possibilitÀ di miglioramento delle tecniche di...

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ALMA MATER STUDIORUM – UNIVERSITA’ DI BOLOGNA FACOLTÀ DI MEDICINA VETERINARIA Dipartimento Clinico Veterinario Direttore: Chiar.mo Prof. Paolo Famigli Bergamini Dottorato di Ricerca in “Clinica e Terapia d’Urgenza Veterinaria” XIX Ciclo Settore Scientifico Disciplinare VET 10 Coordinatore: Chiar.mo Prof. Lorenzo Masetti POSSIBILITÀ DI MIGLIORAMENTO DELLE TECNICHE DI RIPRODUZIONE ASSISTITA NEGLI ANIMALI DOMESTICI Anno 2007 Relatore: Chiar.mo Prof. Gaetano Mari Tesi di Dottorato della Dott.ssa Barbara Merlo

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ALMA MATER STUDIORUM – UNIVERSITA’ DI BOLOGNA

FACOLTÀ DI MEDICINA VETERINARIA

Dipartimento Clinico Veterinario Direttore: Chiar.mo Prof. Paolo Famigli Bergamini

Dottorato di Ricerca in

“Clinica e Terapia d’Urgenza Veterinaria” XIX Ciclo

Settore Scientifico Disciplinare VET 10

Coordinatore: Chiar.mo Prof. Lorenzo Masetti

POSSIBILITÀ DI MIGLIORAMENTO DELLE TECNICHE DI RIPRODUZIONE

ASSISTITA NEGLI ANIMALI DOMESTICI

Anno 2007

Relatore: Chiar.mo Prof. Gaetano Mari

Tesi di Dottorato della Dott.ssa Barbara Merlo

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INDICE

Introduzione p. 4

PARTE COMPILATIVA

Tecniche di riproduzione assistita negli animali domestici p. 7

Bovino p. 9

Cavallo p. 14

Gatto p. 18

Cane p. 21

PARTE SPERIMENTALE

Bovino

1 Maturazione in vitro di oociti in TCM199 o SOF p. 25

2 Effetto dell’aggiunta di P4 ed EGF al terreno di coltura per embrioni

allo stadio di 8 cellule prodotti in vitro in assenza di siero

p. 31

3 Vitrificazione di blastocisti in paillette o in cryoloop p. 36

Cavallo

4 Produzione in vitro di embrioni a partire da oociti vitrificati prima e

dopo IVM e fertilizzati mediante ICSI

p. 43

Gatto

5 Effetto dell’EGF sulla maturazione nucleare e citoplasmatica di oociti p. 49

6 Produzione in vitro di blastocisti di sesso predeterminato impiegando

seme sessato

p. 57

7 Blastocisti prodotte in vitro a partire da oociti vitrificati p. 66

Cane

8 Maturazione in vitro di oociti in SOF addizionato con E2 e P4 p. 72

BIBLIOGRAFIA p. 77

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ABBREVIAZIONI

aa = amino acidi

BSA = Bovine Serum Albumine (albumina sierica bovina)

DPBS = Dulbecco’s Phosphate Buffered Saline (salina con tampone fosfato secondo

Dulbecco)

E2 = 17-β estradiolo

EGF = Epidermal Growth Factor (fattore di crescita epidermico)

EGF-R = Epidermal Growth Factor-Receptor (recettore per il fattore di crescita

epidermico)

ET = Embryo Transfer

FBS/FCS = Fetal Bovine Serum/Fetal Calf Serum (siero fetale bovino)

FISH = Fluorescent In Situ Hybridization (ibridazione in situ fluorescente)

FSH = Follicle Stimulating Hormone (ormone follicolo stimolante)

GIFT = Gamete Intrafallopian Transfer (trasferimento intratubarico dei gameti)

GV = Germinal Vescicle (vescicola germinale)

GVBD = Germinal Vescicle Break Down (rottura della vescicola germinale)

HSOF = Hepes Synthetic Oviductal Fluid (fluido sintetico di ovidotto tamponato con

Hepes)

IA = Inseminazione Artificiale

ITS = Insulina-Transferrina-Selenio

IVC = in vitro colture (coltura in vitro)

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IVEP = In Vitro Embryo Production (produzione embrionale in vitro)

IVF = In Vitro Fertilization (fertilizzazione in vitro)

IVM = In Vitro Maturation (maturazione in vitro)

LH = Luteinizing Hormone (ormone luteinizzante)

MI = Metafase I

MII = Metafase II

MOET = Multiple Ovulation and Embryo Transfer (ovulazione multipla ed embryo

transfer)

NT = Nuclear Transfer (trasferimento nucleare)

OPU = Ovum Pick Up (prelievo di oociti)

OT = Oocyte Transfer (trasferimento di oocita)

OPS = Open Pulled Straw

P4 = progesterone

PBS = Phosphate Buffered Saline (salina con tampone fosfato)

PCR = Polymerase Chain Reaction (reazione a catena della polimerasi)

PHE = Penicillamine-Hypotaurine-Epinephrine (penicillamina-ipotaurina-epinefrina)

SO = Superovulazione

SOF = Synthetic Oviductal Fluid (fluido sintetico di ovidotto)

TALP = Tyrode’s Albumine Lactate Pyruvate (salina con albumina, lattato e piruvato

secondo Tyrode)

TCM199 = Tissue Culture Medium 199 (terreno per coltura tissutale 199)

ZP = Zona Pellucida

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INTRODUZIONE

Le tecniche di riproduzione assistita negli animali domestici hanno avuto, negli ultimi

decenni, un notevole sviluppo sino ad arrivare alla clonazione, con la quale è possibile

duplicare un individuo. Tuttavia, il livello di efficienza di alcune di queste tecnologie non è

ancora soddisfacente, con ampie variabilità in relazione anche alla specie animale presa in

considerazione.

La ricerca svolta nel triennio di Dottorato, e presentata qui di seguito, ha avuto come

obiettivo il miglioramento delle tecniche di riproduzione assistita impiegate nel bovino,

cavallo, gatto e cane, cercando di superare alcuni dei punti critici che le diverse tecnologie

prese in esame presentano nelle suddette specie.

In particolare, nel bovino, dove la produzione di embrioni in vitro riveste notevole

importanza dal punto di vista commerciale, l’attenzione è stata focalizzata sull’ottenimento

in vitro di embrioni di buona qualità impiegando sistemi di coltura privi di siero, e

sull’efficienza della vitrificazione per la crioconservazione di blastocisti.

Nel cavallo, dove la possibilità di disporre di oociti maturi è limitata, è stata valutata la

possibilità di produrre in vitro embrioni a partire da oociti immaturi vitrificati prima e dopo

IVM e fertilizzati mediante ICSI.

Nel gatto, che riveste notevole importanza come modello sperimentale per le specie feline

in via di estinzione, è stato esaminato l’effetto dell’aggiunta di EGF al terreno da IVM per

poter aumentare l’efficienza della maturazione in vitro, inoltre è stata valutata la possibilità

di produrre embrioni in vitro impiegando seme sessato o utilizzando oociti vitrificati.

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Nel cane, dove la maturazione in vitro rappresenta un grosso limite allo sviluppo di tutte le

altre biotecnologie, è stato valutato un protocollo di IVM in presenza di E2 e P4 sia in un

sistema standard (per 72 h in un terreno con una concentrazione ormonale fissa), che

sequenziale (in un terreno con tre diverse concentrazioni ormonali rinnovato ogni 24 h).

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PARTE COMPILATIVA

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LA RIPRODUZIONE ASSISTITA NEGLI ANIMALI DOMESTICI

Allo scopo di ottenere una progenie numerosa da animali geneticamente superiori, da

soggetti con fertilità ridotta o compromessa o da animali appartenenti a specie a rischio di

estinzione, sono state sviluppate e perfezionate varie tecniche di riproduzione assistita, tra

le quale le principali sono:

- l’Inseminazione Artificiale,

- la crioconservazione di gameti ed embrioni,

- la superovulazione e l’embryo transfer (produzione di embrioni in vivo),

- la maturazione-fertilizzazione-coltura in vitro (produzione di embrioni in vitro),

- il sessaggio degli spermatozoi e degli embrioni,

- il trasferimento nucleare o clonazione.

L’Inseminazione Artificiale è stata impiegata, per oltre 200 anni, principalmente per motivi

sanitari e al fine di ottenere prole da maschi geneticamente superiori. I miglioramenti

ottenuti nei metodi di congelamento e stoccaggio del seme hanno permesso la diffusione

dell’IA in tutto il mondo.

Parimenti alla crioconservazione del seme, il congelamento embrionale ha favorito la

diffusione di animali con alte qualità genetiche; lo sviluppo dell’ET ha consentito di

ottenere un maggior numero di nati da femmine geneticamente superiori. A seconda della

specie, gli embrioni fertilizzati possono essere recuperati dalle donatrici mediante tecniche

chirurgiche o non. Tali embrioni vengono poi trasferiti in riceventi di minore valore

genetico. Per aumentare il numero di embrioni recuperabili da animali di valore, la

donatrice viene solitamente trattata con un regime ormonale tale da indurre ovulazioni

multiple (superovulazione).

In alternativa alla raccolta di embrioni in vivo da animali donatori, sono stati recentemente

sviluppati dei metodi per produrre embrioni in vitro. Oociti immaturi possono essere

recuperati dalle ovaie di animali infertili o anziani, da soggettimacellati o deceduti, o dalle

normali donatrici di embrioni. Una volta rimossi dall’ovaio, gli oociti vengono maturati,

fertilizzati e coltivati in vitro fino a quando non raggiungono uno stadio idoneo per il

trasferimento o il congelamento.

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Al fine di aumentare i vantaggi produttivi nell’allevamento di animali da reddito, sono

state anche messe a punto delle metodiche che permettono di effettuare il sessaggio degli

spermatozoi o degli embrioni in modo da poter controllare il sesso dei nascituri.

Impiegando un colorante specifico che si lega al DNA (Hoechst 33342) e un

citofluorimetro, è possibile misurare il contenuto di DNA dei singoli spermatozoi e quindi

separare quelli contenenti il cromosoma Y da quelli contenenti il cromosoma X, essendo

questi ultimi caratterizzati da un maggior contenuto in DNA. Sebbene il processo di

sortaggio degli spermatozoi sia lento (circa 10 milioni di spermatozoi vivi/ora), questa

procedura determina il sesso con un’accuratezza pari a circa il 95%.

Infine, sin da metà degli anni 80, è stata sviluppata una tecnologia che permette di

trasferire il nucleo da un blastomero (cellula presumibilmente indifferenziata prelevata da

embrioni ad uno stadio di sviluppo precoce) o da una cellula somatica (fibroblasti, cellule

cutanee, cardiache, nervose o altre cellule corporee) in un oocita enucleato (oocita non

fertilizzato a cui è stato rimosso il nucleo). Tale ‘trasferimento nucleare’ consente la

produzione di molte copie di animali identici ad altri (animali transgenici, animali

geneticamente superiori, ecc). Attualmente, il trasferimento nucleare di cellule somatiche è

stato utilizzato per la clonazione di bovini, pecore, maiali, capre, cavalli, muli, gatti,

conigli, ratti, topi e cani.

La tecnica di clonazione comprende la coltura di cellule somatiche da un tessuto

appropriato (fibroblasti) dell’animale che deve essere clonato. I nuclei delle cellule

somatiche vengono quindi iniettati in un oocita enucleato ottenuto da un altro individuo

della stessa specie o di una specie affine. Attraverso un processo che non è ancora del tutto

chiarito, il nucleo della cellula somatica viene riprogrammato in modo che l’espressione

genica sia adatta per dirigere il normale sviluppo dell’embrione. Dopo coltura e sviluppo in

vitro, gli embrioni vengono trasferiti in un animale ricevente che porta a termine la

gravidanza. La percentuale di successo per la propagazione di animali mediante NT è

spesso inferiore al 10% e ciò dipende da molti fattori, tra cui la specie, la fonte di oociti

riceventi, il tipo cellulare da cui deriva il nucleo, il trattamento delle cellule donatrici prima

del trasferimento nucleare e le tecniche usate per il trasferimento stesso.

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Bovino

La IA nel bovino è una pratica oramai diffusa e impiegata di routine. Dopo il

perfezionamento delle tecniche di congelamento del seme, è stato possibile stoccare e

spedire materiale seminale di tori di elevato valore genetico ovunque fosse richiesto (Polge

et al, 1949; Smith e Polge, 1950; Nagase et al., 1964). La IA ha aumentato il progresso

genetico in linea maschile con la creazione di tori d’elite, selezionati attraverso i progeny

test. Il contributo femminile al progresso genetico è stato invece ottenuto con l’ET non

chirurgico (Elsden et al., 1976) e la maturazione in vitro (Leibfried e First, 1979),

fertilizzazione e coltura degli oociti bovini (Brackett et al., 1982; Brackett, 1983; Eppig e

Schroeder, 1986; Kane, 1987; Leibfried-Rutledge et al., 1987; Leibfried-Rutledge et al.,

1989).

Nel 1951 è nato il primo vitello da ET chirurgico di un embrione di 5 giorni prelevato alla

macellazione (Willet et al., 1951). Successivamente è stata sviluppata la tecnologia

attualmente impiegata in ambito commerciale (rivisto da Betteridge, 2003). Le prime

tecniche di ET descritte erano non chirurgiche (Rowson e Dowling, 1949), ma lo scarso

successo ottenuto ha portato al recupero e trasferimento chirurgico degli embrioni, limitato

però dalle difficoltà che una procedura chirurgica impone. Nei primi anni 80 furono

perfezionate ed adottate le tecniche di ET non chirurgico (Rowe et al., 1980; Wright,

1981), permettendo così che l’ET fosse praticabile in allevamento.

Per parecchi anni, l’impiego più comune dell’ET nei programmi di riproduzione animale è

stato la proliferazione del cosiddetto fenotipo desiderabile. Poi, nel 1987, fu introdotto il

concetto di ovulazione multipla ed embryo transfer (Smith, 1988a, 1988b). I programmi di

MOET apportarono un aumento della intensità di selezione, riducendo gli intervalli

generazionali e incrementando il progresso genetico. Il successo dei programmi di MOET

ha portato all’impiego di questa tecnologia per testare geneticamente i tori da IA (Lohuis,

1995). Bovine selezionate vengono superovulate e inseminate con tori altamente

selezionati. La progenie maschile è messa in attesa mentre quella femminile entra in

produzione, i tori vengono quindi testati dai dati produttivi delle sorelle e non delle figlie

(Smith e Ruane, 1987). Con questo approccio è possibile testare geneticamente un toro in

tre anni e mezzo, rispetto ai cinque e mezzo usando gli schemi dei tradizionali progeny

test. Anche se l’accuratezza può essere stata ridotta, i minori intervalli generazionali

apportano un maggiore progresso genetico. Tuttavia, la fisiologia risulta un fattore

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limitante, in quanto i risultati superovulatori rendono difficoltoso produrre il numero

desiderato di progenie per i test genetici (Mapletoft e Hasler, 2005). In media è possibile

recuperare da 4 a 6 embrioni trasferibili, ma il risultato del trattamento è molto variabile:

un terzo delle donatrici trattate non risponde alla SO, un altro terzo produce una media che

va da 1 a 3 embrioni e solo un terzo superovula realmente dando un buon numero di

embrioni (Boland et al., 1991).

Il congelamento degli embrioni, come quello del seme, ha consentito la

commercializzazione di bovini di alto valore genetico in tutto il mondo (Wilmut e Rowson,

1973; Leibo e Mazur, 1978; Mazur, 1980; Lehn-Jensen, 1984; Leibo, 1984; Callensen et

al., 1987; Massip et al., 1987; Leibo, 1988; Niemann, 1991; Rall, 1992; Voelkel e Hu,

1992). Lo sviluppo di metodiche di congelamento efficaci ha reso l’ET una tecnologia più

efficiente, che non necessita più della disponibilità immediata di riceventi. La

crioconservazione embrionale è oramai una tecnica comune e le percentuali di gravidanza

da embrioni congelati sono solo di poco inferiori a quelle ottenute con embrioni freschi

(Leibo e Mapletoft, 1998). Il recente impiego di crioprotettori ad alta permeabilità, come il

glicole etilenico, ha permesso il trasferimento diretto di embrioni bovini (Voelkel e Hu,

1992; Hasler et al., 1997). Con questo approccio la paillette contenente l’embrione viene

scongelata in acqua, come avviene per il seme, e il contenuto viene depositato direttamente

nell’utero della ricevente, proprio come avviene nella IA. Non è quindi necessario

l’impiego di un microscopio o complicate procedure di diluizione; l’embrione rilascia i

crioprotettori prima nella pailette e poi nell’utero, senza subire stress osmotico.

Le procedure di congelamento embrionale tradizionale richiedono tempo e necessitano

dell’impiego di congelatori e di un microscopio; tali operazioni potrebbero presto essere

rimpiazzate dalla relativamente semplice tecnica di vitrificazione (Rall e Fahy, 1985). Con

la vitrificazione vengono utilizzate elevate concentrazioni di crioprotettori e l’embrione

nella soluzione di vitrificazione viene immerso direttamente nell’azoto liquido. Come

conseguenza delle alte concentrazioni di crioprotettori e del metodo ultrarapido di

congelamento, non si formano cristalli di ghiaccio. Essendo la formazione dei cristalli di

ghiaccio uno dei fattori più dannosi del processo di congelamento, la vitrificazione ha

molto da offrire nella crioconservazione di oociti ed embrioni prodotti in vitro; il grosso

vantaggio è dato comunque dalla sua semplicità. Attualmente la vitrificazione è

ampiamente utilizzata sperimentalmente e i recenti risultati suggeriscono che gli embrioni

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bovini possano essere vitrificati in paillette da 0.25 ml per il trasferimento diretto

(Wagtendonk-de Leeuw et al., 2000).

Un sistema alternativo al MOET per la produzione di embrioni bovini è quello di utilizzare

oociti immaturi recuperati dalle ovaie di donatrici di varie età e stato fisiologico (Galli e

Lazzari, 1996). Procedure affidabili consentono la maturazione e la fertilizzazione in vitro

degli oociti bovini e possono essere impiegati parecchi protocolli di coltura per farli

crescere sino allo stadio adatto per il trasferimento o il congelamento. L’IVEP comporta il

completamento di 3 step biologici che, nel bovino, sono ben definiti ed efficienti: IVM,

IVF e IVC (Ward et al., 2002).

Gli oociti per l’IVM possono essere recuperati da diversi tipi di donatrici e con diversi

metodi. Essendo gli oociti molto sensibili allo shock termico, è importante monitorare

attentamente la temperatura durante le procedure di raccolta. Le condizioni di maturazione

adottate dalla maggior parte dei laboratori implicano l’uso di TCM199 supplementato con

il 10% di FCS e gonadotropine (FSH, LH) in aria al 5% di CO2 a 38.5°C. Dopo 20-24 h di

incubazione gli oociti completano la maturazione con l’estrusione del primo globulo polare

e sono pronti per essere fertilizzati. In condizioni ottimali oltre il 90% degli oociti

raggiungono la MII. Prima della fertilizzazione le cellule del cumulo vengono parzialmente

rimosse lasciando solo pochi strati di cellule della corona radiata attorno all’oocita (Galli et

al., 2003a).

Per l’IVF viene sempre impiegato seme congelato che, subito dopo scongelamento, viene

centrifugato su un gradiente discontinuo per l’isolamento della frazione spermatica motile

(Galli e Lazzari, 1996), anche se possono essere utilizzati altri sistemi di separazione

(swim-up, semplice centrifugazione). I due terreni generalmente impiegati per l’IVF sono

il TALP o il SOF, entrambi con glucosio e concentrazioni variabili di eparina. L’IVF

implica 18-20 h di co-coltura tra sperma ed oociti; a questo punto gli oociti vengono

completamente denudati e trasferiti nel sistema di coltura embrionale (Galli et al., 2003a).

La coltura va dallo sviluppo dell’oocita fertilizzato sino allo stadio di blastocisti. I

protocolli sono numerosi e comprendono vari sistemi tra cui la co-coltura cellulare

(Eyestone e First, 1989; Hasler et al., 1995; Carnegie et al., 1997), terreni semi-definiti

come il SOF (Tervit et al., 1972; Gardner et al., 1994) o il CR1 (Rosenkrans e First, 1994)

o procedure di coltura in vivo nell’ovidotto di pecora (Eyestone et al., 1987; Galli e

Lazzari, 1996). Solitamente al sesto giorno di coltura gli embrioni raggiungono la

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compattazione e al settimo giorno si effettua la selezione di quelli destinati al trasferimento

o al congelamento.

La tecnica più flessibile e ripetibile per produrre embrioni da donatrici vive è l’ovum pick

up o aspirazione follicolare ecoguidata (Hasler et al., 1995; Bousquet et al., 1999; Galli et

al., 2001). Teoricamente può essere considerata una donatrice qualsiasi femmina a partire

da pochi mesi di età fino al terzo mese di gravidanza ed anche subito dopo il parto (2-3

settimane) (Hasler et al., 1995). Il protocollo che prevede due sedute di OPU a settimana è

quello che ha dato i migliori risultati (Garcia e Salaheddine 1998; Hagemann et al., 1999;

Goodhand et al., 1999).

Oltre alla produzione di embrioni da donatrici in vivo, l’IVEP permette il salvataggio

genetico di animali di valore dopo macellazione per morte improvvisa o per il controllo di

malattie infettive (Hasler, 2003). L’IVM è anche impiegata per produrre embrioni a scopi

di ricerca (Gordon e Lu, 1990), inclusa la produzione di cellule staminali embrionali.

La maturazione dell’oocita e le tecniche di coltura embrionale sono inoltre parte integrante

delle procedure di clonazione mediante NT di cellule somatiche e di procedure per ottenere

di vacche transgeniche che producano latte contenete proteine ad alto valore farmaceutico

(Niemann e Kues, 2003).

La fertilizzazione in vitro mediante ICSI, fondamentale nella riproduzione assistita umana,

è effettuabile nel bovino, anche con sperma liofilizzato (Keskintepe et al., 2002), ma non è

ancora ampiamente applicata.

La determinazione del sesso degli embrioni bovini prima dell’impianto, usando la PCR, è,

attualmente, un servizio offerto in maniera limitata (Thibier e Nibart, 1995). La rimozione

della biopsia dall’embrione richiede un livello elevato di capacità dell’operatore e la

tecnica bioptica risulta invasiva in quanto viene danneggiata la ZP e si riduce la vitalità

embrionale. Sia la biopsia embrionale che la PCR richiedono un livello igienico e

attenzioni più alte di quanto spesso non sia praticato con l’ET in campo.

La tecnologia di citofluorimetria impiegata per la separazione degli spermatozoi X e Y è

stata migliorata durante gli ultimi 10 anni (Johnson et al., 1994; Johnson, 2000). Gli

svantaggi che tale tecnica presenta sono la lenta velocità di sortaggio, la diminuita vitalità

(percentuali di gravidanza) dello sperma, il costo del seme e la disponibilità di seme da tori

specifici (Amann, 1999). È probabile che il seme sessato troverà maggiore impiego nella

produzione di embrioni bovini in vitro.

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Un modo per ottenere vitelli identici è l’impiego dell’embryo splitting, ovvero un

embrione può essere diviso in due o più parti prima del trasferimento per produrre gemelli

identici. Le percentuali di gravidanza da trasferimento di embrioni splittati sono del 50% o

più, portando ad una percentuale di gravidanza netta per l’embrione originale superiore al

100% (Gray et al., 1991). Anche la clonazione può essere usata per produrre prole identica

(Bondioli et al., 1990).

Con la capacità di produrre embrioni in vitro ed ottenere gravidanze (Lu et al., 1987; Xu et

al., 1987; Goto et al., 1988;Fukuda et al., 1990), è stata possibile la manipolazione genetica

degli embrioni e del DNA. La prima clonazione embrionale fu riportata da Willadsen nel

1986. La nascita del primo vitello da NT risale al 1987 (Prather et al., 1987). Con la nascita

di agnelli clonati da cellule embrionali (Campbell et al., 1996) e della pecora ‘Dolly’,

clonata a partire da cellule somatiche adulte (Wilmut et al., 1997), sono state numerose le

ricerche effettuate nel campo della clonazione in diverse specie animali. Nel bovino sono

stati prodotti cloni a partire da fibroblasti fetali, cellule del cumulo e dell’ovidotto, cellule

della granulosa, fibroblasti cutanei e cellule muscolari (rivisto da Hasler, 2003). Il NT da

cellule somatiche adulte è stato anche usato per preservare l’ultimo esemplare di una razza

bovina in estinzione (Wells et al., 1999) e fibroblasti prelevati da un toro di 21 anni sono

stati utilizzati con successo per produrre un vitello clonato (Hill et al., 2000). Purtroppo la

clonazione permette di ottenere percentuali limitate di embrioni, le percentuali di

gravidanza sono basse e anche la sopravvivenza dei vitelli è scarsa (Farin et al., 1999;

Kruip e den Daas, 1997; Wagtendonk-de Leeuw et al., 2000; Young et al., 1998), quindi

l’uso di questa tecnologia per la moltiplicazione su larga scala di bovini d’elite è

strettamente correlata al miglioramento della sua efficienza (Gurdon e Colman, 1999;

Westhusin et al., 2001; Renard et al., 2002). Un ulteriore limite è rappresentato dal fatto

che non è permesso l’utilizzo di materiale seminale proveniente da tori clonati.

L’uso di cellule somatiche coltivate per produrre cloni permette di poter modificare

geneticamente tali cellule (Cibelli et al., 1998). La transfezione ha largamente rimpiazzato

la tecnica inefficiente di microiniezione pro-nucleare, impiegata nei primi anni di

produzione di animali transgenici. Con la transfezione è possibile ottenere cellule

transgeniche con sequenze di DNA relativamente corte; ciò nonostante, sequenze più

lunghe, che incorporano geni grandi e complessi, sono state incorporate con successo in

cromosomi artificiali umani, che sono stati poi introdotti in fibroblasti bovini e, da ultimo,

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in cloni bovini (Robl et al., 2003). Le tecnologie transgeniche potrebbero inoltre essere

usate per la produzione di linee clonali di embrioni geneticamente modificati (Wall, 1996;

Stice et al., 1998; Brink et al., 2000; Niemann e Kues, 2003; Robl et al, 2003) per

migliorare l’efficienza produttiva di carne o latte, modificare la composizione del latte,

aumentare la resistenza alle malattie.

Cavallo

Sembra che il cavallo sia stato, nel 1322, il primo animale su cui sia stata praticata con

successo l’IA (Bowen, 1969). La prima documentazione di raccolta del seme da uno

stallone e IA di alcune cavalle risale al 1898 (Heape, 1898); successivamente la

fecondazione artificiale nel cavallo si è diffusa su larga scala in tutto il mondo.

Attualmente il seme viene raccolto di routine dagli stalloni della maggior parte delle razze

(non il Purosangue, dove l’IA è vietata) per l’impiego come seme fresco diluito, refrigerato

o congelato. Mentre l’inseminazione con seme fresco o refrigerato sono predominanti,

l’impiego di seme congelato ha una minore diffusione.

Il seme fresco diluito viene impiegato il giorno stesso, solitamente quando fattrici e

stallone sono nello stesso centro. La dose ottimale di seme per l’IA convenzionale nel

corpo dell’utero è costituita da 300-500 x 106 spermatozoi con una motilità progressiva

>60% in un volume totale di 5-10 ml (Allen, 2005).

Il seme della maggior parte degli stalloni è in grado di sopravvivere alla refrigerazione a

4°C e mantenere un buon livello di fertilità per 48-72 h se mantenuto a tale temperatura

(Batallier et al., 2001). La possibilità di impiegare seme refrigerato ha trovato largo

impiego in quanto permette di trasportare il seme in luoghi anche molto distanti. Ciò

consente di evitare il trasporto delle fattrici e amplia notevolmente il numero di stalloni

disponibili.

Una situazione simile si poteva verificare per l’utilizzo di seme equino congelato, ma le

inferiori percentuali di successo ne hanno limitato l’impiego. C’è infatti una notevole

variabilità nella congelabilità del seme dei singoli stalloni; sembra che queste differenze

siano di natura genetica e non correlate con la fertilità dello stallone.

Nel seme del 30-40% degli stalloni dove il congelamento ha successo, si possono ottenere

post-scongelamento una motilità progressiva e totale rispettivamente di circa il 40-60% e

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>70%, con percentuali di concepimento per ciclo del 60-75% in cavalle inseminate con

>300 x 106 di spermatozoi motili dopo scongelamento. Ma, nel seme del 30-40% degli

stalloni dove il congelamento non ha successo, accade spesso che la percentuale di motilità

progressiva post-scongelamento sia inferiore al 10-15% e ciò comporta un imponente

riduzione delle percentuali di concepimento per ciclo (<30%) con conseguente non

commerciabilità di tale seme (Allen, 2005). L’altro grosso problema dell’impiego di seme

congelato è la sua ridotta sopravvivenza nel tratto riproduttivo della fattrice, dovuta molto

probabilmente alla prematura induzione della reazione acrosomiale nella maggior parte

degli spermatozoi, causata sia dalla necessità di centrifugare il seme per la separazione dal

plasma seminale prima dell’aggiunta del diluitore per il congelamento (Morris et al.,

2003), che al processo di congelamento stesso; questo implica che l’IA debba essere

effettuata il più vicino possibile all’ovulazione ed è quindi necessario un monitoraggio più

stretto della maturazione follicolare.

L’uso della videoendoscopia ha recentemente permesso un passo avanti nel campo della

IA, con importanti implicazioni pratiche. Con tale metodica è possibile inseminare la

cavalla utilizzando un volume minimo di seme o di spermatozoi lavati (80-120 µl)

depositato direttamente nella papilla uterotubarica all’apice del corno ipsilaterale al

follicolo preovulatorio (Morris et al., 2000). Avendo gli spermatozoi accesso diretto

all’ovidotto, il loro numero può essere notevolmente ridotto, sino a 1 milione, prima che la

percentuale di concepimento per ciclo inizi a scendere al di sotto del 60% (Morris et al.,

2000). Tale tecnica, quindi, può essere impiegata quando si vuole minimizzare la dose di

seme da utilizzare ma, soprattutto, risulta fondamentale per l’impiego di spermatozoi

sessati.

Prove preliminari per il sessaggio di seme equino hanno dato risultati incoraggianti

impiegando per l’IA spermatozoi sessati freschi o congelati, con percentuali di

concepimento per ciclo variabili dal 20 al 60% e un’accuratezza del 94-96% in termini di

selezione del sesso (Lindsey et al., 2001; 2002a; 2002b). Il limite di tale metodo rimane

comunque la velocità massima di sortaggio in rapporto al mantenimento di una vitalità e

fertilità ragionevoli degli spermatozoi. L’attuale limite sembra essere 20 x 106

spermatozoi/h per un periodo di 2-2.5 h, dando una dose massima di 40-50 x 106

spermatozoi sessati per eiaculato. Tale dose richiede necessariamente una tecnica di

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inseminazione a basso dosaggio, che può essere effettuata mediante metodo

videoendoscopico o mediante la tecnica manuale profonda (Petersen et al., 2002).

Rispetto al bovino, l’ET nell’equino ha avuto un lento sviluppo negli anni 70 e 80, sia per

le restrizioni dei registri di molte razze, sia per le limitazioni incontrate in tale specie

nell’induzione della superovulazione, che per le basse percentuali di gravidanza dopo ET

(Allen e Rowson, 1975; Squires et al., 1985). Tuttavia, negli anni 90, la tecnica si è diffusa

nei cavalli da polo in Argentina (Pashen et al., 1993; Riera e McDonough 1993) e

attualmente si è diffusa anche in America ed Europa, soprattutto in seguito alla rimozione

di limiti imposti dalle associazioni di allevatori di Quarter Horse (Hudson e McCue, 2004).

Unitamente a ciò, anche le percentuali di gravidanza dopo ET non chirurgico sono

aumentate parallelamente all’esperienza degli operatori e alla maggiore attenzione nella

manipolazione degli embrioni durante il recupero e il trasferimento (Squires, 1999; Jasko,

2002). Di recente, inoltre, è diventato possibile anche duplicare il numero di embrioni

recuperabili mediante SO con FSH da estratto ipofisario equino (Alvarenga et al., 2001).

Anche nel cavallo la possibilità di splittare un embrione per produrre due o più puledri

identici ha trovato interesse sia in ambito scientifico che pratico, nel primo caso per la

produzione di animali da ricerca con la stessa identità genetica (e quindi immunologica),

nel secondo caso per poter duplicare la percentuale di recupero embrionale ovviando alla

scarsa risposta delle fattrici alla SO. I primi puledri prodotti da embryo splitting risalgono

al 1984 (Allen e Pashen, 1984).

La possibilità di mantenere refrigerati a 5°C gli embrioni equini, ha permesso di poter

effettuare l’ET in cavalle riceventi situate in stazioni centralizzate lontane dal luogo di

prelievo dell’embrione dalla donatrice (Carnevale et al., 1987), senza grosse differenze

nelle percentuali di gravidanza tra embrioni freschi e refrigerati (Carney et al., 1991). Per

quanto riguarda il congelamento embrionale, invece, i protocolli usati nel bovino e

riadattati per il cavallo, hanno portato a percentuali di successo inferiori al 50%. È stato

osservato, però, che tali percentuali erano maggiori per embrioni <300 µm di diametro,

portando all’ipotesi che embrioni più vecchi o di dimensioni maggiori abbiano difficoltà

nel flusso dei crioprotettori attraverso la capsula (Pfaff et al., 1993; Seidel, 1996; Lengrand

et al., 2002). Recentemente le tecniche di vitrificazione hanno permesso di fare un

significativo passo in avanti nella crioconservazione degli embrioni (Carnevale, 2004;

Carnevale et al., 2004) con percentuali di gravidanza del 60-75%.

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Nonostante negli anni 80 e 90 la ricerca abbia compiuto grossi sforzi nel tentativo di

sviluppare un metodo efficiente per l’IVF convenzionale nel cavallo (McKinnon et al.,

1986; Bezard et al., 1989; Del Campo et al., 1990; Palmer et al., 1991; Choi et al., 1993;

Alm e Torner, 1994; Brinsko et al., 1995; Grøndal et al., 1995a, 1995b; Hinrichs et al.,

1995; Li et al., 1995; Meintjies et al., 1995; Brück et al., 1996; Dell’Aquila et al., 1997), i

risultati sono stati scarsi. Fattori limitanti sono stati la percentuale relativamente bassa di

recupero di oociti con l’OPU (Brück et al., 1999), la ridotta percentuale di maturazione in

vitro (Li et al., 2000) e la scarsa penetrazione e fertilizzazione in vitro da parte degli

spermatozoi (Zhang et al., 1989; 1990; Palmer et al., 1991; Alm et al., 2001).

Fortunatamente, il blocco dell’IVF è stato superato con l’ICSI (Squires et al., 1996;

Grøndal et al., 1997; Cochran et al., 1998; McKinnon et al., 2000; Li et al., 2001; Galli et

al., 2002), con il vantaggio che lo spermatozoo usato per fertilizzare l’oocita può essere

stato congelato, sessato ed essere anche completamente immobile o senza coda ma

fertilizzare comunque l’oocita e dare inizio allo sviluppo embrionale.

Un’altra tecnica impiegata con successo nel cavallo per aggirare le difficoltà riscontrate

nell’IVF tradizionale, è stata il trasferimento chirurgico dell’oocita (OT) o dell’oocita e

degli spermatozoi (GIFT) direttamente nell’ovidotto di cavalle riceventi. Oociti recuperati

mediante OPU da donatrici di valore possono essere iniettati, dopo IVM, nella fimbria

dell’ovidotto ipsilaterale all’ovaio con il follicolo preovulatorio della cavalla ricevente. La

ricevente può essere stata inseminata con il seme dello stallone desiderato subito prima del

trasferimento intratubarico dell’oocita oppure con un basso numero di spermatozoi lavati

depositati nell’ovidotto insieme all’oocita (Carnevale e Ginther 1993; Carnevale et al.,

2000; Hinrichs et al., 2000; 2002; Scott et al., 2001). Il metodo trova applicazione

soprattutto per cavalle di pregio che presentano anomalie fisiche, come stenosi degli

ovidotti o patologie uterine, che non consentono la fertilizzazione in vivo e l’instaurarsi

della gravidanza.

Anche gli equini sono entrati nel mondo della clonazione con la nascita del primo puledro

nel 2003 (Galli et al., 2003b), a partire da una cellula cutanea adulta. Di particolare

interesse è stato il fatto che a portare a termine la gravidanza sia stata la cavalla stessa da

cui aveva origine il clone, dimostrando che nell’equino non è necessario alcun grado di

differenza antigenica tra madre e feto per permettere alla gravidanza di arrivare a termine

in maniera sicura (Antczak e Allen, 1984).

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Gatto

Nei gatti l’IA può essere necessaria quando l’accoppiamento naturale non ha successo o

quando maschio e femmina sono situati in luoghi diversi. La tecnica è inoltre

potenzialmente applicabile nei programmi di conservazione delle specie feline minacciate

di estinzione (Howard, 1999). Durante il normale accoppiamento, il seme di gatto viene

depositato a livello vaginale. Impiegando l’IA è possibile depositare il seme in tre siti:

intravaginale, intrauterino e intratubarico. Il numero di spermatozoi necessario per il

concepimento può variare a seconda del sito di inseminazione. Gli spermatozoi possono

essere utilizzati per l’IA sia dopo il recupero che dopo crioconservazione o dopo

conservazione temporanea al di sopra di 0°C, sebbene non sia stato ancora pubblicato

nessun lavoro usando seme conservato in tali condizioni. Oltre alle caratteristiche del seme

e alla tecnica di IA, i risultati possono dipendere anche dal fatto che l’estro della gatta sia

naturale oppure indotto con trattamento ormonale.

Dopo la prima IA nel gatto con seme fresco depositato in vagina (Sojka et al., 1970), sono

stati effettuati studi sull’IA con seme fresco e congelato in vagina, utero e tube uterine. La

raccolta del seme nel gatto è più complessa di quanto non sia in altre specie animali, ma

può essere ottenuta mediante vagina artificiale o elettroeiaculazione. Gli spermatozoi

possono essere anche recuperati dagli epididimi sia mediante aspirazione percutanea che

per trasmigrazione nel liquido di raccolta dalla coda dell’epididimo dopo incisione.

L’inseminazione intravaginale nel gatto viene effettuata usando un ago sottile, con

l’animale anestetizzato (Platz et al., 1978; Tanaka et al., 2000) o non (Sojka et al., 1970).

In tutto sono stati effettuati tre studi sull’inseminazione intravaginale, di cui due con

spermatozoi freschi (Sojka et al., 1970; Tanaka et al., 2000) e uno congelati (Platz et al.,

1978).

L’inseminazione intrauterina è stata effettuata sia per via laparoscopica (Howard et al.,

1992) che laparotomica (Tsutsui et al., 1988, 2000a, 2000b). In tre di questi studi è stato

usato seme fresco (Howard et al., 1992; Tsutsui et al., 2000a, 2000b) e in uno seme

congelato (Tsutsui et al., 1988).

Nell’unico studio sull’inseminazione intratubarica nel gatto (Tsutsui et al., 2001c), il

numero di spermatozoi necessario per il concepimento da IA intratubarica è stato circa lo

stesso di quello necessario per l’IA intrauterina (Tsutsui et al., 2000a).

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Anche se l’IA nel gatto non è ancora sufficientemente valutabile in seguito al numero

limitato di studi effettuati, è stato possibile confermare la sua efficienza sia con seme

fresco che congelato. Il numero di spermatozoi necessario per la fecondazione è tuttavia

elevato e le percentuali di concepimento sono basse. Per poter raggiungere percentuali di

concepimento soddisfacenti e aumentare l’applicabilità dell’IA, è importante lo sviluppo di

tecniche non chirurgiche per la deposizione degli spermatozoi nell’utero. Le recenti

tecniche di inseminazione transcervicale mediante catetere (Chatdarong et al., 2001;

Zambelli et al., 2004) sono degli approcci potenzialmente promettenti.

Il recente progresso fatto nello sviluppo delle tecniche di riproduzione assistita per la

produzione di embrioni in vitro nel gatto è stato notevole, e rende possibile la previsione di

un ruolo di supporto nella conservazione delle specie feline in via di estinzione. Le diverse

tappe dello sviluppo oocita/embrione che possono essere raggiunte con successo in vitro

nel gatto sono in continua espansione; ciò nonostante, la probabilità che l’embrione

ottenuto produca un feto vitale diminuisce in proporzione alla portata di fasi dello sviluppo

che sono avvenute in vitro (Pope et al., 2006). L’ambiente che circonda il complesso

cumulo-oocita durante la maturazione meiotica dallo stadio di GV (profase I) all’estrusione

del primo globulo polare (metafase II) ha un ruolo fondamentale nel successivo sviluppo

dell’embrione. Una evidente dimostrazione di questo fenomeno è la riduzione nella

percentuale di divisione e sviluppo sino allo stadio di blastocisti di embrioni di gatto

prodotti da oociti maturati in vitro rispetto agli embrioni derivanti da oociti maturati in vivo

(Gomez et al., 2000).

Il perfezionamento dei metodi in vitro precedentemente stabiliti, includendo il

riadattamento di protocolli usati di routine in altre specie, ha permesso di apportare

notevoli miglioramenti nella produzione in vitro di embrioni di gatto (Friestedt et al., 2001;

Karja et al., 2002; Pope, 2004). Le complessità incontrate nella produzione in vitro di

embrioni di gatto sono fondamentalmente simili a quelle incontrate con l’embriogenesi

preimpianto in altri mammiferi in vitro. Per esempio, è stata mostrata una notevole

preoccupazione per il blocco dello sviluppo che si verifica in vitro nel gatto al momento

della transizione da morula a blastocisti (Roth et al., 1994), e che si mostrava resistente a

modificazioni dell’ambiente di coltura (Johnston et al., 1991; Swanson et al., 1996).

Eppure, in studi recenti effettuati in altri laboratori, la proporzione di embrioni che

raggiungono lo stadio di blastocisti spesso raggiunge quella riportata per specie studiate

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più ampiamente, variando dal 40% al 60% (Friestedt et al., 2001; Karja et al., 2002;

Gomez et al., 2003).

Una componente importante del progresso della riproduzione assistita nel gatto è stato

l’impiego della micromanipolazione dei gameti per produrre embrioni tramite ICSI. Dopo

il primo studio in cui spermatozoi freschi eiaculati sono stati iniettati in oociti maturati in

vivo (Pope et al., 1998), sono stati condotti numerosi lavori in cui oociti maturati in vivo o

in vitro sono stati iniettati con seme eiaculato o epididimale fresco o congelato (Pushett et

al., 2000; Bogliolo et al., 2001; Pendolf et al., 2003).

Per quanto concerne l’ET nel gatto, a parte un solo studio in cui è stato effettuato per via

transcervicale (Swanson e Godke, 1994), è praticato attualmente con la tecnica chirurgica.

C’è stato un intervallo di circa 10 anni dalla nascita dei primi gatti da ET (Schriver e

Kraemer, 1978) a quella dei primi gatti dopo IVF/ET (Goodrowe et al., 1988) e dopo

crioconservazione/ET (Dresser et al., 1988). Da allora, le tecniche per la produzione in

vitro di embrioni felini si sono sviluppate sufficientemente da permettere che una metà

degli embrioni prodotti raggiunga lo stadio di blastocisti (Pope et al., 1998; Friestedt et al.,

2001) e la nascita di cuccioli dopo ET di embrioni derivanti da diverse tecniche in vitro

(Gomez et al., 2000; Pope, 2000, 2004), incluso il NT (Shin et al., 2002; Gomez et al.,

2004).

Attualmente non esistono pubblicazioni sulla vitrificazione di embrioni di gatto, anche se

Vajta et al. (2001) riportano gravidanze da trasferimento di embrioni prodotti in vitro dopo

vitrificazione in OPS. Nei primi studi di ET di embrioni prodotti in vitro e crioconservati

(Pope, 1994; Swanson, 1999, 2000) gli oociti di partenza erano maturati in vivo. Più

recentemente, sono nati gattini dopo ET di embrioni crioconservati derivanti da oociti

maturati in vitro (Gomez et al., 2003) e anche da ovaie conservate per 24h (Pope et al.,

2003).

Le percentuali di gravidanza sub-ottimali e la scarsa sopravvivenza fetale dopo ET di

embrioni crioconservati sono probabilmente dovute a fattori multipli interdipendenti

(Gomez et al., 2003). Una possibilità per il miglioramento delle percentuali di gravidanza e

di sopravvivenza embrionale potrebbe essere il trasferimento nell’ovidotto di embrioni a

stadi precoci di sviluppo, al fine di minimizzare l’intervallo di coltura in vitro, come è stato

effettuato per embrioni di gatto selvatico africano ottenuti da NT (Gomez et al., 2004).

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Cane

Considerando che il primo successo dopo IA fu ottenuto nel cane da Spallanzani nel 1780,

e che la prima descrizione di un oocita di mammifero fatta da von Baer nel 1827 era

riferita ad un oocita di cane, sia la ricerca che la commercializzazione delle biotecnologie

riproduttive sono rimaste indietro nei canidi rispetto agli altri animali domestici e all’uomo

(Farstad, 2000).

La prima descrizione della fisiologia riproduttiva canina e della ricerca sul trattamento

dello sperma per la conservazione a breve termine e sulle tecniche per l’IA apparve nel

1960 (Harrop, 1960). Da allora sono stati sviluppati e ridefiniti i metodi per la

conservazione del seme, sia refrigerato che congelato. La prima cucciolata nata da IA con

seme congelato fu nel 1969 (Seager, 1969), e da allora la tecnica si è diffusa in tutto il

mondo. La crioconservazione del seme di cane è stata ampiamente studiata negli ultimi

decenni e sono stati testati numerosi diluitori e protocolli di congelamento e scongelamento

(Belluzzi et al., 1988; Bouchard et al., 1990; Dobrinsky et al., 1993; Nöthling et al., 1997,

2005; Pena et al., 1999, 2001; Rota et al., 1999, 2005, 2006; Yildiz et al., 2000; Nizanski et

al., 2001; Cardoso et al., 2003; Silva et al., 2003; Okano et al., 2004; Nöthling e

Shuttleworth, 2005; da Cassia Soares Cardoso et al., 2006; Hori et al., 2005). Oltre alla

possibilità di commercializzare a livello internazionale seme di animali di valore, il

congelamento, rispetto alla refrigerazione, offre anche la possibilità di istituire delle

banche di materiale genetico di riproduttori di elevato valore. Inoltre, le tecniche di

congelamento rivestono notevole importanza per la conservazione dei canidi selvatici a

rischio di estinzione (Marks et al., 1994; Goodrowe et al., 1998; Zindl et al., 2006).

Dal momento che l’IA intrauterina con seme congelato comporta, nella maggior parte dei

casi, una percentuale di gravidanza superiore a quella ottenibile con l’inseminazione

intravaginale, ed essendo il metodo chirurgico non considerato etico in molti paesi europei,

sono state messe a punto tecniche alternative per l’inseminazione intrauterina, tra cui

l’impiego di un catetere di metallo intrauterino che viene fatto passare attraverso il canale

vaginale mentre la cervice viene mantenuta ferma per via transaddominale (Andersen,

1975) oppure di un tubo flessibile di plastica per passare la cervice mediante

visualizzazione endoscopica (Wilson, 1993).

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L’ET di embrioni derivati in vivo è stato effettuato nel cane, ma con scarse percentuali di

successo (Kinney et al., 1979; Kraemer et al., 1979; Tsutsui et al., 1989; Tsutsui et al.,

2001b). Il trasferimento intratubarico di embrioni a stadi precoci prodotti in vivo ha portato

a gravidanza (Tsutsui et al., 2001a) e recentemente anche il trasferimento intrauterino di

embrioni precoci prodotti in vivo ha avuto successo (Tsutsui et al., 2006). Tuttavia l’ET nel

cane presenta ancora notevoli ostacoli; la necessità di impiegare tecniche chirurgiche per il

recupero ed il trasferimento degli embrioni, le basse percentuali di recupero embrionale

dopo lavaggio degli ovidotti o delle corna uterine e i risultati variabili nella

sincronizzazione dell’estro tra donatrice e ricevente influenzano notevolmente i risultati.

Per quanto riguarda il trasferimento di embrioni prodotti in vitro, nonostante sia stata

ottenuta abbastanza recentemente la prima gravidanza (England et al., 2001), questa non è

stata portata a termine.

Il congelamento embrionale potrebbe aprire la possibilità di trasferire gli embrioni

conservati in riceventi sincronizzate naturalmente, ma questa tecnica è ancora lontana

dall’essere efficiente per gli embrioni di cane, come dimostrato dalla mancata produzione

di cuccioli negli unici due esperimenti in cui embrioni prodotti in vivo e congelati sono

stati successivamente trasferiti in riceventi sincronizzate naturalmente (Kim et al., 2000,

2002).

Una maggiore disponibilità di embrioni di cane sarebbe molto utile per sviluppare la

ricerca e per applicare le tecniche di riproduzione assistita nel trattamento dell’infertilità e

nel miglioramento delle performance riproduttive di canidi di valore, sia domestici che

non. La produzione di embrioni mediante fertilizzazione in vitro e NT è stata tecnicamente

raggiunta nel cane, e il trasferimento di embrioni clonati è risultato nella nascita di 2

cuccioli (Lee et al., 2005), tuttavia, l’efficienza di queste tecnologie è ancora molto

limitata. La causa principale di ciò è imputabile alle caratteristiche peculiari degli oociti

canini e alla mancanza della loro completa acquisizione della capacità di sviluppo in vitro.

Infatti, per la nascita dei cuccioli clonati, gli oociti usati per accogliere le cellule somatiche

erano maturati in vivo. Nonostante sia stato possibile maturare oociti di cane in vitro, i

risultati non sono ancora soddisfacenti e la produzione di embrioni dopo IVF è ancora

limitata (Nickson et al., 1993; Hewitt e England, 1997; Otoi et al., 2000, 2006; Saint-Dizier

et al., 2001; Songsasen et al., 2002; Rodrigues et al., 2004) con l’ottenimento di una sola

morula (Otoi et al., 2004) e una sola blastocisti in vitro (Otoi et al., 2000).

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L’ICSI, il cui scopo è la massimizzazione delle possibilità di fertilizzazione, è stata

effettuata anche su oociti canini maturati in vitro (Fulton et al., 1998). Anche se i risultati

hanno mostrato la possibilità di impiegare anche nel cane tale metodica, il limite resta

comunque la disponibilità di oociti maturi.

Le bassi percentuali di sviluppo embrionale nel cane testimoniano l’inefficiente

competenza degli oociti maturati in vitro e giustificano la focalizzazione della ricerca nel

cane principalmente sull’IVM (Luvoni et al., 2006).

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PARTE SPERIMENTALE

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BOVINO

1 – Maturazione in vitro di oociti in TCM199 o SOF

Introduzione

Numerosi studi hanno analizzato la capacità degli oociti bovini e degli embrioni di

svilupparsi in vitro utilizzando un’ampia varietà di terreni di coltura (Rosenkrans e First,

1994; Avery et al., 1995; Liu e Foote, 1995; Keskintepe e Brackett, 1996). Solitamente si

utilizza un terreno di coltura diverso per ciascuna fase dell’IVEP: maturazione,

fertilizzazione e coltura. In molti casi il periodo di coltura è diviso in due fasi, ciascuna

delle quali necessita di un terreno diverso (Pinyopummintr e Bavister, 1996). In tale

situazione un embrione può essere esposto a più di quattro terreni distinti durante lo

sviluppo in vitro. L’effetto del trasferimento dell’embrione in via di sviluppo nei diversi

ambienti di coltura è sconosciuto; dal momento che terreni diversi possono avere

concentrazioni variabili di ioni e substrati energetici, l’adattamento cellulare ed il consumo

di energia possono variare con il cambio di osmolarità e/o pH. Anche le vie metaboliche

dell’embrione possono essere spinte ad adattarsi alla disponibilità dei diversi substrati che

variano. Il continuo adattamento dell’embrione ai diversi ambienti di coltura potrebbe

comportare un ridotto potenziale di sviluppo.

Il SOF è un terreno comunemente impiegato l’IVC degli embrioni bovini. La formulazione

di questo terreno è stata basata in origine sulle analisi biochimiche condotte sul fluido

dell’ovidotto ovino (Tervit et al., 1972). Il SOF è stato successivamente modificato con

l’aggiunta di aminoacidi (Gardner et al., 1994) o di citrato (Keskintepe et al., 1995), con la

rimozione di glucosio (Takahashi e First, 1992) e con l’aggiunta di EDTA per le prime 72

h di coltura (Gardner et al., 1997).

Un terreno standard per l’IVM degli oociti bovini è il TCM199, con l’aggiunta di siero

(Lonergan et al., 1994; Rosenkrans e First, 1994; Avery et al., 1995; Liu e Foote, 1995;

Pinyopummintr e Bavister, 1996; Thompson et al., 1998) o senza (Keskintepe et al., 1995;

Keskintepe e Brackett, 1996).

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Il SOF è stato testato per la maturazione di oociti bovini, ma il suo successo è stato

inferiore rispetto al TCM199 addizionato con siero (Lonergan et al., 1994).

Successivamente, il SOF è stato impiegato con successo come unico terreno di coltura per

l’IVM-IVF-IVC di oociti bovini (Gandhi et al., 2000). In tale studio è stata confrontata la

produzione embrionale a partire da oociti bovini coltivati in SOF, opportunamente

modificato per ogni fase, e oociti coltivati secondo un protocollo standard che prevedeva

l’impiego di terreni di coltura diversi per ogni fase, impiegando come controllo per l’IVM

il TCM199 addizionato col siero.

Al fine di poter impiegare il SOF come unico terreno in tutte le fasi dell’IVEP, scopo del

presente studio è stato quello di valutare la maturazione nucleare e citoplasmatica di oociti

bovini maturati in SOF o TCM199, addizionati entrambe con FCS o BSA o BSA più EGF.

Materiali e metodi

Tutti i reagenti sono stati acquistati dalla Sigma-Aldrich (St. Louis, MO, USA) se non

specificato.

Recupero degli oociti e maturazione in vitro

Ovaie bovine sono state prelevate al macello e trasportate in soluzione fisiologica a 25°C. I

follicoli sono stati aspirati con un ago da 21 gauge impiegando una pompa d’aspirazione

(75 mmHg) (Cook modello K-MAR-5100) e, dopo ricerca degli oociti allo

stereomicroscopio, sono stati selezionati quelli con almeno tre stati di cellule del cumulo

compatte e un citoplasma omogeneo e sono stati lavati tre volte in HSOF. Gli oociti sono

stati messi, a gruppi di 35-50, in pozzetti contenenti 1 ml di uno dei sei terreni da

maturazione: (A) TCM199 + 10% FCS; (B) TCM199 + 5mg/ml BSA; (C) TCM199 + 5

mg/ml BSA + 50 ng/ml EGF; (D) SOFaa + 10% FCS; (E) SOFaa + 5 mg/ml BSA; (F)

SOFaa + 5 mg/ml BSA + 50 ng/ml EGF. Inoltre sono stati aggiunti a tutti i terreni di

maturazione 25 µl/ml di ITS, L-cisteina 1.2 mM, 0.1 UI/ml di FSH-LH suino (Pluset,

Laboratorios Calier, Barcellona, Spain). Gli oociti sono stati maturati per 24 h a 38.5°C in

aria umidificata al 5% di CO2.

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Fertilizzazione in vitro

Dopo la maturazione gli oociti sono stati lavati tre volte in HSOF e trasferiti in pozzetti

contenenti 0.5 ml di terreno da fertilizzazione costituito da SOFaa addizionato con 6 mg/ml

di BSA, 2 µl/ml di eparina e 20 µl/ml di PHE. La co-coltura col seme è stata effettuata per

18 h a 38.5°C in aria umidificata al 5% di CO2.

Per l’esperimento è stato impiegato seme congelato proveniente da un unico toro. Una

paillette da 0.5 ml di seme è stata scongelata in acqua a 37°C per 30 sec e gli spermatozoi

motili sono stati selezionati mediante centrifugazione su gradiente discontinuo di Percoll

(45% e 90%) a 2100 rpm per 40 min. Il pellet ottenuto è stato successivamente lavato in

TALP Calcium Free a 1600 rpm per 10 min e risospeso con terreno da IVF in modo da

ottenere una concentrazione finale degli spermatozoi coincubati con gli oociti pari a 0.5 x

106/ml.

Coltura in vitro e determinazione della percentuale di maturazione

Dopo l’IVF le cellule del cumulo sono state rimosse mediante vortex e i presunti zigoti,

dopo essere stati lavati in HSOF, sono stati coltivati, a 38.5°C in aria umidificata al 5% di

CO2, in pozzetti contenenti 0.5 ml di SOFaa addizionato con 16 mg/ml di BSA.

La percentuale di divisione è stata valutata dopo 30 h di IVC e gli oociti non divisi sono

stati colorati con Hoechst 33258 (10 µl/ml in PBS) ed esaminati al microscopio a

fluorescenza per accertare la maturazione nucleare. Solo oociti con un globulo polare e una

metafase II evidenti sono stati classificati come maturi.

Disegno sperimentale e analisi statistica

L’esperimento è stato condotto in 3 replicati ed in totale sono stati impiegati 725 oociti. La

percentuale di maturazione nucleare, cioè il numero totale di MII, è stata definita come il

numero di oociti divisi e di quelli non divisi allo stadio di MII rispetto al numero totale di

oociti coltivati. La maturazione citoplasmatica è stata definita come il numero di zigoti in

rapporto al numero totale di oociti coltivati. Durante la preparazione degli oociti non divisi

per la valutazione al microscopio a fluorescenza, alcuni oociti sono stati danneggiati e non

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è stato possibile determinare lo stadio di sviluppo, pertanto il numero totale di oociti su cui

è stata calcolata la percentuale di maturazione totale è inferiore a quello degli oociti di

partenza.

I dati sono stati confrontati mediante test del Chi Quadrato (Statistica for Windows - Stat

Soft Inc., Tulsa, Oklahoma, USA). La significatività è stata considerata per P<0.05.

Risultati

La percentuale totale di oociti maturi, quella di oociti non divisi che hanno raggiunto lo

stadio di MII e la percentuale di divisione dopo 30 h di IVC nei diversi gruppi sono

mostrate in Tabella 1. La percentuale di divisione è risultata significativamente minore

(P<0.05) nel gruppo E rispetto agli altri gruppi, e nel gruppo C rispetto al D. Non è stata

riscontrata alcuna differenza significativa (P>0.05) nella percentuale di maturazione degli

oociti non divisi nei diversi gruppi. La percentuale totale di maturazione è stata

significativamente inferiore nel gruppo E (P<0.05).

Tabella 1. Maturazione nucleare e citoplasmatica di oociti bovini coltivati in diversi terreni

di maturazione.

IVM N° oociti N° divisi (%) N° MII non divisi (%) N° tot MII (%)

A 119 73 (61.3)a,b 18/42 (42.9) 91/115 (79.1)a

B 121 74 (61.2)a,b,c 15/32 (46.9) 89/106 (84.0)a

C 121 67 (55.4)b,c 26/51 (51.0) 93/118 (78.8)a

D 121 82 (67.8)a 14/31 (45.2) 96/113 (85.0)a

E 125 61 (48.8)c 19/59 (32.2) 80/120 (66.7)b

F 118 71 (60.2)a,b,c 15/42 (35.7) 86/113 (76.1)a,b

(a,b) (b,c) P<0.05, (a,c) P<0.01

Discussioni

Quando oociti immaturi di bovino vengono prelevati dai follicoli e coltivati in un terreno di

maturazione standard, riprendono la prima divisione meiotica (Ewards, 1965). Sebbene

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sembri difficile influenzare gli oociti durante il loro periodo di maturazione per modulare

la loro risposta nel successivo periodo di sviluppo, le alterazioni delle condizioni basilari di

maturazione possono influenzare significativamente la competenza oocitaria, come

rispecchiato dalla produzione di morule e blastocisti dopo IVF (Rose e Bavister, 1992).

Durante l’IVM gli oociti vanno incontro a una serie di cambiamenti citoplasmatici prima

della ripresa della maturazione nucleare, e ciò comporta una competenza variabile degli

embrioni che ne derivano (Moor et al., 1990). Le condizioni di maturazione sono quindi

determinanti sul successivo sviluppo embrionale.

I risultati ottenuti in questo studio hanno dimostrato che il SOF può essere impiegato in

alternativa al TCM199 per la maturazione di oociti bovini. La presenza di BSA come unico

supplemento proteico durante la maturazione in SOF è stata dannosa sia per la maturazione

nucleare che per quella citoplasmatica, come evidenziato dalle percentuali di MII totali e

dalla percentuale di divisione. Tale effetto negativo è stato contrastato dalla presenza di

EGF, che, anche nel bovino, è stato dimostrato aumentare la maturazione nucleare e

citoplasmatica (Lorenzo et al., 1994; Kobayashi et al., 1994). Nessun effetto negativo della

BSA è stato riscontrato quando aggiunta al TCM199.

Lonergan et al. (1994) hanno osservato che sia il TCM199 che il SOF erano in grado di

supportare la maturazione di oociti bovini, ma i risultati migliori erano stati ottenuti col

terreno di controllo (TCM199 + pFSH-LH + E2 + 10% FCS). Nella seconda parte

dell’esperimento è stato valutato l’effetto dell’aggiunta di BSA sia al TCM199 che al SOF

ed è stato riscontrato che solo nel SOF la BSA aveva ridotto significativamente la

produzione di blastocisti. Anche Ali e Sirard (2002a, 2002b) hanno constatato che

l’aggiunta di BSA al SOF durante la maturazione in vitro comportava una riduzione della

produzione di morule e blastocisti e che questo effetto veniva rimosso in presenza di

ormoni (r-hFSH e E2). Al contrario, Gandhi et al. (2000) riportano che, in osservazioni

preliminari, sebbene l’espansione del cumulo nel SOF con BSA sembrasse ridotta rispetto

a quella nel terreno col siero, la percentuale di oociti maturi non era diversa. L’apparente

discordanza di risultati può essere spiegata dal fatto che nello studio di Gandhi et al. (2000)

sono stati aggiunti 50 ng/ml di EGF al SOF di maturazione, come nel nostro studio. Il

meccanismo di inibizione della maturazione ad opera della BSA e la sua interazione con

gli ormoni ed i fattori di crescita nel SOF non è ancora chiaro.

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30

In conclusione, è possibile affermare che, al fine di utilizzare lo stesso terreno di coltura in

tutte le fasi dell’IVEP, il SOF può essere impiegato con successo in alternativa al TCM199

per la maturazione di oociti bovini e che l’aggiunta di BSA al SOF come unica fonte

proteica ha un effetto negativo sulla maturazione, ma tale effetto viene neutralizzato dalla

presenza di EGF.

Pubblicazione: Iacono E, Belluzzi S, Merlo B, Mari G. In vitro maturation of bovine

oocytes in TCM199 or SOF. Proceedings of 15th International Congress on Animal

Reproduction (ICAR), Porto Seguro, Brazil, 8-12 August 2004: 439.

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2 – Effetto dell’aggiunta di P4 ed EGF al terreno di coltura per embrioni allo stadio

di 8 cellule prodotti in vitro in assenza di siero

Introduzione

Il ruolo del P4 e dell’EGF nello sviluppo embrionale precoce nel bovino non è ancora

chiaro. La produzione e la composizione del fluido nell’ovidotto è influenzata dagli

steroidi sistemici, in particolare gli estrogeni hanno azione stimolatoria mentre il

progesterone è inibitorio (Perkins, 1974). Il P4 regola la sincronia fra la capacitazione degli

spermatozoi e l’arrivo dell’oocita nell’ampolla (Hunter e Nichol, 1986) ed è stato inoltre

osservato che il P4 nel tratto genitale femminile agisce come modulatore extra-zonale della

fertilizzazione ricoprendo un ruolo fisiologico durante la capacitazione e/o l’interazione

spermatozoo-oocita in vivo (Margalioth et al., 1988). Nella maggior parte delle specie, le

concentrazioni del P4 all’interno dei fluidi del tratto riproduttivo femminile durante il

periodo periovulatorio sono sconosciute (Libersky e Boatman, 1995), e non esiste nessuno

studio riguardo l’azione diretta del P4 o l’espressione di recettori per il P4 nell’embrione in

via di sviluppo. Il P4 è stato aggiunto in coltura in diversi momenti dello sviluppo

embrionale ed è stato notato un effetto diretto su embrioni bovini allo stadio di 8 cellule

prodotti mediante IVF, anche se è stata riscontrata un’interferenza del veicolo del P4

(Ferguson et al., 2005).

I fattori di crescita e le citochine possono essere considerati come regolatori locali

coinvolti nella sottile coordinazione della proliferazione e differenziazione cellulare.

L’EGF stimola diverse funzioni cellulari, e ciò suggerisce un possibile effetto sullo

sviluppo embrionale precoce nei mammiferi (Teruel et al., 2000). L’EGF è stato aggiunto

al terreno di coltura a diverse concentrazioni a partire dallo stadio di presunto zigote,

migliorando la percentuale di blastocisti rispetto al terreno di controllo (Mtango et al,

2003; Sirisathien e Brackett, 2003; Sirisathien et al, 2003) e dando risultati simili al terreno

addizionato con il 5% o 10% di FCS (Palasz et al, 2000). Nessuno studio è stato condotto

su stadi più avanzati dello sviluppo embrionale nel bovino per valutare l’efficacia dell’EGF

nel terreno di coltura.

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32

Lo scopo di questo studio è stato quello di determinare l’effetto dell’aggiunta al terreno di

IVC di P4 e di EGF, da soli o in combinazione, su embrioni bovini allo stadio di 8 cellule

prodotti in vitro in assenza di siero.

Materiali e metodi

Tutti i reagenti sono stati acquistati dalla Sigma-Aldrich (St. Louis, MO, USA) se non

specificato.

Recupero degli oociti e maturazione in vitro

Ovaie bovine sono state prelevate al macello e trasportate in soluzione fisiologica a 25°C. I

follicoli sono stati aspirati con un ago da 21 gauge impiegando una pompa d’aspirazione

(75 mmHg) (Cook modello K-MAR-5100) e, dopo ricerca allo stereomicroscopio, sono

stati selezionati gli oociti con almeno tre stati di cellule del cumulo compatte e un

citoplasma omogeneo e lavati tre volte in HSOF. Gli oociti sono stati messi, a gruppi di 35-

50, in pozzetti contenenti 1 ml di SOFaa addizionato con 5 mg/ml di BSA, 50 ng/ml di

EGF, 25 µl/ml di ITS, L-cisteina 1.2 mM, 0.1 UI/ml di FSH-LH suino (Pluset,

Laboratorios Calier, Barcellona, Spain). La maturazione è stata effettuata per 24 h a 38.5°C

in aria umidificata al 5% di CO2.

Fertilizzazione in vitro

Dopo la maturazione gli oociti sono stati lavati tre volte in HSOF e trasferiti in pozzetti

contenenti 0.5 ml di terreno di fertilizzazione costituito da SOFaa addizionato con 6 mg/ml

di BSA, 2 µl/ml di eparina e 20 µl/ml di PHE. La co-coltura col seme è stata effettuata per

18 h a 38.5°C in aria umidificata al 5% di CO2.

Per l’esperimento è stato impiegato seme congelato proveniente da un unico toro. Una

paillette da 0.5 ml di seme è stata scongelata in acqua a 37°C per 30 sec e gli spermatozoi

motili sono stati selezionati mediante centrifugazione su gradiente discontinuo di Percoll

(45% e 90%) a 2100 rpm per 40 min. Il pellet ottenuto è stato successivamente lavato in

TALP Calcium Free a 1600 rpm per 10 min e risospeso con terreno da IVF in modo da

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33

ottenere una concentrazione finale degli spermatozoi coincubati con gli oociti pari a 0.5 x

106/ml.

Coltura in vitro e determinazione della percentuale di maturazione

Dopo l’IVF le cellule del cumulo sono state rimosse mediante vortecizzazione e i presunti

zigoti, dopo essere stati lavati in HSOF, sono stati coltivati, a 38.5°C in aria umidificata al

5% di CO2, in pozzetti contenenti 0.5 ml di SOFaa addizionato con 16 mg/ml di BSA.

A distanza di 96 h dall’IVF, gli embrioni allo stadio di 8 cellule sono stadi suddivisi in

maniera casuale nei trattamenti (1) controllo, SOFaa + 16 mg/ml di BSA (n=198); (2) P4,

SOFaaBSA + P4 (15 ng/ml in etanolo) (n=198); (3) EGF, SOFaaBSA + EGF (25 ng/ml)

(n=200); (4) P4+EGF, SOFaaBSA + P4 (15 ng/ml in etanolo) + EGF (25 ng/ml) (n=201);

(5) FBS, SOFaaBSA + FBS (5%) (n=197). Al fine di minimizzare l’effetto tossico

dell’etanolo, questo è stato fatto evaporare dalla piastra di coltura prima dell’aggiunta del

terreno. Gli embrioni allo stadio di 8 cellule sono stati coltivati a 38.5°C in aria umidificata

al 5% di CO2. Lo sviluppo embrionale è stato valutato il giorno 6 ed il giorno 8 dopo l’IVF

(giorno 0).

Disegno sperimentale e analisi statistica

Un totale di 1192 embrioni bovini allo stadio di 8 cellule sono stati impiegati per la prova.

L’esperimento è stato condotto in 4 replicati. Le percentuali di morule al giorno 6 e di

blastocisti al giorno 8 sono state calcolate sul numero di embrioni 8 cellule di partenza. I

dati sono stati analizzati mediante test del Chi Quadrato (Statistica for Windows - Stat Soft

Inc., Tulsa, Oklahoma, USA); la significatività è stata considerata per P<0.05.

Risultati

I risultati ottenuti sono riportati in Tabella 1. Non è stata riscontrata alcuna differenza nel

numero di morule tra P4 e controllo, tra P4+EGF e FBS e tra P4+EGF e EGF (P>0.05),

mentre la combinazione P4+EGF è risultata migliore rispetto al P4 da solo (P<0.05). La

percentuale di blastocisti non è stata differente (P>0.05) tra EGF, P4+EGF e FBS. P4 ha

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raggiunto una percentuale di blastocisti maggiore (P<0.05) rispetto al controllo ma

inferiore (P<0.05) a P4+EGF e FBS.

Tabella 1. Sviluppo di embrioni bovini allo stadio di 8 cellule in SOFaaBSA in presenza di

P4, EGF, P4+EGF o FBS.

Terreno IVM N° embr 8-cell N° mor g 6 (%) N° blast g 8 (%)

Controllo 198 73 (36.9)d 46 (23.2)c

P4 198 88 (44.4)c,d 71 (35.9)b

EGF 200 108 (54.0)b,c 87 (43.5)a,b

P4+EGF 201 118 (58.7)a,b 93 (46.3)a

FBS 197 134 (68.0)a 97 (49.2)a

(a,b,c,d) P<0.05

Discussioni

La possibilità di produrre in vitro embrioni bovini di buona qualità senza l’impiego di siero

è di notevole importanza, dal momento che il siero contiene ormoni e fattori di crescita in

quantità variabili e non è quindi possibile controllare l’effetto esercitato da tali sostanze

sullo sviluppo embrionale e le eventuali anomalie di sviluppo fetale riscontrate in embrioni

prodotti in vitro in presenza di siero (Jacobsen et al., 2000). I risultati ottenuti in questo

studio mostrano che è possibile ottenere blastocisti bovine in un sistema di coltura semi-

definito in totale assenza di siero mediante l’aggiunta di P4 ed EGF al terreno di coltura a

partire dallo stadio embrionale di 8 cellule.

Le primi fasi dello sviluppo embrionale avvengono nell’ovidotto; il fluido dell’ovidotto è

una combinazione di secrezioni dell’ovidotto stesso e di una trasudazione elettiva del

plasma (Brackett e Mastroianni, 1974). Estrogeni e progesterone sono i principali ormoni

regolanti la produzione del fluido dell’ovidotto. Nel coniglio le concentrazioni di

progesterone in tale fluido e nel siero non differivano significativamente nel periodo estrale

(Richardson e Oliphant, 1981), come atteso, dal momento che il fluido dell’ovidotto è in

gran parte un trasudato del plasma. Nel criceto, invece, sono state rilevate concentrazioni

più elevate di P4 nel fluido dell’ovidotto rispetto a quelle plasmatiche, probabilmente

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35

correlato al fatto che nel criceto, a differenza del coniglio, è presente una via arterovenosa

locale (Libersky e Boatman, 1995). Nonostante non siano stati trovati dati specifici

riguardanti le concentrazioni di P4 nel fluido dell’ovidotto bovino, è stato ipotizzato che

queste fossero correlate a quelle plasmatiche, e che pertanto il P4 potesse influenzare lo

sviluppo embrionale precoce. I risultati ottenuti in questo studio confermano tale ipotesi,

anche se ulteriori studi sono necessari non solo per determinare il meccanismo d’azione

esercitato dal P4 sull’embrione, ma anche le eventuali concentrazioni ottimali nei diversi

stadi di sviluppo.

Per quanto riguarda l’aggiunta di EGF al terreno da IVC per embrioni allo stadio di 8

cellule, i dati dimostrano un effetto positivo sullo sviluppo embrionale, confermando i

risultati ottenuti in altri studi nei quali l’aggiunta di EGF allo stadio di presunto zigote

aveva migliorato la produzione di blastocisti rispetto al terreno di controllo (Mtango et al,

2003; Sirisathien e Brackett, 2003; Sirisathien et al, 2003) o raggiunto percentuali simili a

quelle del terreno addizionato con FCS (Palsz et al., 2000).

In conclusione, il P4 da solo migliora lo sviluppo embrionale a partire dallo stadio di 8

cellule sino a quello di blastocisti in un sistema di coltura in assenza di siero e l’EGF da

solo permette di ottenere la stessa percentuale di blastocisti del FBS; inoltre, la

combinazione tra P4 ed EGF può essere considerata l’alternativa più adatta al FBS dal

momento che sono stati ottenuti risultati simili sia in termini di morule che di blastocisti.

Pubblicazione: Merlo B, Iacono E, Mari G. Effect of P4 and EGF on in vitro produced 8-

cell bovine embryos in a serum free culture medium. Proceedings of Annual Conference of

the International Embryo Transfer Society (IETS), Kyoto, Japan, 6-10 January 2007.

Reproduction, Fertility and Development 2007, 19(1):211.

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3 – Vitrificazione di blastocisti in paillette o in cryoloop

Introduzione

Le tecniche di crioconservazione sono state messe a punto per limitare la formazione

intracellulare di cristalli di ghiaccio. La prima strategia per ottenere ciò è quella basata

sulla disidratazione, e le curve di raffreddamento sono state ottimizzate per rimuovere

l’acqua dall’embrione prevenendo i danni creati dalla formazione dei cristalli di ghiaccio,

minimizzando contemporaneamente la tossicità chimica e lo stress osmotico derivante

dall’esposizione ad alte concentrazioni di sali. La seconda strategia per evitare la

formazione di cristalli di ghiaccio è la vitrificazione, impiegata per la prima volta da Rall e

Fahy nel 1985 per la crioconservazione di embrioni di mammifero.

Tale tecnica richiede l’utilizzo di soluzioni ad alta viscosità, curve di raffreddamento

rapide, piccoli volumi e l’uso di soluzioni con un’elevata concentrazione di crioprotettori

per determinare uno stato fisico simile al ghiaccio. In questo modo non si formano cristalli

di ghiaccio e non si ha un aumento della concentrazione dei soluti durante il processo di

crioconservazione (Vajta, 2000). Un aspetto che rende interessante della vitrificazione, è

che è una procedura rapida e relativamente poco costosa, inoltre è stato dimostrato essere

vantaggiosa per gli embrioni che hanno una minore resistenza alla crioconservazione,

come quelli prodotti in vitro (Agca et al., 1994).

Sono stati effettuati numerosi studi su diverse formulazioni, metodi e contenitori per la

vitrificazione di embrioni bovini (Massip et al, 1986; Ishimori et al., 1993; Agca et al.,

1994; Kuwayama et al., 1994; Van Wagtendonk-de Leeuw et al., 1997; Sommerfeld e

Niemann, 1999; Vajta et al., 1999; Park et al., 1999; Kim et al., 2004). Lane et al. (1999)

hanno vitrificato blastocisti espanse di bovino in cryoloop, impiegate originariamente per

la vitrificazione di cristalli proteici, al fine di massimizzare la velocità di raffreddamento,

minimizzare i volumi e facilitare le manipolazioni durante la crioconservazione ed il

recupero degli embrioni. Da tale studio è emerso che la vitrificazione di blastocisti espanse

in cryoloop può essere effettuata con successo.

Le cryoloop sono state usate con successo anche per la vitrificazione di blastocisti di topo

(Lane et al., 1999), uomo (Lane et al., 1999; Mukaida et al., 2001), scimmia (Yeoman et

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37

al., 2001) e cavallo (Oberstein et al., 2001). Tuttavia, nonostante il primo successo ottenuto

con la vitrificazione di blastocisti espanse di bovino in cryoloop (Lane et al., 1999), non è

stato effettuato nessuno studio che comparasse tale metodica con le altre usate in questa

specie.

Scopo di questo studio è stato quello di confrontare l’efficacia della vitrificazione di

embrioni bovini in paillette (metodo tradizionale) e in cryoloop.

Materiali e metodi

Tutti i reagenti sono stati acquistati dalla Sigma-Aldrich (St. Louis, MO, USA) se non

specificato.

Recupero degli oociti e maturazione in vitro

Ovaie bovine sono state prelevate al macello e trasportate in soluzione fisiologica a 25°C. I

follicoli sono stati aspirati con un ago da 21 gauge impiegando una pompa d’aspirazione

(75 mmHg) (Cook modello K-MAR-5100) e, dopo ricerca allo stereomicroscopio, sono

stati selezionati gli oociti con almeno tre stati di cellule del cumulo compatte e un

citoplasma omogeneo e sono stati lavati tre volte in HSOF prima di essere coltivati in

pozzetti contenenti 2 ml terreno da maturazione costituito da TCM199 addizionato con

FBS al 10%, 50 ng/ml di EGF, 25 µl/ml di ITS, L-cisteina 1.2 mM, sodio piruvato 1mM,

75 µg/ml di kanamicina e 0.1 UI/ml di FSH-LH suino (Pluset, Laboratorios Calier,

Barcellona, Spain). Gli oociti sono stati maturati per 24 h a 38.5°C in aria umidificata al

5% di CO2.

Fertilizzazione in vitro

Dopo la maturazione gli oociti sono stati lavati tre volte in HSOF e trasferiti in pozzetti

contenenti 0.5 ml di terreno di fertilizzazione costituito da SOFaa addizionato con 6 mg/ml

di BSA, 2 µl/ml di eparina e 20 µl/ml di PHE. La co-coltura col seme è stata effettuata per

18 h a 38.5°C in atmosfera modificata al 5% CO2, 5% O2 e 90% N2.

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38

Per l’esperimento è stato impiegato seme congelato proveniente dallo stesso toro. Una

paillette da 0.5 ml di seme è stata scongelata in acqua a 37°C per 30 sec e gli spermatozoi

motili sono stati selezionati mediante centrifugazione su gradiente discontinuo di Percoll

(45% e 90%) a 2100 rpm per 40 min. Il pellet ottenuto è stato successivamente lavato in

TALP Calcium Free a 1600 rpm per 10 min e risospeso con terreno da IVF in modo da

ottenere una concentrazione finale degli spermatozoi coincubati con gli oociti pari a 0.5 x

106/ml.

Coltura in vitro

Dopo l’IVF le cellule del cumulo sono state rimosse mediante vortecizzazione e i presunti

zigoti, dopo essere stati lavati in HSOF, sono stati coltivati, a 38.5°C in atmosfera

modificata al 5% CO2, 5% O2 e 90% N2, in pozzetti contenenti 0.5 ml di SOFaa

addizionato con 16 mg/ml di BSA per 8 giorni. Al giorno 3 di IVC sono stati individuati

gli embrioni allo stadio di 8 cellule e sono stati coltivati nelle stesse condizioni in terreno

di coltura fresco. Al giorno 6 di coltura sono stati isolati gli embrioni allo stadio di morula

e quindi coltivati nelle stesse condizioni in terreno fresco addizionato col 5% di FBS. Gli

embrioni non vitrificati ed impiegati come controllo sono stati coltivati sino al giorno 9.

Vitrificazione degli embrioni

Al giorno 7 di IVC gli embrioni allo stadio di blastocisti e blastocisti espansa sono stati

tolti dal terreno di coltura, lavati in HSOF e divisi in modo casuale ed equilibrato in due

gruppi per la vitrificazione in paillette o in cryoloop. Gli embrioni sono stati tenuti a

temperatura ambiente (25-28°C) in 2 ml di HSOF fino al momento della vitrificazione. Le

soluzioni di vitrificazione sono state preparate aggiungendo i crioprotettori all’HSOF alle

stesse concentrazioni riportate da Campos-Chillon et al. (2006). Blastocisti e blastocisti

espanse sono state vitrificate a gruppi di 5 trasferendole, in un volume massimo di 1 µl, in

1 ml della prima soluzione di vitrificazione (EG 3.5 M in HSOF) per 3 min e in 10 µl della

seconda soluzione di vitrificazione (EG 7 M, galattosio 0.5 M Ficoll 18% in HSOF) per

circa 20 sec e caricate in paillette o in cryoloop (Hampton Research, Laguna Niguel, CA,

USA).

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39

Nel primo caso, paillette da 0.25 ml sono state pre-caricate con una colonna di 1 cm di

soluzione di diluizione (galattosio 0.5 M in HSOF: D-HSOF), 0.5 cm d’aria, 7 cm di D-

HSOF e 0.5 cm d’aria; le gocce contenenti gli embrioni sono state aspirate nella paillette

(circa 0.5 cm), quindi sono stati aspirati 0.5 cm di aria seguiti da 1 cm di D-HSOF (in

totale 190 µl di D-HSOF). La paillette è stata sigillata mediante calore ed immediatamente

immersa verticalmente in 4 cm di azoto liquido in modo che l’azoto coprisse gli embrioni.

Il resto della paillette è stato poi immerso lentamente. Per il congelamento in cryoloop, gli

embrioni sono stati aspirati nel minor volume possibile, con una pipetta pasteur di vetro

tirata alla fiamma, collocati sull’ansa di nylon della cryoloop, immediatamente immersi in

azoto liquido e chiusi nelle apposite provette. Gli embrioni sono stati conservati in azoto

liquido per almeno una settimana.

Scongelamento e coltura in vitro

Gli embrioni vitrificati in paillette sono stati scongelati in aria (25°C) per 10 sec e poi in

acqua a 35-37 °C per 30 sec.La paillette è stata quindi agitata, per mescolare la goccia

contenente gli embrioni con la colonna di D-HSOF, tagliata ed il contenuto è stato versato

in una capsula petri da 35 mm. Non appena riespansi, gli embrioni sono stati recuperati e

lavati 3 volte in HSOF prima di essere messi in coltura.

Gli embrioni vitrificati in cryoloop sono stati scongelati immergendo la loop in 2 ml di D-

HSOF a 37°C. Gli embrioni sono stati recuperati appena riespansi e lavati 3 volte in HSOF

prima di essere posti in coltura.

La coltura degli embrioni scongelati è stata effettuata in SOFaa contenente 16 mg/ml di

BSA addizionato con il 5% di FBS a 38.5 °C in atmosfera modificata al 5% CO2, 5% O2 e

90% N2.

Colorazione e conteggio delle cellule embrionali

Per l’individuazione delle cellule embrionali vive e morte, è stata impiegata una doppia

colorazione (Kaidi et al., 2001) con 1) PI, che è un marker degli acidi nucleici escluso dalle

cellule intatte, che può entrare solo nelle cellule con integrità di membrana alterata (colore

rosso alla luce UV); e 2) bisbenzimide (Hoechst 33342) che penetra nelle cellule e si lega

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in modo specifico e quantitativo al DNA (colore blu alla luce UV). Nelle cellule con

alterazioni di membrana, la fluorescenza dell’Hoechst è mascherata dal PI, che assorbe tale

energia ed emette luce rossa.

Le blastocisti sono state incubate per 15 min a 38.5°C in PBS contenente 10 µg/ml di PI.

Trascorso tale periodo, gli embrioni sono stati fissati in etanolo al 70% per 5 min e

trasferiti in etanolo contenente 10 µg/ml di Hoechst per 5 min a temperatura ambiente. Gli

embrioni sono stati poi trasferiti in una goccia di glicerolo su un vetrino, coperti con un

coprioggetti ed esaminati al microscopio a fluorescenza.

Disegno sperimentale e analisi statistica

Per l’esperimento sono stati impiegati in totale 301 embrioni allo stadio di blastocisti e

blastocisti espansa. Al momento dello scongelamento gli embrioni sono stati valutati per la

riespansione e i danni alla ZP. Per ogni gruppo, una metà degli embrioni è stata lasciata in

coltura per valutare la percentuale di schiusa, mentre l’altra metà è stata colorata a 6 o 24 h

dallo scongelamento per la conta delle cellule. La percentuale di blastocisti sgusciate è

stata valutata dopo 48 h di coltura post-scongelamento.

I dati riguardanti le ZP danneggiate, gli embrioni riespansi e quelli sgusciati sono espressi

come percentuale e sono stati confrontati mediante test del Chi Quadrato. Il numero di

cellule vive, morte ed il totale sono espressi come media ± deviazione standard e sono stati

confrontati mediante ANOVA. Entrambe le analisi sono state effettuate usando un

pacchetto software (Statistica for Windows - Stat Soft Inc., Tulsa, Oklahoma, USA). La

significatività è stata considerata per P<0.05.

Risultati

La percentuale di riespansione è stata inferiore per le blastocisti vitrificate in paillette

(P<0.05) e la percentuale di blastocisti sgusciate è stata più bassa per il gruppo delle

paillette rispetto al controllo (P<0.05) (Tab. 1).

Per quanto riguarda il numero di cellule, l’unica differenza riscontrata è stata nel maggior

numero di cellule morte a 24 h dallo scongelamento, in entrambe i gruppi di embrioni

vitrificati, rispetto al controllo (P<0.05) (Tab. 2).

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Tabella 1. Percentuali di riespansione e schiusa di embrioni bovini vitrificati dopo 48 h di

coltura post-scongelamento.

Gruppo N° embrioni % ZP danneggiate % riespansi % sgusciati

Paillette 111 6.3 93.7b 41.0b

Cryoloop 100 4.0 100.0a 50.0a,b

Controllo 90 __ __ 68.3a

(a,b) P<0.05

Tabella 2. Numero di cellule vive, morte e totali di embrioni bovini vitrificati dopo 6 e 24

h dallo scongelamento.

6 h post-scongelamento 24 h post-scongelamento

Gruppo N° cell

vive

N° cell

morte

N° cell

totali

N° cell

vive

N° cell

morte

N° cell

totali

Paillette 57.7±8.8 9.1±4.7 66.8±12.3 68.5±9.8 29.6±14.1b 98.1±18.8

Cryoloop 61.0±6.6 9.1±6.3 70.1±10.2 70.8±16.0 22.4±8.0b 93.2±13.9

Controllo 57.9±15.3 6.2±3.4 64.1±15.8 74.0±10.1 5.5±2.8a 79.5±11.5

(a,b) P<0.05

Discussioni

I risultati ottenuti dimostrano che la vitrificazione di blastocisti e blastocisti espanse bovine

in cryoloop permette di ottenere una maggiore percentuale di sopravvivenza e una

percentuale di embrioni che sgusciano in vitro tendenzialmente maggiore rispetto al

metodo convenzionale in paillette.

L’unico studio in cui blastocisti di bovino espanse sono state vitrificate (Lane et al., 1999)

riporta un 80.5% di riespansione e schiusa, rispetto al 100% del controllo. Le percentuali

da noi ottenute sono inferiori, e ciò può essere probabilmente spiegato dal fatto che, nel

nostro studio, sono state impiegate non solo blastocisti espanse ma anche blastocisti,

influenzando così il numero di embrioni che raggiungono la schiusa. La differenza

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percentuale tra controllo ed embrioni vitrificati in cryoloop è comunque simile (circa il

20%) nei due studi.

Nel cavallo (Oberstein et al., 2001) non è stata riscontrata alcuna differenza per numero di

cellule e grado embrionale tra congelamento lento, vitrificazione in OPS e in cryoloop di

embrioni ≤ 300 µm. Anche nel presente studio non è stata riscontrata alcuna differenza nel

numero di cellule vive, morte e totali per gli embrioni vitrificati nei due diversi contenitori.

Il numero di cellule morte a 6 h dallo scongelamento è stato simile tra embrioni vitrificati e

non, ma dopo 24 h di coltura il numero di cellule morte era superiore nelle blastocisti

vitrificate rispetto a quelle non crioconservate, mantenendo comunque un numero simile di

cellule vive.

Le soluzioni di vitrificazione impiegate in questo studio non sono state preparate seguendo

il protocollo impiegato da Lane et al. (1999) nel bovino, ma è stato riadattato quello usato

da Campos-Chillon et al. (2006) per la vitrificazione in paillette, in modo che il contenitore

fosse l’unico fattore di variabilità. Sarebbe comunque interessante valutare i risultati della

vitrificazione nei due diversi contenitori impiegando le soluzioni di vitrificazione secondo

Lane et al. (1999).

La vitrificazione in cryoloop è più semplice e veloce rispetto al metodo in paillette, anche

se, ai fini del trasferimento embrionale, è necessario effettuare le operazioni che

abitualmente si compiono con embrioni congelati in glicerolo, con gli stessi vantaggi e

svantaggi rispetto al trasferimento diretto effettuabile per gli embrioni congelati in EG o

vitrificati in paillette.

In conclusione, blastocisti e blastocisti espanse di bovino possono essere vitrificate con

maggior successo in cryoloop rispetto al metodo convenzionale in paillette, come

supportato da una maggiore percentuale di sopravvivenza e una tendenza a sgusciare in

maggior numero.

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CAVALLO

4 – Produzione in vitro di embrioni a partire da oociti vitrificati prima e dopo IVM e

fertilizzati mediante ICSI

Introduzione

La crioconservazione degli oociti rappresenta uno degli sviluppi più interessanti nel campo

delle tecnologie riproduttive e diventerà un mezzo importante per la creazione di banche di

materiale genetico degli animali domestici (Ledda et al., 2001; Arav et al., 2002).

Nonostante i successi ottenuti in alcune specie, la crioconservazione degli oociti non è

ancora una procedura che permetta di avere l’efficienza raggiunta nel congelamento degli

spermatozoi e degli embrioni (Shaw et al., 2000; Woods et al., 2004). Al fine di poter

crioconservare gli oociti in modo da ottenere una percentuale di sopravvivenza

soddisfacente e una buona competenza di sviluppo, sono state impiegate diverse strategie,

inoltre è stato anche esaminato quale fosse la fase meiotica migliore per la

crioconservazione. Infatti, lo stadio del ciclo cellulare durante la meiosi sembra influenzare

la sopravvivenza degli oociti di mammifero ed i risultati della crioconservazione in seguito

ad una variabilità della sensibilità alle procedure di congelamento. Lo stadio di MII è

quello preferibile per la crioconservazione in quanto presenta una migliore stabilità di

membrana durante le procedure di raffreddamento; al contrario, gli oociti immaturi non

verrebbero direttamente interessati dai problemi concernenti il fuso mitotico allo stadio di

MII in quanto i loro cromosomi sono confinati nel nucleolo (Ledda et al., 2007).

Il congelamento lento tradizionale prevede curve di raffreddamento controllate, con una

riduzione della temperatura tale da permettere scambi di liquido intra ed extracellulare

senza gravi sbalzi osmotici e deformazione delle cellule. Un metodo alternativo al

congelamento lento è rappresentato dalla vitrificazione, nella quale vengono impiegate alte

concentrazioni di crioprotettori e curve di congelamento definite ultrarapide, che portano

alla solidificazione delle soluzioni. Questa tecnica evita la formazione di cristalli di

ghiaccio e i conseguenti danni cellulari (Liebermann et al., 2002).

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Esistono pochi studi sulla crioconservazione di oociti equini (Hochi et al., 1994; Hochi et

al., 1995; Hochi et al 1996; Hurtt et al., 2001; Maclellan et al., 2001; Maclellan et al.,

2002). La percentuale di sopravvivenza dopo congelamento lento (Hochi et al., 1994) o

vitrificazione (Hochi et al., 1995; Hochi et al., 1996; Hurtt et al 2000) è risultata bassa e

solo in due casi è stata ottenuta con successo la fertilizzazione in vitro di oociti equini

crioconservati (Hochi et al., 1994; Maclellan et al., 2001). Maclellan et al. (2002) hanno

riportato la nascita di due puledri da oociti maturati in vivo vitrificati e trasferiti

nell’ovidotto di cavalle inseminate. Fino ad ora non sono stati ancora ottenuti embrioni

equini prodotti in vitro a partire da oociti vitrificati.

In questo studio abbiamo valutato la capacità di sviluppo embrionale in vitro di oociti

equini vitrificati in cryoloop prima e dopo IVM e fertilizzati mediante ICSI.

Materiali e metodi

Tutti i reagenti sono stati acquistati dalla Sigma-Aldrich (St. Louis, MO, USA) se non

specificato.

Recupero degli oociti e maturazione in vitro

Ovaie equine sono state prelevate al macello, nei mesi compresi tra aprile e giugno, e

trasportate in soluzione fisiologica ad una temperatura di 25°C. Per il recupero degli oociti,

follicoli di almeno 0.5 cm di diametro sono stati incisi con una lama da bisturi ed è stato

effettuato lo scraping della parete follicolare con un cucchiaio di Volkmann. Una volta

effettuata la ricerca degli oociti allo stereomicroscopio, solo quelli presentanti un

citoplasma omogeneo e un cumulo compatto sono stati utilizzati per la prova. Gli oociti

selezionati sono stati: 1) vitrificati immediatamente dopo il recupero (PREM) 2) maturati

prima della vitrificazione (POSTM) per 24 h a 38.5°C in aria umidificata al 5% di CO2 in

TCM 199 addizionato con il 10% di FCS, 25 µl/ml di ITS, piruvato di sodio 1mM, 50

ng/ml di EGF, 100ng/ml di IGF1 0.1 UI di FSH e LH suino (Pluset, Laboratorios Calier,

Barcellona, Spain) come riportato da Galli et al. (2002). Gli oociti utilizzati come controllo

(CONTR) sono stati maturati nelle stesse condizioni per 24-26 h prima di essere sottoposti

ad ICSI.

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Vitrificazione e scongelamento degli oociti

La vitrificazione è stata effettuata in 3 passaggi, come descritto da Maclellan et al. (2002),

con la differenza che il terreno base impiegato non è stato il G2 modificato ma HSOF. Gli

oociti sono stati messi a contatto con i crioprotettori in 3 step: 5% dimetilsulfossido

(DMSO, 0.7M) e 5% glicole etilenico (EG, 0.9M) in HSOF per 30 sec; 10% DMSO

(1.4M) e 10% EG (1.8M) in HSOF per 30 sec; 20% DMSO (2.8M), 20% EG (3.6M),

10mg/ml di Ficoll e saccarosio 0.65 M in HSOF per circa 20 sec, prima di essere

posizionati, mediante una pipetta pasteur di vetro tirata alla fiamma, su una cryoloop di

nylon (Hampton Research, Laguna Niguel, CA, USA) ed immediatamente immersi in

azoto liquido. Gli oociti sono stati conservati in azoto liquido per almeno 4 settimane.

Successivamente gli oociti sono stati scongelati immergendo la loop in una soluzione 0.25

M di saccarosio in HSOF e poi passandoli in soluzioni di saccarosio decrescenti (0.188 M

e 0.125 M) per 30 sec ad ogni passaggio. Gli oociti PREM sono stati sottoposti a 24 h di

IVM, quelli POSTM sono stati coltivati 2-3 h dopo lo scongelamento.

Iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo

Gli oociti maturi, come accertato della presenza del primo globulo polare, sono stati

fertilizzati mediante ICSI. Seme di stallone congelato è stato scongelato in acqua a 37°C

per 30 sec e separato su un gradiente discontinuo di Percoll (45-90%). Il pellet è stato

diluito ad una concentrazione di 4 x 106 spermatozoi/ml in SOFaa e successivamente

diluito ulteriormente 1:1 con una soluzione al 12% di polivinilpirrolidone (PVP) in SOFaa

con 6 mg/ml di BSA, 1 µg/ml di eparina e 20 µl/ml di PHE. Gli oociti denudati sono stati

iniettati mediante un micromanipolatore (Narishige, Japan) equipaggiato con

apparecchiatura piezo-elettrica (Prima Tech, Japan) ad un microscopio invertito con piastra

riscaldata. Per l’ICSI, è stato selezionato uno spermatozoo motile nella soluzione

contenente PVP, immobilizzato mediante gli impulsi piezo-elettrici e iniettato

immediatamente nell’oocita. Oociti non vitrificati, maturati nelle stesse condizioni, sono

stati impiegati come controllo. Gli oociti iniettati sono stati coltivati in SOFaa con 16

mg/ml di BSA fino al giorno 9 (giorno 0 = giorno dell’ICSI) a38.5°C in atmosfera

modificata al 5% di CO2, 5% di O2 e 90% di N2.

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Disegno sperimentale e analisi statistica

La vitrificazione è stata condotta in 5 repliche e tutti gli oociti sono stati iniettati lo stesso

giorno. La percentuale di oociti divisi è stata calcolata sul numero di oociti maturi, cioè

quelli iniettati. La percentuale di blastocisti al giorno 9 è stata calcolata sul numero di

oociti divisi dopo ICSI. Per l’analisi statistica dei dati è stato usato il test del Chi Quadrato

(Statistica for Windows - Stat Soft Inc., Tulsa, Oklahoma, USA); la significatività è stata

considerata per P<0.05.

Risultati

I risultati sono riportati nella tabella 1. Gli oociti vitrificati dopo maturazione hanno avuto

una percentuale maggiore di degenerazione (P<0.05) rispetto a quelli vitrificati prima della

maturazione e a quelli di controllo. La percentuale di oociti iniettati, cioè di quelli che

hanno raggiunto lo stadio di MII, non è risultata differente nei tre gruppi, così come la

percentuale di divisione (P>0.05). A causa dei bassi numeri di oociti iniettabili ottenuti in

questo lavoro, la percentuale di blastocisti al giorno 9, calcolata sul numero degli zigoti,

non è stata differente nei tre gruppi (P>0.05).

Tabella 1. Sviluppo embrionale dopo ICSI di oociti equini vitrificati.

Gruppo N. oociti Deg (%) MII (%) Divisi (%) Blast g 9 (%)

PREM 33 12 (36.4)a,b 13 (39.4) 7 (53.9) 1 (14.3)

POSTM 64 25 (39.1)b 21 (32.8) 10 (47.6) 1 (10.0)

CONTR 60 12 (20.0)a 23 (38.3) 17 (73.9) 7 (41.2)

(a,b) P<0.05

Discussioni

Per la prima volta è stata prodotta in vitro una blastocisti equina a partire da oociti

vitrificati. Allo scongelamento nessun oocita ha presentato danni alla zona pellucida e la

percentuale di degenerazione degli oociti immaturi dopo scongelamento non è risultata

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differente rispetto al controllo. La percentuale di degenerazione degli oociti vitrificati dopo

maturazione è risultata invece superiore a quella del controllo; questo dato non conferma

quanto riscontrato da Hurtt et al. (2000) per oociti equini vitrificati in open pulled straws,

in quanto in tale studio non risultava nessuna differenza con il controllo. È da sottolineare

però che, probabilmente, la differenza percentuale riscontrata nello studio di Hurtt et al.

non è risultata significativa per il basso numero di oociti impiegati per l’esperimento,

inferiore al numero di oociti da noi utilizzati. Anche nel presente lavoro la mancata

differenza tra la percentuale di degenerazione nel gruppo di oociti vitrificati pre-

maturazione (36.4%) ed il controllo (20%) è probabilmente dovuta al basso numero di

oociti nel primo dei due gruppi; questo inconveniente si è purtroppo verificato a causa di

alcuni problemi insorti allo scongelamento delle cryoloop di tale gruppo che ha portato alla

perdita di alcuni degli oociti vitrificati.

La percentuale di maturazione, rappresentata dal numero di oociti iniettati, non è stata

differente tra i due gruppi vitrificati ed il controllo, confermando che la vitrificazione non

altera i processi di maturazione nucleare negli oociti immaturi. Per quanto riguarda la

maturazione citoplasmatica, rappresentata dal numero di oociti divisi dopo fertilizzazione

mediante ICSI, non è stata riscontrata differenza nei tre gruppi, anche se è evidente un

trend migliore per gli oociti non vitrificati.

I numeri relativamente bassi di embrioni prodotti non hanno permesso di trovare differenze

nel numero di blastocisti prodotte al giorno 9, nonostante anche in questo caso è visibile un

trend migliore per gli oociti non vitrificati. È comunque da sottolineare il successo ottenuto

in entrambe i gruppi di oociti vitrificati, in quanto non è mai stata prodotta sino ad ora

alcuna blastocisti in vitro a partire da oociti vitrificati e maturati in vitro.

Gli unici puledri nati a partire da oociti vitrificati sono stati ottenuti da trasferimento degli

oociti in salpinge e tali oociti erano stati prelevati mediante aspirazione transvaginale

ecoguidata del follicolo pre-ovulatorio dopo somministrazione di hCG (Maclellan et al.,

2002), quindi l’oocita impiegato era maturato in vivo. La possibilità di produrre in vitro

embrioni equini da oociti immaturi o maturati in vitro potrebbe permettere di sfruttare un

maggior numero di oociti della cavalla donatrice e di ottenere gravidanze mediante l’ET

convenzionale senza che sia praticata alcuna tecnica chirurgica sulla cavalla ricevente.

In conclusione, gli oociti equini possono essere vitrificati con successo in cryoloop, sia

prima che dopo maturazione in vitro, con una buona percentuale di sopravvivenza e

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mantenendo la capacità di sviluppo dopo fertilizzazione, come dimostrato dal

raggiungimento dello stadio di blastocisti.

Ricerca finanziata dal MIUR Cofin PRIN 2003.

Pubblicazione: Merlo B, Iacono E, Colleoni S, Dell'Aquila E, Galli C, Mari G. Embryo

development after ICSI of equine oocytes vitrified before and after IVM. Proceedings of

Annual Conference of the International Embryo Transfer Society (IETS), Copenhagen,

Denmark, 8-12 January 2005. Reproduction, Fertility and Development 2005, 17(1,2):195.

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GATTO

5 – Effetto dell’EGF sulla maturazione nucleare e citoplasmatica di oociti

Introduzione

Nell’ultimo ventennio è stato fatto un notevole progresso nell’ambito della produzione di

embrioni in vitro nel gatto e nei felidi selvaggi. Il gatto domestico è un modello di ricerca

idoneo per i programmi di conservazione delle specie selvatiche, essendo la maggior parte

delle 36 specie di felidi classificate come minacciate, vulnerabili o in pericolo di estinzione

a causa del bracconaggio e della perdita dell’habitat naturale (Nowell e Jackson, 1996).

La maturazione in vitro degli oociti di gatto dipende da diversi fattori quali lo stadio del

ciclo estrale (Donoghue et al., 1993; Spindler e Wildt, 1999), la qualità dei complessi

cumulo-oocita (Wood e Wildt, 1997; Pope et al., 1997), il tempo di coltura (Goodrowe et

al., 1989; Luvoni e Oliva, 1993; Wolfe e Wildt, 1996) e l’aggiunta di ormoni (Pope et al.,

1997; Goodrowe et al., 1991; Wood et al., 1995; Schramm e Bavister, 1995). La

maturazione dell’oocita può essere concettualmente divisa in due processi, quello nucleare

e quello citoplasmatico; il primo è riferito alla ripresa della meiosi e alla progressione alla

metafase II; la maturazione citoplasmatica, invece, è riferita ad altri eventi della

maturazione non direttamente correlati alla progressione meiotica e che preparano l’oocita

alla fertilizzazione e allo sviluppo preimpianto (Eppig et al., 1994; Eppig, 1996). Il

meccanismo coinvolto nella rottura della vescicola germinale e le vie di segnalamento

cellulare che guidano l’oocita alla metafase II in risposta al picco preovulatorio di

gonadotropine non sono del tutto chiari (Eppig, 1999). Ciò nonostante, è stato riscontrato

che l’(EGF promuove la maturazione nucleare negli oociti di uomo (Das et al., 1991),

bovino (Lorenzo et al., 1994) e suino (Singh et al., 1993), e la maturazione citoplasmatica

nel topo (Das et al., 1991), bovino (Kobayashi et al., 1994), suino (Ding e Foxcroft, 1994)

e uomo (Goud et al., 1998). Inoltre, gli effetti benefici dell’EGF sulla maturazione sono

stati riscontrati nel ratto (Dekel e Sherizly, 1985), coniglio (Lorenzo et al., 1996), bufalo

(Chauhan et al., 1999), pecora (Guler et al., 2000) e cavallo (Lorenzo et al., 2002).

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Nel gatto l’EGF è stato utilizzato per la coltura di follicoli preantrali (Jewgenow e Göritz,

1995; Jewgenow, 1996; Göritz et al., 1996) e solo Gömez et al.(2003) hanno impiegato 10

ng/ml di EGF per l’IVM, ma non è stato attualmente effettuato nessuno studio sugli effetti

dell’EGF sulla IVM degli oociti di gatto. Lo scopo di questa ricerca è stato quello di

valutare se la supplementazione di un terreno di maturazione con diverse concentrazioni di

EGF potesse aumentare la maturazione nucleare e citoplasmatica di oociti di gatto e la loro

successiva capacità di sviluppo dopo fertilizzazione in vitro.

Materiali e metodi

Tutti i reagenti sono stati acquistati dalla Sigma-Aldrich (St. Louis, MO, USA) se non

specificato.

Maturazione in vitro degli oociti

Ovaie di gatta, nei diversi stadi del ciclo estrale, sono state prelevate dopo ovariectomia nel

periodo compreso tra febbraio ed aprile, e mantenute in DPBS addizionato con 63 µg/ml di

penicillina G sodica e 70 µg/ml di streptomicina solfato a temperatura ambiente, fino al

momento della raccolta degli oociti. Le ovaie sono state quindi sminuzzate finemente con

una lama da bisturi in una capsula petri da 35 mm e gli oociti sono stati recuperati entro 1-

4 h dall’ovariectomia. Per questo studio sono stati impiegati oociti di I e II grado (Wood e

Wildt, 1997).

Il terreno base per la maturazione è stato il SOFaa addizionato con 5 mg/ml di BSA, 0.1 UI

di FSH-LH suino (Pluset, Laboratorios Calier, Barcelona, Spain), 25 µl/ml di ITS e L-

cisteina 1.2 mM (MSOF). Gli oociti sono stati lavati 3 volte in HSOF e coltivati in 1)

MSOF (controllo) 2) MSOF + 10 ng/ml di EGF (EGF10); 3) MSOF + 25 ng/ml di EGF

(EGF25); 4) MSOF + 50 ng/ml di EGF (EGF50). Gli oociti sono stati messi in piastre 4-

well contenenti il terreno da IVM precedentemente equilibrato (5 oociti per 100 µl) e

coltivati in un incubatore al 5% di CO2 a 38.5°C per 24 h.

Raccolta del seme e fertilizzazione in vitro

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51

Dopo 24 h di maturazione, gli oociti sono stati fertilizzati in vitro con spermatozoi

elettroeiaculati e congelati. Il seme è stato ottenuto e congelato come descritto in

precedenza (Zambelli et al., 2002) e il diluitore per il congelamento è stato addizionato con

l’1% di Equex STM paste (Nova Chemical Sales Inc., Scituate, Ma, USA). Lo

scongelamento del materiale seminale è stato fatto in acqua a 37°C per 30 sec e lavato in

SOFaa addizionato con 6 mg/ml di BSA mediante centrifugazione a 300 g per 5 min. Il

pellet è stato risospeso, la motilità è stata valutata ed il volume della sospensione è stato

aggiustato in modo da ottenere una concentrazione finale di 1.5 x 106 spermatozoi

motili/ml. La sospensione così ottenuta è stata addizionata con 20 µL/ml di PHE e 10

µg/ml di eparina e impiegata per l’inseminazione di 5-10 oociti in microgocce da 100 µl

sott’olio minerale per 18 h a 38.5°C in aria umidificata al 5% di CO2.

Valutazione della maturazione e della divisione

Dopo 18 h di co-coltura con gli spermatozoi, le cellule del cumulo sono state rimosse in

una soluzione di tripsina allo 0.25% per 60 sec. Gli oociti denudati sono stati lavati una

volta in HSOF con FCS al 10% per inattivare la tripsina e due volte in HSOF prima di

essere messi in SOFaa addizionato con 16mg/ml di BSA per la coltura a 38.5 °C in aria

umidificata al 5% CO2. Dopo 12 h di IVC è stata valutata la percentuale di divisione e gli

oociti non divisi sono stati colorati con il fluorocromo Hoechst 33258 (10 µg in 10 ml di

PBS) per 30 min a temperatura ambiente, lavati in PBS e osservati al microscopio a

fluorescenza per determinare la percentuale di maturazione. Solo gli oociti con globulo

polare e metafase II evidenti sono stati considerati maturi. Gli zigoti divisi sono stati

coltivati in SOF da IVC più il 10% di FCS fino al giorno 7 a 38.5 °C in un incubatore al

5% di CO2. Lo sviluppo in vitro è stato valutato il giorno 6 e 7 di coltura (giorno 0 =

giorno della fertilizzazione).

Disegno sperimentale ed analisi statistica

Oociti immaturi di I e II grado provenienti da diverse ovaie sono stati uniti prima di essere

suddivisi equamente e in maniera casuale nei diversi gruppi di maturazione. In totale sono

stati utilizzati 444 oociti e l’esperimento è stato condotto in 8 replicati. La percentuale di

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maturazione è stata definita come il numero di oociti divisi e di quelli non divisi allo stadio

di MII rispetto al numero totale di oociti. Gli oociti che non hanno raggiunto lo stadio di

MII sono stati considerati immaturi, quelli col citoplasma frammentato o senza cromatina

sono stati considerati degenerati. Le percentuali di divisione, di morule-blastocisti al

giorno 6 e di blastocisti al giorno 7 sono state calcolate sul numero totale di oociti. La

maturazione citoplasmatica è stata definita come il numero di zigoti in rapporto al numero

totale di oociti. La capacità di sviluppo è stata definita come il numero di blastocisti

prodotte al giorno 7 rispetto al numero totale di embrioni divisi. I dati sono stati confrontati

mediante test del Chi Quadrato (Statistica for Windows - Stat Soft Inc Tusla USA). La

significatività è stata considerata per P<0.05.

Risultati

La stessa proporzione (P>0.05) di oociti coltivati ha raggiunto la MII indipendentemente

dalle condizioni di IVM. L’incidenza della degenerazione non è stata differente tra i vari

trattamenti (P>0.05). Il numero di oociti divisi è stato maggiore (P<0.05) per EGF25

rispetto a MSOF e EGF50 ma non differente (P>0.05) da EGF10. Sebbene la percentuale

di divisione per EGF 50 non sia risultata differente rispetto al controllo (P>0.05), è stata

inferiore (P<0.05) rispetto gli altri gruppi supplementati con EGF (Tab. 1).

Tabella 1. Risultati dell’IVM di oociti di gatto in presenza di differenti concentrazioni di

EGF.

Terreno IVM N. oociti MII (%) Degenerati (%) Divisi (%)

MSOF 110 74 (67.3) 12 (10.9) 48 (43.6)b,c

EGF10 116 91 (78.5) 13 (11.2) 60 (51.7)a,b

EGF25 104 80 (76.9) 10 (9.6) 64 (61.5)a

EGF50 114 86 (75.4) 11 (9.7) 44 (38.6)c

(a,b) P<0.01, (a,c) P<0.001, (b,c) P<0.05

Il numero totale di embrioni che ha raggiunto almeno lo stadio di morula al giorno 6 di

coltura è stato più alto per EGF25 rispetto a MSOF (P<0.01) e EGF50 (P<0.001) e non

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differente (P>0.05) da EGF10. Inoltre il numero di morule al sesto giorno di coltura è stato

significativamente minore (P<0.05) per EGF50 rispetto a EGF10 e EGF25. Il numero di

blastocisti al giorno 6 è stato più alto (P <0.05) in EGF25 che in EGF50. La produzione di

blastocisti al giorno 7 è stata in assoluto maggiore (P <0.01) per EGF25; rispetto al

controllo, non si è ottenuto nessun miglioramento (P >0.05) aggiungendo 10 ng/ml o 50

ng/ml di EGF al terreno per l’IVM, ma l’aggiunta di 10 ng/ml ha permesso di ottenere un

maggior numero di blastocisti (P<0.05) rispetto all’aggiunta di 50 ng/ml. La percentuale

più alta (P<0.001) di blastocisti rispetto al numero totale di embrioni divisi (capacità di

sviluppo) è stata raggiunta con l’aggiunta di 25 ng/ml di EGF al terreno da IVM. Nessuna

differenza (P>0.05) è stata riscontrata fra gli altri trattamenti e il controllo (Tab. 2).

Tabella 2. Risultati della produzione di embrioni di gatto dopo IVM in presenza di diverse

concentrazioni di EGF.

(a,b)(g,h) P<0.05, (c,d) (d,e) (f,g) (f,h) P<0.01, (c,e) (i,l) P<0.001

Discussioni

Il presente studio è stato il primo a riportare gli effetti dell’aggiunta di EGF durante la

maturazione in vitro di oociti di gatto. I risultati confermano che, anche nel gatto

domestico, l’EGF promuove la maturazione in vitro. La maturazione nucleare, e quindi la

percentuale di oociti che raggiungono lo stadio di MII, non è stata migliorata dall’aggiunta

di EGF a nessuna delle concentrazioni considerate, a differenza di quella citoplasmatica.

L’EGF ha migliorato la capacità di divisione degli oociti di gatto in maniera dose-

correlata: l’aggiunta di 25 ng/ml di EGF ha permesso di ottenere i migliori risultati, 10

ng/ml risultati intermedi mentre 50 ng/ml può essere considerato un dosaggio troppo alto

Giorno 6 Giorno 7 IVM

Mor (%) Blast (%) Totale (%) Blast (%) Bl/divisi (%)

MSOF 26 (23.6)a,b 11 (10.0)a,b 37 (33.6)d,e 17 (15.5)g,h 17/48 (35.4)l

EGF10 38 (32.8)a 15 (12.9)a,b 53 (45.7)c,d 25 (21.6)g 25/60 (41.7)l

EGF25 37 (35.6)a 20 (19.2)a 57 (54.8)c 39 (37.5)f 39/64 (60.9)i

EGF50 22 (19.3)b 11 (9.7)b 33 (29.0)e 13 (11.4)h 13/44 (29.5)l

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per esercitare un effetto positivo. Inoltre in questo lavoro è stato dimostrato che l’aggiunta

di 25 ng/ml di EGF al terreno di maturazione ha aumentato significativamente la

produzione di blastocisti e la capacità di sviluppo degli oociti di gatto.

I componenti dei terreni e le condizioni di coltura possono influenzare ed anche modulare

la regolazione meiotica degli oociti dei mammiferi (Downs e Mastropolo, 1997; Kito e

Bavister, 1996). Ne consegue quindi che è necessario ottimizzare i sistemi di coltura

tenendo conto di tutti i fattori essenziali per il completamento della maturazione dell’oocita

in vitro. L’aggiunta di un fattore di crescita al terreno di maturazione per migliorare l’IVM

nel gatto è stata riportata solo da Schramm e Bavister (1995) e da Gömez et al. (2003). Il

GH non ha aumentato la capacità di sviluppo dopo IVF di oociti di gatto maturati in vitro

(Schramm e Bavister, 1995), mentre le percentuali di IVM sono risultate migliori dopo

l’aggiunta di IGF-I ad oociti di I e II grado (Gömez et al., 2003). È stato dimostrato che

l’EGF controlla la crescita e la maturazione dell’oocita in diverse specie, ma non è stato

trovato nessun articolo riguardo l’effetto sulla maturazione in vitro degli oociti di gatto.

L’aggiunta di 50 ng/ml di EGF ad un terreno di maturazione in assenza di siero ha

stimolato la maturazione nucleare in oociti equini (Lorenzo et al., 2002). Nel coniglio è

stato ottenuto un incremento nel numero di oociti che raggiungono la MII in presenza di

differenti concentrazioni di EGF, e la più efficace è risultata essere 10 ng/ml (Lorenzo,

1996). Nel bovino la presenza di solo EGF durante l’IVM ha permesso di aumentare la

percentuale di oociti che raggiungono lo stadio di blastocisti dopo IVF e IVC (Lonergan et

al., 1996). Nel bufalo la supplementazione del terreno da IVM con 20 ng/ml di EGF ha

aumentato l’espansione del cumulo, la maturazione nucleare e la divisione post-

fertilizzazione, ma non il successivo sviluppo embrionale di oociti con cumulo (Chauhan et

al., 1999). Nel presente studio sono stati utilizzati solo oociti circondati da cumulo (I e II

grado (Wood e Wildt, 1997)) e l’EGF, similmente a quanto riportato per oociti umani con

cumulo (Goud et al., 1998), ha aumentato la maturazione citoplasmatica, con un risultato

migliore ad una concentrazione di 25 ng/ml, ma non la maturazione nucleare. Goud et al.

(1998) hanno riscontrato che non c’era alcun effetto positivo dell’EGF sul numero di oociti

umani col cumulo che raggiungono lo stadio di MII in coltura. Tuttavia, un effetto positivo

dell’EGF su oociti con cumulo è stato evidente alla fertilizzazione dopo ICSI. Un numero

relativamente più alto di oociti ha avuto una fertilizzazione normale nel gruppo

supplementato con EGF rispetto agli oociti non supplementati (Goud et al., 1998). Un

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numero maggiore di oociti coltivati in assenza di cellule del cumulo ha completato la

maturazione nucleare nel terreno supplementato con EGF rispetto agli oociti coltivati senza

(Goud et al., 1998), quindi è stato ipotizzato che la mancanza di un effetto positivo

dell’EGF sulla maturazione nucleare di oociti con cumulo potesse essere dovuta all’azione

positiva delle gonadotropine attraverso le cellule del cumulo anche in assenza di EGF

supplementare (Prin et al., 1987).

In questo studio la percentuale di maturazione nel gruppo supplementato con 50 ng/ml di

EGF non è stata diversa da quella ottenuta negli altri gruppi. Tuttavia, anche se la

percentuale di divisione e la produzione di blastocisti non è stata significativamente

differente dal controllo, tali valori sono stati inferiori rispetto a quelli ottenuti nei gruppi

supplementati con 10 e 25 ng/ml di EGF. Ciò potrebbe suggerire che concentrazioni troppo

alte di EGF durante l’IVM potrebbero aver esercitato un effetto dannoso piuttosto che

positivo sulla maturazione citoplasmatica degli oociti di gatto. L’aggiunta di EGF ad un

terreno per IVM in assenza di siero ha migliorato la percentuale di maturazione nucleare,

valutata con il raggiungimento della MII, di oociti bovini con cumulo solo alla

concentrazione di 30 ng/ml, mentre non sono state riscontrate differenze a 10 e 50 ng/ml

(Park et al., 1997). In un altro studio dove sono state valutate diverse concentrazioni di

EGF (5, 10, 30 e 50 ng/ml) aggiunte a SOF-BSA in assenza di gonadotropine, è stato

riscontrato che non c’erano differenze significative tra i gruppi e il controllo (oociti

coltivati solo nel terreno di maturazione) nella percentuale di divisione. Tuttavia, la

proporzione di morule e blastocisti ottenute dagli oociti maturati con 30 ng/ml di EGF era

significativamente aumentata rispetto quella ottenuta a partire dagli oociti maturati nelle

altre condizioni (Ali e Sirard, 2002).

I meccanismi ovarici ed intrafollicolari per la regolazione della crescita e maturazione

oocitaria sono complessi. Il meccanismo mediante il quale i fattori di crescita regolano o

modulano la ripresa della meiosi negli oociti può essere mediato attraverso le cellule del

cumulo e/o della granulosa (Dekel e Sherizly, 1985; Brucker et al., 1991) . La tirosina

chinasi intrinseca dei recettori per l’EGF è attivata dal legame dell’EGF, comportando

l’autofosforilazione dell’EGF-R e la conseguente fosforilazione tirosinica di numerosi

substrati all’interno della cellula (Carpenter e Cohen, 1990). Parecchi esperimenti con

bloccanti della tirosina chinasi hanno indicato il coinvolgimento della tirosina chinasi

nell’azione dei fattori di crescita sulla maturazione di oociti suini (Inoue et al., 1995; Jung,

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et al., 1993). Nel cavallo e nella pecora è stata recentemente dimostrata la presenza di

EGF-R nel tessuto ovarico e che l’EGF ha una ruolo fisiologico nella regolazione della

maturazione degli oociti attraverso la via della tirosina chinasi (Lorenzo et al., 2001). In

uno studio riguardante l’impatto dell’EGF su follicoli preantrali di gatto coltivati, i risultati

hanno indicato che l’EGF aumenta la percentuale di proliferazione delle cellule della

granulosa (Jewgenow e Göritz, 1995). Osservazioni riguardanti l’effetto dell’EGF su

piccoli follicoli di gatto hanno supportato il sospetto che l’EGF moduli la differenziazione

ma non sia mitogeno per i follicoli preantrali (Jewgenow, 1996). La prima descrizione

dell’EGF nei felidi fu fatta da Göritz et al. (1996). La presenza di EGF nelle ovaie feline fu

esaminata in due modi differenti: localizzazione e misura dell’EGF, e rilevamento dei siti

leganti l’EGF. Siti specifici leganti l’EGF sono stati rilevati sulle cellule della granulosa di

follicoli primari, secondari e terziari e sulle cellule delle ghiandole interstiziali. È stato

quindi dedotto che l’EGF abbia un ruolo importante nella follicologenesi ovarica nel gatto.

Durante la fase di crescita esso agisce come fattore mitogeno inducendo la proliferazione

delle cellule della granulosa, mentre nei follicoli antrali regola la differenziazione delle

cellule della granulosa e la maturazione degli oociti (Göritz et al., 1996). Il nostro studio

conferma che l’EGF regola la maturazione degli oociti di gatto. Altri esperimenti sono

necessari per indagare i meccanismi stimolatori dell’EGF sulla maturazione di oociti felini.

La capacità degli oociti di gatto di raggiungere la maturazione in vitro è circa del 50-60% e

solo il 50% di questi è in grado di essere fertilizzato in vitro (Wood et al., 1995). In questo

studio la supplementazione del terreno da IVM con 25 ng/ml di EGF ha permesso di

ottenere una percentuale di divisione del 61.5% (80.0% degli oociti maturi) e una

produzione di blastocisti del 37.5%. Questi risultati sono incoraggianti e l’aggiunta di EGF

al terreno di maturazione potrebbe essere impiegata per migliorare le tecniche di

riproduzione assistita non solo nel gatto domestico ma anche nelle specie feline non

domestiche a rischio di estinzione. In conclusione, l’EGF non ha indotto un aumento della

maturazione nucleare ma ha aumentato la maturazione citoplasmatica e la capacità di

sviluppo di oociti di gatto, come dimostrato dal miglioramento della fertilizzazione e del

conseguente sviluppo embrionale in vitro.

Pubblicazione: Merlo B, Iacono E, Zambelli D, Prati F, Belluzzi S. Effect of EGF on in

vitro maturation of domestic cat oocytes. Theriogenology 2005, 63(7):2032-2039.

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6 – Produzione in vitro di blastocisti di sesso predeterminato impiegando seme sessato

Introduzione

Il gatto domestico è un modello di ricerca idoneo per i programmi di conservazione delle

specie selvatiche, dal momento che la maggior parte delle 36 specie di felidi sono

classificate come minacciate, vulnerabili o a rischio di estinzione a causa del bracconaggio

o per la perdita dell’habitat naturale (Nowell e Jackson, 1996). Inoltre, la richiesta di

riproduzione assistita da parte degli allevatori di gatti è in aumento, in seguito alle ridotte

variazioni genetiche nelle razze allevate (Axner e Linde-Forsberg, 2002). La possibilità di

ottenere cucciolate di sesso predeterminato sarebbe un considerevole vantaggio sia per

l’allevamento felino che per il recupero dei felidi selvatici.

Attualmente, l’unico metodo efficace ed affidabile per ottenere una pre-selezione del sesso

prima del concepimento necessita della separazione degli spermatozoi X da quelli Y,

seguita dal loro impiego per l’IA o l’IVF con successivo ET (Maxwell et al., 2004).

Impiegando la citofluorimetria sono ottenibili popolazioni di spermatozoi X e Y con una

purezza superiore al 90%. Il metodo si basa sulla colorazione degli spermatozoi con un

fluorocromo che si lega al DNA, l’Hoechst 33342, e sulla separazione citofluorimetrica di

questi in due popolazioni arricchite in cellule X o Y sulla base della differenza nel

contenuto di DNA (Garner, 2006). La rianalisi di una parte degli spermatozoi sortati

usando il citofluorimetro è il metodo standard per la validazione dell’accuratezza del

sortaggio (Welch e Johnson, 1999). L’amplificazione del DNA mediante PCR e FISH di

una singola cellula sono altre tecniche impiegate per verificare l’avvenuto sessaggio

(Welch et al., 1995; Kawarasaki et al., 1998).

La produzione di prole di sesso predeterminato derivata da spermatozoi sessati in

combinazione ad altre tecnologie riproduttive quali l’IVM, l’IVF, l’IVC e l’ET è stata

raggiunta in diverse specie (bovino: Cran et al., 1993; Cran et al., 1994; pecora: Catt et al.,

1996; suino: Rath et al., 1997; uomo: Levinson et al., 1995; Fugger et al., 1998). Nel gatto,

le uniche blastocisti prodotte in vitro usando spermatozoi sortati col citofluorimetro

provengono dal nostro laboratorio (Zambelli et al., 2006).

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La PCR di sequenze sesso-specifiche del DNA è stata utilizzata per determinare il sesso

embrionale in parecchie specie animali (Machaty et al., 1993; Pomp et al., 1995; Greenlee

et al., 1998; Manna et al., 2003; Mara et al., 2004). Il sesso è determinato mediante

l’amplificazione con PCR di due geni. Il metodo si basa sulla presenza (se maschio) o

assenza (se femmina) di un amplicone affine alla sequenza specifica per il cromosoma Y

(SRY) e sulla presenza di un frammento di PCR affine a sequenze omologhe sui

cromosomi Y (ZFY) e X (ZFX) come controllo positivo della PCR. Fino ad oggi non è

stato pubblicato alcun metodo per il sessaggio di embrioni di gatto mediante PCR.

Gli scopi della ricerca sono stati quelli di valutare la possibilità di produrre in vitro

embrioni di gatto a partire da oociti maturati e fertilizzati in vitro con spermatozoi sortati

mediante citofluorimetro e di verificare tramite l’impiego della PCR il sesso degli embrioni

ottenuti dagli spermatozoi X e Y.

Materiali e metodi

Tutti i reagenti sono stati acquistati dalla Sigma-Aldrich (St. Louis, MO, USA) se non

specificato.

Raccolta del seme e preparazione

Gli eiaculati di 10 gatti domestici, di età compresa tra i 2 e i 5 anni, sono stati raccolti

mediante elettroeiaculazione (col permesso del Comitato Etico per la Ricerca) come

descritto in precedenza (Howard et al., 1990). Ciascun gatto è stato sottoposto a due

raccolte consecutive e gli eiaculati sono stati uniti. Il volume è stato determinato con una

pipetta e la concentrazione è stata valutata utilizzando una camera di Bürker. La motilità è

stata determinata soggettivamente osservando il seme ad un microscopio a contrasto di fase

ad ingrandimento 400X. La motilità progressiva è stata annotata impiegando una scala da 0

a 5 (0= nessun movimento progressivo e 5= progressione in avanti, rettilinea e rapida)

(Howard et al, 1986).

Nell’esperimento I gli eiaculati sono stati divisi in due parti, la prima è stata sortata

mediante citofluorimetro, mentre la seconda è stata usata come controllo (non sortato).

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59

Nell’esperimento II l’intero eiaculato è stato sortato e gli spermatozoi X e Y sono stati

usati separatamente per l’IVF.

Aliquote di seme diluito a 100 x 106 spermatozoi/ml in TRIS-glucosio-citrato sono state

colorate con Hoechst 33342 per 1 h a 35°C al buio mantenendo una proporzione di 1 µl

Hoechst (5 mg/ml soluzione stock) ogni 10 x 106 spermatozoi.

Subito prima del sortaggio è stato aggiunto un colorante alimentare (FD&C#40, Warner

Jenkinson, St.Louis, MO, USA) in proporzione di 0.1 µl di soluzione stock (25 mg/ml)

ogni 10 x 106 spermatozoi, per smorzare la fluorescenza dell’Hoechst 33342 negli

spermatozoi con le membrane danneggiate in modo da escluderli dal sortaggio. I campioni

quindi sono stati filtrati attraverso un filtro di nylon con una porosità di 60 µm per

rimuovere i detriti o gli spermatozoi agglutinati.

Sortaggio

È stato utilizzato un citofluorimetro sorter MoFlo SX® (DakoCytomation Inc., Fort

Collins, CO, USA) dotato di un laser argon (lunghezza d’onda 351 a 150 mW), modificato

appositamente per il sortaggio degli spermatozoi (Johnson e Pinkel, 1986; Johnson e

Welch, 1999). Come sheath fluid è stato utilizzato DPBS. La pressione dello sheath fluid è

stata settata a 40 psi ed il numero di eventi processati al secondo è stato regolato su circa

15000 cellule. Gli spermatozoi sortati sono stati deviati in provette di polipropilene

contenenti 500 µl di una soluzione tampone al 2% di Tes-Tris-uovo (Johnson, 1991).

Nell’esperimento I gli spermatozoi sono stati sortati senza considerare il loro diverso

contenuto in DNA ma sottoposti alle stesse condizioni di quelli sessati per la separazione

in X e Y, incluso lo scarto degli spermatozoi con le membrane danneggiate.

Nell’esperimento II lo sperma è stato separato in due popolazioni arricchite di cellule X o

Y.

Maturazione, fertilizzazione degli oociti e coltura degli embrioni

Gli oociti di gatto sono stati raccolti da ovaie ottenute dopo ovariectomia di 20 gatte

domestiche, di età compresa tra 1 e 5 anni, nel periodo compreso tra febbraio ed aprile. Le

ovaie sono state sminuzzate finemente con una lama da bisturi in una piastra Petri da 35 x

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60

0.7 mm contenente 2 ml di HSOF e sono stati raccolti gli oociti di I e II grado (Wood e

Wildt, 1997). Dopo tre lavaggi in HSOF, gli oociti sono stati maturati in un incubatore al

5% di CO2 a 38.5°C per 24 h in SOFaa contenente 5 mg/ml di BSA, 0.1 UI di FSH-LH

suino (Pluset, Laboratorios Calier, Barcelona, Spain), 25 ng/ml di EGF, 25 µl/ml di ITS e

L-cisteina 1.2 mM.

I campioni di seme sortato e non sono stati centrifugati a 300 g per 8 min e risospesi in

SOFaa supplementato con 6 mg/ml di BSA, 20 µl/ml di PHE e 10 µg/ml di eparina in

modo da ottenere una concentrazione finale di 1x106 spermatozoi motili/ml. Per

l’inseminazione, 5-10 oociti sono stati co-coltivati sott’olio minerale in microgocce da 100

µl di sospensione di seme per 18 h a 38.5°C in aria al 5% di CO2. Trascorso tale periodo, le

cellule del cumulo sono state rimosse in una soluzione allo 0.25% di tripsina per 60 sec.

Gli oociti sono stati poi lavati una volta in HSOF al 10% di FCS per inattivare la tripsina e

due volte in HSOF prima di essere messi in SOFaa addizionato con 16mg/ml di BSA per la

coltura a 38.5 °C in aria al 5% CO2. Dopo 12 h di IVC, è stata valutata la percentuale di

divisione embrionale e gli zigoti sono stati coltivati sott’olio in microgocce da 100 µl di

medium da coltura fresco addizionato con FCS al 10% fino al giorno 7. Lo sviluppo

embrionale è stato valutato il giorno 6 (giorno 0 = giorno della fertilizzazione) e

nuovamente il giorno 7.

Gli embrioni che hanno raggiunto lo stadio di morula-blastocisti nell’esperimento II sono

stati analizzati mediante PCR per la determinazione del sesso, come di seguito riportato.

Sessaggio embrionale

Gli embrioni allo stadio di morula-blastocisti sono stati trattati con pronase (1mg/ml in

PBS modificato contenente lo 0.4% di BSA) al fine di rimuovere la zona pellucida, poi

sono stati lavati due volte in PBS e trasferiti individualmente in provette contenenti 15 µl

di acqua Molecular Biology grade. I blastomeri sono stati lisati tramite riscaldamento a

95°C per 10 min e successivo congelamento (in azoto liquido). La procedura di lisi è stata

ripetuta due volte. I campioni sono stati quindi sottoposto a reazione di amplificazione

(PCR); campioni di DNA genomico purificato dal sangue venoso utilizzando un Kit

Qiagen sono stati utilizzati come controlli positivi della reazione di PCR.

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L’amplificazione dei geni ZFX/ZFY è stata fatta usando primers specifici come riportato

da Pomp et al. (1995) (Tab. 1). Il prodotto della PCR (446bp) era atteso sia nei maschi che

nelle femmine. I primers utilizzati per l’amplificazione del gene SRY (Tab. 1) sono stati

disegnati usando il Beacon Designer 2.07 Software (Premier Biosoft International, Palo

Alto, CA, USA), sulla base della sequenza Felis Catus (AN: AY424645). Il prodotto (132

bp) era atteso solo nei maschi. Tutte le reazioni di amplificazione sono state effettuate in

un volume totale di 25 µl contenente 7 µl di lisati embrionali o 10 ng di DNA genomico

(controllo positivo), 1.75 µM di MgCl2, 200 mM di ciascun dNTP, 1.5 U diTaq Platinum

Polymerase (Invitrogen, Paisley, UK), 1X PCR Buffer (Invitrogen) e 0.4 µM di ogni

primer per le sequenze ZFX/ZFY e la regione SRY. L’amplificazione è stata effettuata per

40 cicli a 94°C per 1 min, 55°C per 1 min, 72°C per 1 min. Nel primo ciclo la

denaturazione è avvenuta a 95°C per 2 min. I prodotti dell’amplificazione (15 µl) sono stati

analizzati su gel di agarosio al 2% colorato con etidio bromuro e visualizzato sotto luce

UV.

La presenza di una sola banda (447bp), corrispondente all’amplificazione sui geni

ZFX/ZFY, dimostrava che il campione derivava da un embrione di sesso femminile,

mentre la presenza anche della seconda banda (132bp), corrispondente alla sequenza del

cromosoma Y, indicava che il campione derivava da un embrione di sesso maschile.

Tabella 1. Sequenze dei primers senso e antisenso e lunghezza dei prodotti della PCR.

Primer Sequenza (5’-3’) Lunghezza del

prodotto (bp)

ZFX/ZFY Senso: ATAATCACATGGAGAGCCACAAGCT

Antisenso: GCACTTCTTTGGTATCTGAGAAAGT 443

SRY Senso: AGGACGGCTGTACGAAGG

Antisenso: GACTGTCTTGGAGGGTTGTG 132

Disegno sperimentale e analisi statistica

Esperimento I

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Al fine di verificare la capacità di produrre embrioni di gatto con spermatozoi sortati,

oociti di grado I e II, recuperati da diverse ovaie e maturati in vitro, sono stati uniti e poi

distribuiti in maniera casuale e in eguali proporzioni nei due gruppi di IVF (con seme

sortato o non sortato). In tutto sono stati impiegati 224 oociti e 6 eiaculati. La percentuale

di divisione embrionale, di morule e blastocisti al giorno 6 e di blastocisti al giorno 7 sono

state calcolate in rapporto al numero totale di oociti coltivati. I dati sono stati analizzati

mediante test del Chi Quadrato (Statistica for Windows - Stat Soft Inc Tulsa, Oklahoma,

USA). La significatività è stata considerata per P < 0.05.

Esperimento II

Un totale di 84 oociti di I e II grado maturati in vitro sono stati fertilizzati con spermatozoi

X e Y sessati mediante citofluorimetro (4 eiaculati) al fine di ottenere embrioni di sesso

predeterminato.

I dati ottenuti dalla valutazione del seme (volume concentrazione, motilità totale e

progressiva) sono espressi come media ± deviazione standard.

Risultati

Il volume medio degli eiaculati è stato 66.7 ± 34.5 µl, la concentrazione 436.9 ±

316.7x106/ml, la motilità totale 72.2 ± 12.5 % e la motilità progressiva 4.7 ± 0.7%.

I dati ottenuti dall’esperimento I sono mostrati nella Tabella 2. Nessuna differenza

statisticamente significativa è stata trovata nella percentuale di divisione, di morule-

blastocisti al giorno 6 e nella percentuale di blastocisti al giorno 7 impiegando seme sortato

o non sortato per l’IVF (P>0.05).

Tabella 2. Produzione di embrioni in vitro usando seme di gatto sortato o non

(Esperimento I).

Seme N. oociti Divisi (%) Mor-blast g 6 (%) Blast g 7 (%)

Sortato 109 48 (44.0) 29 (26.6) 18 (16.5)

Non sortato 115 53 (46.1) 34 (29.6) 19 (16.5)

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Nell’esperimento II la percentuale di divisione, di morule-blastocisti al giorno 6 e la

percentuale di blastocisti al giorno 7 sono state rispettivamente 16/42 (38.1%), 14/42

(33.3%) e 6/42 (14.3%) per il gruppo di spermatozoi X e 18/42 (42.9%), 10/42 (23.8%) e

6/42 (14.3%) per il gruppo di spermatozoi Y.

Dei 24 embrioni che hanno raggiunto lo stadio di morula/blastocisti, 21 (87.5%) erano del

sesso desiderato. In particolare 12 dei 14 (85.7%) embrioni derivati da spermatozoi X

erano femmine e 9 dei 10 (90%) embrioni derivati da spermatozoi Y erano maschi (Fig. 1).

Figura 1. Determinazione del sesso di embrioni di gatto ottenuti con seme sessato mediante

sperm sorter (Esperimento II): gel rappresentativo dei prodotti SRY e ZFX-ZFY della

PCR, rispettivamente 132 e 443 bp. Pozzetti 1, 9: 100bp DNA size marker; pozzetti 2-7:

embrioni presunti maschi: tutti erano del sesso atteso (tutti i campioni hanno mostrato sia I

prodotti sia SRY che ZFX-ZFY della PCR); pozzetto 8: controllo negativo della PCR;

pozzetti: embrioni presunti femmine: tutti erano del sesso atteso (è presente solo il prodotto

ZFX/ZFY della PCR) con l’eccezione del campione nel pozzetto 14 nel quale era presente

solo il prodotto SRY della PCR.

Discussioni

In questo studio è stata esaminata la possibilità di produrre embrioni felini a partire da

oociti di gatto maturati e fertilizzati in vitro con spermatozoi sortati col citofluorimetro. Il

sesso degli embrioni ottenuti dagli spermatozoi sessati X e Y è stato determinato mediante

PCR.

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Il seme sessato è stato impiegato con successo in sistemi di IVF in diverse specie (Rath et

al., 1999; Lu et al., 1999; Gurthrie et al., 2002; Zhang et al., 2003; Spinaci et al., 2005;

Morton et al., 2005; Xu et al., 2006; Wilson et al., 2006). La mancanza di differenze

significative nella percentuale di blastocisti ottenute nell’Esperimento I con seme sortato o

non, conferma i nostri dati precedenti (Zambelli et al., 2006) indicando che il seme di

gatto, dopo l’intera procedura di sortaggio, mantiene una buona capacità fertilizzante e che

può essere impiegato per una soddisfacente produzione in vitro di embrioni di gatto.

L’efficacia del sessaggio dello sperma mediante la citofluorimetria a flusso dipende non

solo dalle differenze relative nel contenuto di DNA, ma anche dalla capacità di orientare in

maniera precisa le teste degli spermatozoi rispetto al raggio laser e ai rivelatori ottici

(Garner, 2006; Johnson, 2000). Gli spermatozoi di gatto, avendo teste abbastanza tonde,

tendono a non essere facilmente orientabili nel flusso idrodinamico dello sperm sorter.

Inoltre deve essere sottolineato che, essendo piccolo il volume di eiaculato di gatto e basso

il numero di spermatozoi disponibili, non è stato possibile testare il rapporto più idoneo

Hoechst 33342/numero di spermatozoi per ogni eiaculato, come può essere fatto per altre

specie, al fine di ottenere la migliore risoluzione. Come conseguenza di tali fattori, è stato

possibile sessare solo il 5-10% degli spermatozoi.

La validazione di laboratorio standard per l’accuratezza del sortaggio per la separazione

degli spermatozoi X e Y è la rianalisi del materiale sortato (Welch e Johnson, 1999).

Usando la rianalisi del materiale sortato, circa 5 x 105 spermatozoi per ciascun campione

sessato vengono rianalizzati, ma non risortati, mediante il citofluorimetro dopo un ulteriore

breve periodo di incubazione con Hoechst 33342 e dopo sonicazione, al fine di rimuovere

le code per migliorare l’orientamento. Ovviamente questi spermatozoi sono persi dal punto

di vista funzionale. Avendo a disposizione un basso numero di spermatozoi sessati, sono

stati impiegati tutti per l’IVF in modo da ottenere blastocisti di sesso predeterminato.

L’85.7% e il 90% delle blastocisti ottenute inseminando oociti maturati in vitro

rispettivamente con popolazioni di seme X e Y erano del sesso desiderato; queste

percentuali sono simili a quelle ottenute da Puglisi et al. (2006) nella specie bovina. Questo

è il primo rapporto di produzione in vitro di blastocisti di gatto di sesso predeterminato

usando seme sessato citofluorimetricamente. Questi risultati sono inoltre una convalida

indiretta dell’accuratezza del sortaggio e suggeriscono una potenziale elevata purezza di

sessaggio degli spermatozoi di gatto.

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In conclusione, anche se sono necessari ulteriori studi per ottimizzare la procedura di

sortaggio del seme in questa specie, i risultati ottenuti mostrano che spermatozoi sessati di

gatto, ottenuti mediante sperm sorter ad alta velocità, possono essere impiegati con

successo per la produzione in vitro di embrioni del sesso desiderato. Dal momento che il

gatto è un buon modello per gli altri felidi, i risultati incoraggiano l’impiego di seme

sessato per i programmi di conservazione delle specie feline esotiche in via di estinzione.

Gli autori ringraziano la “Società Italiana Produttori Sementi” .

Pubblicazione: Spinaci M, Merlo B, Zannoni A, Iacono E, De Ambrogi M, Turba ME,

Zambelli D. In vitro production of cat blastocysts of predetermined sex using flow

cytometrically sorted semen. Theriogenology 2007, 67:872-877.

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7 – Blastocisti prodotte in vitro a partire da oociti vitrificati

Introduzione

La crioconservazione dei gameti è un mezzo importante nei programmi di riproduzione

assistita, infatti la conservazione a lungo termine di oociti o spermatozoi è necessaria

quando l’IVF o l’IA devono essere effettuate in un momento futuro. Quando le distanze

geografiche o temporali tra i donatori comportano una asincronia della disponibilità di

gameti maschili e femminili, la crioconservazione è l’unica opzione (Luvoni, 2006).

Le procedure di crioconservazione sono state stabilite sulla base delle caratteristiche

fisiche cellulari al fine di mantenere la vitalità e limitare i danni di membrana che possono

avvenire durante l’esposizione a tali condizioni non fisiologiche, come temperature al di

sotto dello zero, la formazione di ghiaccio e alte concentrazioni di soluti (Parks, 1997).

Gli oociti di gatto hanno particolari caratteristiche fisiche che aumentano la difficoltà di

sviluppo di metodi efficienti di crioconservazione rispetto ad altre specie, infatti l’oocita di

gatto ha un elevato numero di gocce lipidiche nell’ooplasma (Guraya, 1965) per cui la

permeabilità ai crioprotettori può essere inferiore rispetto a quella di oociti di altre specie

dove sono stati ottenuti dei nati dopo trasferimento di embrioni derivanti da oociti

congelati (Massip, 2003; Van der Elst, 2003). Proprio per tali difficoltà, nel gatto sono

riportati solo due studi sulla crioconservazione degli oociti. Nel primo (Luvoni e Pellizzari,

2000), oociti maturi e immaturi sono stati crioconservati mediante congelamento lento.

Dopo scongelamento gli oociti sono stati fertilizzati in vitro con spermatozoi epididimali,

ma non è stato possibile ottenere blastocisti. Nel secondo studio (Murakami et al., 2004),

oociti maturi di gatto sono stati vitrificati in paillette e, dopo IVF con spermatozoi

epididimali congelati, sono state ottenute le prime due blastocisti.

Lo scopo di questo studio è stato quello di valutare l’efficacia della vitrificazione di oociti

di gatto in cryoloop e di valutare lo sviluppo embrionale dopo IVF con seme di gatto

ottenuto mediante elettroeiaculazione e congelato.

Materiali e metodi

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Tutti i reagenti sono stati acquistati dalla Sigma-Aldrich (St. Louis, MO, USA) se non

specificato.

Maturazione in vitro degli oociti

Ovaie di gatta, nei diversi stadi del ciclo estrale, sono state prelevate dopo ovariectomia nel

periodo compreso tra ottobre e la prima settimana di febbraio. Le ovaie sono state

mantenute in DPBS addizionato con 63 µg/ml di penicillina G sodica e 70 µg/ml di

streptomicina solfato a temperatura ambiente, fino al momento della raccolta degli oociti.

Le ovaie sono state quindi sminuzzate finemente con una lama da bisturi in una capsula

petri da 35 mm e gli oociti sono stati recuperati entro 1-4 h dall’ovariectomia. Per questo

studio sono stati impiegati oociti di I e II grado (Wood e Wildt, 1997).

Il terreno base per la maturazione è stato il SOFaa addizionato con 5 mg/ml di BSA, 0.1 UI

di FSH-LH suino (Pluset, Laboratorios Calier, Barcelona, Spain), 25 µl/ml di ITS e L-

cisteina 1.2 mM. Gli oociti sono stati lavati 3 volte in HSOF e coltivati nel terreno di

maturazione in un incubatore al 5% di CO2 a 38.5°C per 24 h.

Vitrificazione degli oociti

Dopo la maturazione gli oociti sono stati lavati 2 volte in HSOF, quindi sono stati

vitrificati mettendoli a contatto con i crioprotettori in 3 step: 10% EG (0.9M) in HSOF per

1 min; 20% EG (1.8M) in HSOF per 1 min; 40% EG (3.6M), 10mg/ml di Ficoll e

saccarosio 0.3 M in HSOF per circa 20 sec, prima di essere posizionati, mediante una

pipetta pasteur di vetro tirata alla fiamma, su una cryoloop di nylon (Hampton Research,

Laguna Niguel, CA, USA) ed immediatamente immersi in azoto liquido. Gli oociti sono

stati conservati in azoto liquido per almeno 4 settimane.

Successivamente gli oociti sono stati scongelati immergendo la loop in una soluzione 0.5

M di saccarosio in HSOF per 30 sec e poi sono stati lavati 3 volte in HSOF prima di essere

messi nuovamente nel terreno da IVM ed essere incubati per 2 h nelle stesse condizioni

della maturazione. Trascorso tale periodo, gli oociti sono stati valutati per una prima

eliminazione di quelli in cui il citoplasma appariva chiaramente degenerato.

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Fertilizzazione in vitro

Gli oociti sono stati fertilizzati in vitro con spermatozoi elettroeiaculati e congelati. Il seme

è stato ottenuto e congelato come descritto in precedenza (Zambelli et al., 2002) e il

diluitore per il congelamento è stato addizionato con l’1% di Equex STM paste (Nova

Chemical Sales Inc., Scituate, Ma, USA). Lo scongelamento del materiale seminale è stato

fatto in acqua a 37°C per 30 sec e lavato in SOFaa, contenente 6 mg/ml di BSA, mediante

centrifugazione a 300 g per 5 min. Il pellet è stato risospeso in terreno pulito, è stata

valutata la motilità ed il volume della sospensione è stato aggiustato in modo da ottenere

una concentrazione finale di 1 x 106 spermatozoi motili/ml. La sospensione così ottenuta è

stata addizionata con 20 µL/ml di PHE e 10 µg/ml di eparina. Per l’inseminazione gli

oociti sono stati trasferiti in 4-well contenenti 500 µl della sospensione per IVF e co-

coltivati per 18 h a 38.5°C in atmosfera modificata al 5% di CO2, 5% O2 e 90% N2.

Valutazione della divisione

Dopo 18 h di co-coltura con gli spermatozoi, le cellule del cumulo sono state rimosse in

una soluzione di tripsina allo 0.25% per 60 sec. Gli oociti sono quindi stati lavati una volta

in HSOF con FCS al 10% per inattivare la tripsina e due volte in HSOF e valutati per

l’eliminazione di quelli degenerati (non scartati dopo l’IVM perché la presenza del cumulo

non ne aveva permesso l’identificazione) prima di essere messi in SOFaa contenente

16mg/ml BSA per la coltura a 38.5 °C in atmosfera modificata al 5% di CO2, 5% O2 e 90%

N2. A 30 h dall’IVF è stata valutata la percentuale di divisione e gli embrioni sono stati

coltivati nelle medesime condizioni di IVC con l’aggiunta di FBS al 10% fino al giorno 8.

Disegno sperimentale ed analisi statistica

In totale sono stati vitrificati 303 oociti e sono stati impiegati 159 oociti di controllo.

L’esperimento è stato condotto in 2 replicati per gli oociti vitrificati, fertilizzati con seme

congelato proveniente da 2 diversi gatti. Per gli oociti di controllo è stata effettuata una

IVF aggiuntiva, nel mese di novembre, con seme proveniente da uno dei due gatti

impiegati, in modo da ridurre la possibile influenza della qualità degli oociti prelevati nel

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periodo compreso da ottobre fino alla prima settimana di febbraio. La percentuale di oociti

degenerati dopo vitrificazione è stata definita come il numero di oociti scartati dopo 2 ore

di IVM post-scongelamento e di quelli scartati dopo l’IVF ed eliminazione delle cellule del

cumulo rispetto al numero totale di oociti coltivati. La percentuale di degenerati per gli

oociti di controllo è stata calcolata seguendo il medesimo criterio. Le percentuali di

divisione, di morule-blastocisti al giorno 6 e di blastocisti al giorno 7, 8 e di blastocisti

sgusciate al giorno 10 sono state calcolate sul numero totale di oociti messi in IVC, sia per

quelli vitrificati che per quelli di controllo. La capacità di schiusa è stata valutata

calcolando il numero di blastocisti sgusciate rispetto al numero totale di blastocisti. La

capacità di sviluppo è stata definita come il numero di blastocisti prodotte al giorno 8

rispetto al numero totale di embrioni divisi. I dati sono stati confrontati mediante test del

Chi Quadrato (Statistica for Windows - Stat Soft Inc Tusla USA). La significatività è stata

considerata per P<0.05.

Risultati

Le percentuali di oociti degenerati, quella di divisione e la percentuale di morule-

blastocisti al giorno 6 sono state significativamente inferiori (P<0.01) nel gruppo degli

oociti vitrificati rispetto al controllo (Tab. 1).

Le percentuali di blastocisti al giorno 7, 8 sono state maggiori (P<0.01) per gli oociti di

controllo rispetto a quelli vitrificati, come pure quella di blastocisti/divisi (P<0.05), mentre

il rapporto tra blastocisti sgusciate/blastocisti è stato maggiore (P<0.05) per il gruppo degli

oociti vitrificati (Tab. 2).

Tabella 1. Sviluppo embrionale in vitro di oociti felini vitrificati (VITR) e non (CONTR).

Gruppo N. oociti Deg (%) Divisi (%) Mor-bl g 6 (%)

VITR 303 151 (49.8)a 49 (32.2)a 24 (15.8)a

CONTR 159 28 (17.6)b 67 (51.2)b 57 (43.5)b

(a,b) P<0.01

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Tabella 2. Sviluppo embrionale in vitro di blastocisti feline ottenute da oociti vitrificati

(VITR) e non (CONTR).

Gruppo Bl g 7 (%) Bl g 8 (%) Bl sg g 10 (%) Bl sg g 10/bl (%) Bl/divisi (%)

VITR 11 (7.2)a 18 (11.8)a 8 (5.3) 8/18 (44.4)c 18/49 (36.7)d

CONTR 34 (26.0)b 37 (28.2)b 7 (5.3) 7/37 (18.9)d 37/67 (55.2)c

(a,b) P<0.01; (c,d) P<0.05

Discussioni

La vitrificazione di oociti di gatto in cryoloop consente di ottenere oociti competenti in

grado di svilupparsi in vitro sino allo stadio di blastocisti sgusciata. Questo è il primo

studio in cui tale stadio è stato raggiunto a partire da oociti vitrificati.

La percentuale di sopravvivenza ottenuta nel presente studio (50.2%) dopo vitrificazione in

cryoloop di oociti maturati in vitro e quella di divisione (32.2%), sono simili a quelle

ottenute da Murakami et al. (2004) dopo vitrificazione in paillette (50.8% e 29.7%

rispettivamente), ma inferiori a quelle raggiunte da Luvoni e Pellizzari (2000) dopo

congelamento lento con EG (84.1% e 38.7% rispettivamente), anche se in tale studio l’IVF

è stata effettuata con spermatozoi epididimali freschi e non con materiale seminale

congelato.

La crioconservazione degli oociti è considerata una tecnica sperimentale in tutte le specie,

in quanto non sono ancora state ottenute percentuali di sopravvivenza, fertilizzazione e

sviluppo embrionale adeguate (Luvoni, 2006). Infatti, nel gatto, nonostante le percentuali

di sopravvivenza ottenute con il congelamento lento siano state soddisfacenti, non è stato

possibile ottenere embrioni in grado di raggiungere lo stadio di blastocisti (Luvoni e

Pellizzari, 2000), come invece è avvenuto per la vitrificazione in paillette, ma in

percentuale non soddisfacente (3.1%, Murakami et al., 2004).

Nel presente studio la percentuale di blastocisti ottenute (11.8%) è stata inferiore rispetto al

controllo (28.2%), ma comunque incoraggiante rispetto ai risultati sino ad ora ottenuti da

oociti crioconservati. Inoltre, per la prima volta, è stato raggiunto lo stadio di blastocisti

sgusciata. A tale proposito, la percentuale di blastocisti sgusciate è stata simile per i due

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gruppi, con una capacità di schiusa maggiore per gli embrioni derivanti da oociti vitrificati,

nonostante la loro minore capacità di sviluppo. È stato infatti riscontrato che blastocisti

derivanti da oociti vitrificati sgusciano più facilmente di quanto non avvenga per quelle

derivanti da oociti non crioconservati, inoltre gli embrioni derivanti da oociti vitrificati

sono sgusciati in modo completo, similmente a quanto accade in vitro per altre specie, a

differenza di quanto invece avviene solitamente in vitro nel gatto, in cui un certo numero di

cellule rimane all’interno della ZP. Una probabile giustificazione di tale fenomeno può

essere attribuita al fatto che, durante la vitrificazione, la ZP, pur non subendo danni visibili,

venga comunque “indebolita” permettendo, successivamente, una più facile rottura da

parte dell’embrione in espansione.

In conclusione, i risultati ottenuti in questo studio mostrano che è possibile ottenere, a

partire da gameti femminili e maschili crioconservati, embrioni felini con capacità di

sviluppo sufficienti a garantire la normale progressione sino allo stadio pre-impianto, con

percentuali di sopravvivenza, fertilizzazione e sviluppo embrionale non ancora ottimali ma

abbastanza soddisfacenti. Inoltre, essendo il gatto un buon modello per gli altri felidi,

questi risultati incoraggiano la crioconservazione di oociti anche per i programmi di

conservazione delle specie feline esotiche in via di estinzione.

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CANE

8 – Maturazione in vitro di oociti in SOF addizionato con E2 e P4

Introduzione

Nonostante siano stati raccolti numerosi dati dai vari studi effettuati, le percentuali di IVM

di oociti di cagna si aggirano intorno al 20% (Rodrigues e Rodrigues, 2006). Sono stati

molteplici gli approcci tentati in vitro per la maturazione degli oociti canini, tra cui

l’impiego di co-colture (Hewitt e England, 1999a; Otoi et al., 2000; Bogliolo et al., 2002;

Hatoya et al., 2006), di diverse fonti proteiche (Otoi et al., 1999; Hewitt e England, 1999a;

Bolamba et al., 2002; Rodrigues e Rodrigues, 2003b; Oh et al., 2005; Bolamba et al., 2006;

Cui et al., 2006) e di ormoni (Hewitt e England, 1997; Hewitt e England, 1999b;

Songsasen et al., 2002; Rodrigues e Rodrigues, 2003a; Willingham-Rocky et al.; 2003; De

los Reyes et al., 2005; Bolamba et al., 2006), con risultati talvolta controversi. Infatti la

cagna ha un ciclo estrale caratteristico e gli oociti sono esposti ad alte concentrazioni di

progesterone nell’ambiente follicolare, l’oocita viene poi ovulato allo stadio di GV e

riprende e completa la meiosi nell’ovidotto; ne consegue che le condizioni ottimali per

l’IVM possano differire da quelle degli altri mammiferi (Luvoni et al., 2005). Una più

recente strategia adottata per l’IVM nel cane, in modo da mimare ciò che avviene in vivo, è

stata la maturazione con un sistema sequenziale, come quello di esporre gli oociti per un

breve periodo di coltura (60-240 min) a eCG (Songsasen et al., 2003) o di co-coltivare gli

oociti in ovidotto isolato per 24 h e poi proseguire la coltura in goccia per 48 o 72 h

(Luvoni et al., 2003).

Il terreno di maturazione più usato nel cane è il TCM199 (Mahi e Yanagimachi, 1976;

Nickson et al., 1993; Hewitt et al., 1998; Otoi et al., 1999; Fujii et al., 2000; England et al.,

2001; Luvoni et al., 2001; Saint-Dizier et al., 2001; Otoi et al., 2002; Bogliolo et al., 2002;

Rodrigues e Rodrigues, 2003a,b; Luvoni et al., 2003; Rodrigues e Rodrigues, 2004; De los

Reyes et al., 2005; Songsasen e Wildt, 2005; Oh et al., 2005; Otoi et al., 2006; Rodrigues

et al., 2006) e sono scarsi gli studi effettuati con terreni semplici quali il mKRB (Yamada

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et al., 1992; Yamada et al., 1993) o il SOF (Hewitt e England, 1999a; Bolamba et al., 2002;

Rota e Cabianca, 2004). Il SOF ha portato a percentuali di maturazione simili (Hewitt e

England, 1999a) o tendenzialmente inferiori (Rota e Cabianca) al TCM199 e nello studio

in cui follicoli antrali sono stati maturati in SOF addizionato o meno con siero o BSA

(Bolamba et al., 2002) le percentuali di maturazione non sono state influenzate

dall’aggiunta di proteine, suggerendo che queste non fossero essenziali per la coltura di

follicoli antrali nel SOF. Il massimo valore di MI e MII ottenute in SOF è stato comunque

del 12.2% (Bolamba et al., 2002), quindi inferiore alla media ottenibile in questa specie.

Scopo di questo studio è stato quello di verificare le percentuali di maturazione di oociti di

cane nel SOF, adottato nel nostro laboratorio per l’IVM nel gatto, aggiungendo E2 e P4 in

un sistema standard oppure in un sistema sequenziale.

Materiali e metodi

Tutti i reagenti sono stati acquistati dalla Sigma-Aldrich (St. Louis, MO, USA) se non

specificato.

Raccolta degli oociti e maturazione in vitro

Le ovaie di 24 cagne di razza meticcia e di età superiore a 12 mesi sono state prelevate

dopo ovariectomia. Lo stadio del ciclo estrale di tali animali è stato determinato attraverso

la valutazione della morfologia ovarica. Sono stati distinte tre fasi: 1) anestro, quando le

ovaie non mostravano follicoli o corpi lutei evidenti; 2) estro (fase follicolare), quando

sulle ovaie erano presenti uno o più follicoli di 2-10 mm di diametro; e 3) diestro, quando

sulle ovaie erano presenti uno o più corpi lutei.

Le ovaie sono state rimosse e mantenute a temperatura ambiente in soluzione fisiologica

sino al momento del recupero degli oociti, mediante sminuzzamento dell’ovaio con una

lama di bisturi in capsule petri da 100 mm contenenti HSOF. Gli oociti sono stati cercati

allo stereomicroscopio e selezionati per la maturazione in base all’aspetto del citoplasma

(scuro ed omogeneo) e alla presenza di almeno 3 strati di cellule del cumulo.

Gli oociti sono stati lavati 3 volte in HSOF prima di essere trasferiti nel terreno di

maturazione, la cui composizione base è stata la medesima del SOF per IVM impiegato nel

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nostro laboratorio per la maturazione degli oociti felini, ovvero SOFaa addizionato con 5

mg/ml di BSA, 25 µl/ml di ITS, 25 ng/ml di EGF, L-cisteina 1.2 mM e 0.1 UI di FSH e LH

suino (Pluset, Laboratorios Calier, Barcelona, Spain).

Indipendentemente dallo stadio del ciclo estrale degli animali, gli oociti sono stati uniti e

distribuiti in modo uniforme e casuale in uno dei due seguenti protocolli di maturazione: 1)

Standard (ST), 72 h in SOF per IVM + 2 µg/ml E2 + 8 ng/ml P4; 2) Sequenziale (SEQ), da

0 a 24 h in SOF per IVM + 2 µg/ml E2; da 24 a 48 h in SOF per IVM + 2 µg/ml E2 + 4

ng/ml P4; da 48 h a 72 h in SOF per IVM + 8 ng/ml P4. La maturazione è stata condotta a

38.5°C in aria umidificata al 5% di CO2.

Valutazione dello stadio meiotico

Alla fine del periodo di maturazione, gli oociti sono stati decumulati in HSOF mediante

azione meccanica esercitata con una pipetta. Gli oociti denudati sono stati poi colorati con

Hoechst 33342 (10 µg/ml in PBS) per 15 min al buio a temperatura ambiente. La

valutazione della configurazione meiotica è stata effettuata mediante un microscopio a luce

UV. Sono stati considerati 3 gruppi: 1) oociti allo stadio di GV-GVBD; 2) oociti allo stadio

di MI-MII; e 3) oociti degenerati, quelli in cui non è stato possibile distinguere la presenza

di materiale cromosomico.

Analisi statistica

L’esperimento è stato effettuato in 7 replicati. I dati sono stati analizzati mediante test del

Chi Quadrato (Statistica for Windows - Stat Soft Inc Tulsa, Oklahoma, USA). La

significatività è stata considerata per P < 0.05.

Risultati

Delle 24 cagne ovariectomizzate, 5 erano in anestro, 3 in estro e 14 in diestro.

I risultati sono riportati in Tabella 1. Non è stata rilevata alcuna differenza significativa tra

i due protocolli di maturazione in termini di oociti che hanno raggiunto lo stadio di MI-MII

(P>0.05).

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Tabella 1. Stadio meiotico di oociti di cane maturati in vitro in presenza di E2 e P4 a

dosaggio costante (ST)o variabile (SEQ).

IVM N° oociti N° GV-GVBD (%) N° MI-MII (%) N° deg(%)

ST 196 111 (56.6) 38 (19.4) 47 (24.0)

SEQ 178 104 (58.4) 31 (17.4) 43 (24.2)

Discussioni

La percentuale di oociti di cane che hanno raggiunto lo stadio di MI-MII dopo IVM in SOF

in presenza di E2 e P4 non è risultata differente nel sistema standard e in quello

sequenziale. Per la prima volta è stato possibile raggiungere in un terreno semplice

percentuali di maturazione comparabili alla media del 20% ottenuta con terreni complessi

quali il TCM199.

Il SOF è un terreno comunemente impiegato per l’IVC degli embrioni bovini. La

formulazione di questo terreno è stata basata in origine sulle analisi biochimiche condotte

sul fluido dell’ovidotto ovino (Tervit et al., 1972) e successivamente è stato modificato con

l’aggiunta di aminoacidi (Gardner et al., 1994). Per l’impiego di questo terreno nella

maturazione di oociti in diverse specie sono stati aggiunti siero, albumina, gonadotropine,

fattori di crescita, ormoni e sostanze antiossidanti a seconda delle diverse necessità e dei

diversi protocolli standard adottati nei vari laboratori.

Nel cane Hewitt e England (1999a) hanno raggiunto una percentuale dell’8% di MI-MII a

96 ore di IVM in SOF addizionato con il 4% di BSA; Rota e Cabianca (2004) hanno

impiegato il SOF addizionato con FSH, LH ed E2 ottenendo una percentuale del 3.9% di

MI; Bolamba et al. (2006) hanno ottenuto il 12.2% di MI-MII dopo 72 h di coltura di

follicoli preantrali in SOF senza siero o BSA. Le percentuali di MI-MII da noi raggiunte

(19.4% standard e 17.4 % sequenziale) sono state superiori a quelle ottenute negli altri

studi dove è stato impiegato il SOF. In questo studio, il SOF da IVM impiegato nel nostro

laboratorio per la maturazione di oociti di gatto, è stato supplementato con gli ormoni

steroidei E2 e P4 in modo da mimare una possibile situazione in vivo nella cagna. Sebbene

non sia stata condotta alcuna analisi del fluido dell’ovidotto nel cane, esso è una

combinazione di secrezioni dell’ovidotto stesso e di una trasudazione elettiva del plasma

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(Brackett e Mastroianni, 1974), per cui per la formulazione del dosaggio del P4 nel terreno

standard, e particolarmente in quello sequenziale, sono stati presi in considerazione i valori

plasmatici nel periodo periovulatorio nella cagna (Concannon et al., 1977; Marseloo et al.,

2004). Il dosaggio degli estrogeni impiegato in questo studio è stato quello utilizzato per la

maturazione di oociti bovini (Ponderato et al., 2001) e impiegato con successo anche nel

cane (Kim et al., 2005). É probabile che la combinazione degli ormoni, gonadotropine,

EGF e BSA nel protocollo da IVM da noi adottato abbia permesso di ottenere una più

elevata percentuale di MI-MII rispetto agli altri studi in cui è stato impiegato il SOF.

In altri esperimenti è stato valutato l’effetto dell’aggiunta di diverse concentrazioni di P4

ed E2, singolarmente o in associazione, sulla maturazione nucleare di oociti di cane;

Willingham-Rocky et al. (2003) hanno riscontrato che l’aggiunta di progesterone ad alti

dosaggi (0, 2000, 4000, 8000 ng/ml nell’esperimento I e 0, 20, 200, 2000 ng/ml

nell’esperimento 2) non aumentava la percentuale di IVM di oociti di cane, mentre Kim et

al. (2005) hanno riscontrato che l’aggiunta di E2 o P4 al terreno da IVM, per oociti

prelevati nei diversi stadi del ciclo estrale, ha aumentato la percentuale di MII e che

l’aggiunta di P4 in combinazione ad E2 ha promosso ulteriormente la maturazione rispetto

all’E2 da solo in maniera dipendente dalla concentrazione di P4. Infantosi Vannucchi et al.

(2006) hanno invece impiegato E2 e P4 in un sistema di co-coltura con cellule

dell’ovidotto ed hanno riscontrato che E2 da solo non apporta effetti benefici per l’IVM

come invece hanno riscontrato per il P4 e la combinazione E2 e P4. Nel presente studio la

presenza continua di E2 e P4 oppure la presenza alternata dei due ormoni non ha

comportato alcuna differenza a 72 h di maturazione, non permettendo quindi di ottenere

alcuna informazione sull’interazione degli ormoni stessi. Ulteriori indagini andrebbero

effettuate per valutare lo sviluppo meiotico in momenti diversi nel processo di

maturazione.

In conclusione la combinazione di E2 e P4 in SOF, sia nel sistema standard che in quello

sequenziale, ha permesso di ottenere percentuali di maturazione di oociti di cane che non si

discostano dalla media in tale specie, raggiungendo livelli mai ottenuti con tale terreno.

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