell’arco di 1-3 settimane. In assenza pro-

lungata di precipitazioni incorporare il concime al suolo.

Le principali forme utilizzabili sono (tab. 4.13):

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Page 92: Pinot nero

• Calciocianammide (Azoto organico): composto di calcare, calce viva, carbonato di calcio e

azoto. Forma utilizzata maggiormente come ammendante e correttivo.

• Urea (Azoto organico): è la forma azotata maggiormente concentrata ed economica. Risulta

essere molto solubile e facilmente dilavabile. Nell’applicazione si deve ad avere cura di inter-

rarla a ridosso dell’apparto radicale.

• Solfato di ammonio: forma che maggiormente acidifica il suolo. Poco usata e non consigliata

in terreni acidi.

• Nitrato di ammonio: forma azotata più costosa rispetto all’urea. Ha il vantaggio di avere una

parte del corredo azotato prontamente assimilabile dall’apparato radicale dopo l’applicazione.

Avendo due forme azotate, nitrico + ammoniacale, permette di fornire una fonte azotata pron-

tamente disponibile e una forma a più lenta cessione (settimane). Rispetto all’urea ha un minor

tasso di volatilizzazione.

• Nitrati: forma maggiormente mobile. Sono disponibili due forme: con salificazione in potas-

sio e calcio.

La concimazione azotata può essere effettuata a spaglio su terreno che dovrà essere successiva-

mente lavorato oppure con interramento localizzato in presenza di terreno inerbito. Nella moda-

lità a spaglio si consigliano operazioni di interramento con lavorazione meccaniche leggere (erpi-

catura superficiale –10 cm). Questa modalità se effettuata in presenza di inerbimento permanen-

te favorisce la risalita delle radici assorbenti della vite e in generale si consiglia di distribuire il

concime con terreno leggermente umido in modo da ridurre le perdite per volatizzazione.

In caso di impiego della concimazione localizzata si consiglia di posizionare il concime alla pro-

fondità di 20-30 cm e ad una distanza di 40-50 cm dal fusto prima dell’orma del pneumatico del

trattore, dove il capillizio radicale è più presente. Questa tecnica è consigliata per suoli tenden-

zialmente secchi, dove gli elementi fertilizzanti hanno una scarsa mobilità attorno all’apparato

radicale e nei suoli argillosi-pesanti che presentano un elevato adsorbimento.

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 93

Forma Prodotto Tenore Solubilità Velocità Disponibilità Uso concimazione Tasso Periodo(%) assimilazione acidificazione

Calciocianammide 25 + / - - ++ (6-7 settimane) Ammendante Elevata acidificaz.

GermogliamentoAmmoniacaleUrea 46 + + ++ (2-3 settimane)

AllevamentoDebole acidificaz. (Aprile) Vendemmia(NH4+) produzione

con autunno umido

Solfato ammonio 20 + + ++ (1-2 settimane) Correttivo per suoli Elevata acidificaz.alcalini

Nitro (NO3-)-ammoniacale Nitrato ammonio 26 ++ ++ ++ (1-2 settimane)

AllevamentoDebole acidificaz.

PostGermo

(NH4+)produzione (Aprile - Maggio)

Nitrico (NO3-)

Nitrato K 13 +++

+++ - Produzione Debole

PreFioritura

alcalinizzazione

(Maggio-Giugno)Vendemmia conautunno asciuttoNitrato Ca 15 +++

Tabella 4.13: Elenco delle principali caratteristiche delle for me di azoto presenti nei concimi azotati.

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Page 93: Pinot nero

94 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

Nel caso le unità azotate totali superino i 50 kg/ha si consiglia, per massimizzare l’efficacia del

concime, un frazionamento della somministrazione: 50 kg/ha al germogliamento con urea e le

restanti unità in post allegagione con nitrato di potassio o di calcio.

In caso di semina nell’interfila di essenze erbacee allo scopo di generare un inerbimento artificia-

le selezionato, si consiglia di apportare 100-150 kg/ha di ammonio-fosfato al momento della

semina di cereali e brassicacee. I cereali necessitano di un ulteriore apporto di azoto nitrico in

inverno inoltrato se si volesse incentivare la ricrescita primaverile.

In caso di un impianto con leguminose si consiglia l’apporto di 100 kg/ha di ammonio-fosfato e

in suoli sabbiosi l’aggiunta di 10kg/ha di ammonio nitrico per facilitare l’attecchimento iniziale.

I migliori momenti per l’applicazione dell’azoto sono quelli in prossimità della maggior attività

radicale che si verifica in due fasi: la prima circa un mese dopo il germogliamento con il mas-

simo alla fioritura, mentre la seconda comincia lentamente dalla piena invaiatura per avere

un picco dopo la vendemmia e decrescere in post raccolta fino della caduta delle foglie.

Quest’ultima fase è più accentuata nei climi caldi e nelle varietà precoci.

Il concime azotato deve venir somministrato durante la fase vegetativa della pianta, frazionando-

lo in due passaggi se le unità da apportare sono maggiori di 50 kg/ha, durante il periodo di mag-

gior attività radicale (Aprile-Maggio); ad inizio Aprile si consiglia l’utilizzo di urea, ad inizio

Maggio quello di nitrato d’ammonio e a metà Maggio il nitrato di potassio di cui si consiglia l’u-

tilizzo, data la pronta azione, 20-30gg dopo la schiusura delle gemme.

L’opportunità dell’apporto post-vendemmia deve essere legata alla valutazione dello stato della

canopy. Una chioma efficiente presuppone un apparato radicale funzionante; quindi se in ven-

demmia si avrà una canopy efficiente si potrà somministrare il 30% del fabbisogno annuale di N

in post raccolta e il rimanente fabbisogno tra allegagione e invaiatura. Viceversa se la canopy in

vendemmia non sarà efficiente si forniranno 50kg/ha di N in primavera subito dopo l’apertura

delle gemme e il rimanente fabbisogno annuale tra allegagione e invaiatura.

Concimazione Fosforo

La pianta di vite non ha un elevato fabbisogno di Fosforo (PO43-) e il terreno, in condizioni di nor-

malità, ha una buona capacità di trattenere il fosforo sulle proprie particelle. La vite assorbe que-

sto elemento dal terreno nel periodo del germogliamento fino a fioritura e dopo la raccolta.

Si consiglia di effettuare un buon apporto in concimazione di fondo e in fase di allevamento di

spargerlo effettuando una leggera lavorazione per interrarlo. Per terreni pesanti si consiglia la

localizzazione vicino alle radici. L’epoca migliore per la restituzione annuale è in inverno.

Valutando le limitate necessità di fosforo di cui il vigneto necessita si consiglia un apporto unico

ogni tre o quattro anni.

Il Fosforo è somministrato in diverse forme in base alla natura di produzione:

• Perfosfati (15-46% P2O5): prodotti da trattamento di fosforiti od ossa con acido solforico e/o

con acido fosforico, hanno reazione acida e sono indicati per tutti i suoli.

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Page 94: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 95

• Fosfati (20-40% P2O5): prodotti da trattamento termico delle fosforiti con alcali e acido silici-

co per suoli acidi.

• Fosforite macinata (20% P2O5): per suoli acidi.

Concimazione Potassio

La concimazione potassica stimola la vegetazione solo nel caso che sia assicurata una buona dota-

zione azotata, mentre influisce in modo diretto sulle caratteristiche qualitative; agisce anche posi-

tivamente sulla produzione e favorisce la buona maturazione dei tralci. Si lega facilmente al suolo

ed è poco mobile; con terreni acidi necessita una concimazione appropriata per supplire alla

immobilizzazione dell’elemento minerale. Si consiglia di effettuare un buon apporto in concima-

zione di fondo e in fase di allevamento di spargerlo effettuando una leggera lavorazione per inter-

rarlo o, in terreni pesanti, si opterà per una localizzazione vicino alle radici. L’epoca della resti-

tuzione annuale è il periodo invernale.

Il Potassio viene somministrato sotto forma di:

• Cloruro di Potassio: è la forma più economica, aumenta la salinità dei suoli (40-50% di Cl).

Ha un tenore del 40%, un’alta solubilità, una mobilità molto scarsa nei suoli e va bene parti-

colarmente nei terreni alcalini.

• Solfato di Potassio: è la forma maggiormente utilizzata per la concimazione di fondo in parti-

colare se la dose da somministrare è importante. Ha un titolo del 50%, ha una mobilità molto

scarsa nei suoli e anche una scarsa solubilità.

• Nitrato di Potassio: ha un titolo del 44% e una alta solubilità che lo rende la forma maggior-

mente utilizzata per la concimazione fogliare pur essendo quella meno economica.

La presenza del Potassio risulta necessaria dopo 1 mese dal germogliamento, nel periodo di forte

crescita dei germogli. Quando si è in presenza di suoli freschi e ricchi di acqua si possono verifi-

care dei fenomeni momentanei di carenza dovuti alla elevata necessità di K da parte dei germo-

gli in allungamento; al ripristino della corretta umidità tutto ritorna normale.

Concimazione Magnesio

L’elemento è mediamente richiesto dalla vite; eccessi di Potassio portano al disseccamento del

rachide per carenza di Magnesio in quanto i due elementi sono antagonisti a livello dell’assorbi-

mento radicale. Prontamente adsorbito sul complesso di scambio, può manifestare carenze in

suoli sabbiosi. Si considera ottimale il rapporto tra la dotazione sul complesso di scambio di

Magnesio e di Potassio (Mg/K) se questo è compreso tra 2 e 4.

Il Magnesio viene somministrato sottoforma di:

• Solfato di Magnesio: ha un titolo del 18% ed è impiegato prevalentemente nella concimazione

fogliare per la sua elevata solubilità e a causa della sua molto scarsa mobilità nei suoli.

• Carbonato di Magnesio (Dolomite): utilizzata per concimazione di fondo e in suoli acidi, ha

scarsa solubilità e mobilità.

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Page 95: Pinot nero

96 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

• Ossido di Magnesio: può essere utilizzato per la concimazione di restituzione su tutti i suoli,

ha scarsa solubilità e mobilità.

Concimazione Organica di restituzione.

Nei vigneti in cui vi è la prassi di periodiche lavorazioni del suolo in periodi secchi e caldi (esta-

te) si accentua la quantità di sostanza organica che si ossida mineralizzandosi e liberando elemen-

ti nutritivi. Considerando una media tra i differenti tipi di suolo si può indicare un consumo medio

annuo di circa 10 q/ha di sostanza organica. Per reintegrare il tenore perso, allo scopo di mante-

nere le caratteristiche fisiche e di abitabilità, si consiglia di apportare circa 100 q/ha di letame

oppure un quantitativo tre o quattro volte inferiore (in base al tasso di umidità) di ammendanti

industriali. La sostanza organica deve essere interrata nel periodo invernale.

In caso di inerbimento permanente (>5anni) la quantità di sostanza organica da reintegrare è nulla

poiché il prato permette un mantenimento totale del ciclo umico.

La tabella 4.14 riporta uno schema riassuntivo che mette in relazione le tempistiche e le modali-

tà di somministrazione dei macronutrienti e della sostanza organica. L’apporto dell’azoto è lega-

to alla valutazione dello stato di efficienza della chioma in fase di post raccolta mentre per fosfo-

ro, potassio e magnesio ci si basa sulla tessitura dei suoli.

Ipotizzando come esempio un vigneto su terreno pesante che necessiti una dose di restituzione di

azoto maggiore di 50 unità/ha, con chioma efficiente in fase di post raccolta e l’adozione di una

tecnica di apporto del concime azotato anche in fase di post raccolta, si consiglia di apportare la

quota del 30% del fabbisogno complessivo nel periodo compreso tra ottobre e novembre, massi-

mo 50 kg/ha nel periodo di inizio primavera e le restanti unità tra maggio e giugno. Tutti gli altri

macronutrienti e la sostanza organica devono essere apportati durante il periodo invernale.

Appezzamento pronto per l’impianto di un vigneto nel comune di S. Giuletta.

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98 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

La concimazione fogliare

La concimazione fogliare ha il solo scopo di apportare elementi fertilizzanti in momenti di scar-

sa assunzione radicale riducendo stati di stress e carenza momentanei. Questo tipo di concimazio-

ne sfrutta la capacità di scambio ionico (cationi – K-Fe-Mg-ioni +) da parte delle foglie più gio-

vani ed è particolarmente adatta per apportare micronutrienti. L’utilizzo della concimazione

fogliare per sopperire alle normali necessità di macronutrienti di un vigneto in produzione è una

pratica antieconomica (tab. 4.15):

• L’assorbimento fogliare dipende da fattori climatici e fisiologici. Si consiglia di effettuare i

trattamenti con temperature comprese tra i 15 e i 25°C e con umidità elevata (sera e mattina

presto in presenza di rugiada).

• Effettuare il trattamento ogni 7-10 gg per 3 volte.

• L’assorbimento fogliare avviene in modo rapido nelle prime 2-3 ore decrescendo fino al 2°

giorno dopo l’applicazione.

• Il periodo ottimale per la concimazione fogliare è in concomitanza con l’allungamento dei germo-

gli e con la ridotta attività radicale (fioritura – allegagione). Sono da evitare i trattamenti estivi.

• Scegliere prodotti a concentrazione più elevata e con tensioattivi che facilitano l’adesione e la

permanenza del prodotto sulla foglia.

• Utilizzare elevati volumi di adacquamento (1000 l/ha) per non creare ustioni.

In figura 4.5 si riportano le chiavi di riconoscimento per le principali carenze.

Elemento Prodotto Solubilità Note(kg/100 L)

N Urea 0,4Nitrato di Potassio 0,6-0,7 Mai alla fioritura.

K Nitrato di Potassio 0,6-0,7 4-6 applicazioni di cui la metà prima della fioritura ogni 7-10 gg. In caso di vigneto vigoroso si consiglia di utilizzare solfato di potassio.

Mg Solfato di Magnesio 1-1,5 Dagli stadi di 12° foglia, 3-4 applicazioni ogni 7-10 gg. Concentrazione consigliata 2%; se miscelato con prodotti antiparassitarinon superare la concentrazione dell’1%.

3 La lotta al disseccamento del rachide prevede l’applicazione sul grappolo (circa20kg/ha in 700l) con primo trattamento all’invaiatura e il successivo 10gg più tardi.

Fe Solfato ferroso 0,9 Applicare durante la crescita dei germogli(carenza lieve) (dagli stadi della 12-17° foglia). 3-4 DTPA trattamenti ogni 7 gg. Cercare di accoppiareEDTA al trattamento anche pratiche agronomiche

di drenaggio.

B Acido Borico 0,2 2-3 trattamenti fino alla fioritura ogni 10 gg.Pentaborato sodico 0,2

Tabella 4.15: Elenco dei prodotti utilizzati nella concimazione fogliar e.

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100 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

La gestione del suolo

La vita delle piante viene fortemente influenzata dai fattori legati al clima, quali temperatura,

energia radiante, piovosità, e da altri più legati al suolo come la nutrizione idrica e quella mine-

rale. L’acqua è l’elemento attraverso il quale le piante assorbono la gran parte degli elementi

nutritivi; oltre a questa primaria funzione nutrizionale l’acqua ha un’importante funzione di rego-

lazione termica al fine di organizzare il metabolismo delle piante. Risulta fondamentale organiz-

zare una corretta gestione del suolo per permettere il raggiungimento dei seguenti obbiettivi:

• controllo della vigoria del vigneto e della qualità delle sue produzioni; la crescita della chio-

ma della vite, l’efficienza del suo funzionamento, il rapporto tra superficie fogliare e produzio-

ne sono in relazione con la crescita e l’attività degli apparati radicali. La gestione del suolo,

regolando indirettamente la disponibilità di acqua e nutrienti per la vite, ha un ruolo chiave

nella gestione dell’espressione vegeto-produttiva del vigneto;

• conservare e migliorare le caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche del terreno; tutto il

profilo del suolo potenzialmente interessato dalla crescita e dall’attività dell’apparato radicale

dovrebbe essere mantenuto nelle migliori condizioni di fertilità chimico-fisica per tutta la dura-

ta del vigneto. Un adeguato livello di sostanza organica negli orizzonti superficiali e un ade-

guato livello di macroporosità, favorevole al drenaggio interno lungo tutto il profilo utile del

suolo, sono senza dubbio le condizioni più importanti da assicurare. Le lavorazioni preparato-

rie del terreno, realizzate prima dell’impianto, dovrebbero porre le premesse per realizzare

questi obiettivi, la gestione del suolo deve assicurarne la continuità ed eventualmente rimediar-

ne i difetti;

• ridurre fino a eliminare l’erosione dei terreni e i rischi di dissesti idrogeologici figli di una

irrazionale gestione dei terreni declivi; tra i numerosi fattori che determinano la suscettibilità

di un suolo all’erosione (piovosità, erodibilità, lunghezza e pendenza del versante, disposizio-

ne dei filari, copertura vegetale, tecniche di regimazione), la scelta del tipo di gestione del

suolo appare decisiva. La presenza di un’adeguata copertura vegetale nei momenti critici del-

l’anno per la piovosità e per il tipo di eventi piovosi, in relazione alla pendenza dei versanti e

all’eventuale presenza di altre tecniche di contenimento del ruscellamento superficiale delle

acque pluviali, quali l’affossatura trasversale e l’impianto dei filari in traverso, è senz’altro la

strategia più efficace per la conservazione del suolo;

• proteggere il suolo dal calpestamento dei mezzi meccanici e degli operatori e dall’azione bat-

tente della pioggia; il compattamento del suolo, quale conseguenza della pressione esercitata

dagli organi di propulsione (ruote motrici, cingoli) e di sostegno (ruote trainate) dei mezzi

meccanici, nonché del calpestio degli operatori, determina, con maggiore o minore gravità,

fenomeni di riduzione della macroporosità del suolo con conseguente aumento della densità

apparente e peggioramento della capacità per l’aria e del drenaggio interno. La suscettibilità

del suolo al compattamento è in relazione alla tessitura del suolo, al suo stato meccanico

(coerente o plastico) e soprattutto alla sua portanza (resistenza alla deformazione). La gestio-

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 101

• ostacolano la transitabilità delle macchine operatrici per i trattamenti e per le attività di potatura verde e vendemmia;

• favoriscono la compattazione del suolo con conseguente formazione di una suola di lavorazione;

• provocano danni fisici alle piante (danni al piede e rottura delle radici superficiali nello strato di suolo più ricco di nutrienti);

• nelle condizioni di impianti in pendio vengono favoriti i fenomeni erosivi;

• l’aumento della produttività avviene a scapito della qualità del prodotto.

• eliminazione flora infestante;

• migliore utilizzo delle acque di precipitazione;

• rendono possibile la decomposizione dei residui di potatura;

• ostacolo alla diffusione di parassiti animali e vegetali;

• viene favorita la mineralizzazione della sostanza organica e si ottiene una maggiore disponibilità di azoto nitrico con un aumento della produttività.

LAVORAZIONI DEL SUOLO

Fattori favorevoli Fattori non favorevoli

Tabella 4.16: Fattori favorevoli e sfavorevoli alle lavorazioni del terreno.

ne del suolo è ovviamente decisiva nel proteggere il suolo stesso, gli apparati radicali della

vite, nonché l’attività biotica del suolo, dai danni del compattamento. Anche l’energia cineti-

ca delle gocce di pioggia ha un effetto deleterio sulla struttura del suolo; gli aggregati delle par-

ticelle elementari, cui si deve il giusto grado di micro e macroporosità, vengono distrutti in

seguito all’impatto delle gocce di pioggia. La superficie del suolo così danneggiata dà luogo a

croste superficiali che ne limitano la permeabilità e lo espongono maggiormente ai rischi del-

l’erosione (pluviale ed eolica);

• gestire le infestanti nel periodo in cui la loro presenza risulta maggiormente nociva; se lascia-

to a sé stesso il suolo del vigneto verrebbe colonizzato più o meno rapidamente dalla flora

avventizia con un effetto competitivo più o meno intenso nei confronti della vite per l’acqua,

i nutrienti minerali e, nel vigneto appena impiantato, anche per la luce. Questi fenomeni com-

petitivi, soprattutto negli ambienti più aridi, sono da governare adeguatamente.

Le lavorazioni tradizionali

Con il termine tradizionali ci si riferisce a quelle lavorazioni del suolo fatte con macchine opera-

trici al fine di controllare le infestanti, interrare i concimi e la sostanza organica apportati, arieg-

giare e decompattare il suolo e permettere al terreno di preservare le risorse idriche naturali. Le

linee guida per questo tipo di pratica agronomica devono sempre tenere in considerazione le con-

dizioni generali del terreno: evitare di lavorare il suolo umido perché enfatizzerebbe la compatta-

zione del terreno con conseguente asfissia radicale e inagibilità dei suoli soprattutto se con tessi-

ture tendenzialmente argillose. Le lavorazioni hanno, come tutte le pratiche agricole, aspetti posi-

tivi e altri negativi (tab. 4.16).

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102 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

Le lavorazioni vengono eseguite tra le file attraverso l’utilizzo di diversi attrezzi: tra questi aratri,

frese, vangatrici, estirpatori ed erpici. Questi organi lavorano fino ad una profondità massima di

circa 30 cm; spesso nel caso delle lavorazioni sulla fila a questi organi viene accoppiato un attrez-

zo scansaceppi (sensore) che permette la lavorazione sottochioma.

Nella generalità dei casi, anche a seguito della corretta applicazione delle tecniche tradizionali di

lavorazione dei terreni, ci si trova di fronte a terreni con peggioramenti delle caratteristiche fisi-

che e microbiologiche, con una conseguente riduzione della presenza biologica e la comparsa di

fenomeni di erosione e di compattazione del terreno; tutto ciò determina una drastica riduzione

della fertilità del terreno che diviene inoltre difficilmente praticabile soprattutto in alcuni periodi

dell’anno. Questo ultimo aspetto non è trascurabile in quanto è in contrasto con l’esigenza di

interventi tempestivi richiesti dalle più efficaci strategie di difesa.

L’inerbimento risolve molti di questi problemi, perché in grado di migliorare le condizioni di abi-

tabilità del terreno e di limitare molto gli effetti dell’erosione e del calpestamento operato dai

mezzi meccanici impiegati nei vigneti. A questi aspetti positivi se ne aggiungono alcuni limitan-

ti, legati principalmente a fenomeni di competizione idrica e nutrizionale che si possono instau-

rare tra la vite e la specie erbacea.

L’inerbimento

La pratica dell’inerbimento si riferisce alla coltivazione a scopo non produttivo di essenze erba-

cee, erba spontanea o più frequentemente erba seminata, nel vigneto e di controllarne lo svilup-

po mediante più sfalci annui con apposite macchine. Si può parlare di inerbimento totale quando

è realizzato su tutta la superficie ma più frequentemente viene inerbito solo lo spazio interfilare,

lasciando all’intervento meccanico o ai prodotti erbicidi il controllo delle infestanti sulla fila.

Nella tabella successiva (tab. 4.17) si riportano i fattori favorevoli e sfavorevoli a tale pratica agro-

nomica.

Vigneto con inerbimento artificiale (a sinistra) e vigneto lavoratomeccanicamente (a destra).

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• competizione tra l’erba e il vigneto per acqua ed elementi nutritivi con rischio di ottenere un calo di produzione ma anche, con eccessiva competizione, di qualità; si consiglia pertanto di adottare l’inerbimento in vigneti di 3-4 anni di età posti su terreni abbastanza fertili, che non siano facilmente soggetti ai danni da siccità e di aumentare la concimazione azotata del 10% oppure di utilizzare miscele che contemplino anche la presenza di leguminose;

• può ridurre la temperatura dell’aria nelle notti fredde incrementando il rischio di gelate conseguente alla schermatura dei raggi solari incidenti sul suolo operata dalla vegetazione durante il giorno. In zone soggette a queste condizioni la pratica di alternare la copertura vegetale tra i filari può risolvere il problema;

• incrementa il rischio di attacchi di insetti e crittogame in quanto l’impossibilità di interrare le foglie e il legno di potatura dell’annata precedente può costituire, in primavera, qualche fonte d’infezione di peronospora, oidio, escoriosi e botrite; per contro, la presenza di determinate specie erbacee consente la migliore sopravvivenza per alcuni insetti predatori, utili perché si cibano di tignole e di ragnetti.

• riduzione dell’erosione dei suoli, sia superficiale che canalizzata, soprattutto nei vigneti in pendio;

• strumento efficace per ridurre la vigoria della vite soprattutto su terreni molto fertili; si avrà quindi una migliore allegagione e una migliore qualità dell’uva;

• miglioramento del passaggio con le macchine,soprattutto con le graminacee, sia per l’esecuzione dei trattamenti antiparassitari sia per il trasporto dell’uva durante la vendemmia;

• miglioramento nelle strategie di difesa soprattutto per la possibilità di effettuare interventi tempestivi per i trattamenti ma anche in quanto alcune essenze provocano situazioni sfavorevoli al proliferare deinematodi e inoltre attraggono artropodi favorevoli come gli aracnidi predatori di acari e insetti dannosi;

• dopo alcuni anni contiene la perdita d’acqua del terreno per evaporazione, attraverso l’azionepacciamante della massa vegetativa trinciata e lasciata sul posto;

• miglioramento della struttura del suolo grazie al fatto che le radici rinnovandosi apportano materia organica al suolo (soprattutto le graminacee) e ne migliorano la porosità;

• apporto di Azoto se effettuata con leguminose. Inoltre contiene il dilavamento dei nitrati in profondità, limitando l’impatto ambientale delle concimazioni;

• favorisce la traslocazione in profondità del Fosforo e del Potassio e il miglior assorbimento dei microelementi;

• l’apparato fogliare della copertura erbosa diminuisce l’energia cinetica delle gocce di pioggia che altrimenti destrutturerebbero e disperderebbero gli agglomerati terrosi;

• miglioramento estetico dei vigneti ottenuto da inerbimenti ben gestiti, caratteristica positiva soprattutto in aree di collina poste in zone di interesse turistico.

INERBIMENTO

Fattori favorevoli Fattori non favorevoli

Tabella 4.17: Fattori favorevoli e sfavorevoli all’inerbimento.

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L’epoca di semina sarà a fine estate o a fine inverno-inizio primavera con semina a spaglio (o a

macchina) su terreno opportunamente preparato; si dovrà poi avere cura di sfalciare la vegetazio-

ne erbacea ogniqualvolta raggiunge 25-30 cm di altezza. La scelta della specie, o dei miscugli,

per l’inerbimento dovrà essere in funzione di numerosi fattori quali: velocità di insediamento e

accrescimento, epoca della ripresa vegetativa, resistenza alla siccità, alle basse temperature e alle

malattie, competitività (carattere molto importante se si vuole negare o favorire l’ingresso di flora

di sostituzione), fabbisogni idrico-nutrizionali, attitudine alla bassa manutenzione (tagli poco fre-

quenti), resistenza al calpestio.

La classificazione delle specie utilizzate per l’inerbimento potrà riguardare l’epoca e la durata

della vita delle specie (annuali invernali o estive che nascono e muoiono nel corso di una annata,

o perenni che vivono per tre o più anni) e la loro classificazione tassonomica (leguminose o gra-

minacee). Le annuali invernali sono maggiormente seminate per la loro caratteristica di crescere

nel periodo più umido e quindi più soggetto all’erosione e meno competitivo per l’acqua e gli ele-

menti nutritivi. Possono venire seminate o lasciate riseminare in autunno, in primavera vengono

sfalciate. Le annuali estive sono molto meno utilizzate e quando lo sono generalmente hanno lo

scopo di attrarre insetti favorevoli o di apportare sostanza organica. Le specie perennanti vengo-

no seminate in autunno, ma alcune vengono messe a dimora all’inizio della primavera e non

necessitano di una risemina per alcuni anni; in ogni caso il loro periodo di forte crescita coincide

con quello di massima disponibilità di acqua e clima favorevole.

Nel dettaglio le specie graminacee più utilizzate per l’esecuzione degli inerbimenti nei vigneti

sono:

• Lolium perenne: specie competitiva e proprio per questa sua caratteristica viene di solito usata

come “starter”, sia per consolidare rapidamente le superfici in pendio che per contenere le infe-

stanti nelle prime fasi di insediamento del cotico; tuttavia non è di lunga durata, infatti dopo

alcuni anni regredisce a vantaggio delle altre componenti del miscuglio. È da impiegare nelle

associazioni in proporzioni del 10-35%.

• Poa pratensis: specie stolonifera, longeva ma lenta a installarsi; successivamente grazie agli

stoloni ipogei e alla elevata resistenza al calpestamento può avere una funzione importante per

l’attitudine a chiudere i vuoti lasciati dalle altre specie. La percentuale di impiego nei miscu-

gli è di solito di circa il 20%.

• Bromus catharticus: specie triennale con forte apparato radicale e buona attitudine alla risemi-

na. Si contraddistingue per possedere una elevata capacità di insediamento con buone attitudi-

ni alla resistenza alla siccità e scarsa resistenza alle basse temperature. Si adatta a terreni non

molto fertili, ma teme i suoli molto umidi e molto argillosi. Sensibile al calpestio.

• Festuca rubra: specie frugale di modesta resistenza al calpestamento. Si possono distinguere

tre sottospecie:

– Festuca rubra commutata: sottospecie non stolonifera, ginocchiata e brevemente stri-

sciante alla base. Forma un prato molto fitto e fine.

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 105

– Festuca rubra trychophylla: sottospecie con corti stoloni e foglie simili alla precedente,

ma più resistente alla siccità.

– Festuca rubra rubra: piante stolonifere che tendono a formare un prato con molti vuoti.

Ha foglie più larghe delle due precedenti.

Le sottospecie commutata e trychophylla, per le più modeste esigenze nutritive e manutentive,

nonché per i ridotti accrescimenti, sono utilizzate per la costituzione di prati rustici. Le per-

centuali di impiego nelle miscele sono del 25-50% da ripartire fra le tre sottospecie.

• Festuca ovina: tipica di luoghi aridi e magri, è una specie molto frugale con bassa produzio-

ne di biomassa e modesto coefficiente di evapotraspirazione. Complessivamente la percentua-

le di impiego delle festuche ovine può arrivare, limitatamente ai terreni magri, fino al 40%. Si

può suddividere in due sottospecie:

– Festuca ovina duriuscula: ha foglie molto fini, dure, di colore intenso. È poco esigente

in acqua, elementi nutritivi e manutenzione e per questo si presta per la realizzazione di

prati estensivi, rustici, soprattutto in regioni aride.

– Festuca ovina tenuifolia: rispetto alla precedente, ha foglie meno coriacee, tollera meno

il calpestio, ma di più l’ombra.

• Festuca arundinacea: risulta abbastanza lenta nell’insediamento, ma poi infittisce e la sua

aggressività limita molto lo sviluppo della vegetazione spontanea. È produttiva e per questo

necessita di sfalci abbondanti, esigente in acqua, si adatta a terreni fertili, utile per frenare l’ec-

cessiva vigoria delle piante, assicura una buona portanza.

Le leguminose sono:

• Trifolium repens: leguminosa che può migliorare la fertilità del suolo. Si adatta a suoli calca-

rei. Piuttosto duraturo, 3-5 anni.

• Trifolium subterraneum: leguminosa con ciclo autunno-vernino, adatto quasi esclusivamente

a terreni sabbiosi, per cui consente di proteggere il terreno, ma in estate muore e non dà pro-

blemi di competizione idrica. L’anno successivo, in autunno, rinasce. Non è molto persistente

e quindi va spesso riseminato (ogni 2-3 anni a seconda dell’ambiente pedo-climatico).

• Trifolium incarnatum: leguminosa con radice fittonante adatta a terreni poco calcarei, sciolti

e asciutti. Buona protezione del terreno con apparato radicale profondo.

• Hedysarum coronarium: leguminosa con radice fittonante, capace di crescere anche nei ter-

reni argillosi e di pessima struttura. Resistente alla siccità.

Negli ultimi anni si sono provate nuove specie di Festuca, quali la longifolia e altre di origine

boreale caratterizzate da foglie molto fini, da limitate esigenze idriche e nutrizionali e dal conte-

nuto sviluppo primaverile ed estivo in quanto piante brevi diurne. La loro diffusione è tuttora limi-

tata, soprattutto per la scarsa resistenza al calpestamento e per i costi elevati della semente.

Per quanto concerne l’erosione dei suoli la tipologia di tessitura, inclinazione e piovosità sono

caratteristiche che misurano la suscettività a questa situazione. Suoli tendenzialmente sabbiosi

sono più esposti all’erosione a causa della mancanza d’aggregazione delle particelle che invece i

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suoli a componente argillosa hanno. In condizioni di rischio sono adatte essenze annuali inverna-

li riseminanti, bene in queste situazioni si comportano il trifoglio subterraneo e quelle a matura-

zione precoce quali i Bromus spp. Relativamente al vigore della vigna con suoli a bassa fertilità

si possono usare al momento opportuno le leguminose al fine di apportare azoto; se la penetrazio-

ne dell’acqua è ridotta la presenza di un sistema di radici tipo quello delle graminacee che incre-

menta la struttura fisica del suolo è di sicura efficacia. Nel caso di eccessi vegetativi creati da suoli

ricchi, profondi e ben dotati dal punto di vista idrico si possono utilizzare graminacee perennan-

ti per competere con la vigna riducendone il vigore. Nel caso in cui si voglia modificare il grado

di competizione del cotico erboso si può giocare sulla dimensione della striscia diserbata sulla fila

aumentandola o diminuendola in funzione rispettivamente di un eccesso o un difetto competitivo.

Tabella 4.18: Caratteristiche di alcune specie utilizzate nell ’inerbimento dei vigneti (da AA.VV . 2004 –Guida per il viticoltore).

Velocità di Competizione Frequenza Persistenza insediamento di taglio

GraminaceeLolium perenne ... .. ... ..Poa pratensis . . . ...Bromus catharticus ... .. ... ...Festuca arundinacea .. ... ... ..Festuca ovina . . . ...Festuca rubra rubra .. . .. .Festuca rubra commutata .. . . .LeguminoseTrifolium repens ... ... ...Trifolium sub-terraneum .. .. ..Trifolium incarnatum .. .. ..Hedysarum Coronarium . . ..

Diserbo chimico con glifosate e flazasulfuronlocalizzato lungo il filare.

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Il diserbo

La rimozione delle erbe infestanti nel vigneto è tradizionalmente svolta attraverso la totale lavo-

razione del suolo mentre ad oggi una più razionale gestione del vigneto ne limita la pratica sulla

fila dando così spazio all’inerbimento dell’interfila.

Per i vigneti biologici e per chi non vuole usare solo i prodotti chimici, il diserbo del filare viene

effettuato dagli attrezzi che vengono applicati alla trattrice in diverse posizioni.

I prodotti chimici si possono classificare in base al loro meccanismo d’azione e in funzione della

durata dell’effetto. Nella moderna viticoltura vengono utilizzati i seguenti principi attivi:

Glifosate: erbicida sistemico non residuale ad azione fogliare. L’aggiunta di solfato ammonico

migliora l’effetto erbicida e la sua velocità d’azione. La sintomatologia indotta dall’erbicida si

manifesta 7-14 giorni dopo il trattamento; il completo disseccamento delle piante avviene entro

un mese. L’epoca di intervento può essere sia autunnale che alla ripresa vegetativa della vite; è

comunque da applicare su infestanti in post-emergenza in quanto viene assorbito principalmente

attraverso le parti verdi delle piante e quindi traslocato nei diversi organi. L’impiego di glifosate

richiede una particolare attenzione nella distribuzione poiché se viene assorbito dalle parti verdi

della vite si possono manifestare danni sulla vegetazione. È necessario pertanto eliminare preven-

tivamente gli eventuali polloni presenti sul ceppo, distribuire il prodotto in assenza di vento e

negli impianti giovani impiegare le apposite campane protettive. È sconsigliato l’uso di attrezza-

ture non specifiche per il diserbo quali le lance irroratrici a mano poiché non consentono di effet-

tuare con precisione la distribuzione dell’erbicida.

AcquaLimitizione Limitazione Limitazione

Bassa epoca di Media epoca di Elevata epoca disemina semina semina

Lolium, Bromus nessuna Lolium, Poa nessuna Lolium, Poa nessunaF. ovina F. ovina

F. arundinacea nessuna F. arundinacea nessuna F. arundinacea inizioestate

Lolium, Bromus nessuna F. ovina, Poa inizio F. ovina inizioF. rubra, Poa autunno autunno

F. arundinacea nessuna F. ovina, F. rubra, autunno e Tr. subterraneum inizioTrifolium repens primavera estate

F. ovina, autunno e F. ovina, + inizio F. ovina inizioHedysarum, primavera Trifolium repens autunno autunno

F.r. commutata

F. ovina, + autunno e Tr. subterraneum inizio Tr. subterraneum inizioTrifolium repens primavera o altre estate o altre estate

leguminose leguminose

Bassa

Media

Fer

tilit

à

Elevata

Tabella 4.19: Epoca di semina e utilizzo di alcune specie per l’inerbimento dei vigneti in funzione della fer-tilità e della disponibilità idrica dei suoli (da AA.VV. 2004 – Guida per il viticoltore).

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Page 107: Pinot nero

108 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

• Glufosinate ammonio: erbicida che agisce per contatto, con una parziale traslocazione, ed

assorbimento fogliare sulle parti verdi delle piante e quindi da applicare in post-emergenza.

L’aggiunta di solfato ammonico o urea migliora l’effetto erbicida; è preferibilmente da utiliz-

zarsi nei mesi primaverili e può anche essere utilizzato per il controllo chimico dei polloni

quando questi hanno raggiunto una lunghezza di 15-20 cm e non siano ancora lignificati. La

sintomatologia indotta dall’erbicida si manifesta 2-3 giorni dopo il trattamento; il dissecca-

mento delle piante avviene entro circa 5-10 giorni dal trattamento.

• Oxifluorfen: erbicida che esplica la sua azione residuale e antigerminello attraverso il contat-

to con i giovani tessuti fogliari e radicali presenti al momento del trattamento e delle plantule

che emergono successivamente perforando il film formato dall’erbicida sul terreno. L’epoca di

trattamento è preferibilmente quella di riposo vegetativo della vite sia in autunno prima della

caduta delle foglie sia in primavera 15-20 giorni prima del germogliamento. È utilizzato

soprattutto per la pulizia dei giovani vigneti.

• Flazasulfuron: principio attivo di nuova introduzione per la vite che ha sia azione fogliare che

residuale nel terreno e risulta particolarmente attivo nei confronti di infestanti resistenti, in par-

ticolare della parietaria. La sintomatologia si manifesta dopo 3-4 giorni dall’utilizzo con morte

delle infestanti entro 20-25 giorni. È particolarmente efficace nella distribuzione autunnale

garantendo un prolungato controllo delle malerbe anche per la stagione successiva; non viene

pertanto consigliato in primavera. Va distribuito in miscela con glifosate per ottimizzarne l’ef-

ficacia; data la lunga persistenza e l’attività residuale di questo erbicida il suo utilizzo è di soli-

to consigliato solo a cadenza triennale.

• Ciclossidim e Fluazifop-p-butile: prodotti ad azione graminicida che agiscono per contatto

sulle foglie; vanno quindi utilizzati su infestanti in crescita attiva e avendo cura di avere una

buona umidità del terreno e dell’aria per aumentarne l’efficacia. L’epoca di utilizzo è nei mesi

della tarda primavera o in estate.

• Isoxaben: prodotto residuale con azione antigerminello; è consigliato sui nuovi impianti aven-

do cura di trattare su un terreno ben lavorato, senza infestanti in germinazione e con una pron-

ta irrigazione per favorirne l’attività.

La potatura verde

I principali parametri che contraddistinguono il livello qualitativo finale delle uve sono influen-

zati dalle operazioni agronomiche effettuate con la gestione della chioma. Tutte le operazioni rea-

lizzate sulla canopy rientrano nel termine di potatura verde o estiva, il quale comprende tutto quel-

lo che ha lo scopo di controllare lo sviluppo degli organi verdi della pianta, grappoli compresi,

influenzando il rapporto foglie/grappolo. Le strategie adottate nella gestione della chioma sono

annualmente diverse perché sono sempre una risposta alla variabilità delle condizioni climatiche

a cui il vigneto è ogni anno sottoposto. Condizionare lo stato vegetativo della chioma significa

influenzare il microclima dentro la chioma e quindi immediatamente attorno al grappolo.

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 109

La spollonatura

Operazione che consiste nell’eliminazione dei ricacci presenti al piede della vite (polloni) o, più

frequentemente, lungo il fusto (succhioni).

Scopo: ridurre i fattori competitivi nei confronti dei germogli recanti dei grappoli.

Questa operazione si rende particolarmente necessaria nei giovani vigneti, ove è assai ricorrente

la formazione di germogli anche dalle numerose gemme latenti sul fusto.

• Operazione: meccanica o chimica.

– Spollonatura meccanica: intervenire con polloni/succhioni lunghi circa 20-25 cm.

– Spollonatura chimica: intervenire con polloni/succhioni lunghi circa 10-15 cm.

• Epoca: a germogliamento concluso.

Se spesso la zona di coltivazione è soggetta a danni da gelo si consiglia di lasciare qualche suc-

chione per il rifacimento della struttura produttiva in caso il tralcio a frutto venga danneggiato.

Nei vigneti più giovani e vigorosi è necessario ripassare anche a fine primavera. Per limitare que-

sta operazione sarebbe utile accecare alla fine del primo o del secondo anno d’impianto, le gemme

ibernanti presenti sul tralcio che viene utilizzato per la formazione del fusto, avvalendosi anche

delle comuni forbici di potatura.

La scacchiatura

Consiste nell’eliminare lungo i tralci di potatura i germogli doppi, sviluppatisi dalle gemme di

controcchio, o sterili, cioè quelli che non portano grappoli.

Scopo: con questa operazione si favorisce lo sviluppo e il soleggiamento dei restanti germogli e,

soprattutto, si migliora l’arieggiamento dei grappoli con ripercussioni per il futuro stato sanitario.

Nel caso di potature invernali più ricche del necessario e con forte germogliamento, quindi con

probabile eccesso di grappoli, con questa operazione si potrà anche effettuare un diradamento dei

germogli fertili, in particolare di quelli distali sul tralcio, creando le basi per una produzione più

equilibrata.

• Operazione: manuale.

• Epoca: durante il germogliamento con germogli teneri con grappoli visibili (germoglio di 15-

20 cm).

• Obiettivo: vigneti finalizzati a produzioni di pregio.

La legatura

Operazione effettuata per indirizzare i germogli verso l’alto e convogliarli tra le coppie di fili.

Scopo: gestire la forma di allevamento a spalliera, permettere il passaggio delle macchine opera-

trici, non compromettere l’efficienza dei trattamenti fitosanitari ed evitare ombreggiamenti con

ripercussioni negative sull’attività fotosintetica.

Questa operazione viene svolta o elevando delle coppie di fili metallici mobili (1 o 2) o stenden-

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A B

C

A - Vigneto spollonato a macchina.

B - Cimatura meccanica.

C - Esito della sfogliatura meccanica in prechiusura del grappolo.

D - Cordone speronato dopo scacchiatura manuale. In evidenza le cicatrici dei germogli asportati.

D

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 111

do annualmente delle coppie di fili di nylon, che a tratti e ad una altezza da suolo prestabilita, ven-

gono avvicinati con ganci, o indirizzando e stendendo manualmente la nuova vegetazione dentro

una gabbia fissa di fili. I sistemi di allevamento liberi di ricadere non necessitano di nessuna

forma di legatura.

Con l’adozione di coppie di fili mobili si deve fare in modo che i fili siano tra loro distanziati di

circa 15-25 cm allo scopo di evitare affastellamenti.

Con varietà non eccessivamente assurgenti o con vigneti vigorosi la legatura dei germogli dovrà

essere necessariamente effettuata almeno in due tempi. Questa seconda legatura può essere uto-

matizzata con legatrici meccaniche o con una pettinatura manuale direzionando i tralci sporgenti

verso l’interno della coppia di fili già stesa.

• Operazione: meccanica o manuale.

• Epoca: con tralci lunghi circa 1m (all’altezza dell’ultimo filo).

• Modalità:

– Prima legatura: 40 cm sopra il filo di banchina.

– Eventuale seconda legatura: 80 cm sopra il filo di banchina.

La cimatura

Consiste nell’asportazione degli apici dei germogli.

Scopo: soppressione di un fattore di competizione con grappolo, stimolo per l’allegagione e rin-

novo della parete fogliare con l’emissione di femminelle con la formazione di foglie fotosinteti-

camente attive nel periodo di maturazione dei grappoli.

• Operazione: meccanica.

• Epoca: con tralci eretti sopra l’ultimo filo, ma non ancora ricadenti; normalmente coincide con

la fase di post fioritura/allegagione avvenuta (grano di pepe). Se la cimatura viene localizzata

in pre-chiusura grappolo si migliora l’efficacia dei trattamenti antibotritici. Evitare cimature

successive alla chiusura grappolo.

• Modalità: tagliare 30 cm sopra il palo e 30-40 cm lateralmente dal palo.

Il numero delle cimature rispecchia il vigore del vigneto. Solitamente si effettua una cimatura o

al massimo due. Se vi fosse la necessità di ulteriori cimature rivedere la gestione del vigneto ridu-

cendo le concimazioni, i volumi di adacquamento e adottando potature più ricche.

La sfogliatura

L’operazione porta all’eliminazione delle foglie lungo la fascia produttiva. Oltre al miglioramen-

to che si apporta al microclima della pianta questa attività ha influenze importanti sulla qualità

dell’uva. La parete fogliare è tridimensionale nel senso che ha una lunghezza e una larghezza che

sono determinate dall’architettura del filare, e una profondità che dipende dalla capacità vegeta-

tiva della pianta, intesa come sinergia tra varietà e portinnesto e dalla pratica agronomica appli-

cata. Lo spessore della parete fogliare viene misurato attraverso il numero degli strati fogliari pre-

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112 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

senti. Le foglie di vite direttamente esposte alla radiazione solare sono in grado di organicare 3-

4 volte la quantità di anidride carbonica organicata dallo strato fogliare successivo (all’ombra del

primo). Un terzo strato fogliare, rimanendo fortemente in ombra, sarà capace di produrre sinteta-

ti in grado di fornire energia per i soli processi di respirazione cellulare rimanendo per tutte le

rimanenti attività fisiologiche a carico dei primi due strati e sottraendo quindi metaboliti utili

all’espletamento delle attività di crescita, maturazione e riserve degli altri organi della pianta.

La superficie ottimale utile a permettere la maturazione di un chilogrammo di uva risulta uguale

a 1-1,2m2

per ogni kg di uva prodotta.

In questo caso la superficie fogliare a cui si fa riferimento è quella esterna illuminata la cui misu-

ra si ottiene attraverso l’applicazione della seguente formula: S.F.E e I=(H1+0,6H

2+e)xL in cui

H1

è l’altezza della parete direttamente esposta ai raggi solari, H2

altezza della parete indiretta-

mente illuminata, 0,6 è un fattore di correzione per la riduzione di energia intercettata dalla pare-

te in ombra, e è la larghezza della vegetazione e L la lunghezza della parete lungo il filare. Questa

misura deve essere raggiunta attraverso un contenuto numero di strati fogliari (ideali sarebbero 2

strati fogliari). Bisogna tenere conto della varietà e della zona climatica in cui ci si trova ad ope-

rare per poter intervenire nel periodo più idoneo e ottenere quindi i risultati migliori. Con il Pinot

nero in Oltrepò può risultare utile attuare questa pratica precocemente (prefioritura o al 50% della

fioritura) e sulla parete del filare meno esposta (est o nord) così da ottenere:

• minore presenza di ustioni dei grappoli in confronto a sfogliature più tardive (chiusura grap-

polo, invaiatura) in quanto il grappolo non viene posto alla luce ancora nella sua fase erbacea;

• riduzione dell’allegagione, ottenuta attraverso una minore disponibilità di sintetati dovuta

all’asportazione delle foglie che in quel momento stanno più attivamente fotosintetizzando,

che permette di ottenere grappoli meno compatti e ridurre le operazioni di diradamento;

• formazione di un’epidermide più resistente che consente nello stesso tempo di limitare i danni

da scottature e rendere più resistenti le bacche dall’attacco di Botrytis cinerea;

• condizioni ottimali di penetrazione dei principi attivi in un momento di forte suscettività delle

piante alle principali fitopatie;

• sintesi di un maggior numero di strati cellulari contenenti polifenoli e antociani e una loro più

uniforme distribuzione nelle cellule epicarpiche.

Scopo: ventilazione attorno al grappolo, minor tasso di umidità sul grappolo, migliore penetra-

zione dei principi attivi lungo la fascia produttiva, maggior insolazione sulla buccia e facilitazio-

ne delle operazioni di raccolta.

• Operazione: meccanica/manuale.

• Epoca:

– molto precoce: post-allegagione. Indicato per varietà rosse con buccia sottile e grappolo

compatto per rinforzare l’epidermide e per ridurre l’allegagione.

– precoce: invaiatura/post-invaiatura. Indicato per varietà rosse e bianche aromatiche. In

presenza di scarsa umidità, elevata insolazione e vento evitare di scoprire il grappolo.

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Page 112: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 113

– tardiva: pre-raccolta. Operazione da effettuare manualmente e indicata per tutte le varie-

tà allo scopo di favorire la raccolta e un arieggiamento del grappolo.

• Modalità: si consiglia di asportare tutte le foglie della fascia produttiva partendo dal lato meno

esposto all’insolazione e di proseguire su entrambi i lati solo se l’operazione è eseguita tardi-

vamente o in presenza di condizioni climatiche non troppo calde o caratterizzate da un alto

tasso di umidità.

– sfogliatura molto precoce: lato meno esposto o rivolto ad est.

– sfogliatura precoce: lato meno esposto o rivolto ad est.

– sfogliatura tardiva: su entrambi i lati.

Il diradamento

Il diradamento dei grappoli è una pratica agronomica che prevede l’eliminazione di una quota di

grappoli.

• Operazione: manuale.

• Epoca: invaiatura.

• Modalità: soppressione dei grappoli distali (quelli più lontani del tralcio) in base alla quota di

produzione/ha di riferimento. Si consiglia di effettuare il diradamento specialmente per vitigni

a maturazione più tardiva, a bacca grossa e molto produttivi.

• Obiettivo: vigneti finalizzati a produzioni di pregio.

I migliori risultati con il diradamento dei grappoli si conseguono nelle annate con andamento cli-

matico avverso, che comporta ritardi nella fase di fioritura e quindi anche dell’allegagione e del-

l’invaiatura, che ostacolano il processo fotosintetico fogliare, nonché la traslocazione e l’accumu-

lo degli zuccheri nei grappoli e, in definitiva, consentono limitate probabilità di una perfetta matu-

razione dell’uva. Nonostante i grappoli lasciati sulla pianta dopo l’intervento risentano di una

minore competizione, il peso finale della produzione risulterà comunque inferiore rispetto al testi-

mone non diradato in una percentuale variabile in funzione dell’intensità dell’operazione.

Naturalmente nei vigneti diradati si dovranno limitare anche tutte le pratiche di forzatura (conci-

mazioni azotate e irrigazioni) e si dovrà favorire l’arieggiamento dei grappoli tramite le varie ope-

razioni di potatura verde.

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Lavorazione in vigneto: potatura invernale.

Legatura verde su giovane impianto.

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Page 114: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 115

4.2. Le scelte clonaliIl Pinot nero (Blauburgunder, Pinot Noir) è una varietà che non si adatta facilmente alle diverse

aree di produzione e tende a valorizzare solo le zone più vocate. Per avere un livello di qualità

elevato è necessario coltivare questo vitigno in ambienti ristretti (l’importanza dell’ambiente e

dell’andamento climatico sono determinanti nella risposta produttiva e qualitativa del Pinot nero),

ma è altresì necessario ottimizzare la scelta del materiale clonale. Il Pinot nero é una varietà molto

apprezzata per la produzione di vini rossi tranquilli di pregiata eleganza e qualità, ma se vendem-

miato precocemente garantisce una base spumante eccezionale. Nell’ambito delle selezioni clo-

nali si trovano delle macrodifferenze evidenti che permettono di distinguere gruppi di cloni con

caratteristiche simili in quanto a produttività e ad attitudine enologica: esistono infatti cloni più

idonei all’ottenimento di vini rossi e altri all’ottenimento di vini bianchi o spumanti.

Anche in Oltrepò Pavese è necessario operare una selezione fra i diversi cloni da utilizzare in

associazione e in proporzioni differenti, in relazione all’ambiente e alle finalità enologiche. Per

questo motivo in questa sede verranno fornite tutte le informazioni relative ai cloni omologati,

attualmente reperibili sul mercato in Oltrepò Pavese, tali da permettere al viticoltore in procinto

di impiantare un nuovo vigneto di Pinot nero di effettuare una scelta ragionata. Per avere vini di

altissimo livello qualitativo è suggerito un vigneto policlonale: una policlonalità della stessa cul-

tivar infatti esalta al massimo le caratteristiche della varietà e non dà problemi nella gestione e

nella conduzione agronomica del vigneto.

Al fine di guidare la scelta dei viticoltori

dell’Oltrepò Pavese nella composizione policlo-

nale dei nuovi impianti, il Consorzio Tutela Vini

Oltrepò Pavese ed ERSAF, fra il 2007 e il 2008,

hanno realizzato un campo dimostrativo presso

il Centro sperimentale di Riccagioia a Torrazza

Coste costituito da un assortimento clonale rite-

nuto interessante per la produzione di vini rossi

da affinamento. L’obiettivo è quello di caratte-

rizzare in loco i cloni dal punto di vista produt-

tivo e qualitativo e di valutarne le potenzialità

enologiche attraverso delle microvinificazioni.

Il vigneto, di superficie pari ad 1 ettaro, con

sesto di impianto 2,40 x 0,80 (5.200 ceppi/ha) e

forma di allevamento a Guyot, include i seguen-

ti cloni: 5 V 17; Lb 9; MIRA 98-3140; MIRA

95-3047; SMA 185; SMA 191; SMA 201; VCR

18; VCR 20; 115; 292; 667; 777; 828; 943; 165;

386; R4, innestati su 420A (V. Berlandieri x V.Apice del germoglio.

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116 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

Riparia), 161-49 (V. Berlandieri x V. Riparia) e 101-14 (V. Riparia x V. Rupestris).

Guida alla lettura delle schede clonali

Le informazioni contenute nelle Schede Clonali presentate in questo capitolo sono il risultato del-

l’incrocio fra la letteratura in merito (riviste specializzate, sperimentazioni, cataloghi, etc.) e l’e-

sperienza di professionisti, viticoltori e vivaisti, che coltivano o distribuiscono Pinot nero sul ter-

ritorio da diverso tempo. Non devono essere però ritenute dei dati assoluti, ma necessitano di

essere sottoposte ad una corretta interpretazione: sono dati che trovano un riscontro a parità di

condizioni ambientali e di coltivazione e considerando sempre, come condizione imprescindibi-

le, l’adozione in campo di tutte le corrette pratiche di coltivazione. La buona conduzione del

vigneto è la base della buona espressione del genotipo. (Per esempio: se un clone viene segnala-

to come meno sensibile alla botrite non significa che lo si possa piantare in fondovalle, in zone

poco esposte o abbondare con le concimazioni). Per meglio comprendere il range di caratteristi-

che clonali proposte nelle schede bisogna poi servirsi della tipologia media di Pinot nero come

punto di riferimento, ovvero delle caratteristiche generali della varietà, che verranno specificate a

breve.

Costituzione e classificazione dei materiali di moltiplicazione

La selezione clonale del Pinot nero vede le sue origini nel 1956 in Francia (in Bourgogne, che

insieme alla Champagne è considerata zona di diversità primaria). Inizialmente si tratta di una

selezione di tipo massale ed ha lo scopo di eliminare le piante infette da virus, successivamente,

negli anni 70, vengono omologati i primi cloni caratterizzati da comportamenti produttivi e qua-

litativi diversi. Attualmente i maggiori costitutori italiani sono: l’Università di Milano (cloni

MIRA); i Vivai Cooperativi Rauscedo (R e VCR); l’Istituto Agrario di San Michele all’Adige

(SMA); il Centro di sperimentazione di Laimburg (Lb). In Francia troviamo l’ENTAV

(Etablissement National Technique pour l’Amélioration de la Viticulture) ed in Germania gli

Istituti di Geisenheim, Neustadt, Weinsberg, Freiburg, oltre ad una serie di costitutori privati. In

Italia i cloni omologati sono inseriti nel Registro nazionale delle varietà di viti, istituito dall’arti-

colo 11 del DPR 1164 del 24/12/1969.

Il viticoltore che vuole impiantare un nuovo vigneto deve essere certo che il materiale vivaistico

da utilizzare sia sano, ovvero esente da organismi nocivi “da quarantena” quali il fitoplasma della

Flavescenza dorata.

Ricordiamo che il materiale di moltiplicazione della vite viene classificato in tre diverse catego-

rie: il materiale di BASE, non reperibile nei normali canali commerciali, viene prodotto nei

“Nuclei di premoltiplicazione” sotto la diretta responsabilità dei costitutori ed è quello che pos-

siede la più alta affidabilità dal punto di vista genetico e sanitario. È destinato esclusivamente alla

realizzazione di impianti di piante madri di categoria “Certificato”. In commercio sono presenti

le altre due categorie di materiale: il CERTIFICATO e lo STANDARD.

I materiali di moltiplicazione Certificati offrono, rispetto agli Standard, maggiori garanzie, soprat-

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Page 116: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 117

tutto dal punto di vista dell’identità clonale (derivano infatti dal materiale selezionato “di base”)

e dell’assenza di organismi nocivi, virosi in particolare. Vengono infatti effettuati test e analisi di

laboratorio volti a garantire l’assenza delle seguenti virosi:

• complesso dell’arricciamento;

• complesso dell’accartocciamento fogliare;

• complesso de legno riccio;

• complesso della maculatura infettiva (Fleck).

I materiali di moltiplicazione, per la loro commercializzazione, devono essere muniti di una eti-

chetta recante alcune indicazioni:

• norme C.E.;

• nome e indirizzo del produttore o suo numero identificativo;

• servizio di certificazione o di controllo e Stato membro;

• numero di riferimento del lotto;

• varietà ed, eventualmente, clone delle barbatelle innestate;

• categoria;

• paese di produzione;

• quantità.

Le etichette sono di colore diverso a seconda della categoria:

• BIANCO per i materiali di Base;

• AZZURRO per i materiali Certificati;

• GIALLO SCURO per i materiali Standard.

Informazioni generali sulla varietà Pinot nero

Caratteri ampelografici

Germoglio alla fioritura: apice mediamente espanso, cotonoso, biancastro con foglioline apicali

spiegate, cotonose, verdi-biancastre.

Foglie: medie cordiformi, con pagina superiore verde scura, opaca e glabra e pagina inferiore

verde chiara, debolmente aracnoide, con nervature a base rossastra. Spesse, con bollosità molto

grossolane, tri o pentalobate. Seno peziolare a lira stretta o a bordi sovrapposti, denti ogivali e

poco pronunciati, regolari e convessi e seni laterali a V o U appena accennati (i cloni a foglie fra-

stagliate hanno grappoli piccoli; i cloni a foglie intere hanno grappoli grossi e rese mediamente

più elevate). Lembo leggermente a coppa con lobi debolmente a gronda.

Grappoli: piccoli, da 7 a 10 cm di lunghezza, cilindrici, raramente alati, compatti e a peduncolo

legnoso, molto duro, corto e grosso. Peso medio del grappolo basso (70 - 150 g).

Acini: piccoli, sferici o leggermente ovoidi, a stacco abbastanza facile.

Buccia: spessa, consistente e ricca di materia colorante, pruinosa, di colore nero bluastro, o vio-

letto scuro.

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118 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

Polpa: abbondante e succosa, con succo incolore, zuccherina e a sapore semplice.

Portamento della vegetazione: ricadente o semieretto.

Fenologia

Germogliamento: medio-precoce (4/15 aprile); molto sensibile alle gelate primaverili tardive spe-

cie in pianura e in fondovalle.

Fioritura: media (2/8 giugno); in condizioni di freddo e di umidità si osservano abbondanti colature.

Invaiatura: precoce.

Maturazione: precoce (II epoca: prima metà di settembre); in Oltrepò è generalmente tra le prime

varietà a maturare, contemporaneamente o prima di quelle a bacca bianca a seconda della desti-

nazione enologica.

Caratteristiche vegeto produttive

Produzione: mediamente produttivo (1 o 2 grappoli per germoglio) e costante, ma a volte sogget-

to a colatura. Infittendo gli impianti si può ottenere una discreta produzione.

Vigore: vitigno di vigore medio-elevato.

Fertilità: fertilità delle gemme basali buona a partire dal secondo nodo (buono l’allevamento a

Guyot semplice con una carica massima per ceppo di 8 gemme); femminelle fertili; fertilità delle

gemme in media 1 o 2.

Esigenze ambientali e colturali

Vitigno esigente dal punto di vista climatico e pedologico e adattabile a ristretti areali di produ-

zione.

Terreno: si adatta ai diversi tipi di terreno ma predilige quelli di media ed alta collina, freschi, non

umidi, di scarsa fertilità e con buone esposizioni. I migliori Pinot si ottengono su suoli calcarei e

argillo-calcarei.

Clima: preferisce climi temperati e non troppo caldi, con buona escursione termica, specie in

maturazione ed esige buone esposizioni. Nelle annate piovose può presentare problemi di colatu-

ra. Nelle annate in cui la maturazione avviene in agosto con temperature molto elevate, si otten-

gono vini di grande grado alcolico, ma privi di bouquet specifici e di finezza; al contrario se trop-

po freddo si ha una tendenza alla perdita di colore.

Allevamento e potatura: sono consigliabili forme di allevamento a controspalliera a contenuto svi-

luppo vegetativo (Guyot e cordone speronato), elevata densità di piantagione, potature corte o lun-

ghe, ma con basso carico di gemme. Se aumenta la produttività per ceppo diminuiscono rapida-

mente il grado zuccherino e requisiti di pregio. La potatura verde, che può essere eseguita a mano

o a macchina, deve essere molto accurata. Si consiglia la vendemmia a mano.

Sensibilità alle malattie

Elevata sensibilità alla botrite, al marciume acido e all’escoriosi.

Sensibile all’oidio, alla flavescenza dorata, alla clorosi ferrica e all’attacco di cicaline.

Mediamente sensibile alla peronospora.

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 119

Tollerante al mal dell’esca.

Buona adattabilità alle gelate primaverili, al vento e alla siccità.

Su terreni con rapporti salini squilibrati soffre di disseccamento del rachide.

Affinità con i portinnesti

Il Pinot nero ha mostrato una buona affinità di innesto con i principali soggetti.

Affinità d’innesto con i portinnesti sui quali è più comunemente coltivato:

OTTIMA: 8B, 161-49, 41B; BUONA: K5BB, SO4, C2, 5C; SCARSA: 420A, 34EM.

Foglie adulte di Pinot nero.

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Page 119: Pinot nero

120 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

Legenda schede clonali

Produttività

ALTA

MEDIO-ALTA

MEDIA

MEDIO-BASSA

BASSA

Grappolo

GRANDE

MEDIO

PICCOLO

Attitudine enologica

ROSSI FERMI O.P. Pinot nero

BASE SPUMANTE Oltrepò DOCG

Potenziale qualitativo

ELEVATO

MEDIO-ALTO

MEDIO

MEDIO-BASSO

SCARSO

Schede clonali

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Page 120: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 121

R4

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività medio-alta; vigoria media; costan-te; fertilità da media ad alta (fertilità reale: 1,6);fenologia: maturazione leggermente anticipata

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo medio, cilindrico, con una breve ala enon troppo serrato: aiuta contro gli attacchi dibotrite; acino medio-piccolo, sferico con bucciasottile, ma consistente

COMPONENTIRicchezza in zuccheri medio-alta e acidità tota-le superiore

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIEBuona resistenza alla botrite

ATTITUDINE ENOLOGICAClone con duplice attitudine: produzione di vinirossi (anche novelli) e bianchi fermi o base spu-mante. Dà origine a un vino molto ricco in colore e acidità, fruttato (sottobosco), di corpo, rossorubino con un tenore antocianico superiore alla media; migliora con l’invecchiamento, che puòessere lungo; in miscela conferisce colore, profumo, acidità e struttura; si presta alla produzionedi vini novelli perchè fruttato

Attitudineenologica

PAESE DI ORIGINE Italia

ZONA DI ORIGINE Grave del Friuli (PN)

COSTITUTORE Vivai Cooperativi Rauscedo di S.Giorgio della Rinchivelda (Pn)

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1969

Produttività

Grappolo

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Page 121: Pinot nero

122 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

5-V-17

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività da alta a molto alta, tuttavia per-mette di raggiungere un buon compromesso frapotenziale di produzione alto e maturazionesoddisfacente; vigoria medio-alta; costante; fer-tilità alta (in particolare ottima la fertilità basa-le – fertilità reale: 2); fenologia: precoce.Necessita di un’elevata densità d’impianto, ter-reni calcarei e del diradamento dei grappoli

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo medio-grande, conico, alato con unao due ali e compatto; acino medio-piccolo, sfe-roidale, di forma regolare con buccia di coloreblu intenso, sottile, consistente

COMPONENTIRicchezza in zuccheri e acidità totale medie

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIESensibile alla botrite e mediamente resistente alle principali crittogame

ATTITUDINE ENOLOGICAClone con duplice attitudine: vinificazione in rosso per vini affinati in legno, base spumante e vinibianchi fermi. Dà origine a un vino ricco di colore, con profumo fruttato, alcolico, di corpo, sapi-do, con retrogusto speziato; di colore rosso rubino brillante e intensità colorante elevata (elevatocontenuto di antociani); intensità aromatica non elevata; in miscela può sopportare medi periodidi invecchiamento

PAESE DI ORIGINE Italia

ZONA DI ORIGINE Oltrepò Pavese

COSTITUTORE Istituto di Patologia Vegetale - Università di Milano; Istituto di Coltivazione Arboree - Università di Milano

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1990

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 26-11-2008 17:26 Pagina 122

Page 122: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 123

SMA 185

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività media; vigoria medio-alta; fertilitàda media a alta (fertilità reale: 1,57); fenologia:germogliamento e maturazione nella mediadella varietà

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo medio-piccolo (inferiore alla media),cilindrico o piramidale, alato e giustamentecompatto; acino medio, sferico con buccia riccadi colore, consistente

COMPONENTIRicchezza in zuccheri da media a superiore eacidità totale media

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIESensibilità alla botrite inferiore alla media

ATTITUDINE ENOLOGICAClone con duplice attitudine: produzione di vinirossi e bianchi fermi o base spumante. Dà origine ad un vino di colore rosso rubino più intensodella media, delicatamente profumato, mediamente alcolico, sapido e armonico; sopporta perio-di di affinamento medio-lunghi

PAESE DI ORIGINE Italia

ZONA DI ORIGINE Mazzon (TN)

COSTITUTORE Istituto Agrario S.Michele all’Adige (Tn)

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1992

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 26-11-2008 17:26 Pagina 123

Page 123: Pinot nero

124 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

SMA 191

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività medio-bassa; vigoria alta; fertilitàinferiore alla media (fertilità reale: 1,26); feno-logia: germogliamento e maturazione nellamedia

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo grande (leggermente superiore allamedia), alato, giustamente compatto e pirami-dale; acino medio, rotondeggiante con bucciacolorata, sottile

COMPONENTIRicchezza in zuccheri da media a superiore eacidità totale superiore

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIESensibile al marciume grigio

ATTITUDINE ENOLOGICAClone con duplice attitudine: produzione di vinirossi e bianchi fermi o base spumante. Dà origine a un vino con buona dotazione di colore, frut-tato, alcolico, sapido e strutturato; si presta sia all’invecchiamento, sia alla produzione di basi spu-mante grazie al grappolo di dimensioni medio-grandi con buon contenuto acidico; ai rossi confe-risce delicati profumi varietali

PAESE DI ORIGINE Italia

ZONA DI ORIGINE Mazzon (TN)

COSTITUTORE Istituto Agrario S.Michele all’Adige (Tn)

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1992

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 26-11-2008 17:27 Pagina 124

Page 124: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 125

SMA 201

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività medio-bassa; vigoria medio-alta;fertilità medio-bassa (fertilità reale: 1,58); feno-logia: germogliamento e maturazione nellamedia della varietà

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo medio-piccolo, alato, poco compattoe piramidale; acino medio-piccolo, rotondeg-giante con buccia ricca di colore, di media con-sistenza

COMPONENTIRicchezza in zuccheri superiore e acidità totalesuperiore

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIESensibilità alla botrite inferiore alla media; sof-fre la siccità precoce; tollerante all’oidio,mediamente suscettibile alle altre malattie

ATTITUDINE ENOLOGICAClone con duplice attitudine: produzione di vini rossi e bianchi fermi o base spumante. Dà origi-ne a un vino di colore rosso rubino intenso con un tenore antocianico superiore alla media, deli-catamente profumato, di corpo, armonico e sapido; in uvaggio nella produzione di vini rossi pre-giati da invecchiamento conferisce colore, struttura e profumi delicati

PAESE DI ORIGINE Italia

ZONA DI ORIGINE Mazzon (TN)

COSTITUTORE Istituto Agrario S.Michele all’Adige (Tn)

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1992

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 26-11-2008 17:27 Pagina 125

Page 125: Pinot nero

126 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

VCR 9

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività medio alta; vigoria media; fertilitàda media ad alta (fertilità reale: 1,54)

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo medio, semicompatto, cilindrico espesso munito di corta ala; acino medio piccolocon buccia fortemente colorata e di buona con-sistenza

COMPONENTIRicchezza in zuccheri medio-alta e acidità tota-le superiore

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIEBuona resistenza alla botrite

ATTITUDINE ENOLOGICAClone con duplice attitudine: adatto sia allaspumantizzazione, sia alla vinificazione inrosso; dà origine ad un vino con profumi di sottobosco e ciliegia; intenso, armonico e di corpo;sopporta un invecchiamento prolungato

PAESE DI ORIGINE Italia

ZONA DI ORIGINE Fpms Davis - California

COSTITUTORE Vivai Cooperativi Rauscedo di S.Giorgio della Rinchivelda (Pn)

ANNO DI OMOLOGAZIONE 2003

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 26-11-2008 17:27 Pagina 126

Page 126: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 127

PAESE DI ORIGINE Italia

ZONA DI ORIGINE Tauriano (PN)

COSTITUTORE Vivai Cooperativi Rauscedo di S.Giorgio della Rinchivelda (Pn)

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1995

VCR 18

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività medio-alta; vigoria medio-bassa;costante; fertilità alta (fertilità reale: 1,78);fenologia: maturazione leggermente anticipata

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo piccolo, cilindrico, semicompatto econ un’ala corta; acino piccolo, sferico, conbuccia di colore blu scuro, consistente

COMPONENTIRicchezza in zuccheri superiore e acidità totalesuperiore

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIEMedio-buona resistenza alla clorosi ed allabotrite

ATTITUDINE ENOLOGICAClone con duplice attitudine: produzione di vinirossi (anche novelli) e bianchi fermi o base spu-mante. Dà origine a un vino di particolare finezza, intensità colorante (colore rosso rubino) e pro-fumo persistente (frutti di sottobosco); di buon corpo e struttura; le sue caratteristiche superiori lorendono un’ottima base per le miscele; adatto all’invecchiamento prolungato

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 26-11-2008 17:27 Pagina 127

Page 127: Pinot nero

128 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

PAESE DI ORIGINE Italia

ZONA DI ORIGINE Torrazza Coste (PV)

COSTITUTORE Vivai Cooperativi Rauscedo di S.Giorgio della Rinchivelda (Pn)

ANNO DI OMOLOGAZIONE 2000

VCR 20

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività media; vigoria medio-alta; costan-te; fertilità medio-alta (fertilità reale: 1,5); feno-logia: nella media della varietà

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo piccolo, serrato, con breve ala e pira-midale; acino medio-piccolo, rotondeggiantecon buccia fortemente colorata blu scuro, con-sistente anche se sottile

COMPONENTIRicchezza in zuccheri da media a superiore eacidità totale media

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIESensibilità alla botrite inferiore rispetto allamedia (meglio utilizzare forme di allevamentocontenute)

ATTITUDINE ENOLOGICAClone da rosso: dà origine a un vino ricco in polifenoli e antociani, particolarmente aromatico(frutti di sottobosco complessi e persistenti); di colore rosso rubino più intenso della media; diottima struttura, finezza e acidità; equilibrato; sopporta un prolungato invecchiamento

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 26-11-2008 17:27 Pagina 128

Page 128: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 129

PAESE DI ORIGINE Italia

ZONA DI ORIGINE Oltrepò Pavese

COSTITUTORE Istituto di Patologia Vegetale - Università di Milano; Istituto di Coltivazioni Arboree - Università di Milano; Centro Vitivinicolo Provinciale di Brescia

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1996

MIRA 95-3047

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività scarsa; vigoria medio-alta; costan-te; fertilità alta (fertilità reale: 2,3); fenologiaprecoce: maturazione anticipata di una settima-na

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo medio-piccolo, cilindrico, allungato ecompatto; acino medio-piccolo, sferico, regola-re con buccia di colore blu, spessa, consistente

COMPONENTIRicchezza in zuccheri da media a superiore eacidità totale superiore

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIEMedia sensibilità alle principali crittogame;molto tollerante alla botrite

ATTITUDINE ENOLOGICAClone con duplice attitudine: produzione di vinirossi fermi o base spumante. Dà origine a un vino di colore rosso rubino brillante, con un tenoreantocianico superiore alla media; gradazione e valore acidico piuttosto alti; aroma intenso di pic-coli frutti e vegetale; clone adatto per vini di corpo, strutturati, anche invecchiati

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 26-11-2008 17:27 Pagina 129

Page 129: Pinot nero

130 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

PAESE DI ORIGINE Italia

ZONA DI ORIGINE Oltrepò Pavese

COSTITUTORE Istituto di Patologia Vegetale - Università di Milano; Istituto di Coltivazioni Arboree - Università di Milano; Centro Vitivinicolo Provinciale di Brescia

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1995

MIRA 95-3131

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività scarsa; vigoria medio-alta; costan-te; fertilità media (fertilità reale: 2,18); fenolo-gia: precoce

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo molto piccolo, cilindrico e compatto;acino medio, sferico, regolare con buccia dicolore blu-nero, spessa, consistente

COMPONENTIRicchezza in zuccheri superiore e acidità totalesuperiore

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIEMedia sensibilità alle principali crittogame;molto tollerante alla botrite

ATTITUDINE ENOLOGICAClone con duplice attitudine: produzione di vinirossi fermi o base spumante. Dà origine ad unvino di corpo, sapido, di colore rosso rubino brillante con un contenuto polifenolico alto; profu-mo di piccoli frutti, vegetale fresco, fenolico; gusto strutturato, complesso ed equilibrato; grada-zione alcolica e valore acido piuttosto alti; si presta sia alla produzione di rossi (anche in misce-la) con affinamento in legno, sia alla produzione di basi spumante

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 26-11-2008 17:27 Pagina 130

Page 130: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 131

PAESE DI ORIGINE Italia

ZONA DI ORIGINE Brescia

COSTITUTORE Istituto di Patologia Vegetale - Università di Milano; Istituto di Coltivazioni Arboree - Università di Milano; Centro Vitivinicolo Provinciale di Brescia

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1999

MIRA 98-3140

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività scarsa; vigoria media; non costan-te; fertilità media (fertilità reale: 2,07); fenolo-gia: precoce

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo molto piccolo, piramidale e serrato;acino medio, sferico con buccia di colore blu-nero, consistente

COMPONENTIRicchezza in zuccheri superiore e acidità totaleleggermente inferiore alla media

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIEMedia sensibilità alle principali crittogame;molto tollerante alla botrite

ATTITUDINE ENOLOGICAClone da rosso: dà origine a un vino rosso rubi-no intenso, con un tenore antocianico superiorealla media; note di piccoli frutti, vegetale fresco e fenolico; pieno, armonico e strutturato; adattoalla produzione di vini rossi tranquilli anche in miscele policlonali perchè si esaltano le caratteri-stiche di colore e struttura; si presta a un lungo invecchiamento

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 26-11-2008 17:27 Pagina 131

Page 131: Pinot nero

132 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

PAESE DI ORIGINE Italia

ZONA DI ORIGINE Brescia

COSTITUTORE Istituto di Patologia Vegetale - Università di Milano; Istituto di Coltivazioni Arboree - Università di Milano; Centro Vitivinicolo Provinciale di Brescia

ANNO DI OMOLOGAZIONE 2001

MIRA 01-3004

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività medio-bassa; vigoria medio-alta;costante; fertilità leggermente alta (fertilitàreale: 2,7); fenologia: maturazione precoce

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo piccolo, cilindrico e compatto; acinomedio, sferico con buccia di colore blu intenso,pruinosa, consistente

COMPONENTIRicchezza in zuccheri superiore e acidità totalemedia

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIEMedia sensibilità alle principali crittogame;molto tollerante alla botrite

ATTITUDINE ENOLOGICAClone da rosso: da origine a un vino intensa-mente colorato, strutturato, elegante, con unbuon livello antocianico; sentore di piccoli frutti (mora e lampone), vegetale fresco, balsamico espeziato; si presta a un lungo invecchiamento; in miscele policlonali conferisce armonia e colore

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 26-11-2008 17:27 Pagina 132

Page 132: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 133

PAESE DI ORIGINE Italia

ZONA DI ORIGINE Caldaro (BZ)

COSTITUTORE Centro Sperimentazione Agraria e Forestale Laimburg (Bz)

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1981

Lb 4

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività media; vigoria media; costante;fertilità medio-bassa (fertilità reale: 1,44); feno-logia: precoce (maturazione anticipata di unasettimana). Clone molto omogeneo; necessitadi diradamento in sistemi di allevamento espan-si

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo medio-piccolo, piramidale, con unabreve ala e compatto; acino grande, sferico conbuccia consistente

COMPONENTIRicchezza in zuccheri superiore e acidità totaleinferiore

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIESensibilità alla botrite nella media

ATTITUDINE ENOLOGICAClone con duplice attitudine: produzione di vini rossi fermi o base spumante. Dà origine a un vinodi colore rosso rubino intenso, di corpo, con tannini morbidi, profumi contenuti, ma persistenti edelicati e buona acidità; adatto alla produzione di vini di qualità: sia rossi che migliorano dopo unbreve invecchiamento, sia basi spumante; aggiunge struttura all’uvaggio

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 26-11-2008 17:27 Pagina 133

Page 133: Pinot nero

134 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

PAESE DI ORIGINE Italia

ZONA DI ORIGINE Appiano (Bz)

COSTITUTORE Centro Sperimentazione Agraria e Forestale Laimburg (Bz)

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1981

Lb 9

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività media; vigoria medio-bassa;costante; fertilità media (fertilità reale: 1,52);fenologia: maturazione più precoce rispetto allamedia. Necessita di diradamento in sistemi diallevamento espansi

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo medio-piccolo, allungato, piramidale,con brevi ali e compatto; acino medio, sferico,non uniforme, con buccia di colore intenso,consistente

COMPONENTIRicchezza in zuccheri medio-alta e acidità tota-le inferiore

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIESensibile alla botrite; media sensibilità nei con-fronti delle altre crittogame

ATTITUDINE ENOLOGICAClone a duplice attitudine con particolare utilizzo per le basi spumante che risultano essere pro-fumate e strutturate. Da rosso: vino di colore rosso rubino intenso, alcolico, di struttura e buonaacidità; adatto alla produzione di vini giovani di qualità; aroma persistente e delicato; aggiungetipicità alle miscele

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 26-11-2008 17:28 Pagina 134

Page 134: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 135

PAESE DI ORIGINE Germania

ZONA DI ORIGINE Geisenheim

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1969

Gm 18

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività da media ad alta; vigoria alta; ferti-lità media; fenologia tardiva: ritarda la matura-zione di una settimana

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo medio-piccolo e compatto

COMPONENTIRicchezza in zuccheri media e acidità superiore

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIEMolto stabile dal punto di vista sanitario; soffrese il portinnesto è troppo debole

ATTITUDINE ENOLOGICAClone adatto alla produzione di vini rossi fermie base spumante. Dà origine a un vino di inten-sità aromatica non elevata; note speziate

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 26-11-2008 17:28 Pagina 135

Page 135: Pinot nero

136 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

PAESE DI ORIGINE Francia

ZONA DI ORIGINE Côte-d’Or

COSTITUTORE INRA

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1971

113

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività potenziale da media ad alta: ilclone è vigoroso e produttivo, ma controllandola produzione può dare vini di alta qualità;vigoria media; fertilità media; fenologia preco-ce: ciclo vegetativo corto. Si adatta bene acaratteristiche ambientali limitanti; qualitàmolto regolare

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo medio-piccolo, qualche volta irrego-lare e compatto

COMPONENTIRicchezza in zuccheri superiore

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIESensibile alla botrite

ATTITUDINE ENOLOGICAClone da rosso. Adatto per la produzione di vinifermi di buona di struttura ed elevata complessità aromatica, con contenuto tannico medio-eleva-to, che sopportano un breve invecchiamento; vini di alta qualità. Buona predisposizione per laproduzione di basi spumante

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 26-11-2008 17:28 Pagina 136

Page 136: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 137

PAESE DI ORIGINE Francia

ZONA DI ORIGINE Côte-d’Or

COSTITUTORE INRA

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1971

114

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività potenziale da media ad alta: ilclone è vigoroso e produttivo, ma controllandola produzione può dare vini di alta qualità;vigoria medio-alta; fertilità media. Si adattabene a caratteristiche ambientali limitanti; qua-lità molto regolare; particolarmente stabile neiconfronti di zone e annate

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo medio-piccolo, spargolo e irregolare

COMPONENTIRicchezza in zuccheri superiore

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIESensibilità alla botrite nella media

ATTITUDINE ENOLOGICAClone da rosso: adatto per la produzione di vinifermi di buona di struttura ed elevata comples-sità aromatica con contenuto tannico medio-elevato, che sopportano un lungo invecchiamento;vini di alta qualità; presenza di note fenoliche e note varietali. Discreta predisposizione per la pro-duzione di basi spumante

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 26-11-2008 17:28 Pagina 137

Page 137: Pinot nero

138 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

PAESE DI ORIGINE Francia

ZONA DI ORIGINE Côte-d’Or

COSTITUTORE INRA

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1971

115

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività potenziale da media ad alta: ilclone è vigoroso e produttivo, ma controllandola produzione può dare vini di alta qualità;vigoria media; costante; fertilità media; fenolo-gia precoce: ciclo vegetativo corto. Si adattabene a caratteristiche ambientali limitanti

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo medio-piccolo e molto compatto;acino medio, irregolare; difficoltà di gestione acausa della compattezza dei grappoli

COMPONENTIRicchezza in zuccheri superiore

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIESensibilità alla botrite nella media

ATTITUDINE ENOLOGICAClone da rosso: clone tipico della Borgogna,adatto per la produzione di vini fermi che sopportano un breve-medio periodo di invecchiamen-to; base interessante per vini di alto pregio con buona struttura, contenuto tannico medio-elevatoed elevata complessità aromatica. Buona predisposizione per la produzione di basi spumante

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 26-11-2008 17:28 Pagina 138

Page 138: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 139

PAESE DI ORIGINE Francia

ZONA DI ORIGINE non specificata

COSTITUTORE INRA

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1972

165

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività potenziale da media ad alta: ilclone è vigoroso e produttivo, ma controllandola produzione può dare vini di alta qualità; fer-tilità media; fenologia tardiva: ciclo vegetativolungo

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo di media grandezza

COMPONENTIRicchezza in zuccheri superiore e acidità totalesuperiore

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIEDato non disponibile

ATTITUDINE ENOLOGICAClone ideale per la produzione sia di basi spu-mante, sia di vino rosso fermo di qualità. Vinocon acidità superiore alla media. Clone moltodiffuso in Francia perchè considerato migliorativo dei cloni più classici

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 26-11-2008 17:28 Pagina 139

Page 139: Pinot nero

140 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

PAESE DI ORIGINE Francia

ZONA DI ORIGINE Jura

COSTITUTORE ENTAV

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1973

292

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività media: permette di raggiungere unbuon compromesso fra il potenziale di produ-zione e un livello di maturazione soddisfacente;vigoria medio-alta; costante; fertilità alta; feno-logia tardiva: ciclo vegetativo lungo, maturazio-ne tardiva. Normalmente è bene controllare laproduzione; ideale nelle zone in cui le caratteri-stiche climatiche non sono favorevoli perchèpermette di raggiungere buoni livelli produttivi

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo medio-grande, allungato e compatto;acino medio

COMPONENTIRicchezza in zuccheri medio-alta

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIESensibile alla botrite

ATTITUDINE ENOLOGICAVino con duplice attitudine: vini bianchi fermi e rossi strutturati, ma ideale anche come base spu-mante. In generale dà origine a vini di qualità superiore quando la produzione è controllata: buoncontenuto di materia colorante; acidità superiore; intensità aromatica non eccessiva

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 26-11-2008 17:28 Pagina 140

Page 140: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 141

PAESE DI ORIGINE Francia

ZONA DI ORIGINE Saône-et-Loire

COSTITUTORE ENTAV

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1975

375

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività da alta a molto alta, tuttavia per-mette di raggiungere un buon compromesso frapotenziale di produzione alto e un livello dimaturazione soddisfacente; vigoria alta; costan-te; fertilità medio-alta; fenologia tardiva: ciclovegetativo lungo

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo medio-grande e alato; acino con buc-cia sottile, con pochi polifenoli

COMPONENTIRicchezza in zuccheri medio-bassa

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIESensibilità alla botrite nella media

ATTITUDINE ENOLOGICAClone con duplice attitudine: produzione di vinirossi fermi o base spumante. Dà origine a vinirossi bilanciati e abbastanza tipici con intensità aromatica non particolarmente elevata; ottimo pergli spumanti; molto stabili la fertilità e l’acidità titolabile; considerato un grande classico

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 26-11-2008 17:28 Pagina 141

Page 141: Pinot nero

142 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

PAESE DI ORIGINE Francia

ZONA DI ORIGINE Marne - Oy

COSTITUTORE ENTAV

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1975

386

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività potenziale da media ad alta: ilclone è vigoroso e produttivo, ma controllandola produzione può dare vini di alta qualità;vigoria media; fertilità alta; fenologia tardiva:ciclo vegetativo lungo, maturazione tardiva

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo medio, allungato e compatto; acinomedio

COMPONENTIRicchezza in zuccheri media

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIESensibilità alla botrite nella media della varietà

ATTITUDINE ENOLOGICAClone adatto alla produzione di basi spumante(le caratteristiche di questo clone sono poten-ziate nei vini frizzanti). Dà origine a vini diqualità con acidità superiore

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 26-11-2008 17:28 Pagina 142

Page 142: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 143

PAESE DI ORIGINE Francia

ZONA DI ORIGINE Marne - Verzenay

COSTITUTORE ENTAV

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1975

388

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività da alta a molto alta; fertilità alta

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo di grandezza superiore alla media

COMPONENTIRicchezza in zuccheri inferiore

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIESensibile al marciume grigio

ATTITUDINE ENOLOGICAClone da bianco: da origine a vini frizzanti diqualità media, neutrali e mediamente tipici

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 26-11-2008 17:29 Pagina 143

Page 143: Pinot nero

144 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

PAESE DI ORIGINE Francia

ZONA DI ORIGINE Marne - Ambonnay

COSTITUTORE ENTAV

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1975

389

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività da alta a molto alta; fertilità alta

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo di grandezza superiore alla media

COMPONENTIRicchezza in zuccheri inferiore

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIESensibile al marciume grigio

ATTITUDINE ENOLOGICAClone da bianco. Dà origine a vini frizzanti diqualità media: neutrali e mediamente tipici

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 26-11-2008 17:29 Pagina 144

Page 144: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 145

PAESE DI ORIGINE Francia

ZONA DI ORIGINE Jura

COSTITUTORE ENTAV

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1976

459

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Caratterizzato da un potenziale produttivomolto alto, ma in grado di raggiungere unabuona maturità; vigoria alta; fertilità alta; clonepiuttosto sensibile alle condizioni meteo

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo di media grandezza

COMPONENTIRicchezza in zuccheri superiore

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIESensibilità alla botrite inferiore rispetto allamedia

ATTITUDINE ENOLOGICAClone con duplice attitudine: clone da bianco eda rosso. Dà origine a vini rossi bilanciati conbuon tannino, ma di qualità standard se la resanon è contenuta. Adatto per vini bianchi frizzanti di qualità e con buona tipicità

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 26-11-2008 17:29 Pagina 145

Page 145: Pinot nero

146 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

PAESE DI ORIGINE Francia

ZONA DI ORIGINE Marne - Verzy

COSTITUTORE ENTAV

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1976

521

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività potenziale da media ad alta: ilclone è vigoroso e produttivo, ma controllandola produzione può dare vini di alta qualità e sipuò raggiungere un buon livello di maturità;vigoria bassa; fertilità bassa

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo di grandezza media o inferiore allamedia

COMPONENTIRicchezza in zuccheri media

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIESensibilità alla botrite inferiore rispetto allamedia

ATTITUDINE ENOLOGICAClone da bianco: utilizzato per vini frizzanti espumanti di alta qualità e tipicità. Leggera propensione all’utilizzo in rosso

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 26-11-2008 17:29 Pagina 146

Page 146: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 147

PAESE DI ORIGINE Francia

ZONA DI ORIGINE Côte-d’Or

COSTITUTORE ENTAV

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1978

583

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività da alta a molto alta; fertilità alta.Portamento eretto dei tralci che facilita lagestione in verde

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo di media grandezza

COMPONENTIRicchezza in zuccheri inferiore

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIEDato non disponibile

ATTITUDINE ENOLOGICADato non disponibile. Dà origine a vini erbaceied astringenti.

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 26-11-2008 17:29 Pagina 147

Page 147: Pinot nero

148 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

PAESE DI ORIGINE Francia

ZONA DI ORIGINE Marne - Ambonnay

COSTITUTORE ENTAV

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1980

665

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività da alta a molto alta; fertilità media

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo di media grandezza

COMPONENTIRicchezza in zuccheri media

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIEMaggiore sensibilità alla botrite rispetto allamedia

ATTITUDINE ENOLOGICAClone da bianco (vini frizzanti)

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 26-11-2008 17:29 Pagina 148

Page 148: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 149

PAESE DI ORIGINE Francia

ZONA DI ORIGINE Marne - Ambonnay

COSTITUTORE ENTAV

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1980

666

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività da alta a molto alta; fertilità media

CARATTERI AMPELOGRAFICI

Grappolo di media grandezza

COMPONENTIRicchezza in zuccheri media

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIESensibilità alla botrite superiore alla media

ATTITUDINE ENOLOGICAClone da bianco per vini frizzanti standard

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 26-11-2008 17:29 Pagina 149

Page 149: Pinot nero

150 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

PAESE DI ORIGINE Francia

ZONA DI ORIGINE Côte-d’Or

COSTITUTORE ENTAV

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1980

667

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività potenziale da media ad alta: ilclone è vigoroso e produttivo, ma controllandola produzione può dare vini di alta qualità;vigoria medio-alta; fertilità medio-alta; fenolo-gia: maturazione nella media della varietà

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo medio-piccolo, tozzo, molto compat-to e molto regolare, acino medio

COMPONENTIRicchezza in zuccheri superiore; qualità moltoregolare

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIESensibile alla botrite

ATTITUDINE ENOLOGICAClone da rosso: dà origine a vini di buona strut-tura ed elevata complessità; rossi fermi di altolivello qualitativo, che sopportano un medio-lungo invecchiamento. Da bianco: per vini frizzanticon carattere

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 26-11-2008 17:29 Pagina 150

Page 150: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 151

PAESE DI ORIGINE Francia

ZONA DI ORIGINE Marne - Ambonnay

COSTITUTORE ENTAV

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1980

668

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività da alta a molto alta; fertilità media

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo di media grandezza

COMPONENTIRicchezza in zuccheri inferiore

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIESensibile al marciume grigio

ATTITUDINE ENOLOGICAClone da bianco: dà origine a vini di qualitàmedia

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 27-11-2008 8:21 Pagina 151

Page 151: Pinot nero

152 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

PAESE DI ORIGINE Francia

ZONA DI ORIGINE Marne

COSTITUTORE ENTAV

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1981

743

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività potenziale da media ad alta: ilclone è vigoroso e produttivo, ma controllandola produzione può dare vini di alta qualità e sipuò raggiungere un buon livello di maturità;fertilità media

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo di media grandezza

COMPONENTIRicchezza in zuccheri da media a superiore

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIESensibilità alla botrite inferiore alla media

ATTITUDINE ENOLOGICAClone da bianco per vini frizzanti di alta quali-tà ed elevata tipicità

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 27-11-2008 8:21 Pagina 152

Page 152: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 153

PAESE DI ORIGINE Francia

ZONA DI ORIGINE Côte-d’Or

COSTITUTORE ENTAV

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1981

777

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Clone debolmente produttivo o comunque diproduttività inferiore alla media; fertilità media

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo medio-piccolo e spargolo o media-mente compatto e acino medio-piccolo, irrego-lare

COMPONENTIRicchezza in zuccheri superiore e acidità totaleinferiore; qualità molto regolare

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIEPoco sensibile alla botrite

ATTITUDINE ENOLOGICAClone da rosso: dà origine a vini di buona strut-tura ed elevata complessità aromatica; rossifermi di alto livello qualitativo, che sopportanoun medio-lungo invecchiamento; vini di grandecarattere

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 27-11-2008 8:21 Pagina 153

Page 153: Pinot nero

154 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

PAESE DI ORIGINE Francia

ZONA DI ORIGINE Côte-d’Or

COSTITUTORE ENTAV

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1981

778

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività da alta a molto alta

CARATTERI AMPELOGRAFICIDato non disponibile

COMPONENTIRicchezza in zuccheri media

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIEDato non disponibile

ATTITUDINE ENOLOGICAClone da bianco: dà origine a vini di qualitàstandard

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo n. d.

volume PINOT NERO 27-11-2008 8:21 Pagina 154

Page 154: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 155

PAESE DI ORIGINE Francia

ZONA DI ORIGINE Cher - Buè

COSTITUTORE ENTAV

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1981

779

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività potenziale da media ad alta: ilclone è vigoroso e produttivo, ma controllandola produzione può dare vini di alta qualità; fer-tilità alta

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo di grandezza inferiore alla media

COMPONENTIRicchezza in zuccheri superiore

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIEInferiore sensibilità alla botrite rispetto allamedia

ATTITUDINE ENOLOGICAClone con duplice attitudine; da bianco per laproduzione di vini tipici, bianchi frizzanti dialta qualità, ma anche in assemblaggio nellavinificazione in rosso

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 27-11-2008 8:21 Pagina 155

Page 155: Pinot nero

156 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

PAESE DI ORIGINE Francia

ZONA DI ORIGINE Marne - Ecueil

COSTITUTORE ENTAV

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1981

780

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività potenziale da media ad alta: ilclone è vigoroso e produttivo, ma controllandola produzione può dare vini di alta qualità; fer-tilità bassa

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo di grandezza superiore alla media

COMPONENTIRicchezza in zuccheri media

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIEMaggiore sensibilità alla botrite rispetto allamedia

ATTITUDINE ENOLOGICAClone da bianco (vini frizzanti di qualità stan-dard)

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 27-11-2008 8:21 Pagina 156

Page 156: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 157

PAESE DI ORIGINE Francia

ZONA DI ORIGINE Marne

COSTITUTORE ENTAV

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1984

792

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività potenziale da media ad alta: ilclone è vigoroso e produttivo, ma controllandola produzione può dare vini di alta qualità e sipuò raggiungere un buon livello di maturità;fertilità alta

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo di grandezza inferiore alla media

COMPONENTIRicchezza in zuccheri superiore

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIEDato non disponibile

ATTITUDINE ENOLOGICAClone da bianco (vini frizzanti)

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 27-11-2008 8:21 Pagina 157

Page 157: Pinot nero

158 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

PAESE DI ORIGINE Francia

ZONA DI ORIGINE Côte-d’Or

COSTITUTORE ENTAV

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1985

828

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Clone debolmente produttivo o comunque diproduttività inferiore alla media; fertilità media;fenologia: maturazione nella media della varie-tà

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo da piccolo a medio, allungato, media-mente compatto e regolare; acino medio

COMPONENTIRicchezza in zuccheri superiore

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIEPoco sensibile alla botrite e buona resistenzaalle patologie in genere

ATTITUDINE ENOLOGICAClone da rosso. Dà origine a vini tannici e con-centrati, con un contenuto superiore di polife-noli. Per vini rossi da lungo invecchiamento

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 27-11-2008 8:21 Pagina 158

Page 158: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 159

PAESE DI ORIGINE Francia

ZONA DI ORIGINE Saône-et-Loire

COSTITUTORE ENTAV

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1985

829

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività da alta a molto alta; fertilità alta

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo di media grandezza

COMPONENTIRicchezza in zuccheri inferiore

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIEDato non disponibile

ATTITUDINE ENOLOGICAClone per vino rosso da consumarsi nell’annata

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 27-11-2008 8:22 Pagina 159

Page 159: Pinot nero

160 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

PAESE DI ORIGINE Francia

ZONA DI ORIGINE Marne - Verzenay

COSTITUTORE ENTAV

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1986

870

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produzione potenziale da media ad alta: il cloneè vigoroso e produttivo, ma controllando la pro-duzione può dare vini di alta qualità e si puòraggiungere un buon livello di maturità; fertili-tà alta

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo di grandezza inferiore alla media

COMPONENTIRicchezza in zuccheri superiore

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIEInferiore sensibilità alla botrite rispetto allamedia

ATTITUDINE ENOLOGICAClone da bianco per vini di buona qualità e tipi-cità

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 27-11-2008 8:22 Pagina 160

Page 160: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 161

PAESE DI ORIGINE Francia

ZONA DI ORIGINE Marne - Verzenay

COSTITUTORE ENTAV

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1988

871

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività potenziale da media ad alta: ilclone è vigoroso e produttivo, ma controllandola produzione può dare vini di alta qualità.Permette di raggiungere un buon compromessofra potenziale di produzione alto e maturazionesoddisfacente; fertilità bassa

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo di grandezza superiore alla media

COMPONENTIRicchezza in zuccheri superiore

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIEInferiore sensibilità alla botrite rispetto allamedia

ATTITUDINE ENOLOGICAClone da bianco per vini di qualità

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 27-11-2008 8:22 Pagina 161

Page 161: Pinot nero

162 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

PAESE DI ORIGINE Francia

ZONA DI ORIGINE Cher - Buè

COSTITUTORE ENTAV

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1988

927

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produzione potenziale da media ad alta: il cloneè vigoroso e produttivo, ma controllando la pro-duzione può dare vini di alta qualità; fertilitàalta

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo di grandezza inferiore alla media

COMPONENTIRicchezza in zuccheri superiore

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIEInferiore sensibilità alla botrite rispetto allamedia

ATTITUDINE ENOLOGICAClone da bianco per vini di alta qualità moltotipici. Può servire anche nell’elaborazione divini rossi

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 27-11-2008 8:22 Pagina 162

Page 162: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 163

PAESE DI ORIGINE Francia

ZONA DI ORIGINE Côte-d’Or

COSTITUTORE ENTAV

ANNO DI OMOLOGAZIONE 1989

943

CARATTERISTICHE VEGETO PRODUTTIVE

Produttività potenziale da media ad alta: ilclone è vigoroso e produttivo, ma controllandola produzione può dare vini di alta qualità; fer-tilità media

CARATTERI AMPELOGRAFICIGrappolo di media grandezza

COMPONENTIRicchezza in zuccheri superiore

SENSIBILITÀ ALLE FITOPATOLOGIEDato non disponibile

ATTITUDINE ENOLOGICAClone da rosso. Dà origine a vini con un conte-nuto superiore di polifenoli, di alta qualità.Clone molto diffuso in Francia perchè conside-rato migliorativo dei cloni più classici

Attitudineenologica

Produttività

Grappolo

volume PINOT NERO 27-11-2008 8:22 Pagina 163

Page 163: Pinot nero

Grappoli di Pinot nero (Fonte: Archivio La V ersa S.p.A.).

volume PINOT NERO 27-11-2008 8:22 Pagina 164

Page 164: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 165

4.3. Le scelte enologicheCaratteristiche enologiche del Pinot nero

«Il ne supporte aucune médiocrité» dice Claire Naudin, enologa del Domaine Henri Naudin

Ferrand (Borgogna) riassumendo in una frase l’essenza del Pinot nero.

Il Pinot nero si distingue per la sua versatilità. Con questa uva, infatti, si producono ottime basi

spumante (sia bianche che rosate), ma anche le vinificazioni con macerazione possono portare a

vini rossi eccellenti.

Questo vitigno è differente dagli altri sotto tutti i punti di vista: sia viticolo ed ampelografico, sia

enologico. Nelle basi spumante permette di dare corpo al vino, conferendo struttura e importan-

za al prodotto finito, mentre nella vinificazione in rosso porta ad un vino elegante ed equilibrato.

Anche la valutazione dell’uva a maturità deve quindi basarsi sugli obiettivi enologici: da un lato

la ricerca di un’elevata concentrazione di acidi e di composti azotati, con una relativa bassa con-

centrazione di zuccheri sarà utile alla creazione dei vini base spumante, mentre il livello di matu-

razione polifenolica di bucce e vinaccioli, saranno elementi importanti per ottenere vini rossi

fermi.

Nella vinificazione in rosso, il risultato che si ottiene si distanzia dai prototipi tipici del mondo

del vino; infatti si ottiene mediamente poco colore, un’elevata acidità non facile da equilibrare,

un’armonia difficile da trovare. In caso di affinamento in botte, i profumi fruttati si devono inte-

grare elegantemente con le note del legno. L’elegante armonia dell’insieme deve trasmettere

importanza ad un vino di per sé fresco e non eccessivamente alcolico. Quando tutto ciò si realiz-

za porta grandi emozioni, sia a chi lo beve, sia a chi ha la soddisfazione di produrlo. Più che ogni

altro vitigno può dare i migliori vini, come può facilmente portare a risultati pessimi. Non accet-

ta vie di mezzo. Non sopporta alcuna mediocrità. È per questo che il Pinot nero appassiona così

tanto il mondo del vino.

Per sfruttare le particolari sensazioni che questo vitigno può dare al consumatore, bisogna produr-

re un vino di elevata qualità e il punto di partenza per raggiungere questo obiettivo è capire e

rispettare la materia prima: l’uva.

Per il Pinot nero, il “rispettare” assume un’importanza preponderante; si tratta infatti di un’uva

“fragile” e delicata, le bucce sottili non solo rendono il vitigno sensibile alle malattie, ma impon-

gono attenzioni particolari durante tutta la vinificazione.

Applicando il concetto di rispetto nella vinificazione in rosso: ogni volta che si va a bagnare il

cappello con un rimontaggio, o un délestage, è importante cercare di bagnare le bucce da una

distanza molto ridotta perché getti potenti possono danneggiare le bucce e, nella macerazione di

quest’uva, l’estrazione deve avvenire per diffusione e non per lacerazione. I rimontaggi hanno lo

scopo di bagnare, non di rompere il cappello; è l’attenzione a questi particolari che può fare la

differenza nel prodotto finale.

Rispettare le bucce in ogni fase di macerazione, anche quando si desidera spingere l’estrazione.

Il colore è generalmente poco, i tannini difficili, ancor di più se si considera l’elevata acidità che

volume PINOT NERO 27-11-2008 8:22 Pagina 165

Page 165: Pinot nero

166 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

deve avere un buon vino a base Pinot nero e che certamente non ammorbidisce la sensazione

astringente. Ovvia conseguenza è la facilità con cui si trova un Pinot nero amaro, o con tannini

verdi, o squilibrati, quindi un vino disarmonico. Importante diventa perciò seguire la vinificazio-

ne giornalmente.

Per l’amaro è stato osservato che è possibile evitare questa problematica con un piccolo strata-

gemma: appena se ne sente un lieve accenno in fermentazione si interrompe per una giornata ogni

tecnica estrattiva, riprendendo rimontaggi e/o follature il giorno seguente, ovviamente se il difet-

to è sparito.

Superfluo, forse, ricordare l’importanza dell’aerazione in situazioni di tendenza alla riduzione,

ma anche in questo caso bisogna ricordare la delicatezza del vino, ponendo attenzione a non dan-

neggiare il cappello, ma anche valutando tecniche alternative all’aerazione diretta con una tinoz-

za in cui far passare il vino. Ad esempio, la riduzione può essere eliminata abbinando un délesta-

ge ad una ossigenazione del mosto-vino separato dalle bucce, prima di riversarlo sul cappello. È

importante anche quantificare il livello di riduzione, infatti, talvolta, è sufficiente “aprire” un po’

il getto del vino in uscita durante un rimontaggio per eliminare il difetto.

Difficilmente da una macerazione standardizzata, da una “ricetta”, si può ottenere un buon vino,

e col Pinot nero questo problema viene ulteriormente ampliato.

Tutte queste attenzioni, che la vinificazione del Pinot nero richiede, necessitano di molto lavoro,

impegno ed energie con un costo sicuramente elevato in termini di risorse umane per l’azienda.

Per contro, con questo vitigno, si possono ritagliare forti risparmi dal punto di vista dei prodotti

enologici, spesso molto costosi, compensando gli sforzi operativi. I coadiuvanti di vinificazione

sono quasi indispensabili quando si cerca di evidenziare alcune peculiarità dei vini, talvolta espri-

mendole all’eccesso: ad esempio per un Moscato, o per un Riesling renano si tende ad accentua-

re determinate note aromatiche o

di freschezza, o per un Merlot si

ambisce ad una grande potenza e

struttura tannica. Un Pinot nero,

però, deve proiettarsi sempre

verso l’eleganza, quindi qualun-

que eccesso che porti a squilibrio

tende a risultare negativo. Certo,

anche il Pinot nero può differen-

ziarsi e da esso possiamo deside-

rare una lieve accentuazione degli

aromi o della struttura, ma sempre

in funzione dell’equilibrio finale.

È quindi indispensabile predilige-

re tecniche “soft”.La microssigenazione per mette un maggior e controllo/regolazio-ne dell’ossigeno introdotto, rispettando maggiormente il vino.

volume PINOT NERO 27-11-2008 8:22 Pagina 166

Page 166: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 167

Anche se il colore non particolarmente

intenso di un vino Pinot nero può essere

generalmente accettato dal mercato, è

importante porre molta attenzione ai pig-

menti antocianici (le molecole responsabi-

li del colore dell’uva e del vino) sia per gli

scarsi contenuti, sia perché questi non sono

particolarmente stabili. Infatti dal profilo

antocianico (rapporto tra il contenuto delle

diverse molecole colorate) i vitigni apparte-

nenti al gruppo dei Pinots sono chiaramen-

te distinguibili per l’assenza di antociani

acilati, che sono pigmenti più stabili dei

glucosidi liberi (gli unici contenuti nelle

bucce di Pinot nero). Questo va comunque

sommato allo scarso contenuto in antociani

totali legato anche al ridotto spessore delle

bucce. Bisogna poi considerare che gli antociani in generale, e ancor di più i glucosidi liberi, sono

molto facilmente estraibili; se ciò li rende da un lato ancor più sensibili alla degradazione per ossi-

dazione, dall’altro ci permette di “giocare” sui rapporti antociani-tannini durante la macerazione

(ad es. Criomacerazione o Macerazione differita), sapendo che se sono elevati avremo un vino di

più pronta beva, ma meno longevo, se bassi permetteranno una migliore stabilizzazione del colo-

re, con una maggiore difficoltà nella gestione del più elevato contenuto tannico.

Oltre agli antociani, gli altri composti polifenolici importanti in vinificazione sono, appunto, i

tannini. Essi hanno la caratteristica di interagire con le proteine, comprese quelle salivari, provo-

cando le sensazioni di astringenza, corpo, struttura e contribuendo alle sensazioni di amaro. Essi

sono formati da flavan-3-oli (catechina, epicatechina, epicatechina-3-O-gallato, ed epigallocate-

china), molecole molto simili che si legano tra loro formando macromolecole polimeriche.

Se per gli antociani l’attenzione si concentra sulle bucce, per i tannini è indispensabile una visio-

ne più ampia, tanto più che il Pinot nero ha spesso un elevato numero di vinaccioli, che apporta-

no gran parte dei tannini al vino (anche in relazione alle bucce sottili). Si consideri, ad esempio,

che mentre il Pinot nero ha mediamente 2,6 vinaccioli per acino, la Croatina ne ha solo 1,6.

Inoltre, in alcune tecniche di vinificazione con obiettivi enologici ambiziosi e la necessità di un

elevato quantitativo di tannini, si utilizzano anche i raspi (solo quando il livello qualitativo delle

uve è molto alto, con una maturazione completa anche dei raspi). La complessità del potenziale

polifenolico va quindi ad ampliarsi anche per la variabilità di struttura e tipologia di molecole pre-

senti. Infatti i tannini delle bucce e dei raspi sono distinguibili da quelli dei semi perché conten-

gono, oltre alla (+)-catechina, la (-)-epicatechina, e la (-)-epicatechina-3-O-gallato, anche la (-)-

L’invaiatura deter mina l ’inizio del processo di matura-zione. Nelle uve a bacca nera è facilmente riconoscibi-le poiché gli acini iniziano ad accumular e antociani e,quindi, cambiano colore.Si noti nella foto come questo fenomeno non avvengacontemporaneamente in tutti gli acini.

volume PINOT NERO 27-11-2008 8:22 Pagina 167

Page 167: Pinot nero

168 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

epigallocatechina. Inoltre i tannini delle bucce si caratte-

rizzano per avere un maggiore grado di polimerizzazio-

ne, sono quindi molecole più grandi, mentre quelli dei

raspi e dei vinaccioli hanno pesi molecolari simili e piut-

tosto bassi. Andando ancor più nello specifico, i vinac-

cioli di Pinot nero contengono una quantità elevata di

flavan-3-oli (le unità strutturali dei tannini) monomeri e

tra questi prevale la catechina rispetto all’epicatechina,

con contenuti irrisori di epicatechina-3-O-gallato.

Queste considerazioni che possono apparire accademi-

che e nozionistiche, hanno un’importante rilevanza pra-

tica. Questo risulta evidente se si considera, ad esempio,

che l’epicatechina è un po’ meno polare della catechina

ed è più idrofoba, e questo ne aumenta la reattività con

le proteine, comprese quelle salivari, incrementando la

sensazione astringente. Al contrario la catechina (molto

rappresentata nei vinaccioli di Pinot nero) ha un sapore

più amaro che astringente. L’amaro è un difetto che si

riscontra abbastanza frequentemente nei vini rossi a base

Pinot nero, quindi bisogna porre molta attenzione a tutto

ciò che lo può causare. Un’eccessiva sensazione di

amaro, inoltre, non deriva sempre solo dalle molecole

tanniche, ma ad esempio si ottiene a causa dell’interazione acroleina-fenoli. L’acroleina può deri-

vare sia dal glicerolo (che nel vino è una delle molecole più rappresentate e il primo dei prodotti

secondari della fermentazione alcolica) per una doppia disidratazione operata da batteri, sia dal-

l’esposizione alla radiazione luminosa, che può originare acroleina e metantiolo (associato all’o-

dore di “putrido”) a partire dall’amminoacido metionina e la sua combinazione con lo zolfo.

Infine anche alcuni sali come il solfato di sodio possono dare sensazioni amare e un maggiore

contenuto alcolico tende ad accentuare le sensazioni amare.

Tornando ai tannini, sia la stereochimica che il grado di polimerizzazione influenzano amaro ed

astringenza: la struttura tridimensionale dei tannini è importante, infatti i gruppi fenolici polari

(quelli che reagiscono con le proteine dando la sensazione astringente) si posizionano verso l’e-

sterno della molecola, mentre la parte idrofoba resta internamente. Infine anche il tipo di legame

presente tra le diverse subunità flavan-3-oliche che compongono i tannini hanno importanza: ad

esempio, nelle polimerizzazioni per sostituzione elettrofila, il legame 4-6 è più amaro che il 4-8.

Infine i tannini sono importantissimi nella stabilizzazione del colore, inglobando le molecole di

antociani al loro interno e “proteggendole” così dalla degradazione.

Dal punto di vista aromatico, infine, le molecole responsabili delle spiccate note odorose di frut-

Durante la maturazione, nelle diverseparti della bacca avvengono un insiemedi fenomeni semi-indipendenti: nellapolpa si accumulano principalmente glizuccheri e si degradano gli acidi, la buc-cia pr ende color e e modifica i profilifenolici ed aromatici, i semi evolvonomodificando il loro color e, sapor e ecapacità di rilasciar e le molecole in essicontenute.

volume PINOT NERO 27-11-2008 8:22 Pagina 168

Page 168: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 169

ti (cassis, amarena, ciliegia) dei vini rossi ottenuti da questo vitigno sono gli etil- e i metil- cin-

namati e antralinati. Comunque grande importanza nell’aroma di tutti i vini ottenuti dal Pinot nero

è da attribuire agli esteri che si formano in fermentazione, molecole legate alla trasformazione da

parte dei lieviti che acquistano, così, ancora maggiore importanza. Negli spumanti i lieviti sono

determinanti nel bouquet finale conferendo aromi riconducibili a descrittori quali crosta di pane

e frutta secca o anche tostata (nocciola, mandorla, fichi secchi). Le reazioni, comunque, hanno

come substrati di partenza molecole già presenti nell’uva, mantenendo, quindi, uno stretto lega-

me di tipicità col vitigno di partenza.

La maturazione dell’uva

La scelta della data di vendemmia rimane fondamentale per questo vitigno, sia nella vinificazio-

ne in rosso, sia per quella destinata a dare vini base per spumante.

Durante la maturazione, all’interno della bacca avvengono alcuni cambiamenti che portano alla

modificazione dei principali componenti e delle loro proporzioni all’interno del frutto. Le varia-

zioni più evidenti riguardano gli zuccheri, gli acidi e le molecole fenoliche. Anche gli aromi ed i

loro precursori subiscono modifiche, ma gli studi al riguardo non sono ancora sufficientemente

ampli da permettere una loro applicazione pratica.

Come tutti sanno, durante la maturazione gli zuccheri si accumulano nella bacca, rendendo l’uva

più dolce e il vino da essa prodotto più alcolico. Parallelamente, l’acidità diminuisce, per dilui-

zione delle principali molecole

acide della bacca (ac. tartarico ed

ac. malico) e per degradazione del-

l’acido malico utilizzato come

risorsa energetica. Le bacche pren-

dono colore per accumulo dei pig-

menti antocianici, i semi imbruni-

scono ed i tannini si fanno più

“morbidi”. Gli acini diventano più

morbidi al tatto.

Tutte queste modifiche nella com-

posizione avvengono contempora-

neamente nella bacca, ma ogni

cambiamento ha una certa indipen-

denza dagli altri e può avvenire più

o meno intensamente e rapidamen-

te. Ne deriva che, nonostante le

principali reazioni si ripetano simi-

larmente in tutte le uve, la scissione

Nella prima fase erbacea di cr escita della bacca, le cellule del-l’acino si moltiplicano, provocando un aumento di dimensionidell’acino. In corrispondenza dell ’invaiatura si assiste a unastasi, in cui la bacca si “prepara” alla maturazione. La cr escitariprende poi per distensione cellular e fino alla maturazione. Sipuò talvolta osser vare una disidratazione in sovra maturazioneche provoca un decremento del peso degli acini.Nella figura, in rosso, sono riportati i principali eventi che siriscontrano durante la crescita dell’acino.

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170 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

temporale e l’intensità di accumu-

li/degradazioni dei vari composti fa

sì che le uve ottenute da diverse

varietà/cloni, in diversi ambienti di

coltivazione e con differenti tecni-

che colturali, abbiano una composi-

zione variabile.

Lavorando col Pinot nero queste

differenze si accentuano infinita-

mente se si considera l’enorme

variabilità clonale e la precocità di

maturazione. Se da un lato queste

differenze possono risultare come

un ostacolo alla gestione di questo

vitigno, dall’altro sono uno stimolo

ed un’opportunità. È infatti possibi-

le “giocare” con le scelte in vigneto

e la gestione della maturazione al

fine di ottenere una produzione viti-

cola che rispecchi le esigenze eno-

logiche per l’ottenimento del vino desiderato.

Diventa quindi indispensabile seguire l’evoluzione dell’uva in vigneto con curve di maturazione,

che diano il maggior numero di informazioni possibile; questo serve sia per valutare l’andamen-

to annuale e ipotizzare calendari di vendemmia, sia per conoscere in modo più approfondito il

proprio vigneto, ed analizzare i possibili miglioramenti da apportare nella gestione delle piante

nelle annate successive.

Ovviamente queste analisi devono essere finalizzate alla produzione aziendale, per non diventare

un inutile dispendio di tempo e denaro. A seconda dell’utilizzo enologico previsto, sarà quindi più

utile porre l’attenzione sull’uno o sull’altro cambiamento, anche in relazione alla valutazione

della data di vendemmia e delle potenzialità enologiche delle uve prodotte.

L’analisi degli zuccheri, anche con un semplice rifrattometro, ma da eseguire su un campione

d’uva raccolto in modo razionale, deve essere sempre alla base della curva di maturazione e non

si può prescindere dallo svolgimento di questo semplice controllo. A partire dall’invaiatura, e con

cadenze via via sempre più ravvicinate, si consiglia quindi di valutare il contenuto zuccherino che

resta comunque un’indicazione chiara dei processi di maturazione della bacca.

Per quanto riguarda la componente acida, la sua importanza varia a seconda dell’obiettivo enolo-

gico. Se per un vino rosso ci si può accontentare di un valore generale per l’acidità titolabile, per

una base spumante la conoscenza approfondita di questa componente e della sua evoluzione può

Interazioni tra contenuto in antociani e maturazione tecnologica(zuccheri ed acidità): 1 - caso ideale, buona interazione uva ter-ritorio; 2 - territorio tardivo, che necessita di una sovramatura-zione dell’uva; 3 - territorio molto tardivo, in cui l ’uva non rag-giunge la maturità fenolica (considerata sulla base dell’accumu-lo antocianico); 4 - adattamento territorio-variet à negativo: perraggiungere la maturit à tecnologica sar à necessario rinunciar ead una parte del colore causato dalla degradazione dei pigmen-ti. (Da Riberau-Gayon, 1998).

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 171

veramente apportare differenze significative nel successivo sviluppo enologico.

La necessità di ottenere vini destinati ad una successiva rifermentazione in bottiglia consiglia di

vendemmiare quando ancora la concentrazione degli acidi è elevata e la concentrazione zucche-

rina non ha raggiunto il massimo, cioè in anticipo rispetto alle uve destinate alla vinificazione di

un vino rosso fermo. A questo livello di maturazione si osserva inoltre una concentrazione eleva-

ta di proteine, che risultano implicate nella creazione e nella qualità della spuma e delle bollici-

ne.

In questa prospettiva vi è stata una tendenza ad anticipare sempre più la vendemmia per avere in

cantina uve perfettamente sane, con un’alta concentrazione di acidi pensando poi di correggere

eventuali squilibri in cantina. L’eccessiva anticipazione della vendemmia ha spesso portato a vini

base dal forte connotato vegetale (esanale e esanolo), che si ripercuote poi sulla qualità dello spu-

mante in bottiglia. Le vendemmie a maturità avanzata invece portano, oltre ad una carenza in

acidi, ad un’eccessiva concentrazione di zuccheri, quindi a vini base con un elevato grado alcoli-

co; ne conseguirà una certa difficoltà nella presa di spuma con l’ottenimento di vini squilibrati nel

rapporto alcol/acidi, oltre che con possibili sensazioni tanniche indesiderate.

Per ottenere un valore di acidità titolabile si può eseguire una semplicissima analisi di titolazione

fattibile in ogni cantina.

Questo solo indice non è sufficiente per valutare la maturità dal punto di vista acido quando si

voglia produrre una buona base spumante. La sensazione percepita dalla bocca, infatti, non si

limita alla valutazione della concentrazione di molecole acide, ma varia a seconda del tipo di

acido e dei rapporti tra acidi e basi; infatti la presenza di cationi (basici) nella soluzione può “neu-

tralizzare” parzialmente l’acidità degli anioni (molecole acide). La nostra bocca, di conseguenza,

percepisce questo equilibrio e non la concentrazione di una particolare frazione. Per una buona

base spumante, dove la componente acida ha un’importanza fondamentale sulla valutazione del

prodotto finale, sarà indispensabile effettuare l’analisi del pH, che, appunto, fornisce un’indica-

zione di questi equilibri acido/base e permette di oggettivare la sensazione acida rilevata dalla

bocca, consentendo anche confronti dilazionati nel tempo, ad esempio con annate successive.

Infine un’indicazione di indubbia utilità è quella relativa ai rapporti tra i diversi acidi. Come è già

stato accennato, anche all’interno dello stesso gruppo di composti, ogni molecola può avere un’e-

voluzione diversa. Quindi, se l’acido tartarico deve la sua diminuzione essenzialmente a processi

di diluizione dovuti all’ingrossamento della bacca, l’acido malico oltre a questo effetto subisce

una degradazione, che è tanto più spinta tanto maggiore è la temperatura a cui l’acino è sottopo-

sto (annate calde, defogliazione…). Anche questo rapporto può quindi variare ed essere influen-

zato dalla tecnica colturale. Le conseguenze enologiche sono molto importanti, poiché i due com-

posti hanno comportamenti diversi nel vino. L’acido malico si può degradare a lattico nella fer-

mentazione malolattica, conferendo un ammorbidimento delle spigolosità del primo, ma provo-

cando una diminuzione della sensazione acida. La sua presenza, però, può anche favorire l’avvio

di fermentazioni indesiderate in bottiglia, essendo causa di una certa instabilità microbiologica.

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172 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

L’analisi di questo rapporto può essere richiesta ad un laboratorio o effettuata in cantina con cro-

matografie su carta.

Come già accennato, per obiettivi di vinificazione in rosso, l’analisi della maturazione fenolica

diventa indispensabile. Gli antociani si accumulano nella buccia dell’uva ed il loro contenuto può

essere usato come indice di maturità (antociani totali). L’altra classe di polifenoli, importante per

definire la maturità dell’uva è quella dei tannini. La buccia ed i vinaccioli accumulano tannini

nella prima parte del loro sviluppo, soprattutto prima dell’invaiatura. Nel corso della maturazio-

ne dell’uva la concentrazione dei tannini si riduce ed avvengono anche delle trasformazioni chi-

miche che ne modificano, in generale riducendola, l’astringenza. Per questo motivo il livello di

antociani e quello dei tannini andrebbero valutati separatamente e non globalmente così come

viene fatto mediante l’analisi dei polifenoli totali. Inoltre il livello dei tannini è solo parzialmen-

te informativo del profilo di maturità tannica dell’uva. Infatti le sensazioni di astringenza ad essi

dovute dipendono non solo dalla concentrazione, ma anche dalla loro struttura molecolare.

Attualmente non sono disponibili indici analitici per la definizione della maturità tannica dell’u-

va sufficientemente pratici ed informativi; è solo possibile avere indicazioni circa il loro contenu-

to. La degustazione dell’acino rappresenta pertanto una tecnica indispensabile per valutare la

maturità tannica, saggiando con particolare attenzione non solo le bucce ma anche i vinaccioli,

che, come già indicato, rappresentano la fonte principale di tannini in questa varietà.

Sanità delle uve

Soprattutto nella vinificazione in rosso data l’elevata sensibilità alla Botrytis cinerea del vitigno,

determinata dallo spessore limitato delle bucce e dalla compattezza del grappolo, è indispensabi-

le una cernita delle uve in ingresso. Eventualmente questa può essere accompagnata da una buona

regolazione della pigia-diraspatrice. Infatti, la muffa grigia spesso forma degli agglomerati di

acini che rimangono attaccati ai raspi se i battitori della diraspatrice ruotano lentamente.

Per ottenere vini di ele-

vata qualità, non si può

prescindere dalla neces-

sità di effettuare una

cernita delle uve molto

accurata, ma in casi

estremi e ovviamente

riducendo la possibilità

di ottenere prodotti otti-

mi, si può adottare una

tecnica adatta a limitare

i danni legati alla

Botrytis cinerea.Una buona r egolazione della pigiadiraspatrice per mette di eliminar e buonaparte delle uve botritizzate.

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Page 172: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 173

Questa muffa produce un enzima molto attivo nell’ossidazione dei polifenoli: la laccasi.

Ovviamente la sua attività sarà massima nelle prime fasi di vinificazione, quando l’ambiente non

è ancora riducente grazie alla saturazione con CO2. Però, le prime molecole fenoliche estratte in

macerazione sono quelle antocianiche e sono soprattutto queste ad essere ossidate dalle PPO

(polifenolossidasi, tra cui la laccasi). Il colore è un fattore critico per questo vitigno, perciò pre-

servare il mosto dalla muffa grigia è ancora più importante.

La laccasi è un enzima, quindi, una proteina. Questo fa sì che per interazioni di tipo colloidale crei

degli aggregati con altre molecole (ad esempio quelle fenoliche) più o meno voluminosi che ten-

dono a precipitare. Se il mosto prima dell’inizio della fermentazione (che provocherebbe dei movi-

menti turbolenti nella massa che impediscono la formazione del precipitato) viene separato ed

illimpidito, buona parte della laccasi precipita. Travasando il mosto limpido l’utilità della tecnica

risulta ancora più evidente, perché il

deposito ha un forte odore di muffa, quin-

di, si può supporre che oltre alla laccasi

vengano separate anche molecole legate a

difetti olfattivi.

Separare il mosto prima dell’inizio della

fermentazione può sembrare difficoltoso,

perché l’operazione deve essere svolta

prima della formazione del cappello nella

vinificazione in rosso. Normalmente il

problema può essere risolto con l’utilizzo

di un “plongeur”, un cilindro forato che

termina a punta e che, inserito nel pigiato,

permette di aspirare mosto senza le parti

solide dal suo interno.

Terminata questa operazione, il mosto

“chiarificato” viene rimontato sulle parti

solide facendo un primo délestage.

La vinificazione

Le prime operazioni sull’uva

L’operazione fondamentale in cantina per la spumantizzazione secondo il metodo classico risul-

ta quella della pressatura che è da effettuare delicatamente per evitare ossidazioni e cessioni di

sostanze dal gusto erbaceo e amaro.

Proprio per questo la raccolta dell’uva dovrebbe preservare l’integrità del grappolo e per prodot-

ti di alta qualità dovrebbe essere effettuata in cassette di piccolo volume e preferibilmente buca-

te per eliminare il mosto formato nel trasporto in cantina.

I plongeur permettono di separare la fase liquida da quel-la solida prima dell’inizio della fermentazione.

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Page 173: Pinot nero

174 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

In caso di vendemmie meccaniche un eventuale passaggio per eliminare le uve meno sane sareb-

be auspicabile per non abbassare il livello qualitativo dei grappoli che giungono in cantina.

L’uva intera va quindi versata direttamente in pressa, con l’eventuale accortezza di eliminare

l’ammostamento iniziale che dilava l’uva dalle impurità del vigneto. Nel caso degli spumanti

rosati, se si desidera ottenere un colore più intenso, si può effettuare una breve criomacerazione

pre-fermentativa.

La pressatura deve essere delicata e portare, nel caso dei vini base bianchi, all’ottimizzazione del

frazionamento: la prima frazione più chiara e più acida è la parte migliore da destinare ai prodot-

ti di alta gamma. Quando si vinifica in rosato, si deve prestare maggiore attenzione ai tempi di

pressatura per trovare il giusto compromesso tra l’estrazione del colore desiderato ed il rischio di

fenomeni ossidativi e/o estrattivi di composti indesiderati. Odori erbacei possono derivare da

alcoli a 6 atomi di carbonio e difetti gustativi possono essere legati ad estrazioni eccessive di tan-

nini a basso peso molecolare (diffusi nei vinaccioli e nei raspi). Nel corso della pressatura infat-

ti, se la concentrazione zuccherina rimane pressoché stabile, l’acidità totale tende a diminuire con

un conseguente aumento del pH. Inoltre per il Pinot nero iniziano anche fenomeni macerativi che

aumentano la colorazione del mosto, situazione indesiderata nel caso di una spumantizzazione in

bianco e la cessione di polifenoli in generale. Viene inoltre a diminuire, nel corso della spremitu-

ra, la qualità aromatica del vino base.

Una valutazione di quando separare la prima frazione dalla seconda è data da un’analisi visiva e

gustativa, con il mosto che diventa più scuro/rosa e meno acido con il progredire della pressatu-

ra, e dall’analisi del pH, che si innalza con il progredire dell’operazione.

Per la prima frazione, nel caso di presse a polmone, si cerca di non rigirare la massa, per evitare

cessione di sostanze meno nobili provenienti dai raspi e dai vinaccioli.

La seconda frazione è solitamente destinata ai tagli per i prodotti di fascia medio-bassa. Infine la

terza frazione viene solitamente eliminata dal processo di spumantizzazione ma recuperata trami-

te operazioni di chiarifica e filtrazioni per mosto da destinare ad altri prodotti.

Segue l’operazione di pulizia del mosto per eliminare le fecce più grossolane, che apportano gusti

e odori erbacei e problemi nelle successive chiarifiche dei vini.

La decantazione a freddo, in atmosfera riparata dalle ossidazioni, è consigliata per la prima fra-

zione, con eventuale enzimaggio che velocizza la separazione statica delle parti solide. Nel caso

di vinificazione in bianco, alternativamente alle condizioni di riduzione, si può effettuare un’ipe-

rossigenazione per eliminare anche il colore indesiderato durante l’illimpidimento. Per evitare la

partenza della fermentazione, che impedirebbe l’operazione di chiarifica, si utilizzano freddo e

anidride solforosa.

L’anidride solforosa ha effetti antiossidanti, antiossidasici e antimicrobici. Riveste, quindi, un’im-

portanza fondamentale nella produzione dei vini spumanti. Peraltro è utile tener presente anche

l’attività inibitoria di questo composto sugli enzimi pectolitici utilizzati per la decantazione; di

conseguenza è meglio non eccedere nelle dosi in questa fase.

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 175

Una indicazione potrebbe essere quella di mantenere il mosto per 6-18 ore a temperatura di circa

10°C.

Si possono inoltre aggiungere tannini ellagici e bentonite per flocculare le proteine instabili e gli

enzimi ossidativi, nel caso di uva leggermente colpita da marciumi.

Un parametro per valutare l’efficacia di questa operazione è quello visivo ed eventualmente ana-

litico controllando il livello di torbidità con un nefelometro (turbidimetro). Non conviene illimpi-

dire troppo il mosto per non impoverirlo eccessivamente di sostanze azotate, utili ai lieviti, e di

proteine necessarie nel processo di formazione della spuma e nella sua finezza.

Oltre un certo livello si rischia di apportare odori anomali e astringenza ai vini insieme a proble-

mi nelle successive chiarifiche e a possibili ossidazioni catalizzate dagli enzimi tirosinasi presen-

ti nell’uva.

Nel caso si vinificasse in bianco, sulla seconda frazione va valutata la metodica più appropriata

per la pulizia del mosto insieme ad una eventuale decolorazione. Si consiglia anche una pulizia

del mosto con bentonite, caseinato ed eventualmente PVPP per le frazioni più torbide, infine fil-

trazione delle fecce tramite filtro sotto-vuoto o filtro feccia per recuperare vino da non destinare

comunque alla preparazione del metodo classico.

Per la vinificazione in rosso, a causa delle bucce sottili e dell’elevata quantità di vinaccioli, si

sconsiglia di associare la pigiatura alla diraspatura delle uve, cercando così di portare in vasca

acini interi. Questo risultato è ottenibile regolando la larghezza dei rulli di pigiatura ai massimi

consentiti dalla pigiadiraspatrice aziendale.

Per ottenere i vini più pregiati e longevi e solo da uve completamente sane e ben mature dal punto

di vista fenolico, in molte cantine tradizionali in Borgogna si utilizza la vinificazione delle uve

intere. Tramite questa tecnica si ottengono i vini migliori, ma spesso è difficilmente attuabile in

quanto richiederebbe la pigiatura coi piedi o con follatori meccanici.

È soprattutto per la “delicatezza” delle bucce di questo vitigno che è indispensabile porre la mas-

sima attenzione al rispetto delle parti solide. Evitare l’utilizzo delle pompe è indispensabile se si

vuole vinificare l’uva intera e quindi una buona gestione degli spazi per utilizzare la gravità può

essere sostituita solo dall’utilizzo di nastri trasportatori. Si consiglia, comunque, di prediligere

pompe volumetriche (eccentriche, a lobi, ellittiche o peristaltiche) che rispettano maggiormente

l’uva. Questo principio vale per tutta la vinificazione, ma anche in fase di svinatura le frazioni

solide non devono essere maltrattate.

La cura di bucce, vinaccioli e raspi deve essere perseguita anche nella macerazione: rimontaggi e

délestage sono sempre fatti al solo scopo di bagnare il cappello, mai di romperlo, quindi si con-

siglia una distanza minima tra il tubo e le bucce. È consigliabile non pescare il mosto dalla val-

vola, ma dai “plongeur”. In questo modo anche senza un cappello ben formato è possibile estrar-

re il mosto-vino, essendo più sicuri di non aspirare parti solide.

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Page 175: Pinot nero

176 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

La fermentazione

La temperatura

La temperatura di fermentazione per la produzione di vini bianchi e specialmente per le basi spu-

mante non deve essere troppo elevata. Temperature di circa 15-20°C sono indicate per non “bru-

ciare” gli aromi provenienti dall’uva (aromi primari) e per esaltare i profumi secondari dati dai

lieviti in fermentazione. Gli esteri, molecole aromatiche caratteristiche dei vini a base Pinot, sono

prodotti dai lieviti in condizioni di stress, quali, ad esempio, le basse temperature. Importante un

controllo dell’APA, azoto prontamente assimilabile; valori di circa 200 mg/l evitano problemi di

arresti di fermentazione e odori anomali dovuti alle difficoltà fermentative. L’integrazione con sali

ammoniacali è consigliata specialmente su mosti molto chiarificati. Si ricorda, comunque, che

solitamente il Pinot nero non ha problemi di carenza di azoto.

È necessario porre particolare attenzione anche all’operazione di preparazione dell’inoculo dei

lieviti, “pied de cuve”, curando attentamente le fasi di reidratazione e di adattamento al mosto,

operazione utile per attivare i lieviti secchi e avviare subito la fermentazione per evitare problemi

di ossidazione del mosto ed eventuali inizi di fermentazione da parte di lieviti non desiderati.

Nel caso di una vinificazione in rosso, le temperature di macerazione devono essere decisamente

maggiori, per aumentare l’estrazione dalle parti solide della bacca. Tipicamente in Borgogna si

parte con una macerazione a freddo di qualche giorno che può iniziare da una temperatura com-

presa tra 4 e 10°C. Il regime termico cresce durante la fermentazione con picchi che possono arri-

vare a 32-35°C. Al termine della

macerazione che dura normalmen-

te 2-3 settimane, ma può prolun-

garsi fino a 40 giorni, spesso viene

fatta un’estrazione post-fermenta-

tiva a caldo. Il riscaldamento può

avvenire direttamente sulla massa

totale, oppure, preferibilmente,

tramite un “lessivage”, tecnica

sicuramente più rispettosa delle

fragili bucce di questo vitigno in

quanto consiste nel riscaldare il

vino separatamente dalla fase soli-

da, per poi rimontare il liquido

sopra il cappello. La temperatura

deve essere portata a 35°C per dare corpo, per estrarre il “grasso”; oppure a 40°C se si ricercano

la struttura ed i tannini.

Soprattutto a seguito di una macerazione post-fermentativa a caldo, ma in generale quando la tem-

peratura del vino supera i 25°C è necessario prestare molta attenzione alla pressatura delle vinac-

Il “lessivage” è una tecnica di macerazione post-fer mentativa acaldo più rispettosa delle vinacce.

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Page 176: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 177

ce, perché si può avere una perdita di alcool. È quindi consigliabile aspettare che la temperatura

scenda sotto tale soglia.

La temperatura gioca un ruolo importante anche sulla microbiologia, soprattutto se si sceglie di

utilizzare una fermentazione spontanea. I lieviti apiculati vengono inibiti dalla presenza di alcool,

ma ne è stata segnalata la presenza anche a fine fermentazione.

Un inizio di fermentazione a bassa temperatura, quando la gradazione alcolica è molto bassa e,

quindi, il vino è più soggetto a rischi di proliferazione di lieviti indesiderati, aiuta quindi a limi-

tare l’influenza degli stessi, permettendo tecniche di fermentazioni più complesse, come l’utiliz-

zo di lieviti indigeni.

Le vasche di fermentazione

La temperatura gioca un ruolo chiave nella produzione dei vini. La scelta dei materiali di costru-

zione dei vasi vinari per una sua corretta gestione risulta quindi essere indispensabile in ogni tec-

nica di vinificazione.

Nella vinificazione in bianco il materiale più idoneo risulta essere l’acciaio inox, poiché favori-

sce un elevato scambio termico, permettendo la dispersione del calore e facilitando il raffredda-

mento del mosto/vino tramite tasche di raffreddamento. Questo consente di mantenere la tempe-

ratura di fermentazione ai livelli desiderati.

La vinificazione in rosso per una produzione di Pinot nero di particolare pregio dovrebbe invece

essere effettuata in vasche aperte; innanzi tutto queste permettono di fare le follature, spesso uti-

lizzate per la vinificazione del Pinot nero, in secondo luogo permettono una maggiore aerazione

e questo può essere favorevole sia al buon svolgimento delle fermentazioni, sia alla polimerizza-

zione dei tannini che, come già spiegato, sono particolarmente difficili da gestire in questa varie-

tà. Inoltre l’aerazione sfavorisce

l’avvento di sgradevoli odori di

riduzione.

La scelta del materiale di costru-

zione della vasca è importante

soprattutto per le differenti pro-

prietà di scambio termico. Le

temperature, infatti, giocano un

ruolo chiave nella vinificazione,

sia dal punto di vista microbiolo-

gico (fermentazione e formazio-

ne di aromi), sia nell’estrazione

e conseguente polimerizzazione

dei fenoli.

Come già accennato, in Borgo-La scelta della vasca di fer mentazione è importante sia per lagestione della temperatura, sia per la tecnica di macerazione.

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178 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

gna, tipicamente, si parte con una macerazione a freddo; il raffreddamento iniziale, nel caso non

si disponesse di vasche termocondizionate, potrebbe essere fatto tramite l’aggiunta di ghiaccio

secco, in grado, oltre che di abbassare la temperatura, di liberare anidride carbonica, eliminando

l’ossigeno presente prima dell’inizio della fermentazione alcolica e proteggendo il mosto dai

microrganismi aerobi dannosi (es. Batteri acetici) e dalle reazioni di ossidazione di aromi e anto-

ciani. Inoltre la scelta di questa strategia piuttosto che l’utilizzo di uno scambiatore a piastre è

sicuramente molto rispettosa dell’uva e permette tutti i tipi di vinificazione, anche di uva intera.

Assolutamente sconsigliato, in questa fase, è l’utilizzo di scambiatori a fasci tubieri, perché dan-

neggiano l’uva.

Per quanto riguarda la scelta del materiale, ovviamente, con delle vasche in acciaio inox la tem-

peratura è facilmente gestibile e controllabile. Per contro, l’elevata conducibilità termica non per-

mette di utilizzare al meglio il calore sviluppato durante la fermentazione, che viene perso facil-

mente. Quindi, nel caso in cui per la scelta di una particolare tecnica di vinificazione non si desi-

dera sfruttare questo calore fermentativo (ad esempio fermentazioni a freddo delle basi spuman-

te), l’acciaio è l’ideale, permettendo una facile gestione delle temperature. Ma se si desidera un

andamento termico come quello esposto in precedenza, il legno, o forse ancor di più il cemento,

possono permettere un risparmio energetico non indifferente, poiché, una volta introdotta l’uva a

basse temperature, l’andamento termico segue naturalmente quello ottimale per la macerazione,

salvo un’eventuale riscaldamento esogeno finale post-fermentativo. Per contro, l’acciaio permet-

te di modificare più rapidamente le temperature: ad esempio, dopo un paio di giorni di criomace-

razione il mosto può essere riscaldato rapidamente. La stessa operazione fatta in legno o cemen-

to favorisce blocchi di fermentazione per eccessi termici, poiché la fermentazione partirebbe da

una temperatura già elevata e la scarsa conducibilità dei materiali non permetterebbe una buona

dissipazione del calore fermentativo che provocherebbe un eccessivo incremento termico.

Sarebbe necessario a questo punto raffreddare la massa con un ulteriore spreco energetico.

Anche la forma delle vasche è importante. Ovviamente sono da prediligere vasche con un eleva-

to rapporto superficie/altezza, in grado di ottimizzare la diffusione dei composti dalla fase solida

a quella liquida in macerazione. La forma troncoconica può essere vantaggiosa “strizzando” il

cappello mentre questo si alza spinto dalla CO2 prodotta dalla fermentazione, contemporanea-

mente, però, potrebbe compattarlo eccessivamente.

I lieviti

Dal punto di vista microbiologico si è sempre più diffuso l’utilizzo di lieviti selezioni liofilizzati

per la fermentazione, data la loro praticità e facilità di impiego con ottimi risultati riguardo la

limitazione dell’insorgenza di odori sgradevoli legati all’attività di microrganismi indesiderati

soprattutto nelle prime fasi di vinificazione. Questi infatti permettono quasi sempre di avere una

fermentazione lineare, diminuendo anche i rischi di blocchi fermentativi.

D’altro canto i lieviti sono i principali responsabili della trasformazione dell’uva in vino, modifi-

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 179

candone sostanzialmente le caratteristiche, lasciando così una forte impronta della loro attività sul

prodotto finito.

L’utilizzo di lieviti commerciali può quindi facilitare molto il lavoro in cantina, ma contempora-

neamente può portare ad una maggiore standardizzazione del prodotto finito.

È difficilmente pensabile che le grandi cantine possano fare a meno di questo prodotto enologi-

co, ma per i medio-piccoli produttori l’utilizzo di lieviti autoctoni può essere d’aiuto per differen-

ziare il prodotto, apportando una firma locale, valorizzando il proprio vino con un’immagine di

tradizionalità favorita dalle attuali tendenze di mercato e, forse, risparmiando anche un po’ di

denaro, visti i costi elevati dei microrganismi.

Utilizzare lieviti autoctoni non deve essere sinonimo di fermentazione casuale, in cui l’uva viene

abbandonata a se stessa, perché se il consumatore da un lato cerca la tradizione, dall’altro è sem-

pre più esigente sulla qualità del prodotto e non accetta difetti nel vino di qualità.

Le strade che si possono seguire sono diverse, qui se ne propongono due:

• selezione di lieviti indigeni

Questa via è forse la meno rischiosa e può essere utile come primo approccio all’utilizzo di lie-

viti autoctoni. Deve comunque essere realizzata con l’assistenza di un enologo capace di valu-

tare il livello qualitativo dei lieviti selezionati.

Si tratta sempre di inoculare lieviti nella massa da fermentare, ma, invece di acquistare quelli

disponibili commercialmente, provare a selezionarli nei vigneti aziendali.

Selezionare lieviti è molto semplice: essi sono diffusi nell’ambiente quindi sarà sufficiente

prendere alcuni grappoli di uva e lasciarli a fermentare spontaneamente in un luogo lontano da

fonti di contaminazione esterne (tenerli in cantina faciliterà la contaminazione da parte dei lie-

viti utilizzati per le altre vinificazioni).

Se il fermentato avrà odori sgradevoli, non bisognerà allarmarsi troppo: all’inizio della fermen-

tazione lavoreranno diversi microrganismi la maggior parte dei quali non tollera gradazioni

alcoliche elevate, quindi, alla fine, rimarrà quasi esclusivamente Saccharomyces cerevisiae.

In ogni caso l’enologo potrà valutare la qualità dei ceppi isolati tramite alcuni semplici test.

• fermentazione senza inoculo

Questa tecnica è forse un po’ più rischiosa, ma permette di ottenere come risultato non solo un

forte legame con il territorio come la precedente, ma anche una complessità aromatica sicura-

mente maggiore.

La si consiglia soprattutto nelle vinificazioni con uva intera, dove la fase liquida è sicuramen-

te presente in quantità molto limitata a inizio fermentazione e quindi un inoculo sarebbe ancor

più difficile e di poca utilità che altrove. Infatti i lieviti non potrebbero diffondersi omogenea-

mente nella massa e qualunque tentativo volto a questo scopo causerebbe in un danneggiamen-

to della tecnica di vinificazione e dei grappoli.

Probabilmente la resa della fermentazione sarà inferiore, quindi, a parità di concentrazione

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zuccherina si otterranno vini meno alcolici, ma il Pinot nero cerca l’eleganza e troppa potenza

può portare ad uno squilibrio finale.

Si sottolinea che la fermentazione spontanea non deve essere associata al concetto di casuali-

tà o all’idea di abbandonare il vino a se stesso, anzi, in questo caso è richiesta una maggior

cura ed attenzione in fase fermentativa, al fine di limitare il più possibile i rischi.

Un’ottima idea è quella di associare a questa tecnica l’utilizzo di ghiaccio secco, non tanto per

la sua attività refrigerante, quanto per la proprietà di liberare CO2 creando un ambiente ridu-

cente, salvaguardando dall’ossidazione e, allontanando l’ossigeno, proteggendo l’uva dai

microrganismi aerobi, primi tra tutti i batteri acetici. Anche in questo caso si consiglia di fare

prove su quantità limitate della produzione e di prevedere l’assistenza tecnica di un enologo.

In entrambi i casi è indispensabile seguire attentamente lo svolgimento della fermentazione,

anche con un semplice densimetro, per cogliere tempestivamente ogni eventuale problema e

risolverlo per tempo. Infatti accorgersi prontamente di un rallentamento di fermentazione può

permettere di prevenire un blocco. Talvolta è sufficiente aerare o riscaldare leggermente la

massa per risolvere il problema.

In caso di arresto della fermentazione, invece, il consiglio è di inoculare il prima possibile con

un “pied de cuve” ben preparato, dei lieviti commerciali, che sono, in questo caso, da consi-

derarsi come una correzione e non come una consuetudine. In queste condizioni i lieviti com-

merciali non faranno fatica a riprendere la fermentazione, poiché competitivi e resistenti.

Fermentazione ed aromi

Nei vini prodotti con uve Pinot nero, tra le componenti aromatiche più importanti troviamo gli

esteri che sono originati dall’unione di una molecola acida ed una alcolica. Gli antralinati, in parte

responsabili delle note odorose di frutti rossi (cassis, amarena, ciliegia) dei vini ottenuti da que-

sto vitigno, sono anche responsabili dell’odore “foxy” delle uve e dei vini da Vitis labrusca. Sono

tra i pochi esteri odorosi già riscontrabili nelle uve.

I lieviti, durante la fermentazione, possono formare principalmente due gruppi di esteri profuma-

ti; gli esteri etilici degli acidi grassi (odori di cera e miele) e gli esteri acetici degli alcoli superio-

ri (banana, caramella inglese, mela).

Durante l’invecchiamento può verificarsi una ricombinazione degli esteri, così come una loro

nuova sintesi chimica.

Gli esteri generalmente sono responsabili di aromi piacevolmente fruttati (ad eccezione dell’ace-

tato di etile dal pungente odore di aceto), quindi sono da ricercare soprattutto nei vini più giova-

ni in cui un buon aroma fruttato può andare a compensare la carenza di complessità.

La formazione di esteri fermentativi è favorita da una fermentazione lenta e difficile, dall’assen-

za di ossigeno, dalle basse temperature, dalla chiarifica del mosto, dalla carenza di azoto. Di con-

seguenza, per un vino fresco e giovane, ad esempio, la criomacerazione può favorire da un lato

l’estrazione preferenziale di antociani limitando il contenuto tannico del vino, dall’altro le basse

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 181

temperature possono favorire il metabolismo dei lieviti che porta alla formazione di esteri profu-

mati.

Con l’affinamento, i vini rossi dovranno trovare un equilibrio aromatico con i composti volatili

ceduti dal legno, mentre gli spumanti renderanno i loro profumi più complessi grazie, soprattut-

to, all’affinamento sui lieviti della seconda fermentazione.

La vinificazione in rosso: la macerazione

Il Pinot nero richiede molte cure in vinificazione, poiché in caso contrario è facile ottenere vini

squilibrati o addirittura difettosi, soprattutto per problemi legati ai tannini “difficili” da gestire.

D’altro canto si cercano vini eleganti, ma longevi e con una buona struttura. Il dislocamento della

maggior parte dei tannini nei vinaccioli richiede, se si cerca struttura, macerazioni medio-lunghe

(dai 10 ai 35 giorni) perché i tannini dei semi sono gli ultimi ad essere estratti. Questo è dovuto

al fatto che il vinacciolo è protetto da uno strato ceroso che lo rende impermeabile, quindi solo

dopo l’inizio della fermentazione, in presenza di alcool, può iniziare l’estrazione. Per contro, se

si desidera produrre un vino giovane, la macerazione deve essere accorciata per non estrarre i tan-

nini problematici e difficili da gestire dei vinaccioli.

I tannini e l’etanale

L’operazione di separazione della fase liquida in pre-fermentazione, già precedentemente intro-

dotta, può anche essere sfruttata come punto di partenza per specifiche tecniche di vinificazione.

Vale la pena citarne una che si basa su un principio specifico: generalmente si ritiene che la poli-

merizzazione delle proantocianidine porti alla formazione di tannini più “morbidi”. In realtà non

tutti i tipi di polimerizzazione hanno gli stessi risultati a causa della struttura molecolare dei fla-

vanoli (le subunità che compongono i tannini). I tannini, quindi, possono avere la struttura di

molecole piuttosto piatte in grado di formare molte interazioni con le proteine (tra cui quelle sali-

vari) perché “espongono bene” ogni loro parte. Se, però, i polimeri sono più “raggomitolati”, si

dovrebbero creare più interazioni intramolecolari e meno con la saliva, ottenendo una minore

astringenza. I polimeri “raggomitolati” si possono formare grazie alla presenza di etanale (o ace-

taldeide). Questa molecola è ben conosciuta nelle vinificazioni in bianco per le caratteristiche

olfattive legate ad un odore di mela e al difetto dello svanito, ma ha anche un ruolo centrale nelle

reazioni che avvengono durante la microssigenazione nei vini rossi.

L’etanale si forma essenzialmente per due vie: l’ossidazione dell’alcool etilico (quella sfruttata

nella microssigenazione), o la fermentazione glicero-piruvica delle prime fasi di attività dei lievi-

ti (quella responsabile dell’odore di mela verde di alcuni mosti bianchi in fermentazione). Si può

utilizzare la seconda via di produzione di etanale per ottenere vini rossi più morbidi al pari di

quelli sottoposti ad affinamento in legno o a microssigenazione.

Per stimolare la fermentazione glicero-piruvica, il lievito deve lavorare in condizioni “difficili”,

quindi, ad esempio, su mosti molto illimpiditi ed a basse temperature. Bisogna comunque tener

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presente che i polimeri fenolici ottenuti tramite “ponte etanale”, se da un lato diminuiscono l’a-

stringenza, dall’altro possono accentuare l’amaro, mentre se nel legame interagisce anche una

molecola antocianica, il gusto risulta neutro. La polimerizzazione degli antociani tramite questa

via favorisce, oltre alla stabilizzazione del colore, anche fenomeni di copigmentazione con incre-

mento dell’intensità colorante e tonalità più bluastre.

Si può quindi separare una parte del mosto, illimpidirla e fermentarla a basse temperature in una

piccola vasca d’acciaio per formare l’etanale. Successivamente, riunendo le masse fermentate, la

polimerizzazione dei tannini e degli antociani avverrà nelle forme più “raggomitolate”.

Questa tecnica di vinificazione può facilmente sovrapporsi ad una macerazione differita.

La macerazione differita e la criomacerazione

La macerazione differita è una tecnica studiata per massimizzare il colore dei vini. Si basa sul

principio che gli antociani vengono estratti rapidamente in una normale vinificazione, mentre per

una buona estrazione di tannini è necessaria la presenza di alcool. I polifenoli sono molecole

antiossidanti, cioè “preservano” le altre molecole da degradazioni ossidative ossidandosi “al loro

posto” (queste reazioni vengono ovviamente accelerate dalla presenza di specifici enzimi come le

polifenolossidasi e le perossidasi). L’ossidazione polifenolica (che nel caso delle molecole anto-

cianiche provoca perdita di colore) come già detto è favorita nelle prime fasi di vinificazione per

la maggior presenza di ossigeno. La macerazione differita propone di limitare l’estrazione nelle

prime fasi di fermentazione (effettuare al massimo un breve rimontaggio al giorno) fino a quan-

do non si raggiunge un contenuto alcolico minimo in grado di estrarre anche i tannini i quali

hanno una doppia funzione di protezione per il colore: possono sostituire gli antociani nelle rea-

zioni ossidative e possono stabilizzare le molecole colorate tramite reazioni di polimerizzazione.

Dopo questa prima fase di estrazione limitata, le tecniche di macerazione devono essere riprese

regolarmente.

Se si considera il profilo antocianico del Pinot nero, quindi i rapporti tra le diverse molecole colo-

rate, questa tecnica sembra ancora più “azzeccata”: gli antociani acilati (non presenti in questa

varietà) sono più stabili e si estraggono lentamente dalle bucce. I pigmenti del Pinot, i glucosidi

liberi, oltre ad essere meno stabili, vengono estratti molto facilmente all’inizio della macerazio-

ne, esponendosi a facili degradazioni tramite ossidazione.

In contrapposizione alla macerazione differita si ha la criomacerazione. Infatti, in questo caso, si

opera un raffreddamento delle uve nelle prime fasi di macerazione allo scopo di scindere l’estra-

zione degli antociani da quella dei tannini. Infatti le basse temperature rallentano o bloccano la

fermentazione, quindi anche la formazione di alcol e l’estrazione dei tannini, perché, come già

detto in precedenza, gli antociani vengono estratti molto più facilmente dei tannini a causa della

loro localizzazione. Operativamente, si utilizza il raffreddamento delle masse con ghiaccio secco

oppure vasche a temperatura controllata.

Si sconsiglia l’utilizzo di scambiatori a fasci tubieri perché non rispettosi della fase solida (bucce

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ed eventualmente raspi) tipicamente presente nella vinificazione in rosso. Questa tecnica può

essere molto valida per il Pinot nero perché, nonostante la minore stabilità iniziale del colore, per-

mette di estrarre più antociani rispetto ai tannini. La si consiglia soprattutto nelle situazioni in cui

la maturazione fenolica (dei vinaccioli in particolare) non è ottimale per evitare di estrarre troppi

tannini “verdi”, oppure quando l’obiettivo enologico è quello di ottenere un vino non eccessiva-

mente tannico, con minore astringenza, ma anche minore struttura, che non pretenda lunghissimi

affinamenti in legno e spesso non in grado di sopportare l’utilizzo di elevate percentuali di botti

nuove.

Per ottenere vini giovani e fruttati, senza affinamento in legno, si può associare la criomacerazio-

ne ad un’estrazione molto blanda effettuando un solo rimontaggio al giorno (nessuna follatura).

Vinificazione con uve intere

Questa tecnica richiede cure particolarmente attente e

complesse ed è assolutamente sconsigliata nel caso in

cui l’uva di partenza non sia nelle condizioni ottima-

li sia dal punto di vista sanitario, sia per la maturazio-

ne, o nel caso in cui non si abbia la possibilità di

seguire con attenzione tutte le fasi della vinificazione.

È innanzitutto indispensabile una cernita molto accu-

rata delle uve a livello di acini. Si sottolinea che l’u-

tilizzo di uve intere non dovrebbe portare alla forma-

zione di molto mosto liquido nelle prime fasi, quindi

l’eventuale aggiunta di solforosa non potrebbe “dif-

fondersi” omogeneamente nella massa. Comunque,

nel caso le uve siano sane e mature, ottimi risultati si

possono ottenere senza l’utilizzo di SO2 con tutte le

conseguenze positive sul piano salutistico e di marke-

ting (ovviamente dosi molto limitate devono essere

apportate alla fine della fermentazione malolattica per

evitare un incremento della acidità volatile).

La cernita delle uve ha un ruolo centrale perché la

muffa grigia (Botrite), soprattutto nelle prime fasi, potrebbe diffondersi in queste condizioni.

Particolare attenzione è anche necessaria nei confronti dei raspi. Infatti questi oltre ad essere “sani

e maturi” devono essere trattati con estrema delicatezza, per limitare l’estrazione dei tannini par-

ticolarmente difficili e per evitare di ottenere vini dalle note olfattive eccessivamente erbacee, per

la presenza di alcoli a 6 atomi di carbonio (esanolo ed esenoli) che si formano al momento della

disorganizzazione dei tessuti vegetali a partire dagli acidi grassi delle membrane.

Nel caso si opti per una fermentazione spontanea, per proteggere le uve da microrganismi indesi-

La follatura manuale con “pigeu” per metteun contatto diretto con le vinacce.

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derati, è necessario l’utilizzo di una buona dose di ghiaccio secco che, oltre a raffreddare la massa,

libera anidride carbonica la quale, andando a sostituirsi all’aria (perché più pesante), rende l’am-

biente sfavorevole alla crescita di batteri acetici (aerobi). In queste condizioni l’uva deve essere

lasciata per alcuni giorni in macerazione carbonica per favorire la formazione di esteri dall’aro-

ma particolarmente fruttato. In genere si lasciano passare 3-5 giorni, ma la scelta delle tempisti-

che deve essere fatta caso per caso. Comunque gli acini pronti per la pigiatura devono avere già

un buon sentore alcolico ed un aspetto particolare: si deve notare già una parziale decompartimen-

tazione cellulare con variazione del colore delle bucce.

La gestione della macerazione

Come già accennato, il Pinot nero è un vitigno “difficile” dal punto di vista fenolico, quindi neces-

sita di molte cure in macerazione. Questa deve essere valutata caso per caso in base alle caratte-

ristiche riscontrate nel mosto in fermentazione e agli obiettivi enologici. Si possono comunque

seguire alcuni principi per la valutazione delle lavorazioni più idonee; in generale effettuare:

• almeno un rimontaggio tutti i giorni ad eccezione dei vini ottenuti da uve intere;

• ad inizio fermentazione fare più follature al giorno (considerando che se il cappello diventa

troppo compatto le follature manuali diventano molto difficili da praticare e anche la follatura

meccanica sarà meno delicata), tenendo conto però del fatto che la follatura estrae molto più

che il rimontaggio;

• appena iniziano a sentirsi i tannini diminuire il numero di follature per non estrarne eccessiva-

mente (attenzione: la sensazione tannica in vinificazione viene attenuata dagli zuccheri resi-

dui, quindi ogni sensazione astringente verrà accentuata a fine fermentazione);

• se si sente un principio di odore dell’acido acetico sulle vinacce: fare un rimontaggio al più

presto per portare un po’ di alcool sul cappello e inibire eventuali batteri;

• appena si inizia a percepire il gusto amaro non fare nulla.

• in caso di tendenza alla riduzione:

– se ad uno stadio iniziale o comunque poco percettibile: fare un rimontaggio arieggiando;

– se la riduzione è più accentuata: togliere una parte di mosto e metterla in un’altra vasca

e ossigenare in modo massiccio fino a scomparsa del difetto. Poi rimontare come per un

delestage. Eventualmente ripetere l’operazione più volte (se la cantina non possiede un

microssigenatore si può far scrosciare il vino in un mastello arieggiando ma prestando

attenzione alla fase solida);

– se si è in post svinatura: il microssigenatore può essere messo direttamente nella vasca

ponendo attenzione al rischio di eccessive ossidazioni;

• rimontaggi e délestage sono sempre fatti al solo scopo di bagnare il cappello, mai di romper-

lo, quindi utilizzare una distanza minima tra il tubo e le bucce. Se il mosto non viene preso

dalla valvola, ma dai plangeur, anche senza un cappello ben formato è possibile estrarre il

mosto-vino;

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• l’utilizzo del microssigenatore è molto utile anche per formare etanale per polimerizzare i tan-

nini in fase post-fermentativa e di affinamento;

• per ottenere un vino giovane non destinato ad invecchiamento in fusti di legno, regolare i rulli

della pigiadiraspatrice in modo che gli acini non vengano schiacciati eccessivamente e vinifi-

care semplicemente con un rimontaggio al giorno;

• le bucce “esaurite” cambiano colore in modo molto evidente nel Pinot nero assumendo tonali-

tà che tendono al marrone. In generale si consiglia di prolungare la macerazione fino a questo

viraggio, anche attuando un’estrazione post-fermentativa;

• eventualmente si può “esasperare” l’estrazione con una macerazione post-fermentativa a caldo

(finita la fermentazione la temperatura scende diminuendo l’estrazione) con un lessivage che

consiste nel separare il vino dalle bucce scaldandolo a 35°C (per dare corpo “grasso”) o a 40°C

(per estrarre tannini e struttura), a fine fermentazione, quindi rimontare il vino caldo sul cap-

pello.

Affinamento ed utilizzo del legno

Fino agli anni ’60 le barriques non sono state considerate come un prodotto enologico, ma sem-

plicemente come dei contenitori. Le barriques venivano infatti riutilizzate per 30-40 anni. “È a

partire dagli anni ’70 che i fûts vengono richiesti fuori dalla Borgogna”, dichiara Arnaud Orsel

(Tonnellerie François Freres).

Le differenze tra i pièces (tipici della Borgogna) e le barriques (diffuse a Bordeaux) sono molte,

a partire dalla forma (più rotonda la prima e più allungata al seconda), o dallo spessore delle

doghe (tipicamente 27 mm nei pièces e 22 mm nelle barriques), fino ad arrivare ai caratteristici

cerchi di castagno che rendono facilmente riconoscibili le botti borgognone. Comunque la diffe-

renza più importante sta nella capacità: 228 litri dei pièces contro i 225 litri delle barriques. Infatti

questa denota una tecnica produttiva storicamente diversa: la capacità maggiore dei pièces è lega-

ta al tradizionale affinamento sulle fecce per la produzione di Pinot noir e Chardonnay diffuso in

Borgogna.

Finita la macerazione il vino fiore, spesso aggiunto del torchiato da pressatura soffice (0,4-0,8

bar), viene lasciato decantare per 1-3 giorni e successivamente vengono riempite le botticelle, pre-

feribilmente col vino ancora caldo.

In Francia ci sono due differenti nomi per indicare le fecce: quelle grossolane di

illimpidimento/chiarifica (Bourbes) e quelle di fermentazione (Lies). Mentre le prime, solitamen-

te ottenute nelle vinificazioni in bianco dall’illimpidimento del mosto, vengono eliminate, le

seconde sono composte principalmente dai lieviti che hanno svolto la fermentazione alcolica e

possono essere efficacemente utilizzate. Lasciandole a contatto col vino le cellule morte dei lie-

viti subiscono un processo di autolisi rilasciando nel mezzo i componenti cellulari.

Particolarmente interessanti per l’affinamento dei vini sono le mannoproteine, polisaccaridi costi-

tuenti le pareti cellulari di questi microrganismi. Queste molecole hanno un importante effetto sta-

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bilizzante sul vino, sia dal punto di vista tartarico, impedendo la formazione di precipitati salini

nella soluzione sovrasatura di tartrato, sia dal punto di vista proteico. Infine hanno anche un effet-

to di stabilizzazione del colore. È come se queste grandi molecole polimeriche limitassero il con-

tatto tra gli altri composti diminuendo la loro reattività.

L’affinamento sulle fecce inoltre apporta ai vini una maggiore complessità, equilibrio e sapidità,

con un impatto gustativo caratteristico. Per contro, un utilizzo sbagliato delle fecce, così come del

legno, può danneggiare enormemente i vini, causando importanti difetti olfattivi.

I lieviti fermentanti, ma anche le loro fecce, operano la degradazione della vanillina del legno,

favorendo quindi anche un maggior equilibrio olfattivo, senza quelle note eccessivamente vani-

gliate e legnose che talvolta si riscontrano in vini affinati in modo scorretto.

Le macromolecole provenienti dall’uva, ma ancor più quelle derivanti dall’autolisi dei lieviti,

hanno anche un’influenza positiva sulla crescita dei batteri lattici, accorciando la fase di latenza

ed aumentando la biomassa prodotta principalmente grazie a due effetti: la detossificazione del-

l’ambiente e l’arricchimento del mezzo in sostanze nutritive. Per il Pinot nero è consigliabile svol-

gere la fermentazione malolattica in legno. Tipicamente in Borgogna essa avviene in primavera,

anche se non mancano i casi in cui si verifica subito dopo, o addirittura contemporaneamente, alla

fermentazione alcolica. Nella zona di Bordeaux invece, la malolattica avviene spesso in acciaio.

Comunque si consiglia di non svolgere la fermentazione malolattica in presenza di residui zuc-

cherini, poiché i batteri lattici si nutrirebbero di questi portando alla formazione di acido acetico

e altre molecole dall’odore sgradevole.

È importante mantenere le botti sempre piene per evitare ossidazioni eccessive: la microssigena-

zione che avviene attraverso la porosità del legno è sufficiente. Durante tutto l’affinamento si con-

siglia una colmatura alla settimana, con tempi più ravvicinati nel primo periodo. Le colmature

possono anche essere fatte con fecce se queste sono in buone condizioni.

Soprattutto nelle prime fasi di affinamento (indicativamente fino a che non si è svolta la malolat-

tica) si consiglia un bâtonnage (risospensione delle fecce nel vino) a settimana. I bâtonnage, indi-

spensabili nell’affinamento su fecce di vini bianchi, hanno meno importanza nel Pinot nero, ma

permettono di mantenere “pulite” le fecce, evitando un ambiente eccessivamente riduttivo che si

può verificare quando le fecce si compattano nel fondo delle botti. Questo favorirebbe l’insorgen-

za di difetti olfattivi legati a molecole solforate anche a causa di una possibile attività residua degli

enzimi solfitoreduttasi derivanti dai lieviti. È infatti per quest’ultima motivazione che si consiglia-

no i bâtonnage soprattutto nelle prime fasi, quando la lisi dei lieviti può liberare enzimi non anco-

ra denaturati.

Mantenendo le botti colme e le fecce in sospensione si potrebbero evitare travasi, lasciando così

il vino a contatto coi lieviti per un periodo più lungo. È indispensabile comunque mantenere

costantemente sotto controllo le botti e travasarle appena si sente qualche difetto olfattivo.

L’affinamento dei vini è importante non solo per le fecce ma anche per gli scambi che avvengo-

no tra vino e legno; questi possono avere un forte impatto sia aromatico che gustativo. I tannini

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presenti nel legno sono diversi da quelli dell’uva e vengono comunemente chiamati “idrolizzabi-

li”. Essi includono i gallotannini (presenti nei tannini di galla) e gli ellagiotannini (caratteristici

della quercia e del castagno) e non polimerizzano coi tannini delle uve o con i pigmenti antocia-

nici, ma si comportano da regolatori di ossidazione favorendo la polimerizzazione dei polifenoli

delle uve.

L’essenza del legno delle botti, o comunque l’origine dei tannini, porta a differenze gustative: il

castagno e le galle si caratterizzano per una maggior presenza di molecole a carattere amaro men-

tre i tannini estratti dalla quercia portano generalmente ad una maggiore percezione dell’astrin-

genza.

È interessante segnalare che alcuni composti fenolici presenti nel rovere hanno la proprietà di che-

lare alcuni cationi metallici quali il rame che tende a precipitare, diminuendo così il tenore di que-

sto metallo nel vino.

Scelta del legno

La prima decisione da prendere riguarda i rapporti tra botti nuove e botti usate e, in questo caso,

valutare anche il loro stato e la loro “età”.

Non sempre un vino è in grado di sopportare l’apporto di elevati quantitativi di derivati dal legno,

che possono sovrastarne il “gusto” danneggiandolo irreparabilmente, anziché migliorarlo. La

moda inoltre si sta modificando e, conseguentemente, vini con sentori eccessivi di legno non

risultano gradevoli al consumatore.

Ne consegue che solo per vini con grande struttura e destinati a lunghi invecchiamenti, si consi-

glia di utilizzare un’alta percentuale di botti nuove, mentre negli altri casi è più opportuno usare

un buon numero di botti usate, anche di diversi passaggi, per non intaccare l’eleganza e l’armo-

nia del prodotto.

Per quanto riguarda la scelta del tipo legno, sono tre i principali parametri da valutare: stagiona-

tura, tostatura e provenienza.

La stagionatura di norma avviene in cataste all’aperto. L’aria, la pioggia, l’irraggiamento e i

microrganismi che si sviluppano sul legno producono delle importanti modificazioni nella strut-

tura e nella composizione del legno. Sulla superficie del legno, fino a 3-4 mm di profondità, oltre

che nei pori e nelle spaccature, si sviluppano muffe, batteri e lieviti che possono utilizzare molti

composti del legno quali zuccheri, emicellulose, tannini e degradarne parzialmente altri, modifi-

candoli. Comunque tutti questi organismi non riescono ad alterare la lignina.

La stagionatura, quindi, comporta una modificazione profonda nel comportamento del legno a

contatto con il vino nella dinamica e nelle caratteristiche dell’estrazione.

Generalmente può variare da 24 mesi a tre anni. In generale, se si desidera utilizzare molto legno

nuovo è preferibile scegliere una stagionatura lunga (3 anni) per evitare un eccessivo apporto di

tannini del legno. Una stagionatura breve (24 mesi) può essere utilizzata quando il legno nuovo

non supera il 20-25 % del totale. Infatti, in questo caso, il legno non si è ancora “pulito” di gran

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parte dei tannini, che risultano fortemente presenti, ma che comunque possono contribuire ad

incrementare la struttura del vino.

Dal legno stagionato si ottengono le doghe per spacco, rispettando meglio la struttura delle fibre

del legno, o per taglio, con una parziale recisione dei vasi e delle fibre, con conseguente minor

tenuta alle infiltrazioni del vino e con variazione delle cessioni.

Successivamente le doghe vengono sottoposte a piegatura a caldo, poiché la lignina è facilmente

termodeformabile.

Alla curvatura segue la tostatura, caratteristica di ogni tonnellerie in funzione delle richieste.

L’esposizione al fuoco a diverse temperature può andare da pochi minuti (tostatura leggera) fino

a 15-20 minuti (tostatura forte).

Tostature diverse modificano più o meno profondamente la composizione chimica e la struttura

degli strati superficiali del legno. In generale tostature medie e leggere portano alla formazione di

diversi composti aromatici, mentre nelle tostature forti, oltre un certo limite termico, la degrada-

zione supera la sintesi di sostanze aromatiche. Le reazioni degli zuccheri della cellulosa con alcu-

ni amminoacidi portano ad aromi speziati e di caramello. La lignina porta ad alcuni fenoli vola-

tili. Infine nel legno riscaldato si formano alcune aldeidi quali la vanillina che, con riscaldamen-

ti eccessivi, possono ossidarsi ad acidi.

La tostatura più consigliata per il Pinot nero è quella media, anche se deve essere valutata anno

per anno in relazione al prodotto. Una tostatura leggermente superiore può dare un maggiore con-

tributo aromatico nelle note di “forno” e “nocciola”. La tostatura leggera, al contrario, limita le

interferenze aromatiche legate al legno mantenendo i profumi su note più fruttate. A tal fine la si

può consigliare, ma in percentuale limitata, poiché è da associare al rischio di ottenere vini con

una forte componente di tannini secchi. Da evitare tostature eccessive che sovrastano i profumi e

la complessità del Pinot nero con note eccessivamente vanigliate.

Si ricorda anche che per capienze maggiori di 500 l la piegatura non avviene con fuoco diretto e

per questo gli aromi derivati da botti grandi sono molto diversi da quelli dei piccoli fusti.

Infine anche la provenienza del rovere apporta delle differenze tra le botti. Talvolta alla prove-

nienza è correlata una differente specie di quercia; le specie europee sono quelle più utilizzate ed

appartengono essenzialmente a due gruppi: il rovere (Quercus petraea e Q. sessilis) e la farnia (Q.

robur e Q. peduncolata). Esiste poi una specie americana: la Q. alba.

Nel caso della quercia americana la differenza botanica è molto forte, mentre per i roveri europei

prevalgono le caratteristiche derivanti dalle zone di provenienza. Interessanti legni, se seleziona-

ti e trattati opportunamente, provengono dalla Slavonia, dall’Austria, dalla Russia Meridionale e

dall’Ungheria, comunque la scelta è solitamente orientata su rovere francese.

La provenienza può avere una forte influenza sull’impatto aromatico. Una delle principali mole-

cole legate all’odore boisé con note di legno e di noce di cocco fa parte della famiglia dei lattoni,

e il suo contenuto è molto variabile: la Quercus petraea ne è piuttosto ricca, al contrario della

Quercus robur. Quella che ne contiene di più però è la Q. alba che apporta proprio per questo una

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 189

forte nota boisé. La specie americana, inoltre, contiene molti più norisoprenoidi (molecole aro-

matiche presenti anche nelle uve) rispetto alle querce europee.

Inoltre è interessante ricordare che la quercia americana può cedere quantità non indifferenti di

potassio (che può precipitare con l’acido tartarico del vino), fatto non osservato con il legno euro-

peo.

Per quanto riguarda la Francia, per il Pinot nero, si consiglia il rovere proveniente dall’Allier,

seguito da quello di Nevers (quest’ultimo ha una grana un po’ più aperta). Anche il legno dei

Vosges ha una grana piuttosto aperta, ma lo si consiglia maggiormente per i vini bianchi, tipo

Chardonnay, poiché apporta rotondità al vino, caratteristica non particolarmente ricercata nel

Pinot nero. Nonostante la somiglianza della grana tra Nevers e Vosges, essi di differenziano per

il tipo di tannini apportati, più rustici nel primo. Infine i legni provenienti dalla foresta di Tronçais,

si caratterizzano per avere una grana molto fine e sono ottimi per i lunghi invecchiamenti (alme-

no 18 mesi), mentre all’inizio dell’affinamento spesso danno sentori di legno eccessivi.

Si ricorda che il legno apporta acidi fenolici, presenti anche nell’uva, che possono essere trasfor-

mati in fenoli volatili con odori che vanno dall’affumicato e speziato all’odore di animale, di stal-

la e di sudore di cavallo, soprattutto ad opera dei Brettanomyces che si annidano più facilmente

nelle irregolarità della superficie del legno piuttosto che sull’acciaio. Ne consegue la necessità di

un forte rigore nell’igiene della cantina.

Il Metodo Classico

Il vino base rosato o bianco subisce i processi standard di stabilizzazione, chiarifica e filtrazione

prima della seconda fermentazione che avverrà in bottiglia. In questa fase si decide quale sarà il

vino che andrà a rifermentare in bottiglia: generalmente si opera effettuando tagli tra le diverse

basi per la creazione di cuvée; i diversi vini così ottenuti provenienti da vigneti diversi e da anna-

te diverse verranno scelti per creare uno spumante con certe caratteristiche, lo “stile aziendale”,

ripetibili anno dopo anno per ogni spumante commercializzato.

Nel caso di annate molto favorevoli vengono invece utilizzati vini della stessa vendemmia per

creare prodotti, i “millesimati”, di elevatissima qualità con peculiarità legate all’anno di produ-

zione che viene riportato in etichetta.

Il taglio così ottenuto subisce una chiarifica finale cui segue una filtrazione.

A questo punto si passa alla preparazione della seconda fermentazione in bottiglia che prevede

l’aggiunta dello sciroppo di tiraggio (una miscela di zucchero e lieviti) al vino base secco perché

questo possa rifermentare in bottiglia creando quella CO2 responsabile della spuma e delle bolli-

cine. Per avere una sovrappressione di 1 atmosfera (1000 cc di CO2 per litro) sono necessari circa

4,25 grammi di glucosio per litro, equivalenti a circa 4 grammi di saccarosio. I valori precisi sono

in funzione del grado alcolico del vino base, della temperatura e del potere solvente del vino base.

Solitamente per un vino di 10 % vol. di alcol 20 g di saccarosio producono una pressione di 5 bar

e 24 g una pressione di 6 bar.

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190 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

Spesso allo sciroppo di tiraggio si aggiungono sali ammoniacali per i lieviti, bentonite e alginati

per favorire la loro successiva e completa sedimentazione in bottiglia; i sedimenti verranno poi

eliminati con la sboccatura.

L’ambiente in cui si verifica la seconda fermentazione non è ottimale per lo sviluppo dei lieviti.

Le caratteristiche richieste sono una capacità di fermentare in presenza di alcol, in un ambiente

privo di ossigeno e con una pressione della CO2 che tende ad aumentare. Una caratteristica ricer-

cata è uno sviluppo di tipo flocculento rispetto a quello pulverulento, caratteristica che facilita

l’aggregazione tra le cellule e una loro rapida sedimentazione.

L’entità dell’inoculo deve raggiungere la carica microbica di 106 cellule per ml di inoculo.

Esistono in commercio diversi ceppi di lieviti, selezionati per tale vinificazione e cioè con resi-

stenza alla presenza di alcol, resistenza alla pressione dell’anidride carbonica, potere fermentati-

vo a basse temperature, potere autolitico e capacità di sedimentare facilmente.

La miscela di zucchero, lieviti ed eventuali coadiuvanti che costituisce lo sciroppo di tiraggio

(liqueur de tirage) viene quindi aggiunta al vino base per essere imbottigliato e dare il via alla

presa di spuma. Esistono diversi sistemi per miscelare lo sciroppo di tiraggio al vino base; uno è

quello di introdurlo direttamente al vino base in vasche munite di un adeguato sistema di misce-

lazione (agitatore) per evitare la creazione di possibili gradienti di lieviti, zuccheri e sostanze azo-

tate, con possibili differenze tra una bottiglia e l’altra a fine spumantizzazione. Un altro sistema

è quello dell’aggiunta della “liqueur de tirage” in linea, tramite iniettori, al vino base prima di

giungere alle bottiglie dove avverrà la rifermentazione.

Le bottiglie, più spesse di quelle normalmente utilizzate per i vini fermi per resistere meglio alla

pressione, vengono tappate con una particolare chiusura in plastica, la bidule, di forma convessa,

che raccoglierà i sedimenti di questa seconda rifermentazione e verrà espulsa insieme ai depositi

di rifermentazione. Sopra questa chiusura in plastica viene applicato un tappo a corona. Le botti-

glie vengono mantenute in orizzontale e conservate in ambiente poco luminoso e a temperature

di circa 11-15 °C in modo che la rifermentazione avvenga in modo lento, ricordando che i fatto-

ri limitanti aumentano nel corso dell’evoluzione di questa fase: aumento dell’alcool, aumento

della pressione dell’anidride carbonica, mancanza di ossigeno e valori di pH bassi.

L’andamento della fermentazione in bottiglia avviene tramite un controllo della pressione attua-

bile mediante manometri posizionati su bottiglie campione con valori che solitamente superano

le 6 atm al termine di tale processo.

Finita la fase rifermentativa, che dura alcuni mesi, le cellule dei lieviti incominciano a morire e si

innesca un processo di autolisi, in cui vengono cedute sostanze che apportano complessità al vino

e costituiscono un sistema tampone per le ossido-riduzioni. A contatto con queste fecce (“Sur

lies”) i vini possono conservarsi molto a lungo (i vini migliori anche per decenni) senza il rischio

di ossidarsi oppure di andare incontro alla creazione di odori di riduzione.

Finita la fase di permanenza sulle fecce segue la fase di remuage, operazione che tradizionalmen-

te viene effettuata a mano, che consiste nel girare le bottiglie su particolari telai in legno (pupi-

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 191

tre) e posizionarle sempre più in modo verticale a testa in giù, “in punta”, per favorire il deposi-

to dei lieviti nel collo della bottiglia. Questa operazione, è stata in molte cantine sostituita da mac-

chinari, i Giropallet, che hanno diminuito l’esigenza di manodopera specializzata per compiere

questo lavoro, diminuendo di conseguenza i costi di produzione.

La fase di affinamento sulle fecce (“Sur lies”) è stata fissata da disciplinare per la DOCG Oltrepò

Pavese Metodo Classico a 15 mesi ed a 24 mesi per i “millesimati”.

Una volta finita la fase di remuage, cioè quando i depositi si sono adagiati sul collo della botti-

glia in posizione verticale, segue la fase di sboccatura (dégorgement), operazione tramite la quale

viene eliminato dalla bottiglia questo deposito.

In passato tale operazione veniva eseguita manualmente da abili e veloci cantinieri, à la volée. Si

toglieva il tappo a corona, in modo che la pressione eliminasse la bidule e il deposito accumula-

to, quindi si ricolmavano le bottiglie (con spumante o con lo sciroppo di spedizione) ed infine le

si ritappavano con il tappo definitivo a fungo.

Attualmente questa tecnica non viene più utilizzata ed è sostituita da macchinari che congelano il

vino e la feccia presenti nel collo e rapidamente espellono il deposito senza particolari perdite di

vino e pressione e anche senza rischi per i cantinieri.

Segue una fase di colmatura delle bottiglie, attualmente ad opera di macchine in linea, che pos-

sono o reintrodurre il medesimo vino nella bottiglia oppure in base alla tipologia voluta uno sci-

roppo di spedizione (liqueur d’expédition) variabile nella sua composizione, che può contenere o

Remuage realizzato manualmente ponendo le bottiglie in pupitr es.

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192 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

meno dello zucchero. Alcuni esempi molto noti sono il Brut nature (dosaggio zero) con residuo

massimo 3 g/l ed il Brut con zuccheri inferiori a 15 g/l.

Insieme agli zuccheri possono essere introdotte nella liqueur d’expèdition acido citrico, SO2 ed

eventualmente acido ascorbico per bloccare l’ossigeno diffuso in questa operazione.

Segue la chiusura con i tappi a fungo, capaci di resistere a pressioni che superano i 6 bar e ven-

gono utilizzate gabbiette metalliche che ancorano più saldamente il tappo al collo della bottiglia.

Residui di lievito depositati nella bidule. Bottiglie di Cruasé pronte

per la sboccatura.

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 193

Esempi

Non ci si propone di dare una “ricetta” di vinificazione, o di risolvere il problema della vinifica-

zione del Pinot nero, ma di suggerire alcune idee da valutare caso per caso. Allo stesso modo, i

protocolli di vinificazione riportati vanno presi come esempi applicativi, da adattare ad ogni sin-

gola situazione.

CRUASÉ (Oltrepò Metodo Classico Pinot nero Rosé DOCG)

Stile elegante

• Raccogliere le uve in cassette forate, a maturità acidica ottimale.

• Riempire le presse pneumatiche, o i torchi, con le uve intere addizionate di enzimi pectolitici.

È importante lavorare con le uve fredde. La soluzione ideale è quella di raffreddare le uve già

nelle prime fasi tramite ghiaccio secco versato in pressa oppure lasciando per un breve perio-

do le cassette in una cella frigorifera.

• Gestione della pressatura:

– dilazionare i tempi di pressatura nella prima fase per ottenere una leggera macerazione

delle bucce nella frazione più acida del mosto che costituirà il vino base del CRUASÉ;

– per migliorare la qualità della prima frazione sarebbe necessario non ruotare la pressa in

modo da evitare l’estrazione di sostanze dal gusto amaro e tannini dai raspi e vinaccio-

li;

– l’innalzamento del pH ed il colore marrone (ossidato) del mosto forniscono elementi per

stabilire quando separare le frazioni.

• Successivamente eseguire l’operazione di “sfecciatura” del mosto leggermente solfitato in

vasche di acciaio inox raffreddate a circa 10°C con gas inerte fino a completa separazione.

• La parte limpida sovrastante le fecce viene travasata nella vasca di fermentazione. Le fecce

grossolane (bourbes) sono inviate al filtro feccia per recuperare mosto (da destinare ad altri

prodotti).

• Segue la fase fermentativa, solitamente in riduzione, da condursi a 15 – 20°C, tramite l’impie-

go di lieviti secchi, attivati tramite una “pied de cuve” per evitare fermentazioni spontanee non

desiderate.

• Il vino portato a secco, con zuccheri riduttori inferiori a 2 g/l viene quindi stabilizzato e chia-

rificato, con un riguardo particolare al mantenimento del colore.

• Viene quindi effettuato il taglio tra i diversi vini per ottenere successivamente lo spumante

voluto, ricordando che nel caso di un “millesimato” i tagli possono essere effettuati solo con

vini della stessa annata.

• Seguono le operazioni successive descritte più dettagliatamente nelle pagine precedenti. Si

ricorda che la fase di affinamento sulle fecce deve essere di almeno 15 mesi.

Stile intenso

• Raccogliere l’uva con un livello di acidità elevato.

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Page 193: Pinot nero

194 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

• Diraspare l’uva addizionandola di enzimi pectolitici e solfitandola leggermente.

• Effettuare una breve criomacerazione (6-18 ore) in vasca o in pressa.

• Riempire le presse pneumatiche o i torchi.

• Gestione della pressatura:

– ridurre i tempi di pressatura rispetto al metodo descritto precedentemente per limitare le

ossidazioni;

– l’innalzamento del pH ed il colore marrone (ossidato) del mosto forniscono elementi per

stabilire quando separare le frazioni.

• Successivamente eseguire l’operazione di “sfecciatura” del mosto in vasche di acciaio inox raf-

freddate a circa 10°C con gas inerte fino a completa separazione.

• La parte limpida sovrastante le fecce viene travasata nella vasca di fermentazione. Le fecce

grossolane (bourbes) sono inviate al filtro feccia per recuperare mosto (da destinare ad altri

prodotti).

• Segue la fase fermentativa, solitamente in riduzione, da condursi a 15 – 20°C, tramite l’impie-

go di lieviti secchi, attivati tramite una “pied de cuve” per evitare fermentazioni spontanee non

desiderate.

• Quando il vino è portato a secco (con zuccheri riduttori inferiori a 2 g/l) valutare la possibili-

tà di effettuare una fermentazione malolattica e un breve affinamento su fecce.

• Stabilizzare e chiarificare il vino.

• Viene quindi effettuato il taglio per ottenere successivamente lo spumante voluto, ricordando

che nel caso di un “millesimato” i tagli possono essere effettuati solo con vini della stessa

annata.

• Seguono le operazioni successive descritte più dettagliatamente nelle pagine precedenti. Si

ricorda che la fase di affinamento sulle fecce deve essere di almeno 15 mesi.

Oltrepò Metodo Classico Pinot nero DOCG

• Riempire le presse pneumatiche o i torchi senza effettuare la pigiadiraspatura.

• Frazionare il pressato in tre parti in base alla valutazione organolettica e analitica, valutando il

colore e l’acidità del mosto in uscita dalla pressa.

• La prima frazione, più chiara e più acida, verrà riservata ai prodotti di alta gamma.

• Durante l’operazione di pressatura, per migliorare la qualità della prima frazione, sarebbe

necessario non ruotare la pressa in modo da evitare l’estrazione di sostanze dal gusto amaro e

tannini dai raspi e vinaccioli. Il cambio di colore del mosto e l’innalzamento del pH fornisco-

no elementi per stabilire quando separare tali frazioni.

• Se necessario decolorare il mosto. Un’alternativa all’utilizzo del carbone enologico può esse-

re l’iperossigenazione.

• Successivamente eseguire l’operazione di “sfecciatura” del mosto leggermente solfitato in

vasche di acciaio inox raffreddate a circa 10°C con gas inerte fino a completa separazione.

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Page 194: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 195

• Segue la fase fermentativa, da condursi a 15 – 20°C, tramite l’impiego di lieviti secchi, attiva-

ti tramite una “pied de cuve” per evitare fermentazioni spontanee non volute.

• Il vino portato a secco, con zuccheri riduttori inferiori a 2 g/l, viene quindi stabilizzato e chia-

rificato.

• In alcuni casi è possibile effettuare una fermentazione malolattica completa o parziale, come

pure un possibile affinamento in legno per parte del vino base. Tale scelta è presa in funzione

dello “stile aziendale” voluto e da eventuali parametri quali l’acidità totale e l’acido malico del

vino.

• Viene quindi effettuato il taglio tra i diversi vini per ottenere successivamente lo spumante

voluto, ricordando che nel caso di un “millesimato” i tagli possono essere effettuati solo con

vini della stessa annata.

• Seguono le operazioni successive descritte più dettagliatamente nelle pagine precedenti.

L’affinamento sulle fecce per il millesimato deve essere di almeno 24 mesi.

Vino rosso importante complesso e strutturato per le zone più vocate, con uve sane e raccolte alla

maturazione ottimale (O.P. Pinot nero DOC)

Cantine medio-piccole

• Eseguire una cernita accurata (a livello di acini) delle uve in ingresso.

• Adagiare i grappoli con le uve intere in un tino di legno tronco-conico aperto senza aggiunge-

re solforosa.

• Porre sulla superficie alcuni kg di ghiaccio secco (in funzione del volume e della superficie).

• Chiudere la vasca con un telo dopo aver bagnato la zona superiore del tino con una soluzione

di metabisolfito (senza che questa entri in contatto con le uve).

• Fare una fermentazione con lieviti autoctoni (la massa non deve contenere molto liquido, quin-

di l’utilizzo di lieviti selezionati sarebbe uno spreco).

• Aspettare alcuni giorni (fino a quando le bacche iniziano a cambiare colore e assaggiandole si

sente la presenza di alcool) bagnando la zona superiore della vasca con una soluzione di meta-

bisolfito 1-2 volte al giorno.

• Intorno al 3-5° giorno pigiare l’uva effettuando una follatura.

• Eseguire indicativamente una follatura al giorno, il più soffice possibile.

• In caso di tendenza alla riduzione, separare una parte del liquido e ossigenare il mosto.

• Degustare ogni giorno il mosto in fermentazione per ottimizzare la macerazione, misurando la

densità per agire prontamente in caso di rallentamento della fermentazione.

• Svinare dopo circa 20 giorni a fermentazione terminata, appena la temperatura scende sotto i

25°C.

• Torchiare con pressatura soffice (0,6-0,8 bar) e unire il torchiato al vino fiore.

• Affinare almeno per un anno e mezzo in legno (nuovo 40-80%), mantenendo le botti colme.

• Battonare ogni giorno per la prima settimana e ridurre progressivamente il numero di interventi.

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Page 195: Pinot nero

196 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

• A fine fermentazione malolattica valutare l’aggiunta di solforosa in relazione al suo contenu-

to libero e totale nel vino.

• Non travasare.

• Prima dell’imbottigliamento mantenere la massa in una vasca di acciaio inox per 2-5 mesi.

• Non filtrare il vino prima dell’imbottigliamento od utilizzare solo un blando filtro a cartoni.

• Tenere le bottiglie in cantina almeno 6-8 mesi prima della commercializzazione.

Cantine medio-grandi

• Eseguire una cernita delle uve in ingresso.

• In una vasca di cemento aperta (è possibile utilizzare l’acciaio se si ha un sistema di riscalda-

mento del mosto/vino) con un elevato rapporto superficie/altezza, adagiare uno strato di uva

intera sul fondo, sopra al quale porre gli acini diraspati (eventualmente raccolti con vendem-

miatrice meccanica) e, infine, un altro strato di uve intere.

• Aggiungere una limitata quantità di solforosa, da valutare in funzione dello stato sanitario delle

uve.

• Inoculare con lieviti.

• Porre sulla superficie alcuni kg di ghiaccio secco (in funzione del volume e della superficie).

• Effettuare un breve rimontaggio al giorno fino a quando la fermentazione sarà iniziata.

• In piena fermentazione fare un rimontaggio al giorno più due follature manuali per 2-3 giorni,

poi ridurle progressivamente in funzione della degustazione e della velocità di fermentazione.

• In caso di riduzione, separare una parte del liquido e ossigenare il mosto.

• Degustare ogni giorno il mosto in fermentazione per ottimizzare la macerazione, misurando la

densità per agire prontamente in caso di rallentamento della fermentazione.

• Valutare la possibilità di effettuare un lassivage per aumentare l’estrazione a fermentazione

terminata.

• Torchiare con pressatura soffice (0,6-0,8 bar) e, compatibilmente con la degustazione, unire il

torchiato al vino fiore.

• Affinare almeno per un anno in legno (nuovo 60-100%), mantenendo le botti colme.

• Battonare ogni giorno per la prima settimana e ridurre progressivamente il numero di interven-

ti.

• A fine fermentazione malolattica valutare l’aggiunta di solforosa in relazione al suo contenu-

to libero e totale nel vino.

• Travasare.

• Prima dell’imbottigliamento mantenere la massa in una vasca di materiale inerte per 3-6 mesi.

• Tenere le bottiglie in cantina almeno 5-6 mesi prima della commercializzazione.

Vino rosso fresco e fruttato in zone dove non viene sempre raggiunta la maturazione ottimale

delle uve, o la maturazione fenolica è leggermente sfasata rispetto a quella tecnologica (O.P.

Pinot nero DOC)

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Page 196: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 197

Cantine piccole o poco attrezzate

• In una vasca di acciaio con possibilità di raffreddamento porre gli acini diraspati (non pigiati).

Aggiungere piccole quantità di solforosa per evitare fenomeni fermentativi e macerativi incon-

trollati.

• Inoculare con lieviti commerciali e iniziare la fermentazione a bassa temperatura (18-20°C).

• Effettuare due rimontaggi al giorno. Nessuna follatura.

• Evitare estrazioni eccessive di tannini riducendo, se necessario, il numero o la durata dei

rimontaggi. Se necessario, eliminare una parte dei vinaccioli.

• In caso di riduzione o di rallentamento di fermentazione arieggiare il mosto-vino.

• Degustare ogni giorno il mosto in fermentazione per ottimizzare la macerazione, misurando la

densità per agire prontamente in caso di rallentamento della fermentazione.

• Svinare appena finita la fermentazione.

• Torchiare con pressatura soffice (0,6-0,8 bar) ed unire il torchiato al vino fiore.

• Non affinare in legno.

• Effettuare la fermentazione malolattica in acciaio.

• Effettuare una stabilizzazione tartarica.

• Dopo 4-8 mesi di affinamento in acciaio correggere il livello di solforosa sulla base delle risul-

tanze analitiche prima dell’imbottigliamento.

Cantine grandi e ben attrezzate

• Si possono utilizzare uve raccolte meccanicamente.

• In una vasca di acciaio con possibilità di raffreddamento porre gli acini diraspati (non pigiati)

aggiungendo solforosa in base allo stato sanitario delle uve.

• Soprattutto in caso di presenza di Botrytis, separare il mosto e fare decantare la fase liquida.

• Inoculare con lieviti commerciali il mosto chiarificato e iniziare la fermentazione a bassa tem-

peratura (18-20°C).

• Nella vasca principale (contenente le parti solide) aggiungere ghiaccio secco ed effettuare una

criomacerazione (prefermentativa) di 1-2 giorni a temperatura compresa tra 8 e 13°C, al termi-

ne della quale inoculare la vasca con il mosto chiarificato in fermentazione.

• Effettuare solo rimontaggi. Nessuna follatura.

• I rimontaggi devono essere molto blandi nei primi giorni (il loro unico scopo è quello di bloc-

care eventuali batteri acetici), fino ad arrivare al massimo a 2 rimontaggi al giorno in piena fer-

mentazione.

• Evitare estrazioni eccessive di tannini valutando la tecnica di macerazione basandosi sulla

degustazione.

• In caso di riduzione o di rallentamento di fermentazione arieggiare il mosto-vino.

• Degustare ogni giorno il mosto in fermentazione per ottimizzare la macerazione, misurando la

densità per agire prontamente in caso di rallentamento della fermentazione.

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Page 197: Pinot nero

198 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

• Svinare appena finita la fermentazione.

• Torchiare con pressatura soffice (0,6-0,8 bar) e, compatibilmente con la produzione aziendale,

separare il torchiato dal vino fiore.

• Non affinare in legno.

• Effettuare la fermentazione malolattica in acciaio.

• Effettuare una stabilizzazione tartarica.

• Dopo 4-8 mesi di affinamento in acciaio correggere il livello di solforosa sulla base delle risul-

tanze analitiche prima dell’imbottigliamento.

• Eseguire una filtrazione prima dell’imbottigliamento.

Cruasé in spumantizzazione con il tradizionale metodo di rifer mentazione in bottiglia.

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Page 198: Pinot nero

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 199

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200 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

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6. Appendice

Disciplinare di produzione dei vini a Denominazione di OrigineControllata e Garantita “Oltrepò Pavese” Metodo Classico

(G.U. n. 183 del 8/8/2007)

Articolo 1. - Denominazione e vini

La Denominazione di origine controllata e garantita “Oltrepò Pavese” è riservata al vinoSpumante ottenuto con Metodo Classico già riconosciuto a denominazione di origine controllatacon Dpr 6 agosto 1970 e successive modifiche, che risponde alle condizioni e ai requisiti stabili-ti dal presente disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:“Oltrepò Pavese” metodo classico; “Oltrepò Pavese” metodo classico rosé; “Oltrepò Pavese”metodo classico Pinot nero e “Oltrepò Pavese” metodo classico Pinot nero rosé.

Articolo 2. - Base ampelografica

I vini a Denominazione di origine controllata e garantita “Oltrepò Pavese” metodo classico devo-no essere ottenuti dalle uve prodotte dai vigneti, aventi nell’ambito aziendale, la seguente com-posizione ampelografica:

“Oltrepò Pavese” metodo classico e “Oltrepò Pavese” metodo classico rosé:Pinot nero: minimo 70%Chardonnay, Pinot grigio e Pinot bianco congiuntamente o disgiuntamente fino ad un massimodel 30%.

“Oltrepò Pavese” metodo classico Pinot nero e “Oltrepò Pavese” metodo classico Pinot nerorosé:Pinot nero: minimo 85%Chardonnay, Pinot grigio e Pinot bianco congiuntamente o disgiuntamente fino ad un massimodel 15%.

Fanno parte dell’albo vigneti dei vini a D.O.C.G. “Oltrepò Pavese” metodo classico i vignetiiscritti all’albo dei vigneti D.O.C. “Oltrepò Pavese” per le corrispondenti tipologie, purché le basiampelografiche siano compatibili.

Articolo 3. - Zona di produzione

La zona di produzione delle uve destinate all’elaborazione del vino “Oltrepò Pavese” metodoclassico comprende la fascia vitivinicola collinare dell’Oltrepò Pavese per gli interi territori deiseguenti comuni in provincia di Pavia: Borgo Priolo, Borgoratto Mormorolo, Bosnasco,Calvignano, Canevino, Canneto Pavese, Castana, Cecima, Godiasco, Golferenzo, Lirio, MontaltoPavese, Montecalvo Versiggia, Montescano, Montù Beccaria, Mornico Losana, Oliva Gessi,Pietra de’ Giorgi, Rocca de’ Giorgi, Rocca Susella, Rovescala, Ruino, San Damiano al Colle,Santa Maria della Versa, Torrazza Coste, Volpara, Zenevredo e per parte dei territori di questi altricomuni: Broni, Casteggio, Cigognola, Codevilla, Corvino San Quirico, Fortunago, Montebellodella Battaglia, Montesegale, Ponte Nizza, Redavalle, Retorbido, Rivanazzano, Santa Giuletta,Stradella, Torricella Verzate.

Tale zona è così delimitata: parte dai km 136+150 della strada statale n. 10, la linea di delimita-zione scende verso sud seguendo la strada provinciale Bressana-Salice Terme, sino al bivio diRivanazzano. Qui si devia verso ovest lungo la strada che da Rivanazzano porta alla CascinaSpagola, per piegare a quota 139 verso sud e raggiungere il confine provinciale e regionale Pavia-

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Alessandria, che segue fino a Serra del Monte. Da questo punto la linea di delimitazione raggiun-ge Casa Carlucci e prosegue in direzione sud, lungo il confine che divide i comuni di Ponte Nizzae Bagnaria fino al torrente Staffora, includendo San Ponzo Semola. Di qui la linea di delimitazio-ne segue la statale Voghera-Varzi-Penice fino all’abitato di Ponte Nizza, indi devia a est-nord-estseguendo la provinciale di fondo valle per Val di Nizza. Prosegue quindi in direzione nord lungoil confine comunale tra Ponte Nizza, Val di Nizza e Montesegale sino al Rio Albaredo e con essoraggiunge il torrente Ardivestra, con il quale si identifica risalendo verso est a raggiungere laCascina della Signora. Da questo punto la linea di delimitazione prosegue in direzione nordseguendo la strada provinciale Godiasco-Borgoratto Mormorolo, a incontrare il confine dei comu-ni Fortunago e Ruino. Prosegue sul confine comunale meridionale di Ruino a raggiungere il con-fine provinciale tra Pavia-Piacenza. La delimitazione orientale del comprensorio è costituita dalconfine proviciale Pavia-Piacenza sino al suo incontro con la strada statale n. 10, per raggiunge-re la strada provinciale Bressana-Salice Terme che incrocia al Km 136+150 del comprensorio,punto di partenza della delimitazione.

Articolo 4. - Norme per la viticoltura

4.1. Condizioni naturali dell’ambienteLe condizioni ambientali e di coltura del vigneto, destinato alla produzione dei vini a D.O.C.G.“Oltrepò Pavese” metodo classico devono essere quelle normali della zona di produzione e,comunque, atte a conferire alle uve le specifiche tradizonali caratteristiche di qualità. Il materia-le vegetale utilizzato per i nuovi impianti, gli infittimenti e le sostituzioni di piante, deve essereeffettuato esclusivamente con materiale vivaistico certificato. I vigneti devono essere posti su ter-reni di natura calcarea o calcareo-argillosa o su pendici collinari ben soleggiate escludendocomunque i fondo valle e i terreni di pianura.

4.2. Densità d’impiantoPer i vigneti impiantati successivamente all’entrata in vigore del presente disciplinare (nuoviimpianti e reimpianti) la densità dei ceppi per ettaro non può essere inferiore a 4.000.

4.3. Sesti d’impianto e forme di allevamentoI sesti d’impianto, le forme di allevamento (controspalliera) e i sistemi di potatura devono esserequelli di tipo tradizionale e, comunque, i vigneti devono essere governati in modo da non modi-ficare le caratteristiche dell’uva, del mosto e del vino base.

4.4. IrrigazioneÈ consentita l’irrigazione di soccorso.

4.5. Resa ad ettaro e gradazione minima naturaleLa produzione massima di uva ad ettaro ed il titolo alcolometrico volumico naturale minimo sonoi seguenti:

Tipologie Prod. max t./ha Titolo alcol. volumico nat. min.

(Oltrepò Pavese) metodo classico 10 9,5% vol.

(Oltrepò Pavese) metodo classico rosé 10 9,5% vol.

(Oltrepò Pavese) metodo classico Pinot nero 10 9,5% vol.

(Oltrepò Pavese) metodo classico Pinot nero rosé 10 9,5% vol.

Anche in annate eccezionalmente favorevoli, la resa dovrà essere riportata nei limiti di cui soprapurché la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi, ferma restando la resauva/vino per i quantitativi di cui trattasi. Oltre detto limite del 20% decade il diritto alla

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Denominazione di origine controllata e garantita “Oltrepò Pavese” metodo classico per tutta lapartita.

La Regione Lombardia sentito il Consorzio di Tutela, annualmente, con proprio decreto, tenutoconto delle condizioni ambientali di coltivazione, può fissare una produzione massima per ettaroinferiore a quella stabilita dal presente disciplinare di produzione, dandone immediata comunica-zione al Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali - Comitato nazionale per la tute-la e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche deivini.

Articolo 5. - Norme di vinificazione e di elaborazione

5.1. Zona di vinificazione ed elaborazioneLe operazioni di ammostamento delle uve, di vinificazione per la produzione dei vini base da sot-toporre a successiva elaborazione ai fini della produzione di vino a Denominazione di originecontrollata e garantita “Oltrepò Pavese” metodo classico, nonché le operazioni di invecchiamen-to e affinamento devono essere effettuate all’interno della zona di produzione delimitata al prece-dente art. 3. Tuttavia, tenuto conto delle situazioni tradizionli di produzione, le suddette operazio-ni sono consentite anche nell’intero territorio della provincia di Pavia, nonché nelle frazioni diVicobarone e Casa Bella del comune di Ziano Piacentino in provincia di Piacenza.Le bottiglie non etichettate e ancora in fase di elaborazione, cioè non atte al consumo diretto, pur-ché tappate con tappo a corona recante il nome della denominazione possono essere cedute nel-l’interno della sola zona definita al presente comma.

5.2. Resa uva/vinoLe rese massime dell’uva in vino devono essere le seguenti:

Tipologie Resa uva/vino

(Oltrepò Pavese) metodo classico 60

(Oltrepò Pavese) metodo classico rosé 65

(Oltrepò Pavese) metodo classico Pinot nero 60

(Oltrepò Pavese) metodo classico Pinot nero rosé 65

Qualora la resa uva/vino superi i limiti di cui sopra, ma non oltre il 5% del vino totale finito, anchese la produzione ad ettaro resta al di sotto del massimo consentito, l’eccedenza non ha diritto alladenominazione di origine controllata e garantita. Oltre detto limite del 5% sul vino totale finito,decade il diritto alla denominazione di origine controllata e garantita per tutta la partita.

5.3. Scelta vendemmialeLe uve provenienti dai vigneti iscritti all’albo della Denominazione di origine controllata e garan-tita “Oltrepò Pavese” metodo classico possono essere rivendicate, con la scelta vendemmiale,anche per i vini a denominazione di origine controllata “Oltrepò Pavese” tipologia Pinot nero,nonché è consentito con la scelta di cantina passare dal vino base della D.O.C.G. “OltrepòPavese” metodo classico alla D.O.C. “Oltrepò Pavese” Pinot nero (vinificato in bianco e rosato),purché siano rispettate tutte le condizioni previste dai rispettivi disciplinari di produzione.

5.4. ArricchimentoÈ consentito l’arricchimento nei limiti stabiliti dalle norme comunitarie e aziendali.

5.5. Modalità di elaborazioneNella elaborazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche corrispondenti agli usi locali,

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leali e costanti, atti a conferire agli spumanti “Oltrepò Pavese” metodo classico le loro rispettivecaratteristiche in conformità alle norme comunitarie e nazionali.In particolare deve essere utilizzata esclusivamente la tradizionale tecnica di rifermentazione inbottiglia.

5.6. Permanenza sulle fecceIl vino a Denominazione di origine controllata e garantita “Oltrepò Pavese” metodo classico devesubire prima dell’immissione al consumo, un periodo minimo di permanenza sulle fecce di quin-dici mesi; per il millesimato il periodo minimo è di ventiquattro mesi. Tale periodo decorre dalladata di imbottigliamento e comunque non prima del 1° gennaio successivo alla raccolta delle uve.

Articolo 6. - Caratteristiche al consumo

I vini a Denominazione di origine controllata e garantita “Oltrepò Pavese” metodo classico, all’at-to dell’immissione al consumo, devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

“Oltrepò Pavese” metodo classico- spuma: fine e persistente;- colore: paglierino più o meno intenso;- profumo: bouquet fine, gentile, ampio;- sapore: sapido, fresco e armonico;- titolo alcol. vol. tot. minimo: 11,50% vol.;- acidità totale minima: 5,0 g/l;- estratto non riduttore minimo: 15,0 g/l.

“Oltrepò Pavese” metodo classico Pinot nero- spuma: fine e persistente;- colore: paglierino con riflessi più o meno aranciati;- profumo: bouquet proprio della fermentazione in bottiglia, gentile, ampio e persistente;- sapore: sapido, buona struttura, fresco e armonico;- titolo alcol. vol. tot. minimo: 12,00% vol.;- acidità totale minima: 5,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 15,0 g/l.

“Oltrepò Pavese” metodo classico rosé- spuma: fine e persistente;- colore: rosato più o meno intenso;- profumo: bouquet fine, gentile;- sapore: sapido, armonico e moderatamente corposo;- titolo alcol. vol. tot. minimo: 11,50% vol.;- acidità totale minima: 5,0 g/l;- estratto non riduttore minimo: 15,0 g/l.

“Oltrepò Pavese” metodo classico Pinot nero rosé- spuma: fine e persistente;- colore: rosato più o meno intenso;- profumo: bouquet fine, gentile, ampio;- sapore: sapido, di buona struttura e fresco;- titolo alcol. vol. tot. minimo: 12,00% vol.;- acidità totale minima: 5,0 g/l;- estratto non riduttore minimo: 15,0 g/l.

Il vino a D.O.C.G. “Oltrepò Pavese” metodo classico rosé può essere immesso al consumo anche

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con la tipologia “cremant”, qualora in possesso delle specifiche caratteristiche previste dalla nor-mativa vigente.È facoltà del Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, con proprio decreto, modifi-care per i vini di cui sopra i limiti indicati per l’acidità totale e l’estratto non riduttore minimo.

Articolo 7. - Designazione e presentazione

7.1. QualificazioneNella designazione e presentazione dei vini spumanti di cui all’art. 1 è vietata l’aggiunta di qual-siasi qualificazione diversa da quella prevista dal presente disciplinare di produzione, ivi compre-si gli aggettivi “fine”, “scelto”, “selezionato”, “superiore”, “vecchio” e similari.È tuttavia consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchiprivati, purché non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre in inganno l’acquiren-te. È altresì consentito l’uso di indicazioni geografiche e toponomastiche, che facciano riferimen-to a comuni, frazioni, fattorie, zone e località comprese nella zona delimitata dal precedente art.3, dalle quali effettivamente provengono le uve da cui il vino così qualificato è stato ottenuto, inconformità al dereto ministeriale 22 aprile 1992.

7.2. Menzioni facoltativePer il vino a Denominazione di origine controllata e garantita “Oltrepò Pavese” metodo classicovinificato in rosato, anche nella tipologia Cremant, è ammessa esclusivamente la designazionerosé.

7.3. Residuo zuccherinoL’indicazione del contenuto zuccherino per i vini a D.O.C.G. “Oltrepò Pavese” metodo classico,nei limiti stabiliti dalla normativa comunitaria e nazionale, è obbligatoria fino alla caratteristicadi sapore demisec. È vietato l’utilizzo della tipologia dolce.

7.4. Caratteri e posizioni in etichettaLe menzioni facoltative, esclusi i marchi e i nomi aziendali, possono essere riportate nell’etichet-tatura soltanto in caratteri tipografici non più grandi o evidenti di quelli utilizzati per la denomi-nazione di origine del vino, salvo le norme generali più restrittive.La specificazione tradizionale “Denominazione di Origine Controllata e Garantita” deve seguireimmediatamente al di sotto la denominazione “Oltrepò Pavese”, senza interposizione di altremenzioni facoltative o obbligatorie.Per identificare il vino a D.O.C.G. “Oltrepò Pavese” metodo classico è vietato utilizzare il termi-ne “Vino Spumante”. In sostituzione deve essere utilizzata la sigla comunitaria V.S.Q.P.R.D.

7.5. AnnataNell’etichettatura l’indicazione dell’annata di produzione è facoltativa per i vini D.O.C.G.“Oltrepò Pavese” metodo classico. Soltanto in presenza dell’indicazione dell’annata della ven-demmia si può utilizzare la dicitura “Millesimato”.

Articolo 8. - Confezionamento

8.1. Recipienti e tappaturaPer la tappatura è obbligatorio il tappo di sughero a fungo, con il tradizionale ancoraggio a gab-bietta, marchiato indelebilmente con la dicitura “Oltrepò Pavese” metodo classico.Per le bottiglie con contenuto nominale non superiore a ml 200 è consentita la chiusura con tappoa vite.

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Disciplinare di produzione dei vini a Denominazione di Origine Controllata “Oltrepò Pavese”

(G.U. n. 182 del 7/8/2007 e rettifica G.U. n. 226 del 26/9/2008)

Articolo 1. - Denominazione

La Denominazione di origine controllata “Oltrepò Pavese” è riservata ai vini che rispondono allecondizioni ed ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:

1) Rosso;2) Rosso riserva;3) Rosato;4) Rosato frizzante;5) Buttafuoco;6) Buttafuoco frizzante;7) Sangue di Giuda frizzante;8) Sangue di Giuda spumante;9) Bianco;

10) Bonarda;11) Bonarda frizzante;12) Barbera;13) Barbera frizzante;14) Riesling;15) Riesling frizzante;16) Riesling spumante;17) Cortese;18) Cortese frizzante;19) Cortese spumante;20) Moscato;21) Moscato frizzante;22) Moscato spumante;23) Moscato liquoroso;24) Moscato passito;25) Pinot nero (vinificato in bianco);26) Pinot nero (vinificato in bianco) frizzante;27) Pinot nero (vinificato in bianco) spumante;28) Pinot nero (vinificato in rosato);29) Pinot nero (vinificato in rosato) frizzante;30) Pinot nero (vinificato in rosato) spumante;31) Pinot nero (vinificato in rosso);32) Malvasia;33) Malvasia frizzante;34) Malvasia spumante;35) Pinot grigio vinificato in bianco;36) Pinot grigio vinificato in rosato;37) Pinot grigio vinificato in bianco frizzante;38) Pinot grigio vinificato in rosato frizzante;39) Chardonnay;40) Chardonnay frizzante;

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41) Chardonnay spumante;42) Sauvignon;43) Sauvignon spumante;44) Cabernet Sauvignon;

Articolo 2. - Base ampelografica

I vini di cui all’art. 1 devono essere ottenuti dalle uve prodotte dai vigneti aventi, nell’ambitoaziendale, la seguente composizione ampelografica:

1) Rosso;2) Rosato;3) Rosato frizzante;4) Rosso riserva;5) Buttafuoco;6) Buttafuoco frizzante;7) Sangue di Giuda frizzante;8) Sangue di Giuda spumante;

- Barbera: dal 25% al 65%;- Croatina: dal 25% al 65%;- Uva rara, Ughetta (Vespolina) e Pinot nero congiuntamente o disgiuntamente, fino a unmassimo del 45%;

9) Bianco;- Riesling e/o Riesling italico: minimo 60%;- Pinot nero (vinificato in bianco) o altri vitigni a bacca bianca, non aromatici, idonei allacoltivazione per la provincia di Pavia, massimo 40%;

10) Bonarda;11) Bonarda frizzante;

- Croatina (tradizionalmente denominata Bonarda): dall’85% al 100%;- Barbera, Ughetta, Uva rara, congiuntamente o disgiuntamente, fino a un massimo del 15%;

12) Barbera;13) Barbera frizzante;

- Barbera dall’85% al 100%;- Croatina, Uva rara, Ughetta, e Pinot nero congiuntamente o disgiuntamente, fino a un mas-simo del 15%;

14) Riesling;15) Riesling frizzante;16) Riesling spumante;

- Riesling e/o Riesling italico: minimo 85%;- Pinot nero, Pinot grigio e Pinot bianco congiuntamente o disgiuntamente, fino a un mas-simo del 15%;

17) Cortese;18) Cortese frizzante;19) Cortese spumante;

- Cortese: minimo 85%;- Altri vitigni a bacca bianca, non aromatici, idonei alla coltivazione per la provincia diPavia, congiuntamente o disgiuntamente, fino a un massimo del 15%;

20) Moscato;21) Moscato frizzante;22) Moscato spumante;

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23) Moscato liquoroso;24) Moscato passito;

- Moscato bianco: minimo 85%;- Malvasia di Candia aromatica massimo 15%;

25) Pinot nero (vinificato in bianco);26) Pinot nero (vinificato in bianco) frizzante;27) Pinot nero (vinificato in bianco) spumante;

- Pinot nero: minimo 85%;- Pinot grigio, Pinot bianco e Chardonnay congiuntamente o disgiuntamente, fino a un mas-simo del 15%;

28) Pinot nero (vinificato in rosato);29) Pinot nero (vinificato in rosato) frizzante;30) Pinot nero (vinificato in rosato) spumante;

- Pinot nero: minimo 85%;- Pinot grigio, Pinot bianco e Chardonnay congiuntamente o disgiuntamente, fino a un mas-simo del 15%;

31) Pinot nero (vinificato in rosso);- Pinot nero: minimo 100%;

33) Malvasia;33) Malvasia frizzante;34) Malvasia spumante;

- Malvasia di Candia aromatica: minimo 85%;- Altri vitigni a bacca bianca, idonei alla coltivazione nella provincia di Pavia a un massi-mo del 15%;

35) Pinot grigio vinificato in bianco;36) Pinot grigio vinificato in rosato;37) Pinot grigio vinificato in bianco frizzante;38) Pinot grigio vinificato in rosato frizzante;

- Pinot grigio: minimo 85%;- Pinot nero, Pinot bianco congiuntamente o disgiuntamente, fino a un massimo del 15%;

39) Chardonnay;40) Chardonnay frizzante;41) Chardonnay spumante;

- Chardonnay: minimo 85%;- Pinot nero, Pinot grigio, Pinot bianco congiuntamente o disgiuntamente, fino a un massi-mo del 15%;

42) Sauvignon;43) Sauvignon spumante;

- Sauvignon: minimo 85%;- Altri vitigni a bacca bianca, non aromatici, idonei alla coltivazione per la provincia diPavia, congiuntamente o disgiuntamente, fino a un massimo del 15%;

44) Cabernet Sauvignon;- Cabernet Sauvignon: minimo 85%;- Altri vitigni a bacca rossa, non aromatici, idonei alla coltivazione per la provincia di Pavia,congiuntamente o disgiuntamente, fino a un massimo del 15%;

I conduttori interessati ai vigneti iscritti all’albo dell’“Oltrepò Pavese” Buttafuoco e Sangue diGiuda, all’atto della denuncia delle uve possono rivendicare la denominazione di origine “Oltrepò

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Pavese” rosso, qualora le uve non assicurino un titolo alcolometrico volumico naturale previstoper le citate tipologie “Oltrepò Pavese” Buttafuoco e “Oltrepò Pavese” Sangue di Giuda.

Articolo 3. - Zona di produzione delle uve

La zona di produzione delle uve destinate alla produzione dei vini “Oltrepò Pavese” Rosso,Rosato o Rosso Riserva, con le specifiche di vitigno e “Oltrepò Pavese” spumante MetodoMartinotti comprende la fascia vitivinicola collinare dell’“Oltrepò Pavese” per gli interi territoridei seguenti comuni in provincia di Pavia: Borgo Priolo, Borgoratto Mormorolo, Bosnasco,Calvignano, Canevino, Canneto Pavese, Castana, Cecima, Godiasco, Golferenzo, Lirio, MontaltoPavese, Montecalvo Versiggia, Montescano, Montù Beccaria, Mornico Losana, Oliva Gessi,Pietra de’ Giorgi, Rocca de’ Giorgi, Rocca Susella, Rovescala, Ruino, San Damiano al Colle,Santa Maria della Versa, Torrazza Coste, Volpara, Zenevredo e per parte dei territori di questi altricomuni: Broni, Casteggio, Cigognola, Codevilla, Corvino San Quirico, Fortunago, Montebellodella Battaglia, Montesegale, Ponte Nizza, Redavalle, Retorbido, Rivanazzano, Santa Giuletta,Stradella, Torricella Verzate.

Tale zona è così delimitata: parte dai km 136+150 della strada statale n. 10, la linea di delimita-zione scende verso sud seguendo la strada provinciale Bressana-Salice Terme, sino al bivio diRivanazzano. Qui si devia verso ovest lungo la strada che da Rivanazzano porta alla CascinaSpagola, per piegare a quota 139 verso sud e raggiungere il confine provinciale e regionale Pavia-Alessandria, che segue fino a Serra del Monte. Da questo punto la linea di delimitazione raggiun-ge Casa Carlucci e prosegue in direzione sud, lungo il confine che divide i comuni di Ponte Nizzae Bagnaria fino al torrente Staffora, includendo San Ponzo Semola. Di qui la linea di delimitazio-ne segue la statale Voghera-Varzi-Penice fino all’abitato di Ponte Nizza, indi devia a est-nord-estseguendo la provinciale di fondo valle per Val di Nizza. Prosegue quindi in direzione nord lungoil confine comunale tra Ponte Nizza, Val di Nizza e Montesegale sino al Rio Albaredo e con essoraggiunge il torrente Ardivestra, con il quale si identifica risalendo verso est a raggiungere laCascina della Signora. Da questo punto la linea di delimitazione prosegue in direzione nordseguendo la strada provinciale Godiasco-Borgoratto Mormorolo, a incontrare il confine dei comu-ni Fortunago e Ruino. Prosegue sul confine comunale meridionale di Ruino a raggiungere il con-fine provinciale tra Pavia-Piacenza. La delimitazione orientale del comprensorio è costituita dalconfine proviciale Pavia-Piacenza sino al suo incontro con la strada statale n. 10, per raggiunge-re la strada provinciale Bressana-Salice Terme che incrocia al Km 136+150 del comprensorio,punto di partenza della delimitazione.

La zona di produzione del vino “Oltrepò Pavese” Buttafuoco insita pure in quella più ampia deivini “Oltrepò Pavese”, comprende i territori comunali di: Stradella, Broni, Canneto Pavese,Montescano, Castana, Cigognola, Pietra de’ Giorgi.

La zona di produzione del vino “Oltrepò Pavese” Sangue di Giuda insita anch’essa nell’area piùampia dei vini “Oltrepò Pavese”, è delimitata come segue:dalla strada statale n. 10 al km 162+700 segue quale confine a est la strada comunale perBosnasco, Costamontefedele Casa dei Rovati, Montù Beccaria. Al bivio di questa, prima dell’a-bitato, prosegue sulla strada che conduce verso sud alle frazioni: Ca’ de Bernardini, Borsoni,Bergamasco, Poggiolo e ancora per Cerisola, Donelasco e Santa Maria della Versa. Da qui scen-de a nord per la provinciale Santa Maria-Stradella, sino alla frazione Begoglio, dove devia a ovestper la comunale che tocca le frazioni: Squarzine, Gaiasco, Cella, Ca’ di Paglia sino al ponte deltorrente Scuropasso in località Molino Sacrista. Quindi scende a valle lungo il torrente Scuropas-so, sino a incontrare il confine comunale tra Lirio e Pietra de’ Giorgi a comprendere per interoquest’ultimo territorio comunale e quello di Cigognola a sud della strada statale n. 10 che costi-

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tuisce il confine nord sino al chilometro n. 162+700, all’imbocco della strada comunale perBosnasco.

Articolo 4. - Norme per la viticoltura

4.1. Condizioni naturali dell’ambienteLe condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a denominazio-ne di origine controllata “Oltrepò Pavese” devono essere quelle tradizionali della zona di produ-zione e, comunque, atte a conferire alle uve e ai vini le specifiche tradizonali caratteristiche diqualità. Il materiale vegetale utilizzato per i nuovi impianti, gli infittimenti e le sostituzioni dipiante deve essere effettuato esclusivamente con materiale vivaistico certificato.I vigneti devono essere posti su terreni di natura calcarea o calcareo-argillosa o su pendici colli-nari ben soleggiate escludendo comunque i fondo valle e i terreni di pianura. I sesti d’impianto,le forme di allevamento e i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente usati o comun-que atti a non modificare le caratteristiche delle uve e del vino.

4.2. Densità d’impiantoPer i nuovi impianti ed i reimpianti la densità dei ceppi per ettaro non può essere inferiore a 4.000,per le tipologie Bonarda la densità di ceppi per ettaro non può essere inferiore a 3.200.

4.3. Sesti d’impianto e forme di allevamentoI sesti d’impianto e le forme di allevamento (controspalliera) e i sistemi di potatura devono esse-re quelli di tipo tradizionale e, comunque, i vigneti devono essere governati in modo da non modi-ficare le caratteristiche dell’uva, del mosto e del vino. Per i vigneti esistenti alla data di pubblica-zione del presente disciplinare sono consentite le forme di allevamento già usate nella zona, conesclusione delle forme di allevamento espanse.

4.4. IrrigazioneÈ consentita l’irrigazione di soccorso.

4.5. Resa ad ettaro e gradazione minima naturaleLe produzioni massime di uva per ettaro in coltura specializzata dei vigneti destinati alla produ-zione dei vini a denominazione di origine controllata “Oltrepò Pavese”, ed i titoli alcolometricivolumici naturali minimi devono essere i seguenti:

Tipologie Prod. max t./ha Titolo alcol. volumico nat. min.

1) Rosso 11 11% vol.

2) Rosso Riserva 11 12% vol.

3) Rosato 11 10% vol.

4) Rosato frizzante 11 10% vol.

5) Bianco 12 10,5% vol.

6) Buttafuoco 10,5 11,5% vol.

7) Buttafuoco frizzante 10,5 11,5% vol.

8) Sangue di Giuda frizzante 10,5 11,5% vol.

9) Sangue di Giuda spumante 10,5 11,5% vol.

10) Barbera 12 11% vol.

11) Barbera frizzante 12 11% vol.

12) Bonarda 12,5 10,5% vol.

13) Bonarda frizzante 12,5 10,5% vol.

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 211

14) Riesling 12,5 10,5% vol.

15) Riesling frizzante 12,5 10,5% vol.

16) Cortese 11 10% vol.

17) Cortese frizzante 11 10% vol.

18) Moscato 12,5 10% vol.

19) Moscato frizzante 12,5 10% vol.

20) Moscato passito 12,5 10,5% vol.

21) Moscato liquoroso 12,5 12,5% vol.

22) Malvasia 11,5 9,5% vol.

23) Malvasia frizzante 11,5 9,5% vol.

24) Pinot nero vinificato in bianco 12 10,5% vol.

25) Pinot nero vinificato in bianco frizzante 12 10,5% vol.

26) Pinot nero vinificato in rosato 12 10,5% vol.

27) Pinot nero vinificato in rosato frizzante 12 10,5% vol.

28) Pinot nero vinificato in rosso 12 10,5% vol.29) Pinot grigio vinificato in bianco 12 10,5% vol.

30) Pinot grigio vinificato in bianco frizzante 12 10,5% vol.

31) Pinot grigio vinificato in rosato 12 10,5% vol.

32) Pinot grigio vinificato in rosato frizzante 12 10,5% vol.

33) Chardonnay 10 10% vol.

34) Chardonnay frizzante 10 10% vol.

35) Sauvignon 10 10% vol.

36) Cabernet Sauvignon 10,5 10,5% vol.

37) Cortese spumante 11 9% vol.

38) Riesling spumante 12,5 9,5% vol.

39) Moscato spumante 12,5 9,5% vol.

40) Malvasia spumante 11,5 9% vol.

41) Pinot nero vinificato in bianco spumante 12 9,5% vol.

42) Pinot nero vinificato in rosato spumante 12 9,5% vol.

43) Chardonnay spumante 10 9% vol.

44) Sauvignon spumante 10 9% vol.

Anche in annate eccezionalmente favorevoli, la resa uva ad ettaro dovrà essere riportata nei limi-ti di cui sopra purché la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi, ferma restan-do la resa uva/vino per i quantitativi di cui trattasi. Oltre detto limite del 20% decade il diritto allaDenominazione di origine controllata “Oltrepò Pavese” per tutta la partita.

La Regione Lombardia, sentito il parere del Consorzio di Tutela, annualmente, con proprio decre-to, tenuto conto delle condizioni ambientali di coltivazione, può fissare produzioni massime perettaro inferiori a quelle stabilite dal presente disciplinare di produzione, o limitare, per talune zonegeografiche, l’utilizzo delle menzioni aggiuntive di cui all’art. 1, dandone immediata comunica-zione al Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali - Comitato nazionale per la tute-la e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche deivini.

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212 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

Articolo 5. - Norme per la vinificazione

5.1. Zona di vinificazioneLe operazioni di vinificazione devono essere effettuate nella zona di produzione delimitata dal-l’art. 3. Tenuto conto delle situazioni tradizionali di produzione è consentito che tali operazionisiano effettuate nell’intero territorio della provincia di Pavia, nonché nelle frazioni di Vicobaronee Casa Bella del comune di Ziano Piacentino in provincia di Piacenza.È consentito, inoltre, che si effettuino nell’intero territorio della Lombardia e del Piemonte le ope-razioni di vinificazione ai fini della spumantizzazione per la produzione dell’“Oltrepò Pavese”delle seguenti tipologie: Moscato, Malvasia, Riesling, Pinot nero, Cortese, Chardonnay,Sauvignon, e per la produzione di “Oltrepò Pavese” Moscato liquoroso.

5.2. Resa uva/vinoLe rese massime dell’uva in vino devono essere le seguenti:

Tipologie Resa uva/vino

1) Rosso 70%

2) Rosso Riserva 70%

3) Rosato 70%

4) Rosato frizzante 70%

5) Bianco 70%

6) Buttafuoco 70%

7) Buttafuoco frizzante 70%

8) Sangue di Giuda frizzante 70%

9) Sangue di Giuda spumante 70%

10) Barbera 70%

11) Barbera frizzante 70% .

12) Bonarda 70%

13) Bonarda frizzante 70%

14) Riesling 70%

15) Riesling frizzante 70%

16) Cortese 70%

17) Cortese frizzante 70%

18) Moscato 70%

19) Moscato frizzante 70%

20) Moscato passito 45%

21) Moscato liquoroso 70%

22) Malvasia 70%

23) Malvasia frizzante 70%

24) Pinot nero vinificato in bianco 70%

25) Pinot nero vinificato in bianco frizzante 70%

26) Pinot nero vinificato in rosato 70%

27) Pinot nero vinificato in rosato frizzante 70%

28) Pinot nero vinificato in rosso 70%

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 213

29) Pinot grigio vinificato in bianco 70%

30) Pinot grigio vinificato in bianco frizzante 70%

31) Pinot grigio vinificato in rosato 70%

32) Pinot grigio vinificato in rosato frizzante 70%

33) Chardonnay 70%

34) Chardonnay frizzante 70%

35) Sauvignon 70%

36) Cabernet Sauvignon 70%

37) Cortese spumante 70%

38) Riesling spumante 70%

39) Moscato spumante 70%

40) Malvasia spumante 70%

41) Pinot nero vinificato in bianco spumante 70%

42) Pinot nero vinificato in rosato spumante 70%

43) Chardonnay spumante 70%

44) Sauvignon spumante 70%

Qualora la resa uva/vino superi i limiti sopra riportati, ma non oltre il 5%, l’eccedenza non avràdiritto alla denominazione di origine controllata; oltre tale limite decade il diritto alla denomina-zione di origine per tutta la partita. Le uve destinate alla produzione delle tipologie spumante:Cortese, Riesling, Moscato, Malvasia, Chardonnay e Pinot nero dovranno essere indicate all’attodella denuncia annuale delle medesime.

5.3. Modalità di vinificazione e di elaborazioneNella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche corrispondenti agli usi locali,leali e costanti, atti a conferire ai vini le loro rispettive caratteristiche. In particolare è ammessala vinificazione congiunta o disgiunta delle uve che concorrono alla denominazione “OltrepòPavese”. Nel caso della vinificazione disgiunta il coacervo dei vini, facenti parte della medesimapartita, deve avvenire nella cantina del vinificatore entro il periodo di completo affinamento.Nella preparazione dei vini spumanti “Oltrepò Pavese” Riesling, Cortese, Chardonnay, Moscato,Malvasia e Sauvignon, Pinot nero (vinificato in bianco) e Pinot nero (vinificato in rosato) deveessere usata la tradizionale tecnica di rifermentazione in autoclave (metodo charmat detto local-mente metodo Martinotti).

5.4. InvecchiamentoLa denominazione “Oltrepò Pavese” Rosso riserva è riservata ai vini sottoposti a un periodo diinvecchiamento di almeno ventiquattro mesi a partire dal 1° novembre dell’anno di produzionedelle uve.

5.5. Immissione al consumoI vini a D.O.C. “Oltrepò Pavese” Buttafuoco non possono essere immessi al consumo prima del30 aprile dell’anno successivo alla vendemmia.Il vino “Oltrepò Pavese” Moscato passito non può essere immesso al consumo prima del 1 giu-gno dell’anno successivo alla vendemmia.

5.6. Vini passiti e liquorosiIl vino “Oltrepò Pavese” Moscato liquoroso, nei due tipi dolce e secco o dry, deve essere prodot-

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to partendo da mosto o da vino Moscato, di cui al presente disciplinare. Per il raggiungimento deltitolo alcolometrico volumico, previsto al consumo, al Moscato liquoroso è ammessa l’aggiunta,prima, durante e dopo la fermentazione, di alcol puro, acquavite, mosto concentrato.È consentita la produzione di “Oltrepò Pavese” Moscato passito partendo dalle uve Moscato dicui all’art. 2, dopo essere state sottoposte ad un periodo di appassimento che può protrarsi fino al30 marzo dell’anno successivo a quello della vendemmia, e la vinificazione non deve essere ante-riore al 15 ottobre dell’anno di produzione delle uve. Tale procedimento deve assicurare, al ter-mine del periodo di appassimento, un contenuto zuccherino non inferiore al 23,00%

Articolo 6. - Caratteristiche dei vini al consumo

I vini a Denominazione di origine controllata “Oltrepò Pavese” devono rispondere, all’atto del-l’immissione al consumo, alle seguenti caratteristiche:

1) “Oltrepò Pavese” Rosso:- colore: rosso rubino intenso;- odore: vinoso, intenso;- sapore: pieno, leggermente tannico, di corpo;- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;- acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 20,0 g/l.

2) “Oltrepò Pavese” Rosso riserva:- colore: rosso rubino con riflessi aranciati;- odore: profumo intenso, etereo;- sapore: asciutto, corposo, armonico;- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,50% vol.;- acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 22,0 g/l.

3) “Oltrepò Pavese” Rosato:- colore: rosato tendente al cerasuolo tenue;- odore: leggermente vinoso, caratteristico;- sapore: asciutto, armonico;- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;- acidità totale minima: 4,5 per mille;- estratto non riduttore minimo: 17,0 g/l.

4) “Oltrepò Pavese” Rosato frizzante:- colore: rosato tendente al cerasuolo tenue;- odore: leggermente vinoso, caratteristico;- sapore: vivace, asciutto, armonico;- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.; di cui almeno 10,00% effettivo;- acidità totale minima: 4,5 per mille;- estratto non riduttore minimo: 17,0 g/l.

5) “Oltrepò Pavese” Bianco:- colore: giallo paglierino più o meno intenso;- odore: intenso, caratteristico;- sapore: asciutto, gradevole, di gusto fresco e armonico;- titolo alcolometrico volumico complessivo minimo: 12,00% vol.;- acidità totale: 4,5 per mille;- estratto non riduttore minimo: 16,0 g/l.

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Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 215

6) “Oltrepò Pavese” Buttafuoco:- colore: rosso vivo, più o meno intenso;- odore: vinoso, intenso;- sapore: asciutto, di corpo;- titolo alcolometrico volumico complessivo minimo: 12,00% vol.;- acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 22,0 g/l.

7) “Oltrepò Pavese” Buttafuoco frizzante:- colore: rosso vivo più o meno intenso;- odore: vinoso, intenso;- sapore: asciutto, di corpo;- spuma: vivace, evanescente;- titolo alcolometrico volumico complessivo minimo: 12,00% vol.; di cui almeno 11,50% effettivo;- acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 22,0 g/l.

8) “Oltrepò Pavese” Sangue di Giuda frizzante dolce:- colore: rosso rubino intenso;- odore: vinoso, intenso;- sapore: pieno, di corpo e dolce;- spuma: vivace, evanescente;- residuo zuccherino minimo: 80 g/l;- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.; di cui almeno 7% vol. svolto;- acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 22,0 g/l.

9) “Oltrepò Pavese” Sangue di Giuda spumante dolce:- colore: rosso rubino intenso;- odore: vinoso, intenso;- sapore: pieno, di corpo, dolce;- spuma: vivace, persistente;- titolo alcolometrico volumico effettivo: 9,00% vol.;- acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 22,0 g/l.

10) “Oltrepò Pavese” Barbera:- colore: rosso rubino intenso, limpido, brillante;- odore: vinoso, dopo invecchiamento, profumo caratteristico;- sapore: sapido, di corpo, leggermente tannico;- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;- acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 20,0 g/l.

11) “Oltrepò Pavese” Barbera frizzante:- colore: rosso rubino intenso, limpido, brillante;- odore: vinoso, profumo caratteristico;- sapore: sapido, di corpo;- spuma: vivace, evanescente;- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.; di cui almeno 10,50% effettivo;- acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 20,0 g/l.

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216 Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese

12) “Oltrepò Pavese” Bonarda:- colore: rosso rubino intenso;- odore: profumo intenso e gradevole;- sapore: secco, abboccato, amabile, leggermente tannico;- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol.;- acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 20,0 g/l.

13) “Oltrepò Pavese” Bonarda frizzante secco e/o abboccato e/o amabile:- colore: rosso rubino intenso;- odore: profumo intenso e gradevole;- sapore: secco o abboccato o amabile, leggermente tannico, fresco;- spuma: vivace, evanescente;- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.; di cui almeno 9,00% effettivo;- acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 20,0 g/l.

14) “Oltrepò Pavese” Riesling:- colore: giallo paglierino, chiaro, verdolino;- odore: caratteristico, gradevole;- sapore: fresco, gradevole;- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;- acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 14,0 g/l.

15) “Oltrepò Pavese” Riesling frizzante:- colore: giallo paglierino, chiaro, verdolino;- odore: caratteristico, gradevole;- sapore: fresco, gradevole e intenso;- spuma: vivace, evanescente;- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.; di cui almeno 10,00% effettivo;- acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 14,0 g/l.

16) “Oltrepò Pavese” Riesling spumante:- colore: giallo paglierino, chiaro, verdolino;- odore: caratteristico, gradevole;- sapore: fresco, gradevole e intenso;- spuma: fine e persistente;- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;- acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 14,0 g/l.

17) “Oltrepò Pavese” Cortese:- colore: giallo paglierino, chiaro;- odore: vinoso, caratteristico;- sapore: morbido, fresco, piacevole;- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;- acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 14,0 g/l.

18) “Oltrepò Pavese” Cortese frizzante:- colore: giallo paglierino, chiaro;

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- odore: vinoso, caratteristico;- sapore: morbido, fresco;- spuma: vivace, evanescente;- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.; di cui almeno 10,00% effettivo;- acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 14,0 g/l.

19) “Oltrepò Pavese” Cortese spumante:- colore: giallo paglierino, chiaro;- odore: vinoso, caratteristico;- sapore: morbido, fresco, piacevole;- spuma: fine e persistente;- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;- acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 14,0 g/l.

20) “Oltrepò Pavese” Moscato:- colore: giallo paglierino, con riflessi dorati;- odore: aromatico, caratteristico, intenso e delicato;- sapore: dolce, gradevole, vivace;- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;- titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 4,5% vol.;- acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 14,0 g/l.

21) “Oltrepò Pavese” Moscato spumante dolce:- colore: giallo paglierino, con riflessi dorati;- odore: aromatico, caratteristico, intenso e delicato;- sapore: dolce, gradevole;- spuma: fine, persistente e dorata;- titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 6,00% vol.;- acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 14,0 g/l.

22) “Oltrepò Pavese” Moscato liquoroso:- colore: giallo paglierino o leggermente ambrato;- odore: aromatico, intenso;- sapore: vellutato secco;- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 18,00% vol.;- acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 16,0 g/l.

23) “Oltrepò Pavese” Moscato passito:- colore: giallo dorato o leggermente ambrato;- odore: aromatico, caratteristico, delicato;- sapore: dolce, armonico, pieno e vellutato;- titolo alcolometrico volumico complessivo minimo: 15,00% vol.; di cui almeno svolto 12% vol.;- acidità totale minima: 3,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 24,0 g/l.- acidità volatile massima: 1,5 g/l;

24) “Oltrepò Pavese” Malvasia:- colore: giallo paglierino;

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- odore: aromatico, caratteristico, intenso;- sapore: secco, persistente;- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;- acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 14,0 g/l.

25) “Oltrepò Pavese” Malvasia frizzante:- colore: giallo paglierino;- odore: aromatico, caratteristico, intenso;- sapore: gradevole, morbido;- spuma: vivace, evanescente;- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.; di cui almeno 7,00% effettivo;- acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 14,0 g/l.

26) “Oltrepò Pavese” Malvasia spumante secco e/o amabile e/o dolce:- colore: giallo paglierino;- odore: aromatico, caratteristico, intenso;- sapore: secco, amabile, dolce;- spuma: fine e persistente;- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.; di cui almeno 6,00% effettivo;- acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 14,0 g/l.

27) “Oltrepò Pavese” Pinot nero (vinificato in bianco):- colore: giallo paglierino, verdognolo;- odore: caratteristico;- sapore: fresco, sapido, fine, molto gradevole;- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;- acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 14,0 g/l.

28) “Oltrepò Pavese” Pinot nero (vinificato in bianco) frizzante:- colore: giallo paglierino, verdognolo chiarissimo;- odore: caratteristico;- sapore: fresco, sapido, fine, molto gradevole e vivace;- spuma: vivace, evanescente;- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.; di cui almeno 10,50% effettivo;- acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 14,0 g/l.

29) “Oltrepò Pavese” Pinot nero (vinificato in bianco) spumante:- colore: giallo paglierino, verdognolo chiarissimo;- odore: caratteristico;- sapore: fresco, sapido, fine, molto gradevole;- spuma: fine e persistente;- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;- acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 14,0 g/l.

30) “Oltrepò Pavese” Pinot nero spumante rosato:- colore: rosato, tendente al cerasuolo tenue;- odore: caratteristico;

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- sapore: fresco, sapido, fine, molto gradevole;- spuma: fine e persistente;- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;- acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 14,0 g/l.

31) “Oltrepò Pavese” Pinot nero rosato:- colore: rosato, tendente al cerasuolo tenue;- odore: caratteristico;- sapore: fresco, sapido, fine, molto gradevole;- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;- acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 14,0 g/l.

32) “Oltrepò Pavese” Pinot nero frizzante rosato:- colore: rosato, tendente al cerasuolo tenue;- odore: caratteristico;- sapore: fresco, sapido, fine, molto gradevole e vivace;- spuma: vivace, evanescente;- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.; di cui almeno 10,00% effettivo;- acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 14,0 g/l.

33) “Oltrepò Pavese” Pinot nero:- colore: rosso rubino con riflessi aranciati;- odore: intenso, ampio, speziato;- sapore: secco, caldo, leggermente tannico;- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,50% vol.;- acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 20,0 g/l.34) “Oltrepò Pavese” Pinot grigio:- colore: giallo paglierino più o meno intenso o leggermente ramato;- odore: caratteristico, fruttato;- sapore: fresco, sapido, gradevole;- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;- acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 14,0 g/l.

35) “Oltrepò Pavese” Pinot grigio frizzante:- colore: giallo paglierino più o meno intenso o leggermente ramato;- odore: caratteristico, fruttato;- sapore: fresco, sapido, gradevole e vivace;- spuma: vivace, evanescente;- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.; di cui almeno 10,50% effettivo;- acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 14,0 g/l.

36) “Oltrepò Pavese” Chardonnay:- colore: giallo paglierino più o meno carico;- odore: caratteristico, strutturato con vena aromatica;- sapore: fresco, intenso, sapido, gradevole;- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;

Guida all’utilizzo della Denominazione di Origine Pinot nero in Oltrepò Pavese 219

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- acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 14,0 g/l.

37) “Oltrepò Pavese” Chardonnay frizzante:- colore: giallo paglierino più o meno carico;- odore: caratteristico, strutturato con vena aromatica;- sapore: fresco, intenso, sapido, gradevole, vivace;- spuma: vivace, evanescente;- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.; di cui almeno 10,00% effettivo;- acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 14,0 g/l.

38) “Oltrepò Pavese” Chardonnay spumante:- colore: giallo paglierino più o meno carico;- odore: caratteristico, strutturato con vena aromatica;- sapore: fresco, intenso, sapido, gradevole;- spuma: fine e persistente;- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.; - acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 14,0 g/l.

39) “Oltrepò Pavese” Sauvignon:- colore: giallo paglierino;- odore: caratteristico, delicato;- sapore: asciutto, fresco e piacevole;- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.;- acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 17,0 g/l.

40) “Oltrepò Pavese” Sauvignon spumante:- colore: giallo paglierino;- odore: caratteristico, delicato- sapore: asciutto, fresco e piacevole;- spuma: fine e persistente;- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol.; - acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 17,0 g/l.

41) “Oltrepò Pavese” Cabernet Sauvignon:- colore: rosso rubino intenso;- odore: leggermente erbaceo, caratteristico;- sapore: armonico, pieno, lievemente tannico;- titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol.;- acidità totale minima: 4,5 g/l;- estratto non riduttore minimo: 22,00 g/l.

In relazione all’eventuale conservazione in recipienti di legno, il sapore dei vini può rilevare lievesentore di legno. È facoltà del Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, con propriodecreto, modificare per i vini di cui sopra i limiti indicati per l’acidità totale e l’estratto non ridut-tore.

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Articolo 7. - Qualificazione, etichettatura, designazione e presentazione

7.1. QualificazioniAlla denominazione di origine controllata “Oltrepò Pavese” è vietata l’aggiunta di qualsiasi men-zione diversa da quelle previste dal presente disciplinare ivi compresi gli aggettivi “superiore”,“extra”, “fine”, “scelto”, “selezionato”, “vecchio”, “riserva” e similari.È tuttavia consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi o ragioni sociali o mar-chi privati, purché non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre in inganno il con-sumatore. È altresì consentito l’uso di indicazioni geografiche e toponomastiche, che faccianoriferimento a comuni, frazioni, fattorie, zone e località comprese nella zona delimitata dal prece-dente art. 3, dalle quali effettivamente provengono le uve da cui il vino così qualificato è statoottenuto, in conformità al decreto ministeriale 22 aprile 1992.

7.2. EtichettaturaSulle bottiglie o altri recipienti contenenti “Oltrepò Pavese” può essere riportata l’indicazio-ne dell’annata di vendemmia da cui il vino deriva; tale indicazione è obbligatoria per i vini“Bianco”, “Rosso”, “Rosso Riserva”, “Sangue di Giuda”, “Buttafuoco”, “Pinot nero” (vinifica-to in rosso) e “Moscato passito”.

7.3. Caratteri e posizioni in etichettaLe menzioni facoltative, escluse i marchi e i nomi aziendali, possono essere riportate nell’etichet-tatura soltanto in caratteri tipografici non più grandi o evidenti di quelli utilizzati per la denomi-nazione di origine del vino, salvo le norme generali più restrittive.Nella tipologia “Oltrepò Pavese” Pinot nero (vinificato in rosato) spumante è consentito per latipologia rosato l’uso in etichetta del termine “Rosé”.Il nome di vitigno le menzioni specifiche tradizionali o di colore previste dal presente disciplina-re per le varie tipologie debbono essere indicate nella designazione del prodotto seguendo imme-diatamente a cascata le diciture “Oltrepò Pavese” denominazione di origine controllata.

Articolo 8. - Confezionamento

I vini a denominazione di origine controllata “Oltrepò Pavese” di cui all’art. 1 possono essereimmessi al consumo in contenitori di qualunque capacità previsti dalla legge, ad esclusione delletipologie Bianco, Rosso, Rosso Riserva, Pinot nero (vinificato in rosso) e Buttafuoco, che devo-no essere immessi al consumo soltanto in bottiglie di vetro di forma tradizionale e di capa-cità non superiore a litri 5. La tipologia Bonarda soltanto in bottiglie di vetro di capacità nonsuperiore a litri 1,5.Per la tappatura dei vini spumanti è obbligatorio il tappo di sughero a fungo munito del tradizio-nale ancoraggio a gabbietta, ad eccezione dei recipienti di volume nominale uguale o inferiore aml 200 per i quali sono consentite le chiusure ammesse dalla vigente normativa in materia.Inoltre a richiesta delle ditte interessate o del Consorzio di Tutela può essere consentito con spe-cifica autorizzazione del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali l’utilizzo deicontenitori di capacità di litri 6-9 e superiori.

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OLTREPÒ PAVESE CARTA STRADALE

Verba&Scripta

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...al Pinot nero d’Oltrepò

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