politico religioso non praevalebunt · per «costruire ponti, abbattere muri, integrare la...

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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLVII n. 206 (47.640) Città del Vaticano sabato 9 settembre 2017 . y(7HA3J1*QSSKKM( +/!"!}!z!;! La ricerca dell’unità e della pace al centro della seconda giornata del viaggio papale in Colombia Per un futuro senza odio né vendetta L’utopia della vita Davanti a una marea umana davvero impressionante il Papa ha celebrato la prima messa del viaggio in Colombia, mentre la sera di nuvole grigie e fredde scendeva su Bogotá. Erano molte centi- naia di migliaia le persone nell’enorme parco intitolato a Simón Bolívar, forse oltre un milione, e a loro Francesco ha parlato. Mettendo a confronto la realtà della metropoli e del paese con il rac- conto del Vangelo: quando Gesù predi- ca sulle sponde del mare di Galilea a «moltitudini anelanti una parola di vi- ta», davanti alle acque che racchiudono la speranza dei pescatori poi suoi disce- poli ma anche le tenebre che minaccia- no l’esistenza umana. È questa l’immagine che riassume, insieme all’abbraccio gioioso e toccante con un gruppo di ragazze e ragazzi con disabilità, l’inizio della visita in Colom- bia. Solo poche ore, ma nelle quali si sono concentrati l’incontro con il presi- dente e le autorità, il saluto al popolo colombiano affidato a migliaia di gio- vani, e due importanti discorsi: ai ve- scovi del paese e poi del Celam, il Consiglio episcopale latinoamericano, in continuità con quella conferenza di Aparecida dove Bergoglio, come arcive- scovo di Buenos Aires, aveva svolto un ruolo decisivo. Francesco guarda lontano e le sue parole, mai autoreferenziali, si capisco- no e sanno trasmettere speranza. Con la preoccupazione che il Vangelo sia predicato appunto in modo comprensi- bile e «concretamente», come ha racco- mandato al Celam, perché la vicinanza e l’incontro «sono gli strumenti di Dio». Ecco dunque la missione della Chiesa: essere segno visibile della vici- nanza di Dio e luogo permanente dell’incontro con lui. Per «costruire ponti, abbattere muri, integrare la diversità, promuovere la cultura dell’incontro e del dialogo, edu- care al perdono e alla riconciliazione, al senso di giustizia, al rifiuto della vio- lenza e al coraggio della pace». Guar- dando e aprendosi ai giovani, alle don- ne, ai laici. «Senza le donne la Chiesa del continente perderebbe la forza di rinascere continuamente» ha detto il Papa, raccomandando di non ridurle a «serve del nostro recalcitrante clericali- smo». In una visione del cattolicesimo che va al di là dell’America latina e che Bergoglio ha riassunto chiedendo ai ve- scovi solo passione: passione nell’an- nuncio del Vangelo. Poche ore prima il Pontefice si era incontrato con i vescovi della Colom- bia, insanguinata da una guerra lunga oltre mezzo secolo, ha lodato il corag- gio del paese di «resistere alla morte, non solo annunciata ma molte volte se- minata», e ora la sua volontà di uscir- ne. Facendo quel «primo passo» che è il motto della visita papale. Ai vescovi il Papa ha così parlato dell’urgenza del- la riconciliazione e della missione, in un contesto dove la vita è minacciata in molti modi: ai suoi albori e al suo ter- mine, dalla violenza e dalla tentazione sovversiva, dalla droga e dal narcotraf- fico, «metastasi morale che mercantiliz- za l’inferno», che «semina dovunque la corruzione e nello stesso tempo ingras- sa i paradisi fiscali». Una realtà dolorosa di odio e ven- detta che sembra lunga cent’anni, ha sintetizzato nel discorso alle autorità Bergoglio, che ha chiesto a tutti di su- perarla. Con una allusione trasparente al più celebre letterato del paese, Ga- briel García Márquez, poi suggestiva- mente citato: «Di fronte all’oppressio- ne, al saccheggio e all’abbandono, la nostra risposta è la vita». E si può anzi realizzare «una nuova e travolgente utopia della vita», dove sia certo l’amo- re e sia possibile la felicità, «e dove le stirpi condannate a cent’anni di solitu- dine abbiano finalmente e per sempre una seconda opportunità sulla terra». g.m.v. Ancora incerto il numero delle vittime Il Messico scosso da un fortissimo terremoto Militari messicani osservano i danni del terremoto a Veracruz (Afp) Nuova ricerca sui martiri albanesi Quel centro di torture in un monastero FELICE ACCRO CCA A PAGINA 4 A colloquio con il vescovo di Pyay I rohingya e la guerra dell’informazione LUCA M. POSSATI A PAGINA 3 NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha nominato Nunzio Apostolico in Indo- nesia Sua Eccellenza Monsi- gnor Piero Pioppo, Arcive- scovo titolare di Torcello, fi- nora Nunzio Apostolico in Camerun e in Guinea Equa- toriale. Per porre fine al tempo dell’odio e della ven- detta in Colombia non deve venir meno l’im- pegno di tutte le componenti della società. Perché la ricerca della pace «è un lavoro sempre aperto» e «un compito che non dà tregua», ha ricordato Papa Francesco nel pri- mo discorso pubblico pronunciato nel paese latinoamericano, dove è giunto mercoledì 6 settembre. Rivolgendosi alle autorità politi- che, civili e religiose — salutate nel palazzo presidenziale di Bogotá giovedì 7 — il Ponte- fice ha chiesto di salvaguardare «l’unità della nazione» lasciando da parte la «ricerca di in- teressi solo particolari e a breve termine» e lavorando per la «convivenza pacifica» e la «cultura dell’incontro, che esige di porre al centro di ogni azione politica, sociale ed eco- nomica la persona umana». Un tema, quello della riconciliazione, che ha fatto da filo conduttore ai diversi incontri della seconda giornata del viaggio. Anche ai tantissimi giovani che lo hanno accolto all’esterno del palazzo cardinalizio il Papa ha affidato il compito di «costruire la nazione che abbiamo sempre sognato», facendo leva soprattutto sulla capacità di «perdonare colo- ro che ci hanno ferito» e di «lasciarci alle spalle quello che ci ha offeso». E la missione di essere artefici di comunione per poter «parlare ai cuori di tutti» è stata rilanciata da Francesco nel discorso ai vescovi del paese. «Voi non siete tecnici né politici, siete pasto- ri» ha ammonito il Pontefice, con un preciso richiamo al dovere di accompagnare l’intera società colombiana verso «la pace definitiva, la riconciliazione, verso il ripudio della vio- lenza come metodo, il superamento delle di- suguaglianze che sono la radice di tante sof- ferenze, la rinuncia alla strada facile ma sen- za uscita della corruzione». Lunga e articolata la riflessione che il Papa ha offerto ai membri del Celam, a partire dalla riscoperta dell’eredità pastorale di Apa- recida per finire alle sfide che attendono la Chiesa nel continente. Una Chiesa chiamata oggi a essere «sacramento di unità e di spe- ranza». Perché, ha spiegato, «la nostra più grande sfida è parlare all’uomo». E i cristiani devono imparare a «riappropriarsi dei verbi che il Verbo di Dio coniuga nella sua missio- ne divina: uscire per incontrare, senza passa- re oltre; chinarsi senza noncuranza; toccare senza paura». Venerdì 8 il Pontefice si reca a Villavicen- cio, dove sono in programma la beatificazio- ne di due martiri colombiani — il vescovo di Arauca, Jesús Emilio Jaramillo Monsalve, as- sassinato il 2 ottobre 1989, e il sacerdote Pe- dro María Ramírez Ramos, ucciso il 10 aprile 1948 — e il grande incontro di preghiera per la riconciliazione nazionale. PAGINE 6-12 CITTÀ DEL MESSICO, 8. Un sisma di straordinaria intensità, il più vio- lento degli ultimi 85 anni, ha scos- so il sud e il centro del Messico. I sismografi si sono fermati alle ore 23,49 e hanno indicato una magni- tudo di 8.2 gradi sulla scala Ri- chter. Almeno sedici i morti secon- do fonti ufficiali, la gran parte nel- lo stato di Oaxaca. Altre fonti indi- cano che le vittime sarebbero venti- sei, ma il bilancio potrebbe peggio- rare. Una vittima è stata segnalata anche in Guatemala. L’epicentro è stato localizzato in mare, a 58 chilometri di profondità nell’Oceano Pacifico, a 133 chilome- tri a sud-est di Pijijiapan, di fronte le coste del Chiapas, nella zona meridionale del paese. Immediata- mente è stata diramata anche un’al- lerta tsunami per il Messico e per diversi paesi dell’America centrale In alcune zone si sono registrate onde alte fino tre metri di altezza. Al momento, però, il pericolo sem- bra essersi ridimensionato. Numerose le repliche nelle ore seguenti alla scossa principale. Al- meno 65, la più forte delle quali di magnitudo 6,1. Il rischio, ha avver- tito il presidente Enrique Peña Nieto, che ha parlato di peggiore terremoto in un secolo, è che la si- tuazione di instabilità si protragga a lungo. Lo sciame potrebbe conti- nuare per le prossime 24 ore e an- che per questa ragione è stata di- sposta la chiusura delle scuole in undici stati. Milenio Ricardo de la Cruz, di- rettore della protezione civile messi- cana, ha confermato che i morti ac- certati sono sedici: tre nello stato di Chiapas, rimasti sepolti dalle mace- rie di un’abitazione a San Cristóbal de Las Casas, due bambini nel con- finante Tabasco, e altri undici in una zona montana nello stato di Oaxaca, a ovest del Chiapas. Il sisma è stato avvertito non sol- tanto al sud. In buona parte del paese, compresa la capitale Città del Messico che dista più di mille chilometri dall’epicentro, si sono re- gistrate scene di panico. Una decina gli stati interessati nel sud e nel centro del paese. Al- meno cinquanta milioni di persone, la metà della popolazione messica- na, ha avvertito distintamente il si- sma che è stato sentito anche in Guatemala, dove la magnitudo ha raggiunto il grado 7.3 della scala Richter. Le autorità stanno continuando a valutare i danni. Al momento è sta- to accertato il crollo di un albergo nella zona dell’istmo di Tehuante- pec. A Juchitán de Zaragoza, nello stato di Oaxaca, ci sarebbero case crollate con persone all’interno, ma mancano ancora conferme ufficiali. Il Messico, che si trova sul punto d’incontro di cinque placche tetto- niche, viene spesso colpito da terre- moti. Il 19 settembre 1985, a Città del Messico, un sisma di magnitu- do 8,1 uccise 10.000 persone, e ne lasciò 45.000 senza tetto. In quell’occasione crollarono un terzo degli edifici della capitale messica- na. Ma una scossa di intensità simi- le a quella odierna è stata registrata nel lontano 1932. I vescovi messicani hanno lancia- to un messaggio alla popolazione. «Dio ci rafforzi come fratelli nella fede per mostrarci disponibili nei confronti di chi ha sofferto a causa di questo forte terremoto» è l’ap- pello veicolato attraverso i social media. Cordoglio del Papa per la morte del cardinale Caffarra PAGINA 9

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Page 1: POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt · Per «costruire ponti, abbattere muri, integrare la diversità, promuovere la cultura dell’incontro e del dialogo, edu-care al perdono e alla

Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00

L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLVII n. 206 (4 7. 6 4 0 ) Città del Vaticano sabato 9 settembre 2017

.

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La ricerca dell’unità e della pace al centro della seconda giornata del viaggio papale in Colombia

Per un futuro senza odio né vendettaL’utopiadella vita

Davanti a una marea umana davveroimpressionante il Papa ha celebrato laprima messa del viaggio in Colombia,mentre la sera di nuvole grigie e freddescendeva su Bogotá. Erano molte centi-naia di migliaia le persone nell’enormeparco intitolato a Simón Bolívar, forseoltre un milione, e a loro Francesco haparlato. Mettendo a confronto la realtàdella metropoli e del paese con il rac-conto del Vangelo: quando Gesù predi-ca sulle sponde del mare di Galilea a«moltitudini anelanti una parola di vi-ta», davanti alle acque che racchiudonola speranza dei pescatori poi suoi disce-poli ma anche le tenebre che minaccia-no l’esistenza umana.

È questa l’immagine che riassume,insieme all’abbraccio gioioso e toccantecon un gruppo di ragazze e ragazzi condisabilità, l’inizio della visita in Colom-bia. Solo poche ore, ma nelle quali sisono concentrati l’incontro con il presi-dente e le autorità, il saluto al popolocolombiano affidato a migliaia di gio-vani, e due importanti discorsi: ai ve-scovi del paese e poi del Celam, ilConsiglio episcopale latinoamericano,in continuità con quella conferenza diAparecida dove Bergoglio, come arcive-scovo di Buenos Aires, aveva svolto unruolo decisivo.

Francesco guarda lontano e le sueparole, mai autoreferenziali, si capisco-no e sanno trasmettere speranza. Conla preoccupazione che il Vangelo siapredicato appunto in modo comprensi-bile e «concretamente», come ha racco-mandato al Celam, perché la vicinanzae l’incontro «sono gli strumenti diDio». Ecco dunque la missione dellaChiesa: essere segno visibile della vici-nanza di Dio e luogo permanentedell’incontro con lui.

Per «costruire ponti, abbattere muri,integrare la diversità, promuovere lacultura dell’incontro e del dialogo, edu-care al perdono e alla riconciliazione, alsenso di giustizia, al rifiuto della vio-lenza e al coraggio della pace». Guar-dando e aprendosi ai giovani, alle don-ne, ai laici. «Senza le donne la Chiesadel continente perderebbe la forza dirinascere continuamente» ha detto ilPapa, raccomandando di non ridurle a«serve del nostro recalcitrante clericali-smo». In una visione del cattolicesimoche va al di là dell’America latina e cheBergoglio ha riassunto chiedendo ai ve-scovi solo passione: passione nell’an-nuncio del Vangelo.

Poche ore prima il Pontefice si eraincontrato con i vescovi della Colom-bia, insanguinata da una guerra lungaoltre mezzo secolo, ha lodato il corag-gio del paese di «resistere alla morte,non solo annunciata ma molte volte se-minata», e ora la sua volontà di uscir-ne. Facendo quel «primo passo» che èil motto della visita papale. Ai vescoviil Papa ha così parlato dell’urgenza del-la riconciliazione e della missione, inun contesto dove la vita è minacciata inmolti modi: ai suoi albori e al suo ter-mine, dalla violenza e dalla tentazionesovversiva, dalla droga e dal narcotraf-fico, «metastasi morale che mercantiliz-za l’inferno», che «semina dovunque lacorruzione e nello stesso tempo ingras-sa i paradisi fiscali».

Una realtà dolorosa di odio e ven-detta che sembra lunga cent’anni, hasintetizzato nel discorso alle autoritàBergoglio, che ha chiesto a tutti di su-perarla. Con una allusione trasparenteal più celebre letterato del paese, Ga-briel García Márquez, poi suggestiva-mente citato: «Di fronte all’o p p re s s i o -ne, al saccheggio e all’abbandono, lanostra risposta è la vita». E si può anzirealizzare «una nuova e travolgenteutopia della vita», dove sia certo l’amo-re e sia possibile la felicità, «e dove lestirpi condannate a cent’anni di solitu-dine abbiano finalmente e per sempreuna seconda opportunità sulla terra».

g. m .v.

Ancora incerto il numero delle vittime

Il Messico scosso da un fortissimo terremoto

Militari messicani osservano i danni del terremoto a Veracruz (Afp)

Nuova ricerca sui martiri albanesi

Quel centro di torturein un monastero

FELICE ACCRO CCA A PA G I N A 4

A colloquio con il vescovo di Pyay

I rohingya e la guerradell’informazione

LUCA M. PO S S AT I A PA G I N A 3

NOSTREINFORMAZIONI

Il Santo Padre ha nominatoNunzio Apostolico in Indo-nesia Sua Eccellenza Monsi-gnor Piero Pioppo, Arcive-scovo titolare di Torcello, fi-nora Nunzio Apostolico inCamerun e in Guinea Equa-toriale.

Per porre fine al tempo dell’odio e della ven-detta in Colombia non deve venir meno l’im-pegno di tutte le componenti della società.Perché la ricerca della pace «è un lavorosempre aperto» e «un compito che non dàtregua», ha ricordato Papa Francesco nel pri-mo discorso pubblico pronunciato nel paeselatinoamericano, dove è giunto mercoledì 6settembre. Rivolgendosi alle autorità politi-che, civili e religiose — salutate nel palazzopresidenziale di Bogotá giovedì 7 — il Ponte-fice ha chiesto di salvaguardare «l’unità dellanazione» lasciando da parte la «ricerca di in-teressi solo particolari e a breve termine» elavorando per la «convivenza pacifica» e la«cultura dell’incontro, che esige di porre al

centro di ogni azione politica, sociale ed eco-nomica la persona umana».

Un tema, quello della riconciliazione, cheha fatto da filo conduttore ai diversi incontridella seconda giornata del viaggio. Anche aitantissimi giovani che lo hanno accoltoall’esterno del palazzo cardinalizio il Papa haaffidato il compito di «costruire la nazioneche abbiamo sempre sognato», facendo levasoprattutto sulla capacità di «perdonare colo-ro che ci hanno ferito» e di «lasciarci allespalle quello che ci ha offeso». E la missionedi essere artefici di comunione per poter«parlare ai cuori di tutti» è stata rilanciata daFrancesco nel discorso ai vescovi del paese.«Voi non siete tecnici né politici, siete pasto-

ri» ha ammonito il Pontefice, con un precisorichiamo al dovere di accompagnare l’interasocietà colombiana verso «la pace definitiva,la riconciliazione, verso il ripudio della vio-lenza come metodo, il superamento delle di-suguaglianze che sono la radice di tante sof-ferenze, la rinuncia alla strada facile ma sen-za uscita della corruzione».

Lunga e articolata la riflessione che il Papaha offerto ai membri del Celam, a partiredalla riscoperta dell’eredità pastorale di Apa-recida per finire alle sfide che attendono laChiesa nel continente. Una Chiesa chiamataoggi a essere «sacramento di unità e di spe-ranza». Perché, ha spiegato, «la nostra piùgrande sfida è parlare all’uomo». E i cristiani

devono imparare a «riappropriarsi dei verbiche il Verbo di Dio coniuga nella sua missio-ne divina: uscire per incontrare, senza passa-re oltre; chinarsi senza noncuranza; toccaresenza paura».

Venerdì 8 il Pontefice si reca a Villavicen-cio, dove sono in programma la beatificazio-ne di due martiri colombiani — il vescovo diArauca, Jesús Emilio Jaramillo Monsalve, as-sassinato il 2 ottobre 1989, e il sacerdote Pe-dro María Ramírez Ramos, ucciso il 10 aprile1948 — e il grande incontro di preghiera perla riconciliazione nazionale.

PAGINE 6-12

CITTÀ DEL ME S S I C O, 8. Un sismadi straordinaria intensità, il più vio-lento degli ultimi 85 anni, ha scos-so il sud e il centro del Messico. Isismografi si sono fermati alle ore23,49 e hanno indicato una magni-tudo di 8.2 gradi sulla scala Ri-chter. Almeno sedici i morti secon-do fonti ufficiali, la gran parte nel-lo stato di Oaxaca. Altre fonti indi-cano che le vittime sarebbero venti-sei, ma il bilancio potrebbe peggio-rare. Una vittima è stata segnalataanche in Guatemala.

L’epicentro è stato localizzato inmare, a 58 chilometri di profonditànell’Oceano Pacifico, a 133 chilome-tri a sud-est di Pijijiapan, di frontele coste del Chiapas, nella zonameridionale del paese. Immediata-mente è stata diramata anche un’al-lerta tsunami per il Messico e per

diversi paesi dell’America centraleIn alcune zone si sono registrateonde alte fino tre metri di altezza.Al momento, però, il pericolo sem-bra essersi ridimensionato.

Numerose le repliche nelle oreseguenti alla scossa principale. Al-

meno 65, la più forte delle quali dimagnitudo 6,1. Il rischio, ha avver-tito il presidente Enrique PeñaNieto, che ha parlato di peggioreterremoto in un secolo, è che la si-tuazione di instabilità si protraggaa lungo. Lo sciame potrebbe conti-

nuare per le prossime 24 ore e an-che per questa ragione è stata di-sposta la chiusura delle scuole inundici stati.

Milenio Ricardo de la Cruz, di-rettore della protezione civile messi-cana, ha confermato che i morti ac-certati sono sedici: tre nello stato diChiapas, rimasti sepolti dalle mace-rie di un’abitazione a San Cristóbalde Las Casas, due bambini nel con-finante Tabasco, e altri undici inuna zona montana nello stato diOaxaca, a ovest del Chiapas.

Il sisma è stato avvertito non sol-tanto al sud. In buona parte delpaese, compresa la capitale Cittàdel Messico che dista più di millechilometri dall’epicentro, si sono re-gistrate scene di panico.

Una decina gli stati interessatinel sud e nel centro del paese. Al-meno cinquanta milioni di persone,la metà della popolazione messica-na, ha avvertito distintamente il si-sma che è stato sentito anche inGuatemala, dove la magnitudo haraggiunto il grado 7.3 della scalaR i c h t e r.

Le autorità stanno continuando avalutare i danni. Al momento è sta-to accertato il crollo di un albergonella zona dell’istmo di Tehuante-pec. A Juchitán de Zaragoza, nellostato di Oaxaca, ci sarebbero casecrollate con persone all’interno, mamancano ancora conferme ufficiali.

Il Messico, che si trova sul puntod’incontro di cinque placche tetto-niche, viene spesso colpito da terre-moti. Il 19 settembre 1985, a Cittàdel Messico, un sisma di magnitu-do 8,1 uccise 10.000 persone, e ne

lasciò 45.000 senza tetto. Inquell’occasione crollarono un terzodegli edifici della capitale messica-na. Ma una scossa di intensità simi-le a quella odierna è stata registratanel lontano 1932.

I vescovi messicani hanno lancia-to un messaggio alla popolazione.«Dio ci rafforzi come fratelli nellafede per mostrarci disponibili neiconfronti di chi ha sofferto a causadi questo forte terremoto» è l’ap-pello veicolato attraverso i socialmedia.

Cordoglio del Papaper la mortedel cardinale Caffarra

PAGINA 9

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 sabato 9 settembre 2017

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L’arrivo dell’uragano Irma

Fuga da Miami

Per sostenere il processo di stabilizzazione politica

In Libiai caschi blu dell’O nu

WASHINGTON, 8. Centinaia di mi-gliaia di persone sono in fuga dallaFlorida minacciata dall’uragano Ir-ma che dovrebbe abbattersi sulla co-sta di Miami e dell’arcipelago delleKeys nel fine settimana. In seguitoall’ordine di evacuazione di tuttal’area strade e autostrade sono inta-sate e le stazioni di servizio aperteprese d’assalto prima che possano fi-nire le scorte di carburante. In moltezone la circolazione è per lunghitratti paralizzata. L’intera Florida siprepara all’impatto diretto dell’ura-gano. Miami, avvertono gli esperti,«si trova nella peggiore delle posi-zioni possibili». Il ciclone, che an-che se declassato a categoria 4 restamolto pericoloso, dovrebbe raggiun-gere la Florida con venti che sfiora-no i 250 chilometri orari. Il Nationalweather Service (Nws) stima un in-nalzamento dell’acqua fino a tre me-tri. Nella notte l’urgano è arrivatosull’arcipelago di Turks e Caicos. Se-condo la Croce rossa, al momentosono 1,2 milioni le persone colpitedall’uragano. Da questa mattina alleIsole Keys non è più previsto alcunservizio di soccorso e sono statichiusi tutti gli ospedali. Il governa-tore della Florida, Rick Scott, ha or-

dinato la chiusura in tutto lo statodelle scuole, delle università e degliuffici pubblici.

Intanto sale a 13 vittime il bilanciodelle vittime accertate. Gli ultimiquattro morti sono stati confermatialle Isole Vergini, investite nella not-te. Le altre vittime sono un bimbo aBarbuda, una persona ad Anguilla, 3a Porto Rico e 4 nel territorio fran-cese di Saint Martin. A Cuba è scat-

tata l’evacuazione dei turisti, circa51.000, di cui 36.000 nei resort dellazona settentrionale. Il 60 per cento,secondo il ministro del turismo diCuba, sono canadesi.

I danni registrati finora sono in-gentissimi. Il 95 per cento di Barbu-da è ridotto a un cumulo di macerie.Stessa sorte per St. Martin e St.Barts, incastonate nel mar caraibico.A Porto Rico l’emergenza è totale,

mancano acqua e luce e migliaia diabitanti sono rimasti senza un tetto.

«Sono molto preoccupato, siamodi fronte a venti mai visti», ha am-messo il presidente degli Stati UnitiDonald Trump, costantemente ag-giornato sugli sviluppi della situa-zione. «Il passaggio dell’uragano sa-rà devastante, peggiore del previsto.E Miami deve prepararsi al peggio»,ha avvertito il governatore RickScott. «Non perdete tempo se vi vie-ne chiesto abbandonate subito le vo-stre case», ha aggiunto.

Non dissimile l’invito alla popola-zione rivolto dalle autorità delNorth Carolina e della Georgia, anord del Sunshine State, dove è sta-ta ordinata l’evacuazione di Savan-nah, e degli altri centri sulla costa.

Secondo le Nazioni Unite sono 37milioni le persone coinvolte dal pas-saggio dell’uragano. Mentre ce nesono già altri due che si sono forma-ti a largo dell’Atlantico e che si stan-no sempre più rafforzando. Si trattadi José, anche lui diretto verso i Ca-raibi, e di Katia, che si trova nelGolfo del Messico già spazzato dallafuria di Harvey.

Devastazioni provocate da Irmasull’isola di Saint Martin (Afp)

La Cortecostituzionale

contro il referendumcatalano

Macron lancia la sfida parlando da Atene

Rifondare l’Uecon più sovranità

Emmanuel Macron con Alexis Tsipras ad Atene (Afp)

MADRID, 8. È sempre più serrato ilconfronto sulla referendum catala-no per l’indipendenza dalla Spa-gna. Oltre 560 dei 948 sindaci ca-talani hanno già sfidato la Cortecostituzionale spagnola, che ieri hadichiarato sospesa la convocazionedel referendum previsto il primoottobre. I sindaci, sottoscrivendo ildecreto di convocazione, si sonoschierati al fianco del governo diB a rc e l l o n a .

Nella notte, nonostante il pro-nunciamento della Corte, il parla-mento regionale ha comunque ap-provato la legge che entrerà in vi-gore in caso di vittoria del sì.

Nella sentenza di sospensione laconsulta ieri ha «diffidato perso-nalmente i 947 sindaci catalani dalcooperare all’organizzazione delvoto». Il presidente catalano CarlesPuigdemont, che ha già chiaritoche «andrà avanti in nome della le-galità catalana nonostante il pro-nunciamento dei giudici di Ma-drid», ha chiesto ai sindaci di con-fermare entro questa sera la dispo-nibilità dei locali usati abitualmen-te come seggi elettorali. Sembrache oltre 7000 volontari si siano giàproposti per contribuire all’o rg a -nizzazione del voto.

Il procuratore generale di Spa-gna, José Manuel Maza, ha denun-ciato Puigdemont, i ministri catala-ni e la presidenza del Parlament deCatalunya per disobbedienza, abu-so di potere, malversazione di da-naro pubblico.

I repubblicanicontrari all’a c c o rd o

di Trumpcon i democratici

Dopo il direttivo della Bce a Francoforte

Preo ccupazioneper l’euro troppo forte

FRANCOFORTE, 8. La Banca centrale europea (Bce) è preoccupata perl’euro forte e sul quantitative easing (Qe) «probabilmente» deciderà aottobre. È quanto emerge dal vertice tenuto ieri a Francoforte, al ter-mine del quale sono rimaste invariate le linee guida sul futuro dellasua politica monetaria. Concluso il direttivo la Bce ha annunciato cheil tasso di rifinanziamento resta a quota zero e che manterrà a lungo lasua attuale politica. Sul ritiro del Qe il presidente Mario Draghi haspiegato che la «discussione è ancora a un livello molto preliminare»,aggiungendo che il direttivo si è limitato a vagliare i «possibili scena-ri», senza valutare le «opzioni politiche».

Haradinaj incaricato di formareil nuovo Governo kosovaro

WASHINGTON, 8. I leader del Repu-blican study committee, che riunisceoltre 150 deputati conservatori sui240 totali, si sono dichiarati contrariall’accordo stretto dal presidente de-gli Stati Uniti Donald Trump con idirigenti democratici per prorogaredi tre mesi l’aumento del tetto deldebito. Il provvedimento «semplice-mente incrementerà il potere gover-nativo di contrarre prestiti ignoran-do irresponsabilmente l’urgenza del-le riforme», ha scritto il presidenteMark Walker in una lettera indiriz-zata allo speaker Paul Ryan. «Peg-gio ancora — prosegue il testo — èlegare il tetto del debito a una leggeche continua lo status quo o addirit-tura aggrava la traiettoria della spe-sa, come l’accordo annunciato ieridal presidente e dalla leadership delc o n g re s s o » .

Ma la Casa Bianca non fa passiindietro e rende noto che «il presi-dente è impegnato a lavorare anchecon l’opposizione e a fare ciò che ènecessario per servire al meglio ilpopolo americano».

Le relazioni tra Trump e il suopartito sono molto tese, mentre i de-mocratici, in cambio della disponibi-lità sul debito, hanno incassato l’ap-poggio al varo di fondi per l’uraga-no Harvey, già approvati dalla came-ra, e hanno concordato di lavorarealla rimozione definitiva del tetto deldebito. Al tempo stesso Trump hapromesso di difendere i cosiddettidreamers, dopo averne abolito ilprogramma di tutela. «Per tuttiquelli che sono preoccupati per il lo-ro status di dreamers nei prossimi seimesi, non avete nulla da preoccupar-vi. Nessuna azione!» ha scritto in untweet che la leader della minoranzademocratica Nancy Pelosi sostiene diaver sollecitato.

Intanto il figlio del presidente,Donald Trump Jr, ha testimoniatodavanti alla commissione giustiziadel senato che indaga sul cosiddettoRussiagate. Nella sua audizione aporte chiuse Donald Trump Jr, hasostenuto di non aver informato ilpadre di un incontro con un’avvo ca-tessa russa dalla quale si aspettavamateriale compromettente sulla can-didata democratica alla presidenzaHillary Clinton. Lo riferiscono i me-dia statunitensi citando fonti presen-ti all’i n t e r ro g a t o r i o .

TRIPOLI, 8. Un contingente di ol-tre 200 caschi blu verrà dispiegatosul terreno per rendere possibile,entro settembre, l’avvio della an-nunciata missione dell’Onu in Li-bia. È quanto ha affermatoGhassan Salamè, inviato specialedelle Nazioni Unite, sottolineandoche «il contingente potrebbe esseredispiegato già nelle prossime setti-mane permettendo, verso l’inizio diottobre, di avviare una partesignificativa delle attività Onu nelPa e s e .

Salamè ha ricordato, in un’inter-vista alla «Stampa», che una mis-sione simile non è stata possibiledal 2014, a causa delle tensioni edegli scontri nel paese e a causadell’instabilità politica. Ma ha sot-tolineato che in ogni caso «la pre-senza dell’Onu non è mai venutameno: i colleghi libici hanno conti-nuato a lavorare per le NazioniUnite».

L’inviato ha sottolineato la ne-cessità di giungere a una stabilizza-zione politica della Libia attraversoun corretto percorso elettorale, chevenga finalmente approvato e so-stenuto da tutte le realtà che com-pongono la galassia del paese. E inquesto senso ha auspicato che lacomunità internazionale, a partiredall’Unione europea, sia capace diun’iniziativa univoca volta alla pa-cificazione. «Troppi cuochi guasta-no la cucina» ha commentato Sala-mè, sottolineando come il moltipli-carsi di iniziative individuali generisolo confusione.

In questi anni, anche diverse or-ganizzazioni internazionali si sonodovute ritirare, vista la precarietàdella situazione in Libia e i rischitroppo alti per il personale umani-tario. E l’Alto commissariato Onuper i rifugiati (Unhcr) ha più voltedenunciato — come in questi giornistanno facendo alcune organizza-zioni non governative — le condi-

zioni, a volte tragiche, dei profughiche, dalla Libia, attendono di par-tire per l’Europa. Salamè ha ricor-dato che «organismi come Unhcr eOrganizzazione internazionale perle migrazioni (Oim) stanno facen-do molti sforzi per migliorare la si-tuazione» e ha sottolineato che«stanno operando con il grandesupporto europeo ».

La scorsa settimana, a Parigi, ileader di Francia, Germania, Italiae Spagna hanno annunciato l’avviodi una strategia mirante a stabiliz-zare i paesi africani in crisi da cui,spesso irretiti dai trafficanti, parto-no migliaia di migranti. Ieri il mi-nistro della difesa italiana, RobertaPinotti, ha espresso pieno sostegnoall’Alleanza per il Sahel propostada Francia e Germania. L’iniziativafranco-tedesca prevede proprio pia-ni di cooperazione e sviluppo peruna soluzione strutturale alle crisidei paesi sub-sahariani.

E sempre fonti del governo ita-liano hanno reso noto lo stanzia-mento di sei milioni di euro per so-stenere l’impegno delle ong chevorranno operare — a favore deimigranti e per vigilare sul loro cor-retto trattamento — nei campi pro-fughi libici. Ieri, alla Farnesina si èsvolto un incontro con i rappresen-tanti di circa 20 organizzazioni nongovernative che sembrano intenzio-nate a raccogliere l’appello italiano.Molte di queste sono già impegna-te in varie zone del grande paesenordafricano con compiti di prote-zione dell’infanzia e nel settore del-la sanità. Dal 10 settembre un inca-ricato dell’agenzia italiana per lacooperazione allo sviluppo si tra-sferirà a Tripoli. Le prime ong po-trebbero entrare nei centri libiciper migranti entro un mese. Servo-no i necessari permessi delle autori-tà libiche ma anche garanzie per lasicurezza dei volontari.

ATENE, 8. È tempo di «rifondarel’Ue», di «trovare il coraggio» difarlo affinché il progetto dell’E u ro -pa unita «esca dalle piccole divisio-ni e possa costruire entro i prossimidieci anni i termini della sua sovra-nità». È quanto ha affermato il pre-sidente francese Emmanuel Macrondinanzi all’Acropoli di Atene. «Nonessere sovrani significa che altri sce-glieranno per noi», ha avvertito.Macron ha scelto di non parlare dalparlamento ma di fare il suo discor-so, ieri sera, dal colle Pnice, luogosimbolo della democrazia a ovestdell’Acropoli, a strapiombo sull’an-tica Agorà. Ha cominciato con ilrendere omaggio all’Antica Grecia,culla di civiltà e dei valori comunidel continente. Però ha subito av-vertito che «oggi in Europa sovrani-tà, democrazia e fiducia dei cittadi-

ni, sono in pericolo». Di qui la sfi-da di «una generazione che ora do-vrà scegliere tra la morte del conti-nente o la sua rifondazione», che,secondo Macron, «può passare uni-camente dall’avvento di una più de-cisa sovranità europea». Macronnon ha detto di più sulle sue pro-poste avendo già chiarito che non sipronuncerà prima delle elezioni te-desche del 24 settembre. Ma parlan-do di economia, ha auspicato che incaso di crisi future nell’Ue non sidebba più ricorrere a organismi co-me il Fondo monetario internazio-nale (Fmi). La sua presenza nellacrisi greca — ha affermato in confe-renza stampa ad Atene con il primoministro Alexis Tsipras — è stato «ilsintomo di un’assenza di fiducia trapaesi Ue e tra paesi e istituzionieurop ee».PRISTINA, 8. A tre mesi dalle ele-

zioni legislative, il presidente delKosovo, Hashim Thaçi, ha incari-cato l’ex capo ribelle, RamushHaradinaj, leader della coalizioneuscita vincitrice dal voto anticipa-to dell’11 giugno scorso, di forma-re il nuovo governo.

La designazione è avvenuta su-bito dopo l’elezione, da parte delparlamento, del nuovo presidentedell’assemblea, Kadri Veseli, lea-der del Partito democratico. Unvoto — 62 a favore e 52 contro —che ha sbloccato un lungo stallopolitico-istituzionale, con il parla-mento di Pristina diviso esatta-mente a metà tra due blocchi op-posti, ognuno dei quali potevacontare su sessanta voti.

Domani il governo dovrà sotto-porsi al voto di fiducia in parla-mento. Haradinaj, ricordano glianalisti politici, è un ex leaderdell’Esercito di liberazione delKosovo, la guerriglia indipenden-dista albanese che combattè con-tro i serbi nel conflitto di fine an-ni novanta. La Serbia lo reclamaper poterlo processare per omici-dio e tortura durante e dopo laguerra in Kosovo. Processato duevolte dal Tribunale penaledell’Onu all’Aja, Haradinaj è sta-to, però. sempre assolto.

Queste assoluzioni, tuttavia, so-no state oggetto di forti polemi-che a Belgrado, che accusaHaradinaj di crimini control’umanità.

Mario Draghi durante la conferenza alla fine del vertice Bce (Afp)

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L’OSSERVATORE ROMANOsabato 9 settembre 2017 pagina 3

A colloquio con il vescovo di Pyay nel Myanmar

I rohingyae la guerra dell’informazione

D iplomaziaal lavoro

per denuclearizzarela penisola

c o re a n a

di LUCA M. PO S S AT I

«La situazione è molto critica. Oc-corre risolverla il più presto possibi-le». Usa queste parole AlexanderPyone Cho, vescovo di Pyay nelMyanmar, parlando delle violenze edegli scontri tra l’esercito e la mino-ranza musulmana dei rohingya chehanno causato centinaia di mortidallo scorso 25 agosto.

Intervistato dall’Osservatore Ro-mano, il presule tiene a sottolineareche «quello dei rohingya è un temamolto sensibile» su cui c’è troppadisinformazione in occidente e chespesso viene facilmente manipolato.«Bisogna avere informazioni accura-te prima di esprimere giudizi» affer-ma. E infatti oggi in Myanmar sicombatte anche una guerra dell’in-formazione. La maggioranza dei me-dia e delle ong accusa l’esercito digravi violenze e persecuzioni, di averbruciato villaggi e compiuto “puliziaetnica”. Ma il governo di Naypyi-daw respinge questa versione dei fat-ti; il consigliere di stato e ministrodegli esteri, Aung San Suu Kyi,punta il dito contro l’e s e rc i t odell’Arakan per la salvezza deirohingya (Arsa), una formazioneestremista nata da poco e che riven-dica legami con il cosiddetto statoislamico (Is). Sarebbero stati loro —

dicono le autorità militari — ad averacceso la miccia della violenza conattacchi alle postazioni dell’esercito eai civili. Tra questi due fuochi restail dramma di oltre 300.000 civilirohingya, principalmente bambini,fuggiti dai loro campi nel Rakhineverso il Bangladesh, un altro stato(insieme a Malaysia e Indonesia)che li respinge dichiarandoli “p erso-ne non gradite”. Tracciare un’analisi

precisa delle radici di questa crisi èmolto difficile. La questione deirohingya è strettamente legata allastoria del sud est asiatico fin da pri-ma del dominio coloniale britannico.I rohingya sostengono infatti che iloro antenati abitavano nella regionedel Rakhine già nel 1400. Tesi conte-stata dal governo dei militari delMyanmar che non utilizza nemmenoil termine “ro h i n g y a ” p re f e re n d o

Rohingya attendono di varcare il confinecon il Bangladesh (Afp)

Riad ripensail piano

delle riformeeconomiche

RIAD, 8. Il governo dell’ArabiaSaudita ha deciso di rivedere ilvasto piano di riforme dell’econo-mia, varato circa un anno fa dalprincipe Mohamed bin Salman,l’erede al trono. Lo rivela il «Fi-nancial Times», secondo il qualel’Ntp, il National TransformationPlan, che mira a diversificarel’economia saudita, rendendolameno dipendente dal petrolio, sa-rebbe troppo ambizioso e andreb-be rivisto.

Secondo un documento inter-no, diffuso dal quotidiano diWall Street, gli aggiustamentipuntano a «cambiare le iniziativeesistenti e ad aggiungerne di nuo-ve». L’agenda dell’Ntp — si leggenel documento — «proseguirà fi-no al 2020 ma il piano richiedeimplementazioni per gli obiettividel 2025 e del 2030». Il pianoprevede una serie di privatizzazio-ni, la creazione di 1,2 milioni diposti di lavoro nel settore privatoe la riduzione della disoccupazio-ne dall’11,6 al 9 per cento nel2020. La messa in vendita sumercato del 5 per cento del colos-so petrolifero Aramco, in pro-gramma per il prossimo anno,non fa parte dell’Ntp e non ci so-no indicazioni in questo senso neldocumento in cui si parla dellarevisione del piano di riforme.

Il Qatar al centro dei colloqui tra l’emiro e Donald Trump

Kuwait ottimistasulla soluzione della crisi

Annuncio di Mosca dopo un raid a Deir Ezzor

Ucciso il ministrodella guerra dell’Is

Un edificio distrutto dai combattimenti a Deraa (Reuters)

WASHINGTON, 8. «Sono ottimistasul fatto che si arriverà a una solu-zione della crisi del Golfo in un fu-turo molto prossimo». Lo ha dettol’emiro del Kuwait, Sheikh Sabah AlAhmed Al Jaber Al Sabah, durantela conferenza stampa congiunta aWashington con il presidente degliStati Uniti, Donald Trump, che loha ricevuto ieri alla Casa Bianca.

Dallo scorso 5 giugno Arabia Sau-dita, Emirati Arabi, Egitto e Bahreinhanno rotto le relazioni diplomati-che con il Qatar, accusato di soste-nere e finanziare il terrorismo.Trump, che ha ringraziato l’e m i roper il lavoro di mediazione del Ku-wait nella grave crisi diplomatica ecommerciale del Golfo, si è dettopronto a ospitare futuri colloqui re-gionali alla Casa Bianca. Ad accom-pagnare l’emiro è una delegazionecomposta dai ministri degli esteri,degli interni, delle finanze e dal vicepresidente della guardia nazionale.

Trump ha dichiarato che ogni na-zione della regione mediorientale de-ve lavorare e lottare contro «l’ideolo-gia del male». «Con il Kuwait con-dividiamo la comune preoccupazio-ne per la sicurezza», ha aggiuntodalla Casa Bianca il presidente degliStati Uniti, il quale ha sottolineato ilcontributo fondamentale kuwaitianonel risolvere i conflitti regionali e ilsuo impegno umanitario.

La situazione rimane però moltotesa. Le affermazioni dell’emiro ku-waitano sono infatti state contestatedall’Arabia Saudita, capofila nellarottura diplomatica con Doha. Inuna nota ripresa dall’agenzia distampa Afp, Riad sostiene che «nonè stato registrato alcun passo inavanti nella soluzione della crisi».

I sauditi hanno espresso dubbisulla disponibilità del Qatar di av-viare trattative in merito alle richie-ste avanzate dai quattro paesidell’area. Riad ha parlato della ne-cessità di ottemperare ai 13 punti ri-chiesti a Doha «senza condizioni»,inoltre ha espresso «sorpresa» perun’affermazione dell’emiro secondocui la mediazione del Kuwait avreb-be evitato l’escalation militare controil Qatar, accusato di sostenere igruppi estremisti islamici legati an-che con il terrorismo e di intrattene-re rapporti particolarmente stretticon l’Iran sciita. Secondo l’ArabiaSaudita, l’opzione militare «non èstata mai presa in considerazione».

Per risolvere la disputa, il governofrancese ha deciso di proporsi comemediatore. L’ex ambasciatore in Ara-bia Saudita, Bertrand Besancenot, èstato infatti nominato dal Quaid’Orsay inviato speciale e cercheràdi trovare un punto di intensa. LaFrancia è una stretta alleata di Riade Abu Dhabi, ma ha anche enormicontratti economici con Doha.

Tra Afghanistan e Pakistan

Cooperazione contro il terrorismo

PE C H I N O, 8. Il presidente cinese, XiJinping, ha avuto oggi una telefona-ta con il capo dello stato francese,Emmanuel Macron, ribadendol’obiettivo della denuclearizzazionedella penisola coreana. Lo riferiscel’agenzia di stampa Nuova Cina, se-condo la quale Xi — osservando chela vicenda può essere risolta «soltan-to con mezzi pacifici, inclusi dialogoe negoziati» — ha espresso l’auspicioche la Francia abbia «un ruolo co-struttivo nell’allentare le tensioni enel far ripartire il dialogo sulla que-stione nucleare».

In precedenza, il ministro degliesteri cinese, Wang Yi, si è detto fa-vorevole a portare avanti insiemesanzioni e dialogo, quindi a ulterioripassi del Consiglio di sicurezza delleNazioni Unite, concertato fra i di-versi paesi.

Per trovare una via d’uscita pacifi-ca alla grave crisi al 38° parallelo, Xiaveva parlato ieri al telefono con ilcancelliere tedesco, Angela Merkel, eil giorno precedente con il presiden-te degli Stati Uniti, Donald Trump.

La tensione nella regione rimanecomunque molto alta. La Corea delSud sta monitorando a fondo i mo-vimenti nordcoreani per il timoreche domani 9 settembre, anniversariodella fondazione della Corea delNord, il regime comunista di Pyon-gyang possa lanciare un missile bali-stico intercontinentale. Gli esperi-menti nucleari e missilistici nordco-reani sono infatti spesso associati aimportanti eventi o ricorrenze legatialla storia e alla leadership del paeseasiatico.

La portaerei statunitense a propul-sione nucleare Uss Ronald Reaganha frattanto lasciato la base di Yoko-suka, in Giappone, per una missionea lungo termine. Lo ha reso noto laUs Navy. L’obiettivo è mantenere lasicurezza nella regione dell’Asia Pa-cifico. I suoi movimenti coincidonocon l’accordo tra Washington e Se-oul per lo schieramento di un mag-giore numero di navi da guerra ebombardieri intorno alla penisolac o re a n a ,Soldato afghano di guardia durante le preghiere a Kandahar (Epa)

parlare di “bengalesi di fede musul-mana”, usurpatori ai quali è negatala cittadinanza e ogni diritto. PerNaypyidaw, dovrebbero essere espul-si, ma il problema è che nessun altropaese li vuole.

L’estromissione totale di questaminoranza dalla vita pubblica hacreato negli anni tensioni: la mag-gioranza buddista accusa infatti irohingya di volere la secessione e di

alimentare la criminalità e il ter-rorismo. «I rohingya sono concen-trati nello stato del Rakhine. In que-sta regione c’è da sempre un proble-ma generale di sicurezza e bisognafare qualcosa per risolverlo» affermail vescovo. «C’è sicuramente unapersecuzione dei militari nei con-fronti dei rohingya. Tuttavia, è anchevero che i gruppi estremisti musul-mani continuano ad attaccare, crean-

do ancora maggiore insicurezza eviolenza».

La conferma viene dalle testimo-nianze che arrivano ogni giorno eche parlano di villaggi bruciati, didonne violentate, di bambini massa-crati senza pietà, di mine anti-uomodislocate per impedire i movimentidei profughi. La guerriglia rohingyadell’Arsa, di cui non si conoscel’esatta dimensione, combatte con ar-mi artigianali, coltelli e bombe. Nel-le ultime settimane ha provocato de-cine di morti tra le truppe governati-ve. E le sue fila si stanno ampliando:sono sempre di più i rohingya chedecidono di non fuggire in Bangla-desh e di partecipare alla lotta arma-ta. Anche per questo la maggioranzadei migranti sono donne e bambini.

La recente escalation delle violen-ze è dunque solo l’ultimo atto diuna lunga e drammatica vicenda. Iltimore di molti, adesso, è che ilMyanmar si trasformi in un immen-so “buco nero” nel quale possa tro-vare spazio la minaccia dell’Is, il cheaprirebbe un fronte del tutto ineditonella guerra globale al terrorismo.«Chiediamo umanità da ambo leparti, i militari e i guerriglieri rohin-gya. Occorre costruire un futuro dipace e giustizia, basato sul rispettodei diritti umani. Bisogna però lavo-rare anzitutto per ristabilire la sicu-rezza per tutti. Questo è essenziale»afferma monsignor Pyone Cho.

L’impegno della Chiesa, dice ilvescovo, è quello di stare dalla partedegli ultimi e di cercare di favorire ildialogo tra le parti. «Queste personein fuga hanno bisogno di assistenzae aiuto, ma i canali per raggiungerlesono bloccati. La Chiesa locale si staimpegnando per fornire sollievo eassistenza a tutte le popolazioni di-scriminate al più presto possibile,nonostante le ristrettezze impostedalla situazione. Ma ovviamente ab-biamo bisogno di più tempo per or-ganizzare gli aiuti».

MOSCA, 8. I jihadisti del cosid-detto stato islamico (Is) perdonoun altro pezzo importante al lorovertice. I jet russi hanno compiu-to alcuni raid in prossimità dellacittà siriana di Deir Ezzor di-struggendo «un centro di coman-do jihadista e un importante sno-do di comunicazione» riferisceuna nota del ministero della dife-sa russo. Durante le operazionisono stati eliminati quattro im-

portanti comandanti, tra cui l’uo-mo considerato “il ministro dellaguerra” dell’Is, Gulmurod Khali-m o v.

In tutto — riporta ancora la no-ta — «circa 40 miliziani dell’Is so-no stati uccisi». Non è la primavolta che viene annunciata lamorte di Khalimov anche se lanotizia non ha, in passato, maitrovato conferma.

Intanto, al confine con Israele,la situazione si fa sempre più te-sa. L’esercito siriano ha annuncia-to che potrebbero esserci «riper-cussioni pericolose» dopo il raidisraeliano che ha colpito un im-pianto chimico nei pressi di Ha-ma. L’operazione è stata definita«un atto ostile alla sicurezza e al-la stabilità della regione»

Fonti dell’opposizione sirianahanno riferito che quattro cacciaisraeliani hanno condotto il raid,il primo da quando è stato rag-giunto un cessate il fuoco a lugliotra il regime di Bashar Al Assad ei ribelli siriani. Secondo diversefonti il raid — mai confermatodallo stato ebraico — avrebbe di-strutto una fabbrica di armi chi-miche e un centro di ricerca vici-no alla città di Masyaf nella zonacentrale della Siria. «Non cerchia-mo avventure e non vogliamo es-sere trascinati in un altro conflit-to» ha detto il ministro della dife-sa israeliano, Avigdor Lieberman,senza comunque dare confermadell’operazione militare nei cielidella Siria. «Siamo pronti e deter-minati e prenderemo qualsiasi ini-ziativa necessaria a difendere noistessi e assicurare la salvezza deicittadini israeliani» ha concluso ilministro Lieberman.

ISLAMABAD, 8. Il ministro degliesteri pakistano, Khawaja Asif, haavuto ieri un colloquio telefonicocon il collega afghano, SalahuddinRabbani, nel corso del quale i duecapi della diplomazia hanno con-cordato di cooperare in tutti i set-tori, compreso quello della sicurez-za. Lo riferisce una nota del dica-stero degli esteri di Islamabad ri-presa dalle agenzie di stampa.

Il colloquio — indicano gli anali-sti politici — è avvenuto in un mo-mento di grande pressione interna-zionale su Islamabad, affinché ilgoverno riveda la sua strategia con-tro il terrorismo. Molti paesi riten-gono che il territorio pakistanopossa essere un rifugio per movi-menti armati antigovernativi.

Il Pakistan, ha assicurato il mini-stero degli esteri nella nota, sostie-ne i passi intrapresi dal governo di

Kabul per la sicurezza e la stabiliz-zazione dell’Afghanistan.

E per facilitare il processo di pa-ce nella regione, la Cina ospiteràentro la fine dell’anno un verticetrilaterale con Pakistan e Afghani-stan. Lo ha reso noto oggi l’emit-tente televisiva pakistana Ptv Ne-ws, che ha trasmesso in diretta unaconferenza stampa del ministro de-gli esteri cinese, Wang Yi.

Alla domanda di un giornalistasu cosa la Cina intenda fare peraiutare la riconciliazione tra Afgha-nistan e Pakistan, Wang ha assicu-rato che Pechino è impegnata arafforzare la cooperazione trilatera-le e che, proprio per questo, «esisteun progetto di riunire in Cina en-tro la fine dell’anno il primo verti-ce fra i ministri degli esteri cinese,pakistano e afghano».

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 sabato 9 settembre 2017

Nuova ricerca sui martiri cristiani di Albania

Quel centro di torturein un monastero

Marije Tuci

Nell’ultimo libro di Richard Ford un omaggio ai genitori

Ritratto di famiglia

Perfino i bimbi finivano per diventarea loro insaputa strumenti della polizia segretacon i loro racconti a scuolaPer questo venivano messi a letto prestoe nelle famiglie s’iniziava a pregaresolo dopo che si erano addormentati

I genitori di Richard Ford con lo scrittore bambino

Memoriale per i trentotto martiri albanesibeatificati il 5 novembre 2016

di FELICE ACCRO CCA

Il regime albanese, l’ultimo a caderetra quelli comunisti dell’E u ro p adell’Est, fu, tra tutti, il più spietatonei confronti di coloro che consi-derava suoi nemici politici, in par-

ticolar modo con il clero cattolico impe-gnato in prima fila nella formazione cultu-rale della gioventù. Enver Hoxha (1908-1986), giunto al potere nel 1944, aveva in-fatti instaurato nel paese un vero e proprioclima di terrore, generando — di conse-guenza — un sospetto reciproco che anco-ra oggi, a più di venticinque anni dalla ca-duta del regime, produce i suoi effetti.

Dopo una prima fase cruenta, nel suoregime se ne aprì un’altra, non meno viru-lenta, nel 1967, quando venne indetta lalotta contro la «superstizione religiosa»(quanti libri e icone religiose, anche di no-

tevole valore, furono dati alle fiamme),culminata nell’affermazione dell’ateismo distato sancito dalla Costituzione del 1976,una “conquista” di cui l’Albania vantava ilprimato.

Nessuna manifestazione religiosa erapermessa e gli stessi bambini finivanospesso per diventare, a loro insaputa, stru-menti della polizia segreta: con molta faci-lità, infatti, a scuola li si poteva indurre(bastava, ad esempio, un componimentodel tipo: «Descrivi la tua serata in fami-glia») a rivelare quanto accadeva in casa.Per questo i più piccoli venivano mandatia letto presto e nelle famiglie s’iniziava apregare solo dopo che si erano addormen-tati, con l’ausilio di sentinelle all’esterno:sebbene in modo inconsapevole, i bambi-ni potevano dimostrarsi dei traditori.

Ciononostante in occidente pochissimisi sono interessati a quel che succedeva in

cimitero cattolico Rrmaj, a Scutari, mentreil successivo 14 gennaio venne distrutta lastatua che il dittatore stesso si era fattoerigere in piazza Skanderberg a Tirana.

I due poderosi volumi del frate minoreLeonardo Di Pinto (Profilo storico agiogra-fico di Mons. Vinçenc Prennushi e CompagniMa r t i r i , per complessive 1070 pagine, conun prezioso corredo fotografico), pubbli-cati nel 2016 postumi dall’arcidiocesi me-tropolitana di Scutari-Pult, possono orafacilitare la conoscenza delle pagine piùdolorose di questa dolorosa storia, vale adire la vicenda dei trentotto martiri beati-ficati il 5 novembre 2016, morti sotto il re-gime di Hoxha per condanna capitale o acausa delle ripetute torture fisiche e psico-logiche loro inflitte.

Pagine tristi ed esaltanti insieme, dallequali emerge la tragedia di un popolo chenon ha avuto la sua Norimberga: in Alba-nia, perseguitati e persecutori possono an-cora incontrarsi per strada e magari sco-prire che l’aguzzino di ieri ha saputo ricli-carsi presentandosi come un sostenitoredella democrazia. Una situazione che ine-vitabilmente finisce per mantenere alta lasoglia del sospetto.

Per me — che dal 1998 torno ogni estatein quel paese che considero ormai una se-conda patria — è stato istruttivo e commo-vente assieme prendere confidenza con levicende di queste persone: dei vescoviVinçenc Prennushi e Frano Gjini, dei ven-tuno sacerdoti diocesani, dei sette frati mi-nori, dei tre gesuiti, dei tre laici e di Ma-rije Tuci, tutti perseguitati a motivo dellapropria fede.

Marije Tuci, l’unica donna, arrestatanell’agosto del 1949, conobbe la durezzadel carcere e ripetute torture anche peraver resistito alle avances del colonnelloHilmi Seiti: «Nel muro che ci separava —così nella testimonianza (vol. II, p. 424) diNdue Ndoci, classe 1920, anch’egli dete-nuto nello stesso carcere della martire —era stato praticato con un chiodo, a unacerta altezza, un foro. Io, parlandole sem-pre attraverso il foro, e dopo che mi disseche si chiamava Marije Tuci, le dissi dimettersi sotto quel filo di luce per poterlavedere meglio. Vidi che aveva il voltogonfio e le chiesi: “Come mai sei ridottacosì?”. Mi rispose: “Mi hanno fatto tanteiniezioni”».

Marije Tuci fu detenuta a Scutari nellacella numero 13 dell’ex convento france-scano di Gjuhadol, trasformato dal regimein centro del Sigurimi (i servizi segreti),luogo d’interrogatori e d’indicibili torture.Quel convento, situato proprio a due pas-si dalla cattedrale di Santo Stefano, avevaa lungo costituito un importante polo diformazione culturale ed era indubbiamen-te il centro vitale della presenza francesca-na in Albania; assieme al seminario, affi-dato ai gesuiti, formava l’élite culturale ditutto il nord del paese.

In poco tempo la comunità francescanadi Gjuhadol e la comunità dei gesuiti fu-rono spazzate via con azioni abilmente or-chestrate e le menti più vivaci e pensanticrudelmente stroncate: è il caso, ad esem-pio, del gesuita italiano Giovanni Fausti,vice-provinciale e tempra di studioso ro-busto, il quale, al termine di un processo

farsa, venne fucilato presso il cimitero cat-tolico di Scutari, o del francescano Vin-çenc Prennushi, poi vescovo di Sapa equindi arcivescovo di Durazzo, nonchéuno dei maggiori poeti albanesi del Nove-cento, morto in carcere a seguito delle tor-ture subite.

Di molti di questi martiri si è persatraccia delle spoglie mortali: così fu, tragli altri, per don Anton Zogaj, parroco diDurazzo e segretario di monsignor Pren-nushi, fucilato in località Spitalla; seppel-lito sotto poca sabbia, presto rimossa daicani randagi, il suo corpo fu sepolto daalcuni contadini su una vicina collina, inuna zona dove poi sono state edificatedelle abitazioni, cosa che ha reso impossi-bile individuare la sepoltura. A molti altri,i cui corpi furono profanati o gettati nellefogne, andò ancor peggio: sono tuttaviarimasto colpito dalla vicenda di don Zogajperché più volte sono stato a Spitalla e miturba il pensiero di aver potuto calpestarei suoi resti senza neppure rendermeneconto.

Sappiamo però che Dio scrive drittonelle righe storte degli uomini. Il conven-to francescano di Gjuhadol eletto dal Si-gurimi a propria sede, è oggi abitato dauna comunità delle Sorelle povere di santaChiara d’Assisi (quattro albanesi e due ita-liane), partite dal monastero di Otrantoper impiantare in terra albanese il carisma

clariano: dove prima si udivano urla di di-sperazione di dolore ora s’innalza il cantodella lode.

Saprà l’Albania fronteggiare le sfide deltempo presente (bene evidenziate da mon-signor Massafra, arcivescovo di Scutari-Pult, nella sua introduzione)? Senz’a l t rouna corretta memoria del passato potràaiutarla nel suo percorso. Possa dunque lalettura di questi due importanti volumi«far vibrare ancora i cuori degli Albanesi»(vol. I, p. 9).

di CL AU D I O TOSCANI

Speriamo che molti abbiano memo-ria di quei retabli a due ante perlo più fiamminghi che una volta

aperti, oltre a mostrare il quadro di fon-do, recano ai lati i ritratti dei due com-mittenti. Lo speriamo perché l’ultimo li-bro di Richard Ford, Tra loro (Milano,Feltrinelli, 2017, pagine 135, euro 15),uno tra i più valenti scrittori americanicontemporanei, costruisce proprio il suomemoire a immagine di una simile strut-

ker (1903-1960) solo recentemente, cioèa cinquantacinque anni dalla morte.

Come fa un non-romanzo, un lavorocomunque letterario ma assente di tra-ma e suspence, perfettamente bilanciatotra i destini di due genitori, ugualmenteamati e che ugualmente amano il figlio,l’uno in controluce rispetto all’altro lun-go una sequenza d’anni e di fatti asso-lutamente normali e senza drammi a di-ventare l’intima rappresentazione dellavita americana di metà Novecento? Lagrande depressione, certo; il proibizioni-smo, anche; la prima guerra mondiale,non poi così sullo sfondo.

In realtà tutto si gioca sull’esaltazionedell’amore familiare e non c’è una rigadel libro, spesso scritto in stile telegrafi-co e pregnante, che non sia una cordialecelebrazioni di virtù e valori umani,quelli di un’intera società, ma che neiprotagonisti regnano indipendentemen-te da come va il mondo, bensì secondoi canoni del cuore e i comandamenti delbene proprio e del beneficio altrui.

Così si esemplificano due vite fatte dipudore, tenerezza, accettazione e adatta-mento. Il padre, un commesso viaggia-tore che vende amido da bucato, in giroper il Nord Louisiana, l’Alabama, ilSud dell’Arkansas, il delta del Missis-sippi. Un uomo grande e grosso, teneroe sorridente, dal volto malleabile e car-noso, che decide di portarsi la moglieappresso durante il lavoro, vivere in al-

bergo e fra uno s t o re e l’altro, un’esi-stenza frenetica, mutevole e provvisoria.

Parte seconda, la madre: una donnacordiale, carina, spiritosa, perspicace,ciarliera. Cresce dalle suore di St. Anne,che le piacciono molto, ma dalle qualiviene tolta da una genitrice poco dispo-nibile. Non si lamenta mai di nulla, se-gue di buon grado il marito, tiene iconti, ha con lui rari dissidi presto rien-trati, attende un figlio che mai non vie-ne.

«Sono nato nel caldo inverno del1944, in febbraio, nell’Ospedale Battista,alle due del mattino», irrompe Richard,che con un padre quarantenne e madrenon più giovanissima, scombussola lavita di entrambi: lui diventa «il visitato-re del weekend», lei una casalinga conun marito assente e un bimbo presentee futuro. Pesante l’uno, indistinto l’al-t ro .

Veramente, per un po’ viaggiano intre, ma poi la cosa si fa insostenibile egiunge il momento al quale allude il ti-tolo del libro. «Tra loro» e il lettore av-verte che un triangolo imperfetto mi-naccia di instaurarsi tra i tre, specie perl’assenza paterna che può determinarela solitudine degli altri.

Ma ora che tocca allo scrittore narrar-ci — memorialista e personaggio, autoree attore — non solo il resto della vicen-da coniugale, ma la perdita progressivad’entrambi e, da testimone vero, la «lo-

ro inestirpabile singolarità». Assistiamocosì a un toccante racconto che si insi-nua fra le storie dei genitori, e che allafine costruisce un pilastro a sé, ma tut-tavia portante l’intera vicenda del libro.

«Ho sentito spesso il sincero e arden-te desiderio di averli con me: il deside-rio della loro attualità», dichiara il figlio

io-narrante, testimoniando, settanta-treenne, la continuità in lui dei suoi ge-nitori. «Non ho escluso nulla per amoredella discrezione o del rispetto»: si sen-te che scrive alla luce di una nostalgiad’amore che ha ricevuto e dato. D’unlegame continuo e concreto, necessarioe insondabile.

tura estetica: due lunghi racconti, unodi fronte all’altro, delle vere vite deisuoi genitori e, «tra loro», la sua com-partecipata e interferente esistenza apartire dal 1944. Due narrazioni scritte at re n t ’anni di distanza: quella della ma-dre Edna Akin (1910-1981) subito dopola sua scomparsa; quella del padre Par-

Come fa un non-romanzosenza trama o suspencebilanciato tra i destinidi una coppia assolutamente normalea diventare l’intima rappresentazionedella vita americana di metà Novecento?

questo piccolo lembodi terra ad appena untiro di schioppo dal-l’Italia. I riflettorierano allora piuttostoconcentrati sugli statimaggiori dell’Est eu-ropeo, mentre suscitatuttora poco interessela storia dell’Albania,balzata al centro del-le cronache italianeunicamente negli an-ni cruciali degli sbar-chi a ripetizione,quando i gommonipartiti da Valonasbarcavano sulle co-ste pugliesi giovani incerca di fortuna.

Poco si sa, in effet-ti, di ciò che uominie donne hanno sof-ferto in odium fidei fi-no a quando il regi-me non si sgretolò:solo il 4 novembre1990 don Simon Ju-bani — poi nominatocardinale da PapaFrancesco — poté in-fatti celebrare pubbli-camente la messa nel

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L’OSSERVATORE ROMANOsabato 9 settembre 2017 pagina 5

Al convegno di Bosel’esperienza della comunità di Taizé

Dove l’ospitalitàè regola

«Icona dell’amicizia», riproduzione di un’icona copta del VII secolo

di fratel ALOIS

È con parole molto semplici chela nostra Regola di Taizé parladell’ospitalità, sono parole cheprovengono direttamente dalVangelo: «In un ospite, è il Cri-sto stesso che dobbiamo riceve-re». In un altro capitolo dellaRegola, fratel Roger aggiunge:«Ama il tuo prossimo qualun-que ne sia la visione religiosa oideologica». Questo invito aun’ampia accoglienza, offerta atutti senza distinzione, è in con-sonanza con la Regola di sanBenedetto e tutta la tradizionemonastica, orientale e occiden-tale. Pone la nostra ancora gio-vane comunità nella tradizionedei monasteri le cui porte sonosempre aperte.

Quanti pellegrini che vannoin un monastero sono colpitidall’accoglienza che ricevono,un’accoglienza che non ponedomande preliminari, come pu-re non richiede risposte fatte. Ilpellegrino, se ne ha bisogno, èascoltato pazientemente e senzaalcun giudizio. Egli viene accol-to innanzitutto nella preghieracomune. Può ripartire con ilcuore e la mente rinnovati e rin-f re s c a t i .

Questo mi spinge a porreuna prima domanda nella pro-spettiva della riconciliazionedelle chiese: se coloro che vivo-no una vocazione monastica sitrovano, pur essendo di diversetradizioni, così vicini nella visio-ne del loro ministero d’acco-glienza — cioè discernere Cristoin ogni ospite — non sono forsein questo modo invitati a crearemaggiori legami tra le rispettivechiese a cui appartengono? Acausa della grande vicinanzache esiste tra loro, la ricercadella riconciliazione delle chiesenon sta forse al cuore stessodella loro vocazione?

A Taizé, l'ospitalità si è svi-luppata in tappe piuttosto di-verse. Esse sono tuttavia uniteda un legame profondo: fratelRoger era convinto che Dio fos-se presente in ogni persona cheincontrava, anche se questa nonne era consapevole. Era questoche lo portava a spalancare leporte del suo cuore e della suacasa. All’inizio della secondaguerra mondiale, quando eraancora solo a Taizé, riceveva giàcoloro che in quel momento neavevano più bisogno, rifugiatiche fuggivano, soprattutto ebreiche nascondeva per alcuni gior-ni. Non chiedeva loro chi era-no, bastava dicessero solo il no-me.

Più tardi negli anni, altri rifu-giati sono stati accolti e fratelRoger li ha alloggiati in casedel nostro villaggio borgogno-ne: vedove vietnamite che fug-givano con i propri figli il regi-me del loro paese, una famigliadi Sarajevo dopo la guerra cheaveva distrutto la loro città,un’altra famiglia dal Rwanda,della quale diversi suoi compo-nenti erano stati massacrati dalgeno cidio.

Dopo la morte di fratel Ro-ger noi abbiamo continuato. At-tualmente alloggiamo tre fami-glie dell’Iraq e della Siria, comeanche giovani uomini prove-nienti da Sudan, Eritrea, Afgha-nistan. Posso testimoniare chericeviamo da loro più di quantooffriamo. Hanno conosciutotante prove e per questo ci sti-molano ad affrontare coraggio-

samente le nostre difficoltà. Ac-coglierli rende i nostri cuori piùaperti. Spesso ripeto loro, chesiano cristiani o musulmani: èDio che vi ha mandati a noi.

Subito dopo la seconda guer-ra mondiale, quando la comuni-tà nasceva e muoveva i suoi pri-mi passi, coloro che nella regio-ne di Taizé avevano più biso-gno d’accoglienza erano i bam-bini le cui famiglie erano statedistrutte dagli eventi. Fratel Ro-ger non ha esitato a raccoglier-ne una ventina e ha chiamatouna sua sorella, ancora nubile, avenire a vivere con loro. Ella siè presa cura di essi fino allamaggiore età e al loro ingressonella vita adulta. Questi ragazziformavano come una famiglia,molto vicina alla comunità,molto amata dai fratelli. Forse èquesta accoglienza di bambiniin difficoltà che ha preparato lacomunità a offrire più tardil’ospitalità a un gran numero digiovani.

A poco a poco, a partire dal-la fine degli anni Sessanta, igiovani hanno incominciato atrascorrere qualche giorno vici-no alla comunità, sempre piùnumerosi, di Paesi sempre piùdiversi, portando con sé le loroinquietudini, talvolta le loroutopie, ma anche una grandegenerosità. Fratel Roger ha col-to le loro speranze, ha prestatoloro un orecchio attento e hachiesto ai fratelli di dare a essiuna grande accoglienza, anchese le condizioni materiali eranopovere. Egli diceva: «Accoglia-mo per la preghiera, ma diamoda mangiare a ogni pellegrino,anche solo una scodella di ri-so». Per questa accoglienza, fra-tel Roger non voleva che i muridella chiesa costituissero un li-mite. Così un giorno del 1971 lafacciata della nostra chiesa fudemolita per consentire un am-pliamento che permettesse lapartecipazione di tutti alla pre-ghiera comune. Più tardi,l’apertura dei confini dell’E u ro -pa orientale ha fatto raddoppia-re il numero dei giovani richie-dendo un ulteriore ampliamen-to della chiesa.

L’ospitalità ricevuta allarga icuori. L’accoglienza alla pre-ghiera comune orienta lo sguar-do di tutti verso ciò che ci su-pera, verso Colui che è al di làdi tutto. E questo può avereconseguenze inaspettate. Du-rante le guerre nella ex Jugosla-via, giovani croati e giovani ser-bi si sono trovati insieme sullanostra collina. Non era sempresemplice. Ma essere accolti conmolti giovani provenienti da al-tri paesi, senza la necessità digiustificarsi o di difendere delleposizioni, permetteva loro diaprirsi gradualmente l’unoall’altro e persino scoprirsi ami-ci. In questi ultimissimi anni,giovani russi e giovani ucraini,talvolta numerosi a Taizé, fannoun’esperienza simile.

Tutti questi giovani che acco-gliamo, non abbiamo mai volu-to organizzarli in un movimen-to che facesse riferimento allanostra comunità, preferiamopiuttosto accompagnarli quan-do tornano a casa loro, aiutan-doli nel trovare come concretiz-zare la loro fede con un impe-gno della loro vita nelle proprieparrocchie, città e quartieri.Questo ci ha portato, ormai damolti anni, a organizzare riu-nioni di giovani in grandi città,

incontri europei e ora anche in-contri in altri continenti. Unadelle specificità di questi incon-tri è l’ospitalità delle famiglie. Igiovani provenienti da diversipaesi si riuniscono non solo tradi loro, ma ogni mattina prega-no e poi vivono uno scambiocon le persone della parrocchiapresso le quali sono alloggiati.Offrendo ospitalità, gli adultifanno crescere la fiducia tra legenerazioni. È un po’ come sel’ospitalità praticata nei mona-steri fosse estesa a migliaia difamiglie. Che queste aprano leloro porte a giovani che non co-noscono e che forse non parla-no la loro lingua, in un tempoin cui spesso si ha paura dei fo-restieri, mette in luce la voca-zione della chiesa a essere luogodi comunione.

Come a Taizé, anche durantequesti incontri l’accoglienza ge-nerosa favorisce una compren-

non solo la loro vita quotidiana,i pasti, i servizi, ma soprattuttola nostra preghiera comune.Siamo sorpresi nel constatareche si sentono profondamenteuniti senza abbassare la loro fe-de al minimo denominatore co-mune e nemmeno livellare i lo-ro valori. Si stabilisce un’armo-nia tra persone che appartengo-no a confessioni e culture diffe-renti. Come è possibile? L’ospi-talità che ricevono e la preghie-ra comune celebrata sotto unmedesimo tetto permettono lorodi fare un’esperienza di comu-nione. Allora i cuori si stupisco-no, si aprono. Gli ospiti si chie-dono quale sia la causa del le-game che li unisce. Alcuni fini-scono per trovare in Dio la fon-te di un’unità che non ha confi-ni.

Mi pare che qualcosa di simi-le capiti a Bose. Se l’ospitalitàdi una comunità monastica con-sente di anticipare l’unità, di ve-dere già un’immagine della ri-conciliazione delle chiese, per-ché non dovrebbe essere possi-bile altrove? Mi capita spesso didire, pensando ai cristiani anco-ra divisi: senza ritardi, mettia-moci sotto lo stesso tetto. Of-friamoci reciprocamente l’ospi-talità. Accogliamo gli altri e la-sciamoci accogliere dagli altri

quando siamo insieme, ospitigli uni degli altri, che lo Spiritosanto viene a unirci. Come pos-siamo metterci sotto uno stessotetto nella vita di tutti i giorni?Facendo insieme tutto ciò chepuò essere fatto insieme: studiodella Bibbia, lavoro sociale epastorale, catechesi; e non farepiù nulla senza tenere conto de-gli altri. Riunendo gli organismiche si adoperano nel fare lestesse cose. Compiendo insiemedei gesti di solidarietà di frontealla miseria degli altri, ai pro-blemi nascosti, alla situazionedei migranti, alla povertà mate-riale e a qualsiasi altra sofferen-za, alla salvaguardia dell’am-biente. Trovarci insieme piùspesso alla presenza di Dionell’ascolto della sua Parola, nelsilenzio e la lode. In molte cit-tà, la cattedrale o la chiesa prin-cipale non potrebbero diventareun simbolo di questa reciprocaospitalità, una casa di preghieracomune per tutti i cristiani delluogo?

Vorrei fare un ulteriore passoe dire che l’ospitalità non è solol’accoglienza reciproca sotto unmedesimo tetto. L’ospitalità vapiù in profondità, è anche l’ac-coglienza reciproca dei doni de-gli altri, fin dentro il nostrocuore e nella nostra mente. Co-me l’ha espresso Papa France-sco, «non si tratta solamente diricevere informazioni sugli altriper conoscerli meglio, ma diraccogliere quello che lo Spiritoha seminato in loro come undono anche per noi» (Evangeliigaudium, 246). Durante la suavisita in Svezia, in occasione delcinquecentesimo anniversariodella Riforma protestante, il Pa-pa lo ha ribadito in altro modo.Nella preghiera pronunciatanella cattedrale di Lund, haespresso queste parole: «Spiritosanto, donaci di riconoscere congioia i doni che sono giunti allaChiesa dalla Riforma». Mi hamolto colpito partecipare aquella celebrazione. Nei mesiche seguirono mi sono chiestocome associarmi personalmentea questa preghiera di gratitudi-ne. Provenendo da una famigliacattolica, quali sono i doni dellealtre chiese che ho accolto den-tro di me e per cui ringraziareD io?

Custodisco un ricordo indi-menticabile dei pellegrinaggiche abbiamo fatto con dei gio-vani a Costantinopoli, per cele-brare l’Epifania, e a Mosca,Kiev e Leopoli, Minsk, Bucare-st, per celebrare la Pasqua. Lecelebrazioni dei cristianid’Oriente ci immergononell’adorazione di Dio. Con laloro solennità, la loro bellezza,esprimono il mistero di Dio checi supera infinitamente e chetuttavia è vicino. La fede incrol-labile dei cristiani d’O rientenella risurrezione di Cristo enella presenza dello Spirito san-to hanno rafforzato la mia. Eringrazio Dio per la forza chevi trovano e che ha permessoloro di attraversare decenni disofferenza nei secoli passati e distare saldi nelle attuali avversità,specialmente in Medio oriente.È una grande gioia accoglierenumerosi gruppi di giovani or-todossi a Taizé. Spesso sono ac-compagnati da un prete e la di-vina liturgia è celebrata nellachiesa del nostro villaggio. Mipiace parteciparvi e lasciarmiaccogliere nella loro preghiera.

E quali sono i doni dellechiese della Riforma che hoscoperto accanto a fratel Rogere ai primi fratelli della nostracomunità, doni che sono diven-tati vitali per la mia fede? Inquest’anno che segna il cinque-centesimo anniversario della Ri-forma protestante, vorrei citarnequattro: il primato della Scrittu-ra; l’affermazione che l’amore di

Dio è incondizionato; il richia-mo che tutti i credenti possonovivere una comunione personalecon Dio e che coloro che hannoun ministero nella Chiesa sonoal servizio di quella relazionepersonale di ogni credente conDio; e infine la libertà di co-scienza.

Continuando con i miei fra-telli la riflessione sulla preghieradi ringraziamento del Papa aLund, ci siamo posti la doman-da: quelle parole del Papa nonrichiedono forse una risposta?L’accoglienza del Papa ai donidella Riforma non potrebbe es-sere un invito ai protestanti aoffrire una medesima accoglien-za ai doni della Chiesa cattoli-ca? Non potrebbero lodare Diospecialmente per la capacitàdella Chiesa cattolica di renderevisibile l’universalità della Chie-sa?

Non posso concludere questariflessione sull’ospitalità senzatoccare una questione difficile.Le chiese che sottolineano chel’unità della fede e l’accordo suiministeri sono necessari per ri-cevere insieme la comunionenon dovrebbero cercare comedare altrettanto peso all’a c c o rd osull’amore fraterno? Non po-trebbero allora offrire il più am-piamente possibile l’ospitalitàeucaristica a coloro che manife-stano il desiderio di unità e checredono nella presenza reale diCristo? Non dovremmo arrivarea considerare che l’Eucaristianon è solo il vertice dell’unità,ma ne è anche il suo cammino?

L’amore fraterno e l’ospitalitàrichiedono un grande lavoro in-teriore. Oggi la nostra comunitàraccoglie in una medesima vitacomune un centinaio di uominila cui diversità è sempre piùgrande: la diversità delle nostreorigini confessionali, inizialmen-te protestanti, più tardi cattoli-ca, e anche la diversità delle no-stre culture d’origine, poichéabbiamo fratelli di tutti i conti-nenti. Inoltre, qualche volta ci èdata la gioia d’accogliere tra noiper un po’ di tempo un mona-co ortodosso. Questa diversitàci pone nella condizione di sa-pere che la vita fraterna non èsempre evidente. Accogliere l’al-tro — il fratello o la sorella dellastessa comunità come il fratelloo la sorella di un’altra confes-sione — per offrirgli ospitalitànel nostro cuore presupponeuna lotta. Per trovare sempre ilsilenzio interiore, la pace delcuore, si deve dire e ripetere aDio la preghiera del salmo:«Tieni unito il mio cuore per-ché ti adori» (Salmi, 85, 11).

sione più profonda tra i popoli.A volte vediamo operarsi note-voli cambiamenti di mentalità,delle persone passano dalla dif-fidenza alla fiducia, delle ricon-ciliazioni che si compiono. Peresempio, durante due incontrilatinoamericani di giovani, nel2007 in Bolivia e nel 2010 in Ci-le, quanti malintesi tra questidue paesi hanno potuto dissi-parsi nel cuore dei giovani. Nel2012, durante un incontro afri-cano a Kigali, quante paure re-ciproche sono scomparse tragiovani rwandesi e congolesi.

L'ospitalità allarga i cuori,per questo essa è un camminodi riconciliazione delle Chiese.A Taizé, quando ci incontriamotre volte al giorno nella Chiesadella Riconciliazione, la pre-ghiera della nostra comunitàriunisce giovani cattolici, prote-stanti e ortodossi. Per una setti-mana, i giovani condividono

anche senza aspettare che tutti ipunti di vista siano pienamentearmonizzati. Non è forse giuntoil momento di dare priorità allanostra comune identità battesi-male? In tutte le chiese è stataposta come prima cosa l’identi-tà confessionale. Ci si definiscecattolico, protestante o ortodos-so. In realtà, è l’identità battesi-male che deve avere la priorità.«Voi infatti siete morti e la vo-stra vita è nascosta con Cristoin Dio!» (Colossesi, 3, 3).

Cristo dona l’unità quando ecome vuole. Ma ancora bisognaricevere questo dono. Se non cimettiamo insieme, come puòfarci il dono dell’unità? È quan-do erano uniti sotto lo stessotetto nella sala superiore a Ge-rusalemme che gli apostoli eMaria, e alcuni altri uomini edonne hanno ricevuto il donodello Spirito santo. L’ospitalitàè veramente importante. È

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pagina 6 sabato 9 settembre 2017 L’OSSERVATORE ROMANO sabato 9 settembre 2017 pagina 7

Il Papa ha concluso la mattinatadi giovedì 7 settembre incontrando ivescovi della Colombia nel Palazzocardinalizio della capitale. Diseguito una traduzione italiana delsuo discorso in spagnolo, dopo isaluti rivoltigli dal cardinalearcivescovo di Bogotá e dalvicepresidente della Conferenzaepiscopale.

La pace sia con voi

Così il Risorto salutò il suo pic-colo gregge dopo aver vinto lamorte, e così consentitemi di salu-tarvi in questo modo all’inizio delmio viaggio.

Vi ringrazio per le parole dibenvenuto. Sono contento perchéi primi passi che compio in que-sto Paese mi portano a incontrarevoi, Vescovi della Colombia, perabbracciare in voi tutta la Chiesacolombiana e per stringere la vo-stra gente al mio cuore di Succes-sore di Pietro. Vi ringrazio moltis-simo per il vostro ministero epi-scopale, che vi prego di continua-re ad esercitare con rinnovata ge-nerosità. Rivolgo un particolaresaluto ai Vescovi emeriti, incorag-giandoli a continuare a sostenere,con la preghiera e con la presenzadiscreta, la Sposa di Cristo allaquale si sono generosamente do-nati.

Vengo per annunciare Cristo eper compiere nel suo nome uncammino di pace e di riconcilia-zione. Cristo è la nostra pace!Egli ci ha riconciliati con Dio etra di noi!

Sono convinto che la Colombiaabbia qualcosa di originale, qual-cosa di molto originale che richia-ma fortemente l’attenzione: non èmai stata una meta completamen-te realizzata, né una destinazionetotalmente raggiunta, né un teso-ro totalmente posseduto. La suaricchezza umana, le sue abbon-danti risorse naturali, la sua cul-tura, la sua luminosa sintesi cri-stiana, il patrimonio della sua fe-de e la memoria dei suoi evange-lizzatori, la gioia spontanea e sen-za riserve della sua gente, l’impa-gabile sorriso della sua gioventù,la sua originale fedeltà al Vangelodi Cristo e alla sua Chiesa e, so-prattutto, il suo indomabile co-raggio di resistere alla morte, nonsolo annunciata, ma molte volteseminata: tutto questo viene sot-tratto — come fa il fiore della mi-mosa pudica nel giardino — dicia-mo che si nasconde, a quelli chesi presentano come stranieri bra-mosi di dominarla, mentre, all’op-posto, si offre generosamente achi tocca il suo cuore con la man-suetudine del pellegrino. La Co-lombia è così.

Per questo, come pellegrino, mirivolgo alla vostra Chiesa. Sonovostro fratello, desideroso di con-dividere Cristo Risorto, per ilquale nessun muro è eterno, nes-suna paura è indistruttibile, nes-suna piaga, nessuna, è incurabile.

Non sono il primo Papa che viparla qui nella vostra casa. Duedei miei più grandi predecessorisono stati ospiti qui: il beato Pao-lo VI, che venne poco dopo laconclusione del Concilio VaticanoII per incoraggiare l’attuazionecollegiale del mistero della Chiesain America Latina; e san Giovan-ni Paolo II nella sua memorabilevisita apostolica dell’86. Le paroledi ambedue sono una risorsa per-manente, le indicazioni che deli-nearono e la stupenda sintesi cheoffrirono sul nostro ministero epi-scopale costituiscono un patrimo-nio da custodire. Non sono anti-quati. Vorrei che quanto vi dicovenga recepito in continuità conquello che essi hanno insegnato.

Custodi e sacramentodel primo passo

«Fare il primo passo» è il mot-to della mia visita e anche per voiquesto è il mio primo messaggio.Sapete bene che Dio è il Signore

del primo passo. Egli ci anticipasempre. Tutta la Sacra Scritturaparla di Dio come esiliato da Séstesso per amore. È stato cosìquando vi erano solo tenebre,caos e, uscendo da Sé, Egli fecein modo che tutto venisse ad es-sere (cfr. Gen 1, 1 – 2, 4); è statocosì quando Egli passeggiava nelgiardino delle origini, e si accorsedella nudità della sua creatura(cfr. Gen 3, 8-9); è stato cosìquando, pellegrino, Egli sostònella tenda di Abramo, lasciando-gli la promessa di una insperatafecondità (cfr. Gen 18, 1-10); è sta-to così quando si presentò a Mo-sè affascinandolo, quando nonaveva più altro orizzonte chequello di pascolare le pecore disuo suocero (cfr. Es 3, 1-2); è sta-to così quando non tolse losguardo dalla sua amata Gerusa-lemme, neppure quando si prosti-tuiva sul marciapiede dell’infedel-tà (cfr. Ez 16, 15); è stato cosìquando emigrò con la sua gloriaverso il suo popolo esiliato nellaschiavitù (cfr. Es 10, 18-19).

E, nella pienezza del tempo,volle rivelarci il primo passo, ilnome del suo primo passo. Sichiama Gesù ed è un passo irre-versibile. Proviene dalla libertà diun amore che tutto precede. Per-ché il Figlio, Egli stesso, è la vi-vente espressione di tale amore.Coloro che lo riconoscono e loaccolgono ricevono in eredità ildono di essere introdotti nella li-bertà di poter compiere sempre inLui questo primo passo, non han-no paura di perdersi se escono dasé stessi, perché possiedono lagaranzia dell’amore che promanadal primo passo di Dio, unabussola che impedisce loro dip erdersi.

Custodite dunque, con santotimore e con commozione, quelprimo passo di Dio verso di voie, per mezzo del vostro ministero,verso la gente che vi è stataaffidata, nella consapevolezza diessere voi stessi sacramento viven-te di quella libertà divina che nonha paura di uscire da sé stessa peramore, che non teme di im-poverirsi mentre si dona, che nonha necessità di altra forza chel’a m o re .

Dio ci precede, siamo tralci enon siamo la vite. Pertanto, nonfate tacere la voce di Colui che ciha chiamati, e non pensate chesiano la somma delle vostre pove-re virtù o le lusinghe dei potentidi turno ad assicurare il risultatodella missione che Dio vi ha affi-dato. Al contrario, mendicate,mendicate nella preghiera quandonon potete né dare, né darvi, per-ché abbiate qualcosa da offrire aquelli che si accostano costante-mente al vostro cuore di Pastori.La preghiera nella vita del Vesco-vo è la linfa vitale che passa attra-verso la vite, senza la quale il tral-cio marcisce diventando infecon-do. Pertanto, lottate con Dio, epiù ancora nella notte della suaassenza, finché Egli non vi bene-dica (cfr. Gen 32, 25-27). Le feritedi questa quotidiana e prioritariabattaglia nella preghiera saranno

fonte di risanamento per voi; sa-rete feriti da Dio per diventarecapaci di curare.

Rendere visibile la vostra identitàdi sacramentodel primo passo di Dio

Di fatto, rendere tangibilel’identità di sacramento del primopasso di Dio, esigerà un continuoesodo interiore. «Non vi è infattiinvito più efficace ad amare cheessere primi nell’amare» (AGOSTI-N O, De cat. rud., I, 4.7, 26: PL

40), e, pertanto, nessun ambitodella missione episcopale puòprescindere da questa libertà dicompiere il primo passo. La con-dizione di possibilità per l’e s e rc i -zio del ministero apostolico è ladisposizione ad avvicinarsi a Ge-sù lasciando alle spalle «ciò chesiamo stati, perché possiamo esse-re ciò che non eravamo» (ID., En.in ps., 121, 12: PL 36).

Vi raccomando di vigilare nonsolo individualmente ma anchecollegialmente, docili allo SpiritoSanto, su questo permanentepunto di partenza. Senza questonucleo i lineamenti del Maestroillanguidiscono sul volto dei di-scepoli, la missione si blocca e di-minuisce la conversione pastorale,che non è altro che dare rispostaall’urgenza dell’annuncio del Van-gelo della gioia oggi, domani e ilgiorno seguente (cfr. Lc 13, 33), zeloche consumò il Cuore di Gesù la-sciandolo senza nido né riparo, de-dito unicamente al compimentofino alla fine della volontà del Pa-dre (cfr. Lc 9, 58.62). Quale altrofuturo possiamo perseguire? Aquale altra dignità possiamo aspi-r a re ?

Non misuratevi con il metro diquelli che vorrebbero che fostesolo una casta di funzionari pie-gati alla dittatura del presente.Abbiate invece sempre fisso losguardo nell’eternità di Colui chevi ha scelti, pronti ad accogliere ildecisivo giudizio delle sue labbra,che è quello che conta.

Nella complessità del volto diquesta Chiesa colombiana, è mol-to importante preservare la singo-larità delle sue differenti e legitti-me forze, le sensibilità pastorali,le peculiarità regionali, le memo-rie storiche, le ricchezze delle pe-culiari esperienze ecclesiali. LaPentecoste permette che tuttiascoltino nella propria lingua.Perciò, cercate con perseveranzala comunione tra voi. Non stanca-tevi di costruirla attraverso il dia-logo franco e fraterno, condan-nando come la peste i progettinascosti. Siate solleciti nel com-piere il primo passo l’uno versol’altro. Anticipatevi nella disponi-bilità a comprendere le ragionidell’altro. Lasciatevi arricchire daquello che l’altro può offrirvi ecostruite una Chiesa che offra aquesto Paese una testimonianzaeloquente di quanto si può pro-gredire quando si è disposti anon rimanere nelle mani di pochi.Il ruolo delle Province Ecclesiasti-che in rapporto allo stesso mes-saggio di evangelizzazione è fon-damentale, perché sono diverse earmonizzate le voci che lo procla-mano. Per questo, non acconten-tatevi di un mediocre impegnominimo, che lasci i rassegnati nel-la tranquilla quiete della loro im-potenza, mentre al tempo stessoplaca quelle speranze che avreb-bero bisogno del coraggio di esse-re riposte più sulla forza di Dioche sulla propria debolezza.

Riservate una particolare sensi-bilità per le radici afro-colombia-ne della vostra gente, che tanto

generosamente hanno contribuitoa disegnare il volto di questaterra.

Toccare la carnedel corpo di Cristo

Vi invito a non avere paura ditoccare la carne ferita della vostrastoria e della storia della vostragente. Fatelo con umiltà, senza lavana pretesa di protagonismo econ il cuore indiviso, libero dacompromessi o servilismi. SoloDio è il Signore e la nostra animadi Pastori non si deve sottomette-re a nessun’altra causa.

La Colombia ha bisogno delvostro sguardo, lo sguardo pro-prio, tipico di Vescovi, per soste-nerla nel coraggio del primo pas-so verso la pace definitiva, la ri-conciliazione, verso il ripudio del-la violenza come metodo, il supe-ramento delle disuguaglianze chesono la radice di tante sofferenze,la rinuncia alla strada facile masenza uscita della corruzione, ilpaziente e perseverante consolida-mento della res publica, che richie-de il superamento della miseria edella disuguaglianza.

Si tratta ovviamente di un com-pito arduo ma irrinunciabile: lastrada è ripida e le soluzioni nonsono ovvie. Dall’altezza di Dio,che è la croce del suo Figlio, ot-terrete la forza; con l’umile lucina

cap. 15). Non è necessario che viparli di questa paura, radice avve-lenata, frutto amaro e nefasta ere-dità di ogni conflitto. Desideroincoraggiarvi a continuare a cre-dere che si può agire diversamen-te, ricordando che non avete rice-vuto uno spirito da schiavi per ri-cadere nella paura; lo stesso Spi-rito testimonia che siete figli de-stinati alla libertà della gloria adessi riservata (cfr. Rm 8, 15-16).

Voi vedete con i vostri occhi econoscete come pochi la deforma-zione del volto di questo Paese,siete custodi degli elementi fon-damentali che lo rendono uno,nonostante le sue lacerazioni.Proprio per questo, la Colombiaha bisogno di voi per riconoscersinel suo vero volto carico di spe-ranza malgrado le sue imperfezio-ni, per perdonarsi reciprocamentenonostante le ferite non del tuttocicatrizzate, per credere che sipuò percorrere un’altra strada an-che quando l’inerzia spinge a ri-petere gli stessi errori, per avere ilcoraggio di superare quanto puòrenderla miserabile nonostante isuoi tesori.

Vi confesso che sento come undovere, che mi viene da dentro,di incoraggiarvi, e così devo dirvi:Coraggio! Sento questo dovere,di comunicarvi il mio desiderio difarvi coraggio. Vi incoraggio,dunque, a non stancarvi di fare di

cuori e avete la forza di poterlapronunciare non solo sui pulpiti,nei documenti ecclesiali o negliarticoli dei periodici, ma più an-cora nel cuore delle persone, nelsegreto santuario delle loro co-scienze, nell’ardente speranza cheli attira all’ascolto della voce delcielo che proclama: «Pace agliuomini, che Dio ama» (Lc 2, 14).Voi dovete pronunciarla con lafragile, umile, ma invincibile ri-sorsa della misericordia di Dio,l’unica capace di sconfiggere lacinica superbia dei cuori autorefe-re n z i a l i .

Alla Chiesa non interessa altroche la libertà di pronunciare que-sta Parola: essere libera di pro-nunciare questa Parola. Non ser-vono alleanze con una parte ocon l’altra, bensì la libertà di par-lare ai cuori di tutti. Proprio lìavete l’autonomia e “lo slancio”per inquietare, lì avete la possibi-lità di sostenere una inversione diro t t a .

Il cuore umano, molte volte in-gannato, concepisce l’insensatoprogetto di fare della vita un con-tinuo aumento di spazi per depo-sitare ciò che accumula. Ma è uninganno. Proprio qui è necessarioche risuoni la domanda: A cheserve guadagnare il mondo interose rimane il vuoto nell’anima (cfr.Mt 16, 26)?

Dalle vostre labbra di legittimiPastori, quali siete, la Colombiaha il diritto di essere interpellatadalla verità di Dio, che ripetecontinuamente: «Dov’è tuo fratel-lo?» (Gen 4, 9). È un interrogati-vo che non può essere taciuto,nemmeno quando chi lo ascoltanon può far altro che abbassare losguardo, confuso, e balbettare lapropria vergogna per averlo ven-duto, magari al prezzo di qualchedose di stupefacente o un erratoconcetto di ragion di Stato, oppu-re per la falsa coscienza che il fi-ne giustifica i mezzi.

Vi prego di tenere sempre losguardo fisso all’uomo concreto.Non servite un concetto di uomo,ma la persona umana amata daDio, fatta di carne e ossa, storia,fede, speranza, sentimenti, delu-sioni, frustrazioni, dolori, ferite, evedrete che questa concretezzadell’uomo smaschera le freddestatistiche, i calcoli manipolati, lestrategie cieche, le informazionidistorte, ricordandovi che «inrealtà solamente nel mistero delVerbo incarnato trova vera luce ilmistero dell’uomo» (Gaudium etspes, 22).

Una Chiesa in missione

Tenendo conto del generoso la-voro pastorale che già svolgete,permettetemi di presentarvi oraalcune ansie che porto nel miocuore di Pastore, desideroso diesortarvi a essere sempre di piùuna Chiesa in missione. I mieiPredecessori hanno già insistitosu alcune di queste sfide: la fami-glia, la vita, i giovani, i sacerdoti,le vocazioni, i laici, la formazio-ne. Nei decenni scorsi, nonostan-te il grande lavoro, forse sono di-ventate ancora più faticose lerisposte per rendere efficace lamaternità della Chiesa nel genera-re, nutrire e accompagnare i suoifigli.

Penso alle famiglie colombiane,alla difesa della vita dal seno ma-terno fino alla sua fine naturale,alla piaga della violenza e dell’al-colismo, non di rado diffusa nellefamiglie, alla fragilità del vincolomatrimoniale e l’assenza dei padridi famiglia con le sue tragicheconseguenze di insicurezza e orfa-

nezza. Penso a tanti giovani mi-nacciati dal vuoto dell’anima epresi dalla droga come via diuscita, o dallo stile di vita facile odalla tentazione sovversiva. Pensoai numerosi e generosi sacerdoti ealla sfida di sostenerli nella fedelee quotidiana scelta per Cristo eper la Chiesa, mentre alcuni altricontinuano a portare avanti la co-moda neutralità di quelli che nonscelgono nulla per rimanere solicon sé stessi. Penso ai fedeli laicisparsi in tutte le Chiese particola-ri, che resistono faticosamente nellasciarsi radunare da Dio che ècomunione, anche quando nonpochi proclamano il nuovo dog-ma dell’egoismo e della morte diogni solidarietà, parole che qual-cuno vorrebbe togliere dal dizio-nario. Penso all’immenso sforzodi tutti per approfondire la fede erenderla luce viva per i cuori elampada per fare il primo passo.

Non vi porto ricette né vogliolasciarvi una lista di compiti. Infondo vorrei pregarvi che, realiz-zando in comunione la vostragravosa missione di Pastori inColombia, conserviate la serenità.Non so se dirvelo, mi viene inmente adesso, ma se esagero per-donatemi, mi viene in mente chequesta è una virtù di cui c’è piùbisogno: conservate la serenità.Non perché voi non l’abbiate, mail momento vi chiede di averne dipiù. Sapete bene che di notte ilmaligno continua a seminare ziz-zania, ma abbiate la pazienza delPadrone del campo, confidandonella buona qualità dei vostri se-mi. Imparate dalla sua longanimi-tà e magnanimità. I suoi tempisono lunghi perché è smisurato ilsuo sguardo d’amore. Quandol’amore è scarso, il cuore diventaimpaziente, turbato dall’ansia difare cose, divorato dalla paura diaver fallito. Credete soprattuttonell’umiltà del seme di Dio. Fida-tevi della potenza nascosta delsuo lievito. Orientate il cuore alfascino stupendo che attrae e favendere tutto pur di possederequel tesoro divino.

In effetti, che cosa di più fortepotete offrire alla famiglia colom-biana della forza umile del Van-gelo dell’amore generoso che uni-sce l’uomo e la donna, rendendoliimmagine dell’unione di Cristocon la Chiesa, messaggeri e custo-di della vita? Le famiglie hannobisogno di sapere che in Cristopossono diventare alberi frondosicapaci di offrire ombra, di darefrutto in ogni stagione dell’anno,di ospitare la vita tra i loro rami.Sono molti oggi quelli che rendo-no omaggio ad alberi senza om-bra, infecondi, a rami privi di ni-di. Per voi, il punto di partenzasia la testimonianza gioiosa che lafelicità sta altrove.

Che cosa potete offrire ai vostrigiovani? Loro vogliono sentirsiamati, diffidano di quelli che lisottovalutano, chiedono coerenzalimpida e aspettano di esserecoinvolti. Accoglieteli, pertanto,con il cuore di Cristo e aprite lo-ro spazi nella vita delle vostreChiese. Non partecipate ad alcunnegoziato che svenda le loro spe-ranze. Non abbiate paura di alza-re serenamente la voce per ricor-dare a tutti che una società che silascia sedurre dal miraggio delnarcotraffico trascina sé stessa inquella metastasi morale che mer-canteggia l’inferno e seminadovunque la corruzione, e nellostesso tempo ingrassa i paradisifiscali.

Che cosa potete dare ai vostrisacerdoti? Il primo dono è quellodella paternità, che assicuri che la

mano che li ha generati e untinon sia ritirata dalla loro vita. Èvero, viviamo nell’era dell’infor-matica e non ci è difficile rag-giungere i nostri sacerdoti in tem-po reale con qualche programmadi messaggi. Ma il cuore di unpadre, di un Vescovo, non può li-mitarsi a comunicare col suo pre-sbiterio in maniera precaria, im-personale ed esteriore. Non puòlasciare il cuore del Vescovo lapreoccupazione, la sana inquietu-dine su dove vivono i suoi sacer-doti. Vivono veramente secondoGesù? O si sono improvvisatialtre sicurezze come la stabilitàeconomica, l’ambiguità morale, ladoppia vita o l’aspirazione miopea una carriera? I sacerdoti hannonecessità, urgente e vitale, dellavicinanza fisica e affettiva del loroVescovo. I sacerdoti hanno biso-gno di sentire che hanno unp a d re .

Sulle spalle dei sacerdoti pesaspesso la fatica del lavoro quoti-diano della Chiesa. Essi sono inprima linea, continuamente cir-condati dalla gente che, abbattu-ta, cerca in loro il volto del Pasto-re. La gente si avvicina e bussaalla porta del loro cuore. Essi de-vono dare da mangiare alle folle eil cibo di Dio non è mai una pro-prietà di cui si può disporresenz’altro. Al contrario, provienesolamente dall’indigenza messa acontatto con la bontà divina.Congedare la folla e cibarsi colpoco di cui ci si può indebita-mente appropriare è una tentazio-ne costante (cfr. Lc 9, 13).

Vigilate pertanto sulle radicispirituali dei vostri sacerdoti.Conduceteli continuamente aquella Cesarea di Filippo dove,dalle origini del G i o rd a n o di cia-scuno, possano sentire nuovamen-te la domanda di Gesù: “Chi sonoio per te?”. E la ragione del gra-duale deteriorarsi che molte volteporta alla morte del discepolo èsempre in un cuore che non puòpiù rispondere: “Tu sei il Cristo,il Figlio di Dio” (cfr. Mt 16, 13-16). Da qui viene meno il corag-gio della irreversibilità del donodi sé, e deriva anche il disorienta-mento interiore, la stanchezza diun cuore che non sa più accom-pagnare il Signore nel suo cam-mino verso Gerusalemme.

Curate specialmente, per favo-re, l’itinerario formativo dei sacer-doti, a partire dalla nascita dellachiamata di Dio nei loro cuori.La nuova Ratio fundamentalis in-stitutionis sacerdotalis, recentemen-te pubblicata, è una valida risor-sa, ancora da applicare, affinchéla Chiesa in Colombia sia all’al-tezza del dono di Dio che mai hasmesso di chiamare al sacerdoziotanti suoi figli.

Non trascurate, per favore, lavita dei consacrati e delle consa-crate. Essi costituiscono lo schiaf-fo cherigmatico ad ogni mondani-tà e sono chiamati a bruciarequalsiasi riflusso di valori monda-ni nel fuoco delle beatitudini vis-sute sine glossa e nel totale abbas-samento di sé stessi nel servizio.Per favore, non considerateli co-me “risorse utili” per le opereapostoliche; piuttosto, sappiatericonoscere in essi il gridodell’amore consacrato della

Sposa: «Vieni, Signore Gesù» (Ap22, 20).

Riservate la stessa preoccupa-zione formativa ai laici, dai qualidipende non solo la solidità dellecomunità di fede, ma gran partedella presenza della Chiesa negliambiti della cultura, della politi-ca, dell’economia. Formare nellaChiesa significa porsi in contattocon la fede vivente della Comuni-tà viva, introdursi in un patrimo-nio di esperienze e di risposte su-scitate dallo Spirito Santo, perchéè Lui che insegna tutte le cose(cfr. Gv 14, 26).

E prima di concludere — mi so-no già un po’ dilungato — unpensiero vorrei rivolgere alle sfidedella Chiesa in Amazzonia, regio-ne della quale siete giustamenteorgogliosi, perché è parte essen-ziale della meravigliosa biodiver-sità di questo Paese. L’Amazzoniaè per tutti noi una prova decisivaper verificare se la nostra società,quasi sempre ridotta al materiali-smo e al pragmatismo, è in grado

di custodire ciò che ha ricevutogratuitamente, non per saccheg-giarlo, ma per renderlo fecondo.Penso soprattutto all’arcana sa-pienza dei popoli indigenidell’Amazzonia e mi domando sesiamo ancora capaci di imparareda essi la sacralità della vita, il ri-spetto per la natura, la consape-volezza che la ragione strumenta-le non è sufficiente per colmare lavita dell’uomo e rispondere allaricerca profonda che lo interpella.

Per questo vi invito a non ab-bandonare a sé stessa la Chiesa inAmazzonia. Il consolidamento diun volto amazzonico per la Chie-sa che qui è pellegrina è una sfidadi tutti voi, che dipende dal cre-scente e consapevole appoggiomissionario di tutte le diocesi co-lombiane e di tutto il suo clero.Ho ascoltato che in alcune linguenative amazzoniche per riferirsialla parole “amico” si usa l’e s p re s -sione “l’altro mio braccio”. Siatepertanto l’altro bracciodell’Amazzonia. La Colombia

non la può amputare senza esseremutilata nel suo volto e nella suaanima.

Cari fratelli,vi invito a rivolgerci spiritual-

mente a Nostra Signora del Rosa-rio di Chiquinquirá, la cui imma-gine avete avuto la delicatezza diportare dal suo Santuario allamagnifica Cattedrale di questacittà perché anch’io la potessic o n t e m p l a re .

Come ben sapete, la Colombianon può dare a sé stessa il Rinno-vamento a cui aspira, senza che es-so venga concesso dall’alto. Im-ploriamolo dunque dal Signore,per mezzo della Vergine.

Come a Chiquinquirá Dio harinnovato lo splendore del voltodi sua Madre, Egli continui a il-luminare con la sua luce celeste ilvolto di questo intero Paese e be-nedica la Chiesa in Colombia ac-compagnandola con la sua bontà,e benedica voi, che ringrazio pertutto quello che fate. Grazie!

Quali sfide per la Chiesa

Ai vescovi della Colombia il Papa chiede di sostenere il cammino della riconciliazione

Non funzionari o politici ma pastori

La Chiesa in Colombia si trova oggi difronte a grandi sfide, ma non sempre rie-sce a comprenderle e a darvi risposte. Loha detto il cardinale Rubén Salazar Gó-mez, arcivescovo di Bogotá, introducen-do l’incontro del Papa con i presuli delPaese. «Siamo stati una nazione — hadetto il porporato — che si definiva essastessa “popolo cattolico” dato che, dagliinizi della conquista da parte della Spa-gna», la luce del Vangelo «brillò contutta la sua forza sulla nostra popolazio-ne e l’immensa maggioranza, quasi la to-talità, accettò Cristo come suo Signore ela Chiesa come sua madre». Oggi, hafatto notare il cardinale, la situazione èmolto cambiata, si sta imponendo nellasocietà colombiana «una cultura che ne-ga i valori evangelici e che cerca di co-struire una società che volta le spalle aDio», in cui con frequenza «si deformail senso della persona umana». Inoltre,ha aggiunto, «constatiamo una crescentepresenza» di diverse proposte religioseche «portano dietro di sé un buon nu-mero di nostri compatrioti con promesseche non sempre rispondono al Vangelo.Regna, pertanto, confusione e disorienta-mento».

La Colombia, ha detto ancora il cardi-nale, sta lottando per «lasciare indietrouna storia di violenza armata che l’hasommersa nella morte per decenni». Tut-tavia, la faticosa costruzione della pace siè «convertita in fonte di polarizzazionepolitica che semina tutti i giorni divisio-ne, confronto, disorientamento». È unPaese marcato da «profonde disegua-glianze e ineguaglianze» che esigono«radicali cambiamenti in tutti i campidella vita sociale. Però non sembra che

siamo disposti a pagare il prezzo che re-clamano». In questo contesto ecclesiale esociale, la visita del Papa è una «luceche ci porta l’amore misericordioso delPadre». Da qui, l’invito ad aprire i cuori«per ascoltare la sua voce, per sentire lachiamata alla fraternità e alla solidarietà,per discernere una volta di più la presen-za salvatrice del Signore in mezzo a noie metterci al servizio dell’amore miseri-cordioso del Padre con generosa dona-zione».

Gli ha fatto eco l’arcivescovo ÓscarUrbina Ortega, presidente della Confe-renza episcopale colombiana, il quale siè detto sicuro che la voce del Papa «be-nedirà il popolo e lo incoraggerà a pro-seguire nel suscitare gesti concreti di ri-conciliazione, perdono e misericordia»,perché «possiamo essere artigiani dellapace che Gesù ci dona» e così costruireinsieme «la nuova patria che tutti so-gniamo e che vogliamo lasciare alle futu-re generazioni».

«Da parte nostra — ha affermato ilpresule — accettiamo di essere una Chie-sa in uscita evangelizzatrice, impegnatacon la pace e la giustizia, con i poveri ele vittime, con gli scarti della società econ tutti quelli che si trovano nelle peri-ferie esistenziali, così come con i lontanidalla Chiesa e con quelli che ancora nonconoscono Cristo». Monsignor UrbinaOrtega ha poi fatto notare come tutti icolombiani avrebbero voluto che la pre-senza del Papa toccasse i diversi luoghidel Paese, ma essendo impossibile, ogniposto che visiterà, ogni gesto e ogni di-scorso sarà rivolto a tutti i colombiani.Tutti, ha concluso, sentiranno la presen-za del Pontefice come padre e pastore.

degli occhi del Risorto percorre-rete la via; ascoltando la voce del-lo Sposo che sussurra al cuore, ri-ceverete i criteri per discernere dinuovo, in ogni incertezza, la giu-sta direzione.

Uno dei vostri illustri letteratiscrisse parlando di uno dei suoimitici personaggi: «Non immagi-navo che fosse più facile iniziareuna guerra che concluderla» (Ga-briel García Márquez, Cent’annidi solitudine, cap. 9). Tutti sappia-mo che la pace esige dagli uominiun coraggio morale diverso. Laguerra deriva da quanto di piùbasso c’è nel nostro cuore, la paceinvece ci spinge ad essere piùgrandi di noi stessi. Poi, lo scrit-tore aggiungeva: «Non pensavoche ci sarebbero volute tante pa-role per spiegare quello che siprovava nella guerra, in realtà nebastava una sola: paura» (ibid.,

ciascuna delle vostre Chiese ungrembo di luce, capace di genera-re, pur soffrendo la povertà, lenuove creature di cui questa terraha bisogno. Rifugiatevi nell’umil-tà della vostra gente per renderviconto delle loro segrete risorseumane e di fede, ascoltate quantola loro spogliata umanità bramagrazie alla dignità che soltanto ilRisorto può conferire. Non abbia-te paura di migrare dalle vostreapparenti certezze alla ricerca del-la vera gloria di Dio, che è l’uo-mo vivente. Coraggio! Vi incorag-gio in questo cammino.

La parola della riconciliazione

Molti possono contribuire allasfida di questa Nazione, ma lavostra missione è peculiare. Voinon siete tecnici né politici, sietePastori. Cristo è la parola di ri-conciliazione scritta nei vostri

Incontro serale davanti alla nunziatura

La vulnerabilità essenza dell’uomoLavorare per la costruzione di «un mondo in cui la vul-nerabilità sia considerata l’essenza dell’uomo. Perché sia-mo tutti vulnerabili, tutti». È il “messaggio” lanciato dalPapa a conclusione della seconda giornata in terra co-lombiana. Incontrando nella sera di giovedì 7, nel cortiledella nunziatura apostolica di Bogotá, alcuni gruppi didisabili, Francesco ha ascoltato commosso il saluto diuna bambina, Maria, intessendo con lei un dialogo inlingua spagnola conclusosi con la recita dell’Avemaria ela richiesta di pregare anche per lui, perché — ha confi-dato — «sono molto vulnerabile».

Come nella sera precedente, quando l’appuntamentoera stato con i giovani, anche l’incontro con il mondodella sofferenza è stato caratterizzato da canti e danze:una corale universitaria ha intonato Amo esta tierra delcompositore Leonardo Laverde, accompagnata dalle mu-siche di un’orchestrina di non vedenti e dalla traduzionecon il linguaggio delle mani per i sordomuti. Tra le real-tà presenti: la Corporación colombiana transiciones cre-cer, organizzazione di famiglie con figli con disabilità in-tellettiva; la Fundación misioneros de la Redención

(Fundmir), che fondata a Napoli per accogliere gli orfa-ni della seconda guerra mondiale ha poi esteso la suaopera in Colombia, ispirata dal viaggio di Paolo VI nel1970; e la Fundación para la investigación y el desarrollode la Educación Especial (Fides), che aiuta le personecon disabilità cognitive. Come dono simbolico hannomostrato un video per raccontare al Papa come si sonopreparati, raccogliendo testimonianze di solidarietà e in-coraggiando malati ed anziani a pregare per lui e per ilsuo viaggio in Colombia.

«Buonasera — li ha salutati Francesco — e grazie perle cose belle: per il ballo e per il canto; grazie per esseretutti qui». Quindi ha esordito: «Maria ha detto una co-sa molto bella, che l’umanità si vede di più quando... ri-petilo cara Maria, leggilo; voglio che ti ascoltino di nuo-vo», l’ha esortata. E la piccola non se lo è fatto ripeteredue volte: «Vogliamo un mondo in cui la vulnerabilitàsia riconosciuta come l’essenza dell’uomo. Che lungidall’indebolirci, ci rafforza e ci dona dignità. Un luogodi incontro comune che ci rende più umani».

Ecco, ha commentato Francesco «questo è il suo mes-saggio» sulla vulnerabilità. Perché gliuomini sono vulnerabili «nei sentimen-ti, tante cose che non funzionano den-tro ma nessuno le vede; e altre le vedo-no tutti». Perciò «abbiamo bisogno chequesta vulnerabilità sia rispettata, acca-rezzata, curata per quanto possibile eche dia frutti per gli altri. Siamo tuttivulnerabili».

Di nuovo Francesco si è rivolto allabambina: «Cara Maria, te la senti di ri-spondere a una domanda? Chi è l’uni-ca persona che non è vulnerabile?». Ela piccola ha risposto «Dio», suscitan-do l’apprezzamento di Francesco, cheha subito spiegato: «Dio è l’unico in-vulnerabile, tutti gli altri sono vulnera-bili; in alcuni si vede, in altri no. Ma èl’essenza dell’uomo, questo bisogno diessere sostenuto da Dio, tutti. Perciònon si deve e non si può scartare nes-suno, chiaro? Perché ognuno di noi èun tesoro che si offre a Dio, affinchéDio lo faccia crescere, ciascuno a suomo do».

E prima di impartire la benedizioneha concluso: «Grazie per la testimo-nianza che date».

Page 7: POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt · Per «costruire ponti, abbattere muri, integrare la diversità, promuovere la cultura dell’incontro e del dialogo, edu-care al perdono e alla

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 sabato 9 settembre 2017

Nel primo pomeriggio di giovedì7 settembre il Papa ha incontratonella sede della nunziaturaapostolica di Bogotá il comitatodirettivo del Consiglio episcopalelatinoamericano (Celam). Dopoil saluto rivoltogli dal cardinalepresidente, il Ponteficeha pronunciato il discorsoche diamo di seguitoin una traduzione dallo spagnolo.

Cari fratelli,

grazie per questo incontro e perle calorose parole di benvenutodel Presidente della Conferenzadell’Episcopato Latinoamerica-no. Avrei voluto incontrarvi nellasede del CELAM, ma non ho po-tuto per le esigenze del program-ma, molto fitto. Vi ringrazio per

volto umile di Dio che volle ma-nifestarsi nella “Vergine pescatanelle acque”, e che si prolunganella missione continentale, la qua-le vuol essere non la somma diiniziative programmatiche cheriempiono le agende e disperdo-no anche energie preziose, bensìlo sforzo per porre la missionedi Gesù nel cuore della Chiesastessa, trasformandola in criterioper misurare l’efficacia dellestrutture, i risultati del lavoro, lafecondità dei suoi ministri e lagioia che essi sono capaci di su-scitare. Perché senza gioia non siattira nessuno.

Mi soffermai allora sulle ten-tazioni, ancora presenti, dellaideologizzazione del messaggioevangelico, del funzionalismoecclesiale e del clericalismo, per-

si è avvicinato e ci ha incontratosempre. Il mistero della Chiesa èrealizzarsi come sacramento diquesta divina vicinanza e luogopermanente di questo incontro.Da qui la necessità della vicinan-za del Vescovo a Dio, perché inLui si trova la fonte della libertàe della forza del cuore del Pasto-re, così come della vicinanza alPopolo Santo che gli è stato affi-dato. In questa vicinanza l’animadell’apostolo impara a renderetangibile la passione di Dio per isuoi figli.

Ap a re c i d a è un tesoro la cuiscoperta è ancora incompleta.Sono sicuro che ognuno di voiscopre quanto si è radicata la suaricchezza nelle Chiese che porta-te nel cuore. Come i primi disce-poli mandati da Gesù nel suoprogetto missionario, anche noipossiamo raccontare con entusia-smo “tutto quanto abbiamo fat-to” (cfr. Mc 6, 30).

Tuttavia, è necessario stare at-tenti. Le realtà indispensabilidella vita umana e della Chiesanon sono mai un monumentoma un patrimonio vivo. Risultamolto più comodo trasformarlein ricordi di cui si celebrano glianniversari — 50 anni di Medel-lín!, 20 di Ecclesia in America!,10 di Aparecida! Invece è un’al-tra cosa: custodire e fare scorrerela ricchezza di tale patrimonio

S i g n o re ” per ritrovare il cuoredella missione della Chiesa inAmerica Latina nelle attuali cir-costanze. C’è tanta dispersioneinteriore e anche esteriore! I nu-merosi eventi, la frammentazionedella realtà, l’istantaneità e la ve-locità del presente, potrebberofarci cadere nella dispersione enel vuoto. Ritrovare l’unità è unimp erativo.

Dove si trova l’unità? Semprein Gesù. Ciò che rende perma-nente la missione non è l’entu-siasmo che infiamma il cuore ge-neroso del missionario, benchésempre necessario; piuttosto è lacompagnia di Gesù mediante ilsuo Spirito. Se non partiamocon Lui in missione, ben prestoperderemo la strada, rischiando

perché solo Lui ha «parole di vi-ta eterna» (Gv 6, 68), è necessa-rio di conseguenza approfondirela nostra chiamata.

Che cosa significa concreta-mente andare con Gesù in mis-sione oggi in America Latina?L’avverbio “c o n c re t a m e n t e ” nonè un dettaglio stilistico, ma ap-partiene al nucleo della doman-da. Il Vangelo è sempre concre-to, mai un esercizio di sterili spe-culazioni. Conosciamo bene laricorrente tentazione di perdersinel bizantinismo dei “dottoridella legge”, di domandarsi finoa che punto si può arrivare senzaperdere il controllo del proprioterritorio delimitato o del pre-sunto potere che i limiti garanti-scono.

senza passare oltre; chinarsi sen-za noncuranza; toccare senzapaura. Si tratta di mettersi gior-no per giorno nel lavoro sul cam-po, lì dove vive il Popolo di Dioche vi è stato affidato. Non ci èlecito lasciarci paralizzaredall’aria condizionata degli uffi-ci, dalle statistiche e dalle strate-gie astratte. Bisogna rivolgersialla persona nella sua situazioneconcreta; da essa non possiamodistogliere lo sguardo. La missio-ne si realizza sempre in un c o rp oa corpo.

Una Chiesa capace di esseresacramento di unità

Si vede tanta dispersione in-torno a noi! E non mi riferiscosolamente a quella della ricca di-versità che ha sempre caratteriz-zato il continente, ma alle dina-miche di disgregazione. Bisognastare attenti a non farsi prendereda queste trappole. La Chiesanon sta in America Latina comese avesse le valigie in mano,pronta a partire dopo averla sac-cheggiata, come hanno fatto tan-ti nel corso del tempo. Quantioperano così guardano con sensodi superiorità e disprezzo il suovolto meticcio; pretendono dicolonizzare la sua anima con lestesse formule, fallite e riciclate,sulla visione dell’uomo e dellavita; ripetono uguali ricette ucci-dendo il paziente mentre arricchi-scono i medici che li mandano;ignorano le ragioni profonde cheabitano nel cuore del popolo eche lo rendono forte proprio neisuoi sogni, nei suoi miti, malgra-do i numerosi disincanti e falli-menti; manipolano politicamentee tradiscono le loro speranze, la-sciando dietro di sé terra brucia-ta e il terreno pronto per l’eternoritorno dello stesso, anche quan-do si ripresenti con un vestitonuovo. Uomini e utopie fortihanno promesso soluzioni magi-che, risposte istantanee, effettiimmediati. La Chiesa, senza pre-tese umane, rispettosa del multi-forme volto del continente, checonsidera non uno svantaggioma una perenne ricchezza, devecontinuare a prestare l’umile ser-vizio al vero bene dell’uomo lati-noamericano. Deve lavorare sen-

Al Celam il Pontefice richiama l’eredità di Aparecida

Il Vangeloè sempre concreto

Faro per i popoli

Nel Consiglio episcopale latinoamericano e deiCaribi si vivono momenti di grande speranza. Loha assicurato il cardinale Rubén Salazar Gómez,presidente del Celam, nel saluto rivolto al Papaall’inizio dell’incontro. Il magistero del Pontefice,secondo il porporato, «ha aperto per noi grandiprospettive che ci invitano a salire con coraggiosui grandi scenari della vita dei nostri popoli».

Il porporato ha poi fatto riferimento alla quintaconferenza generale dell’episcopato latinoamerica-no e dei Caribi, riunitasi dieci anni fa ad Apareci-da, che vide la presenza di Jorge Mario Bergoglioe della «sua saggia illuminazione». Quell’i n c o n t roaveva già segnato «la rotta comune per la qualeavrebbe dovuto passare la Chiesa in questa partedel continente». Adesso, ha aggiunto il cardinale,il Papa «riprende, completa, dinamizza e ampliaquella rotta e ci lancia grandi sfide che vogliamoassumere con sincerità e generosità». Il camminocompiuto per oltre sessant’anni dal Celam assumeoggi, in questo modo, «una maggiore definizioneche potenzia e arricchisce il vissuto» e «apre nuo-vi sentieri di comunione, appoggio reciproco ereale sinergia».

Questo organismo, ha sottolineato il porporato,«è stato e sarà sempre al servizio della comunionee della cooperazione delle Chiese locali, comestrumento valido perché la Chiesa in America lati-na e nei Caraibi sia sempre quel faro di cui hannobisogno i popoli».

la cortesia di essere qui in questomomento.

Ringrazio per lo sforzo che fa-te per trasformare questa Confe-renza Episcopale continentale inuna casa di servizio della comu-nione e della missione dellaChiesa in America Latina; in uncentro propulsore della coscienzadi discepoli e missionari; in unpunto di riferimento vitale per lacomprensione e l’a p p ro f o n d i -mento della “cattolicità latinoa-mericana”, delineata gradual-mente da questo organismo dicomunione durante decenni diservizio. E l’occasione mi è pro-pizia per incoraggiare i recentisforzi per poter esprimere talesollecitudine collegiale medianteil “Fondo di Solidarietà dellaChiesa Latinoamericana”.

Quattro anni fa, a Rio de Ja-neiro, ho avuto l’opportunità diparlarvi dell’eredità pastorale diAparecida, ultimo evento sinoda-le della Chiesa Latinoamericanae dei Caraibi. In quella circo-stanza sottolineavo la permanen-te necessità di imparare dal suometodo, basato essenzialmentesulla partecipazione delle Chieselocali e in sintonia con i pellegri-ni che camminano in cerca del

to, ridurre il Vangelo a un pro-gramma al servizio di uno gno-sticismo di moda, a un progettodi ascesa sociale o a una visionedella Chiesa come burocraziache si autopromuove, né tanto-meno questa si può ridurre aun’organizzazione diretta, conmoderni criteri aziendali, da unacasta clericale.

La Chiesa è la comunità deidiscepoli di Gesù; la Chiesa èMistero e Popolo (Lumen gen-tium, 5; 9), o meglio ancora: inessa si realizza il Mistero attra-verso il Popolo di Dio.

Perciò ho insistito sul discepo-lato missionario come una chia-mata divina per questo oggicomplesso e carico di tensioni,un “permanente uscire” con Ge-sù per conoscere come e dove vi-ve il Maestro. E mentre usciamoin sua compagnia conosciamo lavolontà del Padre, che sempre ciattende. Solo una Chiesa Sposa,Madre, Serva, che ha rinunciatoalla pretesa di controllare quelloche non è opera sua ma di Dio,può rimanere con Gesù anchequando il suo nido e il suo rifu-gio è la croce.

Vicinanza e incontro sono glistrumenti di Dio che, in Cristo,

ché c’è sempre in gio-co la salvezza che Cri-sto ci porta. Questadeve arrivare al cuoredell’uomo con la forzadi interpellare la sualibertà, invitandolo aun esodo permanentedalla propria autorefe-renzialità verso la co-munione con Dio econ i fratelli.

Dio, quando parlaall’uomo in Gesù, nonlo fa con un genericorichiamo come a unestraneo, né con unaconvocazione imperso-nale alla maniera diun notaio, neanchecon una dichiarazionedi precetti da eseguirecome fa qualsiasi fun-zionario del sacro.Dio parla con la voceinconfondibile del Pa-dre che si rivolge al fi-glio, e rispetta il suomistero perché lo haformato con le suestesse mani e lo ha de-stinato alla pienezza.La nostra più grandesfida come Chiesa èparlare all’uomo comeportavoce di questaintimità di Dio, che loconsidera un figlio,anche quando rinnegatale paternità, perchéper Lui siamo semprefigli ritrovati.

Non si può, pertan-

di confondere le nostre vane ne-cessità con la sua causa. Se la ra-gione del nostro andare non èLui, sarà facile scoraggiarsi inmezzo alla fatica del cammino, odi fronte alla resistenza dei desti-natari della missione, o davantiai mutevoli scenari delle circo-stanze che segnano la storia, oper la stanchezza dei piedi dovu-ta all’insidioso logorio provocatodal “nemico”.

Non fa parte della missionecedere allo scoraggiamento,quando forse, passato l’entusia-smo degli inizi, arriva il momen-to in cui toccare la carne di Cri-sto diventa molto duro. In unasituazione come questa, Gesùnon fomenta le nostre paure. Epoiché sappiamo bene che danessun altro possiamo andare

Molto si è detto circa “laChiesa in stato permanente dimissione”. Uscire, partire conGesù è la condizione di questarealtà. Uscire, sì, ma con Gesù.Il Vangelo parla di Gesù che, es-sendo uscito dal Padre, percorrecon i suoi i campi e i villaggi diGalilea. Non si tratta di un per-corso inutile del Signore. Mentrecammina, incontra; quando in-contra, si avvicina; quando si av-vicina, parla; quando parla, toc-ca col suo potere; quando tocca,cura e salva. Condurre al Padrecoloro che incontra è la meta delsuo permanente uscire, sul qualedobbiamo riflettere continua-mente e fare un esame di co-scienza. La Chiesa deve riappro-priarsi dei verbi che il Verbo diDio coniuga nella sua missionedivina. Uscire per incontrare,

za stancarsi per costruire ponti,abbattere muri, integrare la di-versità, promuovere la culturadell’incontro e del dialogo, edu-care al perdono e alla riconcilia-zione, al senso di giustizia, al ri-pudio della violenza e al corag-gio della pace. Nessuna costru-zione duratura in America Lati-na può prescindere da questofondamento invisibile ma essen-ziale.

La Chiesa conosce come pochiquell’unità sapienziale che prece-de qualunque realtà in AmericaLatina. Convive quotidianamen-te con quel patrimonio moralesu cui poggia l’edificio esisten-ziale del continente. Sono sicuroche, mentre sto parlando di que-sto, voi potreste dare un nome aquesta realtà. Con essa dobbia-

(pater-munus) costituiscono ilmunus della nostra paternità epi-scopale verso la Chiesa del no-stro Continente.

Sapete bene che la rinnovataconsapevolezza che all’inizio ditutto c’è sempre l’incontro conCristo vivo richiede che i disce-poli coltivino la familiarità conLui; diversamente il volto del Si-gnore si offusca, la missione per-de forza, la conversione pastora-le retrocede. Pregare e coltivareil rapporto con Lui è, pertanto,l’attività più improrogabile dellanostra missione pastorale.

Ai suoi discepoli entusiastidella missione compiuta, Gesùdisse: «Venite in disparte, voi so-li, in un luogo deserto» (Mc 6,31). Noi abbiamo ancora più bi-sogno di questo “stare soli con il

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L’OSSERVATORE ROMANOsabato 9 settembre 2017 pagina 9

mo continuamente dialogare.Non possiamo perdere il contat-to con questo substrato morale,con questo humus vitale che abi-ta nel cuore della nostra gente ein cui si percepisce la mescolan-za quasi indistinta, ma al tempostesso eloquente, del suo voltometiccio: non unicamente indi-geno, né ispanico, né lusitano,né afroamericano, ma meticcio,latinoamericano!

Guadalupe e Aparecida sonomanifestazioni programmatichedi questa creatività divina. Sap-piamo bene che ciò fa parte delfondamento su cui poggia la re-ligiosità popolare del nostro po-polo; fa parte della sua singolari-tà antropologica; è un dono concui Dio ha voluto farsi conoscerealla nostra gente. Le pagine piùluminose della storia della nostraChiesa sono state scritte proprioquando abbiamo saputo nutrircidi questa ricchezza, parlare aquesto cuore nascosto che palpi-ta custodendo, come un piccolofuocherello acceso sotto apparen-ti ceneri, il senso di Dio e dellasua trascendenza, la sacralità del-

dell’uomo, trasformandolo ingrano seminato nella terrabuona, in lievito che aumenta lasua capacità di trarre il pane dal-la massa, in seme che nascondela potenzialità della pianta fe-conda.

Una Chiesa capace di esseresacramento di speranza

Molti si lamentano di un certodeficit di speranza nell’AmericaLatina di oggi. A noi non è per-messa la “ombrosità lamentosa”,perché la speranza che abbiamoviene dall’alto. Inoltre, sappiamobene che il cuore latinoamerica-no è stato addestrato alla speran-za. Come diceva un cantautorebrasiliano: «La speranza è equili-brista; danza sull’instabile cordacon il suo ombrello» (João Bo-sco, L’ubriaco e la equilibrista).Quando si pensa che sia esauri-ta, eccola qui nuovamente dovemeno ce l’aspettavamo. Il nostropopolo ha imparato che nessunadelusione è in grado di piegarlo.Segue Cristo flagellato e mite, saaspettare che il cielo si rischiari esta saldo nella speranza della sua

sunta decadenza e su quanto sia-no assopiti, altri approfittano delloro potenziale come consumato-ri, non pochi propongono loro ilruolo di manovalanza dello spac-cio della droga e della violenza.Non lasciatevi catturare da similicaricature sui giovani. Guardatelinegli occhi e cercate in loro ilcoraggio della speranza. Non èvero che sono pronti a ripetere ilpassato. Aprite loro spazi con-creti nelle Chiese particolari avoi affidate, investite tempo e ri-sorse nella loro formazione. Pro-ponete programmi educativi inci-sivi e obiettivi da realizzare,chiedendo loro, come i genitorichiedono ai figli, di mettere inatto le loro potenzialità ed edu-cando il loro cuore alla gioia del-la profondità, non della superfi-cialità. Non accontentatevi dellaretorica o di scelte scritte neipiani pastorali e mai messe inpratica.

Ho pensato a Panamá, l’istmodi questo continente, per la gior-nata Mondiale della Gioventùdel ‘19, che sarà celebrata se-guendo l’esempio della Vergineche proclama: «Ecco la serva» e«avvenga per me» (Lc 1, 38). So-no sicuro che in ogni giovane sinasconde un “istmo”, nel cuoredi tutti i nostri ragazzi c’è unpezzo di terreno stretto e allun-gato che si può percorrere percondurli verso un futuro che so-lo Dio conosce e a Lui appartie-ne. Tocca a noi presentare lorograndi proposte per suscitare inessi il coraggio di rischiare insie-me a Dio e di rendersi, come laVergine, disponibili.

La speranza in America Latinaha un volto femminile

Non è necessario che mi di-lunghi per parlare del ruolo del-la donna nel nostro continente enella nostra Chiesa. Dalle suelabbra abbiamo imparato la fede;quasi con il latte del suo senoabbiamo acquisito i tratti dellanostra anima meticcia e l’immu-nità di fronte ad ogni disperazio-ne. Penso alle madri indigene o“m o re n a s ”, penso alle donne del-le città con il loro triplo turno dilavoro, penso alle nonne catechi-ste, penso alle consacrate e allecosì discrete “artigiane” del be-ne. Senza le donne la Chiesa delcontinente perderebbe la forza dirinascere continuamente. Sono ledonne che, con meticolosa pa-zienza, accendono e riaccendonola fiamma della fede. È un seriodovere comprendere, rispettare,valorizzare, promuovere la forzaecclesiale e sociale di quanto ledonne realizzano. Hanno accom-pagnato Gesù missionario; nonsi sono allontanate dai piedi del-la croce; in solitudine hannoaspettato che la notte della mor-te restituisse il Signore della vita;hanno inondato il mondo conl’annuncio della sua presenza ri-suscitata. Se vogliamo una fasenuova e vitale della fede in que-sto continente, non la otterremosenza le donne. Per favore, nonpossono essere ridotte a servedel nostro recalcitrante clericali-smo; esse sono, invece, protago-niste nella Chiesa latinoamerica-na: nel loro uscire con Gesù; nelloro perseverare, anche nelle sof-ferenze del suo Popolo; nel loro

aggrapparsi alla speranza chevince la morte; nel loro gioiosomodo di annunciare al mondoche Cristo è vivo, ed è risorto.

La speranza in America Latinapassa attraverso il cuore, la mentee le braccia dei laici

Vorrei ribadire quanto recente-mente ho detto alla PontificiaCommissione per l’America Lati-na. È indispensabile superare ilclericalismo che rende infantili i

Christifideles laici e impoveriscel’identità dei ministri ordinati.

Anche se si è compiuto un no-tevole sforzo e alcuni passi sonostati fatti, le grandi sfide delcontinente rimangono sul tavoloe continuano ad attendere l’at-tuazione serena, responsabile,competente, lungimirante, artico-lata, consapevole, di un laicatocristiano che, in quanto credente,sia disposto a contribuire: neiprocessi di un autentico sviluppoumano, nel consolidamento dellademocrazia politica e sociale, nelsuperamento strutturale dellapovertà endemica, nella costru-zione di una prosperità inclusivafondata su riforme durature e ca-paci di tutelare il bene sociale,nel superare le disuguaglianze esalvaguardare la stabilità, nel de-lineare modelli di sviluppo eco-nomico sostenibili che rispettinola natura e il vero futuro dell’uo-mo — che non si esaurisce nelconsumismo illimitato —, comepure nel rifiuto della violenza enella difesa della pace.

Di più: in questo senso la spe-ranza deve sempre vedere ilmondo con gli occhi dei poveri ea partire dalla situazione dei po-veri. Essa è povera come il chic-co di grano che muore (cfr. Gv12, 24), ma che ha la forza dispargere i piani di Dio.

La ricchezza autosufficientespesso priva la mente umanadella capacità di vedere, sia larealtà del deserto sia le oasi chevi sono nascoste. Propone rispo-ste da manuale e ripete certezzeda talkshow; balbetta la proiezio-ne di sé stessa, vuota, senza avvi-

cinarsi minimamente alla realtà.Sono sicuro che in questo diffici-le e confuso, ma provvisorio mo-mento che viviamo, le soluzionidei problemi complessi che cisfidano nascono dalla semplicitàcristiana che si nasconde ai po-tenti e si mostra agli umili: lapurezza della fede nel Risorto, ilcalore della comunione con Lui,la fraternità, la generosità e lasolidarietà concreta che puresgorgano dall’amicizia con Lui.

Tutto questo lo vorrei riassu-mere in una espressione che vilascio come sintesi, sintesi e ri-cordo di questo incontro. Se vo-gliamo servire, come CELAM, lanostra America Latina, dobbiamofarlo con passione. Oggi c’è biso-gno di passione. Mettere il cuorein tutto quello che facciamo.Passione del giovane innamoratoe dell’anziano saggio, passioneche trasforma le idee in utopiepraticabili, passione nel lavorodelle nostre mani, passione checi trasforma in incessanti pelle-grini nelle nostre Chiese come —permettetemi di ricordarlo — sanToribio di Mogrovejo, che non siinstallò nella sua sede: di 24 an-ni di episcopato, 18 li passò neipaesini della sua diocesi. Fratelli,per favore, vi chiedo passione,passione evangelizzatrice.

Affido voi, fratelli Vescovi delCELAM, le Chiese locali che rap-presentate e l’intero popolodell’America Latina e dei Carai-bi, vi affido alla protezione dellaVergine, invocata con i nomi diGuadalupe e Aparecida, con laserena certezza che Dio, che haparlato a questo continente conil volto meticcio e moreno di suaMadre, non mancherà di far ri-splendere la sua luce benignanella vita di tutti. Grazie.

la vita, il rispetto per il creato, ilegami di solidarietà, la gioia divivere, la capacità di essere felicisenza condizioni.

Per parlare a questa anima cheè profonda, per parlare all’Ame-rica Latina profonda, alla Chiesanon resta altra strada che impa-rare continuamente da Gesù. Di-ce il Vangelo che Egli parlavasolo in parabole (cfr. Mc 4, 34).Immagini che coinvolgono erendono partecipi, che trasfor-mano quanti ascoltano la sua Pa-rola in personaggi dei suoi rac-conti divini. Il santo Popolo fe-dele di Dio in America Latinanon comprende altro linguaggiosu di Lui. Siamo invitati ad an-dare in missione non con freddiconcetti che si accontentano delpossibile, ma con immagini checontinuamente moltiplicano e di-spiegano le loro forze nel cuore

vittoria, perché — in fondo — èconsapevole di non apparteneretotalmente a questo mondo.

È fuor di dubbio che la Chie-sa in queste terre sia in modoparticolare un sacramento disperanza, ma è necessario vigila-re sulla concretizzazione di que-sta speranza. Tanto più trascen-dente quanto più deve trasfor-mare il volto immanente di quel-li che la possiedono. Vi prego divigilare sulla concretizzazionedella speranza, e permettetemi diricordarvi alcuni dei suoi voltigià visibili in questa Chiesalatinoamericana.

La speranza in America Latinaha un volto giovane

Si parla spesso dei giovani —si declamano statistiche sul con-tinente del futuro —; alcuni ri-portano notizie sulla loro pre-

Cordoglio del Papaper la morte del cardinale CaffarraPubblichiamo di seguito il telegramma di cordoglio per la morte delcardinale Carlo Caffarra — avvenuta nella mattina di mercoledì 6settembre — che Papa Francesco ha fatto pervenire all’arcivescovo diBologna, monsignor Matteo Zuppi.

†Il parroco, Mons. Luigi Veturi, i sacerdoti ei fedeli ricordano con affetto e gratitudine il

c a rd i n a l e

CARLO CA F FA R R A

Arcivescovo emerito di Bolognae titolare della basilica parrocchiale

di San Giovanni dei Fiorentinia Roma

Grazie Eminenza dell’affetto per la Suaparrocchia di Roma. Il Signore Le concedala ricompensa dei giusti.

Una santa Messa di suffragio sarà celebra-ta il giorno 5 ottobre, trigesimo della morte,alle ore 18,30.

†La Luogotenenza per l’Italia Centrale e laSezione Roma dell’Ordine Equestre del San-to Sepolcro di Gerusalemme piangono perl’improvvisa scomparsa di

Monsignor

NATA L I N O ZAGOTTO

Protonotario Apostolicogià Priore della Sezione Roma

dell’Ordine Equestredel Santo Sepolcro di Gerusalemme

ed elevano preghiere a nostro Signore perchénella sua misericordia lo accolga tra gli elettinella sua dimora di luce e di pace.

Lutto nell’episcopatoMonsignor José Trinidad SepúlvedaRuiz-Velasco, vescovo emerito di SanJuan de los Lagos, in Messico, è mor-to il 4 settembre, all’età di 96 anni.

Il compianto presule era nato il 30marzo 1921 ad Atotonilco El Alto, indiocesi di San Juan de los Lagos, eaveva ricevuto l’ordinazione sacerdota-le il 27 marzo 1948. Con l’e re z i o n edella nuova diocesi di Tuxtla Gutiér-rez, nel Chiapas, il 20 maggio 1965 neera stato nominato primo vescovo eaveva ricevuto l’ordinazione episcopaleil successivo 25 luglio, partecipandoalla quarta sessione del concilio Vati-cano II. Il 12 febbraio 1988 era statotrasferito alla sede residenziale di SanJuan de los Lagos, al cui governo pa-storale aveva rinunciato il 20 gennaio1999. Infine nel triennio 2000-2003 erastato membro del consiglio del santua-rio della basilica di Guadalupe.

Ho appreso con tristezza lanotizia della morte del cardi-nale Carlo Caffarra. Desideroesprimere a lei, all’intera co-munità diocesana di Bolognae ai familiari del compiantoporporato la mia sentita par-tecipazione al loro dolore.Penso con affetto a questo ca-ro fratello nell’episcopato, cheha servito con gioia il Vange-lo e ha amato intensamente laChiesa e ricordo con gratitu-dine la generosa opera pasto-rale da lui profusa dapprimaquale fondatore e docente delPontificio Istituto GiovanniPaolo II per studi sul matri-

monio e la famiglia, poi qualezelante pastore dell’arcidio cesidi Ferrara-Comacchio e in se-guito come guida sollecita esaggia di codesta arcidiocesi.Elevo fervide preghiere al Si-gnore affinché, per interces-sione della beata Vergine Ma-ria e di san Petronio, accolgaquesto suo fedele servitore einsigne pastore nella celesteGerusalemme, e di cuore im-parto a lei, alla cara Chiesabolognese e a quanti lo hannoconosciuto e stimato la bene-dizione apostolica.

FRANCISCUS P P.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 10 sabato 9 settembre 2017

dal nostro inviato SI LV I N A PÉREZ

Sin dal primo discorso ufficiale nel Palaz-zo presidenziale, a Bogotá, il Papa ha do-mandato ad autorità e società civile dimettere in primo piano «la cultura dell’in-contro» come percorso obbligato per pro-muovere la pace, a scapito delle «dinami-che della vendetta» o del «mancato rispet-to per la vita», che facilmente hanno favo-rito e favoriscono «l’ingiustizia che è la ra-dice dei mali sociali». È un messaggio dipace e di inclusione quello lanciato giove-dì 7 settembre da Francesco nella capitalecolombiana. Un invito a fare ogni possibi-le sforzo per trovare la via del dialogo edella vicinanza concreta all’a l t ro .

La seconda giornata della visita aposto-lica in Colombia è cominciata nella Plazade Armas davanti alla Casa de Nariño,che è la sede del palazzo presidenziale. IlPontefice ha incontrato le autorità politi-che e religiose del paese latinoamericano, irappresentanti della società civile, i diplo-matici accreditati, imprenditori ed espo-nenti del mondo culturale. Dopo l’esecu-zione degli inni, si è recato assieme al ca-po dello stato, Juan Manuel Santos, e allaconsorte, María Clemencia Rodríguez deSantos, verso la scalinata davanti alla resi-denza del presidente colombiano, da dovehanno pronunciato i rispettivi discorsi eacceso la fiamma della pace. Il presidenteSantos ha dato il benvenuto e ha ringra-ziato il Papa per «accompagnare la Co-lombia in questo momento storico» e «peresserci accanto nel primo passo verso la ri-conciliazione». Da parte sua il Pontefice

ha ribadito che «solo con fede e speranza,si possono superare le numerose difficoltàdel cammino e costruire un Paese che siaPatria e casa per tutti i colombiani» Ilprotocollo è stato interrotto in un paio dioccasioni da alcuni bambini che il Papaha salutato con affetto.

La seconda tappa del fitto programmanella capitale è stata la cattedrale dell’Im-macolata Concezione. A bordo della pa-pamobile Francesco ha percorso la centra-lissima piazza Bolívar, dove ad attenderloerano decine di migliaia di giovani. Difronte alla casa dei canonici, il sindaco gliha consegnato le chiavi della città e pre-sentato alcuni dirigenti comunali. A piediquindi il Papa ha raggiunto la cattedraleprimaziale, all’interno della quale è statoaccolto dal cardinale arcivescovo SalazarGómez, e dal capitolo metropolitano, chegli hanno presentato le reliquie di santaElisabetta d’Ungheria. Attraversata la na-vata centrale, il Pontefice ha raggiuntol’altare soffermandosi per più di sette mi-nuti in preghiera silenziosa davanti all’im-magine mariana di Nostra Signora delRosario di Chiquinquirá, patrona dellaColombia. Trasportato proprio per il viag-gio del Papa dal più importante santuarionazionale che si trova nel dipartimento diBoyacá, il quadro che risale al sedicesimosecolo, è molto venerato dai fedeli delpaese. Come omaggio alla Madonna, ilPapa ha deposto un rosario in oro davantiall’effige e ha lasciato un messaggio nel

Libro d’oro della cattedrale risalente al1593: «Chiedo all’Immacolata Vergine Ma-ria di non cessare di guidare e di prender-si cura dei suoi figli colombiani e di guar-darli sempre con occhi misericordiosi».

Passando per la cappella del SagrarioFrancesco ha quindi raggiunto in pochiminuti il Palazzo cardinalizio che affacciasulla grande piazza Bolívar proprio comela cattedrale, il municipio, il Palazzo digiustizia e la sede del parlamento. Affac-ciatosi dal balcone della residenza del car-dinale primate, il Pontefice ha benedetto esalutato con affetto la piazza gremita difedeli, soprattutto giovani che tra canti eballi ripetevano a gran voce «Viva il Papa!Viva il Papa!».

«Voi — ha detto loro Francesco nel suodiscorso — potete insegnarci che la culturadell’incontro non significa pensare, vivereo reagire tutti nello stesso modo; significasapere che al di là delle nostre differenzesiamo tutti parte di qualcosa di grandeche ci unisce e ci trascende, siamo parte diquesto meraviglioso Paese». Quindi haaggiunto: «Vengo anche per imparare, sì,imparare da voi, dalla vostra fede, dallavostra fortezza di fronte alle avversità.Avete vissuto momenti difficili e bui, peròil Signore è vicino a voi, nel cuore di ognifiglio e figlia di questo Paese. Lui non èselettivo, non esclude nessuno ma abbrac-cia tutti; e tutti siamo importanti e neces-sari per lui».

Rientrato nel Palazzo cardinalizio ilPontefice ha incontrato i circa centotrentavescovi della Colombia. E di nuovo Fran-cesco nel suo discorso è andato al cuoredei gravi problemi del paese, e delle suecontraddizioni che interrogano e impegna-no la Chiesa. Da qui l’invito a «non averepaura di toccare la carne ferita della vostrastoria e della storia della vostra gente». Ea farlo «con umiltà, senza la vana pretesadi protagonismo e con il cuore indiviso, li-bero da compromessi o servilismi». Quan-to alla formazione dei sacerdoti, Francescoha esortato i vescovi a esercitare la “pater-nità”, chiedendosi se i candidati «vivonoveramente secondo Gesù o si sono im-provvisati altre sicurezze come la stabilitàeconomica, l’ambiguità orale, la doppia vi-ta o l’aspirazione miope».

Non meno intenso il successivo appun-tamento con una sessantina di presuli delCelam, ricevuti nel primo pomeriggionella nunziatura apostolica. All’episcopatolatinoamericano il Papa ha raccomandatol’unità che si trova «sempre in Gesù», e diripartire dal documento di Aparecida perritrovare lo spirito di rinnovamento dellaChiesa nel continente e per suggerire cheè proprio in quel documento che si trova«un tesoro la cui scoperta è ancora incom-pleta». Inoltre la Chiesa deve dimostrarsi“sacramento di speranza” e nel contempodeve dimostrare attenzione ai giovani.

Infine il momento culminante della tap-pa nella città di Bogotá, è stata la celebra-

zione eucaristica nel grande parco SimónBolívar. Oltre un milione di persone, no-nostante la pioggia battente, hanno parte-cipato alla messa votiva per la pace e lagiustizia. E Francesco ha voluto ricambia-re tanto calore compiendo un lungo giroin papamobile tra la folla. Dopo aver sa-lutato alcuni disabili che avevano parteci-pato all’incontro per la difesa della vitasvoltosi in preparazione, il Papa ha presie-duto la liturgia eucaristica, svoltasi allapresenza del capo dello stato, della suaconsorte, e del vicepresidente. «Questaamata città, Bogotá, e questo bellissimoPaese, la Colombia, presentano molti de-gli scenari umani descritti nel Vangelo»,ha osservato nell’omelia. Per poi commen-tare il brano evangelico dove si raccontadi Gesù che predica sul Mar di Galilea.«Tutti vengono ad ascoltarlo; la parola diGesù ha qualcosa di speciale che non la-scia indifferente nessuno; ha il potere diconvertire i cuori, di cambiare piani e pro-getti».

Al termine Francesco ha salutato alcunivescovi del Venezuela, guidati dai cardina-li di Caracas, Jorge Liberato Urosa Savi-no, e di Mérida, Baltazar Enrique PorrasC a rd o s o .

Venerdì 8 il Pontefice parte per Villavi-cencio, dove si tiene un importante mo-mento di preghiera per la riconciliazionedella nazione e vengono beatificati duemartiri colombiani: il vescovo di Arauca,Jesús Emilio Jaramillo Monsalve, assassi-nato dalla guerriglia il 2 ottobre 1989, e ilsacerdote Pedro María Ramírez Ramos,ucciso il 10 aprile 1948.

Sono venuto per imparare

Alle autorità del paese l’invito a proseguire nella ricerca dell’unità

Per un futurosenza odio né vendetta

Nella mattina di giovedì 7 settembreil Papa ha pronunciato il primodiscorso ufficiale in terra colombiana,rivolgendosi alle autorità politichedel paese nel palazzo presidenziale diBogotá. Eccone una traduzione dallospagnolo.

Signor Presidente,Membri del Governo dellaRepubblica e del CorpoD iplomatico,Distinte Autorità,Rappresentanti della società civile,Signore e Signori!Saluto cordialmente il Signor Pre-sidente della Colombia, DottorJuan Manuel Santos, e lo ringra-zio per il suo gentile invito a visi-tare questa Nazione in un momen-to particolarmente importante del-la sua storia; saluto i membri delGoverno della Repubblica e delCorpo Diplomatico. E, in voi,Rappresentanti della società civile,desidero salutare affettuosamentetutto il popolo colombiano, inquesti primi momenti del mioViaggio Apostolico.

Vengo in Colombia sulle ormedei miei Predecessori, il beato Pao-lo VI e san Giovanni Paolo II, ecome loro mi muove il desiderio dicondividere con i miei fratelli co-

lombiani il dono della fede, chetanto fortemente si è radicato inqueste terre, e la speranza che pal-pita nel cuore di tutti. Solo così,con fede e speranza, si possonosuperare le numerose difficoltà delcammino e costruire un Paese chesia Patria e casa per tutti i colom-biani.

La Colombia è una Nazione be-nedetta in moltissimi modi; la na-tura prodiga non solo lascia ammi-rati per la sua bellezza, ma invitaanche ad aver cura con rispettodella sua biodiversità. La Colom-bia è il secondo Paese del mondoper biodiversità e, percorrendolo,si può gustare e vedere com’è statobuono il Signore (cfr. Sal 33, 9) aregalarvi una così immensa varietàdi flora e fauna nelle sue selve pio-vose, nelle sue lande, nel Chocó,nei faraglioni di Cali e nelle mon-tagne come quelle della Macarenae in tanti altri luoghi. Ugualmenteesuberante è la sua cultura; e, ciòche è più importante, la Colombiaè ricca per la qualità umana dellasua gente, uomini e donne di spiri-to accogliente e buono; persone te-naci e coraggiose per superare gliostacoli.

Questo incontro mi offre l’op-portunità di esprimere l’a p p re z z a -mento per gli sforzi compiuti, ne-

gli ultimi decenni, per porre finealla violenza armata e trovare viedi riconciliazione. Nell’ultimo an-no certamente si è progredito inmodo particolare; i passi avantifanno crescere la speranza, nellaconvinzione che la ricerca dellapace è un lavoro sempre aperto,un compito che non dà tregua eche esige l’impegno di tutti. Lavo-ro che ci chiede di non venir menonello sforzo di costruire l’unitàdella nazione e, malgrado gli osta-coli, le differenze e i diversi ap-procci sul modo di raggiungere laconvivenza pacifica, persistere nel-la lotta per favorire la culturadell’incontro, che esige di porre alcentro di ogni azione politica, so-ciale ed economica la personaumana, la sua altissima dignità, eil rispetto del bene comune. Chequesto sforzo ci faccia rifuggire daogni tentazione di vendetta e ricer-ca di interessi solo particolari e abreve termine. Poco fa abbiamoudito cantare: “...percorrere il cam-mino ha bisogno del suo tempo”...Un lungo termine. Quanto piùdifficile è il cammino che conducealla pace e all’intesa, tanto più im-pegno dobbiamo mettere nel rico-noscere l’altro, sanare le ferite ecostruire ponti, nello stringere le-

gami e aiutarci a vicenda (cfr.Esort. ap. Evangelii gaudium, 67).

Il motto di questo Paese recita:«Libertà e Ordine». In queste dueparole è racchiuso tutto un inse-gnamento. I cittadini devono esse-re stimati nella loro libertà e pro-tetti con un ordine stabile. Non èla legge del più forte, ma la forzadella legge, quella che è approvatada tutti, a reggere la convivenzapacifica. Occorrono leggi giusteche possano garantire tale armoniae aiutare a superare i conflitti chehanno distrutto questa Nazioneper decenni; leggi che non nasco-no dall’esigenza pragmatica di or-dinare la società bensì dal deside-rio di risolvere le cause strutturalidella povertà che generano esclu-sione e violenza. Solo così si guari-sce da una malattia che rende fra-gile e indegna la società e la lasciasempre sulla soglia di nuove crisi.Non dimentichiamo che l’ingiusti-zia è la radice dei mali sociali (cfr.ibid., 202).

In questa prospettiva, vi inco-raggio a rivolgere lo sguardo a tut-ti coloro che oggi sono esclusi edemarginati dalla società, quelli chenon contano per la maggioranza esono tenuti indietro e in un ango-lo. Tutti siamo necessari per crearee formare la società. Questa non sifa solo con alcuni di “sangue pu-ro ”, ma con tutti. E qui sta lagrandezza e la bellezza di un Pae-se: nel fatto che tutti sono accoltie tutti sono importanti; come que-sti bambini, che con la loro spon-taneità hanno voluto rendere que-sto protocollo molto più umano.Quindi, tutti siamo importanti.Nella diversità sta la ricchezza.Penso a quel primo viaggio di sanPietro Claver da Cartagena fino aBogotá solcando il [fiume] Mag-dalena: la sua meraviglia è la no-stra. Ieri e oggi, fissiamo lo sguar-do sulle diverse etnie e gli abitantidelle zone più remote, sui contadi-ni. Lo fissiamo sui più deboli, suquanti sono sfruttati e maltrattati,su quelli che non hanno voce per-ché ne sono stati privati, o nonl’hanno avuta, o non è loro ricono-sciuta. Fissiamo lo sguardo anchesulla donna, sul suo apporto, ilsuo talento, il suo essere “m a d re ”nei suoi diversi compiti. La Co-lombia ha bisogno della partecipa-zione di tutti per aprirsi al futurocon speranza.

La Chiesa, fedele alla sua mis-sione, è impegnata per la pace, lagiustizia e il bene comune. È con-sapevole che i principi evangelicicostituiscono una dimensione si-gnificativa del tessuto sociale co-lombiano e per questo possono

Dove le armi si trasformano in monumenti di pace

La Colombia è l’unico paese al mondo dove oggi«le armi stanno stanno lasciando il posto alle paro-le, dove le armi si distruggono e si fondono perconvertirsi in monumenti alla pace». È stato il pre-sidente della Repubblica Juan Manuel Santos, nelsaluto di benvenuto al Papa, a sottolineare gli sfor-zi del paese a favore della pace. Oltre al ringrazia-mento al Pontefice per essere «venuto in Colom-bia, in questa terra fertile e bella, ad accompagnar-ci, a stimolarci, a dare con noi il primo passo versola riconciliazione», Santos ha sottolineato come lasocietà abbia «conseguito grandi cose, comincian-do dalla fine del conflitto armato con la guerrigliapiù antica e numerosa del continente».

Migliaia di vite sono state salvate, ha sottolinea-to il capo dello Stato, e «migliaia di vittime sonostate evitate, ma ci manca di dare questo passo rin-novatore, questo primo passo, che è il più impor-tante di tutti: il passo verso la riconciliazione».

Infatti, a niente vale far tacere i fucili «se i cuoricontinuano a essere armati»; a nulla vale terminareuna guerra «se ancora ci vediamo gli uni gli altricome nemici». Per questo, ha fatto affermato, c’è

bisogno di riconciliazione, perché per più di mez-zo secolo ci si è rassegnati «alla violenza sul nostrosuolo, e le sue ceneri — di rancore, di dolore, divendetta — ancora sono braci ardenti che bisognasp egnere».

Occorre, ha proseguito Santos, «vincere gli odicon la forza meravigliosa dell’amore», essere capaci«di perdonare e di chiedere perdono». C’è biso-gno di riconciliazione «con il nostro ambiente, cheè nostro fratello, che è la nostra casa comune».Inoltre va ricordato che ognuno «ha una missionein questa terra, e che la sua missione si compie intutti gli spazi della vita: dal focolare domestico fi-no alla scuola, dal luogo di lavoro fin nella stessaso cietà».

Il presidente ha poi ringraziato il Pontefice per-la scelta di visitare luoghi emblematici della Co-lombia, come la capitale Bogotá, Villavicencio,Medellín e Cartagena. In particolare, a Villavicen-cio, il Papa non solo «incontrerà le vittime di que-sto conflitto infame che abbiamo concluso, ma an-che beatificherà due sacerdoti colombiani che furo-no vittime essi stessi della violenza».

all’oppressione, il saccheggio el’abbandono, la nostra risposta è lavita. Né diluvi né pestilenze, né fa-me né cataclismi, e nemmeno leguerre infinite lungo secoli e secolihanno potuto ridurre il tenacevantaggio della vita sulla morte.Un vantaggio che aumenta e acce-lera». È dunque possibile — conti-nua lo scrittore — «una nuova etravolgente utopia della vita, dovenessuno possa decidere per gli al-tri persino il modo di morire, dovedavvero sia certo l’amore e sia pos-sibile la felicità, e dove le stirpicondannate a cent’anni di solitudi-ne abbiano infine e per sempreuna seconda opportunità sulla ter-ra» (Discorso in occasione del PremioNobel, 1982).

Molto è il tempo passatonell’odio e nella vendetta... La so-litudine di stare sempre gli unicontro gli altri si conta ormai a de-cenni e sa di cent’anni; non voglia-mo che qualsiasi tipo di violenzarestringa o annulli ancora una solavita. E ho voluto venire fino a quiper dirvi che non siete soli, chesiamo tanti a volervi accompagna-re in questo passo; questo viaggiovuole essere un incitamento per

Nella mattina di giovedì 7 settembre, al ter-mine dell’incontro con le autorità colom-biane nel palazzo presidenziale di Bogotá,il Papa ha compiuto una visita di cortesiaal capo dello stato, Juan Manuel Santos.L’incontro privato, che è avvenuto nel salo-ne protocollare al primo piano della resi-denza, si è concluso con la presentazionedei familiari, la firma del libro d’onore e loscambio di doni. Il Pontefice ha regalatouna scultura in lega di argento della Viacrucis. Il presidente colombiano, da partesua, ha offerto un rosario d’argento realiz-zato a Ciénaga de Oro, un angelo di argil-la proveniente da Ráquira e una mochilaarhuaca tutta bianca: la popolare borsa ar-tigianale colombiana fatta dalle donne del-la Sierra Nevada, chiamata in lingua indi-gena tutu iku, è divenuta un simbolo cultu-rale dell’identità colombiana.

contribuire molto alla crescita delPaese; in modo speciale il sacro ri-spetto della vita umana, soprattut-to la più debole e indifesa, è unapietra angolare nella costruzione diuna società libera dalla violenza.Inoltre, non possiamo non metterein risalto l’importanza sociale della

voi, un contributo che spiani unp o’ il cammino verso la riconcilia-zione e la pace.

Siete presenti nelle miepreghiere. Prego per voi, per ilpresente e per il futuro della Co-lombia. Grazie.

famiglia, sognata da Diocome il frutto dell’a m o redegli sposi, «luogo dovesi impara a convivere nelladifferenza e ad appartene-re ad altri» (ibid., 66). E,per favore, vi chiedo diascoltare i poveri, quelliche soffrono. Guardatelinegli occhi e lasciatevi in-terrogare in ogni momen-to dai loro volti solcati didolore e dalle loro manisupplicanti. Da loro si im-parano autentiche lezionidi vita, di umanità, di di-gnità. Perché loro, che ge-mono in catene, compren-dono le parole di coluiche morì sulla croce — co-me recita il vostro innonazionale.

Signore e Signori, avetedinanzi a voi una bella enobile missione, che è altempo stesso un difficilecompito. Risuona nel cuo-re di ogni colombiano lospirito del gran compa-triota Gabriel García Már-quez: «Tuttavia, davanti

Visita di cortesiaal presidente Santos

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L’OSSERVATORE ROMANOsabato 9 settembre 2017 pagina 11

Al termine della visita alla cattedraledi Bogotá, compiuta a metà mattinatadi giovedì 7 settembre, il Papa ha raggiuntoil palazzo cardinalizio, dove dal balconeha benedetto i tantissimi fedeli, soprattuttogiovani, che gremivano piazza Simón Bolívar.Ecco una traduzione del saluto rivolto loroin spagnolo.

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!Vi saluto con grande gioia e vi ringrazioper questo caloroso benvenuto. «In qua-lunque casa entriate, prima dite: “Pace aquesta casa!”. Se vi sarà un figlio della pa-ce, la vostra pace scenderà su di lui, altri-menti ritornerà su di voi» (Lc 10, 5-6).

Oggi entro in questa casa che è la Co-lombia dicendovi: “La pace sia con voi!”.[Rispondono: “E con il tuo spirito!”]Questa era l’espressione di salutodi ogni ebreo e anchedi Gesù. Ho desi-derato venire finqui come pellegri-no di pace e disperanza, e desi-dero vivere questimomenti di in-

contro con gioia, ringraziando Dio pertutto il bene che ha compiuto in questaNazione, nella vita di ogni persona.

E vengo anche per imparare; sì, impara-re da voi, dalla vostra fede, dalla vostrafortezza di fronte alle avversità. Perché voisapete che il vescovo e il sacerdote devonoimparare dal loro popolo, e per questovengo a imparare, a imparare da voi: sonovescovo e vengo a imparare. Avete vissutomomenti difficili e bui, però il Signore èvicino a voi, nel cuore di ogni figlio e fi-glia di questo Paese. Il Signore non è se-lettivo, non esclude nessuno, il Signoreabbraccia tutti; e tutti — sentite questo —tutti siamo importanti e necessari per Lui.Durante questi giorni vorrei condividerecon voi la verità più importante: che Dioci ama con amore di Padre e ci incoraggiaa continuare a cercare e a desiderare la pa-

ce, quella pace che è autentica e duratu-ra. Dio ci ama con amore di Padre.

Lo ripetiamo insieme? [Tutti:“Dio ci ama con amore di

Pa d re ”]. Grazie!

Bene, io avevo scritto qui: “Vedo quimolti giovani...”. Ma anche se avessi gliocchi bendati so che questa confusione lapossono fare solo i giovani! Voi giovani —mi rivolgo a voi — siete venuti da ogniparte del Paese: cachacos (originari di Bo-gotá), costeños (abitanti della costa), paisas(della regione di Antioquia, Caldas, Risa-ralda e Quindío), vallunos (dalla Valle delCauca) e l l a n e ro s (dalle pianure) ...da tuttele parti! Per me è sempre motivo di gioiaincontrarmi con i giovani. In questo gior-no vi dico: per favore, tenete viva la gioia,perché è segno del cuore giovane, del cuo-re che ha incontrato il Signore. E se voimantenete viva questa gioia con Gesù,nessuno ve la può togliere, nessuno (cfr.Gv 16, 22)! Ma, nel dubbio, vi consiglio:non lasciatevela rubare, abbiate cura di ta-le gioia che tutto unifica nel sapersi amatidal Signore. Perché, come abbiamo dettoall’inizio, Dio ci ama... com’era? [rispon-dono: “Dio ci ama con cuore di Padre”].Di nuovo! [“Dio ci ama con cuore di Pa-d re ”]. E questo è il principio della gioia.Il fuoco dell’amore di Gesù rende traboc-cante questa gioia ed è sufficiente per in-cendiare il mondo intero. Che cosa dun-que potrebbe impedirvi di cambiare que-sta società e quello che voi vi proponete?Non temete il futuro! Osate sognare gran-di cose! A questo grande sogno io oggi viinvito. Per favore, non perdetevi in bazze-cole, non volate rasoterra, no, volate in al-to e sognate grandi cose!

Voi giovani avete una speciale sensibili-tà per r i c o n o s c e re la sofferenza degli altri —è interessante, voi ve ne accorgete subito.Il volontariato del mondo intero si nutredi migliaia di voi che siete capaci di met-tere a disposizione il vostro tempo, di ri-nunciare alle vostre comodità, a progetticentrati su voi stessi, per lasciarvi com-muovere dalle necessità dei più fragili ededicarvi a loro. Ma può anche succedereche siete nati in ambienti dove la morte, ildolore, la divisione sono penetrate tanto afondo da lasciarvi quasi nauseati e comeanestetizzati dal dolore. Per questo vi vo-glio dire: lasciate che le sofferenze dei vo-stri fratelli colombiani vi smuovano! Eaiutate noi anziani a non abituarci al do-lore e all’abbandono. Abbiamo bisogno divoi, aiutateci in questo, a non abituarci aldolore e all’abbandono.

Anche voi, ragazzi e ragazze, che vivetein ambienti complessi, con realtà diversee situazioni familiari le più varie, vi sieteabituati a vedere che nel mondo non tut-to è bianco e neppure tutto nero; che lavita quotidiana si risolve in un’ampiagamma di differenti tonalità di grigio —è vero —, e questo vi può esporre al ri-schio di cadere in un’atmosfera di relati-vismo, mettendo in disparte quella po-tenzialità che hanno i giovani di com-p re n d e re il dolore di coloro che hannosofferto. Voi avete la capacità non solodi giudicare, di segnalare sbagli — p er-ché ve ne accorgete subito —, ma anchequell’altra capacità bella e costruttiva:quella di comprendere. Comprendere cheanche dietro un errore — perché, par-liamoci chiaro, l’errore è errore e nonbisogna mascherarlo —, e voi siete ca-

paci di comprendere che anche dietroun errore c’è un’infinità di ragioni, di atte-nuanti. Quanto ha bisogno di voi la Co-lombia per mettersi nei panni di quelli chemolte generazioni fa non hanno potuto osaputo farlo, o non azzeccarono il modogiusto per riuscire a comprendere!

A voi, giovani, risulta molto facile in-c o n t ra rs i , vi è facile incontrarvi... E adessovi faccio una domanda: qui vi siete incon-trati tutti, da che ora siete qui?... [rispon-dono] Vedete, che siete coraggiosi? Pervoi è molto facile incontrarvi: vi basta, perincontrarvi, un avvenimento come questo,un buon caffè, una bibita o qualunque co-sa come pretesto per far nascere un incon-tro... Qualunque cosa è una buona scusaper l’incontro. I giovani si ritrovano nellamusica, nell’arte... Persino una finale tral’AtléticoNacional e l’América di Cali è

cuori dei giovani sono stimolati davantialle grandi sfide. Quanta bellezza naturaleda contemplare senza necessità di sfruttar-la! Quanti giovani come voi hanno biso-gno della vostra mano tesa, della vostraspalla per intravedere un futuro migliore!

Oggi ho voluto vivere questo momentocon voi; sono sicuro che in voi c’è il po-tenziale necessario per c o s t r u i re — c o s t ru i -re! — la nazione che abbiamo sempre so-gnato. I giovani sono la speranza dellaColombia e della Chiesa; nel loro cammi-nare e nei loro passi scorgiamo quelli diGesù, Messaggero della Pace, di Colui chesempre ci porta buone notizie.

Mi rivolgo ora a tutti voi, cari fratelli esorelle di questo amato Paese: bambini,giovani, adulti e anziani, voi che volete es-sere portatori di speranza; che le difficoltànon vi opprimano, che la violenza non viabbatta, che il male non vi vinca. Credia-mo che Gesù, con il suo amore e la suamisericordia che rimangono per sempre,ha vinto il male, ha vinto il peccato e lamorte. Lo ripetiamo? [ripetono: “Gesù havinto il male, il peccato e la morte”] Bastasolo andargli incontro. Andate incontro aGesù! Vi invito all’impegno — non al ri-sultato compiuto — all’impegno. A cosa viinvito? [rispondono: “All’imp egno”] Ecos’è che non dovete aspettarvi? [rispon-dono: “Il risultato compiuto”] Bene, con-gratulazioni! Allora, prendetevi questo im-pegno per il rinnovamento della società,perché sia giusta, stabile, feconda. Daquesto luogo, vi incoraggio a confidarenel Signore, che è l’unico che ci sostiene,l’unico che ci incoraggia per poter contri-buire alla riconciliazione e alla pace.

Vi abbraccio tutti e ciascuno: tutti quelliche siete qui, i malati, i più poveri, gliemarginati, i bisognosi, gli anziani, quelliche sono a casa... tutti; tutti siete nel miocuore. E prego Dio che vi benedica. E,per favore, non dimenticatevi di pregareper me. Grazie!

Prima di andarmene, se voi volete, vido la benedizione. Preghiamo tutti insie-me la Vergine: “Ave Maria...”.

[Benedizione]A r r i v e d e rc i !

Ai giovani riuniti sotto il palazzo cardinalizio il Papa chiede di essere la speranza del paese

Capaci di perdonoper risanare i cuori

un’occasione per stare in-sieme! Voi, poiché avetequesta facilità di incontrar-vi, potete insegnare a noigrandi che la culturadell’incontro non significapensare, vivere o reagiretutti nello stesso modo, no,non è questo; la culturadell’incontro significa sape-re che al di là delle nostredifferenze siamo tutti partedi qualcosa di grande checi unisce e ci trascende,siamo parte di questo me-raviglioso Paese. Aiutatecia entrare, noi grandi, inquesta cultura dell’i n c o n t roche voi praticate così bene!

Inoltre, la vostra giovi-nezza vi rende anche capa-ci di qualcosa di molto dif-ficile nella vita: p e rd o n a re .Perdonare coloro che cihanno ferito; è notevole ve-dere come voi non vi lasciate invischiareda vecchie storie, come guardate in modostrano quando noi adulti ripetiamo fatti didivisione semplicemente perché siamo at-taccati a dei rancori. Voi ci aiutate in que-sto intento di lasciarci alle spalle quelloche ci ha offeso, nel guardare avanti senzal’ostacolo dell’odio, perché voi ci fate ve-dere tutta la realtà che abbiamo davanti,tutta la Colombia che desidera crescere econtinuare a svilupparsi; quella Colombiache ha bisogno di tutti e che noi anzianidobbiamo consegnare a voi.

E precisamente per questa capacità diperdonare [voi giovani] affrontate l’enor-me sfida di aiutarci a r i s a n a re il nostrocuore. Ascoltate questa cosa che vi chiedo:aiutarci a guarire il nostro cuore. Lo dicia-mo tutti insieme? [Tutti: “Aiutarci a guari-re il nostro cuore”] È un aiuto che vi chie-do: di contagiarci con la speranza giovaneche avete voi, quella speranza che è sem-pre disposta a concedere agli altri una se-conda opportunità. Gli ambienti di dispe-razione e incredulità fanno ammalarel’anima, ambienti in cui non si trovano vied’uscita ai problemi, anzi, dove si boicot-tano quelli che cercano di trovarle, e dan-neggiano la speranza di cui ogni comunitàha bisogno per andare avanti. Che le vo-stre aspirazioni e progetti diano ossigenoalla Colombia e la riempiano di salutariutopie.

Giovani, sognate, muovetevi, rischiate,guardate la vita con un sorriso nuovo, an-date avanti, non abbiate paura! Solo cosìtroverete il coraggio di s c o p r i re il Paese chesi nasconde dietro le montagne: quelloche va oltre i titoli dei giornali e non rien-tra nelle preoccupazioni quotidiane perchéè tanto lontano. Quel Paese che non si ve-de e che fa parte di questo corpo socialeche ha bisogno di noi. Voi giovani sietecapaci di scoprire la Colombia profonda. I

Nel Vangeloil balsamo

La Colombia soffre le conseguenze di unacultura della morte in molteplici modi. Lo hadetto il cardinale Rubén Salazar Gómez, ar-civescovo di Bogotá, nel saluto a Papa Fran-cesco al termine della messa celebrata giovedì7, nel parco Simón Bolívar della capitale.

«L’ingiustizia e la violenza», ha ricordato,hanno prodotto «milioni di vittime che oggicercano ansiosamente riparazione e inseri-mento pieno nella vita ecclesiale e sociale».La povertà e la miseria di ampi settori dellapopolazione, frutto in gran parte dell’ingiu-stizia e della violenza, «impediscono l’acces-so a milioni di colombiani ai diritti umanifondamentali come la nutrizione, la salute, lacasa, il lavoro, la terra e tutto ciò che rendela vita degna e pienamente umana».

In questo contesto, il Vangelo della vita è«balsamo che porta consolazione e pace, èluce che apre cammini di fraternità e solida-rietà», ma è anche «forza che ci spinge a da-re testimonianza con la nostra vita di servi-zio, è speranza che ci apre la sicurezza che,con Cristo morto e risorto, la morte è statadefinitivamente vinta e la vita ha fatto irru-zione per sempre nel nostro mondo». Il car-dinale ha poi sottolineato come la parola delVangelo si convertirà in «fonte permanentedi ispirazione per trovare insieme i sentieridel rispetto, dell’accettazione, della cura, del-la protezione, della difesa, della promozionedella vita in tutte le sue tappe».In preghiera davanti alla Vergine di Chiquinquirá

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 12 sabato 9 settembre 2017

Gli impegni indicati dal Papa nella messa a Bogotá

Difesa della pacee cura della vita

Una folla immensa di fedeli ha partecipato giovedì pomeriggio, 7 settembre, alla messaper la pace e la giustizia celebrata da Papa Francesco nel parco Simón Bolívardi Bogotá. Hanno concelebrato, tra gli altri, i cardinali Parolin, Salazar Gómez,Castrillón Hoyos, Pimiento Rodríguez, Urosa Savino, Porras Cardozo, Osoro Sierra eLacunza Maestrojuán. Pubblichiamo la traduzione dell’omelia pronunciata dal Ponteficein spagnolo.

qualcosa di speciale che non lascia in-differente nessuno; la sua Parola ha ilpotere di convertire i cuori, di cambiarepiani e progetti. È una Parola conferma-ta dall’azione, non sono conclusioniscritte a tavolino, espressioni fredde estaccate dal dolore della gente, e perciòè una Parola che serve sia per lasicurezza della riva sia per la fragilitàdel mare.

Questa amata città, Bogotá, e questobellissimo Paese, la Colombia, presenta-no molti degli scenari umani descrittinel Vangelo. Qui si trovano moltitudiniche anelano a una parola di vita, che il-lumini con la sua luce tutti gli sforzi emostri il senso e la bellezza dell’esisten-za umana. Queste moltitudini di uominie donne, bambini e anziani abitano unaterra di inimmaginabile fecondità, chepotrebbe dare frutti per tutti. Ma anchequi, come in altre parti del mondo, cisono fitte tenebre che minacciano e di-struggono la vita: le tenebre dell’ingiu-stizia e dell’inequità sociale; le tenebrecorruttrici degli interessi personali o digruppo, che consumano in modo egoi-sta e sfrenato ciò che è destinato al be-nessere di tutti; le tenebre del mancatorispetto per la vita umana che mietequotidianamente l’esistenza di tanti in-nocenti, il cui sangue grida al cielo; letenebre della sete di vendetta e di odio

che macchia di sangue umano le manidi coloro che si fanno giustizia da soli;le tenebre di coloro che si rendono in-sensibili di fronte al dolore di tante vit-time. Tutte queste tenebre, Gesù le di-sperde e le distrugge con il suo coman-do sulla barca di Pietro: «Prendi il lar-go» (Lc 5, 4).

Noi possiamo invischiarci in discus-sioni interminabili, fare la conta dei ten-tativi falliti ed elencare gli sforzi finitinel nulla; ma come Pietro, sappiamo co-sa significa l’esperienza di lavorare sen-za nessun risultato. Anche questa Na-zione conosce questa realtà, quando perun periodo di sei anni, al suo inizio, eb-be 16 presidenti e pagò caro le sue divi-sioni (la “patria boba” [lett. “patria ton-ta”]); anche la Chiesa in Colombia hafatto esperienza di impegni pastorali va-ni e infruttuosi..., però come Pietro, sia-mo anche capaci di confidare nel Mae-stro, la cui Parola suscita fecondità per-sino là dove l’inospitalità delle tenebreumane rende infruttuosi tanti sforzi efatiche. Pietro è l’uomo che accogliecon risolutezza l’invito di Gesù, che la-scia tutto e lo segue, per trasformarsi inun nuovo pescatore, la cui missioneconsiste nel condurre i suoi fratelli alRegno di Dio, dove la vita diventa pie-na e felice.

Ma il comando di gettare le reti nonè rivolto soltanto a Simon Pietro; a lui ètoccato di prendere il largo, come quelliche nella vostra Patria hanno per primiriconosciuto quello che più urge, quelliche hanno preso iniziative di pace, divita. Gettare le reti comporta responsa-bilità. A Bogotá e in Colombia si trova

in cammino un’immensa comunità, cheè chiamata a diventare una rete robustache raccolga tutti nell’unità, lavorandoper la difesa e la cura della vita umana,particolarmente quando è più fragile evulnerabile: nel seno materno, nell’in-fanzia, nella vecchiaia, nelle condizionidi disabilità e nelle situazioni di emargi-nazione sociale. Anche le moltitudiniche vivono a Bogotà e in Colombiapossono diventare vere comunità vive,giuste e fraterne se ascoltano e accolgo-no la Parola di Dio. In queste moltitu-dini evangelizzate sorgeranno molti uo-mini e donne divenuti discepoli che,con cuore veramente libero, possano se-guire Gesù; uomini e donne capaci diamare la vita in tutte le sue fasi, di ri-spettarla, di promuoverla.

E come gli apostoli, occorre chiamar-ci gli uni gli altri, di mandarci dei segni,come i pescatori, di tornare a conside-rarci fratelli, compagni di strada, soci diquesta impresa comune che è la patria.Bogotá e la Colombia sono, nel medesi-mo tempo, riva, lago, mare aperto, cittàattraverso la quale Gesù è passato epassa, per offrire la sua presenza e lasua parola feconda, per farci uscire dalletenebre e portarci alla luce e alla vita.

Chiamare gli altri, tutti, perché nessunorimanga in balìa delle tempeste; far en-trare nella barca tutte le famiglie: essesono santuari della vita; fare spazio albene comune al di sopra degli interessimeschini o particolari, farsi carico deipiù fragili promuovendo i loro diritti.

Pietro sperimenta la sua piccolezza,sperimenta la grandezza della Parola edell’azione di Gesù; Pietro conosce leproprie fragilità, il suo buttarsi in avantie tirarsi indietro, come pure lo conoscia-mo noi, come lo conosce la storia diviolenza e di divisione del vostro popo-lo che non sempre ci ha trovati disponi-bili a condividere la barca, le tempeste,le disavventure. Ma, come fece con Si-mone, Gesù ci invita a prendere il largo,ci spinge a condividere il rischio — nontemete di rischiare insieme — ci invita alasciare i nostri egoismi e a seguirlo; adabbandonare paure che non vengono daDio, i timori che ci paralizzano e ritar-dano l’urgenza di essere costruttori dellapace, promotori della vita.

«Prendi il largo», disse Gesù. E i di-scepoli si fecero segno per riunirsi tuttinella barca. Che sia così per questo po-p olo.

“Costruttori della pace,promotori della vita”

L’Evangelista ricorda che la chiamatadei primi discepoli avvenne sulle rivedel lago di Genesaret, lì dove la gente siaffollava per ascoltare una voce capacedi orientarla e illuminarla; è anche illuogo dove i pescatori terminano le lorofaticose giornate, in cui cercano il so-stentamento per condurre una vita sen-za penuria, una vita dignitosa e felice. Èl’unica volta in tutto il Vangelo di Lucain cui Gesù predica presso il cosiddettomare di Galilea. Nel mare aperto si con-fondono l’agognata fecondità del lavoroe la frustrazione per l’inutilità deglisforzi vani. E secondo un’antica inter-pretazione cristiana, il mare rappresentaanche l’immensità dove convivono tuttii popoli. Infine, a causa della sua agita-zione e oscurità, esso evoca tutto quelloche minaccia l’esistenza umana e che hail potere di distruggerla.

Noi usiamo espressioni analoghe perdefinire le moltitudini: una marea uma-na, un mare di gente. Quel giorno, Ge-sù si trova ad avere alle spalle il mare edi fronte una moltitudine che lo ha se-guito perché sa della sua commozionedavanti al dolore umano e delle sue pa-role giuste, profonde, sicure. Tutti ven-gono ad ascoltarlo; la Parola di Gesù ha